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Roma. Tra i cieli del Colosseo: inaugurato il nuovo ascensore, totalmente reversibile, che permette a tutti di raggiungere i livelli più elevati della cavea e godere di una vista mozzafiato sull’anfiteatro flavio

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Vedute mozzafiato sull’arena dell’anfiteatro flavio dal terzo ordine del Colosseo (foto PArCo)

 

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Il nuovo ascensore posto all’interno del fornice XXVII del Colosseo (foto PArCo)

Tra i cieli del Colosseo, in ascensore. Cento gradini avevano finora impedito la fruizione della galleria posta tra il II e il III ordine del Colosseo. Il nuovo ascensore posizionato all’interno del fornice XXVII del Colosseo, inaugurato il 31 maggio 2023 alla presenza del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, supera questi ostacoli, permette a tutti i visitatori del parco archeologico del Colosseo di raggiungere i livelli più elevati della cavea e, grazie alla sua struttura vetrata, offre una vista mozzafiato sull’arena del Colosseo. L’opera è stata realizzata da: Metal Working per le strutture metalliche, Ahrcos per le opere edili e Maspero Elevatori per la realizzazione della cabina dell’ascensore. Le visite con l’ascensore panoramico alla galleria intermedia e da qui all’attico del Colosseo sono previste a partire dal mese di giugno 2023, tutti i giorni della settimana, con un orario eccezionale e ricco di suggestioni, compreso tra le 7.30 e le 9.00 del mattino. Le modalità di visita sono disponibili sul sito https://colosseo.it nella sezione Biglietti / Early Morning.

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Il ministro Gennaro Sangiuliano all’inaugurazione del nuovo ascensore al Colosseo (foto PArCo)

“Da oggi il Colosseo è ancora di più patrimonio dell’umanità, accessibile a tutti fino al III ordine dal quale è possibile ammirare la magnificenza di un monumento straordinario, opera della romanità senza pari al mondo. Grazie a questa realizzazione, cittadini e turisti avranno un’ulteriore opportunità per poter godere, senza impedimenti, di una visita la più agevole possibile all’Anfiteatro Flavio, nel nome di una cultura autenticamente inclusiva”, ha dichiarato il Ministro Sangiuliano.

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Il nuovo ascensore del Colosseo che porta al III ordine dell’anfiteatro flavio (foto PArCo)

Sin dalla sua istituzione il parco archeologico del Colosseo ha inserito nella sua mission il tema dell’accessibilità fisica, culturale e cognitiva, adoperandosi per accogliere tutto il pubblico con adeguati sussidi alla visita (segnaletica, mappe tattili, guide easy to read) e ovviamente con percorsi in grado di superare i dislivelli. Nell’ambito di questo obiettivo il PArCo ha ampliato ulteriormente la già estesa fruibilità del Colosseo, inaugurando un ascensore che garantisce a tutti i visitatori, con maggiore attenzione nei confronti di chi ha difficoltà motorie, di superare i 100 ripidi gradini che separano il I ordine dalla galleria intermedia, godendo di una visuale unica dell’intero monumento.

L’ascensore nasce dalla sinergia tra il PArCo e l’Orchestra Italiana del Cinema, protagonista nel 2018 di un evento finalizzato alla eradicazione della poliomelite nel mondo. In tale occasione fu proiettato nell’arena dell’Anfiteatro Flavio il film “Il Gladiatore” di Ridley Scott, alla presenza di Russel Crowe con le celebri musiche di Hans Zimmer eseguite dal vivo. Marco Patrignani, Presidente dell’Orchestra, in quella occasione prese anche l’impegno di sponsorizzare il nuovo ascensore. Il taglio del nastro è stato preceduto da una speciale performance a cura dell’Orchestra Italiana del Cinema che si è esibita sulle indimenticabili note del premio Oscar Hans Zimmer.

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Il punto di uscita dall’ascensore al III ordine del Colosseo (foto

“Il Colosseo è patrimonio dell’umanità e come tale è importante il suo ruolo sociale e umanitario”, ha dichiarato il direttore del parco archeologico del Colosseo Alfonsina Russo. “Ringrazio Marco Patrignani e l’Orchestra Italiana del Cinema, perché si sono impegnati a realizzare un impianto che concretizza un principio fondamentale, ossia che la cultura è e dovrà essere sempre più un diritto da cui nessuno deve sentirsi escluso. Uno degli obiettivi prioritari che, da sempre, caratterizza l’attività del PArCo è quello dell’accessibilità sia culturale che fisica, con percorsi attrezzati per tutte le tipologie di pubblico. Da oggi, grazie al nuovo ascensore sarà possibile, per tutti i visitatori, godere di uno sguardo di grande suggestione sui cieli di Roma”. E Marco Patrignani: “Non avrei mai pensato, essendo un uomo che si occupa di musica e cinema, di seguire personalmente la realizzazione di un nuovo ascensore al Colosseo, dalla fase progettuale alla sua inaugurazione. Cinque lunghi anni per far sì che una poderosa struttura di ferro e cristallo potesse dare gioia a milioni di visitatori provenienti da tutto il mondo. È come se fosse stato costruito con la forza delle emozioni e dei sogni, che sembrano eterei e sono invece potentissimi”.

Realizzato nel pieno rispetto delle indicazioni del PArCo e delle normative vigenti, l’ascensore è in linea con la specificità del luogo e si inserisce in modo armonico nel monumento, riducendo al minimo l’occupazione degli spazi e nell’assoluto rispetto delle murature esistenti, grazie all’utilizzo di punti di ancoraggio a pressione che garantiscono la totale reversibilità dell’opera. La realizzazione dell’ascensore consente a tutti, senza alcuna esclusione, di raggiungere la galleria tra il II e III ordine, restituita alla fruizione dopo un accurato lavoro di restauro, con finalità conservative e di messa in sicurezza. Uno spazio oggi pienamente percepibile nella sua lunga storia anche grazie ad un suggestivo e mirato sistema di illuminazione che valorizza le strutture, le superfici intonacate e i graffiti, e ad un allestimento didattico volto ad un’efficace esperienza di visita.

