Napoli. Al museo Archeologico nazionale “Speciale Bizantini”: tre incontri per approfondire il progetto scientifico della mostra “Bizantini. Luoghi, simboli e comunità di un impero millenario”

La mostra “Bizantini” nel Salone della Meridiana al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto sergio siano)
“Bizantini”: è una delle grandi mostre che il 2022 lascia in eredità al nuovo anno. Salvo proroghe, a museo Archeologico nazionale di Napoli la mostra “Bizantini. Luoghi, simboli e comunità di un impero millenario”, curata da Federico Marazzi (università “Suor Orsola Benincasa” di Napoli), rimarrà aperta fino al 13 febbraio 2023. In queste settimane il Mann promuove “Speciale Bizantini”: tre incontri per approfondire il progetto scientifico dell’esposizione sviluppato da un team di studiosi italiani della civiltà bizantina, team guidato dallo stesso Federico Marazzi e composto da Lucia Arcifa, Ermanno Arslan, Isabella Baldini, Salvatore Cosentino, Edoardo Crisci, Alessandra Guiglia, Marilena Maniaci, Rossana Martorelli, Andrea Paribeni ed Enrico Zanini (vedi Grandi mostre tra 2022 e 2023. Al museo Archeologico nazionale di Napoli la mostra “Bizantini. Luoghi, simboli e comunità di un impero millenario” curata da Federico Marazzi. L’introduzione del direttore Paolo Giulierini | archeologiavocidalpassato).
Speciale Bizantini: luoghi, simboli e comunità di un impero millenario. Si inizia mercoledì 1° febbraio 2023: alle 16.30, in sala Conferenze del Mann, l’incontro “L’eredità culturale del monachesimo italo-greco nel Mezzogiorno”. Dopo i saluti del direttore Paolo Giulierini, intervengono Rosanna Alaggio (università del Molise) e il saggista Giovanni Russo. Modera Claudio Bocci, presidente Cultura del Viaggio. Si prosegue lunedì 6 febbraio 2023: alle 16.30, in sala Conferenze del Mann, presentazione del libro “Costantinopoli. I luoghi dell’Archeologia” di Enrico Zanini. Dopo i saluti del direttore Paolo Giulierini, con l’autore Zanini intervengono Federico Marazzi (università Suor Orsola Benincasa di Napoli), Riccardo Santangeli Valenzani (università Roma Tre) e Silvia Pedone (accademia nazionale dei Lincei). Il ciclo si chiude giovedì 9 febbraio 2023. Alle 16, nell’auditorium del Mann, per “Incontri di Archeologia – XXVIII edizione”, dopo i saluti del direttore Paolo Giulierini, interviene Federico Marazzi su “Una lunga storia di libertà: il ducato “bizantino” di Napoli (VII-XII secolo)”.
Grandi mostre tra 2022 e 2023. Al museo Archeologico nazionale di Napoli la mostra “Bizantini. Luoghi, simboli e comunità di un impero millenario” curata da Federico Marazzi. L’introduzione del direttore Paolo Giulierini

La mostra “Bizantini” nel Salone della Meridiana al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto sergio siano)

