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Rovereto. Nel pomeriggio finale del RAM film festival protagonista l’Antico Egitto con un film sulle regine Hatshepsut e Nefertiti, e la presentazione del libro “Nella terra di Pakhet” di Maurizio Zulian e Graziano Tavan

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Il busto di Nefertiti conservato a Berlino: frame del film di RAI Storia “Cronache di donne leggendarie: Nefertiti”

L’Antico Egitto protagonista domenica 2 ottobre 2022, nel pomeriggio finale dell’edizione 2022 del RAM film festival di Rovereto. L’ultimo film in concorso è infatti dedicato a due regine famose, Hatshepsut e Nefertiti. Qualche minuto prima delle 17 sarà proiettato il film “Cronache di donne leggendarie Hatshepsut e Nefertiti: l’Egitto delle regine” di Graziano Conversano (Italia022; 35’) prodotto da Rai Cultura. “Cronache di donne leggendarie” è una nuova serie di RAI Storia su alcune delle figure femminili più importanti del mondo antico e tardo antico. In questo episodio si racconta la complessità del mondo femminile egizio attraverso due regine della XVIII dinastia: Hatshepsut, unica ad assumere gli attributi maschili della regalità, e Nefertiti, al centro di una turbolenta riforma religiosa e di una grave crisi politica.

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La copertina del libro “Nella terra di Pakhet. Carnet de voyage nelle province centrali dell’Alto Egitto. Appunti di trent’anni di esplorazioni” di Maurizio Zulian e Graziano Tavan (Marsilio Arte)

A seguire, sempre al teatro Zandonai, incontro con Maurizio Zulian e Graziano Tavan autori del libro “Nella terra di Pakhet”. Graziano Tavan intervista Maurizio Zulian sui viaggi compiuti per realizzare il volume “Nella terra di Pakhet. Carnet de voyage nelle province centrali dell’Alto Egitto. Appunti di trent’anni di esplorazioni” (Marsilio, 2022), con particolare attenzione alla zona di Amarna – di cui si mostreranno esclusive immagini – capitale del faraone eretico Akhenaton, marito di Nefertiti.

Rovereto. Conto alla rovescia per la 33.ma edizione del RAM film festival – Rovereto Archeologia Memorie con un focus trasversale su “Sguardi al femminile”. Ecco una sintesi del ricco programma con 62 film in concorso, incontri con i protagonisti, mostre, visite guidate

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Tanto pubblico in platea al teatro Zandonai di Rovereto per le proiezioni del RAM film festival (foto fmcr)

rovereto_rassegna-RAM_locandina-2022Il conto alla rovescia è ufficialmente partito. Con la presentazione nel giardino di Palazzo Balista a Rovereto della 33.ma edizione il RAM film festival – Rovereto Archeologia Memorie, in programma dal 28 settembre al 2 ottobre 2022 al teatro Zandonai, è entrato nel vivo. Cinque giorni di eventi tutti a ingresso gratuito, e solo gli incontri sono a numero limitato su prenotazione. Con un focus particolare trasversale all’intenso e articolato programma: “Sguardi al femminile”. Ancora una volta saranno l’archeologia e il patrimonio culturale i protagonisti sul grande schermo. Come da tradizione il RAM sposta l’archeologia e la cultura dalle sale dei musei, dalle università, dalle accademie e accende i proiettori del cinema, per un’esperienza emotiva e collettiva molto diversa dalla fruizione più distratta della tv o del pc. Si parla di patrimonio culturale, di siti archeologici, di scoperte, con linguaggi che arrivano a tutti. In particolare attraverso il documentario, che sta vivendo un momento di grande vitalità: non è un caso la vittoria proprio di un documentario, alla mostra del Cinema di Venezia appena conclusa.  Tutti concetti ribaditi bene alla presentazione a Palazzo Balista, nuova sede di Cassa Rurale AltoGarda – Rovereto, da quest’anno nuovo main sponsor dell’iniziativa. Il festival è organizzato dalla Fondazione Museo Civico di Rovereto con il Comune di Rovereto e la Provincia autonoma di Trento, la Regione Trentino Alto Adige, la Comunità della Vallagarina, con il patrocinio del ministero della Cultura e del ministero degli Affari esteri. Media partner la rivista Archeo. Con il sostegno di Fondazione Caritro e Cassa Rurale AltoGarda – Rovereto. In collaborazione con Apt di Rovereto Vallagarina Monte Baldo, Fondazione Museo Storico del Trentino, Museo Storico Italiano della Guerra, Touring Club Italiano, Cartoon Club di Rimini, e ancora Alfio Ghezzi Bistrot, Circolo Operaio Santa Maria, Exquisita e Cantina Vivallis.

Il festival in cifre. 62 i film in concorso e 20 i paesi rappresentati, da tutti i continenti, selezionati da oltre 1350 iscrizioni. Spiccano le grandi produzioni internazionali, come Gedeòn Programmes, Bonne Piòche, ZDF e Rai Cultura, ma anche numerose produzioni indipendenti, giovani registe e registi. I film sono suddivisi in quattro sezioni: “Cinema Archeologico”, dedicata ai siti, ai reperti e alle ricerche archeologiche più importanti e attuali, “L’Italia si racconta”, sulle tradizioni e il patrimonio storico artistico italiano, “Sguardi dal Mondo”, su popoli e culture dal resto del mondo, e “Cultura animata”, una sezione speciale riservata ai corti d’animazione. Ogni sezione ha un premio assegnato da una giuria qualificata, formata da archeologi, scrittori, storici, registi e videomaker, coordinati dal comitato scientifico del festival formato dalla scrittrice Isabella Bossi Fedrigotti, l’archeologa Barbara Maurina, l’antropologo Duccio Canestrini, il disegnatore e autore Andrea Artusi e il regista Emanuele Gerosa. Oltre ai film, 4 aperitivi, gli incontri al Bistrot e al Circolo, e 2 speciali presentazioni, i nuovissimi Archeobook brunch nella sala bar del teatro dove, oltre agli appuntamenti programmati, il pubblico potrà incontrare in modo informale registi e protagonisti del festival davanti a una tazza di caffè. Al Museo della Città inoltre, una mostra su Archeologia e fumetto in collaborazione con l’associazione Ora pro Comics di Piacenza, Festival del Fumetto Piacenza, l’associazione Archeologica Pandora e MAVT, il Museo archeologico della Val Tidone, e la Fumetteria di Rovereto.

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Micol Cossali, assessore alla Cultura, Creatività giovanile e Innovazione del Comune di Rovereto, alla presentazione della 33.ma edizione del RAM film festival (foto fmcr)

“Il linguaggio dell’immagine è sempre stato il più immediato e il più efficace per parlare alle persone. Lo sapevano bene gli antichi, che eressero statue e innalzarono monumenti per raccontare il proprio potere e prestigio ai loro contemporanei e per tramandarlo ai posteri”, interviene Micol Cossali, assessore alla Cultura, Creatività giovanile e Innovazione del Comune di Rovereto. “Un linguaggio che nel tempo si è evoluto e che ha fatto un balzo con l’invenzione del cinema un po’ più di un secolo fa, ma che mantiene inalterata la sua potenza simbolica e la sua immediatezza espressiva. Il festival RAM ha il merito di creare un dialogo fertile tra presente e passato, raccontando l’antico con i mezzi più moderni e indagando, con lo sguardo del presente, temi che appartengono alle società sin dalle loro prime forme di organizzazione. Il focus di quest’anno, Sguardi al femminile, riafferma, ancora una volta, la ricchezza di questo inesauribile confronto con il passato, specchio delle mutate sensibilità del presente. Un focus che propone da una parte la riscoperta del ruolo delle donne nella storia e di come le diverse culture abbiano interpretato i rapporti tra i generi, dall’altra la valorizzazione del lavoro di registe, archeologhe, scrittrici attraverso una selezione delle loro opere”.

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Giovanni Laezza, presidente della Fondazione museo civico di Rovereto, alla presentazione della 33.ma edizione del RAM film festival (foto fmcr)

“Il RAM, Rovereto Archeologia Memorie, giunge alla trentatreesima edizione, in realtà la seconda nella nuova veste di vero e proprio festival. Cosa vuole essere per noi il format festival? Non più solo una pur preziosa rassegna di documentari, ma uno spazio di coinvolgimento attivo della nostra comunità, dove si approfondiscono interessi ma si innescano anche relazioni, dove fioriscono progetti”, sottolinea Giovanni Laezza, presidente della Fondazione Museo Civico di Rovereto. “Anche quest’anno, nella nostra città abbiamo l’orgoglio di riuscire a portare a inizio autunno un palinsesto ricco di documentari e documenti eccezionali, da ogni continente, da ben 20 nazioni diverse, opere nuovissime, spesso inedite con la loro “prima” a Rovereto, ma non solo. In programma vi sono anche incontri, aperitivi, visite e presentazioni con personalità di spicco della cultura e della scena italiana e internazionale. Tutte occasioni per scoprire popoli e culture diverse, ma anche il lavoro di chi, con passione e spesso grandi difficoltà dovute a situazioni storiche e politiche, tutela e valorizza il patrimonio culturale mondiale, quello che crea la nostra identità di esseri umani. Il festival regala momenti di emozione, di condivisione, crea legami sia in modo verticale, tra il nostro passato e il nostro presente, che riusciamo a meglio comprendere, che orizzontale, nel nostro tempo, tra persone e istituzioni che ne vengono coinvolti, registi, produttori, autori, archeologi e storici, che lavorano insieme per divulgare la cultura”.

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Alessandra Cattoi, direttrice della Fondazione museo civico di Rovereto, alla presentazione della 33.ma edizione del RAM film festival (foto fmcr)

Sguardi al femminile è il focus scelto dal RAM film festival edizione 2022. Un tema di attualità e di grande rilevanza non solo in ambito sociale ma anche nel cinema, nella ricerca storica, nell’archeologia”, ribadisce Alessandra Cattoi, direttrice del RAM film festival e della Fondazione Museo Civico di Rovereto. “Che esista effettivamente uno sguardo al femminile nell’approccio al documentario, per esempio, con la scelta di storie e di un registro visivo con caratteristiche proprie, è un pensiero condiviso ma non unanime. Che il punto di vista sul mondo da parte delle donne sia stato per secoli ignorato, nascosto e avversato è invece un fatto certo. Proprio per questo pensiamo valga la pena riflettere su questi sguardi, così particolari, se essi siano il frutto di un’attitudine, di un modo del tutto peculiare di osservare il mondo e di raccontarlo, oppure se siano sguardi influenzati dalla volontà, che sovente si fa necessità, di colmare le assenze, di ridare voce a chi non l’ha avuta, di restituire un ruolo sovente sottratto. Al festival di Rovereto se ne parlerà assieme a registe, archeologhe, storiche e scrittrici anche di paesi del mondo dove per una donna è ancora molto difficile, se non impossibile, fare sentire la propria voce. I punti di partenza sono sempre il cinema e l’archeologia, pilastri fondanti del festival, che hanno ispirato la nostra riflessione sulle donne nell’antichità, fin dalla preistoria, su quanto le ricostruzioni storiche e archeologiche, fortemente influenzate dalla cultura moderna, abbiano interpretato la presenza femminile secondo schemi e ruoli che oggi vengono messi in discussione. Lontano dall’idea di voler creare nuove certezze, siamo contenti di proporre anche quest’anno suggestioni e stimoli, con il desiderio di condividere con il pubblico e con la città cinque giornate di proiezioni, di incontri, di visite e dare tutti insieme un contributo di pensiero e di partecipazione attiva alla vita culturale del nostro tempo”.

