Archivio tag | Pierfrancesco Callieri

A Tol-e Ajori, vicino a Persepoli (Iran), trovata una porta monumentale copia della Porta di Ishtar a Babilonia: la presenza del drago-serpente ne fa il più antico esempio di architettura achemenide

Lo scavo di Tol-e Ajori, in Iran, vicino a Persepoli, ha portato alla scoperta di mattoni invetriati dipinti e a rilievo

Lo scavo di Tol-e Ajori, in Iran, vicino a Persepoli, ha portato alla scoperta di mattoni invetriati dipinti e a rilievo con motivi mesopotamici

Una porta monumentale del primo periodo achemenide: ora non ci sono più dubbi. È il risultato più significativo (vedi post https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2015/01/19/svelato-il-giallo-delledificio-di-tol-e-ajori-vicino-persepoli-iran-callieri-cosi-abbiamo-capito-che-era-una-porta-monumentale/)  della quarta campagna di scavo, conclusasi il 5 novembre 2014, della missione congiunta irano-italiana nella piana di Persepoli diretta da Alireza Askari Chaverdi dell’università di Shiraz e da Pierfrancesco Callieri dell’università di Bologna, nel quadro dell’accordo tra il dipartimento dei Beni culturali (DBC) dell’università di Bologna e l’istituto di Ricerca dei Beni culturali dell’Iran (RICHHTO) col contributo economico dell’Università di Bologna, del MIUR e del MAE. Ma come doveva presentarsi questo singolare edificio scoperto a Tol-e Ajori? A venirci in aiuto sono sempre i due responsabili dello scavo, Alireza Askari Chaverdi e Pierfrancesco Callieri.

I segni-codici trovati sui mattoni invetriati di Tol-e Ajori per consentire un loro corretto e rapido assemblaggio

I segni-codici trovati sui mattoni invetriati di Tol-e Ajori per un loro corretto e rapido assemblaggio

I mattoni invetriati e dipinti sul tavolo della missione irano-italiana di Tol-e Ajori (Iran)

I mattoni invetriati e dipinti sul tavolo della missione irano-italiana di Tol-e Ajori (Iran)

“Nel corso dello scavo”, ricordano i due archeologi responsabili, “sono stati trovati molti frammenti di mattoni invetriati che presentano rilievi di grande interesse artistico”. Già nelle campagne di scavo precedenti erano stati trovati i mattoni con i segni-codici per il loro assemblaggio. Infatti, proprio per il fatto che i singoli mattoni dovevano andare a realizzare un soggetto ben preciso (il leone, il toro, il drago-serpente), ognuno di essi era quindi diverso dall’altro e, soprattutto, doveva occupare una posizione ben precisa. Di qui la necessità di indicare, su un lato non visibile del mattone, con segni convenzionali di facile interpretazione la posizione esatta del mattone invetriato e a rilievo. Nel 2013 era stato trovato anche il frammento di una iscrizione babilonese coperta con l’invetriatura, quindi originale e coeva al monumento. “Un segno suggerirebbe la parola [RE]”, spiega Callieri, “ma al momento, purtroppo, non abbiamo trovato traccia del nome del sovrano che per noi sarebbe un elemento di datazione certo importantissimo”. È questo, infatti, uno dei problemi rimasti insoluti (come spiegheremo in un prossimo post) e che sarà oggetto di ricerca nelle prossime campagne di scavo. “La scoperta più importante”, sottolinea Askari Chaverdi, “sono i disegni sui mattoni a rilievo che rappresentano animali mitologici: una trentina di pezzi con tracce di animali con le ali che sono un misto tra gli animali mitologici del periodo elamita-achemenide con quelli di riscontrati a Susa e in Mesopotamia”. C’è infatti una certa somiglianza tra i mattoni invetriati e con rilievi di Tol-e Ajori e i mattoni usati a Susa, la città-capitale sorta nell’antica provincia dell’Elam, non sull’altopiano iranico dunque come Pasargade e Persepoli, ma nella piana mesopotamica. Però questi mattoni sono diversi per la tecnica di lavorazione adottata: a Susa i mattoni sono a base di silicio, a Tol-e Ajori di argilla; elementi che potrebbero suggerire una diversa datazione per la loro realizzazione.

La fascia di mattoni invetriati ancora in situ a Tol-e Ajori con le rosette dipinte

La fascia di mattoni invetriati ancora in situ a Tol-e Ajori con le rosette dipinte

Il "mushkhusshu", il drago-serpente raffigurato sulla porta di Ishtar a Babilonia

Il “mushkhusshu”, il drago-serpente raffigurato sulla porta di Ishtar a Babilonia

“In questa campagna si è continuato lo studio dei frammenti di mattoni invetriati dipinti con motivi a rosette, e a rilievo con la rappresentazione del toro, del drago-serpente (mushkhusshu) e del leone. E abbiamo potuto stabilire che a una prima fascia di mattoni invetriati monocromatici seguiva fascia di rosette dipinte che costituiva una specie di marcapiano. Sopra, probabilmente, si articolavano i pannelli a rilievo con il toro e il drago-serpente (mushkhusshu). Particolarmente interessante è il frammento di mascella di leone, la cui tipologia di realizzazione è ricorda la strada processionale della porta di Ishtar a Babilonia”. A livello di iconografia la campagna 2014 ha quindi confermato quello che già si era capito nel 2013: sono stati riscontrati gli stessi soggetti che si ritrovano sulla porta di Ishtar a Babilonia. Perciò ha preso sempre più forma e consistenza la cosiddetta “ipotesi babilonese”. E la missione ha cercato di dimostrarlo.

Il rilievo del drago-serpente (mushkhusshu) sulla porta di Ishtar a Babilonia con sovrapposti i frammenti dello stesso soggetto trovati a Tol-e Ajori (Iran)

Il rilievo del drago-serpente (mushkhusshu) sulla porta di Ishtar a Babilonia con sovrapposti i frammenti dello stesso soggetto trovati a Tol-e Ajori (Iran)

Alireza Askari Chaverdi mostra un frammento di mattone invetriato con figure trovato a Tol-e Ajori (Iran)

Alireza Askari Chaverdi mostra un frammento di mattone invetriato con figure trovato a Tol-e Ajori (Iran)

Ipotesi babilonese. La prova? “Abbiamo fatto un rilievo grafico dei pannelli figurati della porta di Ishtar a Babilonia e su questo abbiamo cercato riscontri con i rilievi ipotizzati a Tol-e Ajori posizionandovi sopra i frammenti da noi recuperati. Ebbene, la risposta è stata sorprendentemente eccezionale: i frammenti di Tol-e Ajori si posizionano e si sovrappongono perfettamente su quelli della porta di Ishtar. C’è una precisa corrispondenza non solo del motivo iconografico ma anche del modo della articolazione della composizione”. È in questi pannelli babilonesi che troviamo non solo il leone e il toro (animali che vengono ripresi e inseriti anche nella iconografia ufficiale achemenide) ma anche il drago-serpente (mushkhusshu), simbolo del dio Marduk, che a Babilonia aveva un ruolo protettivo positivo. Ebbene, il drago-serpente (mushkhusshu) è presente solo a Tol-e Ajori, e non negli altri monumenti achemenidi del re Dario e dei suoi successori. “Su questo dettaglio”, precisa Callieri, “possiamo anche dare una spiegazione che ha motivazioni storiche: la cultura zoroastriana, che permea la visione della vita nel mondo achemenide, non poteva accogliere il drago-serpente (mushkhusshu) che è ritenuto un simbolo del Male. Quindi a Tol-e Ajori la decorazione ripete quella della porta di Ishtar: quindi non ci troviamo di fronte a un edificio che imita i motivi del più noto edificio babilonese, ma si tratta proprio di una copia della Porta di Ishtar realizzata utilizzando le stesse matrici o matrici prodotte sullo stesso monumento. Quella di Tol-e Ajori – conclude Callieri – è  il primo esempio nel periodo achemenide di una architettura con manufatti provenienti dalla Mesopotamia”.