Torino. Al museo Egizio apre la mostra “Frammenti di storia: Eliopoli si racconta” a cura di Federica Ugliano, il nuovo appuntamento del ciclo “Nel laboratorio dello studioso” con reperti trovati a Eliopoli da Ernesto Schiaparelli

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Piccola sfinge da Eliopoli nella mostra “Frammenti di storia: Eliopoli si racconta” del ciclo “Nel laboratorio dello studioso” al museo Egizio di Torino (foto museo egizio)

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L’ingresso alla mostra “Frammenti di storia: Eliopoli si racconta” a cura di Federica Ugliano al museo Egizio di Torino (foto museo egizio)

I frammenti di tre piccole sfingi che provengono da Eliopoli, uno dei principali siti sacri nell’antichità: sono alcuni dei reperti protagonisti della mostra “Frammenti di storia: Eliopoli si racconta”, a cura di Federica Ugliano, il nuovo appuntamento con il ciclo di esposizioni bimestrali, “Nel laboratorio dello studioso”, un viaggio dietro le quinte del museo Egizio di Torino, alla scoperta dell’attività scientifica condotta dai curatori ed egittologi del Dipartimento Collezione e Ricerca del museo. La mostra, dal 2 giugno al 6 agosto 2023 all’Egizio, accende un faro su alcuni dei reperti trovati dall’archeologo Ernesto Schiaparelli e dal suo team di archeologi nella campagna di scavo condotte a cavallo tra il 1903 e il 1906 a Eliopoli, oggi chiamata El-Matariya e situata in un sobborgo del Cairo. Sono previste due visite guidate da un’ora con la curatrice della mostra: la prima martedì 13 giugno 2023 e la seconda martedì 11 luglio 2023, entrambe alle 16.30. La partecipazione è consentita a un massimo di 25 persone con prenotazione online; il costo è di 7 euro a persona (escluso il biglietto d’ingresso).

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Federica Ugliano curatrice della mostra “Frammenti di storia: Eliopoli si racconta” (foto museo egizio)

Federica Ugliano, curatrice di “Frammenti di storia: Eliopoli si racconta”, ha conseguito un dottorato di ricerca in studi umanistici (Scienze dei Beni culturali) all’università di Trento, con una tesi dedicata allo studio della collezione predinastica del museo Egizio, di cui ha curato anche il riallestimento. Ha inoltre partecipato a diversi scavi in Italia e in Egitto (Luxor, Abido e Eliopoli). Tra i suoi interessi rientrano la cultura materiale del periodo predinastico, la storia della ricerca archeologica agli inizi del XX secolo e lo studio degli archivi egittologici.

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Federica Ugliano nelle fasi di allestimento della mostra “Frammenti di storia: Eliopoli si racconta” (foto museo egizio)

La storia di Eliopoli inizia circa 5500 anni fa, ben prima di faraoni, piramidi e geroglifici. A quest’epoca risalgono infatti i primi reperti in mostra, che testimoniano la presenza di un antichissimo villaggio, costruito sulla cima di una collina di sabbia per mettersi al sicuro dall’inondazione periodica del Nilo. Secondo uno dei miti raccontati dagli antichi egizi sull’origine dell’universo, il dio Atum avrebbe creato il mondo, tutti gli dèi e le creature che lo popolano, dalla sommità di una collina primordiale, emersa dalle acque dell’oceano Nun. che venne identificata proprio con la collina di Eliopoli. A causa di questa sua origine “mitologica”, a partire almeno dall’epoca del faraone Djoser (2700 a.C. circa) piccoli santuari etempli sempre più monumentali, preceduti da viali di sfingi e obelischi, prendono il posto delle abitazioni. Eliopoli si trasforma così in uno dei più importanti centri religiosi di tutto l’Egitto, diventando sede di culto e venerazione di tante divinità e, in particolare, del dio del sole, Ra. Il nome di origine greca che ancora utilizziamo, HeliouPolis – “Città del Sole”, deriva proprio da questa antica tradizione.

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Federica Ugliano apre una delle cassettine di Schiaparelli usate per riporre e trasportare i reperti archeologici (foto museo egizio)

Non erano però solo i faraoni a lasciare doni votivi, con dediche e invocazioni agli dèi, ma anche le persone comuni. Tra gli oggetti che potevano essere dedicati alle divinità di Eliopoli, si trovano anche reperti insoliti: in mostra si può ammirare un fossile di riccio marino rinvenuto all’interno di uno dei depositi votivi, scoperti nel 1903 proprio dalla Missione Archeologica Italiana. I geroglifici incisi sulla superficie piana del fossile ci svelano che un sacerdote, di nome Tjanefer, ha trovato questo oggetto curioso e ha deciso di mostrare la propria devozione, consacrandolo al dio Ra e deponendolo all’interno di uno dei suoi templi. Tra le curiosità in mostra anche una delle tante cassettine in legno utilizzate per riporre e trasportare i reperti archeologici, e fatta costruire da Ernesto Schiaparelli.

