Il museo Archeologico nazionale di Napoli lancia la seconda edizione di archeocineMANN in streaming gratuito dal 2 al 5 dicembre, e on demand dal 6 al 10. Film e interviste per capire tutto sul nostro passato più antico. Al termine il “Premio MANN” e il “Premio Scuole”

L’emergenza sanitaria non ferma la seconda edizione di archeocineMANN, il festival internazionale del cinema di Archeologia, Arte e Ambiente, organizzato da museo Archeologico nazionale di Napoli in collaborazione con Archeologia Viva/Firenze Archeofilm. L’appuntamento si rinnova online, per non perdere la preziosa occasione di far dialogare arti solo apparentemente diverse: da mercoledì 2 a domenica 5 dicembre 2020 archeocineMANN arriva in streaming (con accesso gratuito). Con un semplice click (necessario registrarsi sul portale www.streamcult.it) si potrà assistere, senza barriere spazio-temporali, al meglio della produzione cinematografica dedicata a momenti e civiltà del passato che hanno fatto la storia. La definizione del programma di archeocineMANN, così come l’organizzazione dell’infrastruttura informatica e delle riprese, sono a cura dei Servizi Educativi del Museo (Lucia Emilio, responsabile, con Elisa Napolitano ed Antonio Sacco) insieme ad Archeologia Viva, Firenze Archeofilm. Il supporto tecnico è di Fine Art Produzioni.

“Il Mann come un portale dell’archeologia internazionale”, commenta il direttore dell’Archeologico, Paolo Giulierini. “Da Olimpia a Canne, dall’Egitto delle Piramidi alla Arles dei Gladiatori, da Stonehenge al Perù, dai draghi del Medioevo alle ultime ore di Pompei: il museo Archeologico di Napoli vi invita a un viaggio nel tempo e nello spazio partendo dai nostri capolavori. Avevamo immaginato la seconda edizione di archeocineMANN come una festa nel nuovo auditorium. Abbiamo deciso di confermare le date annunciate e diffondere il grande cinema archeologico internazionale in streaming gratuito, perché crediamo nell’importante valenza culturale di questo appuntamento organizzato con Archeologia Viva e Firenze Archeofilm. E lo facciamo anche con un particolare impegno per la didattica a distanza, offrendo materiali di altissima qualità che possono essere di supporto agli insegnanti e sicuramente affascineranno spettatori di ogni età. Tra il Mann e il cinema, come è noto, il rapporto è strettissimo: nelle nostre sale sono stati girati film celebri (da ‘Cadaveri eccellenti’ a ‘Napoli velata’), videoclip d’autore, documentari, ma non solo. Il Museo è anche produttore di audiovisivi per il web, a partire dal progetto Obvia e dall’incontro con il mondo dell’animazione napoletana, fino a opere per il grande schermo, dai corti ‘Antico Presente’ ad ‘Agalma’, che ci ha portato all’ultimo Festival di Venezia. La nostra proposta è, quindi, quella di scoprire sempre più il cinema archeologico, che affida la divulgazione scientifica alla forza dell’immagine e alla suggestione del racconto. Vi aspettiamo numerosi nella nostra sala virtuale”.
“Al Mann presentiamo le migliori opere cinematografiche prodotte di recente a livello mondiale e ancora mai proposte al grande pubblico”, dice Piero Pruneti, direttore di Archeologia Viva. “Sono opere che documentano le ricerche più aggiornate sul rapporto fra l’uomo e il pianeta dalle origini della specie fino alle civiltà storiche. Si tratta di un rapporto molto controverso, soprattutto quando si parla di coabitazione e condivisone delle risorse, che dobbiamo tenere ben presente, perché può insegnarci tante cose utili in questa fase critica per tutta l’umanità, apparentemente disorientata riguardo a un futuro che si annuncia preoccupante. Ancora una volta non possiamo capire dove vogliamo andare se non sappiamo chi siamo e da dove veniamo”.


Frame del film “Mesopotamia in memoria” di Alberto Castellani
Tante le anteprime che accompagneranno il pubblico a spasso nel tempo, viaggiando alla volta dei luoghi più remoti del pianeta: si potrà entrare, così, nei cunicoli della Piramide di Cheope, dove una missione internazionale condurrà gli spettatori alla scoperta di una nuova misteriosa cavità; ancora, nel documentario ‘Apud Cannas’, in animazione su base 3D, saranno svelati gli aspetti inediti della celebre Battaglia di Canne. La storia millenaria della città di Olimpia starà tutta nel film girato laddove nacquero i più prestigiosi giochi dell’antichità, che ancora portano il nome di quel luogo famoso: le Olimpiadi, appunto. È invece di un italiano, Alberto Castellani, ‘Mesopotamia in memoriam. Appunti su un patrimonio violato. La stagione dei grandi imperi’: nel documentario, l’indagine archeologica si accompagnerà all’analisi dell’attuale stato dei siti iracheni, dopo i danni operati dall’Isis (e non solo).


Frame del film “Le ultime ore di Pompei” di Pierre Stine
Spazio, poi, al Medioevo, “rivisto e corretto” con grande ironia, nel film che vede nei panni di Matilde di Canossa l’ex “turista per caso” Syusy Blady (alias Maurizia Giusti). E ancora, lontano dalle fantasiose narrazioni hollywoodiane, ecco il (vero) mondo dei gladiatori, in un’anticipazione ideale della grande mostra che il Mann ospiterà nel marzo 2021. Non mancheranno novità sul sito megalitico più famoso di tutti i tempi, Stonehenge, identificato dal team dell’archeologo Mike Parker Pearson con un grande cimitero, così come un focus sulle ultime ore di Pompei, attraverso le scoperte recenti di un’equipe di studiosi francesi. Per gli appassionati di folclore e tradizioni millenarie, spazio di approfondimento su draghi e mostri nell’immaginario dei popoli del passato; da non perdere, infine, il film capolavoro dedicato alla grande capitale achemenide Persepoli.