(3 – continua nei prossimi giorni. Precedenti post il 14 e 19 gennaio)

Svelato il giallo dell’edificio di Tol-e Ajori, vicino Persepoli (Iran). Callieri: “Così abbiamo capito che era una porta monumentale”

Alireza Askari Chaverdi mostra la pianta dell'edificio di Tol-e Ajori: il giallo è svelato, si tratta di una porta monumentale

Alireza Askari Chaverdi mostra la pianta dell’edificio di Tol-e Ajori: il giallo è svelato, si tratta di una porta monumentale nella piana di Persepoli

L’edificio di Tol-e Ajori non è più un mistero. Abbiamo visto (https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2015/01/14/svelato-il-giallo-delledificio-di-ciro-vicino-a-persepoli-nel-fars-iran-non-e-unapadana-ne-una-torre-ne-un-tempio-ne-un-centro-cerimoniale-ma-e-int/) che la quarta campagna di scavo, conclusasi il 5 novembre 2014, della missione congiunta irano-italiana nella piana di Persepoli diretta da Alireza Askari Chaverdi dell’università di Shiraz e da Pierfrancesco Callieri dell’università di Bologna, nel quadro dell’accordo tra il dipartimento dei Beni culturali (DBC) dell’università di Bologna e l’istituto di Ricerca dei Beni culturali dell’Iran (RICHHTO) col contributo economico dell’Università di Bologna, del MIUR e del MAE, ha stabilito che l’edificio di Tol-e Ajori è una porta monumentale. Ma come si è giunti a queste conclusioni? Seguiamo passo passo lo sviluppo della campagna 2014 attraverso le testimonianze dei suoi protagonisti: Askari Chaverdi e Callieri.

Il complesso scavo di Tol-e Ajori della missione irano-italiana nella piana di Persepoli (Iran)

Il complesso scavo di Tol-e Ajori della missione irano-italiana nella piana di Persepoli (Iran)

Tre trincee “strategiche” in altrettante situazioni da verificare. “Con la prima trincea”, spiega il prof. Callieri, “è stato finalmente individuato e portato alla luce quell’angolo NW del monumento che nel 2013 ci era sfuggito”. Questa prima scoperta ha confermato l’allineamento con il muro SW. “Purtroppo il monumento è risultato molto saccheggiato: sono stati trovati in situ solo 6-7 corsi di mattoni di fondazione che, rispetto al muro esterno “sopra terra” non hanno il paramento esterno invetriato”. Ma la vera novità data dallo scavo di questa trincea è stata la scoperta di un contrafforte, realizzato in mattoni crudi misti a qualche mattone cotto attorno all’angolo. Il contrafforte, proprio per la sua natura (ricordiamo che è realizzato in mattoni crudi: ed è finora l’unico caso, a Tol-e Ajori, dell’uso di mattoni crudi all’esterno del muro) è apparso molto degradato: la sommità del contrafforte è stata chiusa o, meglio, sigillata da mattoni cotti. “Questo contrafforte è sicuramente un elemento aggiunto per rinforzare l’angolo, a meno che non sia un resto di un muro di recinzione che chiudeva l’area interna, ma non siamo in grado di dire quando: se cioè è coevo o successivo al muro d’angolo. Comunque la sua funzione è sicuramente quella di sostenere e rafforzare l’angolo”. Per ora la trincea è ancora troppo piccola per permettere di individuare i limiti esterni del contrafforte, ma ha già dato un contributo importante per sciogliere il giallo “dell’edificio di Tol-e Ajori”: l’individuazione dell’angolo NW del monumento permette infatti di definire le misure del monumento nella sua interezza: ora sappiamo che è largo 30 metri e lungo 40. “La campagna 2014 era partita bene. Il monumento cominciava a rivelarsi. Presto – lo sentivamo – ci avrebbe fatto capire cos’era veramente”.

L'angolo del secondo corridoio interno: questa scoperta ha rivelato la natura del monumento di Tol-e Ajori: è una porta monumentale

L’angolo del secondo corridoio interno: questa scoperta ha rivelato la natura del monumento di Tol-e Ajori: è una porta monumentale

“Così abbiamo aperto la seconda trincea – continuano gli archeologi della missione irano-italiana – e ci siamo concentrati all’interno del monumento per verificare se il vano interno era chiuso o se ci fosse un altro passaggio/corridoio e, quindi, un secondo ingresso. Siamo stati fortunati: abbiamo intercettato i due lati di un secondo corridoio di accesso, e su uno dei due lati anche l’angolo con il vano interno”. Non poteva andare meglio. È stata questa una scoperta molto importante perché ha chiarito senza alcun dubbio la natura dell’edificio di Tol-e Ajori: “A quel punto mi era tutto chiaro”, confessa Callieri. “Quel monumento non era un edificio con uno spazio chiuso interno, ma un edificio con uno spazio interno di passaggio. Quindi non poteva essere un centro cerimoniale, quell’edificio era una porta monumentale”. A questo punto questa scoperta, oltre a farci capire di che monumento si tratta, ci qualifica anche il monumento che proprio in quanto porta ci fa capire che deve dipendere da un centro di interesse che ovviamente non può essere la porta, ma un qualcosa cui la porta conduce. “Quindi l’edificio di Tol-e Ajori”, sottolinea Callieri, “non è più da considerarsi il centro di interesse, ma un luogo di accesso al centro di interesse”. I due lati del corridoio NW sono conservati in modo diverso: il lato N risulta molto saccheggiato quasi fino al terreno di base. Ci sono solo alcuni corsi inferiori di mattoni cotti e parte del nucleo interno di mattoni crudi. Il lato S, invece, è stato in parte risparmiato dai saccheggiatori. Ma all’angolo con il muro interno si possono ancora vedere i mattoni di fondazione con sopra l’alzato di 11 filari di mattoni invetriati in situ che finiscono in alto con una fascia di rosette aperte (Chaverdi le chiama “fior di loto”). Ciò permette agli archeologi di collocare correttamente i frammenti di rosette recuperati nel corso dello scavo perché ora si conosce a quale reale altezza correvano lungo le pareti del monumento. Le rosette sono aperte.

Il prof. Pierfrancesco Callieri a Tol-e Ajori nella piana di Persepoli (Fars, Iran)

Il prof. Pierfrancesco Callieri a Tol-e Ajori nella piana di Persepoli (Fars, Iran)

Tutto ok? Non proprio. Il monumento presentava ancora molti lati oscuri, e la terza trincea – nelle intenzioni degli archeologi – avrebbe dovuto dare risposte importanti. “Anche qui”, riprende Callieri, “sul livello del pavimento è venuta fuori la fossa di fondazione, che era uno degli obiettivi che ci ripromettevamo di raggiungere proprio con questa trincea. Quindi la porta ha le fondazioni costruite con un cavo di fondazione. Cioè la parte inferiore della struttura era interrata. E il pavimento era in terra battuta. Così abbiamo potuto studiare la stratigrafia al di sopra del pavimento e fare un’indagine nella fossa di fondazione. Quindi – conclude – possiamo dire che dal punto di vista architettonico abbiamo ottenuto risultati soddisfacenti”.

