Roma-Eur. Al museo delle Civiltà presentazione (anche in streaming) del libro di Eugenio Fantusati e Marco Baldi “Abu Erteila 2008-2020. Twelve Years of Research in a New Meroitic Site” sulla missione archeologica in Sudan di ISMEO e Accademia russa delle Scienze


Locandina dell’incontro al Muciv su Abu Erteila (foto muciv)
Mercoledì 15 settembre 2021, alle 17, al museo delle Civiltà di Roma-Eur, presentazione del volume di Eugenio Fantusati e Marco Baldi “Abu Erteila 2008-2020. Twelve Years of Research in a New Meroitic Site”. Dopo i saluti istituzionali del museo delle Civiltà, interverranno il min. plen. Mohamed Elmouataz Jaffar E. Osman, ambasciata della Repubblica del Sudan a Roma; dr Hatim Elnour, NCAM General Director; S.E. Gianluigi Vassallo, ambasciatore d’Italia a Khartoum; amb. Fabrizio Lobasso, vice direttore per i Paesi dell’Africa sub-sahariana, ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale; prof. Adriano Rossi, presidente ISMEO. È possibile partecipare all’incontro in presenza mostrando all’ingresso la certificazione verde COVID-19 (Green Pass). Contestualmente, l’evento sarà trasmesso in diretta streaming sul canale YouTube accessibile al seguente link: https://youtu.be/KvbqAKXdcs4.

Abu Erteila è situata nel moderno Sudan a Nord-Est della città di Shendi in corrispondenza della bocca del Wadi El-Hawad, circa 9 chilometri dalla necropoli di Meroe e meno di 5 chilometri dalla riva orientale del Nilo. Una missione archeologica congiunta italo-russa di ISMEO e dell’Istituto per gli Studi Orientali dell’Accademia russa delle Scienze, attiva sul campo dal 2008, ha portato alla luce i resti di un insediamento che ebbe la sua massima fortuna nel corso del I secolo d.C. Esso ebbe il suo nucleo in un tempio a più ambienti eretto per volontà della coppia reale Natakamani-Amanitore, e fiancheggiato da un edificio residenziale coevo. Un ulteriore edificio culturale di minori dimensioni, dedicato al dio leone Apedemak, fu presumibilmente costruito in epoca precedente. Numerosi rinvenimenti parrebbero indicare la consacrazione del tempio maggiore alla dea Iside: ne rappresentano testimonianza preminente arredi decorati e iscritti realizzati in arenaria ferrosa, riconosciuti dal National Corporation for Antiquities and Museums of Sudan (NCAM) fra le principali scoperte degli ultimi anni dell’archeologia nubiana.
Testimonial per due anni in grandi mostre, la Venere di Savignano è tornata a casa al Muciv di Roma. Per l’occasione incontro con l’archeologa Alessandra Serges su “La Venere in viaggio: suggestioni e conoscenze da un mondo perduto”
Per due anni, tra il 2017 e il 2019, ha viaggiato da Prato a Udine, da Cagliari a Parigi, protagonista di importanti mostre: è la Venere di Savignano. Ora, in occasione del rientro “a casa” della celebre statuetta paleolitica, il museo delle Civiltà di Roma promuove, venerdì 4 ottobre 2019, alle 16.30, nella sala conferenze del museo nazionale Preistorico-etnografico “Luigi Pigorini”, l’incontro con l’archeologa preistorica Alessandra Serges su “La Venere in viaggio: suggestioni e conoscenze da un mondo perduto”, un breve viaggio per tentare di comprendere la storia della statuetta e le vicende che la portarono al “Pigorini” di Roma. Sarà l’occasione per tentare di aprire uno spiraglio su un mondo lontano, di cui le cosiddette produzioni artistiche possono essere una chiave di lettura proprio in virtù della valenza di comunicazione non verbale che le connota.
La Venere di Savignano è una delle opere maggiormente rappresentative dell’arte mobiliare preistorica italiana. Fu trovata nel 1925 in località Prà Martin di Savignano sul Panaro da Olindo Zambelli durante i lavori di scavo delle fondamenta di un edificio. Il manufatto in pietra inizialmente fu interpretato come un’antica arma per la sua forma appuntita. Lo scultore Giuseppe Graziosi, venuto a conoscenza del ritrovamento e comprendendo che si trattava di una scultura, ottenne il reperto in cambio di due quintali di uva. Venuto a Roma per avere un consulto da Ugo Antonielli, allora direttore del Reale Museo Nazionale Preistorico Etnografico di Roma, ne scoprì l’importanza internazionale e consentì che confluisse nelle collezioni della prestigiosa istituzione, nata con l’intento di dare un’impostazione scientifica unitaria agli studi e alle ricerche paletnologiche in Italia. Scavi condotti qualche tempo dopo sul luogo del rinvenimento non riuscirono a chiarire la problematica dell’attribuzione cronologica del reperto. Su basi puramente stilistiche venne attribuita al Paleolitico superiore. Ugo Antonielli, allora direttore del museo Pigorini, sostenne una attribuzione più recente del manufatto anche se con motivazioni attualmente non accettabili. La cosiddetta Venere fu subito riconosciuta come uno dei più importanti ritrovamenti italiani di arte preistorica. Antonielli così la descrive: “Nella statuetta emiliana, dobbiamo riconoscere la più bella per esecuzione, la più grande per dimensioni, fra quante del genere sieno state finora ritrovate”. Nonostante alcuni autori, sia in passato, sia in tempi più recenti, abbiano ritenuto che la statuetta fosse di epoca neolitica, l’attribuzione cronologica più corretta, riconosciuta a suo tempo da Paolo Graziosi e corroborata dai più recenti studi della prof.ssa Margherita Mussi dell’università La Sapienza di Roma, è quella che la colloca nell’ambito del Paleolitico Superiore. Si tratta di una scultura a tutto tondo eseguita in materiale serpentinoso delle dimensioni di 22 cm. Le braccia sono soltanto accennate e sembrano ripiegarsi sul petto, le gambe terminano unite senza accenno dei piedi, mancano completamente i lineamenti del volto ed al posto della testa vi è un’appendice conica che ripete la geometria delle estremità inferiori e che fa assumere un aspetto fusiforme al tutto. Seni, ventre e glutei sono molto sviluppati.
