Politiche e modalità di fruizione dei beni culturali in chiave turistica: il museo Archeologico nazionale di Taranto alla Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico e a TourismA – Salone internazionale dell’Archeologia e del Turismo Culturale

Il binomio cultura-turismo sarà al centro di due prossimi eventi che a Paestum e a Firenze metteranno in correlazione best practices, politiche e modalità di fruizione dei beni culturali in chiave turistica. Per questa ragione il museo Archeologico nazionale di Taranto sarà presente sia alla Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico di Paestum – BMTA che sia alla tre giorni del Salone internazionale dell’Archeologia e del Turismo Culturale di Firenze – TourismA.

Giovedì 25 novembre 2021, nella sala Nettuno, alla XXIII edizione del Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico di Paestum, la direttrice del MArTA, Eva Degl’Innocenti, parteciperà dalle 11.30 alle 15.30 al convegno “I Beni Culturali e il turismo culturale dopo la pandemia”. Venerdì 26 novembre 2021, nella sala MiC della stessa BMTA, la direttrice Eva Degl’Innocenti terrà alle 14.20 la relazione su “Tutta un’altra storia. Fruizione inclusiva del patrimonio archeologico” con un focus sul progetto FISH & C.H.I.P.S.

Sabato 18 e domenica 19 dicembre 2021, il MArTA si racconta a Firenze, nell’ambito di TourismA, il Salone dell’Archeologia e del turismo Culturale. Sabato 18 dicembre 2021, la direttrice del MArTA, Eva Degl’Innocenti, sarà relatrice nell’evento, organizzato dall’ANA- Associazione Nazionale Archeologi, dal titolo “Archeologia al tempo del Covid-19: la digitalizzazione del patrimonio archeologico alla luce del Pnrr” che si terrà dalle 14.30 alle 18. Domenica 19 dicembre 2021, dalle 11.50 alle 13.30, nella sala convegni del Palazzo dei Congressi di Firenze, la direttrice del MArTA, Eva Degl’Innocenti, insieme ai direttori del museo Archeologico nazionale di Napoli, Paolo Giulierini, del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, Valentino Nizzo, e di Anna Maria Marras, ricercatrice dell’università di Torino e componente ICOM Italia della Commissione Tecnologie Digitale per il patrimonio culturale, parteciperà alla tavola rotonda “Musei Archeologici e culture digitali”.
Paestum. La Borsa mediterranea del turismo archeologico posticipata all’aprile 2021. Il direttore Picarelli: “Abbiamo voluto salvare la manifestazione per permettere a tutti di partecipare”

Posticipare per salvare la manifestazione, per permettere a tutti di partecipare. La Borsa mediterranea del turismo archeologico riprogrammata per l’aprile dell’anno prossimo. Lo ha annunciato Ugo Picarelli, fondatore e direttore della Bmta, con un breve comunicato. “A seguito del Dpcm del 24/10 del Presidente del Consiglio dei Ministri – inizia Picarelli -, la Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico in programma a Paestum dal 19 al 22 novembre 2020 non potrà svolgersi. Pertanto, abbiamo ritenuto di non annullare la XXIII edizione e per assicurare a tutti i protagonisti soprattutto sicurezza, ma anche soddisfazione di risultati, posticiperemo la BMTA da giovedì 8 a domenica 11 aprile 2021, lasciando immutato il programma anche negli orari, come già da tempo pubblicato”. E continua: “La nostra gratitudine va ai 100 espositori che con il loro investimento qualificano il Salone, ai 250 relatori che con la loro confermata partecipazione contribuiscono al programma scientifico, ai buyer e agli operatori turistici che con la loro presenza danno vita all’incontro tra la domanda e l’offerta, ai giornalisti e ai media partner che divulgano i contenuti assicurandone il riscontro mediatico, ai partner istituzionali e alle prestigiose realtà che collaborano e conferiscono il patrocinio, consentendo la migliore realizzazione della BMTA. La nuova data – conclude – consentirà anche ai tanti visitatori e addetti ai lavori di vivere Paestum e la bellezza del Parco Archeologico, sito Unesco, con i colori della primavera, che, siamo certi, sancirà la definitiva ripartenza del nostro Bel Paese e del turismo in chiave più esperienziale e sostenibile, oltre che rivolto alla domanda di prossimità, tematiche tutte a cui la Borsa si è ispirata in questa edizione. Certi che plaudirete alla nostra scelta, Vi aspettiamo numerosi con un forte arrivederci a presto”.
Lezioni di yoga all’ombra dei templi dorici di Paestum: cultura orientale e occidentale si incontrano
Tornano per il terzo anno consecutivo le lezioni di yoga all’ombra dei templi dorici di Paestum, organizzate dall’associazione Madhava con il Parco Archeologico di Paestum e Velia. Dal 30 giugno 2020 cultura orientale e occidentale si danno appuntamento a Paestum, con lo yoga nei templi. In calendario sono state fissate due lezioni a settimana – ogni martedì e giovedì – dalle 18 alle 19; prima lezione il 30 giugno 2020, presso l’area del “Parco dei Piccoli” nell’area archeologica di Paestum. A seguire i partecipanti ai corsi, ci saranno gli insegnanti Luciano Bufano e Stefania Zerella, entrambi professionisti di esperienza ventennale, che gestiranno direttamente le prenotazioni per le lezioni nei templi; l’accesso all’area archeologica sarà consentito previo acquisto del biglietto di ingresso giornaliero o con l’abbonamento Paestum&Velia – ancora in promozione a 20 euro – con il quale si potranno visitare i due siti archeologici di Paestum e Velia liberamente per un anno intero. Prenotazione obbligatoria. Per le lezioni del martedì contattare Stefania: 3384777750. Per le lezioni del giovedì contattare Luciano: 3383491264.
“L’idea di coniugare due culture differenti in uno scenario così suggestivo come il Santuario meridionale di Paestum è nata qualche estate fa”, dichiara il maestro, Luciano Bufano. “L’energia positiva che si percepisce tra le antiche mura di Paestum aiuta a far maturare quella pace interiore necessaria per praticare una disciplina come lo yoga. Tutti coloro che hanno partecipato alle scorse lezioni di yoga nei templi sono ancora oggi entusiasti: l’esperienza che si vive in un luogo così pregno di sacralità è indescrivibile e rappresenta uno spunto di crescita per tutti, compresi gli insegnanti”.
Il museo delle Navi Antiche di Pisa tra i big del turismo alla Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico: “In cinque mesi di apertura già 13mila visitatori. È la nuova offerta turistica della città”