(2 – continua nei prossimi giorni. Precedente post: 14 gennaio)

Svelato il giallo dell’edificio “di Ciro” vicino a Persepoli, nel Fars (Iran): non è un’apadana, né una torre, né un tempio, né un centro cerimoniale, ma è… Intervista a Callieri e Askari Chaverdi

I direttori di scavo Chaverdi e Callieri mostrano i risultati della missione a Tol-e Ajori vicino a Persepoli

I direttori di scavo Askari Chaverdi e Callieri mostrano i risultati della missione a Tol-e Ajori vicino a Persepoli (Fars, Iran meridionale)

Non è un’apadana, né una torre, né un tempio, né un centro cerimoniale. Ora è tutto più chiaro. Il giallo dell’edificio cosiddetto “di Ciro” trovato vicino a Persepoli, nel Fars, Iran meridionale, è finalmente a una svolta, anche se restano ancora dei misteri da risolvere: gli archelogi della missione congiunta irano-italiana nella piana di Persepoli diretta da Alireza Askari Chaverdi dell’università di Shiraz e da Pierfrancesco Callieri dell’università di Bologna, nel quadro dell’accordo tra il dipartimento dei Beni culturali (DBC) dell’università di Bologna e l’istituto di Ricerca dei Beni culturali dell’Iran (RICHHTO) col contributo economico dell’Università di Bologna, del MIUR e del MAE, ora sanno che cos’è esattamente il monumento di Tol-e Ajori: una porta monumentale.

Alireza Askari Chaverdi dell’università di Shiraz, co-direttore della missione irano-italiana, mostra i rilievi del monumento di Tol-e Ajori

Alireza Askari Chaverdi dell’università di Shiraz, co-direttore della missione irano-italiana, mostra i rilievi del monumento di Tol-e Ajori nel Fars (Iran meridionale)

Proprio il prof. Callieri da Tehran, nell’ottobre 2014, in occasione del rinnovo all’università di Bologna della concessione di scavo nella piana di Persepoli (vedi il post su archeologiavocidalpassato: https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2014/11/02/tempio-di-ciro-vicino-a-persepoli-il-giallo-archeologico-potrebbe-essere-a-una-svolta-con-la-quarta-campagna-di-scavo-a-tol-e-ajori-rinnovata-per-altri-cinque-anni-alluniversita-di-bologna/) e mentre era ancora in corso la quarta campagna di scavo, aveva fatto capire che i dati acquisiti con la nuova missione erano molto, molto interessanti. Per questo archeologiavocidalpassato si era impegnato a informare quanto prima sui risultati raggiunti. Ciò è stato possibile con un’intervista diretta al prof. Callieri in occasione dell’incontro culturale promosso in dicembre a Bologna dal Gruppo archeologico bolognese, e a una video-intervista rilasciata dal prof. Askari Chaverdi al canale culturale iraniano CHN, intervista che ci ha gentilmente fatto avere (la pubblicheremo in uno dei prossimi post) e che una collega iraniana ha tradotto dal Farsi. “Già nel 2013 si era capito che c’erano corrispondenze tra Tol-e ajori e Babilonia”, conferma Askari Chaverdi. “Ma ora siamo sicuri che questo di Tol-e Ajori è il primo esempio di architettura usata nei palazzi achemenidi prima di Persepoli”.

Il prof. Pierfrancesco Callieri, alla fine della campagna 2013, aveva ipotizzato che il monumento di Tol-e Ajori fosse un centro cerimoniale prima di Persepoli

Il prof. Pierfrancesco Callieri, alla fine della campagna 2013, aveva ipotizzato che il monumento di Tol-e Ajori fosse un centro cerimoniale prima di Persepoli

Ma come si era arrivati alla quarta campagna di scavo, quella del 2014, che si è conclusa il 5 novembre? “Nel 2013, alla fine della campagna”, ricorda Callieri, “ci mancavano alcuni dati per avere certezze sul monumento che stavamo riportando alla luce: non avevamo infatti raggiunto uno degli obiettivi importanti, cioè l’individuazione dell’angolo settentrionale per stabilire la lunghezza del monumento. Secondo i dati forniti dalle prospezioni l’angolo N doveva trovarsi dove avevamo scavato, e invece non c’era. Avevamo capito che il muro proseguiva verso NW, ma avevamo ancora una misura incompleta: 35.60 metri di lunghezza. E soprattutto non sapevamo come finiva, se il muro era continuo o se c’era un secondo ingresso speculare al primo”. Migliori informazioni erano venute dal lato SE del monumento, dove è stato individuato l’ingresso che ha fatto superare l’ipotesi della torre maturata nel 2012 per far passare l’idea che quello di Tol-e Ajori fosse un edificio per cerimonie.

I risultati della campagna di scavo 2014 a Tol-e Ajiori sono stati determinanti per definire la natura del monumento portato alla luce: una porta monumentale

I risultati della campagna di scavo 2014 a Tol-e Ajiori sono stati determinanti per definire la natura del monumento portato alla luce: una porta monumentale

E dall’ipotesi “centro cerimoniale” è partita la campagna 2014 che è stata preparata accuratamente. “I tempi disponibili per la missione sono troppo ristretti per procedere senza un piano preciso”, ricorda il professore dell’ateneo bolognese. “Così, prima di iniziare la campagna 2014, abbiamo valutato di procedere con alcuni sondaggi aprendo tre trincee in altrettanti punti che ritenevamo strategici in base alle informazioni in nostro possesso”. La prima trincea doveva individuare l’angolo che mancava per completare le informazioni sulle dimensioni reali del monumento. “Ma stavolta abbiamo puntato l’attenzione a W, scavando lungo i limiti conservati della collinetta artificiale, risparmiati dagli sventramenti per realizzare la canalizzazione in tempi moderni”. La seconda trincea, una volta individuato il perimetro del monumento con la prima trincea, doveva verificare se il monumento presentava un secondo corridoio. La terza trincea, invece, è stata pensata per acquisire maggiori informazioni sull’ambiente interno (gli archeologi lo chiamano “vano interno”), di cui era stato portato alla luce solo una piccola parte: “Qui purtroppo il pavimento era danneggiato da tane di animali che avevano reso difficile capire non solo la stratigrafia e la tecnica di costruzione, ma anche le caratteristiche del pavimento”. E conclude: “Alla fine della campagna 2014 possiamo dire che tutte e tre le trincee sono state utili perché hanno dato risposte importanti “ai fini della corretta analisi e interpretazione del monumento che, ne sono sempre più convinto anche se mi mancano ancora le prove, è anteriore alla costruzione della Terrazza di Persepoli”. È stato infatti individuato l’angolo N del monumento, risultato che permette di definire le misure del monumento nella sua interezza: ora sappiamo che è largo 30 metri e lungo 40. Inoltre è stato trovato all’angolo del muro perimetrale un contrafforte di mattoni crudi e cotti che è successivo alla fase di costruzione. In questa parte il muro si è conservato a livello di zoccolo di fondazione pari a 6-7 corsi di mattoni cotti non invetriati: il contrafforte è molto saccheggiato e pone problemi interpretativi. A questi problemi interpretativi e a come si è giunti alle conclusioni – sintetizzate da Askari Chaverdi e Callieri – con le ricerche sul campo che hanno permesso di dipanare poco alla volta il giallo dell’edificio di Tol-e Ajori, saranno dedicati i prossimi post.

(1 – continua nei prossimi giorni)

Tempio di Ciro vicino a Persepoli: il giallo archeologico potrebbe essere a una svolta con la quarta campagna di scavo a Tol-e Ajori. Rinnovata per altri cinque anni all’università di Bologna la concessione di ricerche archeologiche in Iran: un successo per l’Alma Mater

L'edificio di epoca proto-achemenide portato alla luce nello scavo di Tol-e Ajori, vicino a Persepoli in Iran

L’edificio di epoca proto-achemenide portato alla luce nello scavo di Tol-e Ajori, vicino a Persepoli in Iran

Il giallo archeologico del “tempio di Ciro vicino Persepoli” potrebbe essere a una svolta. Con i risultati della quarta campagna di scavo a Tol-e Ajori. Vi ricordate? Archeologiavocidalpassato ne ha parlato diffusamente quasi un anno fa (https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2013/12/25/tempio-di-ciro-vicino-a-persepoli-un-giallo-archeologico-insoluto-unico-esempio-finora-di-architettura-proto-achemenide-con-pantheon-mesopotamico/) quando il professore dell’università di Bologna, Pierfrancesco Callieri, tornando dall’Iran, dove dirige col collega iraniano dell’università di Shiraz, professor Alireza Askari Chaverdi, la missione archeologica nella piana di Persepoli, aveva annunciato gli importanti quanto intriganti ritrovamenti a Tol-e Ajori: alla fine della campagna di scavo 2013 il prof. Callieri il monumentale edificio achemenide, quasi una copia della porta di Ishtar a Babilonia, individuato nel 2011 a Tol-e Ajori, nella piana di Persepoli nella regione di Fars in Iran meridionale, lo aveva definito un edificio monumentale destinato a funzione cerimoniale o rituale molto probabilmente dell’epoca dii Ciro, quindi – al momento- unico esempio di architettura proto-achemenide con pantheon mesopotamico.