Locandina della mostra “Bizantini” al museo Archeologico nazionale di Napoli dal 21 dicembre 2022 al 13 febbraio 2023
“Bizantini”: è una delle grandi mostre che il 2022 lascia in eredità al nuovo anno. Al museo Archeologico nazionale di Napoli il 21 dicembre 2022 è stata inaugurata la mostra “Bizantini. Luoghi, simboli e comunità di un impero millenario”, curata da Federico Marazzi (università “Suor Orsola Benincasa” di Napoli), che rimarrà aperta fino al 13 febbraio 2023. Il progetto scientifico dell’esposizione è stato sviluppato da un team di studiosi italiani della civiltà bizantina, team guidato dallo stesso Federico Marazzi e composto da Lucia Arcifa, Ermanno Arslan, Isabella Baldini, Salvatore Cosentino, Edoardo Crisci, Alessandra Guiglia, Marilena Maniaci, Rossana Martorelli, Andrea Paribeni ed Enrico Zanini. La mostra, coordinata da Laura Forte (responsabile Ufficio mostre al Mann) e organizzata da Villaggio Globale International, è realizzata con il sostegno della Regione Campania (POC Campania 2014-2020) e in collaborazione con l’università “Suor Orsola Benincasa” di Napoli. Il progetto di allestimento è di Andrea Mandara e quello grafico di Francesca Pavese.
Il progetto. A introdurci alla mostra “Bizantini” è il direttore del Mann, Paolo Giulierini. “Il progetto della mostra dei Bizantini – spiega ad archeologiavocidalpassato.com –, nasce dopo lunghe interlocuzioni con importanti partner greci, con Venezia, con Ravenna. Alla fine, tramite il coordinamento di Villaggio Globale, abbiamo deciso di realizzare la prima grande tappa a Napoli, a partire dal 21 dicembre 2022 e fino al 13 febbraio 2023, con un’eventuale proroga. La mostra prende in considerazione il volto di Napoli bizantina, di quello che fu il ducato intorno al 1000 d.C. Ma soprattutto dà un quadro di quello che fu l’impero bizantino dal suo sorgere fino alla sua caduta alla metà del Cinquecento. Si parlerà dell’Imperatore e della sua corte, degli edifici di culto, e degli edifici pubblici e privati nella vita quotidiana, delle gioiellerie, dell’esercito, e insomma di quanto fu difficile tenere il punto ancora per mille anni dopo la caduta di Roma, e perché ancora le idee del mondo classico resistessero e di come poi, dopo la caduta avvenuta per via dei Turchi, i germi della classicità passassero attraverso la fuga di alcuni sapienti greci da Costantinopoli a Firenze, alla corte di Lorenzo de’ Medici, e ispirassero l’Umanesimo e poi il Rinascimento”.

L’allestimento della mostra “Bizantini” nel salone della Meridiana al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)
Il celebre scrittore inglese Robert Byron attribuiva la grandezza di Bisanzio alla “triplice fusione” di un corpo romano, una mente greca, un’anima orientale e mistica. Una fusione che l’arte e la cultura interpretarono e seppero diffondere attraverso i secoli, come emerge dalla ricchissima mostra che sviluppa in quindici sezioni le fasi storiche successive all’impero Romano d’Occidente, dedicando un focus a Napoli (città “bizantina” per circa sei secoli, dopo la conquista da parte di Belisario e le sue armate nel 536 d.C.) e approfondendo i legami fra Grecia e Italia meridionale.

Il direttore del Mann, Paolo Giulierini, nella mostra “Bizantini” (foto mann)
“Esiste una Campania archeologica dopo la caduta di Roma e raccontare in una grande mostra i mille anni di questo impero è per il Mann una nuova tappa del percorso, partito dai Longobardi, verso una più completa identità del nostro stesso museo”, commenta Giulierini. “Napoli bizantina è un tema cruciale e per molti sarà una sorpresa, alla scoperta di un intreccio di destini tra la città e l’impero lungo sei secoli, dopo la sottomissione a Roma, il tratto più lungo della sua storia. E anche quando il dominio bizantino di Napoli evaporò, questo legame con l’Impero non fu mai rinnegato e si trasformò in volano per tenere vivi i contatti con il Mediterraneo, la tensione verso altri mondi. Il Mann è quindi il luogo ideale in Italia per raccontare questa storia”.

