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Grandi mostre tra 2022 e 2023. Al museo Archeologico nazionale di Napoli la mostra “Bizantini. Luoghi, simboli e comunità di un impero millenario” curata da Federico Marazzi. L’introduzione del direttore Paolo Giulierini

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La mostra “Bizantini” nel Salone della Meridiana al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto sergio siano)

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Locandina della mostra “Bizantini” al museo Archeologico nazionale di Napoli dal 21 dicembre 2022 al 13 febbraio 2023

“Bizantini”: è una delle grandi mostre che il 2022 lascia in eredità al nuovo anno. Al museo Archeologico nazionale di Napoli il 21 dicembre 2022 è stata inaugurata la mostra “Bizantini. Luoghi, simboli e comunità di un impero millenario”, curata da Federico Marazzi (università “Suor Orsola Benincasa” di Napoli), che rimarrà aperta fino al 13 febbraio 2023. Il progetto scientifico dell’esposizione è stato sviluppato da un team di studiosi italiani della civiltà bizantina, team guidato dallo stesso Federico Marazzi e composto da Lucia Arcifa, Ermanno Arslan, Isabella Baldini, Salvatore Cosentino, Edoardo Crisci, Alessandra Guiglia, Marilena Maniaci, Rossana Martorelli, Andrea Paribeni ed Enrico Zanini. La mostra, coordinata da Laura Forte (responsabile Ufficio mostre al Mann) e organizzata da Villaggio Globale International, è realizzata con il sostegno della Regione Campania (POC Campania 2014-2020) e in collaborazione con l’università “Suor Orsola Benincasa” di Napoli. Il progetto di allestimento è di Andrea Mandara e quello grafico di Francesca Pavese.

Il progetto. A introdurci alla mostra “Bizantini” è il direttore del Mann, Paolo Giulierini. “Il progetto della mostra dei Bizantini – spiega ad archeologiavocidalpassato.com –, nasce dopo lunghe interlocuzioni con importanti partner greci, con Venezia, con Ravenna. Alla fine, tramite il coordinamento di Villaggio Globale, abbiamo deciso di realizzare la prima grande tappa a Napoli, a partire dal 21 dicembre 2022 e fino al 13 febbraio 2023, con un’eventuale proroga. La mostra prende in considerazione il volto di Napoli bizantina, di quello che fu il ducato intorno al 1000 d.C. Ma soprattutto dà un quadro di quello che fu l’impero bizantino dal suo sorgere fino alla sua caduta alla metà del Cinquecento. Si parlerà dell’Imperatore e della sua corte, degli edifici di culto, e degli edifici pubblici e privati nella vita quotidiana, delle gioiellerie, dell’esercito, e insomma di quanto fu difficile tenere il punto ancora per mille anni dopo la caduta di Roma, e perché ancora le idee del mondo classico resistessero e di come poi, dopo la caduta avvenuta per via dei Turchi, i germi della classicità passassero attraverso la fuga di alcuni sapienti greci da Costantinopoli a Firenze, alla corte di Lorenzo de’ Medici, e ispirassero l’Umanesimo e poi il Rinascimento”.

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L’allestimento della mostra “Bizantini” nel salone della Meridiana al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)

Il celebre scrittore inglese Robert Byron attribuiva la grandezza di Bisanzio alla “triplice fusione” di un corpo romano, una mente greca, un’anima orientale e mistica. Una fusione che l’arte e la cultura interpretarono e seppero diffondere attraverso i secoli, come emerge dalla ricchissima mostra che sviluppa in quindici sezioni le fasi storiche successive all’impero Romano d’Occidente, dedicando un focus a Napoli (città “bizantina” per circa sei secoli, dopo la conquista da parte di Belisario e le sue armate nel 536 d.C.) e approfondendo i legami fra Grecia e Italia meridionale.

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Il direttore del Mann, Paolo Giulierini, nella mostra “Bizantini” (foto mann)

“Esiste una Campania archeologica dopo la caduta di Roma e raccontare in una grande mostra i mille anni di questo impero è per il Mann una nuova tappa del percorso, partito dai Longobardi, verso una più completa identità del nostro stesso museo”, commenta Giulierini. “Napoli bizantina è un tema cruciale e per molti sarà una sorpresa, alla scoperta di un intreccio di destini tra la città e l’impero lungo sei secoli, dopo la sottomissione a Roma, il tratto più lungo della sua storia. E anche quando il dominio bizantino di Napoli evaporò, questo legame con l’Impero non fu mai rinnegato e si trasformò in volano per tenere vivi i contatti con il Mediterraneo, la tensione verso altri mondi. Il Mann è quindi il luogo ideale in Italia per raccontare questa storia”.

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Sant’Anastasia: icona dell’ultima metà del XIV secolo proveniente da Naxos (foto Eforato delle Antichità delle Cicladi)

Diversi i temi affrontati: la struttura del potere e dello Stato; l’insediamento urbano e rurale; gli scambi culturali; la religiosità; le arti e le espressioni della cultura scritta, letteraria e amministrativa. Sono oltre quattrocento le opere esposte, provenienti dalle collezioni del Mann e da prestiti concessi da 57 dei principali musei e istituzioni che custodiscono in Italia e in Grecia materiali bizantini (33 istituti italiani, 22 musei greci isole incluse, Musei Vaticani e Fabbrica di San Pietro). Grazie alla prestigiosa collaborazione con il ministero ellenico della Cultura, molti dei materiali in allestimento sono visibili per la prima volta: diversi manufatti sono stati rinvenuti, infatti, nel corso degli scavi per la realizzazione della metropolitana di Salonicco. Altri reperti, concessi in prestito dalla soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per il Comune di Napoli, sono stati ritrovati negli scavi della linea 1 della metropolitana.

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Frammento di un pavimento a mosaico del V secolo conservato al museo Bizantino e Cristiano di Atene (foto museo bizantino cristiano)

Gli oggetti in mostra si distinguono per la varietà di materia e funzione: sculture, mosaici, affreschi, instrumentum domesticum, sigilli, monete, ceramiche, smalti, suppellettili d’argento, oreficerie ed elementi architettonici danno conto di una complessa realtà, connotata da eccellenze manifatturiere e artistiche. Grazie ai simboli dell’Impero d’Oriente, la creatività del mondo antico “transita”, così, verso il Medioevo, con un linguaggio rinnovato dalla fede cristiana e arricchito da innesti culturali iranici e arabi.

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L’allestimento della mostra “Bizantini” nel salone della Meridiana al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)

Premesse storiche e ragioni di una mostra: il mito di Bisanzio. Dopo circa quarant’anni dall’ultima esposizione in Italia, una mostra racconta il mondo affascinante e complesso dell’Impero Bizantino: quell’Impero Romano d’Oriente (Romèi erano chiamati e si autodefinivano i suoi abitanti), sopravvissuto per quasi dieci secoli alla caduta della pars Occidentis, quando il barbaro Odoacre nel 476 riuscì a deporre l’ultimo imperatore d’Occidente, Romolo Augustolo. Fu allora che Costantinopoli, la città sul Bosforo, l’antica Byzantion rifondata nel 330 dall’Imperatore Costantino come “Nuova Roma”, divenne il centro e il cuore politico, istituzionale e culturale dell’Impero Romano. Un Impero che, di fatto, continuò a vivere fino al 1453 (anno della caduta della capitale in mano ai Turchi di Maometto II), assumendo nel tempo connotati diversi: la lingua greca, ad esempio, era usata per gli atti ufficiali e il Cristianesimo era stato assunto come religione di stato, fondante l’identità dell’Impero. Questo “mutamento di pelle” indusse gli eruditi, dal Seicento in poi, a cercare un nuovo nome – Impero Bizantino – per indicare una realtà politica che connetteva Oriente e Occidente, contribuendo così innegabilmente non solo alla formazione dell’Europa medievale, ma anche alla genesi dell’Umanesimo. Una volta superati i pregiudizi primo-settecenteschi, che associavano al bizantinismo le negatività di una burocrazia invalidante e di una società statica, il mito di Bisanzio, impero multietnico, è cresciuto in questi ultimi tempi.