La XXII edizione della Borsa Mediterranea del Turismo archeologico si tiene a Paestum dal 14 al 17 novembre 2019
Le navi romane di Pisa sono approdate a Paestum. C’è anche il museo delle Navi Antiche di Pisa tra i big del turismo internazionale presenti alla Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico, dal 14 al 17 novembre 2019, con centinaia di espositori da oltre 20 paesi esteri, più di 70 conferenze e incontri, decine di migliaia tra visitatori, buyer ed operatori da tutto il mondo. La partecipazione di Cooperativa Archeologia, che gestisce il museo con la direzione della soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio di Pisa e Livorno, e ha seguito il progetto di recupero e restauro delle navi, è promossa dal Comune di Pisa che investe in quello che attualmente è il più grande museo di imbarcazioni antiche esistente con un’esposizione che in soli cinque mesi di attività ha oltrepassato le 13mila presenze, proponendolo come polo catalizzatore per l’intero territorio. Inaugurato lo scorso giugno, il complesso agli Arsenali Medicei sul lungarno pisano, con i suoi 4700 metri quadri di superficie espositiva e le 47 sezioni divise in 8 aree tematiche, accoglie sette imbarcazioni di epoca romana, databili tra il III secolo a.C. e il VII secolo d.C., di cui quattro sostanzialmente integre, e circa 800 reperti per un museo che racconta un millennio di commerci e marinai, rotte e naufragi, navigazioni, vita di bordo e della storia della città di Pisa.

Museo delle Navi Amtiche di Pisa: la sala con le anfore ritrovate sugli antichi relitti (foto Sabap Pi-Li)
L’ambizioso progetto di recupero e restauro, un unicum nel settore per tecniche e tecnologie messe in campo, ha richiesto oltre vent’anni. Il grande lavoro di progettazione dell’esposizione, inoltre, si è svolto grazie alla costante sinergia e alla pluriennale collaborazione con gli autori dell’exhibition design: il risultato è una narrazione museale innovativa che avvicina il pubblico all’archeologia anche attraverso la rimozione di barriere visibili che separano l’utente dai reperti, rendendoli apparentemente a portata di mano del visitatore. La Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico, unico salone espositivo al mondo del patrimonio archeologico e di ArcheoVirtual, l’innovativa mostra internazionale di tecnologie multimediali, interattive e virtuali, è una ulteriore opportunità per il polo pisano di porsi in un asset strategico per il turismo internazionale.
“La recente apertura del museo delle Navi Antiche di Pisa senza dubbio contribuirà sempre di più a far crescere l’offerta turistica della città”, interviene Paolo Pesciatini, assessore al Turismo del Comune di Pisa. “Il sostegno alla partecipazione del Museo alla Borsa del Turismo Archeologico, fortemente voluta dal sindaco Michele Conti, fa parte della nostra strategia di promozione turistica che, anche attraverso un’adeguata pubblicizzazione del nuovo straordinario Museo, vuol far conoscere e diffondere le bellezze della città nella loro totalità. Infatti, a Paestum, al nostro stand, oltre al materiale specifico del Museo stesso, c’è anche materiale promozionale dell’intero nostro territorio: città e litorale. In questo modo seguiamo il programma di promozione ‘Pisa oltre la Torre’ che mira a far conoscere ai visitatori l’offerta permanente e complessiva pisana. È il primo passo, questo, di una serie di azioni sinergiche e di collaborazioni, già avviate fra l’amministrazione comunale e il Museo, che saranno consolidate nel tempo e, quindi, nelle strategie future”. E il direttore scientifico del museo e responsabile di progetto per la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio di Pisa e Livorno, Andrea Camilli: “Il Museo, che presenta un approccio museografico innovativo, mirato alla ‘sdrammatizzazione’ del reperto e alla sua ricontestualizzazione, si vuole porre come un rinnovato rapporto tra città e territorio. L’eccezionalità dei reperti provenienti dalle navi aumenta esponenzialmente l’attenzione del visitatore grazie alla vicinanza di questo con i reperti”.
Al via a Paestum la XXII Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico: allo stand del Mann l’anteprima della grande mostra “Thalassa. Meraviglie sommerse del Mediterraneo”, quattrocento reperti riemersi dalle acque che dialogano con tecnologia e ricostruzioni