Sant’Anastasia: icona dell’ultima metà del XIV secolo proveniente da Naxos (foto Eforato delle Antichità delle Cicladi)
Diversi i temi affrontati: la struttura del potere e dello Stato; l’insediamento urbano e rurale; gli scambi culturali; la religiosità; le arti e le espressioni della cultura scritta, letteraria e amministrativa. Sono oltre quattrocento le opere esposte, provenienti dalle collezioni del Mann e da prestiti concessi da 57 dei principali musei e istituzioni che custodiscono in Italia e in Grecia materiali bizantini (33 istituti italiani, 22 musei greci isole incluse, Musei Vaticani e Fabbrica di San Pietro). Grazie alla prestigiosa collaborazione con il ministero ellenico della Cultura, molti dei materiali in allestimento sono visibili per la prima volta: diversi manufatti sono stati rinvenuti, infatti, nel corso degli scavi per la realizzazione della metropolitana di Salonicco. Altri reperti, concessi in prestito dalla soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per il Comune di Napoli, sono stati ritrovati negli scavi della linea 1 della metropolitana.

Frammento di un pavimento a mosaico del V secolo conservato al museo Bizantino e Cristiano di Atene (foto museo bizantino cristiano)
Gli oggetti in mostra si distinguono per la varietà di materia e funzione: sculture, mosaici, affreschi, instrumentum domesticum, sigilli, monete, ceramiche, smalti, suppellettili d’argento, oreficerie ed elementi architettonici danno conto di una complessa realtà, connotata da eccellenze manifatturiere e artistiche. Grazie ai simboli dell’Impero d’Oriente, la creatività del mondo antico “transita”, così, verso il Medioevo, con un linguaggio rinnovato dalla fede cristiana e arricchito da innesti culturali iranici e arabi.

L’allestimento della mostra “Bizantini” nel salone della Meridiana al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)
Premesse storiche e ragioni di una mostra: il mito di Bisanzio. Dopo circa quarant’anni dall’ultima esposizione in Italia, una mostra racconta il mondo affascinante e complesso dell’Impero Bizantino: quell’Impero Romano d’Oriente (Romèi erano chiamati e si autodefinivano i suoi abitanti), sopravvissuto per quasi dieci secoli alla caduta della pars Occidentis, quando il barbaro Odoacre nel 476 riuscì a deporre l’ultimo imperatore d’Occidente, Romolo Augustolo. Fu allora che Costantinopoli, la città sul Bosforo, l’antica Byzantion rifondata nel 330 dall’Imperatore Costantino come “Nuova Roma”, divenne il centro e il cuore politico, istituzionale e culturale dell’Impero Romano. Un Impero che, di fatto, continuò a vivere fino al 1453 (anno della caduta della capitale in mano ai Turchi di Maometto II), assumendo nel tempo connotati diversi: la lingua greca, ad esempio, era usata per gli atti ufficiali e il Cristianesimo era stato assunto come religione di stato, fondante l’identità dell’Impero. Questo “mutamento di pelle” indusse gli eruditi, dal Seicento in poi, a cercare un nuovo nome – Impero Bizantino – per indicare una realtà politica che connetteva Oriente e Occidente, contribuendo così innegabilmente non solo alla formazione dell’Europa medievale, ma anche alla genesi dell’Umanesimo. Una volta superati i pregiudizi primo-settecenteschi, che associavano al bizantinismo le negatività di una burocrazia invalidante e di una società statica, il mito di Bisanzio, impero multietnico, è cresciuto in questi ultimi tempi.

Anello in oro e gemma in pasta vitrea proveniente da Senise (PZ)) e conservato al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)
Uno sguardo al presente. La mostra di Napoli getta uno sguardo su un mondo che è lo specchio di tutto quanto l’Occidente aveva perduto con il crollo dell’Impero Romano e che avrebbe lentamente e faticosamente riconquistato nei secoli successivi all’anno Mille: tecniche artistiche e produttive, modi di intendere l’estetica degli oggetti, scritti e saperi. L’esposizione getta luce anche sulle strutture di un impero universale e autocratico ma capace, allo stesso tempo, di tenere unita una società multietnica e composita, di cui sono stati eredi sia l’impero zarista che l’Islam sultaniale. A partire dalla presa di Costantinopoli anche il sultano ottomano userà il titolo di “imperatore di Roma” e nel suo Impero la cultura romano-bizantina sarà perpetuata di fatto. La storia ci aiuta sempre a capire il presente: le contrapposizioni successive e molte delle tensioni e dei conflitti, che tutt’oggi interessano quell’area definita da Fernand Braudel “Mediterraneo Maggiore”, hanno di fatto trovato linfa nel vuoto determinato dalla caduta di Bisanzio e dalle ceneri dell’Impero.
Napoli. Al museo Archeologico nazionale apre la mostra “Bizantini. Luoghi, simboli e comunità di un impero millenario”: con oltre 400 reperti racconta “il millennio bizantino”, dalla rifondazione dell’antica Byzantion da parte di Costantino nel 330, fino alla presa di Costantinopoli con la quarta crociata nel 1204