Arricchiranno il programma le più apprezzate produzioni cinematografiche del Mann: sarà possibile vedere il documentario ‘Agalma’ della giovane regista Doriana Monaco, che racconta, con le voci di Fabrizio Gifuni e Sonia Bergamasco, la vita “dietro le quinte” del Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Il film, selezionato per la 17esima edizione delle Giornate degli Autori di Venezia 77, è stato prodotto da Antonella Di Nocera (Parallelo 41 produzioni) e Lorenzo Cioffi (Ladoc) con il Mann. Ancora, in streaming, saranno presentati i cortometraggi de “La genesi del MANN. Un viaggio con il Cartastorie in quattro video” e il trailer del documentario “Thalassa. Il racconto”.

Non solo film, ma anche racconti ed esperienze vissute: gli spettatori virtuali avranno l’opportunità di conoscere da vicino i grandi nomi della ricerca e divulgazione archeologica con interviste a Patrizia Piacentini (egittologa, direttrice della Missione di scavo ad Assuan), Pierfrancesco Callieri (direttore degli scavi italiani a Persepoli), Giuliano Volpe (archeologo e scrittore), Syusy Blady (attrice e conduttrice televisiva).

Dopo la conclusione dello streaming e l’assegnazione del “Premio MANN” al film scelto dalla giuria di esperti della rassegna, archeocineMANN continuerà on demand dal 6 al 10 dicembre 2020: un’occasione importante, rivolta anche a professori e studenti per intrecciare contenuti e temi, tra archeologia, arte e cinema. Il Festival si proporrà, così, come una vera e propria “piattaforma” di approfondimento per le scuole superiori: il MANN metterà a disposizione gratuitamente i film, tra cui quattro anteprime nazionali, corti, interviste e contenuti extra. Anche quest’anno, in collaborazione con l’Associazione Moby Dick, sarà assegnato il “Premio Scuole” al miglior film, selezionato da una giuria composta da oltre 200 allievi degli istituti superiori napoletani.
All’Antico Porto di Classe (Ra) la terza edizione del Festival del Cinema archeologico di Ravenna – Premio “Olivo Fioravanti”: tre serate con conversazioni e film
Tutto è pronto all’Antico Porto di Classe (Ra) per la terza edizione del Festival del Cinema Archeologico di Ravenna – Premio “O. Fioravanti” in programma dal 7 al 9 agosto 2018: tre conversazioni, sei film selezionati da Dario Di Blasi dall’archivio di Firenze Archeofilm, voce narrante Davide Sbrogiò, edizioni video Fine Art produzioni S.r.l-Augusta (SR), traduzioni a cura di Gisella Rigotti, Stefania Berutti, Carlo Conzatti. Tre serate a ingresso libero, con inizio sempre alle 21. L’evento è organizzato da Parco Archeologico di Classe, Fondazione RavennAntica, Porto di Ravenna, Archeologia Viva.

Il film “Enquêtes archéologiques. Persépolis, le paradis perse / Indagini archeologiche. Persepoli, il paradiso persiano” di Angès Molia, Raphaël Licandro
Martedì 7 agosto 2018, il festival apre con la prima conversazione. Pierfrancesco Callieri, professore di Archeologia e Storia dell’Arte dell’India e dell’Asia Centrale all’università di Bologna, interviene su “Le recenti scoperte a Persepoli”. Alle 21.30, al via le proiezioni: “Le acque segrete di Palermo” di Stefania Casini (Italia, 52’). Palermo cela nelle sue viscere un affascinante segreto: i qanat. Canali sotterranei scavati dall’uomo che raccolgono acque sorgive: le acque segrete di Palermo. Un sorprendente incrocio di culture aveva fatto di Palermo la capitale del Mediterraneo, dove l’acqua era la grande ricchezza di cui restano le tracce visibili nelle architetture, nella toponomastica, nella organizzazione urbanistica e nelle tecniche di ripartizione e gestione. Il documentario svela fra storia, scienza e leggenda le vie segrete dell’acqua. “Enquêtes archéologiques. Persépolis, le paradis perse / Indagini archeologiche. Persepoli, il paradiso persiano” di Agnès Molia et Raphaël Licandro (Francia, 26’). Sugli altopiani iraniani vi è la culla di una delle più grandi civiltà di costruttori dell’antichità: i Persiani, che ci hanno lasciato un capolavoro di architettura, Persepoli. Finora si pensava che il sito fosse limitato alla sua imponente terrazza, utilizzata dai re persiani qualche mese all’anno. Ma recenti scoperte rivelano un volto del tutto diverso di Persepoli, quello di una delle città più opulente del mondo antico: un Eden sulle montagne.
Mercoledì 8 agosto 2018, seconda giornata, apre la conversazione con Federica Guidi, archeologa del museo civico Archeologico di Bologna su “Lo sviluppo delle città romane”. Alle 21.30, le proiezioni: “Marly, le Chateau disparu du Roi Soleil / Marly, il castello scomparso del Re Sole” di Laurent Marmol e Fèdèric Lossignol (Francia, 52’). Nel maggio 2015 nuovi scavi archeologici condotti da Annick Heitzmann e Bruno Bentz nella tenuta di Marly, vicino a Versailles, mirano a individuare, all’interno dei resti delle stanze al piano terra e degli interrati, tracce della vita e della storia di questa meraviglia architettonica. Qui Luigi XIV passava il tempo con famiglia e amici, lontano dagli sfarzi di Versailles. Un’occasione unica per scoprire la storia di una residenza reale dall’architettura unica e ricostruire la vita privata del Re Sole. “Roma Outside Rome” di Alessandro Furlan, Pietro Galifi, Stefano Moretti (Italia, 20’). Cinque importanti siti archeologici romani in Italia, al di fuori delle Mura Aureliane, ricostruiti in computer grafica 3D: Mutina (Modena) romana, Ostia antica e il Porto di Traiano, la Basilica Costantiniana di Aquileia, la Domus di Colombarone nel Parco Regionale Naturale del Monte San Bartolo (Pesaro), il Foro di Brixia (Brescia).