La XXII edizione della Borsa Mediterranea del Turismo archeologico si tiene a Paestum dal 14 al 17 novembre 2019
Dodici eventi unici al mondo tutti in una Borsa, 70 tra conferenze e incontri, con la partecipazione di 300 relatori e 100 operatori dell’offerta: al via la XXII edizione della Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico che si svolgerà a Paestum, tra Centro Espositivo Savoy Hotel, Basilica, Museo nazionale, Parco archeologico da giovedì 14 a domenica 17 novembre 2019. Promossa e sostenuta da Regione Campania, Città di Capaccio Paestum, Parco Archeologico di Paestum, ideata e organizzata dalla Leader srl con la direzione di Ugo Picarelli, la BMTA si conferma un format di successo, testimoniato dalle prestigiose collaborazioni di organismi internazionali quali UNESCO, UNWTO e ICCROM: per quattro giorni sarà l’occasione di incontro e di approfondimento e divulgazione di temi dedicati al turismo culturale e al patrimonio per gli addetti ai lavori, per gli operatori turistici e culturali, per i viaggiatori, per gli appassionati, oltre che opportunità di business con il Workshop con i Buyer esteri selezionati dall’ENIT e i Buyer nazionali dell’offerta del turismo culturale ed archeologico.

L’efebo in bronzo, uno dei tesori recuperati dal relitto di Antykithera, oggi conservato al museo Archeologico nazionale di Atene
Parte dalla Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico, il viaggio del Mann verso la mostra “Thalassa. Meraviglie sommerse del Mediterraneo”: non è un caso, infatti, che l’esposizione, in programma al museo Archeologico nazionale di Napoli dal 5 dicembre 2019 al 9 marzo 2020, trovi un primo ed importante momento di divulgazione proprio nell’ambito della prestigiosa manifestazione di Paestum. Dal 14 al 17 novembre 2019 lo stand del Mann racconta al pubblico del Salone, tramite pannelli e video promo, i contenuti, le caratteristiche e le innovazioni tecnologiche che hanno portato alla realizzazione della mostra “Thalassa”: quattrocento reperti, provenienti da prestigiose istituzioni italiane ed internazionali (tra queste, il museo Archeologico di Atene, che presta circa trenta opere provenienti dal famoso relitto di Antikythera, prima imbarcazione scoperta nel Mediterraneo proprio agli albori del Novecento) tracceranno la natura polisemantica di un Mare nostrum che, già nell’antichità, aveva un profondo valore simbolico, culturale ed economico.

La firma del protocollo d’intesa per la mostra “Thalassa” nel luglio 2018 tra Paolo Giulierini (per il museo Archeologico nazionale di Napoli e il Parco Archeologico dei Campi Flegrei), Sebastiano Tusa, purtroppo scomparso tragicamente nel marzo 2019 (per l’assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana – Regione Sicilia) e Salvatore Agizza (per Teichos- servizi e tecnologie per l’archeologia)
“Thalassa non è solo una mostra sul Mediterraneo antico ma è, soprattutto, un esempio di metodo”, spiega il direttore del Museo, Paolo Giulierini, che ha inaugurato lo stand. “Al centro del nostro lavoro ci sono la ricerca scientifica, il sostegno tra enti statali e territoriali, l’apporto delle Università, le professionalità dei giovani archeologi, le azioni innovative di aziende tecnologiche private. Le costellazioni del cosmo celeste dell’Atlante Farnese, simbolo della mostra, non sono dunque solo un riferimento alle rotte nel mondo antico ma, per noi, equivalgono ad una guida verso un nuovo corso. Nelle molte sezioni troverete temi legati al Mediterraneo antico, nelle quali dialogano reperti archeologici riemersi dalle acque, tecnologia, ricostruzioni: dai tesori al commercio, dal mito all’economia, dalla vita di bordo alle ville d’otium fino ai rinvenimenti nelle acque profonde il visitatore potrà avere un quadro aggiornato dello stato dell’arte dell’archeologia subacquea del Meridione. Vi saranno naturalmente anche le nuove scoperte provenienti dall’area portuale di Neapolis. “Thalassa” disegna, nel complesso, rotte culturali tra tanti siti campani, del Meridione e di altri paesi mediterranei. Si tratta di una connessione storica che però deve rafforzare l’idea che il Mare Nostrum sia un ponte e non una separazione. In questo senso vanno intese anche le mostre collaterali, che ci parlano di migranti napoletani e Ischitani fra fine Ottocento e primi del Novecento”.