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La regista afgana Sahraa Karini ospite del RAM film festival (foto fmcr)

Un focus tutto “al femminile”. Il RAM ha scelto per il 2022 un focus dal titolo Sguardi al femminile. Ci saranno esempi di studiose che hanno lasciato un segno importante nelle discipline scientifiche, quando hanno avuto la possibilità di affermarsi. Storie di donne che si adoperano per il benessere della comunità in cui vivono, cercando nel contempo di salvaguardare la propria identità. E ci sarà la possibilità di dialogare con ospiti femminili, che racconteranno di persona le proprie esperienze umane e professionali. Nella consapevolezza che aprire uno “sguardo al femminile” sul mondo possa essere un passo verso l’inclusività a tutti i livelli. Diversi i film del focus in programma: “Lady sapiens” documentario francese del 2021 è uno di questi, insieme a un film tedesco “L’enigma delle ossa: rivoluzione di genere”. In entrambi le più recenti scoperte dimostrano come la donna preistorica fosse anche cacciatrice e guerriera. Di Rai Storia due produzioni dedicate rispettivamente alle “Donne di Augusto” e a

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Il busto di Nefertiti conservato a Berlino: frame del film di RAI Storia “Cronache di donne leggendarie: Nefertiti”

“Hatshepsut e Nefertiti: l’Egitto delle regine”. Sempre sul tema, alcuni film che mostrano aspetti poco conosciuti di un panorama al femminile come l’indiano “The knitting circle”, Il circolo del lavoro a maglia, che ha saputo trasformare una abilità tradizionale in attività imprenditoriale, ma anche molti film scelti tra gli altri per lo sguardo particolare di giovani registe. Oltre ai film poi, saranno dedicati al focus due spazi di approfondimento. Il primo venerdì 30 settembre 2022, alle 17.30, dal titolo “Donne che minacciano il potere” con Mariarosaria Barbera, notissima archeologa e scrittrice, e il secondo il sabato 1° ottobre 2022 con Sahraa Karimi, regista afghana, che parlerà della sua esperienza di documentarista e di donna in una terra martoriata dai cambiamenti e dalla guerra. Sempre al focus è dedicata la serata di sabato 1° ottobre 2022, con Serena Dandini, che racconterà le storie di “Donne Valorose” che hanno cambiato la storia, la scienza, la filosofia ma sono rimaste sempre nell’ombra, protagoniste straordinarie per forza e valore eppure invisibili ai più. Domenica 2 ottobre 2022, Archeobook brunch dal titolo “L’uomo primitivo era anche una donna” con l’archeologa Enza Elena Spinapolice.

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Frame del film “Power of Rome” di Giovanni Troilo con Edoardo Leo

Tra storia e fiction. Venerdì 30 settembre 2022, alla sera, in esclusiva sul grande schermo, “Power of Rome”, una grande produzione ideata per il compleanno di Roma nel 2022 e interpretata da Edoardo Leo, in cui si intrecciano fiction e documentario. A presentare il film il regista Giovanni Troilo e gli autori Luca Lancise e Donato Dallavalle.

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Maurizio Zulian e Graziano Tavan alla presentazione del loro libro nella sala conferenze della Cantina Vivallis di Nogaredo (Tn)

Incontri e visite guidate. Oltre al film e ai numerosi incontri, il RAM film Festival propone una serie di visite e appuntamenti originali, uno fra tutti la rievocazione storica tra Goti e Longobardi il sabato 1° ottobre 2022, alle 14, all’Isola di Sant’Andrea a Loppio. Domenica 2 ottobre 2022, al pomeriggio, presentazione del volume di Maurizio Zulian e Graziano Tavan “Nella terra di Pakhet, Carnet de voyage nelle province centrali dell’Alto Egitto. Appunti di trent’anni di esplorazioni” (Marsilio 2022), alla scoperta di un Egitto lontano dai percorsi turistici.

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Frame del film “Time of the giants” di Pascal Cuissot

Spazio al cinema. Oltre al focus “Sguardi l femminile”, tra i filoni dei film dell’edizione 2022, alcuni spettacolari film a carattere paleontologico e geologico, come il francese “The time of the giants” (L’era dei giganti), che combinando le immagini 3D con le evidenze paleontologiche più recenti, mostra con immagini inedite strategie di crescita e sopravvivenza dei dinosauri. Altrettanto spettacolare il film “Gift of the glaciers”, il dono dei ghiacciai, documentario tedesco che mostra come l’Europa sia stata letteralmente forgiata dallo scioglimento dei ghiacciai. Il breve documentario “Fossils in London” invece, racconta come anche in una città come Londra, ci si possa imbattere anche oggi in un numero sorprendente di ritrovamenti fossili. Uno degli altri filoni classici del festival è quello della tutela e della conservazione del patrimonio, che taglia un po’ trasversalmente tutti i documentari. Molto interessante il recentissimo (2022) “Jurassic Cash”, che racconta delle grandi aste dedicate ai reperti paleontologici come Big John, lo scheletro di triceratopo più grande del mondo, venduto a un privato nell’ottobre 2021 per 5,5 milioni di euro. Un’acquisizione impossibile per un ente culturale pubblico, e che solleva quesiti morali se sia o meno lecita una tale spoliazione del patrimonio universale, sottratto di fatto alla scienza e alla fruizione pubblica.

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Frame del film “The survivor Hagia Sofia” di Tevfik Hos

Di grande interesse anche il turco “The survivor Hagia Sofia” (Santa Sofia, la sopravvissuta), sulla storica Moschea di Santa Sofia, che è riuscita a sopravvivere nonostante molti grandi terremoti nel corso della sua esistenza, rivelando informazioni e segreti interessanti sull’architettura e la costruzione dell’edificio. Non mancano le produzioni trentine o dedicate al patrimonio trentino. “La frequentazione dell’orso” di Federico Betta affronta il rapporto uomo/orso, tema di grande attualità che coinvolge tutta la comunità trentina, attraverso un’apprezzabile varietà di punti di vista, attraverso i quali si approfondisce la relazione tra uomo-natura, e non soltanto le vicende di cronaca legate alla presenza del grande plantigrado sul territorio. Ogni filmato è una piccola e nuovissima chicca scelta tra centinaia di proposte, che presenta al pubblico un aspetto particolare di popoli, culture, tradizioni diverse, come “The Fall of the Maya Kings”, la caduta dei re Maya, film canadese del 2022 con le più recenti ipotesi sulle ragioni del collasso del grande impero del sudamerica, o “Mamody, the last baobab digger” (2022), Mamody, l’ultimo intagliatore di baobab di Cyrille Cornu, sugli abitanti del piccolo villaggio di Ampotaka nel Madagascar e la loro soluzione per immagazzinare l’acqua, oppure l’iraniano “Saffron Base Lifestyle”, Una vita basata sullo zafferano, di Parisa Bajelan, che tra l’altro è parte attiva di un progetto transnazionale Trentino: la Comunità Slow food dei produttori e co-produttori dello zafferano di Qa’en, o ancora “Felting” (2022), la lavorazione del feltro, sempre dall’Iran che illustra con splendide immagini l’arte dell’infeltrimento tradizionale della lana che sta gradualmente svanendo. Ogni documentario rivela un mondo tutto da scoprire.

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Il regista Alberto Castellani al Museo Guimet di Parigi per le riprese del film “Afghanistan” (foto media venice)

In conclusione del festival un film in anteprima assoluta, fuori concorso, di Alberto Castellani, girato non senza difficoltà dato il momento storico, dal titolo “Afghanistan: tracce di un cultura sfregiata”.

rovereto_rassegna-RAM_aperitico-al-circolo_la-legge-della-spada_locandina_foto-fmcrTutti gli incontri. Il RAM film festival 2022 ha in programma una serie di incontri speciali. Quattro sono gli aperitivi con i protagonisti, tre Incontri al Bistrot di Alfio Ghezzi e uno al Circolo operaio di Santa Maria, uno dei più antichi quartieri cittadini. Al Bistrot dello Chef stellato, oltre agli incontri con Sahraa Karimi e Mariarosaria Barbera legati al tema del focus “Sguardi al femminile”, il 28 settembre 2022 l’aperitivo sarà dedicato al “Patrimonio in ostaggio”, cioè al tema del furto e del mercato nero di opere d’arte e beni culturali, il terzo in termini di volume d’affari dopo armi e droga, in compagnia di Giuseppe Guastella, cronista di cronaca giudiziaria del Corriere della Sera, e il maggiore Lorenzo Pella, comandante del nucleo dei carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale di Udine, che ha condotto negli ultimi anni numerose indagini che hanno portato al recupero di moltissimi beni storico-artistici. Giovedì 29 settembre 2022, il quartiere di Santa Maria ospiterà nel suo circolo operaio un “Aperitivo al Circolo” dal titolo “La legge della spada” con Andrea Rossini, esperto di scherma storica che ha aperto la prima sala in cui praticare la disciplina e in particolare la tradizione italiana medievale e rinascimentale, alla scoperta di un’epoca, il Medioevo, in cui la giustizia e l’onore si difendevano con la spada piuttosto che in tribunale.

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Frame del film “Nobody/Nessuno” di Mia Incantalupo

La cultura animata. Capitolo a parte del festival, le animazioni. Ogni anno sorprende la qualità della proposta e la creatività da parte delle animatrici e degli animatori. Sono una ventina le opere selezionate, tutte con spunti interessanti che riescono spesso a intrecciare i temi culturali con quelli sociali, come lo statunitense “Nobody” (Nessuno), di Mia Incantalupo, del 2022, una rivisitazione dell’Odissea dal punto di vista del Ciclope, che fa riflettere su diversità e discriminazione, o come anche l’indiano “Dyia” che parte da un festival tradizionale indiano per parlare di inclusione, o ancora il brevissimo “Humanity”, un’ironica sintesi sulla natura, non proprio amabile, dell’essere umano.

rovereto_rassegna-RAM_masterclass-per-insegnanti_locandinaLa formazione e il festival diffuso. Al festival non mancano momenti dedicati all’educazione, sia rispetto ai temi della tutela e della valorizzazione del patrimonio culturale sia della cultura all’immagine, che valorizza il cinema stesso come prezioso documento e patrimonio. Tre sono le mattine dedicate alle scuole con un programma apposito, che vedranno i ragazzi protagonisti anche grazie al risultato di progetti educational in collaborazione con il Festival. Mercoledì 28 settembre 2022 si terrà un corso di formazione per giornalisti in collaborazione con l’Ordine del Trentino Alto Adige con il giornalista Giuseppe Guastella e il maggiore Lorenzo Pella sul Patrimonio in ostaggio, e giovedì 29 settembre 2022 un corso di formazione per insegnanti dal titolo “Appunti di storia e analisi del cinema documentario – Incontro di introduzione al linguaggio dell’audiovisivo” con Emanuele Vernillo, tutor didattico della ZeLIG – Scuola di documentario di Bolzano, oltre a un corso organizzato dalla Trentino Film Commission e riservato ai videomaker. Sul territorio saranno inoltre disponibili attività e visite guidate a siti come il castrum dell’Isola di Sant’Andrea sul Lago di Loppio, e tante iniziative in collaborazione con APT.