Il film “A la Dècouverte du Temple d’Amenhophis III / Alla scoperta del tempio di Amenhophis III” di Antoine Chènè
Giovedì 9 agosto 2018, serata finale aperta dalla conversazione con Maurizio Cattani, professore di Preistoria e protostoria all’università di Bologna, su “Le ultime scoperte in area romagnola”. Alle 21.30, le proiezioni. “A la Dècouverte du Temple d’Amenhophis III / Alla scoperta del tempio di Amenhophis III” di Antoine Chènè (Francia, 54’). A Luxor, i colossi di Memnone, sulla riva sinistra del Nilo, segnavano l’ingresso di quello che era il più grande tempio mai costruito da un faraone: quello di Amenophis III. Dall’inizio degli anni 2000, un team internazionale guidato da Hourig Sourouzian, un egittologo specializzato in sculture faraoniche, ridona vita a questo tempio di cui ben poche vestigia erano visibili oltre ai due colossi di Memnone. “El Reino de la Sal. 7000 Años de Hallstatt / Il regno del sale. 7000 anni di Hallstatt” di Domingo Rodes (Spagna, 23’). Hallstatt è un piccolo villaggio situato sulle sponde dell’Hallstatter See, nel cuore delle Alpi austriache. Da tempi immemori, la sua esistenza è legata allo sfruttamento, continuato nei secoli, delle miniere di sale scavate in queste montagne. In ogni caso è stata la sua importanza per la preistoria europea a portare fama e notorietà mondiale ad Hallstatt e a far sì che meritasse di essere dichiarata Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’UNESCO nel 1997. Alla fine della proiezione si assegna il Premio “Olivo Fioravanti” al film più gradito al pubblico.
Iran. Allarme degli archeologi: Persepoli rischia di sprofondare. Lo sfruttamento indiscriminato della falda per usi agricoli potrebbe provocare fenomeni di subsidenza. Il prof. Callieri che scava a Tol-e Ajori: “Sono preoccupato”
Allarme rosso per Persepoli. Rischia di sprofondare l’area archeologica in cui si trovano le vestigia dell’antica capitale voluta da Dario I e le tombe rupestri monumentali dei re achemenidi di Naqsh-e Rostam. È dunque sempre più reale il pericolo subsidenza, fenomeno che preoccupa non poco gli studiosi italiani impegnati nella zona: colpa della siccità e dello sfruttamento indiscriminato delle falde. Proprio nei giorni scorsi è scattato l’allarme amplificato dai media iraniani e dalla televisione di Stato Irinn per l’allargarsi di una delle fratture che già si erano aperte nel terreno, lunga 200-300 metri e profonda circa un metro: fenomeno che gli esperti, riportano sempre i media iraniani, riconducono alla siccità e all’uso massiccio e illegale delle falde acquifere. A parlarne è stato in particolare il quotidiano Etemaad. “Quando gli esperti dell’Institute for East Studies di Chicago fecero rinascere una parte della storia di questo Paese”, scrive il giornale, a proposito dei ricercatori che diressero gli scavi sistematici dell’area negli anni Trenta del Novecento, “probabilmente non pensavano che un giorno la siccità e la cattiva gestione avrebbero danneggiato gli esiti dei loro sforzi e ne avrebbero scosso i pilastri”. Principali imputati sono i pozzi scavati illegalmente nella zona, nonostante l’Organizzazione iraniana per i Beni culturali abbia cercato di ostacolarli ancor prima che scattasse l’allarme rosso. E oggi, secondo sempre fonti di stampa iraniana, sarebbero ben 16mila i pozzi presenti nella pianura di Marvdasht, in cui sorge Persepoli, e la metà non sarebbe autorizzata.

L’impressionante frattura nella piana di Persepoli a un passo dalla terrazza: frame dal video della tv di Stato iraniana Irinn rilanciato dall’Ansa
Ma questa fenditura che si apre nella piana di Persepoli a un passo dalla grande terrazza non sarebbe la prima. Fonti dei media iraniani ricordano che un’altra frattura simile si era verificata alcuni anni fa a soli 250 metri dalla piattaforma rocciosa su cui sorge la capitale achemenide. E nonostante il Consiglio tecnico di Persepoli non permetta lo scavo di nuovi pozzi, pressioni in senso contrario sarebbero giunte dall’Organizzazione regionale per l’acqua che ne avrebbe autorizzati di nuovi. Il problema è che se fino a qualche anno fa bastava scendere fino a 50 metri sotto terra per pescare l’acqua, ora si arriva anche ai 200.
“Sono molto preoccupato per il futuro, anche perché in Iran manca ancora una cultura del risparmio dell’acqua”, interviene Pierfrancesco Callieri dell’università Alma Mater di Bologna co-direttore con Alireza Askari Chaverdi dell’ateneo di Shiraz, della missione congiunta irano-italiana a Persepoli, nel quadro dell’accordo tra il dipartimento dei Beni culturali (DBC) dell’università di Bologna e l’istituto di Ricerca dei Beni culturali dell’Iran (RICHHTO) col contributo economico dell’Università di Bologna, del MAECI, della Fondazione Flaminia di Ravenna e della Lighthouse-Group (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2016/05/27/iran-contrafforte-o-muro-di-recinzione-la-porta-monumentale-di-tol-e-ajori-vicino-a-persepoli-regala-nuove-scoperte-ma-anche-nuovi-interrogativi-progetti-e-ambizioni-della-missione-diretta-da-ali/). Callieri sta scavando a Tol-e Ajori una porta monumentale copia della porta di Ishtar a Babilonia, che al momento sembra il più antico monumento achemenide conosciuto, probabilmente dell’epoca di Ciro, sicuramente precedente la fondazione di Persepoli nel 518 a.C. “Il sito di Tol-e Ajori si trova a 3,5 chilometri dalla terrazza di Persepoli”, spiega Callieri, “all’interno di una più vasta area sottoposta a vincoli per gli agricoltori. Vincoli che saranno più accettabili, grazie al fatto che l’area degli scavi è stata acquistata dal governo e si potrà costruire una tettoia di protezione”. Dalla terrazza di Persepoli e dalla montagna in cui sono scavate le tombe dei re achemenidi, relativamente protetti dal rischio subsidenza, gli scavi cominciano dunque ad estendersi verso la più vulnerabile pianura, alla ricerca di Parsa, la città vera e vissuta che affiancava la città-palazzo monumentale voluta da Dario.
Con lo svuotamento delle falde il rischio è dunque quello della subsidenza, che può anche danneggiare le antiche pietre. Un fenomeno quest’ultimo che studiano gli archeologi italiani dei laboratori per il restauro della pietra aperti di recente dall’Istituto superiore per la conservazione e il restauro (Iscr) di Roma nella vicina Pasagarde, la prima capitale achemenide voluta da Ciro il Grande che si fece seppellire in una tomba monumentale, nell’ambito di un progetto predisposto in collaborazione con l’Iranian Cultural Heritage Organization. A monte della crisi anche le attività agricole e la coltura intensiva del riso, la gestione della diga di Sivand e il prosciugamento dei fiumi prima usati per irrigare i campi. “I danni seri sono già iniziati”, sottolinea Kourosh Mohammadkhani, uno degli esperti citati dal quotidiano iraniano. “Ma se non si possono fermare le attività agricole, il governo può però comprare gradualmente le terre”. Come sta facendo a Tol-e Ajori, “la Persepoli prima di Persepoli”.
Iran. Contrafforte o muro di recinzione: la porta monumentale di Tol-e Ajori (vicino a Persepoli) regala nuove scoperte ma anche nuovi interrogativi. Progetti e ambizioni della missione diretta da Alireza Askari Chaverdi e Pierfrancesco Callieri per la campagna 2016

