Torino. Al museo Egizio conferenza, in presenza e on line, del direttore Christian Greco su “La scoperta della tomba di Tutankhamon”
L’apertura della tomba di Tutankhamon rappresentò uno spartiacque: c’è un “prima” della scoperta, e un “dopo”. L’evento della scoperta della sepoltura del giovane faraone ha provocato un’onda tellurica che si è propagata in tutte le direzioni: in quel momento nel presente e certamente verso il futuro, raggiungendo anche noi al giorno d’oggi, ma anche verso il passato, in ondate che continuano a susseguirsi. Lo studio della sepoltura nel suo insieme e degli oggetti singoli continua a fornirci nuove informazioni sul passato, sia su quello remoto che li generò che su quello recente, che ha condotto ad una delle scoperte archeologiche più importanti di sempre. Martedì 31 gennaio 2023, alle 18, nella sala Conferenze del museo Egizio di Torino, conferenza del direttore Christian Greco su “La scoperta della tomba di Tutankhamon”. L’ingresso è libero fino a esaurimento posti. La conferenza sarà trasmessa anche in streaming sulla pagina Facebook e sul canale YouTube del museo.

Howard Carter davanti al sarcofago con la mummia del faraone Tutankhamon
La ricerca continua a svelare le tessere di un mosaico complesso, una grande storia composta in realtà da molte storie intrecciate. Certamente quelle di Tutankhamon e di Howard Carter, e degli oggetti che furono rinvenuti nella tomba, ma anche dell’evoluzione dell’archeologia in generale, dell’egittologia in particolare e dei rapporti tra Europa e Egitto all’interno dello scenario coloniale e post-coloniale. Infine, risulta particolarmente interessante un riesame dell’evoluzione metodologica. Carter condusse lo studio e lo svuotamento della tomba con estrema cautela e attenzione ai dettagli, utilizzando al meglio gli strumenti a sua disposizione. Oggi, dopo cent’anni, quando la TAC ci permette di operare lo sbendaggio virtuale delle mummie evitando quello fisico, possiamo permetterci di guardare con spirito critico al passato, alle azioni compiute da chi ci ha preceduti nello studio di questi reperti, così come nel futuro faranno coloro che verranno dopo di noi. La storia della scoperta della tomba di Tutankhamon ci coinvolge dunque tutti, in un continuum spazio-temporale. Ci fornisce l’occasione per comprendere meglio eventi lontani, e allo stesso tempo comprendere meglio anche noi stessi.

Christian Greco, direttore del museo Egizio di Torino (foto Graziano Tavan)
Nato nel 1975 ad Arzignano (VI), Christian Greco è direttore del museo Egizio dal 2014. Formatosi principalmente in Olanda, è un egittologo con una grande esperienza in ambito museale: ha curato moltissimi progetti espositivi e di curatela in Olanda (Rijksmuseum van Oudheden, Leiden; Kunsthal, Rotterdam; Teylers museum, Haarlem), Giappone (per i musei di Okinawa, Fukushima, Takasaki, Okayama), Finlandia (Vapriikki museum, Tampere), Spagna (La Caixa Foundation) e Scozia (national museum of Scotland, Edimburgh). Alla direzione del museo Egizio ha sviluppato importanti collaborazioni internazionali con musei, università ed istituti di ricerca di tutto il mondo. La sua forte passione per l’insegnamento lo vede coinvolto nel programma dei corsi dell’università di Torino, di Pisa, di Napoli, della Scuola di Specializzazione in Beni archeologici dell’università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e della New York University di Abu Dhabi con corsi di cultura materiale dell’antico Egitto e di museologia. Il lavoro in campo archeologico è particolarmente importante: è stato membro dell’Epigraphic Survey of the Oriental Institute of the University of Chicago a Luxor e, dal 2015, è co-direttore della missione archeologica italo-olandese a Saqqara. Al suo attivo ha molteplici pubblicazioni divulgative e scientifiche in diverse lingue e numerose partecipazioni a convegni internazionali di egittologia e di museologia come keynote speaker.
Roma. Ultimi giorni a Palazzo Braschi per la mostra “Roma Medievale. Il volto perduto della città”: mosaici, affreschi e opere mobili fanno luce sull’aspetto di una città ancora in parte superstite, anche se spesso nascosta
Ancora pochi giorni per riscoprire il volto perduto della Roma fra VI e XIV secolo e il suo ruolo cardine nell’Europa cristiana e medievale sia per i semplici pellegrini sia per regnanti e imperatori. Chiude il 5 febbraio 2023 al Museo di Roma a Palazzo Braschi a Roma la mostra “Roma Medievale. Il volto perduto della città”, promossa da Roma Culture, sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali in collaborazione con Sapienza università di Roma – Dipartimento di Storia Antropologia Religioni Arte Spettacolo. Progetto scientifico di Marina Righetti. La mostra, a cura di Anna Maria D’Achille e Marina Righetti, organizzazione Zètema Progetto Cultura, copre un arco temporale che va dal VI al XIV secolo, dal tempo di papa Gregorio Magno all’indizione del primo Giubileo del 1300, e si sviluppa in 9 principali nuclei tematici che hanno l’obiettivo – grazie alle oltre 160 opere tra mosaici, affreschi e opere mobili generosamente messe a disposizione da 60 prestatori tra musei, enti religiosi e istituzioni pubbliche e private – di far luce sull’aspetto di una città ancora in parte superstite, anche se spesso nascosta. In esposizione documenti provenienti in massima parte da luoghi e raccolte romane, proprio allo scopo di esortare i cittadini romani a riscoprire le ricchezze della loro città. Il pubblico è guidato da ricchi apparati didattici e dal catalogo (De Luca Editori D’Arte) curato da Marina Righetti e Anna Maria D’Achille, studiosi formatisi prevalentemente nella scuola dell’università Sapienza di Roma che, in oltre quaranta anni di studi e ricerche, hanno portato a svelare il volto medievale della città. La mostra è stata inoltre pensata con lo scopo di portare a conoscenza di un vasto pubblico i risultati di queste ricerche universitarie, in linea con i principi della Terza Missione promossa da Sapienza.