La Fondazione museo civico di Rovereto pubblica il programma dell’edizione 2022 del film festival RAM – Rovereto – Archeologia – Memorie, dedicato al patrimonio culturale materiale e immateriale, con il focus “Sguardi al femminile”: 62 film in concorso per 4 premi tecnici più quello del pubblico, e due film fuori concorso. E poi incontri al bistrot e al circolo ed eventi speciali a teatro

rovereto_rassegna-RAM_locandina-2022Con la pubblicazione del programma la Fondazione museo civico di Rovereto inizia a scoprire le carte dell’edizione 2022 del film festival RAM – Rovereto – Archeologia – Memorie, dedicato al patrimonio culturale materiale e immateriale, a Rovereto dal 28 settembre al 2 ottobre 2022, con il focus “Sguardi al femminile”: un riflettore puntato sul ruolo delle donne nella storia, su parità di genere e opportunità attraverso testimonianze di registe, archeologhe, scrittrici, anche da zone di crisi e da quei paesi in cui cultura e formazione non sono scontate, soprattutto per le donne. La formula del Festival prevede proiezioni, incontri, corsi di formazione, visite alla scoperta del territorio. Il Teatro Zandonai, gioiello settecentesco della città, ospita le proiezioni dei film, gli eventi speciali e gli archeobook brunch. Ma la settimana del festival è anche occasione per scoprire il centro storico e il territorio attraverso gli appuntamenti del festival diffuso.

rovereto_rassegna-RAM_immagine-web-locandinaI film. Il programma dei film si articola in cinque giornate di proiezioni. In calendario 62 film (9 dei quali per il focus Sguardi al femminile) suddivisi nelle quattro sezioni che concorrono ad altrettanti premi assegnati da giurie composte da professionisti che operano nel campo del cinema, della cultura e della tutela del patrimonio. : 16 in concorso per il premio CINEMA ARCHEOLOGICO e la menzione speciale Archeoblogger, con tre prime nazionali; 17 in concorso per il premio CULTURA ANIMATA con 4 prime nazionali, 1 europea e 1 assoluta; 16 in concorso per il premio SGUARDI DAL MONDO e la menzione speciale CinemA.Mo.Re con 2 prime nazionali e 2 assolute; 13 in concorso per il premio L’ITALIA SI RACCONTA con 1 prima nazionale e 2 assolute. Tutti i film concorrono al premio “RAM film festival”, decretato dal pubblico in sala tramite votazione. Le mattinate di mercoledì, giovedì e venerdì sono dedicate alle scuole che hanno partecipato al progetto CINEMaSCUOLA. Due momenti sono dedicati in particolare al cinema d’animazione, venerdì pomeriggio e sabato mattina.

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Frame del film “Power of Rome” di Giovanni Troilo con Edoardo Leo

Gli eventi. Due serate speciali la sera: venerdì 30 settembre 2022, alle 20.30, al teatro Zandonai, proiezione del film fuori concorso “Power of Rome” di Giovanni Troilo (Italia, 2022, 83′). Saranno presenti il regista Giovanni Troilo e gli autori Luca Lancise e Donato Dallavalle. Il film è stato ideato per il compleanno di Roma del 2022 e interpretato da Edoardo Leo in cui si intreccia fiction e documentario. Sabato 1° ottobre 2022, alle 20.30, al teatro Zandonai, “Donne valorose”: Serena Dandini accompagna il pubblico alla scoperta delle molte donne esempi di forza, di valore, di straordinario contributo all’umanità, partendo dal suo libro “Il catalogo delle donne valorose”.

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Copertina del libro “Archeosocial 2.0” di Antonia Falcone

Durante la settimana, incontri informali con ospiti d’eccezione, per una chiacchierata davanti a un aperitivo o per un brunch. Per “Incontri al bistrot” di Alfio Ghezzi al Mart, mercoledì 28 settembre 2022, alle 17.30, “Patrimonio in ostaggio” con Lorenzo Pella, comandante del Nucleo dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale di Udine, e con Giuseppe Guastella, giornalista di cronaca giudiziaria del Corriere della Sera. Modera Alessandra Cattoi, direttrice della Fondazione Museo Civico di Rovereto. Venerdì 30 settembre 2022, alle 17.30, “Donne che minacciano il potere” con Mariarosaria Barbera, archeologa e autrice di libri sulle donne nell’antichità. Modera Marco Perinelli, archeologo e giornalista. Per “Incontri al circolo”, giovedì 29 settembre 2022, alle 17.30, nello storico locale del Circolo operaio nel quartiere di Santa Maria, “La legge della spada” con Andrea Rossini, esperto di scherma storica. Modera Maurizio Battisti, archeologo Fondazione Museo Civico di Rovereto. Per “Archeobook brunch”, sabato 1° ottobre 2022, alle 12, un momento informale immersi tra archeologia e libri nella sala bar del teatro Zandonai, “L’archeologia che riscrive il web” con Antonia Falcone, archeologa e autrice di “Archeosocial 2.0” (2018). Domenica 2 ottobre 2022, alle 12, nella sala bar del teatro Zandonai, “L’uomo preistorico era anche una donna” con Enza Elena Spinapolice, archeologa, insegna Preistoria e protostoria del Mediterraneo e Archeologia e culture del Paleolitico all’università di Roma La Sapienza.

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La copertina del libro “Nella terra di Pakhet. Carnet de voyage nelle province centrali dell’Alto Egitto. Appunti di trent’anni di esplorazioni” di Maurizio Zulian e Graziano Tavan (Marsilio Arte)

A chiudere il programma degli incontri, domenica 2 ottobre 2022, al pomeriggio, l’appuntamento con Maurizio Zulian e Graziano Tavan, autori del volume sull’Egitto fresco di stampa “Nella terra di Pakhet”. Alle 17.30, al teatro Zandonai, Graziano Tavan intervista Maurizio Zulian sui viaggi compiuti per realizzare il volume “Nella terra di Pakhet. Carnet de voyage nelle province centrali dell’Alto Egitto. Appunti di trent’anni di esplorazioni” (Marsilio, 2022), con particolare attenzione alla zona di Amarna.

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Il regista Alberto Castellani al Museo Guimet di Parigi per le riprese del film “Afghanistan” (foto media venice)

Ma non è finita, al teatro Zandonai c’è un’ultima chicca nel programma del RAM 2022. Dopo la premiazione del film vincitore del premio del pubblico (i film premiati dalle giurie tecniche erano stati invece annunciati alle 10.30 nella sala bar del teatro Zandonai), anteprima assoluta fuori concorso del film “Afghanistan. Tracce di una cultura sfregiata” di Alberto Castellani (Italia, 2022, 52′), consulenza scientifica: Massimo Vidale, Anna Filigenzi, Luca Maria Olivieri, Mohammed Fahim Rahmi (vedi “Afghanistan: tracce di una cultura sfregiata”: il regista veneziano Alberto Castellani svela in anteprima il suo nuovo film che racconta di un Paese martoriato, un popolo umiliato, una cultura millenaria e un patrimonio archeologico ricchissimo a rischio; con il contributo dei massimi esperti in materia | archeologiavocidalpassato).

Rovereto. Cronaca e immagini della presentazione del libro “Nella terra di Pakhet. Carnet de voyage nelle province centrali dell’Alto Egitto. Appunti di trent’anni di esplorazioni” di Maurizio Zulian e Graziano Tavan, prefazione di Edda Bresciani (Marsilio Arte). Cantini: “Non fermatevi. È un’opera unica. Va pubblicata in inglese e in arabo”. Capriotti: “Un racconto di viaggio dal valore scientifico e dall’approccio umano”

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La sala conferenze della Cantina Vivallis di Nogaredo (Tn) che ha ospitato la presentazione del libro “Nella terra di Pakhet. Carnet de voyage nelle province centrali dell’Alto Egitto. Appunti di trent’anni di esplorazioni” di Maurizio Zulian e Graziano Tavan (foto fmcr)


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L’ambasciatore Gianpaolo Cantini e la prof.ssa Giuseppina Capriotti Vittozzi alla presentazione del libro “Nella terra di Pakhet” (foto graziano tavan)

“Maurizio Zulian ha trasformato la vita di viaggi intelligenti appassionati acculturati in una pubblicazione prestigiosa” sostiene Giovanni Laezza, presidente della Fondazione museo civico di Rovereto. “È un’edizione straordinaria cui l’editore ha dato ulteriore prestigio. È uno strumento di lavoro per archeologi, studiosi, studenti, persone colte in generale. Ma non mi fermerei a quanto è stato fatto fin qui. Il libro va tradotto almeno per un’edizione in inglese, ma andrebbe fatta anche in arabo, perché è un’opera unica, non esiste qualcosa di analogo”: così l’ambasciatore Gianpaolo Cantini. E Giuseppina Capriotti Vittozzi, già direttrice del Centro Archeologico Italiano al Cairo, ora al Cnr di Roma: “Il libro di Maurizio Zulian ha un valore incredibile perché ci regala una documentazione che direi più unica che rara del Medio Egitto, che è poco conosciuto, e allo stesso tempo ci offre di questa parte dell’Egitto un racconto. E questo è molto importante perché quello che scriviamo noi egittologi ha un valore scientifico ma indubbiamente non è un racconto vitale. Invece il libro, grazie anche agli apparati di Graziano Tavan, ci dà un valore scientifico ma anche un approccio umano che è quello dei racconti di viaggio”. A poco meno di un mese dalla presentazione ufficiale del libro “Nella terra di Pakhet. Carnet de voyage nelle province centrali dell’Alto Egitto. Appunti di trent’anni di esplorazioni” di Maurizio Zulian e Graziano Tavan, prefazione di Edda Bresciani (Marsilio Arte), ecco una breve cronaca della serata con i principali interventi e i contributi degli stessi protagonisti pubblicati sul libro. Iniziamo con l’intervento del presidente Laezza, quindi con quello dell’ambasciatore Cantini e chiudiamo con il contributo della prof.ssa Capriotti. Ricordiamo che il libro è in vendita nelle Librerie Feltrinelli, nei bookshop dei grandi musei italiani, e on line sui siti di Amazon, Marsilio e Feltrinelli.

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La copertina del libro “Nella terra di Pakhet. Carnet de voyage nelle province centrali dell’Alto Egitto. Appunti di trent’anni di esplorazioni” di Maurizio Zulian e Graziano Tavan

Giovanni Laezza, presidente della Fondazione museo civico di Rovereto. Ecco il suo contributo per il libro “Nella Terra di Pakhet”. “La divulgazione scientifica è un aspetto a cui la Fondazione Museo Civico di Rovereto ha dedicato grande attenzione fin dalla sua nascita, alla meta del XIX secolo”, scrive Laezza. “Sempre al passo con i tempi e con le conquiste dello sviluppo tecnologico, negli ultimi decenni ha puntato a sviluppare e potenziare nuove modalità destinate alla comunicazione delle più svariate informazioni relative alle collezioni museali, al patrimonio archeologico e naturalistico e ai risultati della ricerca sul campo. Attraverso i più recenti strumenti informatici e grazie alla creazione e al potenziamento di un sistema di banche dati digitali, ha reso possibile la condivisione online di dati d’archivio, documenti e immagini, raccolti nel corso di oltre un secolo e mezzo di vita e attività museale. Un contributo fondamentale a questa impegnativa opera di divulgazione delle conoscenze si deve a Maurizio Zulian, conservatore onorario della Fondazione Museo Civico, che in circa trent’anni di esplorazioni e documentazione dei siti archeologici dell’Egitto Centrale ha raccolto un inestimabile patrimonio fotografico, costituito da piu di trentamila immagini relative a luoghi e reperti oramai difficilmente accessibili e perlopiù esclusi dai normali circuiti turistici. Con grande generosità Maurizio Zulian ha voluto donare all’Istituzione roveretana questo straordinario patrimonio documentario, che è cosi confluito nelle banche dati museali e che la nostra Fondazione ha catalogato, schedato e messo a disposizione del grande pubblico oltre che degli studiosi, dei ricercatori e degli addetti ai lavori, che possono consultare i documenti fotografici direttamente online su un sito tematico. Grazie alla preziosa e instancabile attività di Maurizio Zulian, la Fondazione ha inoltre instaurato una lunga e fruttuosa collaborazione con il Supreme Council of Antiquities of Egypt, con il quale ha sottoscritto uno specifico protocollo di intesa, volto a divulgare il patrimonio fotografico conservato a Rovereto. Mi è pertanto particolarmente gradito – conclude – esprimere il mio personale apprezzamento e quello del Museo a questa nuova e preziosa iniziativa editoriale di Maurizio Zulian, che oltre a svelare al grande pubblico i segreti di siti archeologici ricchi di fascino e sconosciuti ai più, consente anche di valorizzare e promuovere ulteriormente un raro e pregiato patrimonio fotografico”.