L’archeologo iraniano Alireza Askari Chaverdi co-direttore della missione irano-italiana a Tol-e Ajori nella piana di Persepoli (Fars, Iran)
La porta monumentale achemenide di Tol-e Ajori a un passo da Persepoli, nell’Iran meridionale, copia della porta di Ishtar a Babilonia, ha ancora molti misteri da svelare. Per questo nella quinta campagna di scavo, tenutasi tra settembre e ottobre 2015, la missione congiunta irano-italiana a Persepoli diretta da Alireza Askari Chaverdi dell’università di Shiraz e da Pierfrancesco Callieri dell’università di Bologna, nel quadro dell’accordo tra il dipartimento dei Beni culturali (DBC) dell’università di Bologna e l’istituto di Ricerca dei Beni culturali dell’Iran (RICHHTO) col contributo economico dell’Università di Bologna, del MAECI, della Fondazione Flaminia di Ravenna e della Lighthouse-Group, dopo aver indagato nell’ambiente centrale (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2016/05/23/il-giallo-archeologico-di-tol-e-ajori-vicino-a-persepoli-iran-la-quinta-missione-conferma-la-scoperta-di-una-porta-monumentale-achemenide-copia-della-porta-di-ishtar-di-babilonia-lambien/) alla ricerca di informazioni più precise per datare e dare una paternità al monumento, ha spostato la propria attenzione all’esterno della porta concentrandosi sul tratto nord del lato SO e sul lato NE. “Sono state aperte due nuove trincee per cercare informazioni sul rapporto del monumento con il territorio”, spiega Callieri. “E anche qui sono arrivate delle risposte interessanti sul sistema di costruzione e sulla stratificazione esterna”.

Tol-e Ajori: nel saggio a NE del muro spogliato, il piano esterno; a sinistra oltre alla fossa di spoliazione principale si vede anche una seconda fossa di spoliazione obliqua alla faccia del muro
COSTRUZIONE Il risultato più interessante è stata la scoperta di una sezione in mattoni cotti alla base di tutto il muro e non solo nelle due parti esterne. “Avevamo visto che il muro di 10 metri di spessore era composto da due sezioni esterne di mattoni cotti larghe 2,5 metri e da una sezione centrale di mattoni crudi di 5 metri di spessore”, ricorda Callieri. “ma ora si è scoperto che anche sotto la sezione di mattoni crudi c’è uno strato di mattoni cotti”. Quindi era stata creata una specie di “guaina” impermeabile non solo sui lati esterni del muro ma anche sul fondo così da proteggere il monumento dall’umidità di risalita, in grado di danneggiare irrimediabilmente il corpo centrale del muro in mattoni crudi. Inoltre sul lato NE si è confermato il fatto che la fondazione del muro era costruita entro un cavo di fondazione tagliato nel terreno preesistente.