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Anello in oro e gemma in pasta vitrea proveniente da Senise (PZ)) e conservato al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)

Uno sguardo al presente. La mostra di Napoli getta uno sguardo su un mondo che è lo specchio di tutto quanto l’Occidente aveva perduto con il crollo dell’Impero Romano e che avrebbe lentamente e faticosamente riconquistato nei secoli successivi all’anno Mille: tecniche artistiche e produttive, modi di intendere l’estetica degli oggetti, scritti e saperi. L’esposizione getta luce anche sulle strutture di un impero universale e autocratico ma capace, allo stesso tempo, di tenere unita una società multietnica e composita, di cui sono stati eredi sia l’impero zarista che l’Islam sultaniale. A partire dalla presa di Costantinopoli anche il sultano ottomano userà il titolo di “imperatore di Roma” e nel suo Impero la cultura romano-bizantina sarà perpetuata di fatto. La storia ci aiuta sempre a capire il presente: le contrapposizioni successive e molte delle tensioni e dei conflitti, che tutt’oggi interessano quell’area definita da Fernand Braudel “Mediterraneo Maggiore”, hanno di fatto trovato linfa nel vuoto determinato dalla caduta di Bisanzio e dalle ceneri dell’Impero.

Napoli. Al museo Archeologico nazionale apre la mostra “Bizantini. Luoghi, simboli e comunità di un impero millenario”: con oltre 400 reperti racconta “il millennio bizantino”, dalla rifondazione dell’antica Byzantion da parte di Costantino nel 330, fino alla presa di Costantinopoli con la quarta crociata nel 1204

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Il Salone della Meridiana al museo Archeologico nazionale di Napoli al buio, pronto a svelare i tesori della mostra “I Bizantini” (foto francesco pio chinelli)

Ci siamo. Il 21 dicembre 2022, quando si accenderanno le luci del Salone della Meridiana al museo Archeologico nazionale di Napoli brilleranno agli occhi dei visitatori i tesori di quel mondo raffinato che aveva il suo punto di riferimento nella capitale Bisanzio: alle 11.30, sarà presentata la mostra “Bizantini. Luoghi, simboli e comunità di un impero millenario”. Dal 22 dicembre 2022, apertura al pubblico.

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Il direttore del Mann, Paolo Giulierini, nella mostra “I Bizantini” (foto valentina cosentino)

L’esposizione, realizzata con il sostegno della Regione Campania nell’ambito del Poc 2014/2020, sviluppa il tema delle fasi storiche successive all’impero romano d’Occidente, con un focus sulla Grecia, su Napoli (città “bizantina” per circa cinque secoli dopo la conquista da parte delle armate guidate da Belisario nel 536 d.C.) e sull’Italia meridionale. Curata da Federico Marazzi (università Suor Orsola Benincasa di Napoli), la mostra racconta “il millennio bizantino” dalla rifondazione dell’antica Byzantion da parte di Costantino nel 330, fino alla presa di Costantinopoli con la quarta crociata nel 1204 (momento cruciale nel processo di dissoluzione dell’Impero), approfondendo diversi temi: la struttura del potere e dello Stato, l’insediamento urbano e rurale, gli scambi culturali, la religiosità e le espressioni della cultura scritta, letteraria e amministrativa. In mostra, oltre quattrocento reperti, appartenenti alle collezioni del Mann o concessi in prestito dai principali musei e siti archeologici che custodiscono, in Italia e in Grecia, materiali bizantini: anche grazie alla sinergia con il ministero ellenico della Cultura, molti manufatti sono visibili per la prima volta e provengono dagli scavi della linea metropolitana a Salonicco. In mostra anche materiali scavati nella linea metropolitana di Napoli.

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Histamenon di Basilio II in oro della Zecca di Costantinopoli (1005-1025 d.C.) conservato al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)

Il progetto scientifico dell’esposizione è stato sviluppato da un gruppo di studiosi italiani della civiltà bizantina, gruppo coordinato dallo stesso Federico Marazzi e composto da Lucia Arcifa, Ermanno Arslan, Isabella Baldini, Salvatore Cosentino, Edoardo Crisci, Alessandra Guiglia, Marilena Maniaci, Rossana Martorelli, Andrea Paribeni ed Enrico Zanini. La mostra, coordinata da Laura Forte (responsabile Ufficio mostre al Mann) e organizzata da Villaggio Globale International, è realizzata con la collaborazione dell’università “Suor Orsola Benincasa” di Napoli. Il progetto di allestimento è di Andrea Mandara e quello grafico di Francesca Pavese. L’esposizione, infine, prevede un ricco apparato editoriale, che include il catalogo (in uscita a gennaio 2023), la guida breve, la pubblicazione degli itinerari bizantini della Campania e un volume destinato ai bambini, tutto edito da Electa.

Napoli. Al museo Archeologico nazionale slitta di due settimane la presentazione della mostra “Bizantini. Luoghi, simboli e comunità di un impero millenario” che con oltre quattrocento reperti sviluppa il tema delle fasi storiche successive all’impero romano d’Occidente

napoli_mann_mostra-i-bizantini_invito-presentazioneSlitta di due settimane, dal 7 al 21 dicembre, l’annunciata presentazione al museo Archeologico nazionale di Napoli della mostra “Bizantini. Luoghi, simboli e comunità di un impero millenario” (vedi Napoli. Ecco la speciale offerta del Natale al museo Archeologico nazionale: mostra-evento sui Bizantini, un giardino restituito, il presepe con allestimenti multimediali e un libro, avvio stagione concertistica, gli scacchi del Mann e il nuovo abbonamento OpenMANN | archeologiavocidalpassato). L’esposizione, realizzata con il sostegno della Regione Campania nell’ambito del Poc 2014/2020, sviluppa il tema delle fasi storiche successive all’impero romano d’Occidente, con un focus sulla Grecia, su Napoli (città “bizantina” per circa cinque secoli dopo la conquista da parte delle armate guidate da Belisario nel 536 d.C.) e sull’Italia meridionale. Curata da Federico Marazzi (università Suor Orsola Benincasa di Napoli), la mostra racconta “il millennio bizantino”, approfondendo diversi temi: la struttura del potere e dello Stato, l’insediamento urbano e rurale, gli scambi culturali, la religiosità e le espressioni della cultura scritta, letteraria e amministrativa.

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Histamenon di Basilio II in oro della Zecca di Costantinopoli (1005-1025 d.C.) conservato al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)

Il progetto scientifico dell’esposizione è stato sviluppato da un gruppo di studiosi italiani della civiltà bizantina, gruppo coordinato dallo stesso Federico Marazzi e composto da Lucia Arcifa, Ermanno Arslan, Isabella Baldini, Salvatore Cosentino, Edoardo Crisci, Alessandra Guiglia, Marilena Maniaci, Rossana Martorelli, Andrea Paribeni ed Enrico Zanini. La mostra, coordinata da Laura Forte (responsabile Ufficio Mostre al Mann) e organizzata da Villaggio Globale International, è realizzata con l’università “Suor Orsola Benincasa” di Napoli. Il progetto di allestimento è di Andrea Mandara e quello grafico di Francesca Pavese. L’esposizione, infine, prevede un ricco apparato editoriale, che include il catalogo, la guida breve, la pubblicazione sugli itinerari bizantini della Campania e il volume per bambini.

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Tetravangelo greco (Plut.6.23) dell’XI-XII secolo conservato alla Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze (foto mann)

In allestimento, oltre quattrocento reperti, appartenenti alle collezioni del Mann o concessi in prestito dai principali musei e siti archeologici che custodiscono, in Italia e in Grecia, materiali bizantini: anche grazie alla sinergia con il Ministero ellenico della Cultura, molti manufatti sono visibili per la prima volta e provengono dagli scavi della linea metropolitana a Salonicco. In allestimento, anche materiali scavati nella linea metropolitana di Napoli.

Napoli. Ecco la speciale offerta del Natale al museo Archeologico nazionale: mostra-evento sui Bizantini, un giardino restituito, il presepe con allestimenti multimediali e un libro, avvio stagione concertistica, gli scacchi del Mann e il nuovo abbonamento OpenMANN

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Paolo Giulierini, direttore del Mann, presenta la mostra “Bizantini” (foto valentina cosentino)

Natale al Mann, più che un’idea. Il museo Archeologico nazionale di Napoli, per festeggiare l’ultimo mese del 2022, ha preparato una ricca offerta natalizia dedicata a cittadini e turisti: una mostra-evento sui Bizantini, un giardino restituito alla città, il presepe con allestimenti multimediali e un libro di approfondimento, l’avvio della stagione concertistica, gli scacchi del Mann e il nuovo abbonamento OpenMANN.