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Maurizio Zulian e Graziano Tavan alla presentazione del loro libro nella sala conferenze della Cantinja Vivallis di Nogaredo (Tn) (foto italina bacciga)

Giampaolo Cantini, già ambasciatore d’Italia al Cairo. Così sul libro “Nella Terra di Pakhet”. “Maurizio Zulian ci accompagna, nelle pagine di questo straordinario libro, in un viaggio di grande fascino nei siti archeologici più remoti e meno conosciuti dell’Egitto, soprattutto della vasta regione del Medio Egitto”, scrive Cantini. “Lo fa con gli occhi attenti e curiosi del viaggiatore colto, animato da grande passione e al tempo stesso da una conoscenza profonda della storia e dell’eredità di una delle più grandi civiltà. L’autore documenta in modo esauriente e meticoloso siti rimasti per varie ragioni ai margini dei circuiti turistici e sui quali l’attenzione del grande pubblico e anche degli studiosi e minore rispetto a quelli universalmente noti, soprattutto nell’area del Cairo e dell’Alto Egitto. Il viaggio di Maurizio Zulian in questo percorso fuori dal comune e iniziato molti anni fa e prosegue tutt’oggi. Ne è scaturito un rapporto profondo con l’Egitto, con la sua storia, la sua civiltà, la sua gente. In queste pagine emerge non solo il viaggiatore colto, ma anche un autentico esemplare di quella grande tradizione italiana, che potremmo definire di volontariato culturale, che è viva ancora oggi e che tanto contribuisce, tra l’altro, al lavoro delle missioni archeologiche italiane in Egitto. Senza finanziamenti pubblici e senza sponsor privati, ma anzi ricorrendo esclusivamente ai propri mezzi, Maurizio Zulian ha documentato con intelligenza, passione e perseveranza, un patrimonio di grande valore, che il lettore può ora ripercorrere nel dettaglio. Molte delle migliaia di foto raccolte in un arco di tempo di oltre trent’anni, sono anche accessibili on line, da alcuni anni, sul sito del Museo Civico di Rovereto. Una quota dei proventi e devoluta al Ministero delle Antichità egiziano, nello stesso spirito di collaborazione e condivisione che anima il volontariato culturale che anima altresì il lungo viaggio di Zulian attraverso il Medio Egitto. La simbiosi con il Museo Civico di Rovereto non è casuale. È l’emblema di un altro tratto distintivo del nostro Paese: la cultura dei territori, la loro vitalità culturale e non solo economica e sociale. I Musei Civici – conclude – rappresentano una nobile tradizione educativa, con intenti pedagogici e divulgativi, che metteva a disposizione di un vasto pubblico, già nell’Ottocento, le conoscenze storiche, antropologiche, archeologiche e i risultati delle scoperte geografiche, fin nelle medie e piccole citta, in un’epoca in cui il viaggio era soprattutto avventura e la Rete era ben al di là da venire”.

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Maurizio Zulian con la prof.ssa Edda Bresciani in un incontro a Rovereto (foto graziano tavan)

Giuseppina Capriotti Vittozzi, già direttrice del Centro Archeologico Italiano al Cairo, ora al Cnr di Roma. “Maurizio arriva in Egitto qualche decennio fa”, ricorda Capriotti, “trasportato dalla sua passione di comprendere le cose, per la ricerca della comprensione. E perché in Egitto? Credo perché l’Egitto ti attrae come una calamita sui nostri interrogativi, sulla nostra storia, sulla vita stessa dell’uomo. Ma l’approccio alla conoscenza dell’Egitto di Zulian si è poi concentrato sul Medio Egitto che è tanto denso di storia e monumenti quanto assolutamente poco conosciuto rispetto al resto dell’Egitto. L’Egitto ha attirato nei secoli numerosi viaggiatori molti dei quali hanno lasciato questi racconti di viaggio. Alcuni sono anche personaggi famosi, scrittori famosi che ci raccontano il loro incredibile viaggio alla ricerca di questo Paese che noi sentiamo un po’ alle nostre origini. Come dire che c’è un Dna comune nel Mediterraneo e l’Egitto in questo nostro Mediterraneo è sicuramente un faro. E allora queste personalità vengono in Egitto attraverso i secoli e raccontano di questo viaggio. Il primo è Erodoto che nel V sec. a.C. racconta del suo viaggio in Egitto. E così fa Maurizio che quindi riporta in vita un genere letterario che da tempo non viveva più e questo mi sembra veramente una occasione culturale straordinaria. Il racconto di viaggio è qualcosa che rivive anche nella letteratura egiziana. E molti di questi racconti di viaggio hanno una visione in qualche modo centripeta. È l’egiziano che vuole tornare nel suo Paese che gli egiziani chiamano anche col termine “terra amata”, perché esercita un’attrazione fortissima, tanto che chi si allontana vuole tornare. E c’è anche un racconto che Edda Bresciani ha pubblicato, tradotto dal demotico, quindi di epoca tarda, che riprende racconti precedenti. La Bresciani l’ha tradotto come “Dialogo filosofico” ed è il racconto della dea leonessa, Pakhet. E così arrivo al titolo Nella terra di Pakhet. Chi è Pakhet? Pakhet è una delle forme della dea leonessa dell’Alto Egitto. Pakhet è la dea materna e feroce allo stesso tempo. Gli egiziani osservando la natura riconoscono nella femminilità i due aspetti, quello materno e quello feroce. La leonessa è ad esempio la divinità protettrice del faraone. E Pakhet, divinità del Medio Egitto, è una delle forme della dea leonessa. Questa dea leonessa è la figlia della divinità solare che a un certo punto, come pubblicato nel racconto della prof.ssa Bresciani, lascia il Paese e raggiunge i territori selvaggi del Sud oltre la prima cataratta, e non vuole tornare. Allora suo padre, il Sole, manda il babbuino Thot, e il Medio Egitto è anche il Paese di Thot, non solo di Pakhet. Thot è il dio della sapienza, della saggezza, della scrittura. E allora il babbuino, braccio destro della divinità solare, va a cercare la leonessa. La leonessa non vuol tornare, sente il babbuino e lui le parla dell’Egitto, ricordando quella che è la terra amata, fino a convincerla al ritorno. Ci sono parole davvero emozionanti in questo che la Bresciani chiama “dialogo filosofico”. E alla fine la leonessa ritorna, anche lei attratta da questo Paese legato all’idea del ritorno. Quindi se per gli egiziani era la terra amata, per noi non è la patria ma gli riconosciamo questo valore di terra comune, cultura comune, che permane anche nella nostra cultura attraverso il Mediterraneo”. E conclude: “Ringrazio ancora Maurizio per questo straordinario regalo, e mi auguro che il libro possa essere presentato al Cairo. E ringrazio Graziano Tavan per gli apparati utilissimi per chi voglia approfondire. E mi auguro che Rovereto mantenga e rafforzi i legami con l’Egitto, portando in Egitto questa immagine bella dell’Italia”.

Rovereto presenta ufficialmente il libro “Nella terra di Pakhet. Carnet de voyage nelle province centrali dell’Alto Egitto. Appunti di trent’anni di esplorazioni” di Maurizio Zulian e Graziano Tavan, prefazione di Edda Bresciani (Marsilio Arte): un viaggio, emozionale e scientifico al contempo, alla scoperta dell’Egitto centrale, lontano dai percorsi turistici, perché sostanzialmente chiuso ai visitatori – e spesso anche agli stessi studiosi

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Maurizio Zulian con la prof.ssa Edda Bresciani in un incontro a Rovereto (foto graziano tavan)

L’appuntamento è per martedì 28 giugno 2022 alla Cantina Vivallis di Nogaredo (Tn) a un passo da Rovereto. Qui, alle 18.30, la Fondazione museo civico di Rovereto e il Comune di Rovereto organizzano la prima presentazione ufficiale del libro “Nella terra di Pakhet. Carnet de voyage nelle province centrali dell’Alto Egitto. Appunti di trent’anni di esplorazioni” di Maurizio Zulian e Graziano Tavan, prefazione di Edda Bresciani (Marsilio Arte). Il libro è già disponibile, da qualche giorno, nelle Librerie Feltrinelli e on line sulle piattaforme di e-commerce di Amazon, Marsilio, Feltrinelli, Ibs, Hoepli. “Nella terra di Pakhet”, spiegano gli autori, “non è una guida archeologica tout court né un libro fotografico sull’Egitto, ma è un viaggio, emozionale e scientifico al contempo, alla scoperta di un Egitto “nascosto”,  lontano dai percorsi turistici, perché sostanzialmente chiuso ai visitatori – e spesso anche agli stessi studiosi -, in quello che gli egittologi chiamano Medio Egitto, ma che più correttamente è l’Egitto Centrale, dal governatorato di Beni Suef, appena a Sud del Cairo, a quello di Sohag, che finisce ad Abydos: “Un’ampia  regione che trova la sua espressione “mitologica” nel titolo principale del libro Nella terra di Pakhet;  Pakhet  era una dea leonessa, un felino potente “grande di magia”, con caratteri che l’avvicinavano sia a Bastet-la-gatta sia a Sekhmet-la-leonessa,  e  la cui  area di culto era appunto nel Medio Egitto”, scrive nella prefazione la compianta professoressa Edda Bresciani, tra i più grandi egittologi del Novecento, che ha seguito passo-passo la realizzazione di questo libro – praticamente uno dei suoi ultimi lavori, che purtroppo non ha fatto in tempo a vedere stampato -, intervenendo anche con proprie ricerche inedite”.

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Akhenaten, Nefertiti e le figlie: una delle più belle rappresentazioni della famiglia reale rimaste ad Amarna: è conservata nella Tomba 10 di Ipy (foto maurizio zulian)

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Maurizio Zulian “sbuca” da un pozzo funerario durante una delle sue missioni in Egitto (foto Mohsen Edward Fadel)

Ad accompagnarci in questo viaggio di scoperta ed esplorazione è Maurizio Zulian che in trent’anni, come un novello Flaubert, ha girato in lungo e in largo l’Egitto Centrale, visitando personalmente anche più volte tutti i siti, raccogliendo sui suoi taccuini una messe di informazioni, archiviando decine di migliaia di fotografie (oggi parte dell’Archivio on line della Fondazione Museo Civico di Rovereto), incontrando direttori di missioni archeologiche da ogni parte del mondo e confrontandosi con loro. Con più di 800 foto inedite e il racconto in prima persona sui 31 siti archeologici più importanti dell’Egitto Centrale, il lettore si immedesima esploratore al fianco di Zulian, entra nelle tombe precluse al pubblico, ammira i vasti paesaggi della valle del Nilo, conosce riti millenari e usi e costumi moderni. Ma il libro “Nella terra di Pakhet” di 576 pagine (Marsilio Arte) è anche occasione di ricerca e approfondimento, grazie al ricco apparato bibliografico, curato da Graziano Tavan: bibliografia (con oltre 400 titoli specifici su questi siti, pubblicati tra la fine del Settecento e il 2021), indici analitici (con quasi 1200 lemmi, tra luoghi e nomi citati nel libro), glossario (30 termini tecnici che aiutano meglio il lettore meno specialistico a capire) e tavole cronologiche (un confronto diacronico e sincronico dei 31 siti illustrati nel libro).

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Maurizio Zulian

Maurizio Zulian, conservatore onorario per la sezione Scienze naturali e Archeologia in immagini della Fondazione Museo Civico di Rovereto, è sempre stato mosso da una passione per una grande civiltà del passato, quella dei Faraoni, e un amore per un grande Paese, l’Egitto, che è diventata nel tempo un impegno scientifico ed esempio unico di collaborazione culturale ed istituzionale a livello internazionale. Nella prima metà degli anni ’90 del secolo scorso ha visitato le aree archeologiche dell’Egitto Centrale per procurarsi di persona, a fini di studio, le immagini di siti, tombe e templi. Viaggio dopo viaggio ha raccolto oltre 100mila immagini che alla fine degli anni ’90 ha donato al Museo Civico di Rovereto, ora Fondazione.