Una nereide su pistrice proveniente dalla villa romana imperiale sommersa del Pausilypon (Posillipo) di età augustea, sarà esposta in “Thalassa” (foto Mann)

Elmo in bronzo dal relitto della nave romana di Albenga (foto soprintendenza Archeologia della Liguria)
Molteplici, dunque, i filoni tematici che saranno approfonditi dalla mostra “Thalassa”: se un focus ad hoc sarà dedicato all’archeologia subacquea, dagli albori degli studi negli anni Cinquanta del Novecento (tra i primi ritrovamenti, le statue del porto di Baia, le migliaia di lucerne dal porto di Pozzuoli, l’elmo dal relitto di Albenga) alla sperimentazione tecnologica del terzo millennio (grazie a robot e strumentazioni raffinate, è possibile oggi conoscere la ricchezza degli abissi del Tirreno), l’esposizione si connoterà come una vera e propria enciclopedia, per immagini, della vita e della cultura antica dedicata al mare. Indispensabile, per delineare questa summa di significati, l’analisi dei carichi delle imbarcazioni che sono affondate in epoca antica: in “Thalassa”, sarà possibile ammirare raffinati gioielli in oro, pregiate coppe di vetro, parti di statue bronzee ed oggetti della vita di bordo del relitto di Antykithera, così come sezioni di nave ed anfore vinarie del relitto rinvenuto nel 1990 a largo di Punta Licosa.
Il mare era, dunque, la via per eccellenza dei commerci, la sconfinata distesa d’acqua che veniva solcata da costa a costa o con traversate più lunghe: a questa dimensione sarà legata la presenza, nel percorso di visita, di utensili per la preparazione e conservazione del cibo, anfore per il trasporto di olio, vino e garum, così come di lingotti di piombo che, dalla penisola iberica, raggiungevano Roma, testimoniando la ricchezza dei più importanti mercati delle province romane; eccezionale l’esposizione di lingotti in oricalco, prezioso materiale citato da Platone nei racconti su Atlantide. Eppure il Mediterraneo era, per gli antichi, non soltanto trait d’union, reale e simbolico, tra popolazioni diverse (testimoniano una suggestiva prassi di contaminazione culturale l’applique d’oro del sito protostorico di Vivara, le coppette del II millennio a.C. provenienti dal relitto di Lipari, la dea Lakshmi in avorio proveniente da Pompei), ma base per il sostentamento delle comunità locali: nella sezione dedicata a “Il mare e le sue risorse”, saranno esposti strumenti provenienti da Pompei, Ercolano e dalle acque di Pantelleria, utilizzati per pesca di cetacei, tonno e corallo; su un’anfora saranno leggibili addirittura resti di pesce, forse garum. Naturalmente, il Mare Nostrum sarà anche raccontato attraverso i luoghi dell’otium, grazie alle sculture ritrovate sui fondali della Grotta Azzurra, ninfeo di età romana, così come ai raffinati affreschi provenienti da Pompei, Ercolano e Stabiae.
Eppure la mostra “Thalassa” andrà oltre la matrice archeologica, per promuovere un messaggio dall’alto valore culturale e didattico, ben incardinato nella programmazione culturale dell’Archeologico, come sottolinea il direttore Paolo Giulierini: “Il mare è anche avventura, fascino dell’esotico, crocevia di culture: per questo ‘Verso thalassa’ abbiamo ospitato la mostra su Corto Maltese nel quadro del progetto Obvia e questo spiega il calendario di eventi che accompagnerà i giorni iniziali dell’ esposizione. Il mare è, infine, ambiente da tutelare: nel percorso si succedono le fasi antiche e quelle future del Mediterraneo mentre, praticamente a fianco, la mostra -Capire il cambiamento climatico-, realizzata con il National Geographic, ci parla di quanto le plastiche e le altre forme di inquinamento insidino le nostre acque”. Il progetto espositivo di “Thalassa” è nato nel più ampio framework di collaborazione con l’Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana della Regione Siciliana: questa rete di ricerca è stata resa possibile dall’impegno del prof. Sebastiano Tusa, archeologo di fama internazionale, scomparso tragicamente nella sciagura aerea di marzo 2019. “Teichos. Servizi e tecnologie per l’archeologia”, ancora, ha promosso l’esposizione, che è stata realizzata anche in sinergia con il Parco Archeologico dei Campi Flegrei. La mostra ha ottenuto il patrocinio morale di: ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Regione Campania, Comune di Napoli ed Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno centrale (Napoli-Salerno-Castellammare di Stabia).
Nella Palestra Grande agli scavi la mostra “Pompei e gli Etruschi”: 800 reperti provenienti da musei italiani e europei. 2^ parte: dalla Pompei – città nuova etrusca – in una Campania multietnica fino al suo tramonto, e alla memoria di alcune usanze etrusche