Trincea 13 a Tol-e Ajori, sul muro NE, faccia NE esterna. La parte restante del blocco di mattoni cotti e nel resto il risultato della spoliazione arrivata sino al terreno pre-costruzione
MURO DI CINTA “Proprio nel punto in cui quest’anno abbiamo aperto la nuova trincea sul lato SO è stata trovata una struttura in mattoni cotti e crudi che si appoggia sul lato esterno del monumento”, annuncia l’archeologo italiano. Ma questa scoperta sta sollevando molti interrogativi, destinati per ora a rimanere senza risposta. La struttura riportata alla luce non è infatti coeva alla porta, ma è stata costruita in una fase successiva, senza che per ora sia possibile quantificare l’intervallo cronologico tra i due momenti costruttivi. E non basta: la struttura esterna va contro il muro della porta ma lasciando uno spazio di 10 cm. “Si tratta di una struttura realizzata in modo complicato”, cerca di spiegare Callieri, “a sezioni parallele al lato esterno del monumento che si protendono verso il territorio. In tutto abbiamo individuato tre sezioni. Purtroppo non sappiamo quanto fosse larga, perché non abbiamo ancora definito i limiti laterali”. Per ora si avanzano ipotesi. “Si tratterebbe o di un contrafforte all’angolo O, che confermerebbe l’ipotesi avanzata nel 2014”, dicono gli archeologi, “o dell’inizio di un muro di recinzione che partiva dal lato SW del monumento delimitando un’area interna: la porta di Ishtar a Babilonia si apriva proprio nelle mura della città. Qui a Tol-e Ajori siamo ancora incerti sulla natura di questa struttura. Purtroppo non ci sono venute in aiuto neppure le indagini e le prospezioni geofisiche curate dalla Francia e dall’Iran. Finora non sono state rilevate altre tracce di mura di cinta, e tuttavia questa ipotesi ancora non si può escludere”. E il motivo è presto detto. Forse c’era effettivamente un muro che però potrebbe essere stato asportato nel corso dei secoli o semplicemente perché realizzato in mattoni crudi che non hanno lasciato traccia. Ma questo “muro” potrebbe anche avere altre funzioni che al momento non sono esemplificabili. Anche perché ci mancano monumenti di confronto. Nelle altre porte achemenidi conosciute, cioè quelle di Persepoli e di Pasargade, le porte monumentali non sono collocate su un muro: probabilmente le porte avevano nel mondo achemenide soprattutto una funzione simbolica, diversamente da Babilonia dove la porta di Ishtar era la porta di ingresso alla città, pur se riservato a cerimonie ufficiali.
“Quanto comunque è stato trovato”, chiarisce subito Callieri per sgombrare qualsiasi dubbio, “è ancora troppo poco per poter dire che si tratta di un muro: bisogna acquisire altre informazioni. Purtroppo la parte più interessante, cioè l’ingresso NW, che nella porta di Ishtar a Babilonia corrisponde al lato che guarda l’esterno della città, è quella che si trova nella zona danneggiata del tepe, livellata dai lavori agricoli. E quindi non abbiamo a disposizione uno strato archeologico di spessore sufficiente a dare risposte”. L’ipotesi da verificare è che quanto finora riportato alla luce sia la testimonianza dell’esistenza di un muro di difesa costruito con una tecnica particolare: una sequenza di mattoni cotti-crudi-cotti, in sezioni parallele alla porta che progressivamente si allontanano dal centro.

Tol-e Ajori: Veduta della trincea 12, con la parte restante della sezione in mattoni cotti del muro SW verso l’esterno: il blocco delle fondazioni in mattoni cotti prosegue verso il nucleo sotto il blocco in mattoni crudi
OBIETTIVI DELLE PROSSIME CAMPAGNE La missione irano-italiana a Tol-e Ajori si pone due obiettivi per il futuro. Il primo e principale obiettivo è sicuramente quello di proseguire l’esplorazione del monumento, soprattutto dell’ambiente interno nella speranza – mai venuta meno – di trovare nuovi frammenti delle decorazioni e soprattutto dell’iscrizione che dovrebbe contenere il nome del re che l’ha costruita, e poi di verificare le ipotesi sul pavimento; e all’esterno procedere all’esplorazione per confermare o smentire la presenza di un muro di cinta. Soprattutto per capire se c’è un’analoga situazione sul lato E. C’è poi un secondo obiettivo, molto più ambizioso: la realizzazione della musealizzazione del sito. Fortunatamente il Governo iraniano ha mostrato un notevole interesse per il monumento e ha recentemente acquisito tutta l’area. Ciò permetterà di costruire una tettoia per ripoter riaprire le trincee sin qui scavate e proseguire gli scavi con più tranquillità, al riparo dalla pioggia che danneggia in modo irreparabile i mattoni crudi. Considerando che il monumento misura circa 40 x 30 metri, la tettoia dovrà essere necessariamente almeno 50 x 40 metri. “Sappiamo che l’unico modo per capire sino in fondo il monumento è quello di liberare le trincee (che alla fine di ogni campagna di scavo vengono risigillate per la loro conservazione) e proseguire lo scavo: ma questo si può fare solo se c’è una copertura protettiva sul sito” conclude Callieri. Il giallo archeologico continua.
(2 – fine. Il precedente post è uscito il 23 maggio 2016)
Il giallo archeologico di Tol-e Ajori, vicino a Persepoli (Iran): la quinta missione conferma la scoperta di una porta monumentale achemenide copia della porta di Ishtar di Babilonia. L’ambiente centrale restituisce una panchina a mattoni invetriati, un altro frammento dell’iscrizione, ma non ancora il nome del sovrano costruttore