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Graziano Tavan

Graziano Tavan, giornalista professionista, per quasi trent’anni caposervizio de “Il Gazzettino” di Venezia, per il quale ha curato centinaia di reportage, servizi e approfondimenti per le Pagine della Cultura su archeologia, storia e arte antica, ricerche di università e soprintendenze, mostre. Ha collaborato con le principali riviste di archeologia italiane. Cura l’archeoblog “archeologiavocidalpassato. News, curiosità, ricerche, luoghi, persone e personaggi” (archeologiavocidalpassato.com, con testi in italiano). Al suo attivo, oltre a molti libri di storia locale, il contributo nel progetto “Abydos” di Paolo Renier (2004-segg.), e la prima guida archeologica in italiano “Iran. Tesori di Persia” (1999).

Iri-en-Akhti è il più antico medico veterinario finora conosciuto: 4500 anni fa lavorava alla corte del faraone. Lo ha scovato Maurizio Zulian che lo presenta a Roma all’assemblea del 60.mo dell’ente nazionale previdenza e assistenza veterinari

La grande necropoli di Saqqara vista da Nord (foto Maurizio Zulian)

Maurizio Zulian, conservatore onorario per l’Egitto del museo civico di Rovereto (foto Giorgio Ceriani)

Lui è Iri-en-Akhti di professione medico veterinario alla corte del faraone. Quando, 4500 anni fa, è stato ricordato per la sua alta professionalità nella cappella della mastaba di Ptah-hotep e Ankh-hotep a Saqqara, a un passo dalla piana di Giza, famosa per le grandi piramidi, di certo non avrà pensato sarebbe diventato particolarmente famoso molti millenni dopo la sua morte per una peculiarità che lo rende speciale: è il più antico medico veterinario finora conosciuto. A scovarlo nella necropoli di Saqqara, tra l’altro in una cappella chiusa ai turisti, è stato Maurizio Zulian, esperto dell’Antico Egitto, conservatore onorario per l’Egitto del museo civico di Rovereto che custodisce – e mette a disposizione di tutti gli interessati – l’imponente Archivio fotografico Zulian con i siti del Medio Egitto, frutto della sua trentennale attività di ricerca e sopralluoghi nella terra dei faraoni. Domenica 25 novembre 2018, all’hotel Radisson Blu di Roma, sarà proprio Maurizio Zulian, intervistato dal giornalista Graziano Tavan dell’archeoblog archeologiavocidalpassato, ad aprire i lavori dell’assemblea dell’Enpav, l’ente nazionale di previdenza e assistenza veterinari, presieduta da Gianni Mancuso, nel 60.mo della fondazione, con la relazione “La figura del medico veterinario nell’Antico Egitto. Una rara scena di macellazione e ispezione nell’Antico Regno (2700 – 2195 a.C.)”.

L’ingresso della mastaba di Ptah-hotep e Ankh-hotep a Saqqara (foto Maurizio Zulian)

Il geroglifico per il sostantivo “medico”: si legge “swnw”

“La cappella della mastaba di Ptah-hotep e Ankh-hotep a Saqqara”, esordisce Zulian, “conserva uno dei gioielli dell’arte dell’Antico Regno: superbi bassorilievi dipinti di una rara e squisita raffinatezza. È qui che si può ammirare la raffigurazione della macellazione di un toro. Non dimentichiamo che grande era la fama dei medici egizi anche al di fuori dei confini del loro Paese. Già Omero così declamava l’Egitto: “Terra fertile che produce droghe in abbondanza; alcune sono medicine, altre veleni; è il Paese dei medici più sapienti della terra”. E negli archivi reali di Amarna, in epoca ramesside e nell’Epoca Tarda, sono documentate molte richieste di prestazioni da parte di sovrani stranieri. Nell’Antico Egitto, come ricordava Erodoto nel V sec. a.C., i medici erano distinti in generici e specialisti: “In Egitto – scrive lo storico greco – hanno diviso la medicina come segue: ciascun medico è medico di una sola malattia, non di più. Dappertutto dunque è pieno di medici: ci sono i medici degli occhi, della testa, dei denti, delle malattie del ventre, delle malattie di identificazione incerta”. Vi era poi una distinzione fra medico vero e proprio e chirurgo – continua Zulian – e tra medico dell’uomo e dell’animale: i documenti di alcuni swnw (così si legge il geroglifico che indica il medico) appaiono infatti più esattamente riferiti a medici veterinari. La figura del medico veterinario compare sia in alcune rare scene di ispezione e macellazione del bestiame, sia in un contesto non specialistico”.

Gli affreschi della parete di ingresso della cappella della mastaba di Ptah-hotep e Ankh-hotep a Saqqara (foto Maurizio Zulian)

Nella parete di ingresso della cappella della mastaba di Ptah-hotep e Ankh-hotep a Saqqara possiamo dunque ammirare la rappresentazione del sacrificio di un toro. “Gli Egizi – ci viene in soccorso Zulian – solevano rappresentarla fin dall’inizio in tutte le sue fasi: come si afferrava il toro per le corna per piegargli la testa all’indietro e farlo così cadere, come veniva legato, iugulato, sezionato con una pietra affilata da macellai esperti sino a raffigurare come venivano trasportati i pezzi dai portatori nel corteo funebre per l’alimentazione del defunto”. In questa cappella la scena raffigura il toro già abbattuto e immolato a terra e i macellai al lavoro a sezionare le parti destinate al banchetto funebre. “Abbiamo qui una scena di sacrificio rituale unica nell’iconografia dell’Antico Egitto e il personaggio che dà l’assenso è un swnw di nome Iri-en-Akhti”. Secondo il professore Pierre Montet, egittologo francese della prima metà del Novecento, Iri-en-Akhti va considerato un veterinario. Di certo Iri-en-Akhti è certamente un medico particolare in quanto il suo titolo di swnw è preceduto da “per-aa” (cioè “Grande casa”). E Zulian precisa: “Per-aa significa che è legato amministrativamente alla corte reale dove esercita la funzione di “imy-r wcb swnw”, letteralmente “capo medico purificatore”. Siccome il termine “wcb” designa anche il sacerdote è possibile che “wcb swnw” indichi un medico con funzione rituale”.

Il dettaglio con il medico veterinario Iri-en-Akhti che annusa il sangue (foto Maurizio Zulian)

Il grafico della scena di Iri-en-Akhti nella cappella di Ptah-hotep e Ankh-hotep a Saqqara

Nell’ultima scena del registro superiore della cappella della mastaba di Ptah-hotep e Ankh-hotep un macellaio, senza allentare la presa dell’animale abbattuto, mette la sua mano sinistra, bagnata dal sangue dell’animale sacrificato, sotto il naso di un alto funzionario che assiste, accompagnando questo gesto con le parole: “Guarda questo sangue”. “L’esame che Iri-en-Akhti fa del sangue del toro – riprende Zulian – ha lo scopo di stabilire se questo sangue è puro e non presenta tracce di malattie, che presso gli Egizi potevano essere riconosciute attraverso l’odore, il colore, l’aspetto in genere e anche il sapore. Si tratta di un esame post-mortem condotto sulle parti interne dell’animale ma molto probabilmente anche un’ispezione sulle modalità di macellazione. Gli antichi Egizi controllavano con attenzione nei minimi dettagli tutte le operazioni di macellazione e non solo consideravano alcuni indicatori esterni per riconoscere lo stato di purezza degli animali, ma essi li esaminavano nuovamente e scrupolosamente dopo la morte, per assicurarsi che non presentassero traccia di alcuna malattia organica, di alcuna lesione insospettabile in vita, di una di quelle infermità descritte nei Libri Sacri che rendevano la carne impura. Lo scopo finale era comunque stabilire se l’animale era commestibile da un punto di vista igienico. Si può quindi concludere che nella cappella di Ptah-hotep viene descritto un comportamento puramente igienico (usanza questa che comunque non sembra essere stata molto diffusa, perché non si registra che poche volte) e che Iri-en Akhti sia stato uno dei primi medici veterinari nella storia dell’Uomo, sicuramente il primo del quale ci sia pervenuta l’identità e la raffigurazione”.

Al via a Licodia Eubea (Ct) l’VIII Rassegna del documentario e della comunicazione archeologica: 24 film; incontri con archeologi, divulgatori, registi; due mostre; un seminario-workshop sulla comunicazione archeologica. La memoria è il leitmotiv dell’edizione 2018

La locandina dell’VIII rassegna del documentario e della comunicazione archeologica di Licodia Eubea (Ct)

L’attesa è finita. Licodia Eubea (Ct) è pronta ad aprire al “cinema dell’Antico” con l’VIII edizione della Rassegna del documentario e della comunicazione archeologica, organizzata dal 18 al 21 ottobre 2018 dall’associazione culturale ArcheoVisiva in collaborazione con Archeoclub d’Italia di Licodia Eubea “Mario Di Benedetto”. Ben 24 film in programma, di cui 20 in concorso: lavori di recente produzione, di respiro internazionale: Italia, Francia, Portogallo, Polonia, Spagna, Croazia, Turchia, Libia, Nuova Zelanda, Canada. “È un pezzo di mondo, quello che viene raccontato attraverso i documentari”, sintetizzano i direttori artistici, Alessandra Cilio e Lorenzo Daniele: “ciascuno racconta, con rigore scientifico e grande personalità, il modo in cui l’uomo decide di ricordare o dimenticare il suo passato e le rovine che lo rappresentano, ma anche gli uomini e le donne che hanno contribuito a rivelarlo, a volte celebrati come Sir Arthur Evans, scopritore del mitico palazzo di Minosse a Knosso, altre volte precipitati in un pesante oblio, come l’archeologa preistorica trentina Pia Laviosa Zambotti, morta suicida negli anni Sessanta”.

Lorenzo Daniele e Alessandra Cilio, direttori artistici della rassegna di Licodia Eubea

La memoria è il leitmotiv dell’VIII edizione della Rassegna: “Un tema complesso e attuale”, spiegano Cilio e Daniele, “a caratterizzare tanto le opere in concorso quanto gli incontri, le mostre e tutti gli eventi collaterali in programma. Memoria dell’Antico, ma anche memoria di chi l’Antico lo ha indagato e che, per ragioni storiche o sociali, è stato a lungo dimenticato. Memoria di luoghi, fatti e tradizioni: memoria come identità di una comunità. Ma anche negazione di memoria, laddove il patrimonio culturale venga violato, infranto, distrutto. E responsabili non sono solo coloro che alimentano i grandi conflitti mondiali, ma anche quanti semplicemente dimenticano, in un’epoca proiettata al domani, che fagocita e non assimila. Seguendo questo filo rosso, abbiamo selezionato 24 documentari italiani e stranieri: ciascuno affronta, con grande personalità e altrettanto rigore scientifico, questa vasta tematica. Ancora una volta il cinema si rivela specchio del nostro tempo e mezzo privilegiato per leggere i temi, le speranze, le tensioni che animano la nostra società. Le opere abbracciano epoche comprese tra la Preistoria e l’età contemporanea; narrano un caleidoscopio di storie ambientate in diverse parti del mondo, dalla Murgia al Veneto, dalla Polonia al Portogallo, dalla Turchia al Kurdistan, dall’Africa subsahariana alla Nuova Zelanda”.

L’archeologa Serena Raffiotta

Anche quest’anno il pubblico ha la possibilità di confrontarsi direttamente con i protagonisti della ricerca archeologica, i divulgatori, i registi e gli sceneggiatori che si spendono nel campo della comunicazione del mondo antico. E quest’anno, i nomi degli ospiti sono di tutto rispetto. A conversare con il pubblico del festival, nel pomeriggio di venerdì 19 ottobre, ci sarà l’archeologa Serena Raffiotta, con un intervento dal titolo: “Heritage: Patrimonio è Eredità. Tutelare il patrimonio culturale per salvare un’identità”. Il pomeriggio di sabato 20 ottobre, invece, sarà dedicato a uno dei giornalisti più impegnati a livello internazionale nella lotta al saccheggio del patrimonio storico-artistico, Fabio Isman, che presenterà (per la prima volta in Sicilia) il recente volume “L’Italia dell’arte venduta. Collezioni disperse, capolavori fuggiti”.

