A Licodia Eubea (Ct) conto alla rovescia per l’XI Rassegna del Documentario e della Comunicazione Archeologica: 18 film (con 6 prime internazionali), tre premi, incontri con esperti e divulgatori, laboratori didattici e mostre d’arte e fotografia. I direttori artistici: “Col programma 2021 proponiamo una riflessione profonda sull’impatto del nostro passaggio sulla Terra attraverso il tempo e sulla necessità di instaurare con essa un nuovo dialogo”
Diciotto film (sei prime internazionali, quattro prime nazionali, cinque prime regionali), tre incontri di archeologia (Maria Stupia, università di Catania; Filippo Brianni, presidente Archeoclub d’Italia Area Ionica; Lorenzo Nigro, università La Sapienza), una mostra (“Madre Terra, Natura-Naturans. Tra materia, immagine e corpo”), una finestra sul documentario siciliano, tre premi (“Archeoclub d’Italia”, assegnato al film più votato dal pubblico; “ArcheoVisiva”, al film migliore selezionato da una giuria internazionale di qualità; “Antonino Di Vita”, assegnato a chi spende la propria professione nella promozione della conoscenza del patrimonio storico-artistico e archeologico), attività didattica per le scuole, e poi visite guidate e aperitivi al museo Archeologico. Ecco i numeri dell’XI Rassegna del Documentario e della Comunicazione Archeologica a Licodia Eubea (Ct) dal 14 al 17 ottobre 2021, organizzata dall’associazione culturale ArcheoVisiva in collaborazione con l’Archeoclub d‘Italia di Licodia Eubea “Mario Di Benedetto”. L’ingresso alle proiezioni e alle mostre è gratuito. Tutte le attività previste si svolgeranno nel rispetto delle vigenti normative anti Covid-19. L’ingresso in sala sarà possibile solo su prenotazione attraverso la piattaforma http://www.eventbrite.it fino all’esaurimento dei posti disponibili. Per partecipare agli eventi e alle proiezioni in sala saranno obbligatori il possesso del Green Pass e l’utilizzo della mascherina.


L’assessore regionale ai Beni culturali e all’Identità siciliana Alberto Samonà (foto RDCA)
“La Rassegna del Documentario e della Comunicazione Archeologica di Licodia Eubea”, sottolinea Alberto Samonà, assessore regionale dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, “costituisce, in Sicilia, un punto di riferimento ormai indiscutibile sul versante dell’approfondimento delle strategie di comunicazione dell’Antico, in una felice sintesi tra divulgazione intelligente e profondità di conoscenze di settore. Dopo undici anni il Festival è un appuntamento imperdibile per studiosi e appassionati e costituisce anche un piccolo ma prezioso esempio di come un evento culturale possa inserirsi in un territorio in modo armonico, fino a divenirne parte integrante, valore aggiunto, fino a rappresentare, nell’immaginario collettivo, quel territorio stesso”. E il sindaco di Licodia Eubea, Giovanni Verga: “La Rassegna del Documentario e della Comunicazione Archeologica, giunta alla sua XI edizione, rappresenta per Licodia Eubea un evento di grande valenza culturale, riconosciuto dal mondo scientifico ed archeologico. L’impegno di questa Amministrazione per il futuro è quello di continuare a sostenere l’iniziativa promossa da ArcheoVisiva e dalla sezione locale dell’Archeoclub d’Italia in quanto rappresenta un valido mezzo per promuovere e valorizzare Licodia Eubea, le sue tradizioni e la sua storia millenaria”. Giacomo Caruso, presidente dell’Archeoclub d’Italia di Licodia Eubea: “Quando, undici anni fa – ricorda -, si pensò di dar vita ad una manifestazione che potesse, da un lato, raccontare il meraviglioso mondo della ricerca archeologica e, dall’altro, promuovere un territorio come quello di Licodia Eubea, il cui sviluppo è certamente legato al suo passato e alla sua storia, non avemmo alcun dubbio nell’ideare una rassegna cinematografica e di legarla alla figura del professor Antonino Di Vita, attraverso un premio a lui dedicato, sia perché originario di Licodia Eubea, ma anche perché a lui è intitolata l’istituzione culturale più prestigiosa: il museo civico”.

“Fin dalla sua comparsa l’uomo ha sempre interagito con l’ambiente circostante, adattandosi ad esso o modellandolo secondo le proprie necessità, in un equilibrio armonico di cui i paesaggi culturali sono testimonianza”, spiegano Alessandra Cilio e Lorenzo Daniele, direttori artistici del festival. “Nel tempo, però, questa relazione si è fatta complessa e tormentata, a causa di un’azione antropica sempre più aggressiva ed egoistica, i cui effetti oggi sono sotto gli occhi di tutti. La vera emergenza dell’età contemporanea non consiste solo nel salvare i segni del passato dalla dimenticanza, ma anche nel ricucire gli strappi con quella Natura che abbiamo prepotentemente sottomesso ai nostri interessi, individuando delle strategie efficaci che ci consentano di consegnare questo straordinario patrimonio alle generazioni future arricchito di nuovo senso e, soprattutto, in buona salute. È un invito all’azione, a “rimettere insieme i pezzi” -come ben suggerisce il soggetto grafico in copertina- che trova piena eco nei film selezionati per l’edizione 2021 del nostro festival, mostrando ancora una volta come il cinema sia un’efficace cartina al tornasole della nostra epoca, in grado di restituirne la temperie culturale, politica e sociale.

Lorenzo Daniele e Alessandra Cilio, direttori artistici della Rassegna di Licodia Eubea (foto RDCA)
Diciotto sono i documentari in concorso, italiani e stranieri: li abbiamo scelti per la qualità dei contenuti, ma anche per il taglio fresco e originale con cui portano le loro storie sullo schermo. A far da corredo a questa ricca programmazione filmica, incontri con esperti e divulgatori, laboratori didattici e mostre d’arte e fotografia: modi diversi – concludono – per invitare tutti a una riflessione profonda sull’impatto del nostro passaggio sulla Terra attraverso il tempo e sulla necessità di instaurare con essa un nuovo dialogo. Ché la Terra ha respiro, anima e voce: tutto quello che ci chiede, è di essere ascoltata”.

A ripercorrere la storia della rassegna ci pensa Maria Antonietta Rizzo Di Vita, docente di Etruscologia e Antichità Italiche all’università di Macerata. “Partendo dall’esperienza pionieristica dei più importanti festival di settore europei, due giovani entusiasti ed innamorati del loro lavoro, Alessandra Cilio e Lorenzo Daniele, insieme al lungimirante presidente della locale sede dell’Archeoclub d’Italia, Giacomo Caruso, decisero, nell’ormai lontano 2011, di proporre in un piccolo centro della Sicilia un’esperienza innovativa che ponesse al centro dell’attenzione la divulgazione archeologica attraverso la visione di film, incontri ed esperienze didattiche, coinvolgendo in questo ambizioso progetto le autorità locali, l’Università di Catania, le soprintendenze, le scuole. Tutte queste diverse realtà si trovarono insieme, da punti di vista diversi, a riflettere e a confrontare le modalità in cui l’archeologia potesse essere meglio compresa, raggiungendo un pubblico sempre più vasto, nella consapevolezza che solo una condivisa conoscenza ed un interesse diffuso potessero contribuire alla salvaguardia dell’immenso patrimonio culturale che doveva essere trasmesso alle future generazioni. Con il tempo l’attenzione del festival si è allargata a comprendere ogni parte del mondo, come testimoniano la ricchezza e la varietà dei film di registi famosi, ma anche di giovani ricchi di talento, spesso realizzati anche da operatori di soprintendenze e musei, da docenti universitari e direttori di missioni di ricerca e di restauro. Da quella lontana prima edizione, in cui fu istituito il premio Antonino Di Vita, in ricordo dell’illustre archeologo di fama internazionale e di origini licodiane, di cui proprio quest’anno cade il decimo anniversario dalla scomparsa, è stata percorsa una lunga strada, che condurrà certamente ad altri successi e che darà il suo fondamentale contributo per una divulgazione di alto profilo, oltre che per un’opera costante volta alla formazione di una coscienza civile nelle nuove generazioni, verso le quali la direzione artistica del festival ha sempre manifestato un’attenzione particolare”.
“Etiopia. Lontano lungo il fiume”: l’ultimo film di Lucio Rosa è stato scelto per la rassegna di Rovereto e per la rassegna di Licodia Eubea. Foto e immagini, rese più potenti dal viraggio in B/N, raccontano un viaggio che testimonia l’agonia dei popoli indigeni della valle dell’Omo la cui esistenza è gravemente minacciata