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Tetravangelo greco (manoscritto Pluteo, 6.23) dell’XI-XII secolo conservato alla Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze (foto mann)

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Histamenon di Basilio II in oro della Zecca di Costantinopoli (1005-1025 d.C.) conservato al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)

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Missorio di Flavius Ardabur Aspar, piatto in argento di provenienza incerta (Ravenna, Cartagine, Antiochia?) del V secolo d.C. conservato al museo Archeologico nazionale di Firenze (foto maf)

Un grande itinerario archeologico: dal 7 dicembre 2022 al 13 febbraio 2023, nel Salone della Meridiana, è in programma l’esposizione “Bizantini. Luoghi simboli e comunità di un impero millenario” che, sulla scia dell’allestimento dedicato ai Longobardi, sviluppa il tema delle fasi storiche successive all’impero romano d’Occidente, con un focus particolare sulla Grecia, su Napoli (città “bizantina” per circa cinque secoli dopo la conquista da parte delle armate guidate da Belisario nel 536 d.C.) e sull’Italia meridionale. Curata da Federico Marazzi (università Suor Orsola Benincasa di Napoli), la mostra racconta “il millennio bizantino”, approfondendo diversi temi: la struttura del potere e dello Stato, l’insediamento urbano e rurale, gli scambi culturali, la religiosità e le espressioni della cultura scritta, letteraria e amministrativa. In allestimento, circa cinquecento reperti concessi in prestito dai principali musei e siti archeologici che custodiscono, in Italia e in Grecia, materiali bizantini: anche grazie alla sinergia con il ministero greco della Cultura, molti manufatti sono visibili per la prima volta e provengono dagli scavi della linea metropolitana a Napoli e Salonicco. Il progetto scientifico dell’esposizione è stato sviluppato da un gruppo di studiosi italiani della civiltà bizantina, gruppo coordinato dallo stesso Federico Marazzi e composto da Lucia Arcifa, Ermanno Arslan, Isabella Baldini, Salvatore Cosentino, Edoardo Crisci, Alessandra Guiglia, Marilena Maniaci, Rossana Martorelli, Andrea Paribeni ed Enrico Zanini. La mostra, coordinata da Laura Forte (responsabile Ufficio Mostre al Mann) e organizzata da Villaggio Globale International, è realizzata con il sostegno della Regione Campania e in collaborazione con l’università “Suor Orsola Benincasa” di Napoli. Il progetto di allestimento è di Andrea Mandara e quello grafico di Francesca Pavese. L’esposizione, infine, prevede un ricco apparato editoriale, che include il catalogo, la guida breve, la pubblicazione sugli itinerari bizantini della Campania e il volume per bambini.

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Rendering del progetto del nuovo allestimento del Giardino della Vanella al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)

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Giardino della Vanella al museo Archeologico nazionale di Napoli: pianta del progetto Bianchi 1832 (foto archivio mann)

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Giardino della Vanella nella sistemazione tra gli anni ’30 e ’39 del Novecento (foto archivio mann)

Il cuore verde del Mann batte più forte. Dal 19 dicembre 2022, riapre il Giardino della Vanella del Mann, presentato al pubblico secondo una prospettiva di armonizzazione con i lavori di riallestimento del cosiddetto Braccio Nuovo. Superando i criteri allestitivi otto-novecenteschi, il terzo cuore verde del Museo assume un aspetto diverso: lo sviluppo del Giardino segue un asse principale, al cui centro vi è la peschiera voluta da Amedeo Maiuri nel 1932; da qui si dipartono viali secondari più piccoli, che conducono verso l’edificio del Braccio Nuovo, dove oggi sono ospitati Auditorium, area didattica e laboratori di restauro. Le aree che nascono da questo intreccio di linee sono spazi liberi, trattati a prato o con arbusti e fioriture. La parte centrale del giardino è completamente pavimentata in modo da permettere una maggiore libertà di fruizione. In prospettiva, parallelamente al rinnovamento dell’Atrio, anche il Giardino della Vanella sarà concepito come spazio ad accesso libero e gratuito per la cittadinanza. Il progetto di recupero del Giardino della Vanella è curato dall’architetto e paesaggista Silvia Neri.

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L’associazione Presepistica Napoletana allestisce anche quest’anno il presepe al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)

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Copertina del libro “Il presepe” di Marino Niola ed Elisabetta Moro

Il tema del Natale. ​Non manca, anche per il 2022, il classico appuntamento con il presepe del museo Archeologico nazionale di Napoli: dal 7 dicembre 2022, nelle sale della Villa dei Papiri, ecco il nuovo allestimento firmato dall’associazione Presepistica Napoletana e dedicato alla figura di Carlo III di Borbone. L’inaugurazione è accompagnata dalla presentazione del nuovo libro “Il Presepe” (Il Mulino) di Marino Niola ed Elisabetta Moro che, con lo sguardo degli antropologi, raccontano il patrimonio culturale (non più soltanto esclusivamente napoletano) espresso dal presepe. Per quest’anno, il Museo ospita, dal 1° dicembre 2022, un percorso multimediale che, partendo dalla ricostruzione di una notte alla corte di Carlo III di Borbone, presenta, anche con il sussidio delle nuove tecnologie, i principali personaggi e le caratteristiche scenografie del presepe. L’allestimento è curato da Fabrizia Fiore e i contenuti multimediali sono realizzati da Marco Capasso- studio creativo.

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Gli scacchi del Mann realizzati dallo studio 3DnA srl (foto mann)

In atmosfera festiva, da non perdere la partenza della nuova stagione concertistica del Festival Barocco Napoletano (12 dicembre 2022) e la presentazione degli scacchi del MANN (21 dicembre 2022), realizzati dallo studio 3DnA srl (Alessandro Manzo, Fabio Tango, Stefano Ciaramalla, Mariano Abbate). I pezzi del gioco sono costituiti da immagini dei reperti esposti al Museo. Rinnovata, anche per Natale 2022, la promozione dell’abbonamento annuale OpenMANN, la card che consente accessi illimitati a collezioni permanenti ed esposizioni del Museo dalla data di prima attivazione.

Dopo Berlino (96mila visitatori) la mostra “Sardegna Isola megalitica. Dai menhir ai nuraghi: storie di pietra nel cuore del Mediterraneo“ è approdata al museo statale Ermitage di San Pietroburgo: quasi 200 reperti provenienti dai musei archeologici sardi, compreso uno dei grandi guerrieri di Mont’e Prama, a raccontare la storie e il fascino dell’Isola. Gli interventi all’inaugurazione e il percorso espositivo

L’inaugurazione della mostra “Sardegna Isola megalitica. Dai menhir ai nuraghi: storie di pietra nel cuore del Mediterraneo“ al museo statale Ermitage di San Pietroburgo (foto Aleksey Bronnikov)

Dopo Berlino, dove, nonostante le restrizioni legate alla pandemia, la mostra, ospitata al museo nazionale per la Preistoria e Protostoria di Berlino ha registrato un successo straordinario, con oltre 96mila visitatori, la mostra “Sardegna Isola megalitica. Dai menhir ai nuraghi: storie di pietra nel cuore del Mediterraneo“ è approdata in Russia, al museo statale Ermitage, seconda tappa del tour internazionale dell’esposizione (dal 26 ottobre 2021 al 16 gennaio 2022), con i quasi 200 reperti provenienti dai musei archeologici di Cagliari, Nuoro e Sassari, compreso uno dei grandi guerrieri di Mont’e Prama – prestito eccezionale – a raccontare la storie e il fascino dell’Isola e le tracce impressionanti di un passato lontano che essa ancora conserva. Le prossime tappe saranno al museo Archeologico nazionale di Salonicco (dall’11 febbraio al 15 maggio 2022) e al museo Archeologico nazionale di Napoli (dal 10 giugno all’11 settembre 2022).

Una galleria dell’Ermitage dove è allestita la mostra “Sardegna Isola Megalitica” (foto Aleksey Bronnikov)

“Sardegna Isola Megalitica” è la mostra-evento promossa dalla Regione Sardegna-Assessorato del Turismo, Artigianato e Commercio  (parte di un articolato progetto di Heritage Tourism finanziato dall’Unione Europea) insieme al museo Archeologico nazionale di Cagliari, alla Direzione regionale Musei della Sardegna e ai Musei sede della mostra – museo nazionale per la Preistoria e Protostoria di Berlino, il museo statale Ermitage di San Pietroburgo, il museo Archeologico nazionale di Salonicco e il museo Archeologico nazionale di Napoli.  L’esposizione ha il patrocinio del MAECI e del MIC, la collaborazione della Fondazione di Sardegna e il coordinamento generale di Villaggio Globale International. La mostra – che nella tappa russa è sostenuta anche dall’Ambasciata Italiana in Russia e dall’Istituto Italiano di Cultura – ha inoltre ricevuto la Medaglia del Presidente della Repubblica.