Il giornalista Graziano Tavan con l’archeologa Antonia Falcone

Ma le novità di questa nuova edizione del festival non finiscono qui. Oltre al consueto appuntamento dedicato alla didattica e ai cartoon per giovanissimi all’interno della sessione “Ragazzi e Archeologia” e alla “Finestra sul documentario siciliano”, la manifestazione si arricchisce di un workshop dedicato alla comunicazione del patrimonio culturale attraverso i media di ultima generazione. Il workshop “Scava, scarriola, comunica! Quando l’archeologia (si) racconta”, tenuto dall’archeo-blogger Antonia Falcone e dal giornalista Graziano Tavan, in programma la mattina del 20 ottobre, punta ad essere una “palestra formativa” aperta a studenti universitari, giornalisti e operatori museali, per i quali la padronanza di strumenti e strategie comunicative nell’ambito dei beni culturali rappresenta oggi un requisito fondamentale. Il workshop è gratuito e aperto a tutti; registrarsi è possibile, attraverso la piattaforma Eventbrite.it.

Il regista Lucio Rosa e il direttore artistico Lorenzo Daniele

A far da cornice al festival, ben due mostre fotografiche: la prima, “Libia. Antiche Architetture Berbere” del fotografo e regista veneziano Lucio Rosa, dedicata ad un frammento d’Africa sempre più fragile e sgretolato; la seconda, “1915-1918. Licodia Eubea e i suoi figli nella Grande Guerra”, organizzata e allestita dall’infaticabile sezione locale dell’Archeoclub d’Italia. Durante i giorni del Festival, la mostra di Lucio Rosa sarà visitabile dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 20, con la proiezione, a ciclo continuo, dei film “Il segno sulla pietra”, “Libia is near”, “Fabrizio Mori, un ricordo”. “Libia. Antiche Architetture Berbere”. E poi, a far da intermezzo tra il pomeriggio e la sera, gli aperitivi con visita guidata alle sale espositive del museo archeologico “Antonino Di Vita” e di quello etnografico “P. Angelo Matteo Coniglione”, a base di prodotti tipici della tradizione enogastronomica licodiana. E le escursioni alla scoperta del centro storico e dell’hinterland di Licodia Eubea, location di questo festival ma, al tempo stesso, scrigno ricco di autentici gioielli architettonici e storico-artistici.

A chiudere l’edizione 2018 della Rassegna del documentario e della comunicazione archeologica sarà la premiazione del film più votato dal pubblico (Premio “Archeoclub d’Italia”) e del film ritenuto migliore da una giuria internazionale di qualità (Premio “ArcheoVisiva”: una delle novità di quest’anno), assieme al Premio “Antonino Di Vita”, conferito a chi abbia speso la propria carriera nella promozione della conoscenza del patrimonio culturale. “Ancora una volta, dunque, aggiungiamo tessere al mosaico, per incrementare la qualità dell’offerta culturale di questa manifestazione – conclude la Cilio –. Lo facciamo perché continuiamo a credere nel progetto, il cui obiettivo non è solo svelare la bellezza del cinema archeologico, ma anche di fare sistema, coinvolgendo autori, produttori, festival, pubblico e istituzioni. E, un anno dopo, siamo felici di constatare che a crederci siamo sempre di più”.

Il film “Mésopotamie, une civilisation oubliée / Mesopotamia, una civiltà dimenticata” di Yann Coquart

Il programma. Giovedì 18 ottobre 2018. L’apertura del festival alle 17, all’interno della suggestiva chiesa sconsacrata di S. Benedetto e S. Chiara, presso piazza Stefania Noce, in pieno centro storico, con gli interventi di Giacomo Caruso, presidente Archeoclub d’Italia di Licodia Eubea; Alessandra Cilio e Lorenzo Daniele, direttori artistici del Festival; Giovanni Verga, sindaco di Licodia Eubea; Rosalba Panvini, soprintendente BB.CC.AA. di Catania. Alle 17.30, per “Cinema e archeologia” i film “Az, Branko pridivkom Fučić / Nome Branko, cognome Fučić” di Bernardin Modrić (Croazia, 2016, 36’); “L’antico teatro di Herculaneum” di Raffaele Gentiluomo (Italia, 2014, 8’); “Mésopotamie, une civilisation oubliée / Mesopotamia. Una civiltà dimenticata” di Yann Coquart, Luis Miranda (Francia, 2017, 52’); “Le mythe du Labyrinth / Il mito del Labirinto” di Mikael Lefrançois, Agnès Molia (Francia, 2018, 26’). Alle 19.30, per “Incontri di archeologia”, inaugurazione della mostra fotografica “Libia. Antiche Architetture Berbere”. Interviene: Lucio Rosa, regista e fotografo. Alle 19.45, per “Aperitivo al museo”, visita guidata all’interno del museo etnoantropologico “P. Angelo Matteo Coniglione”, con degustazione di prodotti enogastronomici. Alle 21, per “Cinema ed etnoantropologia”, il film “C’era una volta la terra” di Ilaria Jovine e Roberto Mariotti (Italia, 2018, 73’).

Tanti alunni e studenti coinvolti a Licodia Eubea nella sezione “Ragazzi e archeologia”

Venerdì 19 ottobre 2018. Si comincia al mattino, alle 10.30, con “Ragazzi e archeologia”, sezione dedicata a film d’animazione, docufiction e attività didattiche pensate per il pubblico più giovane, condotte dall’archeologa Elena Piccolo. Alle 17.30, apre la sezione “Cinema e archeologia” con i film “Fortificaciones, poblados y pizarras. La Raya en los inicios del Medievo / Fortificazioni, palizzate e ardesia. La Raya all’inizio del Medioevo” di Pablo Moreno Hernández (Spagna, 2018, 11’); “Bajo la duna / Sotto la sabbia” di Domingo Mancheño Sagrario (Spagna, 2016, 50’). Alle 18.30, per “Incontri di archeologia”, interviene l’archeologa Serena Raffiotta su “Heritage: Patrimonio è Eredità. Tutelare il patrimonio culturale per salvaguardare un‘identità”. Segue il film “Pia Laviosa Zambotti. Storia di un’archeologa ritrovata” di Elena Negriolli (Italia, 2017, 42’). Alle 19.45, per “Aperitivo al museo”, visita guidata all’interno del museo etnoantropologico “P. Angelo Matteo Coniglione”, con degustazione di prodotti enogastronomici. Alle 21, per “Cinema ed etnoantropologia” i film “Di cu semu. Reportage su rituali e sopravvivenze popolari” di Salvatore Russo, Giuppy Uccello (Italia, 2018, 24’); “Maria vola via” di Michele Sammarco (Italia, 2017, 16’).

Il libro di Fabio Isman “L’Italia dell’arte venduta”

Sabato 20 ottobre 2018. Si comincia al mattino alle 11. Per “Archeologia e comunicazione” il seminario e workshop “Scava, scarriola, comunica! Quando l’archeologia (si) racconta” sulla comunicazione dell’Antico attraverso media tradizionali e di ultima generazione. Intervengono: Antonia Falcone, archeologa e blogger, e Graziano Tavan, giornalista e blogger. Alle 17, per “Cinema e archeologia” i film “W poszukiwaniu średniowiecza / Alla ricerca dei secoli bui” di Jakub Stępnik (Polonia, 2017, 8’); “Shepherds in the cave / Pastori nella grotta” di Anthony Grieco (Canada-Italia, 2016, 84’). Alle 18.30, per “Incontri di archeologia”, interviene il giornalista e scrittore Fabio Isman su “L‘Italia dell‘Arte venduta”. Segue il film “Artquake” di Andrea Calderone (Italia, 2017, 60’). Alle 20, per “Aperitivo al museo” visita guidata all’interno del museo Civico “Antonino Di Vita” con degustazione di prodotti enogastronomici. Alle 21.30, per “Cinema e archeologia” i film “Living Amid the Ruins / Vivere tra le rovine” di Işılay Gürsu (Turchia, 2017, 13’); “Peau d’Ame / Pelle d’anima” di Pierre-Oscar Lévy (Francia, 2017, 100’).

La consegna del premio “Antonino Di Vita” 2017: da sinistra, i direttori artistici Lorenzo Daniele e Alessandra Cilio, e Francesca Spatafora con Maria Antonietta Rizzo

Domenica 21 ottobre 2018. Si inizia alle 17, per “Cinema e archeologia” i film “Il viaggiatore del Nord” di Alessandro Stevanon (Italia, 2016, 8’); “Meet Peter / Incontriamo Peter” di Gemma Duncan (Zuona Zelanda, 2017, 14’); “Bobadela Romana. Splendidissima Civitas” di Rui Pedro Lamy (Portogallo, 2017, 20’); fuori concorso “Babinga, piccoli uomini della foresta” di Lucio Rosa (Italia, 1987, 26’). Alle 18.30, per “Finestra sul documentario siciliano” interviene il critico di Filmstudio Renato Scatà su “Quattro strani casi di cinema in Sicilia” con il film fuori concorso “La voce del corpo” di Luca Vullo (Italia, 2012, 30’). Alle 20, cerimonia di premiazione. Concetta Caruso, presidente Archeoclub d’Italia di Palazzolo Acreide, consegna il premio Archeoclub d’Italia al film più votato dal pubblico; Jay Cavallaro, documentarista e fotografo, a nome della giuria di qualità consegna il premio ArcheoVisiva al miglior film selezionato; Maria Antonietta Rizzo Di Vita, docente di Etruscologia e antichità italiche all’università di Macerata, consegna il premio Antonino Di Vita -un’opera dell’artista Santo Paolo Guccione, a chi spende la propria professione nella promozione della conoscenza del patrimonio storico-artistico e archeologico.

“Mesopotamia: in memoriam. Appunti su un patrimonio violato”: prime anticipazioni della nuova produzione cinematografica di Alberto Castellani, una miniserie televisiva in uscita nel 2019, con immagini e testimonianze dall’Iraq e dalla Siria prima e dopo l’Isis. Il regista veneziano ospite a Montereale Valcellina per la “serata Palmira”

L’archeologo siriano Khaled Asaad, decapitato dall’Isis il 18 agosto 2015

Il museo Archeologico di Montereale Valcellina

La Mesopotamia com’era. E com’è oggi la “culla della civiltà” dopo gli sfregi dell’Isis, e non solo. “Mesopotamia: in memoriam. Appunti su un patrimonio violato” è il nuovo film in lavorazione, o meglio la miniserie televisiva in due puntate (una sull’Iraq e l’altra sulla Siria), del regista veneziano Alberto Castellani, ideato sull’onda dell’orrore suscitato per l’eccidio del direttore del museo di Palmira, Khaled Asaad, e denunciato nel film “Khaled Asaad, quel giorno a Palmira” (2015), che si può vedere venerdì 28 settembre 2018, alle 18.30, a Montereale Valcellina (Pn), nella “serata Palmira” con l’intervento del giornalista Graziano Tavan e dello stesso regista.