Il suo cuore è sempre in Africa. Lo dimostra anche il suo ultimo film “Etiopia. Lontano lungo il fiume” (Italia, 2021, 43’). Ma stavolta il regista Lucio Rosa, veneziano di nascita e bolzanino di adozione, farà fatica a essere presente in sala alla premier della sua opera, lui che ama confondersi tra il pubblico per cogliere le reazioni in diretta al messaggio lanciato dal grande schermo, perché il film “Etiopia. Lontano lungo il fiume” è stato selezionato sia per la prima edizione di Ram – Rovereto Archeologia Memorie (32ma Rassegna internazionale del cinema archeologico di Rovereto), dal 13 al 17 ottobre 2021 (dove sarà proiettato il 13 ottobre) che per l’11ma Rassegna del Documentario e della Comunicazione archeologica di Licodia Eubea, dal 14 al 17 ottobre 2021 (dove sarà presentato il 16 ottobre), . E quest’anno – per una scelta incomprensibile – sono programmate entrambe nella seconda settimana di ottobre (tradizionalmente appannaggio della rassegna siciliana). “Mi sono sempre interessate le culture lontane“, confessa Rosa, “ed eccomi con questo film, che racconta di gruppi etnici che vivono in Etiopia, nel Sud della valle dell’OMO. Conosco abbastanza l’Etiopia per averci lavorato per alcune mie produzioni di film, in tempi ormai lontani. La vera scoperta di questi viaggi è stata l’Africa, un continente dalla storia millenaria, fatto di realtà molteplici e caleidoscopiche, che diventa per me un luogo dell’anima”.

E così è tornato in campo “il ragazzo con la Nikon” (vedi Il regista Lucio Rosa regala un messaggio di speranza al 2019 con il nuovo film “Il ragazzo con la Nikon”, realizzato assemblando migliaia di foto di antichi villaggi, antiche dimore, antichi magazzini berberi: omaggio d’amore alla Libia che oggi per lui è “irraggiungibile” | archeologiavocidalpassato) ed ecco il nuovo film, con foto e immagini filmate originariamente a colori, e poi virate in BN, “il vero colore della fotografia e del cinema…”: “Con la macchina fotografica e l’essenzialità del bianco e nero – che strappa via l’inutile colore che rende troppo vasto, e nello stesso tempo ridotto, il campo delle emozioni da tradurre -, abbiamo voluto documentare quello che, oggi ancora, rimane di questa “anima originaria” di popoli eredi di storie millenarie e di una cultura che li rende unici al mondo, “storie” di realtà complesse e sfuggenti”. E continua: “Adopero il mio obiettivo per raccontare il presente e il passato di questa Terra, delle sue genti, alcune delle quali oggi a rischio di estinzione. Tutto ciò mi ha condotto a una ricerca continua nel Continente che ci ha dato la vita, e mi ha permesso di “raccontare” infinite storie di varia umanità, di entrare nella gente per comprenderne l’animo e la loro vicenda umana colma di insidie ma non solo”.

Per realizzare il film Lucio Rosa si è avvalso di immagini realizzate negli anni 2014, 2015, 2016, mixate con filmati, alcuni dei quali (come l’abbattimento delle foreste, o l’agricoltura con aratro) sono stati raccolti nel suo “enciclopedico archivio”. Ma il testo è attuale, ed è al contempo un appello disperato per queste popolazioni a rischio e al contempo un atto di denuncia in un contesto geo-politico difficile: “Descrivo la situazione attuale di decadenza e di pericolo di estinzione di queste genti, di queste fragili culture. Le usanze, gli stili di vita ancestrali di queste genti, rimasti intatti per millenni grazie al loro totale isolamento, costituivano un vero museo etnografico vivente. Ma ci ha pensato l’uomo moderno a distruggere questa umanità diversa e straordinaria, “strappandola” dal proprio mondo”. Alla fine di questo viaggio, Lucio Rosa si chiede: “Siamo stati, forse, testimoni dell’agonia di questi popoli indigeni che hanno la loro esistenza gravemente minacciata e che vanamente lotteranno contro “golia” per mantenere intatta la loro identità?”.

La valle dell’OMO. “È un’Africa profonda, quella del Sud della valle dell’Omo”. Il racconto di Lucio Rosa si snoda tra frammenti di filmati e fotografie che fissano volti, gesti, tradizioni di questi popoli lontani. “Il tempo resta sospeso, quasi voltando le spalle. Si cela nel lungo passato, dal quale emergono tracce tuttora vivide. Natura e uomo indissolubilmente intrecciati danno forma e razze ed etnie adagiate su un mosaico inclinato e multiforme. Noi occidentali dobbiamo denudarci senza indugio per tentare di cogliere le anime originarie e ancestrali della valle dell’Omo. Solo così può emergere un pensiero d’Africa remota, in equilibrio sui pilastri ancestrali della magia e delle origini dell’uomo. Un microcosmo fragile e compatto preserva i tratti dei Karo, dei Konso, dei Mursi, degli Hamer, dei Dassanech… Eppure, perfettamente visibili, queste isole arcaiche non si sottraggono del tutto alla vista delle nostre presunte civiltà globalizzate. La minaccia resta intatta. La distruzione di queste fragili culture è sempre una previsione per taluni fin troppo facile. Sarà così?”.

Gruppo etnico DASSANECH. Nella parte più meridionale della valle dell’Omo, non lontano dal delta del fiume che si spinge in Kenya verso il lago Turkana, vivono i Dassanech, il “Popolo del delta”. I Dassanech sono una popolazione seminomade di circa 30mila individui. Parlano un idioma che appartiene al ceppo linguistico delle lingue cuscitiche ed è il gruppo tribale che vive nella zona più meridionale dell’Etiopia. I Dassanech sono tradizionalmente dediti alla pastorizia e gli uomini sono spesso lontani dai villaggi con le mandrie costretti a spostarsi alla ricerca di nuovi pascoli e dell’acqua necessaria per la vita degli armenti. L’agricoltura non è comunque estranea alla cultura dei Dassanech che riescono a praticarla esclusivamente in prossimità del corso del fiume Omo, dato che il clima estremamente arido lo impedisce nel resto del loro territorio. Il fiume fornisce in abbondanza l’acqua necessaria. È una lotta continua per avere qualche alternativa al pasto quotidiano, solitamente composto da latte, miglio o sorgo, l’alimento principale nella dieta dei Dassanech. La carne appare solo in certe particolari occasioni di festa.

I Dassanech prestano molta cura al loro aspetto. Donne, ma anche gli uomini, non si sottraggono al voler apparire. Collane, bracciali, orecchini, la fanno da padroni. Si indossano a tutte le età. Sono come una seconda pelle. Le donne raccolgono i capelli in complicate acconciature che identificano anche il loro status sociale. Una consuetudine delle giovani Dassanech è quella di praticarsi un foro sotto il labbro inferiore per inserirvi delle piume. Può sembrare una civetteria, ma si tratta di una usanza molto antica.