Il taglio del nastro della mostra “Sardegna Isola Megalitica” al museo Ermitage di San Pietroburgo: da sinistra, Michail Piotrovsky, Giorgio Starace e Quirico Sanna (foto Aleksey Bronnikov)

Alla cerimonia inaugurale, trasmessa in diretta sul canale YouTube del Museo, insieme al direttore generale del museo statale Ermitage Michail Piotrovsky erano presenti anche il neonominato ambasciatore d’Italia a Mosca Giorgio Starace, alla sua prima partecipazione ufficiale a un evento a San Pietroburgo, il console generale d’Italia Alessandro Monti e la direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura Paola Cioni; per la Regione Sardegna, insieme alla delegazione è volato a San Pietroburgo l’assessore degli Enti Locali, Finanze e Urbanistica Quirico Sanna, per i Musei sardi Francesco Muscolino, direttore regionale dei musei della Sardegna e direttore del museo Archeologico nazionale di Cagliari. Presenti anche Maurizio Cecconi e Irina Artemieva rispettivamente segretario generale e direttore scientifico di Ermitage Italia e una delegazione anche da Cabras, con il sindaco della città e il presidente della Fondazione Mont’e Prama.

La statua del pugilatore (IX-VIII sec. a.C.) dalla necropoli di Mont’e Prama (Cabras) e conservata al museo Archeologico nazionale di Cagliari (foto luigi corda / drm sardegna)

Riflettori sulle sepolture delle “domus de janas” di epoca neolitica ed eneolitica e sulle iconiche riproduzioni statuarie di “dee madri”, talvolta veri e propri capolavori artistici; sulle incredibili architetture dei nuraghi che hanno caratterizzato l’Età del Bronzo nell’Isola e sulle cosiddette “tombe di giganti”; sui contatti tra civiltà lontane e sugli eccezionali bronzetti nuragici raffiguranti donne, uomini, guerrieri e animali; su spade votive, modellini di edifici e di navi e sugli incredibili, monumentali Guerrieri di Mont’e Prama: autorappresentazione di un passato mitico riferito all’apogeo dell’Età nuragica, ma in piena Età del Ferro.

Il dolmen di Ladas (foto Teravista di Giovanni Alvito)

Il percorso. Si parte dunque dal periodo recente e finale del Neolitico, quando si diffondono le ”domus de janas” scavate nella roccia, ovvero in lingua sarda le “case delle fate o delle streghe” – in diversi casi successivamente monumentalizzate in facciata – o quando si diffondono i dolmen e poi, in Età del Rame, quando si costruisce un altare monumentale unico nel panorama del Mediterraneo – ma con parallelismi nelle ziqqurath del Vicino Oriente – come il santuario di Monte d’Accoddi e si realizza la muraglia monumentale di Monte Baranta.

Il nuraghe Su Nuraxi a Barumini (foto mae-mic)

Quindi la mostra conduce nel cuore della civiltà nuragica, vero simbolo dell’unicità della Sardegna. Gli impressionanti nuraghi, costruiti in numero elevatissimo a partire dal 1600/1800 a.C. circa con blocchi di basalto, trachite e granito, di grande varietà tipologica e funzionale ma tutti accomunati dalle torri a tholos (sistema di copertura), sono stati al centro di importanti dibattiti e interpretazioni che hanno messo a fuoco le loro molteplici funzioni, rievocate in mostra dai manufatti esposti: l’alimentazione, l’agricoltura e allevamento, il controllo del territorio, le produzioni artigianali. Attorno ad essi, in molti siti, si sono sviluppati villaggi più o meno estesi, talvolta racchiusi da antemurali altrettanto imponenti, anche questi intervallati da torri.

Tombe di giganti a Li Lolghi di Arzachena (Ss) (foto Teravista di Giovanni Alvito)

Nello stesso contesto, ispirati al megalitismo, sono anche gli edifici legati al campo funerario e i luoghi di culto, pur con tutti i mutamenti della religiosità che si possono supporre nell’ampia fase nuragica. Le “tombe di giganti”, così chiamate a livello popolare a causa delle imponenti dimensioni, che nell’immaginario venivano collegate al gigantismo dei defunti, erano in realtà sepolture comunitarie ospitanti anche centinaia di individui e connesse forse al culto degli antenati, davanti alle quali venivano praticati rituali e offerte, spesso al cospetto della rappresentazione di divinità (betili). Allo stesso modo anche i luoghi di culto e i santuari si articolano in numerose tipologie edilizie tutte improntate al megalitismo: tempi a pozzo, fonti sacre e templi a megaron sono diffusi in tutta la Sardegna a partire dal Bronzo Recente e spesso le differenti tipologie coesistono all’interno dello stesso complesso.

Soldato con stocco e scudo, bronzetto dell’Età del Ferro da Padria (Ss) conservato al museo Archeologico nazionale di Cagliari (foto luigi corda – drm sardegna)

La religiosità delle genti nuragiche è qui rappresentata al suo massimo grado dall’enorme numero di ex voto figurati in bronzo – i cosiddetti “bronzetti” di cui la mostra darà conto con alcuni reperti di grandissimo interesse – che riproducono figure umane, maschili e femminili nei diversi ruoli della società, ma anche animali, oggetti e persino edifici. Proprio la produzione della bronzistica figurata offre uno spaccato vivace della società nuragica, del vestiario, della gestualità, delle armi, dei sistemi alimentari; mentre la presenza di collane e vaghi in ambra, rinvenuti negli scavi degli ultimi trent’anni in tanti santuari della Sardegna, testimonia stretti collegamenti dell’Isola non solo con il mondo mediterraneo, ma anche con le reti commerciali e culturali della Penisola e dell’Europa centrale.

Modello di nuraghe in calcare da Mont’e Prama, conservato al museo Archeologico nazionale di Cagliari (foto graziano tavan)

Anche nell’Età del Ferro (I millennio a.C.), in una società in cui si sono profondamente modificate le dinamiche sociali, economiche e costruttive, i nuraghi, pur non edificati da vari secoli, continuano a essere centrali nell’immaginario collettivo quale simbolo di un passato mitico in cui tutta la popolazione dell’Isola si riconosce. Finito il tempo degli ingegnosi e arditi costruttori di torri nuragiche, si diffondono dunque le miniature di tali edifici, in pietra, ceramica, bronzo e anche in materiali deperibili, utilizzate probabilmente come altari in rituali collettivi e rinvenuti infatti al centro di edifici megalitici intesi come “capanne delle riunioni”.

La statua del pugilatore da Mont’e Prama nelle sale monumentali del museo statale dell’Ermitage a San Pietroburgo (foto Aleksey Bronnikov)

È questo il momento in cui alcuni gruppi emergono sugli altri e si formano le prime aristocrazie. A Mont’e Prama una di queste si autorappresenta e si autocelebra con un complesso scultoreo unico nel suo genere, composto da quasi 40 imponenti statue in pietra di Guerrieri, Arcieri e Pugilatori, oltre a modelli di nuraghe e betili. Per la nuova società, il tempo lontano degli eroi era oggetto di venerazione e di richiamo identitario. Evento irripetibile è il prestito di una delle celebri sculture di Mont’e Prama da parte del museo Archeologico nazionale di Cagliari per questa storica esposizione internazionale: un “Pugilatore” alto con piedestallo 190 cm e pesante circa 300 kg. Rinvenute in frammenti a partire dagli scavi del 1975-1979 e ricomposte grazie a interventi di restauro di eccezionale delicatezza e dai risultati sorprendenti (i primi nel 2007-2011), queste imponenti statue, nelle loro raffigurazioni schematiche realizzate secondo uno stile convenzionale d’impronta geometrica, non trovano paragoni nel variegato patrimonio artistico e monumentale della Sardegna e ancora sono aperte a diverse interpretazioni.

Coppetta in ceramica di età romana da Orulu – Orgosolo, conservata al museo Archeologico nazionale di Cagliari (foto luigi corda – drm sardegna)

Un dato tuttavia è certo: la civiltà nuragica era ormai al tramonto. Nonostante questo, il suo retaggio continuerà ad essere leggibile attraverso i secoli, malgrado il mutare dell’orizzonte semantico: dapprima con l’arrivo dei Fenici attestati lungo le coste sarde a partire dal IX secolo a.C., quindi con la presa dell’Isola da parte di Cartagine, alla fine del VI secolo, e poi con l’arrivo dei Romani. Anche dopo la conquista romana (238 a.C.) l’eredità nuragica appare leggibile, come testimoniano i resti della cultura materiale in mostra e in alcuni casi le fonti epigrafiche che ci restituiscono una onomastica prelatina. Persino in età medievale i nuraghi e addirittura le “domus de janas” sono ancora oggetto di riutilizzo e molti villaggi medievali si addensano intorno alle torri nuragiche. Un mondo in evoluzione che non dimentica le sue origini.