Il regista veneziano Alberto Castellani durante le riprese in Vicino Oriente

Il montaggio del nuovo film di Castellani inizierà a giorni (“Devo visionare gli ultimi contributi filmici del prof. Daniele Morandi Bonacossi, direttore della missione archeologica “Terre di Ninive” nel Kurdistan iracheno, poi si comincia la nuova fatica”, annuncia Castellani). Ma archeologiavocidalpassato è in grado di dare qualche anticipazione sul progetto Mesopotamia che rappresenta il ritorno del regista veneziano nelle terre martoriate del Vicino Oriente, e affronta – ora con un respiro più ampio – in termini sociali e culturali il dramma che sta vivendo il Vicino Oriente, e in particolare l’Iraq e la Siria. “È il progetto più ambizioso che ho affrontato in tanti anni di lavoro sul campo – ammette -. Tutto nasce proprio dall’esperienza vissuta nell’incontro con Khaled Asaad. E allora mi sono chiesto: tutto qui? Così ho iniziato a cercare i segni delle ferite inferte dalla guerra e a confrontare la situazione attuale con quella giunta fino a noi, prima dell’Isis, attraverso millenni di storia. Conto di presentare l’opera in una grande rassegna cinematografica internazionale nel corso del 2019”.

Il resgita Alberto Castellani durante le riprese della collezione mesopotamica “Ugo Sissa” a Palazzo Te di Mantova (foto Graziano Tavan)

Il famoso Stendardo di Ur (2500 a.C.) conservato al British Museum di Londra

L’archeologo Daniele Morandi Bonacossi in missione in Kurdistan

L’archeologo Paolo Matthiae, scopritore di Ebla in Siria

“C’erano una volta due fiumi, il Tigri e l’Eufrate, e tutt’attorno una terra fertile a forma di mezzaluna, dove nacquero civiltà antiche, a cui si fanno risalire scoperte come la scrittura o la nascita della società urbana. Ora possiamo definirla come la tomba della storia della civiltà”, esordisce Alberto Castellani nel suo studio di Venezia dove sta ultimando la sceneggiatura del programma (ben 160 pagine) e schedando il materiale già girato in musei italiani ed europei. Dietro questo progetto c’è più di un anno di ricerche, sia di materiali di archivio (Castellani ha all’attivo decine di documentari e ore di girato in Vicino Oriente, soprattutto in Siria, prima che arrivassero i miliziani dell’Isis), sia di nuove riprese delle più importanti collezioni mesopotamiche conservate in Europa, sia di contributi filmici di enti vari (dall’università di Udine alla comunità di monaci di Marango, vicino a Caorle, gemellati con una comunità vicino a Mosul, in Iraq). “Ho raccolto immagini al British di Londra, al Louvre di Parigi e al Pergamon di Berlino, dove ci sono le collezioni mesopotamiche più famose, ma anche in piccole collezioni, come quella mesopotamica messa insieme da Ugo Sissa e oggi conservata a Palazzo Te a Mantova”, spiega Castellani. “Inoltre posso contare sulla consulenza di grandi archeologi: Daniele Morandi Bonacossi, ordinario di Archeologia e storia dell’Arte del Vicino Oriente antico all’università di Udine; Paolo Matthiae, già docente di Archeologia e storia del Vicino Oriente antico all’università di Roma “La Sapienza”; Franco d’Agostino, docente di Assiriologia al Dipartimento italiano di Studi Orientali de “La Sapienza”; Massimo Maiocchi, docente di Archeologia del Vicino Oriente all’università Ca’ Foscari di Venezia; Paolo Brusasco, docente di Archeologia e storia dell’Arte del Vicino Oriente all’università di Genova. In più posso contare sul patrocinio di Consiglio d’ Europa- Venezia/ Bruxelles, CEI – Ufficio Comunicazioni Sociali Roma, Ente dello Spettacolo – Roma”.

A colpi di martello contro un lamassu (toro alato androcefalo) da Nimrud al museo di Mosul

I miliziani dell’Isis si accaniscono contro i tesori del museo di Mosul in Iraq

La distruzione del tempio di Baal Shimin a Palmira, patrimonio dell’Unesco, da parte dei miliziani dell’Isis

Parlando con Castellani si percepisce tutta l’amarezza di chi ha firmato numerosi programmi di taglio archeologico ambientati nel Vicino Oriente ma che vede di giorno in giorno allontanarsi la possibilità di ripercorrere quelle terre con lo spirito di un tempo. “L’elenco di ciò che l’uomo ha perduto è oggi impossibile”, sottolinea Castellani. “Si tratta di saccheggi operati dall’Isis che non hanno alcuna giustificazione: men che meno quella della distruzione dell’ idolatria. Ma anche di razzie operate da regimi diversi e favorite da connivenze colpevoli”. Tra le testimonianze perdute ci sono sculture, tavolette cuneiformi, sigilli cilindrici. “Così risulta difficile se non impossibile per le popolazioni della Mesopotamia”, sottolinea il regista facendo proprie le parole dell’archeologo Paolo Brusasco, “conservare il legame con la propria terra perché sono venuti meno i riferimento storici del mondo di cui sono eredi. Rimane allora soltanto un gigantesco buco nero di smarrimento e di angoscia sociale”. Tutto finito dunque, nessuna speranza per il futuro? “Per dare un senso al domani e alle motivazioni che sottintendono il mio film, mi piace ricordare”, conclude Castellani, “quanto si è chiesto recentemente Domenico Quirico, inviato di guerra de La Stampa: … perché il bassorilievo di un toro antropomorfo del primo millennio assiro fa paura al califfato? – scrive Quirico -. Perché le statue di Mosul spaventano lo stato islamico tanto che i suoi sgherri le fanno a pezzi, si accaniscono su di esse, le gettano al suolo sbriciolate come se fossero nemici armati o ribelli? Perché …le pietre, le statue, i templi parlano. Parlano più dei sermoni e dei discorsi e tutti li possono leggere. Allora bisogna ucciderle, quelle pietre, polverizzarle per affermare che la Storia è stata scritta di nuovo e definitivamente. Altrimenti l’impalcatura della finzione cade, l’avvento islamista diventa arbitrario, incerto, una parentesi che prima o poi finirà”.

XXIX rassegna internazionale del cinema archeologico di Rovereto: 35 film che spaziano dalla preistoria all’Egitto, dalla Grecia a Roma al Medioevo, dalle civiltà africane all’Isola di Pasqua. Conversazioni con protagonisti dell’archeologia che poi incontrano il pubblico anche in aperitivi informali. La rassegna in città: incontri con gli autori nelle librerie. Percorsi e degustazioni guidati

Il manifesto della 29.ma edizione della rassegna internazionale del cinema archeologico di Rovereto 2018

Il film “L’Ile de Paques, l’heure des verites” di Thibaud Marchand

“Sono tantissimi gli argomenti toccati dai 35 film in concorso nella XXIX Rassegna internazionale del cinema archeologico di Rovereto”, sintetizza Barbara Maurina, conservatrice per l’Archeologia, supervisore scientifico della rassegna. “Alto l’interesse per le origini dell’uomo e la preistoria, per l’Egitto e i suoi grandi monumenti, per le civiltà fiorite nel Mediterraneo, per Grecia, Roma, per il Medioevo e i suoi castelli, per le civiltà africane, per i Rapa Nui e l’Isola di Pasqua, oltre a produzioni curiose sulle origini della musica e della stampa, su personaggi storici particolari e interessanti come Matilde di Canossa, l’archeologo Winckelmann o Pia Laviosa Zambotti. Ma la Rassegna – continua – sarà molto più dei film. Gli incontri con i protagonisti di quest’anno propongono argomenti che vanno dalle origini dell’uomo, all’utilizzo delle nuove tecnologie in ambito archeologico per effettuare nuove scoperte perfino nelle straordinarie tombe dei Faraoni egizi, al mercato nero di reperti che ha superato il traffico d’armi per volume d’affari. Non mancherà un incontro in memoria del grande documentarista italiano Folco Quilici, che verrà ricordato grazie all’intervento del figlio Brando. Gli incontri saranno moderati da giornalisti, archeologi, blogger, e – grande novità – alla fine delle conversazioni con #dachepulpito “aperitivo informale con i protagonisti” le domande il pubblico le potrà fare a tu per tu, incontrando gli ospiti nella sala bar del teatro, dove sarà possibile sciogliere qualche curiosità sugli argomenti proposti in un ambiente informale e amichevole”.

Il film “Mysterious Discoveries in the Great Pyramid / Misteriose scoperte nella Grande Piramide” di Florence Tran

Il prof. Francesco Porcelli

Focus sull’Egitto. Martedì 2 ottobre 2018, nel pomeriggio, il film “Mysterious Discoveries in the Great Pyramid / Misteriose scoperte nella Grande Piramide” di Florence Tran (Francia, 2017, 85′). La grande Piramide di Giza è l’unica delle sette meraviglie oggi sopravvissute. Alla fine del 2017, un team multidisciplinare di scienziati autorizzato dal governo egiziano per la prima volta dopo 30 anni, mette in campo le più moderne tecnologie e scopre misteriose cavità nella Grande Piramide. “Non poteva mancare la terra dei faraoni con un film sulle più recenti tecnologie applicate all’archeologia”, spiega Maurina, “cui seguirà, alle 17.45, la conversazione con Francesco Porcelli, professore al DISAT Dipartimento Scienza Applicata e Tecnologia del Politecnico di Torino al quale è stato affidato l’incarico da parte del ministero delle Antichità egiziano di verificare la presenza di un corridoio che dalla tomba di Tutankhamon avrebbe dovuto portare alla tomba di Nefertiti. Il professore parlerà di “Archeo-fisica nel terzo millennio. Il progetto Luxor-Valle dei re” insieme a Marco Cattaneo, direttore di National Geographic e Mattia Mancini, archeologo e blogger.

“La passeggiata del cavallo i Troia” affrescata da Giandomenico Tiepolo nella seconda metà del XVIII secolo nella villa di famiglia a Zianigo nella terraferma veneziana

L’archeologo navale Francesco Tiboni

Focus sulla Grecia. Mercoledì 3 ottobre 2018, il film “Crète, le mythe du labyrinthe / Creta, il mito del labirinto” di Agnès Molia (Francia, 2017, 26′). L’archeologo Peter Eeckhout, nella fortunata serie francese «Inchieste archeologiche», accompagna gli spettatori al centro del Mediterraneo, a Creta, che fu la culla, tra il 3000 e il 1400 a.C., della prima grande civiltà del mondo greco, particolarmente avanzata: la civiltà Minoica. “Il film rientra in una produzione più ampia che presenta inchieste di archeologia alla ricerca di nuovi siti e di recenti scoperte archeologiche. E di una “scoperta” tratta la conversazione alle 17.45 con Francesco Tiboni, archeologo terrestre, subacqueo e navale, docteur de l’Université Aix-Marseille I e presidente di ATENA CuMaNa dell’università di Genova, che metterà in discussione la veridicità dello stratagemma del cavallo per la risoluzione della guerra di Troia nell’incontro “La presa di Troia. Un inganno venuto dal mare. Perché Omero non parlò mai di un cavallo” insieme a Graziano Tavan, giornalista e curatore dell’archeoblog archeologiavocidalpassato.

Il film “Le fils de Neanderthal. Il figlio dei Neanderthal” di Jacques Mitsch

Il paleoantropologo Giorgio Manzi

Focus dell’Uomo di Neanderthal. Mercoledì 3 ottobre 2018, alla sera, il film “Le fils de Neandertal / Il figlio dei Neandertal” di Jacques Mitsch (Francia, 2017, 52′). L’Homo sapiens ha veramente soppiantato i Neandertal? È quello che si credeva fino alla scoperta di una strana sepoltura. Per mesi paletnologi, paleoantropologi e genetisti hanno lavorato per scoprirne i segreti in un grande viaggio immaginario sulle tracce del più incredibile dei nostri antenati. E giovedì 4 ottobre 2018, alla sera, il film “Qui a tué Neandertal? / Chi ha ucciso i Neandertal?” di Thomas Cirotteau (Francia, 2017, 90′). 350.000 anni fa, i Neandertal dominavano il mondo e gli animali, adattandosi all’ambiente difficile, e sviluppando abilità ed elementi culturali propri. La loro scomparsa 30.000 anni fa rimane un mistero. Tra le ipotesi: genocidio, epidemie, cambiamenti climatici, diluizione genetica. Il docudrama cerca di risolvere l’enigma. “Sul tema si inserisce la conversazione di giovedì 4 ottobre 2018, alle 17.45, con Giorgio Manzi, paleoantropologo e divulgatore, professore al dipartimento di Biologia ambientale dell’università La Sapienza di Roma”. Si parlerà di “Qualcosa di molto speciale: come e quando siamo diventati umani” insieme a Marco Perinelli, archeologo e giornalista, e Antonia Falcone, archeologa e blogger.