Il prof. Pierfrancesco Callieri in azione a Tol-e Ajiori vcino a Persepoli, in Iran

Il prof. Pierfrancesco Callieri in azione a Tol-e Ajiori vcino a Persepoli, in Iran

2014: quarta campagna di scavo. È evidente, quindi, che sono alte le aspettative dalla quarta campagna di scavo a Tol-e Ajori della missione congiunta irano-italiana iniziata il 25 settembre e che si protrarrà fino al 5 novembre. E le indiscrezioni che rimbalzano dall’Iran giustificherebbero queste aspettative. Pierfrancesco Callieri avrebbe annunciato “bei risultati”. Quindi ancora un paio di settimane e sapremo se sarà stata dipanata l’intricata vicenda del “giallo archeologico del tempio vicino a Persepoli”. Archeologiavocidalpassato ne darà conto tempestivamente. Di certo intanto si sa che la missione è partita sotto i migliori auspici: continueranno per altri cinque anni (2014—2018) gli scavi archeologici dell’Università di Bologna in Iran. È stato infatti rinnovato l’accordo quinquennale di collaborazione che lega il Dipartimento di Beni culturali dell’Alma Mater con il Centro Iraniano di Ricerche Archeologiche. Il nuovo documento è stato siglato a Teheran da Seyyed Mohammad Beheshti, direttore dell’Istituto iraniano, e dal prof. Pierfrancesco Callieri, dell’università di Bologna, in rappresentanza del direttore del Dipartimento di Beni culturali Angelo Pompilio. L’Alma Mater si conferma quindi uno dei partner privilegiati dell’Iran nell’ambito della collaborazione culturale e accresce il peso della presenza italiana nel Paese mediorientale. La collaborazione si concretizza nella partecipazione congiunta a indagini archeologiche sul campo in Iran, dove – come detto – è attiva dal 2008 una missione archeologica congiunta irano-italiana diretta dai professori Alireza Askari Chaverdi (Università di Shiraz) e Pierfrancesco Callieri (Università di Bologna), e comprenderà attività multidisciplinari di laboratorio in Iran e in Italia. Oggetto di questa attività congiunta è l’area archeologica di Persepoli, il principale centro dell’impero persiano achemenide (VI-IV sec. a.C.), riconosciuto dall’Unesco tra i siti patrimonio dell’umanità. I risultati delle ricerche saranno oggetto di pubblicazioni e presentazioni congiunte in occasione di congressi internazionali che si terranno in Iran, in Italia e in altri paesi. Il prof. Callieri seguirà inoltre in Iran la formazione dottorale e post-dottorale di giovani ricercatori iraniani e presenterà all’Istituto di Ricerca iraniano le possibilità di formazione offerte dall’Università di Bologna e dagli altri atenei italiani.

La porta di Ishtar a Babilonia (oggi al Pergamon museum di Berlino)

La porta di Ishtar a Babilonia (oggi al Pergamon museum di Berlino)

Il "mushkhusshu", il drago-serpente raffigurato sulla porta di Ishtar a Babilonia

Il “mushkhusshu”, il drago-serpente raffigurato sulla porta di Ishtar a Babilonia

La firma del nuovo accordo ha permesso lo svolgimento della quarta campagna di scavi nel sito di Tol-e Ajori, dove è stato individuato e parzialmente portato alla luce un edificio monumentale che risale con ogni probabilità a un’epoca anteriore alla fondazione della Terrazza di Persepoli e che presenta una decorazione di mattoni invetriati a rilievo che si ispira sin nei minimi dettagli a quella della Porta di Ishtar della Babilonia di epoca neo-babilonese. Quelli che stanno emergendo – ricorda Callieri – sono i resti di un edificio assolutamente unico nella regione. Una possente costruzione a pianta rettangolare, di circa quaranta metri per trenta, alta in origine almeno una ventina di metri, che svettava su tutta l’area circostante. Con ogni probabilità si trattava di un monumento con funzione simbolico-cerimoniale”. Si tratta di un monumento dall’impronta fortemente babilonese – spiega ancora il professore dell’università di Bologna – costruito integralmente in mattoni crudi e mattoni cotti e con rivestimento esterno in mattoni invetriati e in parte decorati a rilievo. Questi ultimi compongono pannelli raffiguranti animali fantastici, principalmente il toro e il drago-serpente (mushkhusshu), che ripetono con incredibile precisione analoghi pannelli presenti sulla famosa Porta di Ishtar di Babilonia, costruita circa mezzo secolo prima della conquista persiana”. Molto probabilmente si tratta quindi di un edificio utilizzato per rituali in ambito dinastico”, sintetizza Callieri. “Lo conferma anche un frammento di iscrizione babilonese che abbiamo rinvenuto, sul quale si legge parte della parola ‘re’”. La successiva costruzione della Terrazza di Persepoli e l’espandersi nell’area di un quartiere residenziale aristocratico sembrerebbe indicare che la torre non sia sopravvissuta a lungo. E anche i dati che emergono dallo scavo puntano verso l’ipotesi di una fine “violenta” per l’edificio. “Abbiamo evidenziato estese spoliazioni dei mattoni, forse relativamente recenti, ma anche elementi che indicano precedenti azioni di distruzione dell’edificio”. Un epilogo repentino, quindi, che storicamente potrebbe essere ricondotto all’azione politica di Serse, sostenitore della tradizione zoroastriana e attivo nella distruzione dei luoghi di culto di quelli che lui chiama “demoni”.

Ciro il Grande

Ciro il Grande

Obiettivi della campagna 2014. Prima di partire per l’Iran Pierfrancesco Callieri era stato chiaro. “Inizieremo a scavare l’ambiente centrale. Vista la funzione cerimoniale dell’edificio è possibile che ci siano testimonianze di installazioni di culto e che si rinvengano altri frammenti dell’iscrizione babilonese auspicabilmente con il nome del re, che potrebbe confermare l’attribuzione a Ciro il Grande”. Ora non ci resta che attendere i risultati delle ricerche nella piana di Persepoli.

 

Dalle guerre persiane a Persepoli, da Hatshepsut a Cleopatra, dai villanoviani agli etruschi fino ai romani nel Bolognese: torna “…Comunicare l’archeologia…”, gli incontri del Gruppo archeologico bolognese

Il Gruppo archeologico bolognese iscritto ai Gruppi archeologici d'Italia

Il Gruppo archeologico bolognese iscritto ai Gruppi archeologici d’Italia

“…Comunicare l’archeologia…”: si rinnova anche per il IV trimestre del 2014 l’impegno del Gruppo archeologico bolognese (Gabo) di offrire spunti e approfondimenti sul passato, sul mondo antico, sul patrimonio culturale del nostro territorio, su scoperte archeologiche attraverso un ciclo di incontri con protagonisti diretti o esperti. Gli incontri, a parte l’ultimo dell’11 dicembre, si tengono tutti al Centro sociale “G. Costa” in via Azzo Gardino 48 a Bologna, con inizio alle 21.

