Il ritrovamento dei dieci rilievi rupestri di Faida nel Kurdistan iracheno da parte dell’università di Udine premiato come la scoperta archeologica più importante del 2019 con l’assegnazione della sesta edizione dell’International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad” promossa dalla Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico e da Archeo
La scoperta dei “dieci rilievi rupestri assiri nel Kurdistan Iracheno” ha vinto la sesta edizione dell’International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad”, il Premio promosso dalla Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico e da Archeo, e assegnato in collaborazione con le testate internazionali, tradizionali media partner della Borsa: Antike Welt (Germania), Archéologia (Francia), as. Archäologie der Schweiz (Svizzera), Current Archaeology (Regno Unito), Dossiers d’Archéologie (Francia) e da quest’anno anche con British Archaeology (Regno Unito) la testata del prestigioso Council for British Archaeology. E queste testate hanno segnalato la scoperta in Kurdistan, rispetto alle altre finaliste candidate alla vittoria per il 2020: Cambogia: la città perduta di Mahendraparvata capitale dell’impero Khmer nella foresta sulle colline di Phnom Kulen a nord-est di Angkor; Israele: a Motza a 5 km a nord-ovest di Gerusalemme una metropoli neolitica di 9.000 anni fa; Italia: a Roma la Domus Aurea svela un nuovo tesoro, la Sala della Sfinge; Italia: nell’antica città di Vulci una statua di origine etrusca raffigurante un leone alato del VI secolo a.C. Il Premio sarà consegnato a Daniele Morandi Bonacossi, direttore della Missione Archeologica Italiana nel Kurdistan Iracheno e ordinario di Archeologia e Storia dell’Arte del Vicino Oriente Antico dell’università di Udine, venerdì 9 aprile 2021 (non più venerdì 20 novembre 2020, dopo i provvedimenti restrittivi dovuto all’emergenza sanitaria da Covid-19) alla presenza di Fayrouz, archeologa e figlia di Khaled al-Asaad, in occasione della XXIII Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico di Paestum. I rilievi rupestri del Kurdistan Iracheno si aggiudicano anche lo “Special Award”, il Premio alla scoperta con il maggior consenso sulla pagina Facebook della BMTA. L’importanza della scoperta archeologica compiuta dall’università di Udine è stata riconosciuta anche da Aliph, l’unico fondo globale dedicato esclusivamente alla protezione e riabilitazione del patrimonio culturale in aree di conflitto e post-conflitto, che ha finanziato la documentazione dei rilievi assiri di Faida e l’elaborazione di un progetto di restauro e protezione di questo monumentale complesso di arte rupestre gravemente minacciato da vandalismo e dall’espansione delle attività produttive del vicino villaggio (vedi https://archeologiavocidalpassato.com/2019/12/10/grandi-dei-e-sovrani-scolpiti-nella-roccia-lungo-un-imponente-canale-dirrigazione-la-grande-scoperta-delluniversita-di-udine-nel-kurdistan-iracheno-illustrata-a-roma-il-team-di-dan/).

L’International Archaeological Discovery Award, il Premio intitolato a Khaled al-Asaad, direttore dell’area archeologica e del Museo di Palmira dal 1963 al 2003, che ha pagato con la vita la difesa del patrimonio culturale, è l’unico riconoscimento a livello mondiale dedicato al mondo dell’archeologia e in particolare ai suoi protagonisti, gli archeologi, che con sacrificio, dedizione, competenza e ricerca scientifica affrontano quotidianamente il loro compito nella doppia veste di studiosi del passato e di professionisti a servizio del territorio. Nella 1ª edizione (2015) il Premio è stato assegnato a Katerina Peristeri per la Tomba di Amphipolis (Grecia); la 2ª edizione (2016) all’INRAP Institut National de Recherches Archéologiques Préventives (Francia), nella persona del Presidente Dominique Garcia, per la scoperta della Tomba celtica di Lavau; nel 2017 a Peter Pfälzner Direttore della missione archeologica che ha scoperto la città dell’Età del Bronzo presso il villaggio di Bassetki nel nord dell’Iraq; nel 2018 a Benjamin Clément, Responsabile degli scavi, per la scoperta della “piccola Pompei francese” di Vienne; nel 2019 a Jonathan Adams, Responsabile del Black Sea Maritime Archaeology Project (MAP), per la scoperta nel Mar Nero del più antico relitto intatto del mondo.