Ercolano. Il parco archeologico tra i siti più visitati d’Italia. Il direttore Sirano: “Siamo tenuti a rispettare una sostenibilità nella frequenza del Parco, con una gestione resiliente tra boom di visitatori e turismo sostenibile”. Casa del Bicentenario aperta a fasce orarie

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La Casa del Bicentenario sorge nel cuore dell’antica Herculaneum (foto Paerco)

ercolano_parco_2-giugno-gratuitoercolano_parco_4-giugno-domenica-gratuitaIl Parco Archeologico di Ercolano sta registrando un vero boom di visitatori tanto da piazzarsi tra i primi in Italia scelti dai turisti. Per la sicurezza delle condizioni di visita e la tutela delle superfici decorate delle domus, nei giorni di maggiore affluenza, come le giornate ad accesso gratuito, si potrebbero verificare brevi chiusure o contingentamenti degli ingressi contemporanei per l’accesso a singole abitazioni i cui pavimenti sono in corso di monitoraggio e di studio per individuare i motivi di particolare fragilità e programmare tempestivi interventi come per la Casa del Bicentenario. E quello che si apre venerdì 2 giugno 2023 è un altro week-end di grandi affluenze con due giornate a ingresso gratuito: : il 2 giugno Festa della Repubblica Italiana e domenica 4 giugno con la riproposta dell’iniziativa ministeriale #domenicalmuseo come 1° domenica del mese. E in queste occasioni l’accesso alla Casa del Bicentenario sarà consentito dalle 8.30 alle 10 e dalle 15 a chiusura sito. “Siamo tenuti a rispettare una sostenibilità nella frequenza del Parco”, dichiara il direttore Sirano, “che in quanto sito all’aria aperta necessita di una particolare attenzione nella salvaguardia e la pressione antropica si aggiunge al complesso di variabili esterne che gravano sulla conservazione di questo delicato e unico sito UNESCO patrimonio dell’Umanità. Il nostro impegno quotidiano mira a trovare un equilibrio tra fruizione e conservazione attraverso una sempre maggiore e diffusa consapevolezza da parte di una sempre più affezionata e crescente platea di visitatori potendo contare sulla loro sensibilità e partecipazione ai processi di conservazione che gravitano intorno ad un parco archeologico. In tale processo possiamo fare affidamento anche su una appassionata community già esistente e in continua crescita che ci supporta nella nostra incessante attività per preservare il patrimonio culturale alle generazioni future”. La sostenibilità della visita è un concetto legato al tema della cura, la stessa che tutti noi abbiamo per le nostre case e per i nostri ricordi più preziosi. Il Parco in tal senso interpella tutti coloro che lo frequentano affinché contribuiscano a questo processo che richiede non solo tante professionalità specialistiche ma anche attenzione e quasi affezione verso luoghi della nostra comune memoria, basi per pensare ad un futuro ricco di valori culturali e di sapienza non solo scientifica ma anche artigianale e artistica.

Roma. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia lancia il progetto “Un anno con gli dei etruschi”: ogni mese un approfondimento su una divinità con l’invito a scoprirla in museo. Per giugno il focus è sulla dea Uni, la sposa di Tinia

roma_villa-giulia_un-anno-con-gli-dei-etruschi_locandinaNuovo mese e nuova divinità in un anno con gli dei etruschi: uno da scoprire per ogni mese dell’anno. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia ha deciso di ritmare il 2023 con il racconto degli dei etruschi. Sul sito del museo è stato inserito un approfondimento dedicato alle divinità venerate dagli Etruschi, una per ciascun mese dell’anno: dodici narrazioni curate dall’archeologa Vittoria Lecce che a gennaio sono partite con Culsans, il guardiano delle porte e dei cicli temporali; seguite a febbraio con Fufluns, il Dioniso greco; a marzo con Laran, il dio guerriero; ad aprile con Turan, la dea dell’amore; a maggio con Tinia, il dio della Luce (vedi Roma. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia lancia il progetto “Un anno con gli dei etruschi”: ogni mese un approfondimento su una divinità con l’invito a scoprirla in museo. Per maggio il focus è sul dio Tinia, il dio della Luce | archeologiavocidalpassato). Per giugno il focus è sulla dea Uni, la sposa di Tinia.

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Busto di Giunone in terracotta (380 a.C.) dal tempio dello Scasato II a Falerii Veteres (Civita Castellana, VT), conservato al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)

GIUGNO E LA DEA UNI. Presso gli Etruschi la regina degli dei era Uni, la sposa di Tinia. Fra le sue competenze rientrava la tutela delle donne e del matrimonio, in analogia con quanto accedeva per Giunone presso i Romani e per Era nel mondo greco. Le rappresentazioni giunte fino a noi sembrano influenzate dall’arte e dalla mitologia greca e mostrano una donna nella piena maturità, vestita con eleganti tuniche e mantelli ricamati, che porta i capelli raccolti in acconciature sobrie e raffinate e indossa preziosi gioielli. Un buon esempio di questa iconografia è la Giunone dello Scasato, generalmente considerata una statua di culto, esposta nella sala 36 del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia. L’aspetto di Uni non doveva apparire troppo diverso da quello delle signore dell’aristocrazia etrusca, per le quali la dea doveva essere un modello: come lei, infatti, erano spose di uomini potenti.

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Lamine d’oro con iscrizioni in etrusco e fenicio dall’area monumentale del Tempio B (fine VI secolo a.C.) di Pyrgi (Santa Severa), conservate al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)

L’ambito di azione della divinità non era limitato al mondo femminile e poteva riguardare sia la tutela della regalità e del potere politico in generale, sia la protezione dell’intero corpo cittadino. Non a caso il tempio di Uni più famoso finora rinvenuto è il Tempio B di Pyrgi (oggi Santa Severa, era uno dei porti di Caere, l’attuale Cerveteri). L’edificio venne donato alla dea da Thefarie Velianas, “re” o “tiranno” di Caere, il quale attribuiva il suo successo politico alla benevolenza di Uni e per questo le costruì un tempio monumentale. Queste informazioni sono contenute nelle celebri lamine d’oro di Pyrgi, redatte in etrusco e fenicio, che in origine erano affisse accanto alla porta del tempio. Le lamine inoltre contengono l’espressione “masan, il mese dell’Unia”, che potrebbe indicare quale mese dell’anno era dedicato alle feste di Uni.