Il Salone della Meridiana al museo Archeologico nazionale di Napoli al buio, pronto a svelare i tesori della mostra “I Bizantini” (foto francesco pio chinelli)
Ci siamo. Il 21 dicembre 2022, quando si accenderanno le luci del Salone della Meridiana al museo Archeologico nazionale di Napoli brilleranno agli occhi dei visitatori i tesori di quel mondo raffinato che aveva il suo punto di riferimento nella capitale Bisanzio: alle 11.30, sarà presentata la mostra “Bizantini. Luoghi, simboli e comunità di un impero millenario”. Dal 22 dicembre 2022, apertura al pubblico.

Il direttore del Mann, Paolo Giulierini, nella mostra “I Bizantini” (foto valentina cosentino)
L’esposizione, realizzata con il sostegno della Regione Campania nell’ambito del Poc 2014/2020, sviluppa il tema delle fasi storiche successive all’impero romano d’Occidente, con un focus sulla Grecia, su Napoli (città “bizantina” per circa cinque secoli dopo la conquista da parte delle armate guidate da Belisario nel 536 d.C.) e sull’Italia meridionale. Curata da Federico Marazzi (università Suor Orsola Benincasa di Napoli), la mostra racconta “il millennio bizantino” dalla rifondazione dell’antica Byzantion da parte di Costantino nel 330, fino alla presa di Costantinopoli con la quarta crociata nel 1204 (momento cruciale nel processo di dissoluzione dell’Impero), approfondendo diversi temi: la struttura del potere e dello Stato, l’insediamento urbano e rurale, gli scambi culturali, la religiosità e le espressioni della cultura scritta, letteraria e amministrativa. In mostra, oltre quattrocento reperti, appartenenti alle collezioni del Mann o concessi in prestito dai principali musei e siti archeologici che custodiscono, in Italia e in Grecia, materiali bizantini: anche grazie alla sinergia con il ministero ellenico della Cultura, molti manufatti sono visibili per la prima volta e provengono dagli scavi della linea metropolitana a Salonicco. In mostra anche materiali scavati nella linea metropolitana di Napoli.

