Roma. Al Complesso del San Michele la giornata di studi “Il Geoportale Nazionale per l’Archeologia. Primo bilancio e prospettive”, in presenza e on line, a sei mesi dall’accessibilità del GNA realizzato dall’Istituto Centrale per l’Archeologia
Si avvicina l’appuntamento con “Il Geoportale Nazionale per l’Archeologia. Primo bilancio e prospettive”, venerdì 26 gennaio 2024, dalle 9.30 alle 16.30, nella sala conferenze della Biblioteca delle Arti nel Complesso del San Michele a Roma, la giornata dedicata a presentarvi l’impatto di questi primi sei mesi di vita del portale e a condividerne, grazie agli interventi dei principali attori che lo hanno reso possibile e che lo stanno implementando, le prospettive future. L’ingresso sarà consentito fino all’esaurimento dei posti, ma sarà fruibile in diretta anche online sul canale YouTube dell’Istituto centrale per l’archeologia (https://www.youtube.com/@istitutocentraleperlarcheo6112). Il Geoportale segna una tappa importante all’interno di un lungo percorso di studio e di progettazione svolto dall’Istituto centrale per l’archeologia in sinergia con importanti istituzioni di ricerca e tutela del patrimonio culturale. La piattaforma è stata realizzata grazie alla collaborazione delle soprintendenze del ministero della Cultura e al contributo di altri enti di ricerca e degli archeologi che hanno partecipato alla sperimentazione.

Una schermata del Geoportale nazionale per l’Archeologia (foto ica)
Il Geoportale nazionale per l’Archeologia, realizzato dall’Istituto Centrale per l’Archeologia come punto di raccolta e condivisione dei dati esito delle indagini archeologiche condotte sul territorio italiano, è online dal 10 luglio 2023, accessibile a tutti all’indirizzo https://gna.cultura.gov.it. A sei mesi dalla pubblicazione, è parso opportuno compiere una prima riflessione “a consuntivo”, dando voce all’ICA ma soprattutto agli altri attori e testimoni del percorso, in una giornata di studio e confronto anche sulle prospettive. Nell’occasione, si presenterà un’ulteriore novità: finalmente, tutti gli interventi archeologici sul territorio saranno inseriti direttamente da coloro che hanno condotto le indagini sul campo e saranno pubblicati in tempo reale nel Geoportale, permettendo di condividere subito i nuovi dati con tutti gli utenti. Il portale, nato con l’obiettivo di offrire una carta archeologica dinamica, implementabile nel tempo, di accesso libero e di facile consultazione, aperta al riuso e all’integrazione da parte di tutti gli utenti, rappresenta un nuovo strumento che censisce e pubblica in modo uniforme tutte le indagini archeologiche (archeologia preventiva; interventi di tutela; progetti di ricerca archeologica in Italia; progetti di ricerca italiani all’estero).

Una schermata del sistema ArcheoDb dell’Emilia – Romagna (foto mic-er=
Il programma. I lavori sono articolati in tre sessioni. Ore 9.30-10: INTRODUZIONE AI LAVORI. Intervengono Luigi La Rocca, direttore generale Archeologia Belle arti e Paesaggio – DG ABAP; Carlo Birrozzi, direttore dell’Istituto centrale per il catalogo e la documentazione – ICCD; Simonetta Buttò, già direttore Istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane – ICCU; Elena Calandra, direttore dell’Istituto centrale per l’archeologia – ICA. Ore 10-11.15: STRATEGIE, STRUMENTI E FUNZIONALITÀ. Modera Laura Moro, dirigente del Servizio II della DG ABAP. Intervengono Elena Calandra, “Il GNA: un ambiente collaborativo”; Valeria Boi, ICA, e Ada Gabucci, Francesco Marucci, sviluppatori GNA, “Strumenti per una carta archeologica sostenibile: gli interventi di tutela”; Annalisa Falcone, ICA, e Francesco Mangiacrapa, Pasquale Pagano, CNR-ISTI, “Strumenti per una carta archeologica sostenibile: le indagini di ricerca”; Valeria Acconcia, Domenico Marino, Miriam Taviani, Chiara Travaglini, ICA, “Aspetti editoriali e formazione”. Ore 11.15-11.30: pausa. Ore 11.30-12.30: UNO SGUARDO AL FUTURO. Modera Simonetta Buttò. Intervengono Laura Moro, “Prospettive di integrazione dei dati geografici dei beni culturali”; Paolo Carafa, Sapienza università di Roma, “Lazio Antico. Atlante del Lazio meridionale”; Renata Cantilena, Giacomo Pardini, Federico Carbone, università di Salerno, “Il progetto Coin Finds Hub”; Emanuele Papi, direttore della Scuola Archeologica Italiana di Atene, “Il Geoportale Nazionale per l’Archeologia: il caso di Gortyna”; Ore 12.30-13.30: Discussione e presentazione della sessione poster. Ore 13.30-14.30: pausa. Ore 14.30-16: LA COSTRUZIONE DI UN LINGUAGGIO COMUNE. Modera Carlo Birrozzi. Intervengono Matteo Frassine, soprintendenza ABAP per l’area metropolitana di Venezia e le province di Belluno Padova e Treviso, e Stefania De Francesco, SABAP per le province di Bergamo e Brescia, “Il progetto RAPTOR”; Mirella Serlorenzi, soprintendenza speciale ABAP di Roma, “Il progetto SITAR”; Ilaria Di Cocco, segretariato regionale MiC per l’Emilia-Romagna, “Il Webgis dei Beni Culturali dell’Emilia-Romagna e ArcheodB”; Maria Luisa Marchi, università di Foggia, “Il progetto Censimento”; Gabriele Gattiglia, Francesca Anichini, università di Pisa, “Il progetto Mappa”. Ore 16–16.30: conclusioni e discussione con Carlo Birrozzi, Simonetta Buttò, Elena Calandra, Laura Moro.
Bologna. Al museo civico Archeologico due iniziative per le Gea 2023: “Cantiere aperto: quando le scienze incontrano la storia” (la bioarcheologa sugli scheletri etruschi della Certosa), “Bononia racconta” (pubblicazione on line del lapidario romano)