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Statuetta in bronzo di Iuno Sospita (primi decenni del V secolo a.C.) conservata al museo Archeologico nazionale di Firenze (foto maf)

Diverse città etrusche riconoscevano Uni come divinità “poliadica” (“che protegge la città”). Il caso più famoso è Veio: lo storico Tito Livio ricorda che nel 396 a.C., per poter conquistare la città, i Romani dovettero per prima cosa “invitare” a Roma la divinità principale, definita “Giunone Regina” nel testo latino, e prometterle un grande tempio. Nella veste di divinità tutelare Uni poteva apparire simile alla Giunone Sospita (“che protegge”) dei Romani: armata di lancia e con una pelle di capra sulle spalle che copre anche la testa.

Roma. All’auditorium dell’Ara Pacis, in presenza e on line, giornata di studi “Gli edifici per lo spettacolo a Roma antica” in ricordo di Paola Ciancio Rossetto

roma_ara-pacis_giornata-studi-gli-edifici-per-lo-spettacolo-a-roma-antica_locandinaIl Teatro di Pompeo, l’Anfiteatro Flavio, il Circo Variano e l’Anfiteatro Castrense sono alcuni dei monumenti protagonisti della giornata di studi “Gli edifici per lo spettacolo a Roma antica” in programma giovedì 1° giugno 2023, all’Auditorium del museo dell’Ara Pacis, a Roma. L’evento, promosso da Roma Capitale, assessorato alla Cultura – Sovrintendenza Capitolina ai Beni culturali, vede la partecipazione di numerosi studiosi che condivideranno i dati più recenti delle proprie ricerche, ed è organizzato in ricordo di Paola Ciancio Rossetto, che per oltre trent’anni ha prestato la propria opera come archeologa della Sovrintendenza curando il restauro, lo studio e la sistemazione per la fruizione del pubblico di alcuni importanti monumenti di Roma, tra cui il Circo Massimo e il Teatro di Marcello. Servizi museali di Zètema Progetto Cultura. Ingresso libero fino a esaurimento posti. Diretta streaming su www.youtube.com/@SovraintendenzaRoma. Il programma. Alle 9, introduce e presiede: Eugenio La Rocca. Intervengono G. Pisani Sartorio su “In ricordo di Paola”; M. Buonfiglio, L. Casadei, A. Ciancio su “Il Circo Massimo nel I secolo, nuove osservazioni”; P. Liverani su “Un secolo del Circo Vaticano tra costruzione e abbandono”. Discussione. Alle 11, dopo la pausa, intervengono L. Acampora, M. Baumgartner, F. Bono, L. Braccalenti, G. Leoni, D. Mancini, V. Pica, V. Spaccini su “Il Teatro di Pompeo: aggiornamenti e nuovi dati”; S. Pergola, A. Mortera su “Teatro di Marcello: elementi di arredo e di decorazione scultorea in marmo”; R. Volpe su “Edifici dello spettacolo a Roma: localizzazione, temi e problemi”. Discussione. Alle 13.30, pausa pranzo. Alle 14.30, presiede: Stefania Quilici Gigli. Intervengono F. Rinaldi, B. Nazzaro, D. Nepi, D. Rose su “L’Anfiteatro dei Flavi. Nuovi dati archeologici dal restauro degli ordini superiori”; S. Serra su “Nuove riflessioni sul Ludus Magnus”; J-F. Bernard su “Alcune osservazioni sulla struttura dello stadio di Domiziano”. Discussione. Alle 16, dopo la pausa, presiede: Maria Grazia Filetici. Intervengono L. Bottiglieri, F. Carboni, D. Colli, A. De Santis, G. Foschi, S. Morretta, C. Rosa, M. Solvi su “Il circo Variano e l’anfiteatro Castrense: due edifici per la corte dei Severi”; E.M. Loreti, D. Nepi, D. Rose su “Il pulvinar della Villa di Massenzio: rilievo e lettura degli elevati”; G. Pisani Sartorio su “Massenzio e l’obelisco Pamphilio”. Discussione. Conclusione e saluti.

Napoli. Il ministro Sangiuliano: “Il museo Archeologico nazionale sarà museo di prima fascia, ed epicentro di un progetto culturale che dalla Galleria Umberto arriva fino all’Albergo dei Poveri in via Foria”

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Il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano con il direttore del Mann Paolo Giulierini nella sala del Toro farnese (foto mann)

Il museo Archeologico nazionale di Napoli sarà museo di prima fascia, come lo sono la Galleria Borghese, la Galleria degli Uffizi, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, le Gallerie dell’Accademia di Venezia, il Museo di Capodimonte, la Pinacoteca di Brera, la Reggia di Caserta. E il parco archeologico del Colosseo, il Museo nazionale Romano e l’area archeologica di Roma e il parco archeologico di Pompei. E sarà un “Grande Mann” che si allarga nella città di Napoli con la “gestione- promozione” della galleria Umberto e nuovi spazi espositivi permanenti nell’Albergo dei Poveri in via Foria. Progetti ambiziosi annunciati dal ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, alla presentazione della grande mostra “Alessandro e l’Oriente” aperta al museo Archeologico di Napoli dal 29 maggio al 28 agosto 2023.