Gruppo etnico KARO. Lungo le rive dell’Omo inferiore si incontrano i villaggi dei Karo, una popolazione di poco più di 1000 individui la cui sopravvivenza è seriamente minacciata. “Un tempo, i Karo, vivevano su entrambe le sponde del fiume ma, a causa dei conflitti sanguinosi degli anni tra il 1980 ed il 1990 con la tribù dei Nyangatom, loro storici avversari, sono stati costretti a migrare sulla riva orientale. Per il continuo pericolo di aggressioni, sempre possibili, i villaggi dei Karo sono protetti da recinti di rami e piccoli tronchi. Guerrieri armati vigilano giorno e notte, sulla vita della comunità. Per le armi ci pensa il Sudan, sempre un solerte fornitore”. Il popolo dei Karo è comunque destinato ad estinguersi e nei pochi villaggi ancora esistenti sopravvivono solo alcune centinaia di individui. Basterebbe una epidemia per causare la loro estinzione. Inoltre sono molte le ragazze Karo che preferiscono sposare uomini di un gruppo etnico più forte che offra loro maggior sicurezza. È nel gruppo etnico degli Hamer, che le giovani Karo sperano di trovare “l’anima gemella” che possa offrire loro una vita confortevole.

Gruppo etnico BORANA, “genti dell’aurora” in lingua Boru. Sono un gruppo etnico che vive distribuito nel sud dell’Etiopia, Oromia, tra il lago Stefania e l’arido Nord del Kenya. Appartengono al vasto gruppo degli Oromo che occupa buona parte dell’Etiopia e di cui ritengono essere “l’etnia primigenia”. Parlano un dialetto della lingua Oromo l’afaani Boraana. Si stima siano tra i 400 e i 500mila individui, sparsi nei due paesi e divisi in più di un centinaio di clan. Sono pastori semi-nomadi. Allevano zebù, mucche, ovini, che forniscono latte e carne per le esigenze alimentari. Vivono in raggruppamenti di poche capanne circolari. Alla base della cultura dei Borana vige il concetto dell’ordine, dell’equilibrio fra giovani e anziani, fra uomini e donne, e fra tutto ciò che è fisico e quello che è spirituale. Se perdi l’equilibrio, entri nel regno del caos.

Gruppo etnico KONSO. Tra le colline a sud del lago Chamo, in un territorio montagnoso che si estende lungo il margine orientale della valle dell’Omo ad una altezza intorno ai 1500 metri, vivono i Konso, un popolo di agricoltori sedentari. I villaggi dei Konso, a scopo difensivo, sono arroccati sulle falesie che dominano le ampie vallate. Legno e pietra sono gli elementi che caratterizzano questi insediamenti. I Konso sono una popolazione di circa 20.000 individui. Possono essere di religione cattolica, cristiana-ortodossa o musulmana, ma effettuano ancora riti pagani propri della religione animista. Sono un popolo unito da una forte solidarietà. I Konso abitano un vasto territorio. Vivono sparpagliati in 48 villaggi e suddivisi in 9 clan esogamici.

Gruppo etnico HAMER, una popolazione di circa 50mila individui. Le origini di questo popolo sono ignote, ma alcuni racconti tradizionali riferiscono che gli Hamer discendono dall’unione di tribù che provenivano dal Nord, dall’Est e dall’Ovest, e che, migrate verso Sud, si sono stabilite in questi luoghi sulle montagne a Nord del lago Turkana. Gli Hamer vivono in villaggi tradizionali, dove abitano più famiglie imparentate tra loro ma dove ogni famiglia vive nella propria capanna. Il bestiame per gli Hamer, oltre ad essere una importante fonte per la sopravvivenza e uno status symbol. Un uomo è tanto più ricco quanti più capi di bestiame possiede, inoltre per potersi sposare deve pagare un prezzo ai genitori della sposa quantificato in capi di bestiame. Gli Hamer prestano molta attenzione e dedicano molto tempo alla cura del loro aspetto fisico. Un segno di una certa ambizione nell’apparire si intuisce, sia tra le donne che tra gli uomini, nella cura, quasi maniacale, con cui ornano il proprio corpo.

L’usanza più radicata e controversa della cultura Hamer è la cerimonia del “salto dei tori”, Uklì Bulà, una prova di coraggio e di forza, prova che consiste nel correre sulle schiene di una fila di tori affiancati, senza cadere. L’iniziato,”ukuli”, nell’idioma degli Hamer, secondo consuetudine si è rasato metà del capo e attende impaziente che giunga il suo momento per entrare in campo. L’attesa è lunga ed estenuante e il sole è già scomparso oltre la corona di montagne quando si dà il via alla “cerimonia”. Si tratta di un evento molto atteso, che richiama sempre molta gente anche da villaggi lontani. La prova dell’Uklì Bulà è preceduta da un “prologo” che agli occhi di noi occidentali può apparire arcaico e cruento.

Gruppo etnico ARBORE. In vicinanza del lago Chew Bahir, (si legge ciù bahìr) ex lago Stefania, nella regione sud-occidentale della valle dell’Omo, vive il popolo degli Arbore, un gruppo etnico che non supera i 4mila individui. Sono di religione islamica, ma sono ancora molto presenti credenze tradizionali. L’allevamento del bestiame è la loro principale risorsa, rappresenta la primaria fonte di sussistenza e, come per molti altri popoli che vivono in queste regioni, è anche indice di appartenenza ad una classe socio-economica elevata. Per antica tradizione le ragazze non ancora sposate hanno il capo rasato. È un simbolo di verginità. Dal collo delle donne scendono a grappoli numerose collane di perline multicolori. Oggi le perline hanno perso il fascino del vetro al quale si è sostituita la volgare e grossolana plastica.

Gruppo etnico MURSI. Nei territori situati al confine settentrionale del parco Mago, incontriamo i Mursi, un popolo di circa 8mila individui. Un gruppo tribale che ha vissuto isolato per secoli dal resto della società etiope e dall’influsso straniero. Ma dagli ultimi decenni non è più così e sono rare le possibilità di incontrare un gruppo che abbia mantenuto integri gli elementi culturali originari. Ogni incontro con questa cultura deve avvenire quasi in silenzio, con molto rispetto. L’usanza del piattello labiale, caratteristica delle donne Mursi, per alcuni antropologi, pare abbia avuto origine nel periodo della tratta degli schiavi. Il volto così sfigurato poteva essere un deterrente, un modo per deprezzare la donna e quindi utile a dissuadere gli schiavisti dal portarla via e una opportunità di salvezza per lei. Il piattello labiale è un segno di prestigio per la donna che lo porta ma è anche un segno di ricchezza. Sicuro è il valore economico del piattello. Più grande è, maggiore sarà il numero di capi di bestiame che la sua famiglia chiederà al pretendente per cederla in sposa.
Sesto appuntamento con “Storie di vita”: la rubrica prodotta da Streamcult, in streaming e on demand, condotta da Dario Di Blasi che stavolta incontra il direttore del museo Archeologico nazionale di Napoli, Paolo Giulierini, che ha fatto del Mann un centro di promozione culturale per la città, il territorio, il Paese, dialogando con il mondo


Dario Di Blasi, direttore artistico di Firenze Archeofilm
Paolo Giulierini, direttore del museo Archeologico nazionale di Napoli, è il protagonista del sesto appuntamento con la rubrica “Storie di vita” da seguire on line in streaming e on demand giovedì 22 aprile 2021, alle 17. La rubrica si basa sulle relazioni e i rapporti di conoscenza acquisiti nel mondo dell’archeologia e del cinema da Dario Di Blasi, direttore del Firenze Archeofilm, curatore per più di 30 anni di manifestazioni cinematografiche dedicate all’archeologia, all’etnografia e all’antropologia culturale. Prodotta da StreamCult in collaborazione con la Rassegna del Documentario e della Comunicazione Archeologica di Licodia Eubea, “Storie di vita” è un format di approfondimento culturale che vede importanti personalità del campo dell’archeologia, della cinematografia e della cultura raccontarci le loro esperienze, le loro passioni e il loro lavoro.