La ricercatrice Giulia Riccomi esamina i reperti osteologici da una tomba del sepolcreto etrusco della Certosa al museo civico Archeologico di Bologna (foto musei civici bologna | museo civico archeologico)
Il museo civico Archeologico del Settore Musei Civici Bologna venerdì 16 giugno 2023 partecipa con due iniziative alle Giornate Europee dell’Archeologia 2023: “Bononia racconta”, la pubblicazione online di un nuovo scenario dedicato al Lapidario romano del museo sul portale “Storia e Memoria di Bologna” e, dalle 10.30, “Cantiere aperto: quando le scienze incontrano la storia”, incontro con la ricercatrice bioarcheologa Giulia Riccomi nell’ambito di un cantiere aperto di analisi su scheletri etruschi provenienti dal sepolcreto della Certosa. Le due iniziative sono in linea con lo spirito della manifestazione, animata dalla volontà di mantenere vivo il dialogo con il pubblico attraverso eventi culturali e iniziative a carattere divulgativo e didattico che diano risalto a progetti e attività archeologiche in corso, la cui specificità rimane il più delle volte preclusa ai non addetti ai lavori. “Ricerca, Scienza e Memoria”, dichiara Eva Degl’Innocenti, direttrice Settore Musei Civici Bologna, “saranno al centro delle attività del nostro museo civico Archeologico per le Giornate Europee dell’Archeologia. Si scopriranno anche i segreti delle pratiche alimentari etrusco-italiche, grazie allo studio degli scheletri etruschi dal sepolcreto della Certosa conservati al Museo”.

La ricercatrice Giulia Riccomi e una sua collaboratrice all’opera di fronte ad una tomba etrusca al museo civico Archeologico di Bologna (foto musei civici Bologna | museo civico Archeologico)
Cantiere aperto. Quando le scienze incontrano la storia. Un cantiere aperto, alcuni scheletri sotto indagine, una scienziata a disposizione della curiosità del pubblico. Nell’ambito di un progetto di ricerca di eccellenza sostenuto da un finanziamento MUR “Young Researchers-Linea SoE”, Giulia Riccomi, bioarcheologa e ricercatrice presso la divisione di Paleopatologia del dipartimento di Ricerca traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia dell’università di Pisa, sta svolgendo un’analisi paleopatologica e biochimica su alcune serie osteologiche inumate di età pre-romana finalizzata a ricostruire le pratiche alimentari etrusco-italiche tra VII e IV secolo a.C., tra cui gli scheletri etruschi dal sepolcreto della Certosa conservati al museo civico Archeologico di Bologna. Venerdì 16 giugno, dalle 10.30 alle 11.30, la dottoressa Riccomi sarà a disposizione del pubblico nella Sala X del museo per spiegare il progetto, i metodi utilizzati e i risultati che lo studio si propone di ottenere. Ingresso con biglietto museo.