Madonna che allatta il bambino e angeli, detta Madonna della Catena, icona da San Silvestro al Quirinale (foto ministero degli interni)
Il visitatore viene accompagnato tra le pieghe storiche, architettoniche e artistiche della Roma medievale, attraverso i suoi luoghi più iconici, quali basiliche e palazzi, ma anche grazie alla ricostruzione del contesto ambientale, oggi profondamente modificato, caratterizzato, per esempio, dal serpeggiante corso del Tevere che, con i suoi porti e i suoi ponti, era sfondo e teatro della vita e delle attività urbane. L’immersione nella realtà del Medioevo romano è poi approfondita prendendo in esame le ricche committenze di papi e cardinali, l’attività di artisti e botteghe artigiane, che contribuivano al fascino esercitato dall’Urbe, meta imprescindibile di pellegrinaggio anche per re e imperatori. Il percorso, un viaggio ideale verso Roma, fa calzare al visitatore i panni del pellegrino medievale che, immerso nel fascino dell’antica Roma, era animato dal desiderio di entrare a contatto con le prime testimonianze del cristianesimo e le reliquie dei martiri. La presenza della sede papale, inoltre, fece dell’Urbe un polo politico di primaria importanza, al centro di complessi intrecci politici e diplomatici.

San Luca Evangelista, mosaico del XIII sec., conservato ai Musei Vaticani (foto governatorato scv-direzione dei musei9
Il visitatore scopre poi l’importanza rivestita da alcuni luoghi sia dal punto di vista religioso, sia politico: il vasto complesso del Laterano, prima basilica cristiana, cattedrale di Roma e sede dei pontefici durante il Medioevo; San Pietro in Vaticano, luogo della tomba di Pietro e meta di pellegrinaggio da tutta l’Europa cristiana; San Paolo fuori le mura, memoria dell’Apostolo delle Genti, e Santa Maria Maggiore, custode delle reliquie del Presepe e prima basilica dedicata alla Vergine. Sono monumenti oggi molto mutati, ma di cui ancora si conservano vestigia medievali di fondamentale importanza. Attraverso una selezione mirata di oggetti, viene offerta un’idea della vastità dei quattro complessi basilicali e della ricchezza di opere d’arte che connotava questi luoghi.

Ritratto di papa Innocenzo III, mosaico (1205-1209/1212) conservato al museo di Roma (foto roma musei)
Uno spazio di rilievo è dedicato al rapporto privilegiato tessuto nel corso dei secoli tra la città e il papato. Una relazione complessa che ha unito, e quasi identificato, l’Urbe e i suoi pontefici durante tutto il Medioevo. Il visitatore potrà così conoscere i papi più rappresentativi dell’epoca, come Gregorio Magno, Leone III, Innocenzo III e Bonifacio VIII, protagonisti di momenti chiave del Medioevo. Il grande salone del Museo è scenograficamente dedicato a un’ideale passeggiata nello spazio sacro di una chiesa medievale, nella quale sono proposti numerosi oggetti mobili, come affreschi e arredi liturgici, ma anche preziosi reliquiari e suppellettili, con lo scopo far compiere un viaggio indietro nel tempo, sulle tracce della liturgia medievale.

Dettaglio del suggestivo allestimento della mostra “Roma medievale” a Palazzo Braschi (foto Monkeys video Lab)
La riproposizione dello spazio sacro è occasione poi per approfondire alcuni aspetti particolari, come quello della devozione popolare romana, con un focus particolare tutto dedicato alle icone mariane ancora oggi custodite nelle chiese della città; o il caso emblematico della decorazione in affresco proveniente da Santa Croce in Gerusalemme. Un cittadino, un pellegrino o un visitatore che percorreva le strade della Roma medievale aveva davanti agli occhi una città completamente diversa rispetto a quella attuale. A scandire il percorso di mostra ci sono, quindi, due ‘intermezzi’ urbani che, grazie all’ausilio di incisioni e disegni, restituiscono, in parte, il volto medievale perduto della città. Non solo luoghi di culto e di potere quindi. Il percorso espositivo vuole anche far riflettere su come si vivesse a Roma nel Medioevo. Una serie di piccoli ma preziosi oggetti, provenienti dalla Crypta Balbi, narra al visitatore storie di vita quotidiana fatta di botteghe, artisti e artigiani.

Uno dei manoscritti esposti alla mostra “Roma medievale” a Palazzo Braschi (foto Monkeys video Lab)
La mostra si conclude con la sala dedicata a un ultimo ma importante aspetto. A Roma si installò, già a partire dal II secolo a.C., la comunità ebraica, la più antica al mondo, che con alterne vicende visse continuativamente in città, costituendo, soprattutto nel Duecento, un polo culturale di alto livello, anche per i suoi scambi internazionali. Roma poi, per la sua stessa natura di centro di potere, politico, economico e religioso è sempre stata al centro di un fitto intreccio di culture. Alcuni manoscritti testimonieranno, sia pure parzialmente, il livello di questa straordinaria koinè.
Egitto. Con la Tac sbendata digitalmente dopo 2300 anni la mummia del Ragazzo d’oro, adolescente vissuto in una ricca famiglia in epoca tolemaica, sepolto a Edfu con maschera d’oro e sandali: tra le bende e nel corpo 49 amuleti di cui 30 d’oro: occhio di Horus, scarabei, nodo di Iside, piume di Maat. E una lingua d’oro

Lo sbendaggio digitale della mummia del Ragazzo d’oro, scoperta a Edfu, e conservata al museo Egizio del Cairo (foto ministry of tourism and antiquities)