“Da oltre 25 anni il nostro ateneo opera nel Vicino Oriente, prima in Siria e ora nel Kurdistan iracheno, con un gruppo di lavoro di archeologi, studenti e specialisti di varie discipline guidato dal prof. Morandi Bonacossi”, dice il rettore, Roberto Pinton. Gli importanti riconoscimenti di oggi sono frutto del pieno e convinto sostegno dell’intero Dipartimento, dell’Università, di tutti i rettori che si sono succeduti e, aspetto assolutamente non irrilevante, di un intero sistema regionale e nazionale. Il premio per l’eccezionale scoperta dei rilievi assiri di Faida e l’importante finanziamento ricevuto da parte di ALIPH per garantire protezione e conservazione di questo patrimonio culturale dell’umanità sono per l’università di Udine motivo di grande orgoglio e soddisfazione”. E Daniele Morandi Bonacossi sottolinea: “L’attribuzione dell’autorevole premio della Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico intitolato a Khaled al-Asaad alla scoperta dei rilievi assiri di Faida e la nuova collaborazione con ALIPH, che ha come obiettivo proprio la tutela di questi straordinari monumenti di arte rupestre sono traguardi molto importanti per il nostro progetto, frutto di una stretta collaborazione con i colleghi e le autorità del Kurdistan e di una sinergia sistemica fra il nostro Ateneo, il Ministero degli Affari Esteri, la Regione Friuli Venezia Giulia, la Fondazione Friuli e ArcheoCrowd, cui si aggiunge ora anche ALIPH. Questi due riconoscimenti rafforzano la convinzione che l’università di Udine, sede del primo dipartimento in Italia dedicato alla storia e tutela dei beni culturali, possa e debba dare un importante contributo internazionale allo studio, documentazione, protezione e valorizzazione del patrimonio culturale dell’umanità minacciato da conflitti e degrado. Il sostegno di ALIPH, infatti, consentirà di elaborare un progetto di tutela e restauro dei rilievi assiri di Faida”.

Il progetto Kurdish-Italian Faida Archaeological Project (KIFAP) è diretto da Daniele Morandi Bonacossi e da Hasan Ahmed Qasim, rispettivamente per l’università di Udine e la direzione delle Antichità di Duhok. Lo scavo dei rilievi assiri di Faida si svolge in una terra, la Mesopotamia del nord, cruciale per la storia e rimasta inesplorata per decenni a causa della complessa situazione politica e d’instabilità che l’ha caratterizzata fino ad anni recenti. Ricerca, tutela, restauri, valorizzazione, formazione e cooperazione internazionale sono i cardini del progetto, che è sostenuto anche da Repubblica dell’Iraq, Governo Regionale del Kurdistan – Iraq, Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Consolato d’Italia a Erbil e Ambasciata d’Italia a Baghdad, Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, Fondazione Friuli, ArcheoCrowd srl e Agenzia italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. “Il Faida Salvage Project incarna molti dei valori di ALIPH, ovvero la realizzazione di azioni concrete per proteggere un sito culturale unico che è stato minacciato da conflitto. Il successo di questo progetto, coordinato dal team dell’Università di Udine diretto dal Prof. Daniele Morandi Bonacossi, è il risultato di vari anni di impegno e collaborazione con le comunità, le autorità e gli esperti locali”, afferma il direttore generale Valéry Freland. “Il riconoscimento assegnato ai rilievi di Faida dallo International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad” è la conferma del loro valore e importanza e ALIPH si congratula calorosamente con l’intero team per questo eccezionale riconoscimento. Quando il lavoro di valutazione e contenimento dei danni al sito sarà completato, auspichiamo che si possa procedere rapidamente alla progettazione e realizzazione delle misure di protezione del complesso archeologico. ALIPH sostiene questo importante progetto che non solo migliora la nostra comprensione di uno dei momenti chiave del passato dell’umanità, ma contribuisce anche a porre le basi per una ripresa culturale, sociale ed economica sostenibile in Iraq”.