“Il Mann è diventato un grande museo”, esordisce il ministro Sangiuliano, “anche grazie all’opera del direttore Paolo Giulierini a cui va sempre il mio plauso, senza dimenticare il lavoro di regia del direttore generale Luigi La Rocca, una persona che mi insegna molto e che ho assunto come docente su queste questioni. Il Mann diventerà – adesso ci stiamo lavorando – museo di prima fascia. Io mi domando come mai qualcuno non ci avesse pensato prima. Ma è un museo di prima fascia perché la storia della rappresentazione di quello che è qui dentro ne fa un museo di prima fascia. Questo è uno dei più importanti musei archeologici al mondo se non addirittura forse il più importante al mondo. Mi meraviglio che qualcuno non ci avesse pensato.

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L’allestimento della mostra “Fuga dal museo” di Dario Assisi e Riccardo Maria Cipolla nella galleria Principe Umberto di Napoli (foto Mann)

“E deve essere anche un luogo epicentro”, spiega il ministro. “In che senso? In queste sere ho ripreso un libro, una lettura che mi ha segnalato una delle consigliere più importanti che ho al ministero, Emma Giammattei (critica letteraria italiana, professore emerito di Letteratura italiana presso l’università Suor Orsola Benincasa di Napoli e docente di Storia della critica presso l’Istituto italiano per gli studi storici fondato da Benedetto Croce, ndr), che voi tutti conoscete, una grande studiosa. E lei mi ha detto: rileggiti le pagine di Anna Maria Ortese sul libro L’Infanta sepolta, dove racconta la Grande Via. Qual è la Grande Via? È via Foria, perché tra la fine del XIX secolo e gli inizia del Novecento questa era una delle vie più importanti della città di Napoli. E allora io concepisco l’espansione del Mann innanzitutto pensando il fatto che il Mann possa prendere la cura e il rilancio della Galleria Umberto, che è qui di fronte, una bellissima galleria che è oggettivamente in condizioni di degrado oggi, ma che invece può diventare un luogo di incontro, di cultura per i napoletani e per i tanti turisti che vengono nella nostra città.

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Prospetto dell’Albergo dei Poveri, a Napoli, opera dell’architetto Ferdinando Fuga alla metà del Settecento (foto wikipedia)

“E poi come sapete stiamo lavorando al grande progetto dell’Albergo dei Poveri. E ringrazio la presenza del magnifico rettore della Federico II che con entusiasmo ha abbracciato questo progetto. Perché noi adesso abbiano 148 milioni di euro sull’Albergo dei Poveri: quindi già una somma consistente. Secondo me ce ne vogliono 300 come la grande biblioteca di Francia, però possiamo cominciare a fare. E lì noi immaginiamo di dare uno spazio importante al Mann. Lo abbiamo anche un po’ quantificato. Per esporre quelle collezioni che gli esperti – loro non io – riterranno dovranno essere esposte e trovare un posizionamento stabile. Pensiamo di portare l’università di Napoli Federico II con le sue eccellenze in questo ambito di studi, come l’archeologia, il restauro, che appartengono al DNA degli studi della Federico II. E poi – conclude Sangiuliano – portando lì spazi per i giovani, sale di lettura, biblioteche partecipate, sale multimediali, affinché poi ci sia questa condivisione anche umana dello spazio culturale. E questo appunto guardando la prospettiva della Grande Via con in mezzo poi l’Orto Botanico che è un’altra eccellenza alla quale noi dobbiamo guardare”.

Castellammare di Stabia (Na). Incontro pubblico alla Reggia di Quisisana per illustrare i progetti di restauro della Torre Colombaia e l’area verde competente. “Nessun albero abbattuto, né sono previsti abbattimenti”

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La Torre Colombaia nel parco della Reggia di Quisisana a Castellammare di Stabia è interessata da lavori di restauro e valorizzazione (foto parco archeologico pompei)

“Nessun albero è stato abbattuto né sono previsti abbattimenti nell’ambito dei progetti di restauro e valorizzazione della Torre Colombaia, complesso che unisce valori unici di carattere sia naturalistico sia culturale”, assicura la direzione del parco archeologico di Pompei. E mercoledì 31 maggio 2023, alle 11, alla Reggia di Quisisana, a Castellammare di Stabia (Na), incontro con la responsabile del sito, Maria Rispoli, e il direttore dei lavori della gestione del verde del Parco archeologico di Pompei, Paolo Mighetto, per rendere noti a tutta la cittadinanza e alle associazioni interessate i progetti che riguarderanno l’intera struttura. È in corso di valutazione e analisi, infatti, lo stato di salute di tutti gli alberi del parco, per l’area di afferenza del Parco archeologico di Pompei, con l’ausilio di agronomi e giardinieri d’arte restauratori del verde, al fine di definirne una accurata anamnesi dello stato di conservazione, nell’istanza prioritaria della loro cura, tutela e valorizzazione. “Nel contempo”, informa il Parco archeologico di Pompei, “i lavori di restauro e consolidamento della Torre Colombaia, monumento risalente al XIV secolo di grande pregio, oggetto di un progetto di restauro conservativo, sono attualmente sospesi per consentire la progettazione di ulteriori interventi, resisi necessari a causa del degrado avanzato in cui versava la torre”. Il progetto si inserisce in un più ampio programma di interventi per il restauro e la fruizione di una parte del complesso borbonico della Reggia di Quisisana, in base a un accordo di valorizzazione con il Comune di Castellammare di Stabia.