I risultati della campagna di scavo 2015 a Tol-e Ajiori sono stati determinanti per confermare la natura del monumento portato alla luce: una porta monumentale
Che a Tol-e Ajori, a un passo da Persepoli, nell’Iran meridionale, ci sia una porta monumentale achemenide non è più un mistero. Dopo quattro anni di ricerche nella piana di Persepoli in cui sembrava di essere di fronte a un vero e proprio giallo archeologico con continui colpi di scena e autentiche “sorprese”, la quinta campagna di scavo a Tol-e Ajori (settembre-ottobre 2015) ha confermato le ipotesi avanzate negli anni precedenti (https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2015/01/19/svelato-il-giallo-delledificio-di-tol-e-ajori-vicino-persepoli-iran-callieri-cosi-abbiamo-capito-che-era-una-porta-monumentale/). Ma non tutti i dubbi sono stati sciolti. Restano aperti ancora alcuni interrogativi importanti che vedremo in questo e nei prossimi post. I risultati della quinta campagna della missione congiunta irano-italiana a Persepoli diretta da Alireza Askari Chaverdi dell’università di Shiraz e da Pierfrancesco Callieri dell’università di Bologna, nel quadro dell’accordo tra il dipartimento dei Beni culturali (DBC) dell’università di Bologna e l’istituto di Ricerca dei Beni culturali dell’Iran (RICHHTO) col contributo economico dell’Università di Bologna, del MAECI, della Fondazione Flaminia di Ravenna e della Lighthouse-Group, sono stati resi noti per la prima volta in una relazione dei due co-direttori, presentata da Alireza Askari Chaverdi al 14° congresso di Archeologia dell’Iran tenutosi a Teheran dal 6 all’8 marzo 2016, consentendo così la divulgazione dei risultati della campagna di scavo 2015 e delle relative immagini.
L’EREDITÀ Nell’autunno del 2014 la quarta campagna di scavo si era chiusa con alcune certezze ma anche lasciando aperti molti dubbi (https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2015/02/10/chi-ha-costruito-la-porta-monumentale-di-tol-e-ajori-e-il-palazzo-di-firuzi5-prima-di-persepoli-iran-gli-indizi-portano-a-ciro-ma-e-presto-per-dirlo-il-giallo-continua/). Di certo si è ormai sicuri che a Tol-e Ajori sia stata individuata una porta monumentale del primo periodo achemenide la cui iconografia riproduce quella della porta di Ishtar a Babilonia. Ed è ormai sicuro che questo edificio monumentale sia anteriore all’edificazione di Persepoli. Ma qui iniziano a insinuarsi i primi dubbi. Quando è stata costruita esattamente la porta? E soprattutto, da chi? Da quale sovrano tra Ciro (ritenuto il più probabile), Cambise e Dario I? Ma non è solo la “paternità” del monumento a rimanere incerta. Gli archeologi infatti non sono ancora riusciti a stabilire se la porta sia un monumento isolato oppure inserito all’interno di un sistema di delimitazione territoriale, quindi collegato a un muro di cinta.
LA QUINTA CAMPAGNA Con queste certezze e soprattutto con questi dubbi è iniziata la quinta campagna di scavo nella piana di Persepoli, campagna che è stata condotta dal 17 settembre al 31 ottobre 2015, diretta da Alireza Askari Chaverdi dell’università di Shiraz e da Pierfrancesco Callieri dell’università di Bologna con la collaborazione di Luca Colliva e di un folto gruppo di archeologi iraniani e italiani. “Abbiamo cercato innanzitutto di studiare meglio l’ambiente centrale della porta, da cui provenivano gli unici due frammenti di iscrizione ritrovati nelle campagne precedenti”, spiega Callieri. L’obiettivo è evidente: trovare altri frammenti dell’iscrizione e quindi – con un po’ di fortuna – risolvere il primo problema rimasto aperto: conoscere il nome del suo costruttore. Infatti nel caso di Tol-e Ajori l’arco cronologico all’interno del quale la porta dovrebbe essere stata realizzata è così ridotto (poco più di vent’anni) che nessun sistema di datazione attualmente noto può essere considerato affidabile, dal C14 alla termoluminescenza. Il monumento può infatti essere datato tra il 539 a.C. (anno della conquista di Babilonia da parte di Ciro, che potrebbe aver voluto una replica della porta di Ishtar su scala maggiore) e il 515 a.C. (anno intorno al quale Dario iniziò la costruzione di Persepoli). Quindi sono solo 24 anni, un arco di tempo – come si diceva- troppo ristretto: nessun metodo di analisi oggi può dare delle certezze con questi limiti. Quindi l’unica speranza per gli studiosi è quella di trovare un frammento di iscrizione che si aggiunga ai due già trovati, uno dei quali con la parola [RE]. La missione sperava in un colpo di fortuna: trovare proprio un frammento con il nome del sovrano. “Non l’abbiamo trovato”, chiarisce subito Callieri, tradendo una piccola delusione. “Ma lo studio approfondito dell’ambiente centrale non è stato infruttuoso, anzi. I risultati sono molto interessanti e costituiscono uno dei punti qualificanti della quinta campagna di scavo”.

Tratto della faccia interna del muro SW (con decorazione a mattoni invetriati in situ), di una delle banchine e del pavimento dell’ambiente interno (trincea 11)
L’AMBIENTE CENTRALE Come si diceva, l’approfondimento delle conoscenze dell’ambiente centrale della porta di Tol-e Ajori è stato uno degli obiettivi della quinta missione. “Nell’ambiente centrale interno è stato trovato un nuovo tratto con corsi di mattoni invetriati in situ”, precisa l’archeologo italiano. Così ora sono due i tratti di muro ritrovati in situ (l’altro era nel corridoio). Dalla prima analisi dei filari di mattoni si può subito trarre una osservazione importante: ripropongono lo stesso schema e la stessa decorazione della fascia inferiore della porta di Ishtar, quella decorata con mattoni piani e non a rilievo, con i quali erano invece composti i pannelli sovrastanti. “Lo scavo di quest’anno (2015, ndr) ci ha dato preziose informazioni sulle decorazioni e sulla pianta dell’ambiente centrale, informazioni che hanno confermato quanto ipotizzato nella campagna del 2014. Tra queste, la presenza di una panchina lungo le pareti dell’ambiente interno. È una seduta larga 60 cm realizzata in mattoni cotti, che sulle fasce esterne sono invetriati. Invetriati dovevano pure essere i mattoni sulla faccia superiore, quello della seduta, ma sono stati portati via nella spoliazione del monumento. Siamo sicuri che c’erano perché ci sono rimasti due frammenti. La panchina si interrompeva al centro dell’ambiente, forse perché lì si trovava l’iscrizione da cui provengono i nostri frammenti”.
LE RISPOSTE DEL 2015 Tre sono gli aspetti cui lo scavo del 2015 ha dato risposte. Innanzitutto l’architettura del monumento con la scoperta/conferma della presenza della panchina. E poi la decorazione del monumento che si è confermata uguale a quella della porta di Ishtar. Infine, lo stato di conservazione del monumento: “C’è la possibilità che la porta sia stata oggetto di un evento sismico (terremoto). Il tratto di muro che conserva intatto il paramento invetriato è traslato verso NE di 10 cm, ma non è crollato. Su questa particolare situazione delle strutture sta studiando un esperto irano-statunitense. Comunque il terremoto non è stato la causa della fine del monumento, perché prima dell’evento sismico la struttura era già stata abbandonata con un accumulo di argilla sul pavimento dell’ambiente centrale, forse spogliato di eventuali mattoni cotti, e di alcuni frammenti di pietra sul pavimento esterno”. È stata poi migliorata la conoscenza del sistema dei segni per la messa in opera dei mattoni invetriati, confermando quanto già si sapeva. Infine trovati due frammenti con scrittura cuneiforme, uno in lingua babilonese e l’altro in lingua elamita. “Su un frammento è stato trovato un segno cuneiforme che secondo Gian Pietro Bsello significa [PORTA]. Quindi l’iscrizione presenterebbe un testo che ricorda un sovrano [RE] e un monumento [PORTA]. Ma purtroppo – conclude Callieri – manca ancora l’elemento più importante: il nome del sovrano”.
(1 – continua nei prossimi giorni)
Chi ha costruito la porta monumentale di Tol-e Ajori e il palazzo di Firuzi5 prima di Persepoli (Iran)? Gli indizi portano a Ciro. Ma è presto per dirlo. Il giallo continua…