Histamenon di Basilio II in oro della Zecca di Costantinopoli (1005-1025 d.C.) conservato al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)
Il progetto scientifico dell’esposizione è stato sviluppato da un gruppo di studiosi italiani della civiltà bizantina, gruppo coordinato dallo stesso Federico Marazzi e composto da Lucia Arcifa, Ermanno Arslan, Isabella Baldini, Salvatore Cosentino, Edoardo Crisci, Alessandra Guiglia, Marilena Maniaci, Rossana Martorelli, Andrea Paribeni ed Enrico Zanini. La mostra, coordinata da Laura Forte (responsabile Ufficio mostre al Mann) e organizzata da Villaggio Globale International, è realizzata con la collaborazione dell’università “Suor Orsola Benincasa” di Napoli. Il progetto di allestimento è di Andrea Mandara e quello grafico di Francesca Pavese. L’esposizione, infine, prevede un ricco apparato editoriale, che include il catalogo (in uscita a gennaio 2023), la guida breve, la pubblicazione degli itinerari bizantini della Campania e un volume destinato ai bambini, tutto edito da Electa.
Napoli. Al museo Archeologico nazionale slitta di due settimane la presentazione della mostra “Bizantini. Luoghi, simboli e comunità di un impero millenario” che con oltre quattrocento reperti sviluppa il tema delle fasi storiche successive all’impero romano d’Occidente
Slitta di due settimane, dal 7 al 21 dicembre, l’annunciata presentazione al museo Archeologico nazionale di Napoli della mostra “Bizantini. Luoghi, simboli e comunità di un impero millenario” (vedi Napoli. Ecco la speciale offerta del Natale al museo Archeologico nazionale: mostra-evento sui Bizantini, un giardino restituito, il presepe con allestimenti multimediali e un libro, avvio stagione concertistica, gli scacchi del Mann e il nuovo abbonamento OpenMANN | archeologiavocidalpassato). L’esposizione, realizzata con il sostegno della Regione Campania nell’ambito del Poc 2014/2020, sviluppa il tema delle fasi storiche successive all’impero romano d’Occidente, con un focus sulla Grecia, su Napoli (città “bizantina” per circa cinque secoli dopo la conquista da parte delle armate guidate da Belisario nel 536 d.C.) e sull’Italia meridionale. Curata da Federico Marazzi (università Suor Orsola Benincasa di Napoli), la mostra racconta “il millennio bizantino”, approfondendo diversi temi: la struttura del potere e dello Stato, l’insediamento urbano e rurale, gli scambi culturali, la religiosità e le espressioni della cultura scritta, letteraria e amministrativa.

Histamenon di Basilio II in oro della Zecca di Costantinopoli (1005-1025 d.C.) conservato al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)
Il progetto scientifico dell’esposizione è stato sviluppato da un gruppo di studiosi italiani della civiltà bizantina, gruppo coordinato dallo stesso Federico Marazzi e composto da Lucia Arcifa, Ermanno Arslan, Isabella Baldini, Salvatore Cosentino, Edoardo Crisci, Alessandra Guiglia, Marilena Maniaci, Rossana Martorelli, Andrea Paribeni ed Enrico Zanini. La mostra, coordinata da Laura Forte (responsabile Ufficio Mostre al Mann) e organizzata da Villaggio Globale International, è realizzata con l’università “Suor Orsola Benincasa” di Napoli. Il progetto di allestimento è di Andrea Mandara e quello grafico di Francesca Pavese. L’esposizione, infine, prevede un ricco apparato editoriale, che include il catalogo, la guida breve, la pubblicazione sugli itinerari bizantini della Campania e il volume per bambini.

Tetravangelo greco (Plut.6.23) dell’XI-XII secolo conservato alla Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze (foto mann)
In allestimento, oltre quattrocento reperti, appartenenti alle collezioni del Mann o concessi in prestito dai principali musei e siti archeologici che custodiscono, in Italia e in Grecia, materiali bizantini: anche grazie alla sinergia con il Ministero ellenico della Cultura, molti manufatti sono visibili per la prima volta e provengono dagli scavi della linea metropolitana a Salonicco. In allestimento, anche materiali scavati nella linea metropolitana di Napoli.
Napoli. Al via la terza edizione di archeocineMANN, il Festival Internazionale del cinema archeologico promosso dal museo Archeologico nazionale: venti film in programma e incontri con i protagonisti
Venti i film in programma per un suggestivo viaggio sulla linea del tempo. Dal 10 al 12 novembre 2022 tornerà in calendario, per un pubblico di cinefili e non solo, la terza edizione di archeocineMANN, il Festival Internazionale del cinema archeologico promosso dal museo Archeologico nazionale di Napoli in collaborazione con “Archeologia Viva” e “Firenze Archeofilm”. Nell’auditorium del MANN, sarà possibile assistere gratuitamente a proiezioni cinematografiche e dibattiti. Anche nell’edizione 2022, in occasione di archeocineMANN, saranno assegnati due riconoscimenti: il Premio MANN per il film più votato dal pubblico e il Premio DIDACTA per la pellicola scelta, in streaming o in presenza, dalle scuole. “Un festival internazionale del cinema archeologico aperto alla città e alle scuole” commenta il direttore dell’Archeologico, Paolo Giulierini, “un viaggio appassionante nella storia antica attraverso una selezione di altissima qualità, dalla preistoria alle guerre di oggi, da Pompei ai Longobardi. Tanti prestigiosi ospiti ci aspettano nel nostro accogliente auditorium. E, con archeocineMANN, il Museo entra anche in classe promuovendo uno strumento di didattica coinvolgente, in streaming, e un premio assegnato direttamente dagli studenti. Grazie ad Archeologia Viva per aver costruito insieme a noi una terza edizione sempre più ricca, che si propone come appuntamento fisso del calendario culturale napoletano”. archeocineMANN sarà arricchito da un programma per tutti, come sottolinea il direttore di “Archeologia Viva”, Piero Pruneti: “Siamo felici di tornare a organizzare a Napoli e proprio al MANN questo Festival internazionale. Il MANN è una sede privilegiata e, al tempo stesso, è la casa naturale di un cinema d’autore per raccontare il passato dell’uomo in maniera avvincente e ravvicinata. È un programma pensato anche per giovani e scuole che saranno protagonisti e parte attiva di questa edizione 2022″.