La regina Hatshepsut, faraone della XVIII dinastia, in un  rilievo conservato al Met di NY

La regina Hatshepsut, faraone della XVIII dinastia, in un rilievo conservato al Metropolitan Museum di New York

Dopo la serata inaugurale, dedicata come da tradizione alla presentazione del programma sociale, alle iniziative e ai viaggi previsti nel periodo, serata impreziosita dalla conferenza di Marco Mengoli su “La prima guerra persiana”, il ciclo entra nel vivo martedì 14 ottobre 2014 con l’intervento ci Caterina Cornelio che ci porta direttamente sull’attualità archeologica bolognese: “Appunti di scavo: alcuni risultati delle ricerche archeologiche negli ultimi anni a Bologna e dintorni”. Il martedì successivo, 21 ottobre, c’è la prima conferenza del ciclo “Donne di potere”. Barbara Faenza focalizzerà la figura di “Hatshepsut”, l’unica donna faraone (XVIII dinastia) nella storia dell’Antico Egitto. Il mese di ottobre, martedì 28, si chiude con un’altra famosa donna, eroina del mondo antico, seconda puntata del ciclo “Donne di potere”: Daniela Ferrari farà rivivere la figura di “Didone”, a noi ben presente grazie i versi immortali di Virgilio.

La contessa Matilde di Canossa, regina medievale

La contessa Matilde di Canossa, regina medievale

Ancora “Donne al potere” per gran parte del mese di novembre. Martedì 4, terza conferenza del ciclo “Donne di potere”, Francesca Cenerini si sofferma su “Agrippina Minore”, moglie e nipote dell’imperatore Claudio, la prima donna a governare l’impero nei periodi di assenza del marito. Martedì 11, con Isabella Baldini dal primo impero si passa al mondo bizantino. La quarta conferenza del ciclo tratteggia infatti la figura di “Teodora”, imperatrice bizantina, moglie dell’imperatore d’Oriente Giustiniano. E la settimana successiva, martedì 18, il ciclo “Donne di potere” si chiude con un’altra grande figura di donna che dal Medioevo è giunta fino a noi, “Matilde di Canossa”, fu contessa, duchessa, marchesa e regina medievale. A farci conoscere Matilde sarà Cristina Anghinetti. Con l’ultimo appuntamento di novembre, martedì 25, si torna alla più tradizionale archeologia del territorio con Claudio Calastri, Paola Desantis e Paola Poli che illustreranno “Lo scavo di via Cavamento: una finestra su Villanoviani, Etruschi e Romani nel territorio di S. Giovanni in Persiceto”.

La bellissima Cleopatra VII in un rilievo

La bellissima Cleopatra VII in un rilievo

Dopo la pausa per lasciare spazio alla dodicesima edizione di “Imagines: obiettivo sul passato” (28-29-30 novembre), rassegna del documentario archeologico, si riprende martedì 2 dicembre, con un alltro interessante focus di etruscologia. Con Silvia Romagnoli conosceremo meglio “Villa Cassarini: l’acropoli etrusca di Felsina”. La settimana successiva, martedì 9, tornano “Le interviste impossibili”, incontri con personaggi della storia, un fiore all’occhiello del Gabo: Luigi Santucci intervista “Cleopatra”; testi di Luigi Santucci con Silvia Romagnoli nei panni di Cleopatra e Davide Giovannini in quelli dell’intervistatore. Introdurrà la serata Daniela Ferrari.

Il prof. Pierfrancesco Callieri in azione a Tol-e Ajiori vcino a Persepoli, in Iran

Il prof. Pierfrancesco Callieri in azione a Tol-e Ajiori vcino a Persepoli, in Iran

Gran finale l’11 dicembre, con molte novità. Non solo è un giovedì, ma l’incontro si tiene di pomeriggio, alle 16.30, e – come si diceva all’inizio – in una sede diversa: l’aula Gnudi alla Pinacoteca Nazionale di Bologna. Per l’occasione si farà un viaggio nello spazio e nel tempo da Bologna agli altopiani iranici con Pierfrancesco Callieri su “Nuove scoperte archeologiche dell’Alma Mater in Iran: Ciro il Grande a Persepoli”, ricerche alle quali proprio il blog archelogiavocidalpassato ha dato nei mesi scorsi ampio spazio. Al termine Davide Giovannini leggerà il componimento “E archeologia, forse…” dell’archeologo iraniano Hasan Rezvani Nikabadi.

 

Tempio di Ciro vicino a Persepoli: un giallo archeologico insoluto. Unico esempio finora di architettura proto-achemenide con pantheon mesopotamico

L'edificio di epoca achemenide portato alla luce nello scavo di Tol-e Ajori, vicino a Persepoli in Iran

L’edificio di epoca achemenide portato alla luce a Tol-e Ajori, vicino a Persepoli in Iran

Cos’era dunque questo monumentale edificio achemenide quasi una copia della porta di Ishtar a Babilonia, individuato nel 2011 a Tol-e Ajori, nella piana di Persepoli  nella regione di Fars in Iran meridionale, dalla missione archeologica congiunta irano-italiana diretta da Alireza Askari Chaverdi dell’università di Shiraz e da Pierfrancesco Callieri dell’università di Bologna, nel quadro dell’accordo tra il dipartimento  di Beni culturali dell’università di Bologna, il Centro iraniano per la ricerca archeologica (Icar) e la fondazione di ricerca Parsa-Pasargadae col contributo economico dell’Università di Bologna, del Miur (Progetto PRIN 2009) e del Mae? Alireza Askari Chaverdi sembra non avere dubbi: si tratta di un tempio. Ma il giallo archeologico non pare destinato ad essere risolto in tempi brevissimi vista la maggiore prudenza espressa da Callieri che qui conclude la nostra lunga intervista. “Io parlerei di funzione cerimoniale o rituale”, spiega. “Anche se non abbiamo ancora la pianta completa, è chiaro comunque che ci troviamo di fronte a una struttura con un massiccio e spesso muro perimetrale e un ridotto spazio interno (cortile?): non può quindi essere un edificio residenziale. Meglio quindi un edificio utilizzato per rituali in ambito dinastico, come confermerebbe anche un frammento di mattone invetriato con un’iscrizione babilonese incompleta che ci riporta alla parola RE”.

La porta di Ishtar a Babilonia (oggi al Pergamon museum di Berlino)

La porta di Ishtar a Babilonia (oggi al Pergamon museum di Berlino)

Ciro, pochi anni dopo aver realizzato la capitale Pasargade (545-542 a.C.) conquistò Babilonia nel 539 a.C. quando la porta di Ishtar era stata costruita da circa mezzo secolo. “Quindi il monumento da noi scoperto”, continua Callieri, “fu realizzato dopo la conquista di Babilonia e il confronto iconografico puntuale con quello della Porta di Ishtar a Babilonia suggerisce una datazione all’epoca proto-achemenide. Il monumento rappresenta perciò la prima testimonianza monumentale nell’area del Fars centrale dove successivamente Dario I costruirà la terrazza monumentale di Persepoli”. Il monumento propaganda la cultura di Ciro profondamente legata al mondo elamita e babilonese. Ciro introduce nel Fars oltre al toro il “mushkhusshu” che a Babilonia è direttamente legato al dio Marduk, il dio della regalità. E lo fa “importando” nella piana di Persepoli la Porta di Ishtar, creando una tipica architettura rituale achemenide dove divinità e regalità sono collegate.

Il "mushkhusshu", il drago-serpente raffigurato sulla porta di Ishtar a Babilonia

Il “mushkhusshu”, il drago-serpente raffigurato sulla porta di Ishtar a Babilonia

“La presenza del toro e soprattutto del “mushkhusshu”, che nella successiva arte achemenide di Persepoli non è più presente”, fa il punto Callieri, “corrisponde a quel complesso pantheon persiano di origine mesopotamica ed elamita attestato sulle tavolette elamite delle Fortificazioni di Persepoli, che sotto la dinastia di Dario e Serse viene gradualmente ridimensionato in relazione al rapporto preferenziale del re con la divinità iranica Ahura Mazda (zoroastrismo)”. A indirizzare gli archeologi verso una realizzazione proto-achemenide c’è anche un altro elemento: il monumento non ha rapporto di orientamento con Persepoli, orientamento che invece rispetta con il sistema di canali circostante.