I direttori Paolo Giulierini (Mann) e Michail Piotrovsky (Ermitage) a San Petroburgo
“Alcuni anni fa – spiega Dario Di Blasi – mi sentivo più o meno agente di commercio, o meglio rappresentante di cinema archeologico perché, in un’ottima iniziativa della Regione Toscana Le notti dei musei, giravo nei piccoli musei toscani di Chianciano, Murlo, Pisa, Siena, Cetona, Sarteano e Cortona per presentare l’archeologia, appunto, attraverso il cinema. In quell’occasione conobbi Paolo Giulierini direttore all’epoca del museo dell’Accademia etrusca di Cortona, un museo piccolo ma significativo, a parer mio, anche solo per lo splendido e unico lampadario etrusco. Come abbia fatto Paolo Giulierini con l’esperienza di un piccolo museo – continua Di Blasi – a trasferirsi al museo Archeologico nazionale di Napoli, forse il più bello e ricco di patrimonio in reperti al mondo, lo voglio proprio chiedere in questa conversazione. Forse sarò impertinente, ma vorrò capire anche come abbia fatto a entrare così in sintonia con Napoli e a imprimere una vertiginosa sequenza di eventi al Mann e a trovare un giusto e dignitoso equilibrio nello scambio internazionale di reperti archeologici e d’arte con grandi e prestigiose istituzioni culturali internazionali, come l’Ermitage di San Pietroburgo, riuscendo a dimostrare come sia importante il Patrimonio storico e culturale del nostro paese, l’Italia! Il museo Archeologico di Napoli, con le iniziative di Giulierini, non potrà più essere identificato come il museo di Pompei, Ercolano o Stabia. È il museo che raccoglie e presenta tutto il Mondo Antico con le sue sale e con i ricchissimi magazzini chiamati confidenzialmente Sing Sing”.

“Questa conversazione con Paolo Giulierini – anticipa Di Blasi – risponde anche alla polemica avviata giorni fa da Tommaso Montanari al seguito di un’interrogazione parlamentare su prestiti e scambi di opere d’arte che il Mann fa e mette in opera con importanti istituzioni culturali internazionali e sul supporto di privati di cui in alcuni casi si avvale per poterli realizzare. Io penso, in poche parole, che il Mann faccia bene a diffondere cultura e conoscenza permettendo di far conoscere la ricchezza storico archeologica del nostro Paese, l’Italia, attraverso mostre internazionali in cui viene precisato il contesto da cui provengono le opere e in cui viene garantita la sicurezza nel trasporto. In qualche misura questi scambi internazionali consegnano nuovamente dignità al nostro Paese che ha permesso, anni addietro, scambi capestro di opere, mascherati da restituzioni come nel caso della collezione degli argenti di Morgantina, restituiti, si fa per dire, dal Metropolitan Museum di New York. Un’obiezione potrebbe essere plausibile nel caso in cui il prestito di un’opera privasse il Mann o qualsiasi altro museo di un qualche cosa di identitario per la stessa istituzione o per il luogo vedi Il Caravaggio di Siracusa”.
Quinto appuntamento con “Storie di vita”: la rubrica prodotta da Streamcult, in streaming e on demand, condotta da Dario Di Blasi che stavolta incontra il regista Nicolò Bongiorno, che ha vinto l’ultima edizione di Firenze Archeofilm col film “I Leoni di Lissa”


Dario Di Blasi, direttore artistico di Firenze Archeofilm
Il regista Nicolò Bongiorno è il protagonista del quinto appuntamento con la rubrica “Storie di vita” da seguire on line in streaming e on demand giovedì 15 aprile 2021. La rubrica si basa sulle relazioni e i rapporti di conoscenza acquisiti nel mondo dell’archeologia e del cinema da Dario Di Blasi, direttore del Firenze Archeofilm, curatore per più di 30 anni di manifestazioni cinematografiche dedicate all’archeologia, all’etnografia e all’antropologia culturale. Prodotta da StreamCult in collaborazione con la Rassegna del Documentario e della Comunicazione Archeologica di Licodia Eubea, “Storie di vita” è un format di approfondimento culturale che vede importanti personalità del campo dell’archeologia, della cinematografia e della cultura raccontarci le loro esperienze, le loro passioni e il loro lavoro.

Nicolò Bongiorno ha prodotto, scritto, diretto e interpretato numerosi film documentari per la televisione, come “Viaggio verso casa” (1998), “Esodo” (2007), “Rol – Un mondo dietro al mondo” (2007), “Cervino” (2015). Ha inoltre esordito come scrittore con la biografia del padre “La versione di Mike”. È socio fondatore e presidente della Fondazione Mike Bongiorno per la quale realizza e supervisiona i progetti editoriali, multimediali e benefici a impatto sociale. “Ho visto due film di Nicolò Bongiorno”, interviene Di Blasi: “I Leoni di Lissa e Songs of the Water Spirits. Sono rimasto colpito dalla grande curiosità, attenzione e rispetto che Nicolò ha verso le culture che incontra e dalla sua necessità di descrivere e documentare la dignità di uomini e donne che vivono con soddisfazione e felicità, vite difficili e precarie”.
“Dedico questo premio a tutti gli amanti del mare”, ha commentato commosso il regista presente alla premiazione. “Molto devo a mio papà, Mike; che per primo mi ha trasmesso la passione per il mare. Quest’opera è stata per me un viaggio anche interiore nello spazio e nel tempo. Dedico questa mia vittoria al grande archeologo subacqueo Sebastiano Tusa, tragicamente scomparso”. È uno dei passaggi dell’intervista (che qui proponiamo) realizzata a Nicolò Bongiorno subito dopo la consegna del premio “Firenze Archeofilm” 2019 da parte del direttore di Archeologia Viva, Piero Pruneti. “I Leoni di Lissa” (Italia, 2019; 76’) è uno splendido documentario realizzato da Allegria Films per la regia di Nicolò Bongiorno che ripercorre, esplora e cerca di ricostruire, attraverso una coraggiosa discesa negli abissi, le vicende della battaglia di Lissa. Saliamo così a bordo di una sorta di astronave-sarcofago che conserva al suo interno una memoria che non si è mai spenta. Come colonna sonora del documentario è stato scelto un lavoro di Matteo Milani, Lis02er, che fa parte di una raccolta più completa. Un viaggio narrativo all’interno del suono, dove ognuno dei dieci frammenti rappresenta un momento emotivo, cristallizzato emotivamente, ciascuno diverso, ma parte di un tutto.
Quarto appuntamento con “Storie di vita”: la rubrica prodotta da Streamcult, in streaming e on demand, condotta da Dario Di Blasi che stavolta incontra il regista veneziano Alberto Castellani, che ha documentato popoli, culture e religioni per comprendere radici, Storia, Spiritualità nei territori che sono stati la culla dell’umanità


Dario Di Blasi, direttore artistico di Firenze Archeofilm
Il regista veneziano Alberto Castellani è il protagonista del quarto appuntamento con la rubrica “Storie di vita” da seguire on line in streaming e on demand giovedì 8 aprile 2021. La rubrica si basa sulle relazioni e i rapporti di conoscenza acquisiti nel mondo dell’archeologia e del cinema da Dario Di Blasi, direttore del Firenze Archeofilm, curatore per più di 30 anni di manifestazioni cinematografiche dedicate all’archeologia, all’etnografia e all’antropologia culturale. Prodotta da StreamCult in collaborazione con la Rassegna del Documentario e della Comunicazione Archeologica di Licodia Eubea, “Storie di vita” è un format di approfondimento culturale che vede importanti personalità del campo dell’archeologia, della cinematografia e della cultura raccontarci le loro esperienze, le loro passioni e il loro lavoro.