Frame del film “Au temps des dinosaures / Al tempo dei dinosauri” di Pascal Cuissot

Frame del film “The Mystery of the Trojan Horse. On the trial of a myth / Il mistero del cavallo di Troia. Sulle tracce di un mito” di Roland May e Christian Twente
La rassegna aprirà giovedì 10 novembre 2022 (ore 10) con un film sulle scoperte che riguardano nuove specie di dinosauri e “mostri marini” per comprendere come è cambiato nel tempo il quadro delle conoscenze paleontologiche. Spazio, poi, alle immagini di archivio di Pompei negli anni Sessanta (10 novembre 2022, proiezione mattutina), alla storia (rivista e corretta) del Cavallo di Troia, alle nuove teorie sulle origini di Homo Sapiens (10 novembre 2022, dalle 16.15). Non mancheranno (11 novembre, dalle 10) incursioni nel mondo dei Longobardi e nell’antica Roma vista dalla parte dei bambini. E, ancora, il viaggio di archeocineMANN toccherà i tesori sommersi di Baia, che durante l’impero romano era città del lusso a pochi chilometri da Napoli. Gli itinerari tracciati dalla rassegna porteranno ancora più lontano: da non perdere il documentario sull’incredibile operazione internazionale che, negli anni Cinquanta, coinvolse alcuni dei più importanti templi egizi sulle dighe del Nilo. Interessante, sabato 12 novembre 2022 dalle 10, il focus sull’antichissima grotta Cosquer e sulle sue pitture preistoriche di 27mila anni fa. Gli appassionati dei nuovi linguaggi della comunicazione, infine, non potranno mancare alla proiezione di uno straordinario cartoon sul rinato Museo di Baghdad.

Frame del film “Thalassa. Il racconto” di Antonio Longo

Locandina del film “Il giuramento di Ciriaco / The oath of Cyriac” di Olivier Bourgeois
La kermesse chiuderà con il film – evento “Il Giuramento di Ciriaco” (12 novembre 2022, ore 16.15), risultato vincitore all’ultima edizione di “Firenze archeofilm”, “Varese archeofilm” e “Ram film festival Rovereto”: il documentario racconta l’incredibile vicenda del salvataggio di centinaia di opere d’arte e preziosi reperti nel Museo di Aleppo durante la guerra civile siriana. archeocineMANN sarà occasione anche per riproporre alcune delle più interessanti produzioni cinematografiche del museo Archeologico nazionale di Napoli: “Thalassa il racconto”, realizzato da Antonio Longo e Salvatore Agizza per raccontare le importanti scoperte dell’archeologia subacquea; “Lo scrigno delle meraviglie”, diretto da Paolo Bonetti e dedicato alle collezioni del nostro Istituto; “Green Bike. MANN est ovest, dall’arte al mare” di Mauro Fermariello che si occupa delle prospettive di interazione ecosostenibile con il territorio.