La paleoradiologa Sahar Saleem accanto alla mummia del Ragazzo d’Oro prima della Tac al Cairo (foto ministry of tourism and antiquities)
Dopo 2300 anni la mummia del “Ragazzo d’oro” è stata sbendata rivelando ben 49 amuleti preziosi di 21 tipi differenti, dall’occhio di Horus allo scarabeo, dall’amuleto dell’orizzonte alla placenta, dal nodo di Iside alle due piume. Sono stati inseriti dagli abilissimi imbalsamatori tra le bende dell’adolescente vissuto in una ricca famiglia dell’Antico Egitto in epoca tolemaica. Ma senza danneggiare la mummia del Ragazzo d’oro conservata nel seminterrato del museo Egizio di Tahrir al Cairo per più di un secolo. Come? Con uno sbendaggio digitale grazie alle scansioni TC e alla stampa 3D eseguite dal team, guidato da Sahar Saleem, sul corpo imbalsamato del ragazzo, rinvenuto nel 1916 in un cimitero utilizzato in epoca tolemaica, tra il 332 e il 30 a.C., circa nella città di Edfu, Governatorato di Assuan, nel Sud dell’Egitto. I risultati di questi studi scientifici, che hanno portato a svelare l’identità di questa mummia, il suo stato di conservazione e ciò che contiene di segreti, sono stati pubblicati su Frontiers in Medicine il 24 gennaio 2023. La mummia è stata esaminata per la prima volta nel 2015 da Sahar Saleem, paleoradiologa alla Facoltà di Medicina dell’università del Cairo, in collaborazione con Sabah Abdel Razek, direttore generale del museo Egizio di Tahrir, e Mahmoud El-Haloogy, ex direttore del museo, utilizzando scansioni TC , in sicurezza, attraverso il dispositivo nel museo, utilizzando la radiologia avanzata, i moderni programmi per computer e la stampa 3D.

La posizione degli amuleti sulla mummia del Ragazzo d’Oro (foto ministry of tourism and antiquities)

La Tac ha rivelato le diverse tipologie degli amuleti (foto ministry of tourism and antiquities)
Gli antichi egizi ritenevano che dopo la morte del corpo, il defunto dovesse affrontare un viaggio nell’aldilà, superando una prova per dimostrare la purezza della propria anima: per questo il corpo veniva mummificato e protetto con amuleti. “Il corpo di questo ragazzo, morto all’età di 15 anni”, spiega Sahar Saleem, “è stato imbalsamato con grande cura. Il cervello è stato rimosso attraverso la narice, e la resina è stata posta all’interno della cavità cranica. Anche le viscere sono state rimosse attraverso una piccola incisione nel basso addome, mentre gli imbalsamatori hanno mantenuto il cuore, che si vede ai raggi X, all’interno della cavità toracica”. Il giovane è stato sepolto con un paio di sandali e una maschera dorata. “Gli egizi erano affascinati da piante e fiori e credevano che possedessero effetti sacri e simbolici”, continua Saleem: “il Ragazzo d’oro era stato infatti sepolto con della felce. Fiori e piante sono stati trovati anche nelle tombe dei faraoni Amenofi I e Ramses II”. Le scansioni TC bi e tridimensionali hanno mostrato – come detto – che c’erano 49 amuleti disposti in tre colonne tra le pieghe dei rotoli di lino e all’interno del corpo della mummia. Di questi, 30 sono d’oro, mentre il resto degli amuleti sono di pietre semipreziose, argilla o maiolica, oltre a un amuleto a forma di lingua di oro posto all’interno della bocca del defunto in modo che potesse parlare nell’altro mondo, e anche a un altro grande amuleto a forma di scarabeo in oro posto all’interno della cavità toracica della mummia, che è stato riprodotto utilizzando la stampa 3D.

Il grande amuleto a forma di scarabeo d’oro posto nel torace della mummia del Ragazzo d’Oro e rivelato dalla Tac al Cairo (foto ministry of tourism and antiquities)

La radiografia rivela un amuleto a lingua d’oro nella bocca della mummia del Ragazzo d’Oro conservata al museo Egizio del Cairo (foto ministry of tourism and antiquities)
“Lo studio”, ha spiegato il prof. Sabah Abdel Razek, “ha fatto luce sulla vita sociale nell’antico Egitto migliaia di anni fa. Lo studio ha fornito una profonda comprensione delle loro credenze e rituali funebri e della loro abilità tecnica nella mummificazione e nell’artigianato nella creazione di amuleti, maschere e decorazioni”. La simbologia egizia è molto affascinante, spiegano gli autori. La lingua d’oro è stata apposta per garantire al ragazzo la possibilità di parlare nell’aldilà, l’amuleto accanto al pene doveva proteggerlo dalle incisioni necessarie per l’imbalsamazione. Il nodo di Iside era un omaggio alla divinità per invocarne la clemenza, un gioiello ad angolo retto avrebbe dovuto assicurare l’equilibrio al defunto, mentre le piume di struzzo rappresentavano la dualità della vita spirituale e materiale. Lo scarabeo che è stato posizionato nel torace, menzionato anche nel Libro dei Morti, doveva aiutare il giovane durante il giudizio dell’anima, che veniva pesata attraverso il cuore in uno dei piatti della bilancia della dea Maat, in contrapposizione con una piuma. Lo scarabeo doveva sostituire il cuore nell’eventualità in cui il corpo fosse stato privato dell’organo.

Il sarcofago della mummia del Ragazzo d’Oro conservato al museo Egizio del Cairo (foto ministry of tourism and antiquities)
L’uso della tecnologia e delle tecniche moderne nell’imaging medico tridimensionale ha contribuito a fornire una visione preziosa della mummia, convincendo la direzione del museo Egizio del Cairo di spostare la mummia dal seminterrato del museo per esporla nelle sale aperte al pubblico con la scritta “mummia del ragazzo d’oro”. La visualizzazione di scansioni CT accanto alla mummia contribuisce a un’esposizione museale distintiva che offre ai visitatori un’esperienza unica che supporta la loro comunicazione con l’antica civiltà egizia.
Cabras (Or). Al museo “Marongiu” presentazione del libro di Zucca e Paglietti “I Giganti di Mont’e Prama” (Delfino editore)