Il logo del progetto archeologico regionale “Terre di Ninive” (“Land of Nineveh Archaeological Project”)
“L’assegnazione dello International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad” 2020 al prof. Daniele Morandi Bonacossi per la scoperta dei rilievi assiri di Faida”, dichiara l’assessore regionale al Lavoro, formazione, istruzione, ricerca, università Alessia Rosolen, “è motivo di orgoglio e successo per tutta la Regione Friuli Venezia Giulia. Abbiamo sostenuto sin dall’inizio l’importanza del Progetto Archeologico Regionale Terre di Ninive in un’ottica di valutazione non solo squisitamente scientifica, ma anche in rapporto ad una crescita del livello reputazionale del nostro Paese e, nello specifico, del nostro Sistema Regione, ricordandoci che la cura e la ricerca del settore archeologico riportano in essere le radici e le origini della nostra Storia Moderna. La costante sinergia messa in atto fra l’Università di Udine e la Regione FVG ha fortemente contribuito a fortificare il legame a favore della cooperazione culturale ed umanitaria nella complessa realtà dell’Iraq settentrionale e del Kurdistan iracheno”. “La Fondazione Friuli, che dal 2005 è a fianco dell’ateneo udinese a sostegno dei suoi progetti di ricerca archeologica prima in Siria e poi in Iraq”, afferma il presidente Giuseppe Morandini, “è orgogliosa del premio internazionale assegnato al prof. Morandi Bonacossi per la scoperta dei rilievi assiri di Faida e del sostegno garantito dalla Fondazione Aliph alla protezione di questo complesso di arte rupestre unico al mondo. Questo successo testimonia come l’Università di Udine, voluta dalla popolazione e dalle istituzioni del Friuli nel 1978, con il sostegno dell’intero sistema regionale abbia saputo proiettarsi ai vertici della ricerca scientifica, della cooperazione internazionale e della tutela del patrimonio culturale minacciato da conflitti”. E il presidente di ArcheoCrowd, Francesco Zorgno, conclude: “ArcheoCrowd è orgogliosa di far parte della squadra che ha reso possibile questo progetto. L’elevatissimo valore di questo riconoscimento sarà uno stimolo importante a quegli imprenditori privati che, come noi, intendono affiancare il pubblico nel sostegno della ricerca archeologica”.
I rilievi rupestri di Faida. Nell’estate e autunno del 2019, la missione congiunta italo-curda “IAMKRI Italian Archaeological Mission to the Kurdistan Region of Iraq”, coordinata da Daniele Morandi Bonacossi dell’università di Udine con la direzione delle Antichità di Duhok guidata da Hasan Ahmed Qasim, ha individuato presso il sito archeologico di Faida, a 50 km da Mosul, dieci imponenti rilievi rupestri di epoca assira (VIII-VII secolo a.C.) scolpiti nella roccia lungo un antico canale d’irrigazione di 8,5 km di lunghezza. Il canale di Faida, alimentato da un sistema di risorgenti carsiche, fu fatto probabilmente scavare dal sovrano assiro Sargon II (721-705 a.C.) alla base di una collina. Oggi, il canale, che ha una larghezza media di 4 metri, è quasi completamente sepolto sotto spessi strati di terra depositati dall’erosione del fianco della collina. Dal canale principale si diramavano canali più piccoli, che consentivano di irrigare i campi circostanti e di aumentare la produzione agricola della campagna ubicata nell’entroterra di Khorsabad e Ninive, le ultime due capitali dell’impero assiro.

I pannelli rinvenuti sono imponenti, lunghi quasi 5 metri e alti 2. Sulla roccia è raffigurato un campionario straordinario di divinità e animali sacri. Le figure divine rappresentano il dio Assur, la principale divinità del pantheon assiro, su un dragone e un leone con corna, sua moglie Mullissu, seduta su un elaborato trono sorretto da un leone, il dio della Luna, Sin, anch’egli su un leone con corna, il dio della Sapienza, Nabu, su un dragone, il dio del Sole, Shamash, su un cavallo, il dio della Tempesta, Adad, su un leone con corna e un toro, e Ishtar, la dea dell’Amore e della Guerra su un leone. I rilievi, ripetuti in dieci esemplari (e altri sono verosimilmente ancora sepolti sotto ai detriti che colmano il canale), furono fatti eseguire dal sovrano assiro per celebrare la costruzione del canale d’irrigazione. I pannelli scolpiti a bassorilievo rappresentano una scena di profondo significato religioso e ideologico incentrata sull’adorazione delle divinità da parte del re e sulla celebrazione della creazione di questa importante infrastruttura idraulica destinata a garantire fertilità al territorio circostante potenziandone la produttività agricola.