Il regista veneziano Alberto Castellani
Appuntamento dunque giovedì 8 aprile 2021 alle 17 con Alberto Castellani in streaming sul sito www.streamcult.it e sui canali social di StreamCult (Facebook e YouTube). La stessa puntata resterà visibile on demand per permettere a chiunque, nelle settimane a seguire, di poterla vedere. “Ci sono persone che il cinema lo hanno nel sangue da sempre”, spiega Dario Di Blasi, “tra queste c’è sicuramente Alberto Castellani che da buon veneziano ha intrapreso la via dell’Oriente per documentare popoli, culture, religioni con la sua macchina da presa. Una curiosità profonda lo guida: comprendere le radici, le motivazioni profonde di ogni Storia, di ogni Spiritualità nei territori che sono stati la culla dell’umanità”. Alberto Castellani, giornalista, da quarant’anni è impegnato nel campo della comunicazione audiovisiva, prima come responsabile del Centro comunicazione audiovisiva di Assicurazioni Generali, poi del Centro di produzione Media Venice. Solo per ricordare qualche titolo: “Paolo. Da Tarso al mondo” (2005), “Storia di Abramo” (2007), “Sulle vie della fede: ad limina apostolorum” (2014), “Rivisitare Nazareth. Archeologia e tradizione nel villaggio abitato da Gesù” (2017). “Nel settembre 2018”, ricorda Di Blasi, “Castellani mi chiamò per dirmi che nel suo archivio aveva trovato un’intervista con Khaled al-Asaad, l’archeologo che aveva studiato, valorizzato e protetto il sito e il museo di Palmira, e per questo aveva pagato poche settimane prima con la vita, decapitato dalla furia dell’Isis. Ne uscì l’instant film “Quel giorno a Palmira”, un toccante ritratto dell’archeologo e della situazione in Siria che presentai in anteprima alla Rassegna internazionale del cinema archeologico di Rovereto. E da quell’esperienza è nato poi un doppio film “Mesopotamia in memoriam. Appunti su un patrimonio violato” che ha riscosso ampi consensi in molti grandi festival del cinema archeologico non solo in Italia”. E non è un caso che proprio questo film sia stato recentemente selezionato a rappresentare il cinema archeologico italiano negli istituti di Cultura italiani nel mondo per il progetto “Sette sguardi del cinema italiano” del ministero per gli Affari esteri.
“Storie di vita”: la rubrica prodotta da Streamcult, in streaming e on demand, è condotta da Dario Di Blasi che stavolta incontra Angelo Castiglioni e il figlio Marco per parlare dei fratelli Angelo e Alfredo Castiglioni i risultati delle cui incredibili ricerche sono raccolti nel museo Castiglioni di Varese


Dario Di Blasi, direttore artistico di Firenze Archeofilm
Terzo appuntamento con la rubrica “Storie di vita” da seguire on line in streaming e on demand: ma attenzione questa settimana non sarà di martedì, ma di giovedì: la rubrica utilizza le relazioni e i rapporti di conoscenza acquisiti nel mondo dell’archeologia e del cinema da Dario Di Blasi, direttore del Firenze Archeofilm, curatore per più di 30 anni di manifestazioni cinematografiche dedicate all’archeologia, all’etnografia e all’antropologia culturale. Prodotta da StreamCult in collaborazione con la Rassegna del Documentario e della Comunicazione Archeologica di Licodia Eubea, “Storie di vita” è un format di approfondimento culturale che vede importanti personalità del campo dell’archeologia, della cinematografia e della cultura raccontarci le loro esperienze, le loro passioni e il loro lavoro.

Appuntamento dunque giovedì 1° aprile 2021 alle 17 con Angelo Castiglioni e il figlio Marco presidente dell’associazione culturale Conoscere Varese che gestisce il museo Castiglioni, in streaming sul sito www.streamcult.it e sui canali social di StreamCult (Facebook e YouTube). La stessa puntata resterà visibile on demand per permettere a chiunque, nelle settimane a seguire, di poterla vedere. “Alcune persone hanno speso l’intera vita e le proprie risorse in un’avventura infinita alla ricerca di altri popoli e altre culture, un viaggio interminabile nel Mondo Antico fino alla più lontana preistoria”, spiega Dario Di Blasi. “Tra questi i fratelli Angelo e Alfredo Castiglioni i risultati delle cui incredibili ricerche sono raccolti nel museo Castiglioni di Varese. Parleremo delle loro esperienze con Angelo e suo figlio Marco che si occupa quotidianamente del museo. Alfredo è purtroppo scomparso da non molto ma nei racconti di Angelo e nelle immagini dei loro film è sempre presente”.

“Alla fine della seconda guerra mondiale”, continua Di Blasi, “i giovanissimi fratelli Alfredo e Angelo Castiglioni partono alla scoperta del mondo con una piccola motoretta, una Vespa, e arrivano in Africa. La loro vita da quel momento sarà all’insegna dell’avventura, della voglia infinita di conoscere altri popoli, altre culture, altre tradizioni. Sul loro percorso incontreranno e chiederanno collaborazione ad archeologi, antropologi e tanti altri professionisti., raccogliendo una quantità gigantesca di reperti. Realizzeranno decine di filmati, documentando un mondo, ora, purtroppo scomparso. Chiunque abbia la fortuna, la voglia, di visitare il museo Castiglioni all’interno dello splendido parco della Villa Toeplitz di Varese (Jósef Leopold Toeplitz personaggio da scoprire) troverà uno scrigno prezioso e ne uscirà piacevolmente stupito”.
“Storie di vita”: la rubrica prodotta da Streamcult, in streaming e on demand, è condotta da Dario Di Blasi che stavolta incontra Valentino Nizzo, direttore del museo nazionale Etrusco di villa Giulia, per conoscere meglio gli Etruschi: il loro rapporto con Roma, i contatti con i coloni greci, la lingua, le donne…


Dario Di Blasi, direttore artistico di Firenze Archeofilm
Secondo appuntamento con la rubrica “Storie di vita” da seguire on line in streaming e on demand, una rubrica che utilizza le relazioni e i rapporti di conoscenza acquisiti nel mondo dell’archeologia e del cinema da Dario Di Blasi, curatore per più di 30 anni di manifestazioni cinematografiche dedicate all’archeologia, all’etnografia e all’antropologia culturale, direttore del Firenze Archeofilm. Prodotta da StreamCult in collaborazione con la Rassegna del Documentario e della Comunicazione Archeologica di Licodia Eubea, “Storie di vita” è un format di approfondimento culturale che vedrà importanti personalità del campo dell’archeologia, della cinematografia e della cultura raccontarci le loro esperienze, le loro passioni e il loro lavoro.


Valentino Nizzo, direttore del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto Mann)
Appuntamento martedì 23 marzo 2021 alle 17 con Valentino Nizzo, direttore del museo nazionale Etrusco di villa Giulia a Roma, in streaming sul sito www.streamcult.it e sui canali social di StreamCult (Facebook e YouTube). La stessa puntata resterà visibile on demand per permettere a chiunque, nelle settimane a seguire, di poterla vedere. “Mi sono stati sempre simpatici i popoli nemici di Roma”, interviene Dario Di Blasi, “come Annibale e i cartaginesi o i popoli che hanno fatto ombra ai Romani perché hanno subìto immancabilmente una sorta di damnatio memoriae che ci ha impedito di conoscerli compiutamente; tra questi gli Etruschi”. Di Blasi ne parla con Valentino Nizzo, direttore di uno straordinario museo che raccoglie parte della memoria di questo straordinario popolo la cui cultura non aveva nulla da invidiare con tutti i coevi popoli mediterranei. “In questo incontro con Valentino Nizzo ci ho messo tutta la mia curiosità per gli Etruschi”, continua Di Blasi. “Per comprendere il rapporto con gli altri popoli di quel periodo. Con Roma conflitto o cosa altrimenti? Quanto rimase della loro cultura nella vita, nella cultura, nella religione di Roma? Gli Etruschi avevano una loro lingua ma perché non una scrittura? Anche con i colonizzatori greci che frequentarono il Tirreno fu scambio, conflitto o altro? L’autonomia delle donne etrusche e il rapporto molto più paritario con gli uomini fu veramente una realtà? Tante curiosità da appagare! Il comportamento di Roma nel cancellare quasi del tutto la loro memoria non mi condiziona, mi stimola!”.
“Storie di vita”: inizia con Giuseppe Orefici, 40 anni di impegno a Nazca (Perù), Tiahuanaco (Bolivia), Isola di Pasqua (Cile), la rubrica prodotta da Streamcult in streaming e on demand condotta da Dario Di Blasi che incontra personalità del campo dell’archeologia, della cinematografia e della cultura per raccontare le loro esperienze, le loro passioni e il loro lavoro