Copertina del libro “I giganti di Mont’ Prama” di Raimondo Zucca e Giacomo Paglietti (Delfino editore)
Focus su Mont’e Prama. . Sabato 28 gennaio 2023, alle 18, a Cabras (Or), al museo civico “Giovanni Marongiu” la Fondazione Mont’e Prama e Carlo Delfino editore presentano “I Giganti di Mont’e Prama”, la nuova opera di Raimondo Zucca e Giacomo Paglietti, dedicata al complesso scultoreo più celebre del Sinis. L’iniziativa editoriale sarà illustrata da Nadia Canu, direttrice della Fondazione Mont’e Prama. Interviene il presidente Anthony Muroni e saranno presenti i due autori. “I Giganti di Mont’e Prama” racconta la storia delle scoperte delle statue a partire dal 1970. Venne ritrovata, celata per millenni sotto la terra, un’area funeraria riservata a giovani uomini sepolti in tombe singole a pozzetto. Ma Mont’e Prama è anche un luogo della memoria di eroi scolpiti nel candido calcare, accompagnati da modelli di nuraghi e da betili, che rimandano alla “bella età dei nuraghi” delineata da Giovanni Lilliu.
Roma. Visite guidate speciali all’interno della Porta del Popolo, già Porta Flaminia: i posti disponibili bruciati in un attimo

La facciata della Porta del Popolo, già Porta Flaminia, a Roma (foto roma culture)
I posti disponibili sono stati bruciati in un attimo. Erano quelli messi a disposizione dalla sovrintendenza capitolina ai Beni Culturali con l’organizzazione Zètema Progetto Cultura per una visita guidata speciale all’interno di Porta del Popolo di Roma nelle giornate del 28 gennaio, 19 febbraio e 18 marzo 2023: dopo una breve introduzione storica e topografica i visitatori potranno salire fino alla terrazza panoramica per godere dell’affaccio privilegiato sulla piazza, il Tridente e la fuga prospettica di via Flaminia. Con l’occasione saranno anche illustrate le attività del nuovo Centro di Documentazione del Sito UNESCO di Roma che ha sede all’interno della Porta e che si occupa si raccogliere, organizzare e mettere a disposizione della collettività contenuti sulle caratteristiche e sui valori del Sito. Il nome originario era Porta Flaminia perché da qui usciva, ed esce tuttora, la via consolare Flaminia che anticamente aveva inizio molto più a Sud, dalla Porta Fontinalis, nei pressi dell’Altare della Patria. Nel X secolo ebbe il nome di San Valentino dalla basilica e catacombe omonime, situate all’inizio dell’attuale viale Pilsudski. L’origine del nome della porta e della relativa piazza su cui si apre non è ben chiara: si supponeva che potesse derivare dai numerosi pioppi che ricoprivano l’area, ma è più probabile che il toponimo sia legato alle origini della chiesa di Santa Maria del Popolo, che fu eretta nel 1099 da papa Pasquale II appunto con una sottoscrizione più o meno volontaria del popolo romano.
Fara Sabina (Ri). Conferenza “L’età del ferro nella Sabina Tiberina” con il prof. Guidi (UniTre) per il ciclo del Fai “Sabina, le strade della storia”. Segue visita al museo Archeologico
Terzo incontro del ciclo di conferenze “Sabina: le strade della storia” promosse dal Fai a Fara Sabina (Ri). Sabato 28 gennaio 2023, appuntamento alle 9.30, in via di Santa Maria in Castello 28, davanti all’ingresso del Teatro Potlach, a Fara Sabina. Alle 10, nella cornice del Teatro Potlach, il professor Alessandro Guidi, docente ordinario di Preistoria e Protostoria europea all’università di Roma Tre, nella conferenza “L’età del ferro nella Sabina Tiberina” parlerà di “Cures Sabini, le prime città e i primi sistemi statali tra VIII e VII secolo a.C.”. Dopo la conferenza è prevista la visita del museo civico Archeologico di Fara in Sabina con il prof. Guidi. Disponibilità massimo 40 persone. Prenotazioni a questo link. Evento a contributo a partire da 3 euro, da versare in loco. È previsto un contributo di euro 3 euro per l’accesso alla visita del museo Archeologico. Possibilità di iscriversi al FAI in loco.
Torino. Per le celebrazioni del bicentenario il museo Egizio cambia volto e si apre alla città: il cortile diventa la Piazza Egizia, urbana e coperta con accesso libero al tempio di Ellesija. Ecco i dettagli del progetto dello studio OMA di Rotterdam vincitore del concorso internazionale indetto dalla Compagnia di San Paolo

Rendering della Piazza Egizia, nuova piazza urbana coperta, al museo Egizio di Torino (progetto OMA di Rotterdam)
Inclusione, sostenibilità, possibilità a tutti di partecipare. Su questi tre concetti si sono basate le 47 proposte dai più grandi studi di architettura del mondo per la creazione nel museo Egizio di Torino di una piazza urbana coperta, la piazza Egizia, che si apre alla città e la coinvolge, con la fruizione pubblica del tempio di Ellesija. Un progetto ambizioso e “rivoluzionario” da 12,5 milioni di euro con dei tempi strettissimi di realizzazione: il bicentenario del museo Egizio, il più antico d’Europa, che scade nel 2024: obiettivo è essere pronti per ottobre 2024. Praticamente dopodomani. E il conto alla rovescia è partito ufficialmente giovedì 26 gennaio 2023 con la proclamazione del vincitore del concorso internazionale di progettazione “Museo Egizio 2024”. Ha vinto lo studio OMA – Office for Metropolitan Architecture di Rotterdam che curerà la realizzazione dell’ampliamento e il rinnovamento della corte interna del Palazzo del Collegio dei Nobili e la conseguente riorganizzazione degli spazi del museo Egizio di Torino che in vista delle celebrazioni del bicentenario del museo Egizio intende ampliare la propria offerta al pubblico nel campo della ricerca, dell’accessibilità e dell’inclusione.