La locandina della mostra “Pompei e gli Etruschi” alla Palestra Grande di Pompei fino al 2 maggio 2019
Sei sale per conoscere le prime influenze etrusche in Campania prima di Pompei. Siamo a metà del viaggio proposto dalla grande mostra “Pompei e gli Etruschi” aperta alla Palestra Grande degli scavi di Pompei, fino al 2 maggio 2019, a cura del già direttore generale Massimo Osanna e di Stéphane Verger, directeur d’études à l’École Pratique des Hautes Etudes di Parigi, promossa dal parco archeologico di Pompei, in collaborazione con il museo Archeologico nazionale di Napoli, il Polo museale della Campania e l’organizzazione di Electa. Ora siamo arrivati al VI sec. a.C. quando scopriamo una Pompei – città nuova etrusca – in una Campania multietnica, che seguiamo fino al suo tramonto, e alla memoria di alcune usanze etrusche che si conservarono ancora per qualche tempo. Materiali in bronzo, argento, terracotte, ceramiche, da tombe, santuari e da abitati, consentono di analizzare e mettere a confronto più elementi per affrontare le controverse dinamiche della presenza etrusca in Campania.
Fondare une città all’epoca della prima Pompei: c. 600 a.C. (Sala 6) Qual è il contesto in cui Pompei viene fondata? In quell’epoca si assistette alla nascita di altre nuove città in Etruria e nel mondo greco: la fondazione di Poseidonia (Paestum) da parte degli Achei nella piana del Sele è grosso modo contemporanea a quella di Pompei. Per gli Etruschi, come avveniva a Roma, fondare una città presupponeva di seguire una procedura religiosa rigorosa con lo scopo di stabilire il nuovo spazio abitato nell’ordine del cosmo. La città diventava in questo modo una proiezione sulla terra delle diverse zone del cielo, sedi delle grandi divinità del pantheon etrusco. Si determinavano i confini della città ed eventualmente si erigevano le mura, come accadde a Pompei. Erano quindi realizzate la rete viaria e la divisione in quartieri e in isolati residenziali. A Pompei la trama urbana all’epoca dell’eruzione del 79 d.C. conserva a grandi linee la struttura della città arcaica, che assomiglia peraltro a quella di altre città greche ed etrusche di contemporanea fondazione.

Anello con sigillo raffigurante il suicidio di Aiace Argento e corniola) dal santuario di Fondo Iozzino (foto Graziano Tavan)
I santuari etruschi di Pompei: VI secolo a.C. (Sala 7) Nella prima metà del VI secolo a.C. vennero fondati anche i principali santuari (di Apollo e di Atena). I recenti scavi nel santuario extraurbano del Fondo Iozzino, nel quartiere del porto, hanno portato alla luce una grande quantità di materiale di epoca arcaica: armi e servizi per le libagioni rituali offerti da Etruschi che hanno inscritto il loro nome in lingua e scrittura etrusca. Anche nelle altre città etrusche situate in Campania sono noti luoghi di culto importanti con caratteristiche simili a quello del Fondo Iozzino. La tegola inscritta di Capua riporta uno dei testi religiosi più importanti del mondo etrusco, nel quale può essere identificato un calendario rituale.

Antefissa di tetto templare da maschera gorgonica proveniente dal santuario di Fondo Patturelli di Capua (foto Graziano Tavan)
Ultimi frustuli di grandi templi arcaici campani: VI secolo a.C. (Sala 8) Alcuni piccoli frammenti di decorazioni architettoniche in terracotta del VI secolo a.C., rinvenuti nei santuari di Pompei, possono essere accostati a esemplari molto meglio conservati ritrovati a Cuma, a Capua e in altri centri del nord della Campania e dimostrano l’esistenza di grandi edifici di culto etruschi costruiti dalle stesse maestranze. Il confronto con i grandi templi arcaici dell’Etruria meridionale e del Lazio dimostra che la Campania etrusca arcaica ha sviluppato uno stile architettonico proprio che, attraverso Cuma, è molto influenzato dall’architettura sacra della Magna Grecia.