Dario Di Blasi, direttore artistico di Firenze Archeofilm
Al via una nuova rubrica da seguire on line in streaming e on demand: è “Storie di Vita”, una rubrica che utilizza le relazioni e i rapporti di conoscenza acquisiti nel mondo dell’archeologia e del cinema da Dario Di Blasi, curatore per più di 30 anni di manifestazioni cinematografiche dedicate all’archeologia, all’etnografia e all’antropologia culturale. Prodotta da StreamCult in collaborazione con la Rassegna del Documentario e della Comunicazione Archeologica di Licodia Eubea, “Storie di vita” è un format di approfondimento culturale che vedrà importanti personalità del campo dell’archeologia, della cinematografia e della cultura raccontarci le loro esperienze, le loro passioni e il loro lavoro.


L’archeologo Giuseppe Orefici
Si inizia con Giuseppe Orefici martedì 16 marzo 2021 alle 17 in streaming sul sito www.streamcult.it e sui canali social di StreamCult (Facebook e YouTube). La stessa puntata resterà visibile on demand per permettere a chiunque, nelle settimane a seguire, di poterla vedere. “In Italia ci sono diversi archeologi che hanno legato il proprio nome a grandi scoperte a Pompei, in Magna Grecia, in Sicilia, ma anche in Medio Oriente o in Egitto”, spiega Dario Di Blasi. “Sarà dunque un piacere intrattenersi con un protagonista dell’archeologia, Giuseppe Orefici, che ha dedicato 40 anni della propria vita al Perù di Nazca e della giungla amazzonica, alla Bolivia di Tiahuanaco, al Centro America, all’isola di Pasqua. Conosciuto da migliaia di appassionati e presente in decine di film, forse il suo operato è stato trascurato dagli accademici del nostro Paese”.
X Rassegna del Documentario e della Comunicazione archeologica: vincono Vanessa Tubiana-Brun e Francesco Di Martino, mentre il Premio “Antonino Di Vita” assegnato a Carmelo Malacrino. Il bilancio positivo di Alessandra Cilio e Lorenzo Daniele: bene in presenza e in streaming

Il pubblico nel rispetto delle norme anti-Covid alla X Rassegna del Documentario e della Comunicazione archeologica (foto rassegna)

La locandina della X Rassegna del Documentario e della Comunicazione archeologia a Licodia Eubea dal 15 al 18 ottobre 2020
Sono mancati solo gli abbracci. Simpatia, calore, professionalità, amicizia sono stati quelli di sempre a Licodia Eubea (Ct) e se quest’anno quella della Rassegna del Documentario e della Comunicazione archeologica (15-18 ottobre 2020) doveva essere l’edizione speciale del decennale, causa Covid-19 è diventata l’edizione del coraggio e della sperimentazione: perché alle proiezioni in presenza (pur nel necessario contingentamento con prenotazione del posto) è stata affiancata la presentazione in streaming. Esperimento riuscito e rassegna promossa: parola di Alessandra Cilio e Lorenzo Daniele, che in chiusura della quarta giornata di rassegna, e dopo le premiazioni, danno già appuntamento alla terza settimana di ottobre 2021 per l’XI edizione, che sarà in presenza e in streaming. “Mai come quest’anno”, raccontano, “abbiamo vissuto il peso dell’organizzare e svolgere un festival. Il motivo è chiaro: le misure di contenimento giustamente imposte dal Governo per contenere la diffusione del Covid-19 hanno dato all’evento una rigidità a cui non eravamo abituati. Sono mancati gli abbracci con chi ogni anno torna a Licodia Eubea per stare con noi ma anche per vivere quattro giorni in una dimensione serena e fuori dal tempo che solo questo piccolo paese ibleo sa offrire, gli “assembramenti” fuori dall’ex chiesa dove si svolgono le proiezioni per commentare i film in concorso e gli allegri aperitivi al museo. La partecipazione dal vivo è stata calmierata dall’introduzione di un biglietto su prenotazione tramite il portale Eventbrite, mentre chi non ha potuto essere fisicamente con noi ha potuto usufruire del sito www.streamcult.it per assistere allo streaming. La creazione e l’uso di una piattaforma dedicata allo streaming è stata un esperimento che, pare, abbia funzionato. Stiamo pensando seriamente di organizzare la diretta streaming anche il prossimo anno, assieme all’evento dal vivo, che rimane comunque insostituibile”.

Domenica 18 ottobre 2020 giornata clou, come si diceva, con la consegna dei premi ai film più graditi al pubblico e alla giuria tecnica. Ma prima c’è stato ancora spazio per un appuntamento ormai divenuto un “must” della Rassegna iblea: la “Finestra sul documentario siciliano”, che quest’anno ha visto protagonista la regista Alessia Scarso con “Tra tradizione e sperimentazione. Il cinema di Alessia Scarso” intervistata da Alessandra Cilio. Alessia Scarso, siciliana doc, nata a Modica nel 1979 dove oggi vive quando non è a Roma, montatrice e coordinatrice postproduzione con diversi giornalisti, produttori e registi, debutta come regista nel 2011. Della regista siciliana alla Rassegna viene presentato il corto “Vasa Vasa” (12’, 2017). A Modica, in Sicilia, la Pasqua viene celebrata sotto il segno della Madonna, che ha vissuto inerme la Passione del Figlio. Il buio di una chiesa, dove il rito, inaccessibile, della vestizione della Madonna ha il senso definitivo del lutto. Un mantello nero, aprendosi, racconta l’emozione della vita, che dalla morte rinasce nel bacio di Maria al Figlio Risorto. Dodici, intensi, minuti di dolore, canto, devozione. Dodici, come l’ora dodicesima, quella in cui la Madonna vede Gesù trionfare sulle tenebre.


L’assessore regionale ai Beni culturali e all’Identità siciliana Alberto Samonà (foto rassegna)
Molti gli ospiti (ma gli organizzatori preferiscono chiamarli amici) che si sono avvicendati nel corso dei quattro giorni di proiezioni: dal sindaco di Licodia Eubea Giovanni Verga, all’assessore comunale ai Beni culturali Santo Cummaudo, dal presidente dell’Archeoclub di Licodia Eubea Giacomo Caruso (che “gioca in casa”, essendo co-organizzatore della Rassegna), al presidente dell’Archeoclub di Lentini Giuseppe Cosentino, all’assessore regionale ai Beni culturali e all’Identità siciliana Alberto Samonà, che ha detto parole molto belle e appassionate nei confronti della manifestazione, impegnandosi per un suo ulteriore sviluppo già a partire dal prossimo anno. E finalmente le premiazioni: Vanessa Tubiana-Brun e Francesco Di Martino vincono la X Rassegna del Documentario e della Comunicazione archeologica; mentre il Premio “Antonino Di Vita” assegnato a Carmelo Malacrino.