Pompei. Un anello verde di quattro chilometri per rigenerare il paesaggio extramoenia del Parco. La presentazione del Masterplan in auditorium

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Il progetto di riqualificazione del paesaggio di Pompei: un anello verde esterno le mura antiche (foto parco archeologico pompei)

L’obiettivo è la riqualificazione di un percorso paesaggistico di circa 4 chilometri extramoenia del Parco archeologico di Pompei, per farne un vero e proprio anello verde attorno alla città antica, capace di valorizzare il legame tra l’area degli scavi e il paesaggio naturale e agricolo circostante. Il Masterplan – oggetto di finanziamenti con fondi del PNRR – sarà presentato martedì 30 maggio 2023, alle 10.30, all’Auditorium degli scavi di Pompei. Alla presentazione interverranno: Gabriel Zuchtriegel, direttore generale del parco archeologico di Pompei; Angelantonio Orlando, direttore generale Unità di missione per l’attuazione del PNRR; Vincenzo Calvanese, responsabile Ufficio tecnico del parco archeologico di Pompei; Paolo Mighetto, funzionario del parco archeologico di Pompei e RUP; Giovanni Minucci, cooperativa sociale Il Tulipano; Alberto Giuntoli, paesaggista e partner Studio Bellesi Giuntoli. Elementi portanti del nuovo percorso in extramoenia sono: il ripristino della passeggiata lungo le mura, la valorizzazione dei belvedere e la formazione di nuovi punti paesaggistici, il percorso ciclabile e quello viabilistico per servizio, le aree di sosta e di svago, quelle per il jogging e per il fitness, uniti ai punti di osservazione ornitologica e agli apiari. Il fine degli interventi sarà quello di restituire alla fruizione dei visitatori un’area strategica per la conoscenza dell’antica Pompei, di valenza paesaggistica unica al mondo e che oggi ancora, risulta in parte sottratta al godimento pubblico e non del tutto integrata al percorso di visita.

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Panoramica dell’Insula Occidentalis a Pompei (foto parco archeologico pompei)

Chi viene oggi a Pompei per la prima volta, non conosce l’esistenza di un’altra Pompei esterna alle mura perché, anche a causa dei cantieri di restauro di questi ultimi anni, quello che alla fine degli anni Novanta era stato pensato come un vero e proprio circuito pedonale e ciclabile di circa 4 chilometri all’esterno delle mura della città antica, di grande valenza paesaggistica, è andato progressivamente degradandosi e perdendosi. È solo in questi anni recentissimi che, riattivando una corretta e continuativa manutenzione del verde, è stato possibile riscoprire e recuperare molte delle aree esterne, in alcuni casi avviando una vera e propria bonifica dalla vegetazione infestante che si era impadronita dei luoghi. Inoltre, la bonifica del grande frutteto dell’Insula Occidentalis e della Via dei Sepolcri al di sopra della Villa di Cicerone, con il nuovo viale dei cipressi tra l’Anfiteatro e Porta Nola, rappresentano due tasselli di un recupero che oggi, con il completamento della nuova recinzione del parco, hanno consentito di avviare un ripensamento e una riqualificazione dell’intero circuito estrameniano.

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Agricoltura sociale: raccolta di mele e melograni a Pompei con la coop sociale Il Tulipano (foto parco archeologico pompei)

La progettazione, seguita dal Parco e dallo Studio Bellesi Giuntoli di Firenze, includerà anche la redazione del PEBA, cioè del Piano per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche, fisiche e senso-percettive, esteso all’intero perimetro estrameniano e a questa seguirà la progettazione degli interventi specifici e mirati ad assicurare l’accessibilità ampliata dell’area interessata. “L’intento è anche quello di pervenire a livelli di fruizione del circuito estrameniano in piena sicurezza e secondo forme di autonomia differenziata, ricreando percorsi che consentano l’inclusione e dunque la percorribilità da parte di tutti, evitando percorsi riservati esclusivamente ai disabili, nell’ottica di un’accoglienza inclusiva e senza barriere”, sottolinea il direttore Zuchtriegel. “Per questo è stato anche avviato un percorso di stretto e proficuo dialogo progettuale con la Cooperativa Sociale Il Tulipano, già attiva al Parco di Pompei, al fine di predisporre aree e percorsi pienamente inclusivi anche per Persone con autismo e/o disabilità cognitiva”.

Napoli. Al museo Archeologico nazionale partita la seconda e ultima fase di restauro del grande mosaico di Alessandro (termine lavori marzo 2024) in concomitanza dell’inaugurazione della mostra “Alessandro e l’Oriente” alla presenza del ministro Sangiuliano. Intervista esclusiva della responsabile dei restauri Maria Teresa Operetto

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Il famoso bronzo di Alessandro Magno a cavallo proveniente da Ercolano e conservato al Mann (foto Giorgio Albano)

I tecnici lasciano scorrere lentamente le funi, e il grande telone che riproduce il mosaico di Alessandro scende davanti agli occhi del ministro alla Cultura Gennaro Sangiuliano e della responsabile del restauro Maria Teresa Operetto. Attesa e aspettative traspaiono dagli occhi dei presenti, ed è evidente la “delusione” nel vedere che il telone ha scoperto solo… un muro. Ma quell’operazione, in vero un po’ teatralizzata, di lunedì 29 maggio 2023, voleva solo scandire un momento molto importante: l’avvio della seconda e definitiva fase del progetto di restauro del Grande mosaico proveniente dalla Casa del Fauno di Pompei e che rappresenta la battaglia di Gaugamela che ha visto Alessandro Magno prevalere sul Re dei Re Dario III: progetto di 700mila euro, gran parte finanziato con Fondo Sviluppo e Coesione, compresa la sponsorizzazione dell’emittente giapponese The Asahi Shimbun, di 200mila euro, prevista nell’ambito della collaborazione tra il Mann e il museo nazionale di Tokyo.  Tra un anno (chiusura lavori prevista, marzo 2024) potremo ammirare di nuovo in tutta la sua grandiosità il mosaico, restaurato e messo in sicurezza: intanto nei prossimi mesi sarà possibile seguire il restauro grazie a un cantiere trasparente.