L’archeologo navale Francesco Tiboni

Fabio Pagano, direttore parco Campi Flegrei
Come da tradizione, archeocineMANN riserverà spazio alla comunicazione storico-scientifica per approfondire le tematiche dei film: tra gli ospiti della rassegna 2022, vi saranno Marco Signore (tecnologo del dipartimento di Conservazione Animali marini e Public engagement/ museo Darwin-Dohrn di Napoli), Francesco Tiboni (archeologo navale), Federico Marazzi (professore di Archeologia cristiana e medievale all’università Suor Orsola Benincasa di Napoli), Fabio Pagano (direttore del parco archeologico dei Campi Flegrei), Stefano De Martino (professore di Ittitologia dell’università di Torino) e Andrea Polcaro (docente di Archeologia del Vicino Oriente antico all’università di Perugia).
Napoli. Per lo “Scaffale del Mann” presentazione al museo Archeologico nazionale della rivista “Journal of Mosaic Research” (volume 14, 2021) con un articolo sullo splendido mosaico di Bacco conservato al Mann
Nuovo appuntamento al museo Archeologico nazionale di Napoli con lo “Scaffale del Mann”. Appuntamento mercoledì 29 giugno 2022, alle 17, nella sala conferenze del Braccio Nuovo del Museo, per la presentazione del “Journal of Mosaic Research” (volume 14, 2021). Dopo il saluto introduttivo di Paolo Giulierini, direttore del Mann, interventi di Laura Caso (docente Miur, esperta in iconografia e iconologia), Federico Marazzi (professore di archeologia classica e medievale all’università Suor Orsola Benincasa di Napoli) e Vittoria Minniti (bibliotecaria e archivista).

Copertina del volume 14 della rivista “Journal of mosaic research”
Il JMR (Journal of Mosaic Research) è una rivista internazionale sui mosaici, pubblicata annualmente dal Centro di ricerca sul mosaico dell’università di Uludağ. Lo scopo di questa rivista è quello di fungere da forum per studi scientifici con analisi critica, interpretazione e sintesi sui mosaici e argomenti correlati. La sezione principale della rivista è riservata ai mosaici della Turchia e a quei mosaici che hanno relazioni con i mosaici della Turchia. Inoltre, la rivista accoglie anche ricerche sui mosaici, che portino nuovi contributi e comunque in generale che siano originali. Inoltre, insieme agli articoli sui mosaici, la rivista include anche presentazioni di libri e notizie sui mosaici. Nel volume 14, che viene presentato al Mann, c’è proprio un articolo su un mosaico conservato al museo di Napoli. Lo ha scritto Nava Sevìlla-Sadeh e si intitola “Eros dionisiaco o Dioniso erotico? Fonti e significati dell’ibridazione nel Mosaico di Bacco al Museo di Napoli”. Lo splendido mosaico esposto al museo Archeologico nazionale di Napoli presenta due enigmatiche immagini ibride: un felino composto da una tigre e un leone, e una figura che unisce le caratteristiche di Dioniso ed Eros. Questo studio cerca di decifrare l’ibridazione di questi due potenti dei del mondo romano, Dioniso ed Eros, come presentato nel mosaico del museo di Napoli. L’ipotesi principale è che due caratteristiche colleghino queste due divinità: la follia e l’illusione di fondersi con il Divino. L’ibridazione dei due dei sembrerebbe rafforzare il significato di entrambi e del loro ruolo di dei della trascendenza, come rivelato attraverso un esame delle fonti letterarie e filosofiche classiche.
Archeologia medievale. L’abbazia benedettina di San Vincenzo al Volturno rivela un vero e proprio centro produttivo: sono i risultati della campagna 2019 dell’università Suor Orsola Benincasa col sostegno del Mann
L’abbazia benedettina di San Vincenzo al Volturno era un vero e proprio centro produttivo. È quanto emerso dalla campagna di scavo del 2019, appena conclusa, condotta dall’università Suor Orsola Benincasa, con il sostegno del museo Archeologico nazionale di Napoli ed in collaborazione con la soprintendenza Abap e il Polo Museale del Molise. Nuova luce splende sul sito di San Vincenzo al Volturno, antica abbazia benedettina (la prima edificazione risale al 703), che rappresenta uno straordinario tesoro storico-artistico della provincia di Isernia: gioiello dell’architettura e dell’arte altomedievale (di pregevole fattura gli affreschi ritrovati al suo interno), l’abbazia testimonia la ricchezza dei territori cosiddetti “di confine”, che conobbero una fiorente attività culturale negli intermundia temporali tra le conquiste longobarde e franche in Italia.