Premio “Archeoclub d’Italia”. È il regista netino Francesco Di Martino a vincere il Premio “Archeoclub d’Italia”, consegnato dal presidente dell’Archeoclub di Lentini, Giuseppe Cosentino, per il film “Prima che arrivi l’estate” (78’, 2019). L’opera è incentrata sulla figura di Italo, ex militante politico, ritiratosi a vivere quasi in solitudine a Saviore dell’Adamello, in Valcamonica. La sua vita è cambiata dopo l’incontro con alcuni gruppi di indigeni d’America, che ha avuto modo di ospitare: giunti da lontano, lungo strade differenti ma profondamente legate, i loro sguardi si riuniranno in un nuovo viaggio spirituale. L’attesa di questo incontro rende lo scorrere del tempo un viaggio in cui Italo vive lentamente le stagioni che si susseguono, assapora ogni attimo del freddo inverno, attende l’arrivo dell’estate e di un capo indiano. Al secondo posto il film cipriota “Cinira. Il sacerdote amato da Afrodite” di Stavros Papageorghiou (90’, 2019): la personalità di Cinira, sacerdote amato da Afrodite, è delineata attraverso riferimenti a fonti antiche e interviste con studiosi e artigiani. I miti che circondano Cinira sono rappresentati anche attraverso l’animazione. Il documentario è un’elegia del personaggio mitico più importante della storia antica di Cipro, Cinira. Sebbene la memoria del suo nome sia conservata fino ad oggi, i Ciprioti sanno poco di lui. Sul gradino più basso del podio, al terzo posto, il film iraniano “Alone among the rocks” di Arman Gholipour Dashtaki (21’, 2020): Baliti (Oak-man), che ora ha 70 anni, è una guardia fedele che ha imparato il cuneiforme dei rilievi rupestri di Kul-e Farah dall’archeologo francese Ghirshman. Per molti anni solo lui ha salvaguardato i monumenti. “Il film “Prima che arrivi l’estate” era inserito nella sezione “Cinema e Antropologia”, che abbiamo consolidato molto, riservandole lo spazio serale”, sottolinea Alessandra Cilio. “Una scelta che, abbiamo constatato, il pubblico mostra di apprezzare sempre molto. Non è un caso quindi che sia stato assegnato il primo premio proprio a uno dei film ospitati all’interno di questo spazio. Insomma, la lezione di vita che gli indiani Lakota e i loro “fratelli” della Val Camonica possono dare ha fatto presa più degli ultimi scavi a Pompei o dell’architettura nilotica!”.

Premio “Archeovisiva”. Il Premio “ArcheoVisiva”, assegnato dalla giuria di qualità, è stato conferito alla regista francese Vanessa Tubiana-Brun, per il suo film “Così parla Tāram-Kūbi. Corrispondenze assire” (46’, 2020). Il documentario è dedicato alla riscoperta, in Anatolia centrale, delle tavolette di argilla che documentano la corrispondenza di una donna assira, Tāram-Kūbi, con il fratello e il marito, offrendo uno spaccato della storia dell’insediamento commerciale dell’antica città di Kaneš. Circa 4000 anni fa, i mercanti assiri stabilirono infatti un insediamento commerciale nell’antica città di Kaneš, nell‘Anatolia centrale. Provenivano da Aššur, nel nord della Mesopotamia. Le tavolette d‘argilla, che hanno resistito al tempo, ci hanno fatto conoscere la loro storia. A consegnare il premio è stato l’assessore ai Beni culturali del Comune di Licodia Eubea, Santo Cummaudo.

Premio “Antonino Di Vita”. Durante la serata è stato attribuito anche il Premio “Antonino Di Vita”, consegnato a Carmelo Malacrino, direttore del museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria. “Il suo arrivo”, si legge nella motivazione, “ha dato un impulso decisivo alla rinascita di un museo troppo a lungo chiuso e dimenticato. In meno di un anno, il MARRC è stato riconsegnato alla società profondamente rinnovato; nella voce, nell’immagine, nella credibilità, nella sua comunicazione mediatica. Grazie al suo intervento, i numerosi reperti custoditi in questo luogo, frutto di quasi due secoli di ricerca archeologica, sono divenuti protagonisti di narrazioni espositive di grande efficacia, e sono stati resi accessibili ad ogni tipo di utenza grazie all’uso delle più avanzate tecnologie digitali. In appena cinque anni ha saputo trasformare un luogo di conservazione in un vero e proprio hub culturale, contribuendo inoltre ad una riaffermazione del senso di appartenenza di una comunità, quella reggina, al suo territorio e alla sua storia”.

Il grazie di Alessandra e Lorenzo. “Quest’anno è stato più difficile del solito. Eppure, mai come quest’anno abbiamo potuto contare su uno staff attivo e motivato, che è stato determinante per la buona riuscita dell’edizione. Domenico Raina, nostro web specialist, è stato fantastico; Roberto Greco si è occupato della fotografia e dei video; Lorena Leonardi ha curato, egregiamente come sempre, il desk assieme al giovane Ortis Ternova, alla giovanissima Ludovica Gandolfo e all’immancabile Gaetano Interligi; Veronica Martini ha curato l’ospitalità; la logistica è stata gestita da Guido Sterlini; la comunicazione social e stampa da Fabio Fancello. Concetta Caruso si è occupata della didattica e delle visite guidate con grande professionalità e competenza, mentre Vinca Palmieri si è cimentato nella traduzione di buona parte delle opere in concorso. Sono ragazzi che ci conoscono da tempo, alcuni sono nostri amici, altri stanno adoperando la Rassegna come “palestra” per esercitare le loro competenze organizzative e importare il nostro modello nei loro paesi d’origine. Mi piace questa cosa. Ci piace l’idea che il festival dopo dieci anni sia diventato un punto di riferimento, non solo in ambito cinematografico, ma soprattutto dal punto di vista umano e sociale. E questo forse è il traguardo più bello che potevamo tagliare dopo un decennio di esperienza. Più bello di quanto non sarebbe stato, che ne so, avere Alberto Angela in sala. Ma arriveremo anche a questo, prima o poi: lo abbiamo promesso al nostro pubblico più affezionato!”.
Al via a Licodia Eubea (Ct) la X Rassegna del Documentario e della Comunicazione archeologica: 32 film, sette prime nazionali, che quest’anno si possono seguire anche in streaming. Basta un clic. Ecco il programma

Siete comodi sul divano, pronti per un viaggio nello spazio e nel tempo con un semplice clic? Non stiamo parlando di “Ritorno al futuro” ma della X Rassegna del Documentario e della Comunicazione Archeologica organizzata dal 15 al 18 ottobre 2020 a Licodia Eubea (Ct) dall’associazione culturale Archeovisiva in collaborazione con Archeoclub d‘Italia di Licodia Eubea “Mario Di Benedetto”: quest’anno non solo ci sarà il festival in presenza, garantito con grande coraggio nel rispetto delle restrizioni, normative e problematiche, dovute all’emergenza sanitaria, ma per permettere a tutti gli appassionati di seguire la ricca programmazione ecco l’opportunità della rassegna in streaming. Basta registrarsi gratuitamente sulla piattaforma www.streamcult.it e accedere ai contenuti comodamente da casa. Per essere presenti in sala, invece, è necessario prenotare il proprio posto gratuitamente sul sito www.rassegnalicodia.it, dove è possibile scaricare il programma completo delle proiezioni e degli eventi.