Set da simposio in bronzo presenti nei corredi funebri: vasi in bronzo etruschi e vasi greci figurati (foto Graziano Tavan)
Il tramonto della Pompei Etrusca. Etruschi, Italici e Greci al simposio: c. 510-450 a.C. (Sala 9) Alla fine dell’epoca arcaica, a Nord della penisola sorrentina si svilupparono nuovi centri lungo la strada tra la valle del Sarno e la piana del Sele: Nocera da un lato e Fratte dall’altro. Le necropoli hanno restituito importanti servizi da banchetto formati da vasi greci figurati di grandissima qualità e vasi di bronzo etruschi importati da Vulci. Le iscrizioni attestano una popolazione mista di Italici, Etruschi e Greci che si incontravano al simposio, come i convitati raffigurati sulle pareti della celebre Tomba del Tuffatore di Poseidonia (Paestum). L’insediamento acheo era ormai diventato un importante polo di diffusione culturale.

Elmi etruschi deformati dell’epoca della battaglia di Cuma provenienti da Vetulonia (foto Graziano Tavan)
Dalla fondazione di Neapolis alla battaglia di Cuma: c. 510-450 a.C. (Sala 10) Nello stesso momento, gli equilibri militari e politici tra le grandi potenze che si spartivano il Tirreno cambiarono. Gli Etruschi subirono diverse sconfitte da parte degli eserciti di Cuma. Quest’ultima fondò una nuova città, Neapolis (Napoli), che fece rapidamente sue le reti commerciali che avevano in precedenza contribuito alla prosperità di Pompei. La battaglia navale di Cuma, nel 474 a.C., segnò la fine del controllo etrusco sui commerci nel Tirreno. Fu l’inizio di una crisi profonda che colpì l’insieme del mondo etrusco. I grandi conflitti della fine dell’epoca arcaica favorirono l’emergere di un nuovo tipo di soldato cosmopolita, con un armamento misto (greco, etrusco, italico, ma anche iberico), che si mise al servizio delle grandi potenze del momento, anticipando l’arrivo del mercenariato di epoca classica ed ellenistica.

Lastra dipinta con cavaliere armato della tomba a camera 58 dalla necropoli Andriuolo di Paestum (foto Graziano Tavan)
Campani, Sanniti e Lucani: la fine della Campania etrusca: c. 450-300 a.C. (Sala 11) A partire dalla metà del V secolo, una nuova componente etnica fece il suo ingresso sulla scena campana. Si trattava di gruppi tribali originari del Sannio, nell’attuale Abruzzo, che si stabilirono nella piana del Sele (a Pontecagnano e a Paestum) e forse nella periferia della pianura campana, contribuendo all’emergere di una nuova componente culturale, politica e militare mista, composta da Italici di origini diverse: Campani e Sanniti, ma anche Lucani provenienti dalla Puglia e dalla Basilicata. Dalla fine del V secolo a.C., i nuovi arrivati si stabilirono nelle città campane, che fossero greche o etrusche, e vi svilupparono una cultura originale, fortemente impregnata di un ellenismo adattato alle realtà tribali del mondo italico. La lingua osca tendeva a sostituirsi al greco e all’etrusco.

Situla etrusca del VI-V sec. a.C. con aggiunta in epoca romana di anse mobili a testa di fauno e piedini a forma di leoni alati (foto Graziano Tavan)
Mantenere la memoria etrusca degli insediamenti del Vesuvio (Sala 12) L’eredità etrusca scomparve rapidamente, anche se per qualche tempo si conservarono alcune usanze specificamente etrusche nel consumo di vino durante il simposio. A Pompei e nelle città vesuviane qualche antica famiglia aristocratica conservava senz’altro il ricordo di un lontano passato etrusco, come testimonia un vaso di bronzo proveniente dalle prime collezioni del museo di Napoli. Si tratta di una situla realizzata a Orvieto nel VI o V secolo a.C. alla quale nel I secolo sono stati aggiunti dei piedi che riproducono leoni alati e degli attacchi di anse ornate di teste di fauno. L’oggetto doveva essere ancora visibile in qualche grande dimora di Pompei o Ercolano nel momento dell’eruzione del 79 d.C.
A Troia aperto il nuovo museo dell’antica Ilio: il 2018 è stato dichiarato dalla Turchia l’anno di Troia, nel ventennale dell’iscrizione nella lista del Patrimonio dell’Umanità. L’anniversario ricordato alla XXI Bmta di Paestum, altro sito Unesco sempre dal 1998