Alessandra Serges, protagonista dell’incontro al Pigorini, è l’autrice di un libro dal titolo emblematico “La Venere in viaggio” (2016). L’archeologo preistorico spesso ha a disposizione pochi elementi per ricostruire quadri di vita quotidiana. Con il racconto “La Venere in viaggio” l’autrice ha cercato proprio di collegare i punti certi tra loro per offrire ai lettori un’immagine più comprensibile della vita dei nostri antenati. Lo ha fatto in modo originale, affidando il racconto a un osservatore inanimato, un sasso molto speciale, a sua insaputa destinato a diventare una statuina femminile, un oggetto di grande importanza culturale per il gruppo umano che lo produsse. Il racconto, una sorta di autobiografia, fatto in prima persona dal grosso ciottolo, tocca diversi aspetti della vita degli uomini che lo scelsero e lo modellarono: la ricerca delle materie prime, la caccia, l’accampamento, cerimonie, incontri con altri gruppi, spostamenti sul territorio, ricerca di altri luoghi più favorevoli alla sopravvivenza. La narrazione è resa più piacevole da alcune licenze “poetiche”. Ma il piccolo libro offre anche delle note storiche utili ad inquadrare il periodo della preistoria oggetto del racconto e le vicende legate al ritrovamento della statuetta e al suo arrivo al museo nazionale Preistorico di Roma.
Al museo delle Civiltà di Roma-Eur le Giornate europee del Patrimonio con la mostra “Le Rievocazioni Storiche al Museo” e “Speziopoli, il gioco dei mercante sulle vie carovaniere”
“Un due tre… Arte! – Cultura e intrattenimento” è la declinazione che il museo delle Civiltà a Roma-Eur dà alle Giornate europee del Patrimonio (Gep 2019) in programma sabato 21 (con apertura straordinaria fino alle 22, e biglietto di ingresso al costo simbolico di 1 euro, salvo le gratuità previste per legge) e domenica 22 settembre 2019. Vediamo gli eventi nel dettaglio.
Sabato 21 settembre 2019, alle 18, si inaugura negli spazi del museo delle Civiltà – museo delle Arti e tradizioni popolari, la mostra “Le Rievocazioni Storiche al Museo”, che rimarrà aperta fino al 3 dicembre 2019, organizzata dal museo delle Civiltà e dall’istituto centrale per la Demoetnoantropologia, in collaborazione con la Federazione Italiana Giochi Storici. La mostra presenta al pubblico il ricco e multiforme panorama delle rievocazioni storiche italiane attraverso una selezione di oltre settanta costumi e decine di accessori e oggetti contemporanei, ispirati a diverse epoche del passato riferiti a trenta diverse manifestazioni ”rievocative” che si svolgono in altrettanti Comuni disseminati in gran parte del territorio nazionale. L’esposizione è realizzata con la diretta partecipazione di queste comunità locali, che hanno collaborato attivamente selezionando e mettendo a disposizione i materiali esposti e fornendo le presentazioni delle diverse manifestazioni che si svolgono, ciascuna con la sua storia e originalità, in diversi periodi dell’anno in molte località, maggiori e minori, del nostro territorio nazionale: una prospettiva “dall’interno”, una lettura delle rievocazioni storiche come elementi di autorappresentazione delle comunità locali. Il progetto intende dunque valorizzare le rievocazioni storiche quali espressioni culturali delle comunità che ne sono portatrici. Come alcuni studiosi hanno evidenziato, le rievocazioni e ricostruzioni storiche hanno avuto una grande proliferazione negli ultimi anni; tuttavia si tratta di un fenomeno ancora poco studiato in ambito antropologico, che è stato anzi per lungo tempo negletto, a favore della valorizzazione e patrimonializzazione di più “tradizionali” beni demoetnoantropologici.
Domenica 22 settembre 2019 alle 10, “Speziopoli, il gioco dei mercante sulle vie carovaniere”: con un gioco da tavola si ripercorre la Via delle spezie alla scoperta dell’Antico Oriente e degli aromi che profumano i cibi delle nostre tavole con Gabriella Manna e Francesca Pizziconi. Per ragazzi da 7 a 11 anni.
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