Il tempio di Ellesiya ricostruito nelle sale del museo Egizio di Torino (foto museo Egizio)
Il concorso internazionale è stato portato avanti e gestito direttamente dalla Compagnia di San Paolo, come “mecenati della Cultura”: parole del presidente prof. Francesco Profumo, che ora consegna il progetto al museo Egizio per la sua realizzazione. La Fondazione Compagnia di San Paolo accompagna la Fondazione Museo delle Antichità Egizie a partire dalla sua costituzione. Sin da allora tale istituzione ha scelto di seguire modalità innovative, accogliendo a sé soggetti sia pubblici e privati, rappresentando il primo esempio italiano di partecipazione del privato alla gestione di un patrimonio culturale pubblico. Tra gli obiettivi del Concorso vi è stato quello di valorizzare – in occasione del bicentenario della nascita del museo Egizio di Torino – il Tempio di Ellesija, offrendone una fruizione pubblica e gratuita. Il Tempio fu donato dal governo egiziano all’Italia nel 1970 come riconoscimento per la partecipazione del nostro Paese alla vasta operazione di salvataggio dei templi della Nubia a seguito della costruzione della diga di Assuan.

Progetto OMA della Piazza Egizia al museo Egizio di Torino: rendering del doppio livello della “piazza urbana” (foto museo egizio)
I progetti giunti da ogni parte del mondo, a sottolineare – è stato detto – il prestigio dato da studiare un progetto per il museo Egizio di Torino, al di là del riscontro economico effettivo, ben più basso di quelli cui sono abituati questi grandi studi internazionali di architettura. Dopo la prima scrematura, sono rimasti in corsa cinque raggruppamenti di professionisti finalisti che hanno avuto accesso alla seconda fase del concorso: David Gianotten (O.M.A. – Office for Metropolitan Architecture), Rotterdam-Paesi Bassi (“Un progetto culturale, non solo funzionale, che offre una nuova interessante visione del futuro della città di Torino); Kengo Kuma (Kengo Kuma & Associates), Parigi-Francia (“Propone nuovi sistemi di architettura per la copertura della piazza urbana, e introduce temi di coinvolgimento emotivo dell’edificio”); Giuseppe Bove (Pininfarina Architetture), Torino-Italia, capogruppo Under 40 (“Progetto interessante con la proposta di una copertura in vetro e travi portanti sempre in vetro, che dà un effetto di trasparenza”); Carlo Ratti (Carlo Ratti Associati), Torino-Italia (“Anche questo progetto propone una copertura trasparente in vetro”); Jette Cathrin Hopp (Snohetta), Oslo-Norvegia (“Proposta assoluta di progetto, onnicomprensivo: tutto l’edificio diventa un tutt’uno con una grande scala). La commissione presieduta dall’arch. Marco Albini e composta anche da Mario Alberto Chiorino, professore emerito di Scienza delle costruzioni al Politecnico di Torino; Massimo Osanna, direttore generale Musei al ministero della Cultura, professore ordinario di Archeologia classica all’università di Napoli Federico II; Renata Picone, professore ordinario di Restauro architettonico all’università di Napoli Federico II, nonché direttore della Scuola di specializzazione in Beni architettonici e del Paesaggio dello stesso ateneo e da Francesco Profumo, presidente della Fondazione Compagnia di San Paolo, alla fine ha scelto il progetto di OMA (Gianotten David, progettista capogruppo; Van Loon Helena Amelia Hubertina, progettista; De Graaf Reinier Hendrik, progettista; Salimei Guendalina, progettista; Tabocchini Andrea, progettista; Manfroni Odine, progettista; Andreani Saverio, progettista; De Camillis Carolina, consulente; Longhi Andrea, consulente; Romagnoli Laura, consulente).

La commissione giudicante: a sinistra, Mario Alberto Chiorino, Francesco Profumo, Alberto Albini, Renata Picone, Massimo Osanna (foto museo egizio)
“Crediamo che questo concorso, come tutti i concorsi, sia un’occasione importante per favorire l’avanzamento culturale di una città generando spinte nuove e stimolando la trasformazione urbana con una risposta al bisogno di relazione tra le e coinvolgendo i punti nevralgici del tessuto cittadino”, dichiara l’architetto Albini, presidente della Commissione. “La qualità dei concorrenti – le cinque proposte sono apparse da subito interessanti e di pregnanza di significato – ha dato lustro a questo concorso grazie alla partecipazione dei più grandi architetti del mondo affascinati sicuramente dalla committenza, una delle più grandi fondazioni europee ed anche sicuramente dal fascino che un Museo, come quello Egizio di Torino, può generare”. E continua: “Relativamente alla proposta dello Studio OMA, la Commissione ha evidenziato la particolare rilevanza e innovazione rispetto al contenuto culturale del progetto, che si reputa rappresenti un’opportunità per l’avanzamento della cittadinanza torinese e dei fruitori del Collegio dei Nobili. Per il tramite della realizzazione di questo progetto, la città si arricchirà di un contributo rilevante anche dal punto di vista urbanistico. Un aspetto di assoluta importanza, che connota il progetto, è l’attenta e puntuale ricerca storica fatta sul disegno di Torino e sui documenti della fabbrica, che consente di sviluppare la proposta progettuale in rapporto con il pregresso. Il progetto è stato reputato inoltre particolarmente attento ai temi dell’inclusività e dell’accessibilità. Inoltre, si evidenza la raffinatezza dal punto di vista tecnologico. La “Piazza Egizia” cuore del Museo si apre alla città e ne diventa parte attiva. Un nuovo spazio pubblico dalle molteplici identità destinato alle diverse funzioni e strettamente connesso all’ Accademia delle Scienze”.