Il direttore degli scavi di Troia, Rustem Aslan (al centro) con la targa ricevuta alla XXI Borsa mediterranea del Turismo archeologico (a sinistra il segretario Ugo Picarelli) per il ventennale dell’iscrizione nella lista dei siti Unesco
Il 2018 è stato proclamato dalla Turchia l’anno di Troia. Una scelta non casuale perché quest’anno ricorre il ventennale dall’inserimento del sito di Troia nella Lista del Patrimonio Mondiale Unesco. La ricorrenza è stata ricordata nel corso della XXI Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico di Paestum, sito possiamo dire “gemello” perché diventato Patrimonio dell’Umanità nello stesso anno: il 1998. “Troia, tra l’Asia e l’Europa, tra il mar Egeo e il mar Nero, importantissima nell’età del Bronzo”, è stato sottolineato a Paestum, “riporta ai poemi di Omero e lascia aperto l’interrogativo sulla sua distruzione o una delle sue distruzioni: che sia stato il cavallo oppure no, è oggetto ancora di discussione”. L’area archeologica di Troia ha appena inaugurato un nuovo museo dal design moderno, e continua a essere interessata da scavi archeologici, soprattutto dopo l’arrivo del nuovo direttore Rustem Aslan, che proprio alla XXI Bmta – nell’ambito dell’incontro in collaborazione con l’Ufficio Cultura e Informazioni dell’Ambasciata di Turchia – ha ricevuto una targa per celebrare i vent’anni del sito nella lista dell’Unesco.
Per tutto il 2018 sono state molte le iniziative, nazionali e internazionali, culturali, scientifiche e sportive, patrocinate dal ministero della Cultura e del Turismo turco per sensibilizzare il turismo verso l’antica città di Troia nella provincia nord-occidentale di Çanakkale. E i numeri sono stati confortanti: nel primo semestre del 2018 il numero di turisti è più che raddoppiato rispetto allo stesso semestre dell’anno precedente. Ma di certo l’evento destinato a rinnovare l’attenzione sul sito di Troia è stata l’apertura, ai primi di novembre 2018, del museo dedicato all’antica città di Ilio, al confine del villaggio di Tevfikiye. Il progetto, scelto tra i 150 presentati al National Architectural Design Competition, è stato quello sviluppato dall’architetto Omer Selcuk Baz della Yalın Architecture. I lavori furono avviati nel 2013. L’area archeologica dista dal museo un migliaio di metri che si percorrono, a piedi o con una navetta, su una stradina – immersa in un grande giardino – pavimentata con blocchi di pietra che ricorda molto quelle delle antiche città ellenistiche.

L’archeologo tedesco Manfred Osman Korfmann, per 17 anni direttore degli scavi a Troia (foto arkeologjihaber)
Aprire un museo sul sito archeologico di Troia è stato il sogno a lungo accarezzato dall’archeologo tedesco Manfred Osman Korfmann, morto nel 2005 per un tumore all’età di 63 anni, il quale era divenuto famoso nel suo Paese, la Germania, per aver promosso nuovi scavi nell’antica Troia. Infatti dal 1988, anno in cui il governo turco gli aveva rilasciato un permesso di scavo esclusivo, al 2005, anno della sua morte, Korfmann ha diretto lo scavo di 13mila mq di superficie con l’aiuto di 370 archeologi, portando alla luce – tra l’altro – la parte inferiore della città di Troia e parte delle mura difensive. Ma il sogno di Korfmann era di riportare a Troia le testimonianze più significative del sito, conservate da decenni fuori dalla Turchia, come il famoso Tesoro di Priamo, scoperto da Heinrich Schliemann, e che oggi, dopo varie vicissitudini, è esposto al museo Puskin di Mosca. Ovviamente il sogno di Korfmann è rimasto tale. Delle tante richieste di rimpatrio inoltrate solo il Penn Museum (Pennsylvania) ha risposto affermativamente restituendo nel 2012 24 oggetti in oro.
Ma allora cosa possiamo ammirare nel nuovo museo di Troia? La maggior parte dei reperti esposti nel nuovo museo proviene da quattro musei turchi: solo il museo di Istanbul e quello di Topkapi hanno rifiutato il trasferimento dei pezzi originali proponendo delle copie, ma il ministero della Cultura ha respinto al mittente la proposta, ribadendo l’importanza di garantire ai visitatori solo il meglio, “per poter essere di esempio – è stato scritto – ai sette musei esteri che conservano i reperti contrabbandati della leggendaria Troia”. Il Museo, costruito su un’area coperta di circa 11mila metri quadrati, ha la forma di un grande cubo rivestito in pannelli di acciaio color ruggine, “colore che ricorda – spiegano gli architetti progettisti – le ceramiche riportate alla luce dal vicino sito archeologico e rimanda ad una storia vissuta: materiale e design architettonico che evocano quindi una connessione tra passato e presente. La struttura – continuano – è accessibile tramite una rampa che conduce al piano interrato; si ha come l’impressione di accedere alle sale espositive attraverso una spaccatura del sottosuolo: man mano che ci si avvicina alla struttura, che si vede però all’orizzonte, il paesaggio e la terra scompaiono gradualmente, lasciando alla vista solo porzioni di cielo. All’interno, una rampa elicoidale conduce il visitatore agli spazi espositivi e alla terrazza sul tetto. La verticalità riprodotta dalla rampa rappresenta la stratificazione archeologica. Dai punti di risalita interni, attraverso delle aperture sulle facciate, si può godere della bellissima vista del paesaggio circostante ricco di campi e reso suggestivo dalle rovine di Troia”.
Vienne, “la piccola Pompei francese”, è la scoperta archeologica dell’anno premiata con l’International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad 2018, promosso dalla Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico e da Archeo. La consegna a Paestum alla XXI Bmta