Lapidario del museo civico Archeologico di Bologna: veduta del cortile con le lapidi del “Muro del Reno” (foto musei civici bologna | museo civico archeologico)
Bononia racconta: storie di antichi bolognesi dal Lapidario del museo civico Archeologico. Dal 16 giugno 2023 il portale web “Storia e Memoria di Bologna”, curato dal museo civico del Risorgimento, arricchisce lo scenario dedicato alle Lapidi cittadine con un approfondimento dedicato al Lapidario romano del museo civico Archeologico: https://www.storiaememoriadibologna.it/lapidario-museo-archeologico. Realizzato a partire da un’idea di Sergio Cazzola e sviluppato grazie alla collaborazione scientifica tra gli staff del museo civico Archeologico e del museo civico del Risorgimento, questo nuovo capitolo consente, attraverso mappe concettuali di navigazione, di interrogare per la prima volta, anche semplicemente grazie all’utilizzo del proprio smartphone, 137 monumenti esposti nell’atrio e nel cortile del museo in una passeggiata virtuale che dà nuova voce agli antichi cittadini di Bononia, colonia latina fondata nel 189 a.C. In particolare, saranno soprattutto le stele funerarie del cosiddetto “Muro del Reno” a far conoscere un’umanità variegata e operosa fatta di donne e uomini, artigiani e magistrati, liberi e liberti, indigeni e stranieri che a Bologna trovarono una casa accogliente. A seguito di una grande inondazione del Reno a partire dall’ottobre del 1894, la zona dell’attuale Pontelungo fu al centro di uno dei più importanti rinvenimenti archeologici di fine secolo: gli operai, incaricati di risistemare l’argine, portarono alla luce oltre 200 lapidi reimpiegate per opere di consolidamento dell’alveo del fiume in età tardo antica (IV secolo d.C.) e provenienti da un vicino sepolcreto di età romana (I sec. a.C. – I sec. d.C.).

Lapidario del museo civico Archeologico di Bologna: schermata di presentazione di una delle pareti dell’atrio nel nuovo scenario del portale “Storia e Memoria di Bologna” (foto musei civici bologna | museo civico archeologico)
Attraverso la mappa e i prospetti delle pareti espositive si potrà accedere alle singole schede delle opere, trovandovi oltre alla trascrizione e alla traduzione un commento articolato e degli approfondimenti su vari aspetti della vita e della cultura romana. La pubblicazione online si rivolge principalmente al pubblico non specialistico, che nei messaggi di vita e di storia incisi in queste pietre potrà trovare numerosi spunti sulla cultura e società del mondo romano. Era dal 1960 che non si affrontava in città lo studio dell’epigrafia latina in un’ottica di leggibilità ed interpretazione così aperta al grande pubblico. Allora fu Giancarlo Susini, professore ordinario di Storia romana all’università di Bologna e indiscusso maestro dell’epigrafia e della comunicazione storica, che diede alle stampe con Rosanna Pincelli il volume Il Lapidario: una schedatura quasi esaustiva, divulgativa ma anche di altissimo profilo scientifico, dei monumenti lapidei presenti al Museo Civico, non ancora separato nelle raccolte archeologica e medievale. “Proprio nel solco di questa opera fondamentale si sono inserite le curatrici del progetto, le funzionarie archeologhe Federica Guidi e Marinella Marchesi, con il fondamentale supporto di Valentina Uglietti, che ha svolto parte del suo dottorato in epigrafia romana nel nostro museo”, sottolinea Paola Giovetti, direttrice del museo civico Archeologico. “Senza nessuna pretesa di emulare il Maestro Susini, abbiamo cercato di creare uno strumento attuale e facilmente consultabile, per dare nuova vita ad un ricco patrimonio civico, a partire dalla traduzione in italiano delle epigrafi latine, che così diventano davvero alla portata di tutti”.

Lapidario del museo civico Archeologico di Bologna: targa dei bagni pubblici di C. Legiannus Verus (foto musei civici bologna | museo civico archeologico)
I monumenti inseriti nel nuovo scenario sono parte del vasto patrimonio di lapidi del museo civico Archeologico, composto da oltre 400 reperti: in questa prima fase di schedatura si è data la precedenza ai monumenti provenienti da Bologna e dal suo territorio, senza rinunciare ad una piccola rappresentanza delle cosiddette lapidi “aliene”, giunte da collezioni private e per lo più rinvenute a Roma. Il pubblico, via web o anche in presenza negli spazi del Lapidario attraverso l’utilizzo del proprio smartphone, potrà apprezzare i segni tracciati dai lapicidi (non privi di sorprendenti errori di ortografia!) e le parole cui fu affidato il ricordo delle tante persone che animarono le strade e le piazze di Bononia: l’imperatore Nerone, il centurione Manilio Cordo, la piccola Sosia Isiade, la numerosa famiglia degli Alennii e tanti altri ancora. Alcuni esempi di schede consultabili: https://www.storiaememoriadibologna.it/lapidario-museo-archeologico/lapide-di-q.-manilius-cordus-2182-opera; https://www.storiaememoriadibologna.it/lapidario-museo-archeologico/lapide-dei-mestieri-2248-opera;
https://www.storiaememoriadibologna.it/lapidario-museo-archeologico/targa-dei-bagni-pubblici-di-c.-legiannus-verus-2267-opera; https://www.storiaememoriadibologna.it/lapidario-museo-archeologico/targa-di-c.-trebius-maximus-2261-opera; https://www.storiaememoriadibologna.it/lapidario-museo-archeologico/altare-con-limmagine-del-dio-silvano-2307-opera; https://www.storiaememoriadibologna.it/lapidario-museo-archeologico/lapide-dei-cornelii-2219-opera.