“Mesopotamia: in memoriam. Appunti su un patrimonio violato”: prime anticipazioni della nuova produzione cinematografica di Alberto Castellani, una miniserie televisiva in uscita nel 2019, con immagini e testimonianze dall’Iraq e dalla Siria prima e dopo l’Isis. Il regista veneziano ospite a Montereale Valcellina per la “serata Palmira”
La Mesopotamia com’era. E com’è oggi la “culla della civiltà” dopo gli sfregi dell’Isis, e non solo. “Mesopotamia: in memoriam. Appunti su un patrimonio violato” è il nuovo film in lavorazione, o meglio la miniserie televisiva in due puntate (una sull’Iraq e l’altra sulla Siria), del regista veneziano Alberto Castellani, ideato sull’onda dell’orrore suscitato per l’eccidio del direttore del museo di Palmira, Khaled Asaad, e denunciato nel film “Khaled Asaad, quel giorno a Palmira” (2015), che si può vedere venerdì 28 settembre 2018, alle 18.30, a Montereale Valcellina (Pn), nella “serata Palmira” con l’intervento del giornalista Graziano Tavan e dello stesso regista.
Il montaggio del nuovo film di Castellani inizierà a giorni (“Devo visionare gli ultimi contributi filmici del prof. Daniele Morandi Bonacossi, direttore della missione archeologica “Terre di Ninive” nel Kurdistan iracheno, poi si comincia la nuova fatica”, annuncia Castellani). Ma archeologiavocidalpassato è in grado di dare qualche anticipazione sul progetto Mesopotamia che rappresenta il ritorno del regista veneziano nelle terre martoriate del Vicino Oriente, e affronta – ora con un respiro più ampio – in termini sociali e culturali il dramma che sta vivendo il Vicino Oriente, e in particolare l’Iraq e la Siria. “È il progetto più ambizioso che ho affrontato in tanti anni di lavoro sul campo – ammette -. Tutto nasce proprio dall’esperienza vissuta nell’incontro con Khaled Asaad. E allora mi sono chiesto: tutto qui? Così ho iniziato a cercare i segni delle ferite inferte dalla guerra e a confrontare la situazione attuale con quella giunta fino a noi, prima dell’Isis, attraverso millenni di storia. Conto di presentare l’opera in una grande rassegna cinematografica internazionale nel corso del 2019”.

Il resgita Alberto Castellani durante le riprese della collezione mesopotamica “Ugo Sissa” a Palazzo Te di Mantova (foto Graziano Tavan)
“C’erano una volta due fiumi, il Tigri e l’Eufrate, e tutt’attorno una terra fertile a forma di mezzaluna, dove nacquero civiltà antiche, a cui si fanno risalire scoperte come la scrittura o la nascita della società urbana. Ora possiamo definirla come la tomba della storia della civiltà”, esordisce Alberto Castellani nel suo studio di Venezia dove sta ultimando la sceneggiatura del programma (ben 160 pagine) e schedando il materiale già girato in musei italiani ed europei. Dietro questo progetto c’è più di un anno di ricerche, sia di materiali di archivio (Castellani ha all’attivo decine di documentari e ore di girato in Vicino Oriente, soprattutto in Siria, prima che arrivassero i miliziani dell’Isis), sia di nuove riprese delle più importanti collezioni mesopotamiche conservate in Europa, sia di contributi filmici di enti vari (dall’università di Udine alla comunità di monaci di Marango, vicino a Caorle, gemellati con una comunità vicino a Mosul, in Iraq). “Ho raccolto immagini al British di Londra, al Louvre di Parigi e al Pergamon di Berlino, dove ci sono le collezioni mesopotamiche più famose, ma anche in piccole collezioni, come quella mesopotamica messa insieme da Ugo Sissa e oggi conservata a Palazzo Te a Mantova”, spiega Castellani. “Inoltre posso contare sulla consulenza di grandi archeologi: Daniele Morandi Bonacossi, ordinario di Archeologia e storia dell’Arte del Vicino Oriente antico all’università di Udine; Paolo Matthiae, già docente di Archeologia e storia del Vicino Oriente antico all’università di Roma “La Sapienza”; Franco d’Agostino, docente di Assiriologia al Dipartimento italiano di Studi Orientali de “La Sapienza”; Massimo Maiocchi, docente di Archeologia del Vicino Oriente all’università Ca’ Foscari di Venezia; Paolo Brusasco, docente di Archeologia e storia dell’Arte del Vicino Oriente all’università di Genova. In più posso contare sul patrocinio di Consiglio d’ Europa- Venezia/ Bruxelles, CEI – Ufficio Comunicazioni Sociali Roma, Ente dello Spettacolo – Roma”.