Pavimento a mosaico della domus di Thalie a Vienne: la scoperta nel 2017 della città romana è stata premiata con l’International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad 2018

Nel tell di Abu Tbeirah in Iraq è stato scoperto il più antico porto di una città sumerica: la scoperta archeologica premiata con lo Special Award del pubblico Fb della Bmta
È la città romana di Vienne, già ridenominata “la piccola Pompei francese”, la scoperta archeologica dell’anno cui è stato assegnato l’International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad 2018, giunto alla quarta edizione, premio promosso dalla Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico e da Archeo. Il premio sarà consegnato a Benjamin Clément, il ricercatore associato del Laboratorio ArAr Archéologie et Archéométrie dell’università di Lione che guida i lavori, venerdì 16 novembre 2018, a Paestum, nel corso della XXI BMTA in programma dal 15 al 18 novembre 2018, alla presenza di Omar, archeologo e figlio di Khaled al-Asaad. Per l’archeologo Clément si tratta “senza dubbio del ritrovamento di un sito romano più importante degli ultimi 40 o 50 anni”. Le cinque scoperte del 2017 candidate alla vittoria erano il ginnasio ellenistico ad Al Fayoum (Egitto), la “piccola Pompei francese” di Vienne (Francia), il più antico porto di una città sumerica ad Abu Tbeirah (Iraq), la Domus del Centurione dagli scavi della metro C a Roma (Italia), la città romana sommersa nel golfo di Hammamet (Tunisia) (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2018/07/27/ginnasio-ellenistico-al-fayoum-egitto-piccola-pompei-vienne-francia-il-piu-antico-porto-di-una-citta-sumerica-abu-tbeirah-iraq-domus-del-centurione-roma-italia-citta-romana-sommersa-h/). Invece lo “Special Award”, il Premio alla scoperta con il maggior consenso sulla pagina Facebook della BMTA, è stato assegnato al più antico porto di una città sumerica, rinvenuto ad Abu Tbeirah in Iraq da parte della missione archeologica italo-irachena, diretta da Franco D’Agostino e Licia Romano dell’università “Sapienza” di Roma.
L’International Archaeological Discovery Award, il premio intitolato a Khaled al-Asaad, direttore dell’area archeologica e del museo di Palmira dal 1963 al 2003, che ha pagato con la vita la difesa del patrimonio culturale, è l’unico riconoscimento a livello mondiale dedicato al mondo dell’archeologia e in particolare ai suoi protagonisti, gli archeologi, che con sacrificio, dedizione, competenza e ricerca scientifica affrontano quotidianamente il loro compito nella doppia veste di studiosi del passato e di professionisti a servizio del territorio. La Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico e Archeo, la prima testata archeologica italiana, hanno inteso dare il giusto tributo alle scoperte archeologiche attraverso un premio annuale assegnato in collaborazione con le testate internazionali, tradizionali media partner della Borsa: Antike Welt (Germania), as. Archäologie der Schweiz (Svizzera), Current Archaeology (Regno Unito), Dossiers d’Archéologie (Francia). Nella prima edizione (2015) il premio è stato assegnato a Katerina Peristeri per la Tomba di Amphipolis (Grecia); la seconda edizione (2016) all’INRAP Institut National de Recherches Archéologiques Préventives (Francia), nella persona del presidente Dominique Garcia, per la scoperta della Tomba celtica di Lavau; nel 2017 a Peter Pfälzner Direttore della missione archeologica che ha scoperto la città dell’Età del Bronzo presso il villaggio di Bassetki nel nord dell’Iraq.
Vincitrice dell’International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad 2018 è dunque risultata la “piccola Pompei francese” di Vienne (sulle sponde del Rodano, a circa 30 km a sud di Lione), una città romana di circa 7mila mq abitata dal I sec. d.C., con ville di lusso arredate con mosaici, statue monumentali e uffici pubblici, esistita per tre secoli e distrutta da una serie di incendi improvvisi. La città di Vienne, già famosa per il suo teatro romano e per un tempio, fu un importante nodo nella strada che collegava la Gallia settentrionale con la provincia della Gallia Narbonensis, la Francia meridionale di oggi. Il sito è stato scoperto nell’aprile 2017, in seguito all’inizio di lavori di costruzione per un complesso abitativo. Molti degli oggetti ritrovati si sono presentati, non solo in ottimo stato di conservazione, ma in quello stato di situazione pietrificata da un istante all’altro, proprio di un sito abbandonato all’improvviso per un’emergenza. In questo, oltre che nella tipologia degli ambienti rinvenuti, sta la similitudine con la città devastata dall’eruzione vesuviana. Tra le strutture sopravvissute, un’imponente casa con pavimentazione a mosaico e un grande edificio pubblico con una fontana monumentale, una struttura atipica per i tempi, molto probabilmente la Schola di retorica e/o di filosofia che gli studiosi sanno venisse ospitata a Vienne.
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