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Testa di Alessandro dal museo di Salonicco all’ingresso della mostra “Alessandro e l’Oriente” al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto graziano tavan)

 

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Locandina della mostra “Alessandro Magno e l’Oriente” al museo Archeologico di Napoli dal 29 maggio al 28 agosto 2023

L’inizio della seconda fase esecutiva dell’epocale restauro del celebre mosaico di Alessandro ha coinciso con l’apertura della grande mostra “Alessandro Magno e l’Oriente”, dal 29 maggio al 28 agosto 2023, inaugurata dal ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, dedicata alla straordinaria figura di Alessandro (356 – 323 a.C.), a cura di Filippo Coarelli ed Eugenio Lo Sardo, realizzata proprio nel luogo, il museo Archeologico nazionale di Napoli, che più di ogni altro custodisce eccezionali e uniche testimonianze della vita e delle gesta dell’eroe macedone. In poco più di dieci anni, accompagnato dai suoi fedeli compagni, egli divenne re dell’Asia e dell’Europa. E da uomo e da filosofo, allievo del sommo Aristotele, amò l’uno e l’altro continente, promuovendo, dopo la conquista, la pace e l’unione dei popoli a lui soggetti. L’esposizione si articola in due spazi: l’Atrio monumentale e il Salone della Meridiana, con rimandi tematici nei tre giardini storici. Sono esposte circa 170 opere provenienti da ogni angolo del mondo: dalla antica Persia al Gandhara. A queste mirabilia del passato si aggiungono i numerosi reperti della collezione permanente del Mann, il solo Museo in cui si conservino tre ritratti del Macedone e tra questi il più prezioso, il Mosaico della battaglia di Gaugamela, dove si ammira l’eroe in sella a Bucefalo, mentre si scaglia contro Dario sull’alto carro.

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Alessandro Magno: dettaglio del grande mosaico della battaglia di Gaugamela, proveniente da Pompei e conservato al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)

L’opera musiva scoperta nel 1831, datata tra la fine del II e l’inizio del I sec. a.C., è straordinaria non solo per il soggetto rappresentato, ma anche per le sue dimensioni: quasi due milioni di tessere ed una superficie di eccezionale estensione (5,82 x 3,13 m). Il Gran musaico (peso stimato circa 7 tonnellate) giunse a Napoli nel novembre del 1843, quando fu messo in cassa e condotto da Pompei al Real Museo Borbonico su un carro trainato da sedici buoi. Nel gennaio del 1845 le casse furono aperte e l’opera ebbe la sua prima collocazione sul pavimento di una sala al piano terra dell’ala occidentale; mentre nel 1916 fu spostato dove si trova attualmente, a parete, nella sezione mosaici, al piano ammezzato. La mostra su Alessandro accompagnerà quindi l’avvio della fase “esecutiva” dei lavori. Grazie a un cantiere “trasparente” il pubblico e, naturalmente, la comunità scientifica potranno seguire una nuova “grande impresa” nel nome di Alessandro Magno, che richiederà il ribaltamento della colossale opera. Tutta l’operazione restauro ce la spiega bene Maria Teresa Operetto, responsabile del Laboratorio di restauro del Mann, e coordinatrice del team del progetto restauro, in questo intervento esclusivo per archeologiavocidalpassato.com.

“Il restauro del mosaico di Alessandro”, spiega Operetto, “è un intervento che non nasce oggi (29 maggio 2023, ndr) ma viene da studi compiuti negli ultimi venti anni su un’opera unica nel suo genere che ha destato chiaramente l’attenzione anche di chi ci ha preceduto. Io faccio parte di un gruppo di lavoro estremamente nutrito e articolato, composto prevalentemente da personale interno al Ministero: siamo tutti funzionari del Museo, del parco archeologico del Colosseo, e dell’Icr. Sono collaboratori esterni solo quelle figure professionali, come l’ingegnere, che non sono reperibili all’interno dell’amministrazione. Abbiamo iniziato nel 2020 con un documento di presentazione basandosi anche appunto sugli studi che ci avevano preceduto, e abbiamo ritenuto opportuno fare un’ulteriore campagna di indagini diagnostiche, nonostante il mosaico sia stato oggetto negli ultimi vent’anni di una serie di indagini, ricerche e approfondimenti. Le indagini che abbiamo effettuato nel 2020, a cavallo tra l’autunno e la primavera del 2021, hanno consentito un confronto dello stato di fatto attuale dell’epoca, cioè di tre anni fa, con quello che era documentato dalle indagini precedenti, e abbiamo così appurato che in effetti c’era stato un graduale peggioramento delle condizioni generali del mosaico. Successivamente è stato effettuato un rilievo in scala 1:1 dell’opera attraverso una mappatura (vedi Napoli. Aperto il cantiere di restauro del Mosaico della Battaglia di Isso o Mosaico di Alessandro, simbolo del Mann, in partnership con università e Tim con soluzioni digitali in via sperimentale per nuove tecniche di restauro. Sarà visibile ai visitatori | archeologiavocidalpassato). È stata posta in pratica una griglia sul mosaico, suddividendolo virtualmente in settori. E questo rilievo ci ha consentito anche di capire, vedendolo da vicino, che la superficie musiva è distaccata dal supporto per una percentuale parecchio alta, circa l’80%.