La distruzione del tempio di Baal Shimin a Palmira, patrimonio dell’Unesco, da parte dei miliziani dell’Isis
Parlando con Castellani si percepisce tutta l’amarezza di chi ha firmato numerosi programmi di taglio archeologico ambientati nel Vicino Oriente ma che vede di giorno in giorno allontanarsi la possibilità di ripercorrere quelle terre con lo spirito di un tempo. “L’elenco di ciò che l’uomo ha perduto è oggi impossibile”, sottolinea Castellani. “Si tratta di saccheggi operati dall’Isis che non hanno alcuna giustificazione: men che meno quella della distruzione dell’ idolatria. Ma anche di razzie operate da regimi diversi e favorite da connivenze colpevoli”. Tra le testimonianze perdute ci sono sculture, tavolette cuneiformi, sigilli cilindrici. “Così risulta difficile se non impossibile per le popolazioni della Mesopotamia”, sottolinea il regista facendo proprie le parole dell’archeologo Paolo Brusasco, “conservare il legame con la propria terra perché sono venuti meno i riferimento storici del mondo di cui sono eredi. Rimane allora soltanto un gigantesco buco nero di smarrimento e di angoscia sociale”. Tutto finito dunque, nessuna speranza per il futuro? “Per dare un senso al domani e alle motivazioni che sottintendono il mio film, mi piace ricordare”, conclude Castellani, “quanto si è chiesto recentemente Domenico Quirico, inviato di guerra de La Stampa: … perché il bassorilievo di un toro antropomorfo del primo millennio assiro fa paura al califfato? – scrive Quirico -. Perché le statue di Mosul spaventano lo stato islamico tanto che i suoi sgherri le fanno a pezzi, si accaniscono su di esse, le gettano al suolo sbriciolate come se fossero nemici armati o ribelli? Perché …le pietre, le statue, i templi parlano. Parlano più dei sermoni e dei discorsi e tutti li possono leggere. Allora bisogna ucciderle, quelle pietre, polverizzarle per affermare che la Storia è stata scritta di nuovo e definitivamente. Altrimenti l’impalcatura della finzione cade, l’avvento islamista diventa arbitrario, incerto, una parentesi che prima o poi finirà”.
Estate al Mamv 2018: al museo Archeologico di Montereale Valcellina (Pn) un’estate ricca di storia, cultura e divertimento nel segno di “Palmira, la sposa del deserto”. Mostra fotografica di Elio Ciol, serata Palmira con film di Castellani su Khaled al Asaad. E poi archeo teatro con i Papu ed escursione al castello

La via Colonnata a Palmira in uno scatto del fotografo Elio Ciol del 1996, protagonista a Montereale Valcellina
Esposizioni, percorsi, cinema e teatro: è l’Estate al Mamv 2018, il museo Archeologico di Montereale Valcellina (Pn), un’estate ricca di storia, cultura e divertimento nel segno di “Palmira, la sposa del deserto”. Le iniziative si svolgono sia nel museo, sia nella corte interna del tardoseicentesco Palazzo Toffoli, sede anche della biblioteca civica e della biblioteca archeologica, nonché perno delle attività culturali del territorio. Il cinema e il teatro archeologico (quest’ultimo proposto da I Papu, duo comico di enorme ironia e bravura, che ogni anno produce uno spettacolo inedito dedicato ud una grande scoperta archeologica della storia) si svolgono all’aperto, incorniciati dalle prealpi pordenonesi. “Sfruttando le caratteristiche architettoniche della corte”, spiega Luca Marigliano, direttore del museo Archeologico di Montereale Valcellina, “quest’anno abbiamo allestito anche una spettacolare foto-installazione con 5 gigantografie del maestro fotografo Elio Ciol, dedicate a Palmira, foto scattate dal grande fotografo nel 1996. corredate da altre 50 foto dell’autore dedicate allo stesso sito siriano nonché ad altri contesti archeologici libici, mostrate ad altissima definizione in video. L’obiettivo è proporre una riflessione sulla tutela del patrimonio archeologico, tema portante di gran parte degli incontri 2018”. E allora vediamo meglio il programma.

