Pavia è pronta a tornare capitale del Regnum Langobardorum: apre al castello Visconteo la mostra “Longobardi. Un popolo che cambia la storia”, un grande evento in cui per la prima volta Nord e Sud d’Italia sono uniti nel nome degli “uomini dalle lunghe barbe”

Il manifesto della mostra “Longobardi. Un popolo che cambia la storia” che apre a Pavia il 1° settembre 2017
È tutto pronto. Anzi, Pavia è pronta a tornare capitale del Regnum Langobardorum: tra una settimana, il 1° settembre 2017, al Castello Visconteo di Pavia, apre “Longobardi. Un popolo che cambia la storia”, una grande mostra, in realtà un grande evento internazionale, in cui per la prima volta Nord e Sud Italia sono uniti per una delle più importanti esposizioni mai realizzate sui Longobardi. Infatti dopo Pavia, dove rimane fino al 3 dicembre, la mostra si sposta al museo Archeologico di Napoli (dal 15 dicembre 2017), in cui il capoluogo partenopeo si fa portavoce del ruolo fondamentale del Meridione nell’epopea degli “uomini dalla lunghe barbe” e nella mediazione culturale tra Mediterraneo e nord Europa. Infine dall’aprile 2018 i “Longobardi” andranno alla conquista di San Pietroburgo, in Russia, “invadendo” per la prima volta il museo dell’Ermitage. Come era stato sottolineato alla presentazione dell’evento al ministero per i Beni culturali a Roma (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2017/07/09/gli-uomini-dalle-lunghe-barbe-come-non-li-avete-mai-visti-apre-a-pavia-poi-a-napoli-e-infine-a-san-pietroburgo-longobardi-un-popolo-che-cambia-la-storia-una-mos/) alla base della realizzazione di una mostra che, per gli studi scientifici svolti, l’analisi del contesto storico italiano e più ampiamente mediterraneo ed europeo, per gli eccezionali materiali esposti, quasi totalmente inediti, e per le modalità espositive, si preannuncia “epocale”, c’è l’eccezionale e proficua collaborazione internazionale a tre – musei civici di Pavia, museo Archeologico nazionale di Napoli e museo statale Ermitage: l’esposizione è in definitiva il punto di arrivo di oltre 15 anni di nuove indagini archeologiche, epigrafiche e storico-politiche su siti e necropoli altomedievali, frutto del rinnovato interesse per un periodo cruciale della storia Italiana ed europea.

Una cosiddetta “Fibula a S” in argento dorato, almandine e pietre, trovata nella necropoli Cella; oggi al museo Archeologico nazionale di Cividale del Friuli
Curata da Gian Pietro Brogiolo e Federico Marazzi con Ermanno Arslan, Carlo Bertelli, Caterina Giostra, Saverio Lomartire e Fabio Pagano e con la direzione scientifica di Susanna Zatti, Paolo Giulierini e Yuri Piotrovsky, la mostra organizzata da Villaggio Globale International consentirà – a differenza di precedenti eventi – di dare una visione complessiva e di ampio respiro (dalla metà del VI secolo, dalla presenza gotica in Italia, alla fine del I millennio) del ruolo, dell’identità, delle strategie, della cultura e dell’eredità del popolo longobardo che nel 568, guidato da Alboino, varca le Alpi Giulie e inizia la sua espansione sul suolo italiano: una terra divenuta crocevia strategico tra Occidente e Oriente, un tempo cuore dell’Impero Romano e ora sede della Cristianità, ponte tra Mediterraneo e Nord Europa.
Oltre 300 le opere esposte; più di 80 i musei e gli enti prestatori; oltre 50 gli studiosi coinvolti nelle ricerche e nel catalogo edito da Skira; 32 i siti e i centri longobardi rappresentati in mostra; 58 i corredi funerari esposti integralmente; video originali e installazioni multimediali (touchscreen, oleogrammi, ricostruzioni 3D, ecc.); 3 le cripte longobarde pavesi, appartenenti a soggetti diversi, aperte per la prima volta al pubblico in un apposito itinerario; centinaia i materiali dei depositi del Mann vagliati dall’università Suor Orsola Benincasa, per individuare e studiare per la prima volta i manufatti d’epoca altomedievale conservati nel museo napoletano.
La mostra che apre a Pavia il 1° settembre 2017 si sviluppa in otto sezioni, con un allestimento di grande fascino e di assoluta novità nel campo archeologico, che incrocia creatività, design e multimedialità: dal cupo contesto in cui s’innesta in Italia l’arrivo dei Longobardi ai modelli insediativi ed economici introdotti dalla loro presenza; dalle strutture del potere e della società nel periodo dell’apogeo alle testimonianze della Longobardia Meridionale tra bizantini e arabi, principati e nuovi monasteri. Straordinaria è la testimonianza in mostra di numerose necropoli recentemente indagate con metodi multidisciplinari e mai presentate al pubblico, che consentono una ricostruzione estremamente avanzata della cultura, dei riti, dei sistemi sociali ma anche delle migrazioni delle genti longobarde, provate grazie a sofisticate e innovative analisi di laboratorio del DNA e sugli isotopi stabili (elementi in traccia nelle ossa, lasciate dall’acqua e dall’alimentazione) effettuate per esempio su ritrovamenti recenti in Ungheria.