Il team OMA di Rotterdam che ha vinto il concorso internazionale “Museo Egizio 2024” (foto museo egizio)
“La Fondazione Compagnia di San Paolo, che ha sempre sostenuto il Museo, ha confermato la propria partecipazione al nuovo percorso di trasformazione che lo riguarda”, dichiara Francesco Profumo, presidente della fondazione Compagnia di San Paolo. “La nostra fondazione ha individuato nel concorso di progettazione della copertura della corte interna e della riqualificazione del piano ipogeo l’intervento più coerente con il proprio ruolo di mecenate moderno. In linea con il piano strategico, che prevede anche forme di supporto alternative all’attività grant-making, la Compagnia si è fatta carico del processo di selezione di uno progetto da donare al Museo. Nel caso specifico, facendo riferimento al codice degli appalti dei Beni culturali, abbiamo gestito il concorso per la selezione del raggruppamento di progettisti vincitori in tempi estremamente ridotti, utilizzando la piattaforma Concorrimi dell’Ordine degli Architetti di Milano ed attraendo 47 proposte dai più grandi studi di architettura del mondo. Doniamo oggi al Museo Egizio, alla Città ed ai suoi cittadini un progetto di grande qualità che guarda al futuro in un’ottica inclusiva, sostenibile e accessibile”.

Museo Egizio di Torino: Il direttore Christian Greco e la presidente Evelina Christillin (foto unito)
“Siamo molto grati alla Compagnia di San Paolo per l’operazione innovativa di mecenatismo e per le competenze messe in campo per accompagnare e sostenere il museo Egizio, in un percorso di trasformazione e cambiamento, in vista del bicentenario del 2024”, intervengono la presidente del museo Egizio, Evelina Christillin e il direttore, Christian Greco. “Consapevoli che offrire al pubblico e agli studiosi una visione dell’Egizio e dell’archeologia più moderna e immersa nella contemporaneità significa attrarre i migliori talenti internazionali, in diversi campi, non solo nell’egittologia, il Museo si pone obiettivi sempre più ambiziosi nel campo della ricerca, dell’accessibilità e dell’inclusione. E proprio in questa direzione va il progetto della copertura della corte barocca, che trasformerà l’ingresso del Museo in una nuova agorà accessibile gratuitamente a tutti; si tratta della prima, importantissima parte di un ampio disegno di restituzione alla Città, in occasione del bicentenario del museo, che si realizzerà nel corso del 2024”.

Progetto OMA per il museo Egizio di Torino: rendering dell’ingresso secondario da via Duse (foto museo egizio)
Il progetto OMA vincente: “Un museo aperto alla città”. Il progetto – spiegano i progettisti di OMA – intende recuperare il carattere originario del Palazzo del Collegio dei Nobili integrando l’edificio nel suo contesto urbano, recuperando una coerenza e un’identità complessiva ora poco percepibili ed offrendo al pubblico un’immagine del Museo dalla forte vocazione pubblica. L’edificio era stato concepito come un volume a “C” con un cortile aperto verso i lotti edificati della strada Nuova (ora via Roma), da cui era separato dal vicolo del Montone (ora via Duse). La costruzione, nel tempo, ha subito interventi non coerenti con l’impianto iniziale, dovuti a diverse esigenze funzionali (ripensamento di scale e sistemi distributivi, aggiunta e rimozione di elementi, chiusura del fronte su via Duse con la costruzione dell’ala Schiaparelli, modifiche alla struttura per ricavare i piani interrati, ecc.). Il Palazzo del Collegio dei Nobili ha quindi visto ripetutamente adattare la propria forma a nuove funzioni e a nuove pratiche sociali: la sua conservazione si lega proprio alla storia dei suoi cambiamenti. La configurazione attuale, privilegiando la fruizione museale, ha contribuito al carattere introverso dell’edificio il quale, nonostante si trovi nel cuore della città di Torino, risulta separato dal sistema di spazi pubblici”.

Progetto OMA per il museo Egizio di Torino: lo schema della “spina” assiale (foto museo egizio)
“La proposta architettonica – continuano – prevede l’introduzione di una “Spina” assiale che interpreta il complesso sistema di spazi pubblici che struttura la morfologia storica di Torino città-capitale di ancien régime: cortili, atri, sagrati e gallerie coperte erano infatti vissuti come connessioni urbane multifunzionali. La “Spina” in progetto connette una sequenza di sei “stanze” che divengono una enfilade urbana: via Accademia delle Scienze, l’Atrio, il Porticato, il Cortile, l’Ala Schiaparelli e via Duse. Tutti questi ambienti, diversi per dimensione, qualità e vocazione, sono collegati attraverso la “Spina” creando una nuova piazza pubblica in uno dei perni della città, che raccorda gli spazi aulici e turistici di Piazza San Carlo (prima estensione della città-capitale) con gli spazi universitari e culturali della seconda estensione (piazza Carlo Alberto, via Po, Piazza Carlina). La “Piazza Egizia”, cuore del Museo, si apre alla città e ne diventa parte attiva; un nuovo spazio pubblico dalle molteplici identità destinato a diverse funzioni e strettamente connesso all’Accademia delle Scienze. Parte della collezione museale può affacciarsi in questi nuovi spazi per stimolare curiosità, suggerire sviluppi inediti dell’offerta culturale del Museo e promuovere gli eventi e le attività dell’Accademia”.

Progetto OMA per il museo Egizio di Torino: rendering della scala per l’ala Schiaparelli (foto museo egizio)
“Grazie all’inserimento della nuova copertura vetrata, la corte diviene uno spazio climatizzato accogliente ed accessibile. L’aspetto essenziale della copertura è sintetizzato in una griglia di travi e pilastri in acciaio ritmati in base alla scansione delle campate delle facciate. La copertura risponde con creatività ed eleganza anche agli obiettivi di sostenibilità e di gestione: le esigenze di raccolta dell’acqua piovana, illuminazione, ventilazione e manutenzione sono risolte nella copertura stessa. Questa si configura infatti come un elemento altamente tecnologico caratterizzato dalla massima trasparenza: un velo tra il museo e il cielo. “Piazza Egizia” è un progetto che migliora l’accoglienza e potenzia la fruizione del Museo: un nuovo spazio pubblico aperto alla cittadinanza anche dopo l’orario di apertura del Museo che trasforma la corte in una piazza totalmente attraversabile, aperta alla città, luogo di incontro, dello stare, dell’accogliere e pronto ad ospitare molteplici attività. Le persone che decidono di attraversare il museo, infatti, possono usufruire gratuitamente dei suoi servizi pubblici (caffetteria, area per eventi, giardino egizio, bookshop, libreria, ecc.). In alternativa, con l’acquisto del biglietto, possono accedere al percorso espositivo permanente, alla sala immersiva, alle aule didattiche, ai laboratori di ricerca e restauro e agli spazi espositivi temporanei. Un progetto – concludono – che oltre a migliorare l’accoglienza del Museo restituisce alla collettività la corte del Museo, ampliando gli spazi espositivi e rendendo liberamente accessibili alcuni elementi importanti della collezione museale come il tempio di Ellesija. Il nuovo salotto della città di Torino”.
Reggio Calabria. Al museo Archeologico nazionale chiusa la mostra “Il vaso sui vasi. Capolavori dal Museo Jatta di Ruvo di Puglia” con un grande successo di pubblico: oltre 120mila visitatori