La via colonnata di Palmira chiusa dal monumentale arco trionfale (distrutto dall’Isis) in una foto di Elio Ciol del 1996
Palmira, il focus 2018. Fino al 30 settembre 2018 (sabato e domenica, dalle 16.30 alle 19.30. Aperture straordinarie: 14 e 15 agosto, dalle 16.30 alle 19.30. Ingresso libero), nella corte di Palazzo Toffoli, la grande mostra “Palmira, sposa del deserto”, in ricordo di Khaled al-Asaad, l’archeologo, direttore-custode del sito Unesco, trucidato dall’Isis il 18 agosto 2015: la mostra, a cura di Eupolis studio associato, è una foto-installazione dedicata allo splendido sito archeologico di Palmira in Siria. Cinque spettacolari immagini in grandissimo formato del maestro Elio Ciol, esposte con altre foto proiettate a video. A un anno dalla mostra fotografica “Sguardi su Palmira” nella Domus e Palazzo Episcopale di Aquileia (Ud) (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2017/07/01/archeologia-ferita-ad-aquileia-gli-eventi-collaterali-alla-mostra-volti-di-palmira-ad-aquileia-apre-morandi-bonacossi-sulla-distruzione-della-memoria-in-iraq-e-si/), Elio Ciol torna sul tema dell’archeologia ferita, proponendo alcuni scatti eseguiti in bianco e nero 29 marzo 1996, quindi quasi vent’anni prima della violenza subita da Palmira . “Elio Ciol, che della fotografia europea è riconosciuto protagonista”, scrive Fulvio Dell’Agnese, “da oltre mezzo secolo si misura con gli antitetici poli della sua arte: istantaneità e permanenza. Le scene di vita popolare fissate negli scatti degli anni Cinquanta parlavano dell’emozione umana in presa diretta, mentre lo sguardo di Ciol si è spinto oltre il quotidiano in memorabili serie di immagini dedicate al paesaggio e all’idea del sacro. L’immediatezza del reale e la sua trasfigurazione poetica si fondono anche nelle fotografie che l’autore scattò a Palmira nel 1996. I soggetti sono architetture e sculture, segnacoli di permanenza secolare contemplati da uno sguardo che li rispetta quali opere d’arte, ma contemporaneamente ne ricompone e fa proprie le geometrie nella metafisica libertà del chiaroscuro, proiettandole contro incombenti cieli cinerei. L’addensarsi di un presagio? Fatto sta che i monumenti vengono ripresi pochi anni – istanti, in termini storici – prima del loro ritorno a una fragilità del tutto quotidiana, vittime dell’opaca violenza di una bestialità distruttiva”.

La distruzione del tempio di Baal Shimin a Palmira, patrimonio dell’Unesco, da parte dei miliziani dell’Isis
Serata Palmira. Venerdì 28 settembre 2018, nell’ultimo week end della mostra “Palmira. Sposa del deserto”, serata omaggio al grande archeologo Khaled Asaad. Alle 18.30, nella sala conferenze “Roveredo” a Palazzo Toffoli, il giornalista Graziano Tavan, curatore dell’archeoblog archeologiavocidalpassato, interverrà su “Siria in fiamme. Il caso Palmira. Da Zenobia all’Isis”: sarò un “viaggio” nella storia e nel tempo dai fasti di Palmira nell’antichità, divenuta famosa per una sua regina speciale, Zenobia, all’attuale situazione seguita alla distruzione di gran parte dei suoi monumenti simbolo da parte delle milizie dell’Isis. L’incontro introduce alla visione del film di Alberto Castellani, “Khaled al-Asaad, Quel giorno a Palmira (Italia, 2015; 24’). Il documentario raccoglie le immagini e le impressioni di un viaggio alla volta di Palmira effettuato dal regista nei primi anni del 2000 e riporta tra l’altro l’intervista rilasciatagli allora da Khaled al-Asaad, responsabile del sito e del locale museo, impegnato nella difesa di un patrimonio archeologico che è fra i più importanti e preziosi al mondo, assassinato dai miliziani dell’Isis nel 2015.