Catino decorato
con ingobbio rosso, esterno ed interno conservato al museo Diocesano del Santuario di Santa Restituta a Ischia
Innanzitutto si esporranno per la prima volta alcuni contesti goti con la sovrapposizione di gruppi longobardi come il nucleo di tombe di Collegno in provincia di Torino, ove sono stati ritrovati due individui, entrambi esposti, di cui un bambino di 7 anni, con la deformazione artificiale dei crani: una pratica di distinzione sociale diffusa tra gli unni e i germani dell’Europa centro-orientale. Tra le più recenti scoperte, eccezionale, per le sue dimensioni, appare la necropoli cuneese, di Sant’Albano Stura – di cui si dà conto – dove sono state riportate in luce quasi 800 tombe quando nelle altre località si contano in genere tra le 100 e le 300 sepolture. I grandi sepolcreti in campo aperto testimoniano comunque la divisione in clan e lo stadio culturale e religioso dei Longobardi al loro arrivo in Italia, legato ancora a valori pagani e guerrieri come mostrano le armi, il sacrificio del cavallo, offerte alimentari e decori animalistici. Accanto agli scheletri di cavallo e di due cani da Povegliano Veronese, nella Longobardia Minor (Il ducato di Benevento), nelle necropoli di Campochiaro, numerosi cavalieri sono stati sepolti accanto al loro cavallo bardato (nella stessa fossa), a dimostrare quella composizione multietnica di cui parlano le fonti scritte, dotati com’erano di staffe e altri complementi rari per tipologia in Italia, ma diffusi tra le culture nomadiche.
Tag:Alboino, Carlo Bertelli, Caterina Giostra, civici musei al castello di Pavia, Ermanno Arslan, Fabio Pagano, Federico Marazzi, Gian Pietro Brogiolo, longobardi, ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, mostra "Longobardi. Un popolo che cambia la storia", museo archeologico nazionale di Napoli, museo dell'Ermitage di San Pietroburgo, Paolo Giulierini, Saverio Lomartire, Skira, Susanna Zatti, università di Napoli “Suor Orsola Benincasa”, Villaggio Globale International, Yuri Piotrovsky
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Graziano Tavan, giornalista professionista, per quasi trent’anni caposervizio de Il Gazzettino di Venezia, per il quale ho curato centinaia di reportage, servizi e approfondimenti per le Pagine della Cultura su archeologia, storia e arte antica, ricerche di università e soprintendenze, mostre. Ho collaborato e/o collaboro con riviste specializzate come Archeologia Viva, Archeo, Pharaos, Veneto Archeologico. Curo l’archeoblog “archeologiavocidalpassato. News, curiosità, ricerche, luoghi, persone e personaggi” (con testi in italiano)
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