Il prof. Pierfrancesco Callieri in azione a Tol-e Ajiori vcino a Persepoli, in Iran

Il prof. Pierfrancesco Callieri in azione a Tol-e Ajiori vcino a Persepoli, in Iran

Per la missione irano-italiana la scoperta di questo monumento è importante perché restituisce finalmente nell’area di Persepoli un’architettura precedente Dario. Ma allora a questo punto viene da chiedersi cosa ci fosse prima della terrazza di Dario in quella regione dominata da questo monumento alto 20 metri, che brillava al sole, ed era ben visibile a distanza. È uno dei problemi aperti, non l’unico. “Oltre a capire quale fosse la funzione dell’edificio di Tol-e Ajori e quando fu costruito”, continua il professore, “le prossime campagne di scavo dovranno risolvere anche il problema della sua distruzione”. Già lo scavo attuale ha rivelato danneggiamenti da spoliazioni recenti e distruzioni antiche: ma quando? “Per ora non siamo in grado di dirlo. Serse dice di avere distrutto il tempio dei demoni. Che intendesse l’edificio di Tol-e Ajori? Se la distruzione risalisse all’epoca achemenide, sarebbe la prova archeologica del cambiamento religioso avvenuto nell’impero persiano. Ma la demolizione dell’edificio potrebbe rientrare nelle distruzioni operate da Alessandro Magno. O addirittura ancora più tardi”.

Il prof. Piefrancesco Callieri mostra la planimetria dello scavo

Il prof. Piefrancesco Callieri mostra la planimetria dello scavo a Tol-e Ajori

Il futuro. “Prima della campagna del 2014”, anticipa Callieri, “dobbiamo acquisire le foto aeree realizzate negli anni ‘40 del secolo scorso. Stiamo già provvedendo perché siamo sicuri che potrebbero darci informazioni preziose”. Negli anni ’70, come abbiamo più volte ricordato, fu realizzata la grande diga sul fiume Kner per poter irrigare la pianura. All’epoca fu adottato il sistema di irrigazione a caduta che comportò il livellamento dei terreni con la distruzione di migliaia di dati archeologici. “Altro impegno per il 2014 o per le campagne successive”, conclude Callieri, “sarà lo scavo dell’ambito centrale (cortile?), cioè quello spazio ridotto che si apre tra le spesse mura. Per ora ne abbiamo solo ricostruito la pianta che ci ha permesso di avere un’idea del monumento. Lì in mezzo, almeno lo speriamo, potrebbero esserci delle ceramiche con le quali essere in grado di datare con precisione il monumento”.  Per ora il giallo archeologico resta insoluto. Non ci resta che attendere le prossime campagne.

(5 – fine. Precedenti post il 2, 7, 15, 19 dicembre)

Tempio di Ciro vicino a Persepoli, un giallo dell’archeologia. Sembra un “duplicato” della porta di Ishtar a Babilonia

L'edificio di epoca achemenide portato alla luce nello scavo di Tol-e Ajori, vicino a Persepoli in Iran

L’edificio di epoca achemenide portato alla luce nello scavo di Tol-e Ajori, vicino a Persepoli in Iran

Non era una fornace e né una apadana achemenide, e neppure una torre. Si ingarbugliano le ipotesi nel giallo archeologico dell’edificio achemenide individuato nel 2011 a Tol-e Ajori, nella piana di Persepoli  nella regione di Fars in Iran meridionale, dalla missione archeologica congiunta irano-italiana diretta da Alireza Askari Chaverdi dell’università di Shiraz e da Pierfrancesco Callieri dell’università di Bologna, nel quadro dell’accordo tra il dipartimento  di Beni culturali dell’università di Bologna, il Centro iraniano per la ricerca archeologica (Icar) e la fondazione di ricerca Parsa-Pasargadae col contributo economico dell’Università di Bologna, del Miur (Progetto PRIN 2009) e del Mae. Ma allora cos’era questo singolare edificio dai muri perimetrali spessi 10 metri, a delimitare un piccolo ambiente centrale di modeste dimensioni, e in grado di sostenere un alzato impressionante di 20-30 metri che doveva dominare la piana? “Doveva essere sicuramente un edificio importante”, ci viene in soccorso il prof. Callieri che continua così, con la nostra intervista, a ripercorrere idealmente il diario di scavo a Tol-e Ajori. “Era a soli 3 chilometri e mezzo da Persepoli, ma diversamente da quest’ultima l’edificio di Tol-e Ajori non era stato costruito in pietra bensì in mattoni, cotti e crudi, secondo una tradizione elamita ben nota, e con il rivestimento esterno invetriato splendente al sole il quale, insieme all’altezza, lo rendeva visibile da lunghe distanze”.

Il frammento da Tol-e Ajori di un mattone invetriato con rilievo figurato

Il frammento da Tol-e Ajori di un mattone invetriato con rilievo figurato ben riconoscibile

Nuove sorprese. E qui è il momento di parlare di un’altra sorpresa venuta proprio dall’ultima campagna di scavo, quella del 2013, che sembra foriera di sviluppi sicuramente importanti e intriganti nel prosieguo delle ricerche dei prossimi anni. “Mentre i mattoni invetriati trovati nei corsi ancora in situ”, spiega Callieri, “e corrispondenti alla fascia più bassa dell’edificio, pur presentando colori diversi sono sempre a tinta unita –monocromi, dicono i tecnici-, i frammenti di mattoni invetriati collassati nel crollo delle strutture sono decorati a rilievo”. Purtroppo questo edificio fu distrutto più volte, già in antico ma anche in epoche più recenti. “Lungo il muro, nei detriti di crollo, è stata trovata una serie copiosa di frammenti di mattoni invetriati con rilievi provenienti da un apparato decorativo, rilievi che si possono comparare con quelli rinvenuti nel Palazzo di Dario a Susa”.

La porta di Ishtar a Babilonia (oggi al Pergamon museum di Berlino)

La porta di Ishtar a Babilonia (oggi al Pergamon museum di Berlino)

Un rilievo babilonese: il “mushkhusshu”. È interessante notare che, diversamente dalla fascia bassa del muro a decorazione uniforme, qui i rilievi decorati sono ben riconoscibili con raffigurazioni di animali fantastici: oltre al toro troviamo – ed è l’aspetto più interessante e intrigante-, il “mushkhusshu”, cioè il drago-serpente babilonese: un quadrupede con zampe posteriori di grifone munite di artigli, e le zampe anteriori di leone; il corpo, invece, è un ibrido con squame e la testa di serpente. Una bella raffigurazione di questo drago-serpente si trova sulla porta di Ishtar di Babilonia (ora tra le principali opere esposte al Pergamon Museum di Berlino). “Ma non si tratterebbe di una semplice somiglianza di soggetto”, interviene Callieri. “Qui si nota anche una stretta relazione con i pannelli decorativi della porta di Ishtar realizzati, come a Tol-e Ajori, in mattoni: la composizione delle immagini è identica. Addirittura sembra siano state usate le stesse matrici: stesse misure, stesse parti. Possiamo dire che a Toll-e Ajori siamo di fronte a una specie di duplicato della porta di Ishtar di Babilonia”.