Ricostruzione virtuale dell’abbazia benedettina nel IX secolo (foto università Suor Orsola Benincasa)
“Il sostegno del Mann a questo importante scavo rientra nella piattaforma di collaborazione con l’università Suor Orsola Benincasa e le soprintendenze della Campania e del Molise”, spiega Paolo Giulierini, direttore del Mann. “Un percorso iniziato con la mostra sui Longobardi e rivolto alla creazione, al Mann, di una sezione dedicata al Tardo antico che raccoglierà testimonianze dal V al IX secolo d.C.”. E il prof. Federico Marazzi, responsabile scientifico del progetto di scavo nell’area archeologica e docente di “Archeologia medioevale e cristiana” al Suor Orsola Benincasa: “Da oltre un ventennio, diverse generazioni di studenti dell’università Suor Orsola Benincasa si sono formate professionalmente e scientificamente su questo cantiere, in alcuni casi raggiungendo poi esiti assai lusinghieri nelle loro successive carriere. Questo è accaduto perché San Vincenzo è una palestra di qualità impareggiabile per comprendere come inquadrare ed affrontare le indagini di un sito archeologico complesso, che arricchisce il quadro di approfondimento sulla civiltà dell’Alto Medioevo”. Conclude Leandro Ventura, direttore del polo museale del Molise e segretario regionale ad interim per il Molise: “La rinnovata collaborazione con un’istituzione prestigiosa come il Mann e con l’università Suor Orsola Benincasa è un segnale concreto circa la possibilità di fare rete sul territorio fra istituzioni diverse, per creare un sistema di reciproco supporto per la conoscenza e lo studio del patrimonio. L’esperienza e i notevoli risultati delle comuni attività di ricerca degli anni appena trascorsi consentono di sottolineare l’efficacia di questa collaborazione che, quindi, non risulta solo formale”.
L’indagine effettuata, realizzata anche con tecnologie avanzate (come le immagini scattate da drone equipaggiato con fotocamera a infrarossi e termica, fornito dall’IMAA-CNR di Tito-PZ), ha permesso di accertare l’estensione verso Sud del complesso archeologico: non soltanto un monastero, ma un vero e proprio quartiere produttivo, dove erano conservati forni per vetri, laterizi e metalli, andava ben oltre il perimetro del chiostro centrale. In particolare, si è capito che, nel corso della ricostruzione avvenuta tra la fine del X secolo e la prima metà del successivo, davanti ed ai piedi alla Basilica Maggiore, fu costruito un quadriportico, con funzioni di diaframma fra l’esterno e l’interno dello spazio monastico (forse si tratta di quello che il Chronicon Vulturnense chiama “chiostro esterno”, attribuito all’azione degli abati Ilario e Giovanni V). Il sito archeologico di San Vincenzo al Volturno conferma, così, la sua importanza come luogo unico in Europa per la conoscenza del patrimonio storico-artistico altomedioevale, soprattutto grazie ai risultati messi in evidenza dagli scavi estensivi condotti in loco.
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