L’ambasciatore italiano Giorgio Starace con il direttore dell’Ermitage Michail Piotrovky visita la mostra “Sardegna Isola Megalitica” all’Ermitage (foto Aleksey Bronnikov)

Michail Piotrovky – che ha ringraziato sentitamente l’Italia e la Sardegna per aver voluto essere comunque presenti e vicini all’Ermitage nonostante la difficile situazione pandemica che sta vivendo in questi giorni la Russia, ha evidenziato la fascinazione della cultura megalitica e nuragica sarda e della mostra allestita all’Ermitage: “Nei materiali che raccontano di questa mostra sono scritte parole magiche come Nuraghi, betili, Tombe di Giganti: tutte parole che sembrano prese da una favola. Se noi parliamo di Stonehenge che è famoso in tutto il mondo è un neonato rispetto alle cose che riusciamo a vedere oggi, che rappresentano un paradigma dell’antica civiltà, qui rappresentato dal dialogo tra la pietra e il bronzo, tra la scultura litica gigantesca e le raffinata piccole figure di bronzetti, un dialogo che sarà ripreso dalla civiltà successive, compresa quella greca e greco-romana. Con il suo viaggio internazionale – ha aggiunto Piotrosvky – la mostra si inserisce di fatto in un complesso vastissimo progetto che viene chiamato “l’Europa senza confini” che racconta delle antiche civiltà e che raccorda la storia della prima Europa antica all’Europa come la conosciamo adesso. Anche in Russia, nel Caucaso e nel Mar Nero, ci sono vestigia di civiltà analoghe – resti di torri, betili, fortezze – che raccontano della stessa cultura che ci accomuna alla tradizione europea”.

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L’ambasciatore d’Italia a Mosca Giorgio Starace alla mostra all’Ermitage (foto Aleksey Bronnikov)

“Questa iniziativa, a un mese dall’assunzione del mandato a Mosca”, ha sottolineato l’ambasciatore d’Italia a Mosca Giorgio Starace, “mi ha dato il privilegio di rinnovare i legami di amicizia e di collaborazione con San Pietroburgo e con questo prestigiosissimo museo che rappresenta il punto di riferimento in tutto il mondo per la promozione dell’arte e che da anni dà vita a progetti di altissimo livello con la collaborazione della nostra Ambasciata, del Consolato Generale e dell’Istituto Italiano di Cultura, che invitano a scoprire il ricco patrimonio artistico, storico e archeologico della nostra bellissima Italia e mostrano anche l’inesauribile attrazione che lega la cultura italiana e la cultura russa. La mostra dedicata alle antiche civiltà e culture della Sardegna – ha poi continuato – raccontando magnificamente storia di pietra nel cuore del Mediterraneo permette anche di veicolare in Europa un concetto legato all’Italia ovvero il costante connubio che esprimono tutte le nostre regioni tra bellezza paesaggistica e ricchezza storico-artistica, tra esperienza culturale ed esperienza di tradizioni e gastronomia”.

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L’assessore regionale Quirico Sanna e il direttore dei musei della Sardegna Francesco Muscolino alla mostra all’Ermitage (foto Aleksey Bronnikov)

Dalle magnifiche sale del Palazzo d’Inverno dell’Ermitage grande soddisfazione è stata espressa anche dall’assessore regionale Quirico Sanna: “Con grande orgoglio e piacere presentiamo il patrimonio archeologico delle terra di Sardegna al mondo. Speriamo che questa collaborazione tra la Sardegna e il Museo Ermitage, uno dei più prestigiosi e importanti a livello internazionale, possa portare ad una sempre maggiore conoscenza della storia e della cultura di questa nostra meravigliosa terra”. E Francesco Muscolino, direttore regionale dei Musei della Sardegna e direttore del museo Archeologico nazionale di Cagliari: “La seconda tappa della mostra, ospitata nella prestigiosissima sede dell’Ermitage, si conferma come un ottimo esempio di proficua collaborazione tra il Ministero della Cultura, la Regione Sardegna e i grandi musei internazionali. Ai funzionari tecnico-scientifici del Ministero va, in particolare, il merito di aver redatto, in collaborazione con i colleghi degli altri musei ospitanti e con altri studiosi, il complesso progetto scientifico della mostra, accompagnata anche da un ponderoso catalogo”.

Il museo Archeologico nazionale di Napoli a Paestum, nello stand alla XXIII Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico, presenta in anteprima la mostra “Sardegna Isola Megalitica” e il percorso immersivo e multisensoriale NURAGICA

Lo stand del museo Archeologico nazionale di Napoli alla Borsa Mediterranea del Turismo archeologico di Paestum (foto mann)

Imponenti architetture nuragiche, piante che riecheggiano la flora sarda, foto di reperti e visori per conoscere, grazie alla realtà virtuale immersiva, le meraviglie di una terra dalla cultura millenaria: sino a domenica 28 novembre 2021, il museo Archeologico nazionale di Napoli è presente alla Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico di Paestum (25-28 novembre 2021) con uno stand dedicato alla mostra “Sardegna Isola Megalitica- Dai menhir ai nuraghi, storie di pietra nel cuore del Mediterraneo “, che sarà in programma al Mann dal 10 giugno all’11 settembre 2022. La grande esposizione sarà affiancata dall’experience NURAGICA, che racconterà la storia della civiltà sarda in un format innovativo e tecnologico. “Siamo qui a Paestum per presentare uno splendido evento al Mann”, spiega il direttore Paolo Giulierini, “dove l’archeologia della Sardegna sarà narrata non solo con un ricco progetto scientifico, ma anche con un suggestivo percorso multimediale. L’archeologia nuragica costituisce un punto di riferimento per la cultura del Mediterraneo e nasce dalla fusione di tanti popoli, ciascuno portatore di una specificità identitaria”.

Locandina del progetto “Sardegna Isola Megalitica”

Un percorso di approfondimento con due anime. In primis, “Sardegna Isola Megalitica”, che concluderà a Napoli il suo tour internazionale dopo Berlino, San Pietroburgo e Salonicco. La mostra è promossa, nell’ambito di un importante progetto di Heritage Tourism finanziato con fondi europei POR FESR 2014-2020, dalla Regione Autonoma Sardegna- assessorato del Turismo, Artigianato e Commercio con il museo Archeologico nazionale di Cagliari e la Direzione regionale Musei della Sardegna, insieme al Mann e ai musei ospitanti dei vari Paesi. L’esposizione ha ottenuto il patrocinio del MAECI e del MIC ed è realizzata con la collaborazione della Fondazione di Sardegna e il coordinamento generale di Villaggio Globale International. La mostra ha inoltre ricevuto la Medaglia del Presidente della Repubblica Italiana. “Sardegna Isola Megalitica” presenta quasi 200 reperti delle antiche culture megalitiche e nuragiche dell’isola. I manufatti, provenienti dai musei di Cagliari, Nuoro e Sassari, tracciano un affascinante viaggio alla scoperta di civiltà ancora in parte ignote, sviluppatesi nell’isola al centro del Mare nostrum.

Il manifesto promozionale del progetto di realtà virtuale Nuragica al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)

NURAGICA, poi, proporrà un percorso immersivo e multisensoriale, creato ad hoc per il museo Archeologico: un viaggio guidato in cui il mondo dei nuragici riprenderà vita grazie a spettacolari scenografie e ambientazioni in scala reale che riprodurranno i principali siti archeologici dell’Isola. Così alla Bmta, sulle pareti dello stand del Mann, è possibile scoprire alcune immagini dei reperti in allestimento per “Sardegna Isola Megalitica”; i visitatori, nel corner del museo, hanno anche l’occasione di indossare i visori oculus, che permettono quasi di attraversare un antico villaggio isolano, avendo così un’anteprima dell’experience di NURAGICA.