Una sala espositiva della mostra “Il vaso sui vasi. Capolavori dal Museo Jatta di Ruvo di Puglia” al museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria (foto marrc)

La locandina della mostra “Il vaso sui vasi. Capolavori dal museo nazionale Jatta di Ruvo di Puglia” al museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria dal 12 maggio 2022 al 23 gennaio 2023
“Un successo, con decine di migliaia di visitatori”: per la cronaca, sono stati oltre 120mila ad ammirare le decine di grandi e piccoli vasi figurati e “raffigurati” esposti al museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria nella grande mostra “Il vaso sui vasi. Capolavori dal Museo Jatta di Ruvo di Puglia” che si è chiusa nei giorni scorsi dopo 8 mesi di apertura. Inserita nella programmazione per celebrare il Cinquantesimo anniversario dal ritrovamento dei Bronzi di Riace, l’esposizione è nata dalla collaborazione con la direzione regionale Musei Puglia, guidata da Luca Mercuri, e con il museo Archeologico nazionale Jatta di Ruvo di Puglia, diretto da Claudia Lucchese. La mostra ha riscosso uno straordinario successo, sia in termini di affluenza che di interesse da parte del pubblico. Il tema dell’esposizione è stato quello della rappresentazione e del significato dell’immagine delle varie forme vascolari nelle scene dipinte sui vasi. Il percorso espositivo ha guidato i visitatori in un viaggio alla scoperta delle più iconiche forme vascolari antiche, attraverso temi fondamentali come il consumo del vino, il gineceo e i rituali funerari. Un’attenzione speciale è stata rivolta alla Peucezia, in particolare agli usi e ai costumi di quelle comunità.

Un momento dell’inaugurazione della mostra “Il vaso sui vasi. Capolavori dal Museo Jatta di Ruvo di Puglia” al museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria con Claudia Lucchese e Carmelo Malacrino (foto marrc)
“Abbiamo esposto quasi 50 reperti del museo nazionale Jatta”, dichiara Luca Mercuri, “accostati fra loro in una sequenza del tutto originale e inedita, capace di raccontare un aspetto dell’iconografia e della funzione della ceramica a figure rosse solitamente poco affrontato nelle sale museali e del tutto assente nel consueto percorso di visita del museo nazionale Jatta. Nel contempo, l’esposizione ha offerto ai visitatori la possibilità di conoscere una classe di materiali non molto rappresentata nella Calabria meridionale”. E Claudia Lucchese: “I vasi figurati, soprattutto quelli apuli, erano perlopiù destinati a far parte di ricchi corredi tombali appartenenti a coloni greci e a capi indigeni. Per loro il contenitore deteneva un forte significato simbolico, mediato dalle scene dipinte ma anche dalla forma vascolare prescelta. Il vaso, infatti, pur essendo supporto di immagini, conservava sempre il ricordo della sua funzione originaria che, quando connessa al mondo femminile o maschile, poteva aggiungere un’interessante connotazione al recipiente stesso”.

Attività didattiche per i bambini al museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria (foto marrc)
Anche i piccoli visitatori hanno potuto apprezzare i reperti in esposizione in maniera accessibile grazie, ad esempio, ai pannelli didattici sulle varie forme vascolari antiche. La mostra, poi, si concludeva con un’area tutte dedicata ai bambini, dove era possibile colorare e personalizzare i disegni dei vasi, imparando divertendosi. “Accessibilità, meraviglia, sinergia e bellezza sono state le parole chiave di questa esposizione, che ha affascinato migliaia di visitatori in un anno così significativo, quale è quello del Cinquantesimo anniversario della scoperta dei Bronzi di Riace”, conclude il direttore Malacrino. “Ringrazio gli amici Luca Mercuri e Claudia Lucchese per l’entusiasmo, nonché per l’impegno profuso nella realizzazione di questa mostra, che ha arricchito l’offerta espositiva del MArRC. Così come ringrazio tutto il personale che ha lavorato al progetto, dagli architetti agli archeologi, dal personale amministrativo ai restauratori, fino al personale di vigilanza che ha accolto e agevolato la fruizione del pubblico. Una bellissima esperienza che ha visto la Puglia e la Calabria unite nella valorizzazione di un eccezionale patrimonio archeologico”.
Napoli. All’Archeologico arriva il format Purparlè, che racconta il museo in “live streaming interaction”: le prime nove puntate toccano cibo, scaramanzia, eros, gusto e vita quotidiana
Nasce Purparlè, la piattaforma di live streaming interaction che racconta, per temi, i capolavori del museo Archeologico nazionale di Napoli. Protagonisti delle pillole video, che saranno lanciate sui canali social del Mann, sono il direttore Paolo Giulierini e l’attore Massimo Andrei; la direttrice della Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee, Kathryn Weir, ha partecipato alla puntata zero del promo del format. Purparlè si basa sulla produzione di video in alta definizione con l’immediatezza della videocamera più diffusa al mondo: lo smartphone. Tante sono le peculiarità di Purparlè, la prima piattaforma di live streaming, completamente sviluppata in Italia, che permette di dar centralità al contenuto e al ruolo di intermediazione del narratore: l’automazione della ripresa attraverso robotica con intelligenza artificiale; l’interazione istantanea con la Call To Action grazie alle icone che spingono a condividere reazioni e commenti; l’immersività attraverso l’utilizzo contemporaneo della telecamera fronte/retro: è possibile vedere chi parla e di cosa si sta parlando nello stesso momento; la partecipazione in chat animata da voce e video; il consolidamento della propria audience, avendo la possibilità di monitorare anche i gusti e le tendenze del pubblico. In prospettiva, saranno acquistabili sulla piattaforma anche i prodotti del Mann, in primis l’abbonamento annuale al Museo.