Archeomovies. Grazie alla collaborazione con la Rassegna internazionale del cinema archeologico di Rovereto (Tn), e alla disponibilità della Fondazione Museo Civico Rovereto, è stato possibile inserire nel programma dell’Estate al Mamv, due serate all’insegna dell’archeologia, spaziando tra avventura, paesaggi straordinari e attualità. La prima l’11 luglio 2018, con il film “Tesori in cambio di armi / Des tresors contre des armes” di Tristan Chytroschek (Francia, 2014; 51’; doppiato in italiano). Il commercio di antichi tesori d’arte finanzia la guerra e la violenza, secondo quanto riferito da Interpol e FBI. La documentazione dimostra come i profitti derivanti dal mercato dell’antiquariato sostengano la fornitura di armi a gruppi terroristici. Ma da dove vengono questi tesori? Mentre in Afghanistan vengono depredate alcune tombe in un tempio buddista, la città siriana di Palmira viene sistematicamente saccheggiata. La seconda serata mercoledì 25 luglio 2018, alle 21.30, con il film “Petra, perduta città di pietra” di Gary Glassman (2015, 52’; doppiato in italiano). Perduta al confine di tre grandi deserti e ricca di monumenti tra i più spettacolari e più misteriosi del Mondo Antico, Petra rappresenta un formidabile enigma: da chi, come e perché è stata costruita in quel luogo remoto? Oggi gli studi internazionali avviati da più di 20 anni cominciano a dare frutti sorprendenti: dalle sabbie e dalle leggende che l’avvolgono, emerge un’autentica capitale del deserto. Per chi lo desidera, in occasione di Archeomovies, dalle 20.30 alle 21.30, ingresso ridotto al museo per tutti, con percorso assistito incluso.
Teatro archeologico et alia. Venerdì 14 settembre 2018, alle 21, in Corte di Palazzo Toffoli (in caso di maltempo sarà indicata una sede alternativa). Archeo Papu in “Vita di Otzi (o qualcosa di Similaun)”. Nuovo esilarante appuntamento con le grandi scoperte archeologiche raccontate dai Papu, questa volta l’avventura sarà tra i ghiacci delle Alpi. Ingresso libero allo spettacolo, posti limitati fino a esaurimento. È necessario prenotare il posto registrandosi in http://www.eupolis.info, nella sezione “Attività in corso”. Invece venerdì 10 e venerdì 24 agosto 2018, alle 21, al Mamv, sarà la volta de “Il museo al buio”, un percorso avvolti dall’oscurità, tra antiche spade e resti di vasi: visitare al buio un museo archeologico è un’esperienza affascinante da non perdere. Ovviamente è consigliato dotarsi di una torcia elettrica.
Tutti al castello. Domenica 23 settembre 2018, alle 9, per salutare l’estate un’affascinante escursione in castello per scoprire il sito archeologico del castello d Montereale, da cui si gode un panorama unico. Al ritorno percorso al museo archeologico. L’escursione è a pagamento: 8 euro a partecipante incluso il costo del biglietto di ingresso al museo. In caso di maltempo l’escursione verrà annullata. Per info e prenotazioni: info@eupolis.info. “I resti del Castrum Montis Regalis sorgono sulla cima di un colle situato alla destra del Cellina”, si legge sul sito dell’università di Trieste (http://siticar.units.it/). “La posizione strategica permetteva il controllo della valle sottostante, percorsa dalla strada di collegamento dei diversi siti fortificati che sorgevano lungo la pedemontana pordenonese (tra i quali si possono ricordare in particolare quelli di Maniago, Meduno, Toppo e Pinzano). Nel castello si sono svolte cinque campagne di scavo sistematico tra gli anni 1983-1986 e il 1990. Tali indagini hanno permesso di verificare, dopo una prima frequentazione del sito in epoca protostorica documentata solo da reperti sporadici, una continuità di utilizzo del monte a scopo difensivo a partire dall’epoca tardo antica. In particolare è stato possibile ricostruire una prima occupazione, da datare al IV secolo d.C., e successivamente una fase, detta “delle fucine” perché caratterizzata da numerose tracce di lavorazione del ferro, che, con ogni probabilità, risale al periodo altomedievale. Le strutture del castello vero e proprio furono costruite intorno al 1200. Il complesso allora si articolava in una grande torre con cortina muraria, in alcuni edifici, forse abitativi, appoggiati alle mura e in una torre portaia che ne costituiva, probabilmente, l’accesso principale. Gli archeologi hanno, poi, riconosciuto testimonianze riconducibili all’abbandono degli occupanti ufficiali del castello, e a posteriori fasi relative a insediamenti provvisori, alla frequentazione da parte di pastori, a crolli e a spoliazioni delle strutture. Gli studiosi ritengono che l’abbandono definitivo del sito sia avvenuto in seguito ai devastanti effetti dei terremoti del 1511 e del 1575”.