Il "mushkhusshu", il drago-serpente raffigurato sulla porta di Ishtar a Babilonia

Il “mushkhusshu”, il drago-serpente raffigurato sulla porta di Ishtar a Babilonia

Edificio protoachemenide. La prima considerazione conseguente, secondo il co-direttore della missione irano-italiana, è lo spostamento della datazione del monumento a un periodo più antico rispetto alla costruzione di Persepoli, quindi a un periodo proto-achemenide. “Perciò ipotizziamo che l’edificio monumentale di Tol-e Ajori si possa far risalire all’epoca di Ciro o, al massimo, di Cambise. A supportare questa tesi ci sono alcuni dati specifici emersi dallo scavo cui abbiamo già accennato ma che è bene qui ricordare. Innanzitutto le diverse tecniche costruttive rispetto alla terrazza di Persepoli e poi, soprattutto, la presenza del “mushkhusshu” il drago-serpente babilonese che scompare nell’arte achemenide ufficiale -possiamo dire “classica” -, quella cioè che si manifesta da Dario in poi”. Nella nuova visione iranica del mondo il drago-serpente non ha infatti più motivo di essere, non va più bene perché per lo zoroastrismo –su cui poggia tutta l’organizzazione e la filosofia dell’impero persiano- quell’animale mostruoso non può essere che un demone.

L'uomo-pesce, rilievo sull'accesso al Palazzo S di Pasargade

L’uomo-pesce, rilievo sull’accesso al Palazzo S di Pasargade nel Fars (Iran)

“Per Ciro è diverso”, continua Callieri, “ancora intriso di cultura elamita e fortemente attratto da Babilonia. Non a caso nel suo palazzo a Pasargade, la città – sempre nella piana del Fars/Pars (la regione dell’altopiano iranico meridionale che ha dato poi il nome, Persia, a tutto il Paese) – che lui scelse come capitale, e città dove si è fatto seppellire, a Pasargade dunque sono presenti queste credenze babilonesi”. Ancora oggi, a Pasargade nel cosiddetto Palazzo S (che i turisti viene indicato come Palazzo delle Udienze di Ciro) possiamo vedere sulle lastre decorate a rilievo interne degli accessi alla sala principale del palazzo la raffigurazione dell’uomo-toro e dell’uomo-pesce. Solo il toro androcefalo alato, tipico dell’iconografia assiro-babilonese, rimarrà nell’arte classica achemenide: pensiamo alla monumentale Porta di Tutte le Nazioni o Porta di Serse che, alla sommità della scalinata monumentale all’ingresso della terrazza di Persepoli, oggi accoglie i turisti e 2500 anni fa le delegazioni dell’immenso impero persiano che venivano ad omaggiare il Re dei Re.

A questo punto Callieri ci invita a fare un’altra deduzione che conferma indirettamente la “retrodatazione” dell’edificio al periodo proto-achemenide di Ciro. “Se Dario era impegnato nella costruzione di Persepoli sopra la terrazza monumentale, un progetto impressionante, può sembrare perlomeno strano che a soli 3 chilometri e mezzo di distanza si sia impegnato nella realizzazione di un altro monumento altrettanto impegnativo”.

(4 continua. Nuovo post nei prossimi giorni. Precedenti post il 2, 7, 15 dicembre)

Tempio di Ciro vicino a Persepoli, un giallo archeologico: altro che apadana, è una torre. Invece…

L'edificio di epoca achemenide portato alla luce nello scavo di Tol-e Ajori, vicino a Persepoli in Iran

L’edificio di epoca achemenide portato alla luce nello scavo di Tol-e Ajori, vicino a Persepoli

A Tol-e Ajori non c’era una fornace. Forse c’era un palazzo achemenide e quella individuata nel 2011 nella campagna di scavo archeologico nel Fars (Iran meridionale) a un tiro di schioppo da Persepoli poteva essere una apadana, la caratteristica sala delle udienze. Ma erano più i dubbi che le certezze per la missione irano-italiana diretta da Alireza Askari Chaverdi dell’università di Shiraz e da Pierfrancesco Callieri dell’università di Bologna, impegnata proprio a Tol-e Ajori, in una ricerca che stava diventando giorno dopo giorno un vero e proprio giallo archeologico. Lo rivelano le parole del prof. Callieri che qui continua la nostra intervista.

Il prof. Pierfrancesco Callieri in azione a Tol-e Ajiori vcino a Persepoli, in Iran

Il prof. Pierfrancesco Callieri in azione a Tol-e Ajori

“Nella campagna del 2012 abbiamo avuto la seconda sorpresa che ha portato a modificare l’ipotesi che ci eravamo fatti l’anno prima”, esordisce l’iranista. “Quella struttura in mattoni si andava rivelando sempre più come un qualcosa che ricordava un muro con un proprio perimetro, piuttosto che la base di una terrazza: una struttura, ma all’epoca cominciammo a chiamarla muro, spessa ben 10 metri di cui due sezioni esterne di 2 metri e mezzo in mattoni cotti, a racchiudere al centro una sezione di 5 metri in mattoni crudi”. Cadeva quindi l’ipotesi che si trattasse di una piattaforma achemenide.

La Kabe-e Zartosht a Naqsh-e Rostam con dietro le tombe reali achemenidi

La Ka’be-ye Zardosht a Naqsh-e Rostam con dietro le tombe reali achemenidi

“Grazie ai dati emersi dalle prospettive geofisiche condotte da una missione irano-francese si è pensato si trattasse di una torre”, spiega Callieri, tipo quelle dei templi urartei a base quadrata o la più famosa Ka’be-ye Zardosht (Cubo di Zoroastro), monumento achemenide del V sec. che sorge a Naqsh-e Rostam, vicino a Persepoli, davanti alle monumentali tombe reali di Dario I, Serse I, Artaserse I e Dario II scavate sulla parete di roccia levigata come una lavagna, torre anch’essa a base quadrata il cui utilizzo pone ancora dei dubbi e fa discutere gli studiosi: torre-tempio del fuoco? Torre custodia dei libri dell’Avesta, con i testi sacri zoroastriani?  Torre tomba achemenide precedente Dario I? Ma la campagna del 2012 si chiuse senza portare certezze, anzi –come abbiamo visto- sollevando nuove ipotesi.

“La campagna di quest’anno – riprende Callieri – si era posta come obiettivo primario quello di scoprire l’ingresso alla presunta torre per avere più informazioni sull’utilizzo della struttura e quindi sulla veridicità della nostra ipotesi. Ma ancora una volta lo scavo di Tol-e Ajori ha finito per stupirci riservandoci sorprese che ci hanno costretto a modificare le nostre ipotesi, aprendo nuovi importanti interrogativi storici, artistici e culturali”.

Kabeh-e Zartosht, la torre achemenide più famosa, ma il cui utilizzo solleva ancora dubbi

Kabeh-e Zartosht, la torre achemenide più famosa, ma il cui utilizzo solleva ancora dubbi

“Se si trattava veramente di una torre – spiega Callieri – allora doveva esserci un ingresso. Per analogia con altre strutture achemenidi, abbiamo ipotizzato che l’ingresso di questa ipotetica torre potesse trovarsi nel lato sud-est. Perciò i primi sondaggi hanno puntato a confermare questa ipotesi, che sembrava corroborata in qualche modo dai risultati delle prospezioni geofisiche effettuate nel 2012 le quali, proprio nell’ipotetico lato sud-est dell’ipotetica torre, segnalavano nel terreno delle anomalie. Inoltre anche la forma quadrata sembrava sostenere la nostra ipotesi”. Lo scavo ha confermato che l’ingresso si trovava proprio a sud-est e questo, nell’animo degli archeologi, sembrava annunciare che poco a poco avrebbero avuto contezza anche della torre. Ma la conferma delle ipotesi di lavoro si è fermata alla presenza dell’ingresso monumentale proprio sul lato sud-est perché la pianta di quell’edificio enigmatico si andava rivelando giorno dopo giorno sempre meno quadrata e sempre più rettangolare. “Così decidemmo di allargare lo scavo e di tentare di seguire l’andamento del muro e capire fino a dove arrivasse”. A un certo punto la sua corsa è stata sventrata dallo scavo di un canale di irrigazione realizzato in occasione del livellamento agrario degli anni ’70. Ma il muro non finisce lì e continua in direzione Nordovest. Ma non si sa per quanto. Al momento ne abbiamo messo in luce 35,70 metri per 30 sul lato corto. Continueremo l’anno prossimo e cercheremo di capirci qualcosa di più. Un fatto comunque è certo: con la campagna di scavo 2013 è caduta anche l’ipotesi che l’edificio di Tol-e Ajori sia una torre”.