“Sardegna isola megalitica: dai menhir ai nuraghi. Storie di pietra nel cuore del Mediterraneo”: Berlino, San Pietroburgo, Salonicco e Napoli sono le tappe (dal 1° luglio 2021 all’11 settembre 2022) di una straordinaria mostra dedicata alle antichissime culture megalitiche della Sardegna, compresa quella nuragica, per la prima volta al centro dell’attenzione internazionale. La presentazione dei promotori e dei direttori dei musei coinvolti

Prendete una cartina dell’Europa, segnate con delle bandierine la posizione di Berlino, San Pietroburgo, Salonicco e Napoli. Poi idealmente collegatele con una linea. Si formerà un arco il cui fuoco finisce su una grande isola nel cuore del Mediterraneo: la Sardegna, cui oggi sempre più viene riconosciuto dagli studiosi internazionali un ruolo di primo piano in età preistorica e protostorica nei contatti e negli incroci di civiltà, sia nell’ambito del Mare Nostrum, sia nei rapporti con il Centro e Nord Europa e con il Levante. Un’isola che ha visto svilupparsi, millenni or sono, culture e civiltà originali, capaci di dar vita a testimonianze ed evidenze monumentali. Berlino, San Pietroburgo, Salonicco e Napoli sono state scelte come tappe di una straordinaria mostra dedicata alle antichissime culture megalitiche della Sardegna, compresa quella nuragica, per la prima volta al centro dell’attenzione internazionale: “Sardegna Isola Megalitica. Dai menhir ai nuraghi: storie di pietra nel cuore del Mediterraneo” è la mostra-evento promossa dalla Regione Sardegna-assessorato del Turismo, Artigianato e Commercio con il museo Archeologico nazionale di Cagliari e la Direzione Regionale Musei della Sardegna, con il patrocinio del MAECI e del MIC, la collaborazione della Fondazione di Sardegna e il coordinamento generale di Villaggio Globale International. La mostra ha ricevuto la Medaglia del Presidente della Repubblica. È questa l’ultima tappa di un articolato progetto di Heritage Tourism finanziato dall’Unione Europea, sull’archeologia sarda nel contesto del Mediterraneo, preparata nel 2017 da un ampio convegno internazionale sul tema (vedi “Le civiltà e il Mediterraneo”: in un eccezionale convegno internazionale i grandi musei si confrontano a Cagliari sul Mediterraneo, per secoli crocevia di culture culla delle più significative civiltà antiche. Così la Sardegna riafferma il suo ruolo centrale nella storia del Mediterraneo e la ricchezza della civiltà nuragica | archeologiavocidalpassato) e nel 2019 dall’esposizione a Cagliari “Le Civiltà e il Mediterraneo” (vedi Apre a Cagliari la mostra “Le Civiltà e il Mediterraneo”: 550 reperti tra ceramiche, armi e utensili, oggetti di culto e antichi idoli, monili e, soprattutto, straordinari oggetti in bronzo, a documentare come il bacino del Mediterraneo non sia stato un luogo chiuso ma contaminante e in continua evoluzione | archeologiavocidalpassato), presenti i musei che ora ospiteranno la nuova importante mostra: il museo nazionale per la Preistoria e Protostoria di Berlino (dal 1° luglio 2021 al 30 settembre 2021), il museo statale Ermitage di San Pietroburgo (dal 19 ottobre 2021 al 16 gennaio 2022), il museo Archeologico di Salonicco (dall’11 febbraio 2022 al 15 maggio 2022) e il museo Archeologico nazionale di Napoli (dal 10 giugno 2022 all’11 settembre 2022).

La locandina della mostra “Sardegna isola megalitica”: prima tappa a Berlino dal 1° luglio al 30 settembre 2021
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Giovanni Chessa, assessore della Regione Sardegna

“C’è una certezza che da tanti anni abbiamo dentro di noi”, interviene Giovanni Chessa, assessore del Turismo, Artigianato e Commercio, Regione Autonoma della Sardegna. “E ogni qualvolta guardiamo alla nostra regione, alla sua storia, alla sua dimensione culturale, ai suoi musei, ai suoi parchi archeologici questa sensazione si rafforza e diviene realtà. La Sardegna è il cuore della civiltà del Mediterraneo. E non lo è in maniera statica o isolata. Non lo è soltanto per la “propria” dimensione. È punto di riferimento nel grande mare che bagna le coste dell’Europa, dell’Africa e dell’Asia. Ma è anche luogo di relazioni che contaminano il Centro ed il Nord Europa con il Levante. Questa coscienza non è solo antica, non è storia sepolta degna del pensiero e della ricerca degli studiosi. Questo modo di vedere la Sardegna è nel senso della vita di ciascuno di noi, è nell’aspirazione ad un futuro importante che veda le nostre genti protagoniste di un nuovo sviluppo. È per questo che abbiamo voluto questa mostra”.

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Francesca Lissia della Regione Sardegna

E Francesca Lissia, Autorità di Gestione PO FESR Sardegna 2014-2020: “Il Progetto espositivo La Civiltà Nuragica e millenaria della Sardegna, che nei prossimi mesi e fino al mese di settembre del 2022 sarà visitabile in quattro tra le più importanti e suggestive città europee, segna il ritorno dell’isola e del suo immenso patrimonio archeologico, tra i più numerosi al mondo se rapportato alla popolazione e alla sua dimensione geografica, all’interno dei cartelloni culturali internazionali. Lo fa ancora una volta, e lo sottolineo non senza orgoglio, grazie al contributo decisivo delle risorse comunitarie – in particolare del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale – che consentiranno alla Regione Autonoma della Sardegna di rafforzare il quadro delle iniziative culturali promosse dall’Italia all’estero in una fase di ripresa, di rilancio e di grande entusiasmo”.

L’eccezionale panorama che si gode dall’alto della torre di Su Nuraxi di Barumini (foto Graziano Tavan)
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Il soprintendente Bruno Billeci

“Attualità e fragilità del patrimonio nuragico in Sardegna. La meraviglia accompagna ogni descrizione delle testimonianze antiche di Sardegna”, assicura Bruno Billeci, soprintendente per l’Archeologia, le Belle Arti e il Paesaggio per le Province di Sassari e Nuoro, “esse vengono collocate in un passato lontano statico e sostanzialmente sospeso rispetto alle processualità successive. In modo lapidario Tacito ha affermato sui resti del passato: omnia […] quae nunc vetustissima creduntur, nova fuere, ma questa considerazione non sembra trasparire nelle parole di nessuno degli storici antichi o dei viaggiatori che, tra Ottocento e Novecento, hanno descritto i resti archeologici dell’isola e tra i primi lo Spano, importante esponente della cultura sarda nell’epoca della nascita dell’interesse verso la storia antica locale. E questa meraviglia è oggi intatta e presente ogni volta che siamo al cospetto delle architetture e dei manufatti preistorici e nuragici che costituiscono una delle peculiarità del paesaggio culturale sardo denso di stratificazioni e di testimonianze”.

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Francesco Muscolino, direttore del museo Archeologico nazionale di Cagliari

Il museo Archeologico nazionale di Cagliari, autonomo dal dicembre 2019, ma attivo come nuovo istituto solo dal novembre 2020, ha “ereditato” e portato avanti alcuni progetti già avviati dalla Direzione Regionale Musei Sardegna, cui il Museo afferiva prima dell’autonomia. Tra questi progetti, emerge per importanza la mostra – promossa dalla Regione Autonoma della Sardegna – che, nonostante il comprensibile ritardo causato dalla pandemia, trova finalmente coronamento con la pubblicazione del catalogo. “Per il “nuovo” Museo di Cagliari”, sottolinea Francesco Muscolino, direttore del museo Archeologico nazionale di Cagliari e direttore ad interim della Direzione Regionale Musei Sardegna, “sarà un’ottima occasione per avviare e, in alcuni casi, corroborare e continuare i rapporti con altri prestigiosi musei, anche in vista di future iniziative comuni di esposizione e di ricerca. In un anno che si spera possa segnare l’avvio della progressiva uscita dalla crisi pandemica, un’iniziativa culturale come questa, complessa e di alto profilo, in fattiva condivisione di intenti con altre istituzioni, può sicuramente offrire un importante apporto alla auspicabile ripresa, contribuendo a far conoscere sempre meglio lo straordinario patrimonio archeologico sardo, anche nei suoi aspetti meno noti al grande pubblico. È importante sottolineare come il Museo di Cagliari non sia solo un ente prestatore, che contribuisce in maniera determinante alla mostra con centinaia di reperti, ma abbia predisposto e coordinato, grazie all’impegno dei suoi funzionari e in collaborazione con la Direzione Regionale Musei, il progetto scientifico del catalogo e dell’esposizione, oltre a curare le necessarie procedure amministrative e i delicati aspetti conservativi”.