“Lo scorso ottobre ci eravamo lasciati con la promessa che l’edizione 2020 del festival di Licodia Eubea sarebbe stata unica, speciale”, ricordano i direttori artistici del festival Alessandra Cilio e Lorenzo Daniele. “Non immaginavamo che, nell’arco di pochi mesi, la nostra vita sarebbe stata stravolta dall’esperienza della pandemia e dalle sue inevitabili conseguenze. Più volte ci siamo interrogati sull’eventualità di un festival in formato ridotto, magari interamente on-line. L’idea di dover rinunciare a incontri e proiezioni in sala, però, non ci ha convinto del tutto e abbiamo deciso di optare per una soluzione ibrida: una manifestazione dal vivo, sebbene destinata ad una utenza ridotta, fruibile via streaming attraverso un portale ideato ad hoc. Non avremmo potuto fare diversamente. I festival cinematografici costituiscono un’occasione unica e irripetibile, per l’autore di un’opera filmica, di entrare in diretto contatto con i suoi spettatori e di confrontarsi con loro, e non volevamo rinunciarvi. Quella di quest’anno, dunque, sarà un’edizione pienamente sperimentale. Unica certezza, la qualità dei venti documentari selezionati: sono lavori in buona parte ancora inediti a livello nazionale, potenti e originali per approccio, tematiche, taglio narrativo. I film abbracciano un arco temporale di oltre seimila anni e comprendono Paesi come Italia, Serbia, Ungheria, Spagna, Grecia, Cipro e ancora Iran, Iraq ed Egitto”.
Trentadue pellicole in programma, tra documentari, docu-fiction, film di animazione e cortometraggi; otto film stranieri, sette prime nazionali, oltre quattordici ore di proiezioni, un ricco calendario di eventi collaterali e tante novità. “Minimo comune denominatore, il concetto di skills, che si tratti delle abilità sviluppate dalle popolazioni preistoriche per adattarsi ad un determinato ambiente, della capacità dei ceramisti contemporanei di ripercorrere le orme dei loro antenati del Bronzo antico, o delle competenze manageriali delle donne assire nel gestire casa e affari in assenza dei mariti, rendendolo noto attraverso una puntuale corrispondenza scritta. Ma sono anche quei saperi ormai quasi dimenticati, immortalati dalla pellicola perché possano sopravvivere nel tempo: sono canti, sono gesti, sono incastri perfetti di pietre, risultato di secoli di sperimentazioni, tentativi ed errori. Sono strumenti e saperi necessari allo sviluppo economico e tecnologico di un popolo, ma anche alla sua crescita spirituale e culturale. E se non si possiedono, bisogna imparare a costruirli, “sbagliando e riprovando, e ancora sbagliando e riprovando”. Ché in questo continuo, inesauribile percorso, sta il segreto della complessità del vivere umano, ma anche tutta la sua poetica bellezza”.

Frame del film Mare Nostrum. Storie dal mare di Roma Nazione” di Guido Fuganti
Vediamo un po’ il programma. Giovedì 15 ottobre 2020. Alle 17.30, per “CINEMA E ARCHEOLOGIA”, i film “In their hands Reshaping pottery of the European Bronze Age / Nelle loro mani. Rimodellare la ceramica dell’Età del Bronzo Europea” di Marcello Peres, Nicola Tagliabue, Thomas Claus, Csaba Balogh, Vladan Caricic Tzar (Spagna, Germania, Ungheria, Serbia; 2019, 32’); “Dig Life” di Chris Davies (Serbia, Australia; 2019, 46’). “Mare Nostrum. Storie dal mare di Roma Nazione” di Guido Fuganti (Italia; 2020, 21’). Alle 19.30, per “INCONTRI DI ARCHEOLOGIA”, inaugurazione della mostra fotografica “Le pietre raccontano” a cura di “Augusta Photo Freelance“. Interviene Romolo Maddaleni, presidente di Augusta Photo Freelance. Durante le giornate del Festival, la mostra sarà visitabile dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 20. Alla sera, alle 21, per “CINEMA E ANTROPOLOGIA”, i film “Lu recito” di Dario Lo Vullo (Italia; 2019, 19’): “Prima che arrivi l’estate” di Francesco Di Martino (Italia; 2019, 78’).

Frame del film d’animazione “The Sound of that Beat / Il suono di quel battito” di Mirko Furlanetto
Venerdì 16 ottobre 2020. Alle 10.30, per “RAGAZZI E ARCHEOLOGIA”, sezione dedicata a film d’animazione, docufiction e attività didattiche pensate per il pubblico più giovane, condotte dall’archeologa Concetta Caruso: “La memoria di un filo” di Gian Maria Pontiroli (Italia; 2019, 28’); “The Sound of that Beat / Il suono di quel battito” di Mirko Furlanetto (Italia, Iraq; 2020, 5’); “ArcheoMovies. L’Archeologia al Cinema”: proiezione di 5 cortometraggi realizzati dagli studenti del IV I.C. “Domenico Costa“ di Augusta nell‘ambito del progetto “ArcheoMovies. L‘Archeologia al Cinema”, finanziato dal Piano Nazionale Cinema per la Scuola (Mibact-MIUR). Durata complessiva: 25 minuti. Anno: 2019. Alle 17.30, per “CINEMA E ARCHEOLOGIA”, i film “S.T.U.R.A. Storia del Territorio e dell’Uomo lungo le Rive e sull’Acqua” di Davide Borra (Italia; 2019, 20’); “Πήγα, είδα, άκουσα / Vai, guarda, ascolta” di Mary Bouli (Grecia; 2020, 24’); “Sicilia questa sconosciuta” di Pina Mandolfo, Maria Grazia Lo Cicero (Italia; 2019, 45’). Alle 19.15, per “INCONTRI DI ARCHEOLOGIA”, “Agli albori del viaggio moderno in Sicilia. Il grand tour di Thomas Cole e Samuel James Ainsley nel 1842”: interviene in video-conferenza Brian E. McConnell, docente di Storia dell‘Arte presso la Florida Atlantic University. Alla sera, alle 21, per “CINEMA E ANTROPOLOGIA”, i film “L‘uomo delle chiavi, sulla vecchiaia” di Matteo Sandrini (Italia; 2020, 45’); “Manufatti in pietra” di Michele Trentini (Italia; 2019, 33’).

Il paletnologo Fabrizio Mori nel film di Lucio Rosa “Fabrizio Mori. Un ricordo” (foto Lucio Rosa)
Sabato 17 ottobre 2020. Alle 17.30, per “CINEMA E ARCHEOLOGIA”, i film “Pompei, dopo il disastro” di Sabine Bier (Italia, Germania; 2019, 52’); “Egypte: les temples sauves du Nil / Egitto: i templi salvati del Nilo” di Olivier Lemaitre (Francia; 2018, 53’); “Thus speaks Tarām-Kūbi, Assyrian Correspondence / Così parla Tarām-Kūbi, corrispondenze assire” di Vanessa Tubiana-Brun (Francia; 2020, 46’). Alla sera, alle 21, per “CINEMA E ARCHEOLOGIA”, i film “Fabrizio Mori, un ricordo” di Lucio Rosa (Italia; 2020, 20’); “ΚΙΝΥΡΑΣ, Ιερεύς Κτίλος Αφροδίτας / Cinira, l’amato sacerdote di Afrodite” di Stavros Papageorghiou (Cipro; 2019, 90’).

La consegna del premio “Antonino Di Vita”: da sinistra, i direttori artistici Lorenzo Daniele e Alessandra Cilio, e Francesca Spatafora con Maria Antonietta Rizzo
Domenica 18 ottobre 2020. Alle 17.30, pe “CINEMA E ARCHEOLOGIA”, i film “La Scuola di Atene. L’archeologia italiana nell’Egeo” di Eugenio Farioli Vecchioli (Italia; 2019, 52’); “Alone among the rocks / Solo tra le rocce” di Arman Gholipour Dashtaki (Iran: 2020, 21’). Alle 19.30, per “FINESTRA SUL DOCUMENTARIO SICILIANO”, Tra tradizione e sperimentazione. Il cinema di Alessia Scarso: interviene la regista Alessia Scarso. Quindi il film “Vasa Vasa” di Alessia Scarso (Italia; 2017, 12’). Alle 20.30, la cerimonia di premiazione con l’intervento di Santo Cummaudo, assessore ai Beni Culturali del Comune di Licodia Eubea. Premio “Archeoclub d’Italia”: proclamazione del film più votato dal pubblico. Consegna il premio: Giuseppe Cosentino, presidente Archeoclub d’Italia di Lentini; Premio “ArcheoVisiva”: proclamazione del film migliore selezionato dalla giuria internazionale di qualità. Consegna il premio: Fabio Caruso, archeologo, ricercatore ISPC-CNR di Catania. Premio “Antonino Di Vita”: il premio, un‘opera dell‘artista Santo Paolo Guccione, viene assegnato a chi spende la propria professione nella promozione della conoscenza del patrimonio storico-artistico e archeologico. Consegna il premio: Maria Antonietta Rizzo Di Vita, docente di Etruscologia e Antichità Italiche, università di Macerata.
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