La porta di Ishtar a Babilonia (oggi al Pergamon museum di Berlino) presa a modello a Tol-e Ajori (Iran)

Alireza Askari Chaverdi, co-direttore della missione irano-italiana, mostra i rilievi del monumento di Tol-e Ajori
La porta monumentale di Tol-e Ajori, copia della Porta di Ishtar di Babilonia, è anteriore la costruzione della terrazza di Persepoli. Sembrano infatti più che indizi i dati raccolti dalla missione congiunta irano-italiana nella piana di Persepoli diretta da Alireza Askari Chaverdi dell’università di Shiraz e da Pierfrancesco Callieri dell’università di Bologna, nel quadro dell’accordo tra il dipartimento dei Beni culturali (DBC) dell’università di Bologna e l’istituto di Ricerca dei Beni culturali dell’Iran (RICHHTO) col contributo economico dell’Università di Bologna, del MIUR e del MAE. Askari Chaverdi e Callieri sul fatto che si tratti di un edificio proto-achemenide non avrebbero dubbi (vedi post su archeologiavocidalpassato https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2015/02/02/a-cosa-dava-accesso-la-porta-di-tol-e-ajori-vicino-persepoli-iran-forse-al-complesso-di-firuzi5-anteriore-a-persepoli-il-giallo-archeologico-continua/). Ma questo non li tranquillizza, anzi. Proprio la mancanza di elementi che possano portare a una datazione assoluta attendibile solleva problematiche che al momento non sembrano facilmente superabili. Perché la grossa eredità che lascia l’ultima campagna di scavo che si è conclusa nel novembre scorso è una domanda ben precisa: quando e chi ha realizzato a Tol-e Ajori quella straordinaria, monumentale porta?