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Matthias Wemhoff, direttore del museo per la Preistoria e Protostoria di Berlino

La mostra “Sardegna – Isola Megalitica” segna un’altra tappa significativa della collaborazione tra il museo nazionale per la Preistoria e Protostoria, gli Staatliche Museen zu Berlin (Musei nazionali di Berlino) e i Musei Archeologici della Sardegna e la Regione Autonoma della Sardegna. “In questo progetto, sostenuto dall’Unione Europea e dalla Regione Autonoma della Sardegna, il nostro museo non solo ha partecipato con prestiti, insieme ad altri musei di fama internazionale”, sottolinea Matthias Wemhoff, direttore del museo per la Preistoria e Protostoria di Berlino e Archeologo di Stato, “ma ha anche messo a disposizione uno dei due curatori di questa mostra, Manfred Nawroth, che desidero ringraziare di cuore per il suo grande impegno profuso anche per la realizzazione della tappa espositiva di Berlino. È un piacere che il museo nazionale per la Preistoria e Protostoria di Berlino possa non solo partecipare alla mostra, ma addirittura essere il primo museo ad ospitare l’esposizione. E, in fin dei conti, il nostro museo è legato alla Sardegna da decenni. Da questo punto di vista resta indimenticabile la mostra “Kunst und Kultur Sardiniens vom Neolithikum bis zum Ende der Nuraghenzeit” (“Arte e cultura della Sardegna dal Neolitico alla fine del periodo nuragico”), in cui quasi 300 prestiti, tra cui alcuni provenienti dai musei di Cagliari e Sassari, furono presentati nel 1980 nell’allora museo nazionale per la Preistoria e per la Protostoria di Berlino Ovest, e in occasione della quale fu pubblicato un catalogo riccamente illustrato. Ad oltre 40 anni di distanza, rivolgiamo nuovamente uno sguardo più ampio a questo paesaggio culturale così speciale. Per mostrare anche fattivamente il nostro apprezzamento per il progetto abbiamo liberato per questa esposizione speciale alcune delle nostre sale storiche più belle, in cui normalmente presentiamo reperti importanti quali la collezione di antichità troiane di Heinrich Schliemann. Al Neues Museum intendiamo non solo far conoscere la cultura della Sardegna nell’estate del 2021 alla gente di Berlino, ma ci auguriamo – se la situazione pandemica lo permetterà – di presentarla nuovamente anche a un pubblico internazionale”.

Arzachena (SS), le tombe di giganti di Li Lolghi (foto Teravista di Giovanni Alvito)
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Michail Piotrovsky, direttore generale del museo dell’Ermitage

“Il mar Mediterraneo, con le sue isole, sembrerebbe essere stato attraversato, solcato dalle navi in lungo e in largo, studiato e descritto in ogni sua parte”, sottolinea Michail Piotrovskj direttore generale del Museo Statale Ermitage di San Pietroburgo. “Tuttavia, fortunatamente, oggi, sia nelle isole famose che in quelle dimenticate, l’immaginazione di visitatori e studiosi è risvegliata da monumenti poco o per niente conosciuti, pieni di fascino oscuro, che emanano mistero per viaggiatori e ricercatori. La Sardegna è un luogo che in particolar modo crea suggestioni, che incanta e fa sorgere molteplici teorie sulla natura e sull’origine delle sue antiche culture, sui destini dei popoli del mare. A volte sembra sorprendente che non tutti i libri di testo scolastici raccontino delle meraviglie dell’età del Bronzo mediterranea: delle gigantesche tombe di pietra, delle enormi statue di guerrieri in pose da combattimento e di quelle incredibili torri monumentali, i nuraghi, antenati dei castelli medievali. Per non parlare di piccole statuette di bronzo aggraziate, probabilmente ispirate agli dei, di guerrieri con scudi, arcieri, donne con bambini, animali con le corna, brocche dalle forme incomprensibili… La grazia severa della ‘cultura nuragica’, di recente nuovamente glorificata dai ritrovamenti e dal restauro di statue monumentali (una delle quali vedremo esposta a San Pietroburgo), è diventata oggetto di studio ed esposizione in una splendida mostra realizzata dagli sforzi di esperti e leader museali provenienti da Italia, Germania, Grecia e Russia. E la Russia – conclude – ha una sua tradizione nazionale di studio della storia antica della Sardegna, che riceve attraverso questa mostra un nuovo stimolo tangibile per il suo sviluppo, e che le torri di pietra e il bronzo ricorderanno ancora una volta l’archeologia esotica del mar Nero e del Caucaso. Il nostro mondo è tanto unito, quanto variegato”.

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Angeliki Koukouvou, vicedirettore del museo Archeologico di Salonicco

E Angeliki Koukouvou, vicedirettore del museo Archeologico di Salonicco: “Accogliamo con grande piacere e soddisfazione l’organizzazione di una grande mostra che rinnova la consolidata sinergia creativa tra il museo Archeologico di Salonicco e la Regione Autonoma e i musei archeologici della Sardegna. La mostra verrà presentata in quattro importanti musei, affiancandosi alle loro collezioni e mettendo in evidenza le affinità eclettiche delle antiche civiltà che un tempo si incrociavano nei porti del Mediterraneo, il grande mare di comunicazione e coesione. Il museo archeologico di Salonicco è particolarmente grato al ministero della Cultura italiano, alla Regione Autonoma della Sardegna e ai suoi musei che ci hanno affidato molti dei loro più celebri tesori. Sia i capolavori già famosi che i ritrovamenti più recenti saranno messi in risalto dal più ampio contesto archeologico in cui vengono presentati. Siamo entusiasti che il nostro museo sia stato scelto come sede in Grecia di questo evento senza pari. Auspichiamo che il magico universo sardo e il suo profumo mediterraneo catturino i nostri cuori e ispirino molti altri emozionanti viaggi”.

Soldato con stocco e scudo; bronzetto dell’Età del Ferro conservato al museo Archeologico nazionale di Cagliari (foto man cagliari)
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Il direttore del museo Archeologico nazionale di Napoli, Paolo Giulierini (foto mann)

“Abbiamo tutti abbastanza presente la classica suddivisione della storia della Sardegna”, esordisce Paolo Giulierini, direttore del museo Archeologico nazionale di Napoli: “la fase prenuragica e quella dei nuraghi e delle tombe dei giganti; il successivo periodo in cui si concentra la produzione di raffinati bronzetti nuragici, forse la più rappresentativa espressione dell’ethnos sardo, e il successivo arrivo dei Fenici e dei Cartaginesi che perfezionano nell’isola il modello dei centri urbani; la romanizzazione finale, a prezzo anche di gravi episodi di violenza da parte dell’Urbe e di una scarsa integrazione delle popolazioni dell’interno. Nel corso di studi consolidati nel tempo e di una bella mostra intitolata “Le Civiltà e il Mediterraneo”, alla quale anche il Mann ha partecipato, si è anche chiarito la posizione baricentrica della Sardegna per tutti coloro che, fin dall’età del Bronzo, dovessero intraprendere rotte o scali commerciali da Oriente a Occidente: fossero essi mercanti Micenei, Fenici, Ciprioti e, più tardi, Cartaginesi o Etruschi, avidi soprattutto di metalli. Forse è meno chiaro al grande pubblico – continua Giulierini – come, nel corso di molti millenni, il popolo sardo si riplasmi di continuo, assorbendo i nuovi arrivati e rielaborando, talora attivamente, talora in forma coercitiva, ulteriori stimoli culturali. L’idea di formazione del popolo etrusco, rispetto ai rigidi criteri della provenienza in blocco di un popolo da una sola area geografica, sviluppata da Massimo Pallottino, potrebbe in effetti tranquillamente allargarsi ai Sardi ma, a ben vedere, un po’ a tutti i popoli dell’Italia antica. Basti pensare alla stessa Campania che vede, dopo sporadiche incursioni micenee nell’età del Bronzo che avviano connessioni con le popolazioni locali, un arrivo massiccio, a partire dal IX secolo a.C., di Greci lungo le coste, Etruschi, Campani e altri popoli italici in molti centri dell’interno. E, a ben guardare, anche le stesse cornici geografiche, pur determinando con i fiumi, le fonti, le risorse naturali in genere o le conformazioni geologiche alcune caratteristiche di base degli insediamenti, mutano in parte e vengono riplasmate da questo infinito numero di uomini e donne che, conoscendosi, incrociandosi, talora combattendosi, formano quegli ethnoi che, pur se costretti a parlare nel tempo la lingua dei nuovi padroni, in realtà conservano “sotto traccia” caratteristiche definite fino ai giorni nostri. Andare alla scoperta dei mattoncini di questo DNA culturale – conclude – è, credo, la cosa più stimolante che possa fare una mostra”.