L’Estate al Mamv è anche un’occasione per visitare il museo Archeologico di Montereale Valcellina, allestito di recente nel prestigioso complesso edilizio seicentesco di Palazzo Toffoli, dove sono esposti reperti archeologici frutto di un’intensa attività di scavo e studio condotta sul territorio comunale durante l’ultimo ventennio del 1900. Le ricerche, condotte dalla soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia, hanno portato alla luce una serie di reperti che testimoniano l’utilizzo dell’area in modo continuativo dal Bronzo Recente (XIV sec. a.C.) fino ad oggi, con periodi di maggiore o minore intensità. Tra le varie fasi di occupazione del sito spicca soprattutto l’abitato del V sec.a.C. con i ritrovamenti della cosiddetta Casa dei dolii. Spade e armi offerte alle acque, grandi vasi decorati, tracce di abitazioni e di attività artigianali, monili metallici sono solo alcuni dei reperti che fanno da tappa in un affascinante viaggio nel passato. Durante l’estate (da maggio a settembre) il museo è aperto la domenica dalle 16.30 alle 19.30. Invece da ottobre ad aprile ogni primo sabato del mese dalle 15 alle 18.
“Omaggio di Venezia a Palmira”: lo Iuav propone un canto per immagini, parole, suoni dedicata alla “sposa del deserto” violentata dall’Isis e al suo custode-direttore Khaled Asaad, trucidato dai miliziani
Omaggio di Venezia a Palmira. L’università Iuav di Venezia nell’ambito dei workshop estivi di architettura Wave 2017 “Syria the making of the future”, lunedì 3 luglio 2017, alle 21, al giardino dei Tolentini, presenta lo spettacolo “Omaggio di Venezia a Palmyra تدمر Canto per immagini, parole, suoni”: azione teatrale, video testi musiche con Stefano Scandaletti, musica dal vivo di Domenico Calabrò, a cura di Monica Centanni e Marco Bertozzi, ricerche e montaggio video Caterina Shanta, collaborazione testi e drammaturgia Daniela Sacco. Un evento promosso in cui immagini, parole e suoni si intrecciano a evocare una storia che ha al centro la mitica città: un racconto sulla capitale “invisibile” di una civiltà mediterranea che sfonda i confini incerti di Oriente e Occidente, che ha come protagonista un uomo, Khaled Al Assad, assassinato per aver cercato di difendere le pietre della “sua” – della nostra – Palmyra. “Non c’è cosa nella vita pari al mio amore per Palmira”, diceva Khaled al Asaad. “Su questa terra ho vissuto, in questa culla ho dedicato tutti i miei sforzi per quarantacinque anni agli scavi, ai restauri, alla pubblicazione della sua storia […]. Sono nato vicino al Tempio di Bel – il santuario principale dedicato al dio locale (distrutto dai miliziani dell’Isis, ndr). Ho passato tutta la mia vita qui; sarebbe ridicolo e vile lasciare la città in questo momento”. Lo spettacolo propone un montaggio video (materiali storici e filmati inediti), con incastonati brani di musica dal vivo e lettura teatrale di testi storici e letterari; un racconto articolato per capitoli: La via di Palmyra; Zenobia, la regina: Palmyra modello di città. Uomini e pietre; Teatro di guerra: la bellezza che non salva; Senza dio; La città invisibile (con testi di Khaled Al Asaad, Cesare Brandi, Historia Augusta, Marguerite Yourcenar, Christine de Pizan, Boccaccio, Plinio, Leon Battista Alberti, Jacques Prevert, Ezra Pound, Italo Calvino).
Commenti recenti