I corsi di mattoni invetriati trovati in situ nella porta monumentale di Tol-e Ajori vicino Persepoli (Iran)
Il complesso scoperto a Tol-e Ajori – come si diceva – è molto diverso da Persepoli. A cominciare dalla presenza del drago-serpente (mushkhusshu), animale totalmente estraneo a Persepoli (per i mazdei il serpente è una creatura malvagia). Addirittura la distruzione del monumento potrebbe essere stata la conseguenza dell’ideologia zoroastriana. Questi sono tutti elementi che portano a datare il monumento prima di Persepoli. Ma quanto prima di Persepoli? “Di quanto anteriore? È difficile dirlo”, ammette Callieri. “Se imita la Porta di Ishtar (costruita intorno al 580 a.C.) la porta di Tol-e Ajori è postuma anche alla conquista di Babilonia da parte di Ciro nel 539. Quindi al momento è arduo stabilire se risale al regno di Ciro, di Cambise, o dei primi anni di Dario. L’iconografia e la tecnica di costruzione a mattoni insieme al raffronto con la porta di Ishtar ci porta a una ambientazione più mesopotamica che persiana”, spiega l’archeologo dell’ateneo bolognese. “Quindi è più probabile una attribuzione al regno di Ciro. Ma al momento non ci sono elementi decisivi”. A detta degli archeologi è più plausibile che sia dell’epoca di Ciro che ha conquistato Babilonia (come ricorda il “cilindro di Ciro”: il re persiano si definisce devoto al dio Marduk del quale ripristina il culto. Ciro quindi è stato nelle condizioni di poter essere influenzato dall’arte babilonese e ispirato a riprodurre in Persia una copia della Porta di Ishtar). Cambise è noto per la conquista dell’Egitto. Dario poi inizia a costruire quasi subito Persepoli (518-515) e il Palazzo di Susa. Si dovrebbe ipotizzare che poco prima avesse posto mano anche al Palazzo di Firuzi5 e alla porta di Tol-e Ajori. Ma ci sarebbe stato troppo poco tempo per un’opera così monumentale.
Monumento dell’epoca di Ciro? Per ora è solo un’ipotesi, ovviamente. Sarà l’obiettivo proprio della prossima campagna di scavo, nell’autunno del 2015 quello di acquisire elementi per giungere con una maggiore sicurezza alla datazione del monumento e alla sua attribuzione, anche se le possibilità sono molto limitate. “Un aiuto potrebbe arrivare tra qualche mese”, anticipa Callieri, “quando dovremmo avere a disposizione i risultati archeometrici sui materiali. Le datazioni al C14 non ci possono aiutare molto a capire la data di costruzione (l’oscillazione +/- alcuni decenni è in questo caso per noi troppo ampia: ci stanno dentro tutti e tre i re achemenidi). Ma il C14 ci può invece aiutare a capire la data di distruzione: gli eventi distruttivi registrati nello scavo sono più di uno e potrebbero già essere iniziati in antico. Il C14 viene fatto in Italia sulle ossa. L’università di Urbino e di Isfahan studiano i mattoni cotti con la termoluminescenza”. Ma quello della datazione non è l’unico problema rimasto aperto. “Nella campagna 2015 dovremo cercare di chiarire soprattutto l’esistenza di un muro di recinzione. Finora nelle ricognizioni effettuate non c’è traccia di questo muro. Il lato della porta è di 40 metri: quindi apriremo una trincea intorno ai 20 metri. Non ci resta che attendere la prossima campagna di scavo. Il giallo di Tol-e Ajori continua.
(5 – fine. Precedenti post il 14, 19, 25 gennaio e 2 febbraio)
A cosa dava accesso la porta di Tol-e Ajori, vicino Persepoli (Iran)? Forse al complesso di Firuzi5, anteriore a Persepoli. Il giallo archeologico continua
Un “cancello” nel nulla. Come quelli che ancora oggi possiamo vedere nella campagna padano-veneta: sembrano aperti verso un qualcosa di non ben definito, o che comunque non si vede, quasi un “segnacolo” che non apre/varca un muro di cinta materiale ma indica l’ingresso a una proprietà che porta alla villa padronale, a una dimora prestigiosa. Ecco, è stato più o meno questo l’effetto che la porta monumentale, copia della porta di Ishtar a Babilonia (vedi post di archeologiavocidalpaassato https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2015/01/25/a-tol-e-ajori-vicino-a-persepoli-iran-trovata-una-porta-monumentale-copia-della-porta-di-ishtar-a-babilonia-la-presenza-del-drago-serpente-ne-fa-il-piu-antico-esempio-di-architettura-achemenide/ ) scoperta a Tol-e Ajori ha fatto agli archeologi della missione congiunta irano-italiana nella piana di Persepoli diretta da Alireza Askari Chaverdi dell’università di Shiraz e da Pierfrancesco Callieri dell’università di Bologna, nel quadro dell’accordo tra il dipartimento dei Beni culturali (DBC) dell’università di Bologna e l’istituto di Ricerca dei Beni culturali dell’Iran (RICHHTO) col contributo economico dell’Università di Bologna, del MIUR e del MAE. “L’aver capito che l’edificio di Tol-e Ajori è una porta monumentale non chiude il caso”, smorza gli entusiasmi il prof. Callieri, “ma apre e pone all’archeologo altri interrogativi”. Il giallo archeologico di Tol-e Ajor non è ancora del tutto svelato.
Nel mondo achemenide la porta monumentale è abbastanza frequente: a Pasargade c’è l’Edificio R (ambiente di ingresso a un complesso di rappresentanza e residenziale rappresentato dagli edifici S e P); a Persepoli la Porta di Serse o delle Nazioni (l’accesso principale ai palazzi sulla Terrazza, fu costruita da Serse, e attraversata da un’unica strada che ancora è visibile e che percorreva la base del Monte della Misericordia); a Susa i Propilei di Dario (sul fianco orientale della Città Reale di cui è l’accesso: edificio quadrato di 24 m di lato in mattoni crudi, comprendente due portici collocati ai due lati opposti di una sala centrale tetrastila. Il percorso prosegue tramite un ponte che conduce alla Porta di Dario, costruzione rettangolare di 40 X 28 m, con sala centrale a quattro colonne su basi quadrate). La Porta di Ishtar era a sua volta la porta di accesso alla città di Babilonia. Ma a Tol-e Ajori, per quanto se ne sa dalle indagini e dalle prospezioni finora effettuate, non c’è traccia di un muro di cinta. Quindi potrebbe trattarsi della porta di un complesso monumentale come a Pasargade. “È evidente, con queste premesse, che il monumento di Tol-e Ajori da solo non significa niente: la porta serve per accedere a qualcosa di importante che viene segnalato appunto dalla presenza della porta. E noi crediamo di averlo trovato”. Vediamo come si è giunti a questa convinzione.
Trovata la porta gli archeologi si erano posti subito il problema: che rapporto c’è tra la porta di Tol-e Ajori e altri edifici non troppo lontani il cui accesso sarebbe stato possibile proprio attraverso la porta? “È a quel punto”, ricorda Callieri, “che abbiamo realizzato che forse avevamo già trovato quello che cercavamo: nel 2011 infatti avevamo trovato traccia di un grande complesso architettonico nel cosiddetto sito Firuzi 5 che si trova a circa 300 metri da Tol-e Ajori e per quello che si riesce a capire ha un orientamento compatibile con quello della porta”. L’asse della porta sembra proprio perpendicolare con l’asse principale di questo edificio, dove con le indagini geofisiche è stata individuata una sala ipostila a colonne. Purtroppo di questo edificio si sono conservate solo le sottofondazioni delle basi delle colonne. L’edificio comunque è di notevoli dimensioni: l’ambiente colonnato, quadrato, misura 55 metri di lato. “Potrebbe essere l’edificio principale del complesso”, ipotizza Callieri. “Una sorta di palazzo preceduto a NW da una porta monumentale. Ma rispetto a Persepoli, dove la porta di Serse è a NE del Palazzo, qui la porta si colloca a NW, cioè nella direzione opposta. È diverso anche l’orientamento che a Tol-e Ajori non coincide con quello della Terrazza di Persepoli che segue l’andamento della montagna cui si appoggia. Quindi questo complesso è anteriore alla costruzione della Terrazza di Persepoli”. Ne è convinto anche il collega iraniano Askari Chaverdi che ricorda come “tra questo palazzo e la porta monumentale sono state trovate tracce dei famosi giardini persiani, con il sistema di irrigazione”. Attorno a Persepoli sono stati infatti trovati 12 siti del periodo achemenide. “Ci sono riscontri con la pianta del palazzo trovato a Firouzi5: quindi questa parte della città di Parse (cioè l’abitato di Persepoli) esisteva anche nel periodo di Ciro. Siamo sicuri che questi monumenti sono precedenti Persepoli”.
(4 – continua nei prossimi giorni. Precedenti post il 14, 19 e 25 gennaio)
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