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Lo spostamento del Mosaico di Alessandro nel museo di Napoli nel 1917 (foto archivio mann)

“Quindi una situazione estremamente critica e delicata – sottolinea la restauratrice -, ragione per la quale siamo immediatamente intervenuti con un intervento di messa in sicurezza con una tripla velinatura del mosaico, perché ci siamo resi conto anche in questa fase che in effetti i problemi che affliggono il mosaico sono problemi che vengono dal supporto dell’opera. Il mosaico ha alle spalle un supporto di circa 10 centimetri di malte originali, cioè gli stati preparatori sui quali il mosaico è stato posato a Pompei, nella Casa del Fauno, tra la fine del II e l’inizio del I sec. a.C. E quindi chiaramente sono malte nate per stare in orizzontale, mentre sono in questa posizione verticale da più di cento anni e sono malte vecchie. Quindi è molto probabile, o quasi certo, che i problemi che noi vediamo sulla superficie musiva in realtà vengono dal supporto. Il supporto è al momento inaccessibile, tutto chiuso all’interno di una scatola di legno e quindi non si può ispezionare se non in maniera distruttiva, cosa che chiaramente non possiamo fare. Da qui l’idea di movimentarlo: un’altra volta! Perché il mosaico era stato movimentato nel 1843, quando è stato trasferito da Pompei a Napoli, su un carro trainato dai buoi, ed è anche caduto: c’è tutta una letteratura sull’argomento. Poi è stato nuovamente movimentato nel 1916 quando dal piano terra è stato trasferito nell’attuale collocazione con un sistema incredibile di funi e paranchi: quindi anche in quel caso un’operazione abbastanza audace.

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Restauratori al lavoro nel 2020 sul grande mosaico di Alessandro al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto Marco Pedicini)

“E adesso – annuncia Operetto – dobbiamo purtroppo spostarlo di nuovo. È un’operazione delicata ma indispensabile per poter indagare il supporto e capire se è in condizioni per poter essere conservato – quindi poter intervenire con degli interventi appunto di restauro anche delle malte -, oppure se le malte sono irrecuperabili o sono esse stesse causa dei fenomeni di degrado che vediamo sulla superficie musiva. Nel mese di dicembre 2022 è stata aggiudicata la gara di affidamento per l’intervento complessivo che prevede sia progettazione che esecuzione dei lavori: abbiamo utilizzato uno strumento amministrativo chiamato patto integrato erogante per cui è stato messo a base di gara il progetto di fattibilità tecnica ed economica che ha dato vita a gruppi di lavoro di cui faccio parte e che coordino, e su questo progetto di fattibilità tecnica ed economica il raggruppamento temporaneo di imprese, perché si tratta di più soggetti, ha elaborato la sua proposta, ha vinto la gara. Il 13 marzo 2023 è iniziata la prima fase che ha previsto la progettazione esecutiva del sistema meccanico di movimentazione del mosaico. Terminata questa fase, oggi (29 maggio 2023, ndr) partiamo con la seconda fase dell’intervento che prevede appunto la realizzazione di questo sistema meccanico e poi la movimentazione del mosaico. Una volta girato praticamente sotto sopra il mosaico, verrà indagato il supporto e si capirà se può essere conservato o meno. Successivamente il mosaico verrà girato nuovamente di 180 gradi per essere innanzitutto fatto un progetto di restauro sia del retro che della superficie musiva, quindi ci sarà una seconda parte di progettazione alla quale seguirà l’ultima fase esecutiva che è quella che prevede proprio gli interventi di restauro in senso stretto, sia sul retro che sul fronte, e poi verrà riallestito. Tutto questo – conclude – dovrebbe durare circa un anno”.

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Il grande mosaico pavimentale con Alessandro Magno dalla casa del Fauno di Pompei oggi al museo Archeologico nazionale di Napoli, prima dei restauri (foto mann)

Questo restauro epocale, pertanto, parte della mostra “Alessandro e l’Oriente”, verrà eseguito in diretta, sotto gli occhi dei visitatori del Museo e di coloro che, da remoto, si connetteranno al sito web del Mann. La comprensione degli interventi, inoltre, sarà integrata da appositi momenti di approfondimento con gli esperti.

Altino. Undicesima puntata della rubrica #archeoaltino: focus sul secondo santuario di Altino, quello del dio celtico Belatukadro. Al museo Archeologico nazionale un frammento di cornice d’altare con iscrizione ne prova l’esistenza

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Mappa del sito archeologico di Altino: nel cerchietto rosso località Maraschere dove è stato individuato ilsantuario di Belatukadro (foto drm-veneto)

Undicesima puntata della rubrica #archeoaltino che, il martedì, fa scoprire da dove provengono i reperti visibili al museo Archeologico nazionale di Altino e cosa li lega alle aree archeologiche e al territorio circostante. Oggi focus su Belatukadro: l’altro santuario. Ad Altino erano presenti due santuari: uno dedicato al dio Altino, dal quale la città prese il nome e al quale si accedeva arrivando da Sud, da vie d’acqua; l’altro, invece, si trovava a Nord ed era accessibile da vie di terra. Entrambi erano in posizione strategica rispetto alle rotte commerciali. Il santuario presente a Nord dell’abitato veneto di Altino, in località Maraschere, era dedicato al dio Belatukadro, divinità celtica guerriera.

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Dettaglio frammento di cornice d’altare con iscrizione dal santuario di Belatukadro, conservato al museo Archeologico nazionale di Altino (foto drm-veneto)

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Frammento di cornice d’altare con iscrizione dal santuario di Belatukadro, conservato al museo Archeologico nazionale di Altino (foto drm-veneto)

Il principale reperto che testimonia la presenza di un santuario è un frammento di cornice di altare con iscrizione, il cui testo recita: ?] -KADRIAKOS KVERON oppure ?] -KADRIAKOS KVERON -]ONIO[ e che potrebbe fare riferimento ad un sacerdote o addetto al culto di Belatukadro, dio celtico della guerra, forse in seguito assimilato al dio Beleno.