Folco Quilici, grande documentarista, divulgatore scientifico, scrittore e ambientalista

Il cinema di Folco Quilici. Venerdì 5 ottobre 2018, alle 17.45, “Brando Quilici, regista e documentarista, insieme ad Andrea M. Steiner, direttore della rivista Archeo, consegneranno al pubblico il ricordo del grande Folco Quilici, ospite di numerose edizioni del nostro festival”. Durante l’incontro sarà proiettato il film “Hierapolis” di Folco Quilici (Italia, 2008, 28’). Pamukkale, ovvero “Castello di cotone”, è un sito nella valle del Meandro dove l’acqua forma straordinarie formazioni di calcare, bianche come il frutto del cotone. Su questo scenario grandioso, tornano alla luce i resti dell’antica Hierapolis, città greca, romana e cristiana.

La giornalista della Rai Valeria Ferrante affronta il tema del mercato nero di reperti archeologici

La grande razzia. Per finire, sabato 6 ottobre 2018, alle 17.30, con Valeria Ferrante, giornalista e reporter, si affronterà il tema scottante della “Grande razzia” ovvero il furto e il mercato nero di reperti archeologici in Italia, insieme a Rocco Cerone, giornalista e segretario Assostampa del Trentino-Alto Adige. Valeria Ferrante collabora con inchieste e video-reportage a diversi programmi TV, e con Repubblica. Nel 2017 ha vinto il premio giornalistico Giustolisi “Giustizia e verità”. La sua è una testimonianza sul furto e il traffico illecito di beni culturali e opere d’arte, il cui volume d’affari criminali ha superato quello del traffico d’armi.

 

Il libro “Ötzi The Iceman. Der Mann aus dem Eis” di Armin Barducci e Eleonora Suri Bovo

Il libro “Iron Towns” di Anthony Cartwright

La Rassegna va in città. Ma la novità forse più grande è quella di voler far vivere il festival non solo a teatro e nella sala cinematografica, ma anche in città. Oltre alla nuova formula degli aperitivi coi protagonisti al termine delle conversazioni, con vino offerto da Cantine Vivallis, la Rassegna si sposta infatti al di fuori del cinema con “Rassegnaincittà” e offre eventi organizzati in collaborazione con diversi partner: ci saranno presentazioni di libri a cura delle librerie Arcadia (sabato 6 ottobre 2018, alle 19, presentazione del libro di Anthony Cartwright “Iron towns. Città di ferro” con la presenza dell’autore) e Piccoloblu (mercoledì 3 ottobre 2018, alle 17.30, incontro per bambini e ragazzi dagli 8 ai 12 anni con Armin Barducci e Eleonora Suri Bovo, autori e fumettisti del libro “Ötzi The Iceman. Der Mann aus dem Eis. / L’uomo venuto dal ghiaccio”; venerdì 5 ottobre 2018, “L’archeologia animata”, proiezioni di cartoni animati a tema per bambini dai 4 ai 7 anni alle 17, e per ragazzi dagli 8 ai 12 anni alle 18); un percorso guidato con degustazione al Museo del Caffé Bontadi (mercoledì 3 ottobre 2018, “L’arte del caffè”, alle 14); un percorso con degustazione “Sulle rotte del cioccolato” all’eno-cioccoteca Exquisita (venerdì 5 ottobre 2018, alle 14, lezione con degustazione guidato). Nella mattinata finale del festival, sabato 6 ottobre 2018, alle 11.15, sarà anche presentata, questa volta nella sala bar del teatro, una pralina appositamente creata da Exquisita in esclusiva per la Rassegna, che ne descriverà l’essenza attraverso il cioccolato e che si potrà degustare in anteprima.

Musicarivafestival porta lo spettacolo “Sinfonia della storia. Musica e immagini archeologiche”

Serata finale con premiazioni. Tra le novità anche lo spettacolo della serata finale (6 ottobre, alle 21): quest’anno c’è la collaborazione con il MusicaRivaFestival, grazie al sostegno della Fondazione Caritro, per uno spettacolo che unisce l’archeologia e la musica: “La sinfonia della storia”, musica e immagini archeologiche. Il concerto del Milano Saxophone Quartet, quartetto composto da quattro giovani musicisti che ha già suonato in tutto il mondo, sarà infatti accompagnato da immagini tratte dai film dell’archivio della Rassegna. Quindi si chiude con la cerimonia di premiazione. Gli spettatori avranno la possibilità di attribuire, con votazioni giornaliere, il premio Città di Rovereto al film più gradito dal pubblico. Verranno poi attribuite la menzione speciale CinemAMoRe, insieme a Trento Film Festival di Trento e Religion Today Filmfestival, e la menzione speciale Archeoblogger, attribuita da una giuria formata da alcuni dei più seguiti blogger di archeologia italiani.

(2 – fine; il precedente post è stato pubblicato il 10 settembre 2018)

“Palmira riaprirà ai turisti entro l’estate 2019”: l’annuncio del governatore di Homs a un anno e mezzo dalla sua definitiva liberazione dall’Isis. A Montereale Valcellina “serata Palmira” in ricordo di Khaled Asaad

Il colonnato di Palmira, punto di sosta per le carovane di viaggiatori e mercanti che attraversavano il deserto siriano

Il governatore di Homs, Talal Barazi

“Palmira riaprirà ai turisti entro l’estate 2019”. L’annuncio del governatore della provincia di Homs, Talal Barazi, è arrivato come un segno di speranza e di raggiunta normalità proprio mentre il mondo è ancora una volta in apprensione con gli occhi puntati sulla Siria per l’acuirsi delle tensioni tra il governo di Assad e le sacche di resistenza ancora presenti soprattutto nella zona di Idlib. Riuscirà Palmira, la “sposa del deserto”, sito Unesco patrimonio dell’Umanità dal 1980, a risorgere dalle sue ceneri? Nell’intervista rilasciata da Talal Barazi a Sputnik News, agenzia di stampa e radio controllata direttamente dal Cremlino, ci sarebbero tutti i presupposti: “Le autorità hanno un progetto per riparare tutti i danni causati all’antica città di Palmira. Questa è la storia del mondo e non appartiene solo alla Siria. Ci sono buone offerte dalle potenze mondiali di restaurare le opere e il valore storico di Palmira. Ritengo che la città sarà completamente pronta a ricevere turisti nell’estate 2019”. I lavori si svolgeranno grazie anche all’Unesco e a Italia, Polonia e Russia che si sono impegnati a offrire assistenza negli sforzi della Siria. Intanto per marzo 2019, assicura Barazi, sarà restaurato anche il mercato centrale di Homs, che ha duemila anni.

La distruzione del tempio di Baal Shimin a Palmira, patrimonio dell’Unesco, da parte dei miliziani dell’Isis

L’archeologo Paolo Matthiae, scopritore di Ebla in Siria

Era il 2015 quando le milizie dell’Isis conquistano Palmira, portando distruzione. Le voci si rincorsero e rimbalzarono in Occidente, ma fu solo con la liberazione di Palmira il 27 marzo 2016 da parte delle truppe di Assad col sostegno fondamentale della Russia che si potè valutare con precisione gli effetti devastanti dell’Isis: in quei mesi di occupazione l’Isis aveva fatto esplodere i templi di Bel, di Baalshamin, l’arco di trionfo e lo spettacolare colonnato nella valle delle tombe. Ma soprattutto non si può scordare l’atto più vergognoso: il 18 agosto 2015 viene decapitato Khaled al Asaad, direttore del museo di Palmira e custode del sito Unesco, giustiziato – come ha dichiarato il prof. Paolo Matthiae, il decano degli archeologi in Siria – per tre motivi: “Perché non aveva rivelato dove aveva nascosto i tesori portati in salvo da Palmira; perché era ritenuto un servo del regine di Assad; perché era custode di un luogo pagano”.

L’immagine satellitare mostra la distruzione della parte centrale del proscenio del teatro antico di Palmira e delle colonne del tetrapilo

Nuovo dramma. Ma nel dicembre 2016, mentre l’attenzione e il grosso delle forze della coalizione erano concentrate nella battaglia di Aleppo, per liberare la seconda città della Siria dove resistevano ancora i ribelli al regime di Assad, l’Isis con un blitz nel deserto si riprendeva il controllo dell’oasi di Palmira (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2017/01/24/siria-lisis-riconquista-palmira-e-distrugge-il-proscenio-del-teatro-antico-e-il-tetrapilo-condanna-dellunesco-e-dellonu-su-iniziativa-italiana-matthiae-danni-g/). Fu proprio Talal Barazi a dare la notizia. Di colpo tornava l’incubo per possibili nuove distruzioni di antichi monumenti in quello che è uno dei siti archeologici più importanti del Vicino Oriente. La segnalazione da parte di satelliti militari di spostamento di esplosivo nell’area di Palmira fu solo il campanello di allarme di quello che sarebbe successo di lì a pochi giorni. Si arriva così al 20 gennaio 2017. Il telegramma è dell’agenzia ufficiale della Siria, Sana. Ed è uno di quelli che lascia il segno: “L’Isis ha distrutto il proscenio dell’antico teatro romano di Palmira, nella Siria centrale, e il Tetrapilo, una struttura colonnata sempre nel sito archeologico patrimonio dell’Unesco”. Ma questa volta gli islamisti non riescono a radicarsi e a stabilire solide difese e, per questo motivo, il 2 marzo 2017, la bandiera della Repubblica araba siriana torna a sventolare sulle rovine di Palmira. Da quel momento in poi, la situazione sul fronte della sicurezza si è via via stabilizzata. Adesso manca soltanto il ritorno dei visitatori nei monumenti riusciti a resistere alla furia devastatrice dei terroristi.

L’archeologo siriano Khaled Asaad, decapitato dall’Isis il 18 agosto 2015

Il regista veneziano Alberto Castellani

Serata Palmira. Venerdì 28 settembre 2018, nell’ultimo week end della mostra “Palmira. Sposa del deserto”, a Montereale Valcellina (Pn), serata omaggio al grande archeologo Khaled Asaad. Alle 18.30, nella sala conferenze “Roveredo” a Palazzo Toffoli, il giornalista Graziano Tavan, curatore dell’archeoblog archeologiavocidalpassato, interverrà su “Siria in fiamme. Il caso Palmira. Da Zenobia all’Isis”: sarà un “viaggio” nella storia e nel tempo dai fasti di Palmira nell’antichità, divenuta famosa per una sua regina speciale, Zenobia, all’attuale situazione seguita alla distruzione di gran parte dei suoi monumenti simbolo da parte delle milizie dell’Isis. L’incontro introduce alla visione del film di Alberto Castellani, “Khaled al-Asaad, Quel giorno a Palmira (Italia, 2015; 24’). Il documentario raccoglie le immagini e le impressioni di un viaggio alla volta di Palmira effettuato dal regista nei primi anni del 2000 e riporta tra l’altro l’intervista rilasciatagli allora da Khaled al-Asaad, responsabile del sito e del locale museo, impegnato nella difesa di un patrimonio archeologico che è fra i più importanti e preziosi al mondo, assassinato dai miliziani dell’Isis nel 2015 (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2018/07/24/estate-al-mamv-2018-al-museo-archeologico-di-montereale-valcellina-pn-unestate-ricca-di-storia-cultura-e-divertimento-nel-segno-di-palmira-la-sposa-del-deserto-mostra/).