Purparlè: il direttore del Mann Paolo Giulierini con l’attore Massimo Andrei
“Un nuovo format digitale arricchisce l’offerta divulgativa del Mann, un’offerta sempre attenta all’innovazione e al dialogo con le nuove generazioni, dall’audiovisivo ai dai social, dai podcast dai videogame, verso l’accesso agli open data”, spiega il direttore del Museo, Paolo Giulierini. “Con Purparlè, piattaforma live stream interaction, vogliamo accrescere sempre più il dialogo con il pubblico e lo faremo attraverso un racconto originale del nostro patrimonio che ne stimoli la conoscenza e inviti al Museo. Un progetto innovativo che offre anche interessanti possibilità” per la promozione dei prodotti a marchio Mann”. E Massimiliano Molese, Ad di Purparlè: “Quando abbiamo pensato di sviluppare questo nuovo mezzo di comunicazioni ci siamo prefissati uno scopo: portare nuovamente il contenuto al centro dell’attenzione. Il mondo del digitale si è ubriacato negli ultimi anni di numeri e volumi che hanno utilizzato i contenuti svilendoli. Purparlè vuole essere la risposta innovativa e tecnologica ad un nuovo concetto di comunicazione digitale dove chi presenta il contenuto non diviene prenditore di valore ma divulgatore narrante di quel valore. Tutto questo è stato sviluppato e prodotto in italia, non a caso culla della cultura… anche digitale”.

Il direttore Paolo Giulierini impegnato nel format Purparlè (foto mann
Il tema narrativo di tutte le puntate è la scoperta del Mann attraverso gli occhi del direttore Paolo Giulierini, per un creare un racconto confidenziale ed estemporaneo delle collezioni dell’Istituto. In particolare, il direttore e l’ospite (l’attore Massimo Andrei) scoprono, dialogando, le opere del Museo: dispongono entrambi di devices digitali che permettono loro di fare vedere al pubblico i rispettivi punti di vista ‘in soggettiva’, mixati assieme a riprese oggettive che gli stessi protagonisti realizzano in tempo reale. La narrazione diviene, così, completamente immersiva. Per le prime 9 puntate, che grazie al format generativo del laboratorio creativo GereBros possono espandersi in sequel e spin-off, sono stati individuati i primi temi di approfondimento: vino, gioielli, cucina, ambiente/natura/sostenibilità, Eros e il Gabinetto Segreto, Egitto, scaramanzia, creature alate, frutta/cibo. La durata di ciascun episodio varia dai 5 ai 14 minuti. Ogni singola puntata è arricchita da racconti che descrivono la funzione degli oggetti, lo stile di vita nel mondo antico, il parallelismo con la realtà contemporanea, intervallando la narrazione con aneddoti e curiosità. La serie di episodi video, collegati tra di loro con il format delle Series, sono stati realizzati con il taglio tipico dei video in “portrait” a 16:9 dei social network.

Il famoso Vaso Blu da Pompei conservato al Mann (foto Mann)
Puntata 1: Il vino e il Vaso Blu. Descrizione degli Argenti pompeiani (argentum potorium), delle suppellettili per mangiare e bere: curiosità sulle usanze e abitudini dei popoli antichi. Descrizione della preparazione e importanza del vino nel mondo antico, del vino pompeiano rosso (condito con miele, sale, erba, neve…). Approfondimento sul pezzo tra i più iconici del MANN: il cosiddetto “Vaso blu”.
Puntata 2: Sezione numismatica – gioielli. Presentazione di gioielli rari posti nelle teche della sezione numismatica e parallelismo con le forme di moda al giorno d’oggi (Perle scaramazze).
Puntata 3: Cucina. Collezioni pompeiane: focus sugli utensili da cucina (Padella cumana) e sulle procedure per allungare la conservazione degli alimenti con sale e spezie. Aneddoti di vita quotidiana, abitudini alimentari delle famiglie di vari ceti sociali. Sorrisi e leggerezza parlando del “Delivery dell’antichità”.

La Flora dalla villa Arianna di Stabiae (foto mann)
Puntata 4: Sostenibilità. Presentazione degli affreschi pompeiani che sottolineano il rapporto costante e quotidiano tra l’uomo e la natura. Non può mancare una digressione sulla celebre Flora da Stabiae.
Puntata 5: Eros e Gabinetto Segreto. Presentazione di una delle più importanti sezioni del MANN, soffermandosi sugli Affreschi con ermafrodito. Il video spazia dall’analisi artistica agli aneddoti di vita quotidiana.
Puntata 6: Collezione Egizia. Presentazione degli esemplari di mummie della sezione con focus sulle piccole statue di corredo funebre -Ushabti, gli “avatar” dell’antico Egitto.

Gabinetto Segreto del museo Archeologico nazionale di Napoli: Satiro e Menade dalla Casa di Cecilio Giocondo a Pompei (foto mann)
Puntata 7: scaramanzia. Si parte dal Gabinetto Segreto per raccontare la città di Napoli con la sua vera e propria “tradizione scaramantica” che caratterizza la vita quotidiana.
Puntata 8: figure alate. Giardino delle camelie; descrizione della statua del dio/eroe per eccellenza della città di Napoli: Maradona. Focus sul rapporto che il MANN ha portato avanti tra arte antica e contemporanea. Confronto con le altre figure alate del Museo, approfondendo i soggetti di affreschi e sculture.
Puntata 9: Frutta. Presentazione degli Affreschi recanti frutta: uva, fichi, ciliegie, pesche. Si pone l’attenzione su altri alimenti di uso comune, che ancora oggi caratterizzano la nostra dieta.
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