Il film “Ermitage. Il potere dell’arte” ha vinto il Nastro d’Argento 2020 – Sezione Documentari ed eventi d’Arte. Prodotto tra 3D Produzioni e Nexo Digital con la collaborazione di Villaggio Globale International e di Sky Arte, è diretto da Michele Mally su soggetto di Didi Gnocchi, con la partecipazione straordinaria di Toni Servillo

Il manifesto del film “Ermitage. Il potere dell’arte” diretto da Michele Mally su soggetto di Didi Gnocchi

Il film “Ermitage. Il potere dell’arte” ha vinto il Nastro d’Argento 2020 – Sezione Documentari ed eventi d’Arte. Dopo i Nastri d’Argento assegnati nei giorni scorsi per i lungometraggi, è stato annunciato il palmarès dei documentari 2020, che ha visto primeggiare il film dedicato al museo statale Ermitage, prodotto tra 3D Produzioni e Nexo Digital con la collaborazione di Villaggio Globale International e di Sky Arte. “Ermitage. Il potere dell’arte” diretto da Michele Mally su soggetto di Didi Gnocchi, che firma la sceneggiatura con Giovanni Piscaglia, con la partecipazione straordinaria di Toni Servillo, è stato realizzato con la piena collaborazione del museo statale Ermitage di San Pietroburgo e del suo direttore Michail Piotrovskij per raccontare il grande museo sulla Neva in maniera inedita ed emozionante, attraverso i secoli della storia russa e le vicende culturali che hanno portato allo sviluppo delle sue collezioni nel cuore della città.

Il film “Ermitage. Il potere dell’arte” con la partecipazione straordinaria di Toni Servillo

“Ermitage. Il potere dell’arte”: un luogo e un racconto straordinari raccontati in modo magistrale in un docufilm che ha saputo affascinare anche una giuria di “addetti ai lavori”. Dal 1946, il premio Nastro d’Argento è assegnato dal Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici italiani (SNGCI) premiando ogni anno i migliori film, autori, interpreti, produttori e tecnici. Il documentario dedicato al grande museo russo, presentato nell’ottobre scorso in anteprima assoluta a Venezia, aveva ottenuto un successo strepitoso nei 3 giorni di programmazione a novembre 2019 nei cinema italiani – ponendosi al terzo posto dietro due Blockbuster come Jocker e Maleficent – per poi essere distribuito a livello internazionale. Grande successo anche la sua presentazione su Sky Arte. Selezionato nelle scorse settimana per la cinquina finalista della sezione documentari ed eventi d’arte della competizione, è stato premiato come vincitore del Nastro d’Argento in un’edizione del premio caratterizzata, a detta degli organizzatori, da una “qualità eccezionale, difficile persino da giudicare per gli spunti di approfondimenti e il racconto su arte, cinema, cultura, società”.

“I Musei e questo futuro. Tempi di cambiamento”: convegno internazionale a Venezia con i direttori di grandi musei del mondo sui nuovi scenari europei

La locandina del convegno a Venezia sul futuro dei musei

In che modo si modificheranno i saperi, le conoscenze e dunque i luoghi tradizionalmente depositari della storia e della cultura, come i Musei? In che modo i Musei internazionali devono affrontare e stanno affrontando il tema del cambiamento della società e le nuove dinamiche che interessano lo scenario europeo? La risposta o le risposte tenterà di darle un importante convegno internazionale “I Musei e questo futuro. Tempi di cambiamento” dedicato alla sfide che i grandi musei sono chiamati ad affrontare di fronte ai cambiamenti che stanno interessando la società e l’Europa, sfide in un futuro che è già alle porte. Il convegno, sabato 12 ottobre 2019, dalle 11 alle 16, nel Salone dello Scrutino di Palazzo Ducale a Venezia, è promosso dal Comune di Venezia, la Fondazione Musei Civici di Venezia, il Museo Statale Ermitage ed Ermitage Italia in collaborazione con Villaggio Globale International.

I direttori Paolo Giulierini (Mann) e Michail Piotrovsky (Ermitage)

Il tema del convegno organizzato nell’occasione è di stringente attualità. Le cronache quotidiane, le innovazioni tecnologiche e le tendenze dei costumi, le stesse scelte della politica internazionale sottendono infatti problematiche di enorme rilevanza e mostrano i segni contraddittori del domani e del futuro. Che è già presente. Tutto ciò rende importante la riflessione sulle conseguenze dei cambiamenti in atto. Alla riflessione prenderanno parte – dopo i saluti di Mariacristina Gribaudi presidente della Fondazione Musei Civici di Venezia e l’intervento introduttivo del sindaco di Venezia Luigi Brugnaro – il direttore generale del museo statale Ermitage di San Pietroburgo Mikhail Piotrovsky, Gabriella Belli direttore della Fondazione Musei Civici di Venezia, Paolo Giulierini direttore del museo Archeologico nazionale di Napoli, Fatma Nait-Yghil direttrice del museo Bardo di Tunisi, Simone Verde direttore del complesso monumentale della Pilotta di Parma ed Hermann Parzinger presidente della Fondazione del Patrimonio Culturale Prussiano di Berlino.

Visitatori in coda attendono di entrare al museo Archeologico nazionale di Napoli

Testimoni del passato e del presente e nel contempo protagonisti di una relazione forte con la gente, lente privilegiata per interpretare il mondo di oggi e di domani, i grandi Musei sono chiamati ad affrontare le crisi, le trasformazioni culturali, i nuovi linguaggi, i mutamenti di valori; devono confrontarsi con le aperture di frontiere o, viceversa, con l’innalzamento di nuovi muri e nuove emarginazioni; con dialoghi o con cesure internazionali. Proprio per questo i Musei oggi, pur preservando le loro missioni primarie di conservazione, tutela e valorizzazione, hanno trasformato le loro pratiche e le loro proposte culturali per essere più vicini alle comunità di riferimento, e domani? Gli interventi dei relatori aiuteranno a comprendere il nuovo ruolo al quale si preparano le istituzioni culturali europee.

Il convegno internazionale vede affiancati ancora una volta la città di Venezia e il prestigioso museo di San Pietroburgo che, sempre il 12 ottobre, prima del convegno, rinnoveranno ufficialmente il Protocollo d’Intesa che ha sancito la presenza nella città lagunare di “Ermitage Italia”. La filiale italiana del museo russo, con sede alle Procuratie Vecchie in piazza San Marco, è nata sotto l’egida dei rispettivi governi nell’ambito degli accordi bilaterali tra Italia e Russia ed destinata allo studio e alla ricerca sui rapporti artistici, storici e culturali tra i due Paesi.

Napoli. Record di visitatori per Canova al Mann: oltre 300mila visitatori in tre mesi. E nel 2020 arriva un altro grande del Neoclassicismo: Berthel Thorvaldsen

Tanto pubblico attorno alle “Tre Grazie” uno dei capolavori di Antonio Canova esposti nella mostra al Mann

Il manifesto della mostra “Canova e l’Antico” al museo Archeologico nazionale di Napoli dal 28 marzo al 30 giugno 2019

Canova lascia il Mann battendo ogni record di visitatori e prepara la strada a un altro grande artista del Neoclassicismo, Berthel Thorvaldsen. Si è conclusa il 1° luglio 2019 al museo Archeologico nazionale di Napoli, la mostra “Canova e l’antico”, promossa con il museo statele Ermitage di San Pietroburgo e con la collaborazione di Ermitage Italia: l’esposizione, che è stata organizzata insieme a Villaggio Globale International e ha raccolto nell’atrio e nel Salone della Meridiana del Mann oltre 110 capolavori del Maestro di Possagno, è stata accompagnata da un’ottima risposta di pubblico e critica. I numeri confermano il feeling, ed è già record: in poco più di tre mesi di programmazione, dal 28 marzo al 1° luglio 2019, oltre 300mila visitatori sono stati al MANN, segnando un trend in crescita di oltre il 40% rispetto allo stesso periodo del 2018.

Il direttore del Mann, Paolo Giulierini (foto Graziano Tavan)

Il direttore del Mann, Paolo Giulierini, e l’ambasciatore d’Italia a Copenaghen, Luigi Ferrari

“Mentre salutiamo i capolavori di Canova tracciando l’entusiasmante bilancio di una mostra che resterà nella storia recente della città”, interviene il direttore del Mann, Paolo Giulierini, “annunciamo come in un simbolico passaggio di consegne la prossima esposizione dedicata al Neoclassicismo: nel novembre del 2020, in virtù dei recenti accordi con il museo Thorvaldsen di Copenaghen, il Mann ospiterà una importante mostra dedicata all’artista danese che visse e lavorò a Roma, dopo un breve passaggio per Napoli, ispirato dalle antichità classiche e da Canova”.