(3 . continua. Nuovo post nei prossimi giorni. Precedenti il 2 e 7 dicembre)

Il giallo archeologico del tempio di Ciro vicino a Persepoli: prima una fornace, poi un’apadana…

La grande terrazza della città-palazzo di Persepoli  3,5 km da Tol-e Ajori

La grande terrazza della città-palazzo di Persepoli 3,5 km da Tol-e Ajori

La terza campagna di scavo archeologico a Tol-e Ajori a un tiro di schioppo da Persepoli sotto la direzione di Pierfrancesco Callieri (Università di Bologna) e di Alireza Askari Chaverdi (università di Shiraz) si è conclusa da poche settimane. “E l’edificio achemenide individuato nel 2011 si è rivelato molto particolare e decisamente, anzi totalmente diverso da quello ipotizzato in un primo momento”: Pierfrancesco Callieri inizia così il racconto dell’incredibile scoperta della missione irano-italiana nella zona di Bagh-e Firdouzi a 3 chilometri e mezzo da Persepoli verso ovest nella regione di Fars in Iran meridionale. La missione – ricordiamolo – ha come obiettivo di rintracciare la città che necessariamente doveva gravitare sulla capitale, la città-palazzo di Persepoli: un’area residenziale abitata dall’aristocrazia achemenide collegata alla corte del Re dei Re. “Tutta l’area pianeggiante attorno alla grande terrazza”, ricorda Callieri, “è costellata di piccoli tepè, le colline artificiali che in altre aree del Vicino Oriente vengono chiamate tell”. Sono tutti abbastanza ben conservati, nonostante gli sventramenti subiti negli anni Settanta del secolo scorso quando con la riforma agraria si procedette al livellamento dei campi. “In quei tepè abbiamo trovato edifici di epoca achemenide con qualche base di colonna. Niente di eccezionale”, ricorda Callieri. “Ma c’era una collina che attirava le nostre attenzioni per la gran quantità di mattoni presenti in superficie ma anche nelle sezioni”. Non a caso i locali da sempre chiamano quella collinetta artificiale Tol-e Ajori, che in farsi –la loro lingua- significa appunto “collina dei mattoni”. E non si trattava tra l’altro di frammenti di mattoni qualsiasi, ma di mattoni invetriati.

I corsi di mattoni di edificio achemenide ritrovati a Tol-e Ajori

I corsi di mattoni di edificio achemenide ritrovati a Tol-e Ajori

“L’ipotesi iniziale – ricorda Callieri – è che ci trovassimo di fronte a una fornace di mattoni o a un vero e proprio edificio di mattoni, vista proprio la preponderanza di frammenti di mattoni. Ma già all’apertura dei sondaggi iniziali sono cominciati a sorgere i primi dubbi”. Nel 2011, infatti, nel corso della prima campagna di scavo a Tol-e Ajori, la missione ha aperto due trincee che hanno individuato una struttura composta da mattoni crudi all’interno e da mattoni cotti nella parte esterna. “Era ancor presto per dire che si trattava di un muro, ma è certo che siamo rimasti subito stupiti dalle dimensioni della struttura: provate a immaginarvi cosa stava prendendo forma davanti ai nostri occhi! Partendo dall’esterno era emersa una sezione in mattoni cotti di ben 2 metri con la faccia a vista invetriata a creare un paramento di rivestimento”. In quella circostanza sono stati rinvenuti almeno 7-8 corsi di mattoni invetriati ancora in situ.

Il complesso sistema di segni guida per la messa in opera, usato Mesopotamia ed Elam, trovato a Tol-e Ajori

Il complesso sistema di segni guida per la messa in opera trovato sui mattoni a Tol-e Ajori

“Ma abbiamo trovato anche un altro dettaglio sorprendente e significativo: al di sopra dei mattoni erano dipinti i segni di istruzioni per il loro montaggio, un complesso sistema di segni guida per la messa in opera analogo a quelli utilizzati in Mesopotamia ed Elam. Questa tecnica già la conosciamo perché trovata nel palazzo di Dario a Susa”. E l’uso del bitume come malta per fissare i mattoni conferma che a Tol-e Ajori siamo di fronte a una tecnica di costruzione tipicamente elamita. L’Elam – ricordiamolo – era quella regione ultima propaggine della Mesopotamia, ai piedi dei monti Zagros, dove si era sviluppata una delle prime culture iraniche in contrapposizione alle culture dell’altopiano e in continuo conflitto-simbiosi con le civiltà mesopotamiche. È in Elam che venne fondata la prima capitale, Susa. Ma Tol-e Ajori l’uso del bitume come malta fissante non solo consentiva di impermeabilizzare la sezione esterna in cotto della struttura ma anche una migliore conservazione dei mattoni crudi interni.

Suggestiva visione dell'apadana di Persepoli

Suggestiva visione dell’apadana di Persepoli

“Alla fine della campagna del 2011 – continua Callieri – avevamo individuato una struttura muraria con una sezione di 2,5 metri di mattoni cotti e di ben 5 metri di mattoni crudi dei quali, al momento, non si vedeva la fine. Così se era difficile pensare che quello fosse un muro, l’ipotesi che si fece per prima –perché sembrava la più probabile- era che avessimo individuato una piattaforma achemenide, forse una apadana (la caratteristica sala delle udienze: la più famosa è quella di Persepoli). E intanto tramontava l’ipotesi iniziale che sotto Tol-e Ajori ci fosse una fornace”.

(2 – continua. Nuovo post nei prossimi giorni. Precedente: 2 dicembre)

La scoperta del tempio di Ciro vicino a Persepoli: un giallo dell’archeologia

Il prof. Pierfrancesco Callieri in azione a Tol-e Ajiori vcino a Persepoli, in Iran

Il prof. Pierfrancesco Callieri in azione a Tol-e Ajiori vcino a Persepoli, in Iran

Che si tratti proprio di un monumento achemenide (tempio?), innalzato da Ciro il Grande ispirandosi alla porta di Ishtar di Babilonia prima che Dario realizzasse la grande terrazza di Persepoli, monumentale palazzo-capitale, quello portato alla luce a un tiro di schioppo proprio da Persepoli? È molto probabile. Ma sono ancora molti i dubbi da chiarire su quell’imponente edificio achemenide scoperto nel 2011 a Tol-e Ajori, nel Fars, regione nel meridione dell’Iran, e che da allora costringe gli archeologi a modificare le ipotesi avanzate fino a quel momento, stupiti ogni volta da nuove rivelazioni dello scavo.

Rilievi achemenidi a Persepoli in Iran

Rilievi achemenidi a Persepoli in Iran

“Non ci resta che attendere le nuove, prossime campagne di scavo”. Ne è convinto Pierfrancesco Callieri, ordinario all’università di Bologna, co-direttore con Alireza Askari Chaverdi dell’università di Shiraz della missione archeologica a Persepoli, appena tornato in Italia dall’ultima campagna di scavo. Dopo il primo eclatante annuncio fatto dal collega co-direttore iraniano (vedi post del 3 novembre) Callieri svela in questa nostra intervista tutti i dettagli di una scoperta entusiasmante. Il diario di scavo della missionr diventa così un vero e proprio racconto giallo dell’archeologia con suspence, colpi di scena e finale ancora tutto da scrivere.

Qui cercheremo di raccontare la storia e lo sviluppo di questa avventurosa scoperta archeologica seguendo in qualche modo proprio il diario di scavo attraverso le parole di Callieri, che della ricerca restituiscono non solo i dati oggettivi ma anche emozioni, delusioni, certezze, dubbi.

(1 – continua. Nuovo post nei prossimi giorni)