Statua loricata di Nerone in marmo lunense dal teatro romano di Bologna (metà del I sec. a.C.) conservata al museo civico Archeologico di Bologna (foto Matteo Monti / musei civici bologna | museo civico archeologico)
Il portale “Storia e Memoria di Bologna” è un progetto digitale che si propone di raccontare il passato della città di Bologna e del suo territorio metropolitano attraverso il linguaggio dei monumenti e la voce dei protagonisti maggiori e minori della storia, che convergono in percorsi tematici definiti “scenari”. L’archivio digitale di ogni scenario è in continuo aggiornamento: vi si possono trovare profili biografici, linee del tempo, mappe, documenti, schede di opere d’arte, fonti e un’ampia emeroteca scaricabile. Ad oggi sono consultabili oltre 40mila biografie, arricchite dal racconto di oltre 2300 eventi, 2600 opere, 600 organizzazioni sociali, oltre 700 luoghi descritti e quasi 70.000 elementi multimediali inseriti nelle varie schede descrittive. Il portale web è quindi una sorta di grande libro della memoria bolognese, che mette in relazione il piano della storia di un singolo evento o individuo con quello della storia nazionale e internazionale. Osserva Otello Sangiorgi, direttore del museo civico del Risorgimento: “Per il portale www.storiaememoriadibologna.it questo lavoro costituisce un’importante tappa nel progetto complessivo di valorizzazione del patrimonio dei Musei Civici, in modo da renderne sempre più agevole e “attraente” la fruizione. Inoltre, dopo la pubblicazione di tutte le lapidi cittadine e del Lapidario del Museo Civico Medievale, si conferma l’interesse verso questo tipo di testimonianza del passato: tutti i monumenti ci parlano, ma le lapidi lo fanno con una particolare intensità: esse infatti “ci vogliono parlare”. Col loro linguaggio essenziale e idealizzato, non soltanto raccontano le tante vicende della nostra città, ma inducono il lettore di ieri e di oggi a riconoscersi in una storia comune”.
Iraq. Scoperta una “taverna” con un antico frigorifero di 5000 anni fa a Tell al-Hiba, l’antica Lagash, una delle più importanti città-stato della Mesopotamia, dalla missione delle università di Pisa e della Pennsylvania nell’ambito del Lagash Archaeological Project

La cella frigorifera di 5mila anni fa scoperta a Tell al-Hiba, l’antica Lagash, dalla missione diretta da Sara Pizzimenti dell’università di Pisa (foto unipi)
Scoperta a Lagash, in Iraq, quella che potrebbe essere una taverna del 2700 a.C.: una zona pranzo all’aperto con panchine, un forno, contenitori per la conservazione, antichi resti di cibo e persino un frigorifero di 5000 anni fa, denominato “zeer”, termine arabo che identifica la tecnica del “vaso nel vaso” per conservare bevande e alimenti. È l’eccezionale risultato – di cui dà notizia UnipiNews – raggiunto dagli archeologi dell’università di Pisa impegnati, assieme ai colleghi dell’università della Pennsylvania, negli scavi del Lagash Archaeological Project. Un tesoro, quello ritrovato a fine 2022 dall’équipe guidata dalla professoressa Holly Pittman della University of Pennsylvania e dalla professoressa Sara Pizzimenti del Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Ateneo pisano, che si nascondeva a soli 50 cm dalla superficie e che oggi ci consegna uno spaccato di quella che doveva essere la vita quotidiana di una delle più importanti città-stato della Mesopotamia: Tell al-Hiba (l’antica Lagash).

Una vista degli scavi archeologici nel sito di Lagash, nel sud dell’Iraq (foto unipi)
“Il ritrovamento fatto a Lagash è in grado di gettare nuova luce sullo studio dell’alimentazione e della cucina dell’antica Mesopotamia, finora principalmente conosciuta e approfondita attraverso i testi, che tuttavia non coprono i periodi più antichi del Sumer”, spiega Sara Pizzimenti, professoressa associata di Archeologia e Storia dell’Arte del Vicino Oriente Antico di UniPi. “All’interno di quello che era un luogo pubblico per la produzione, distribuzione e consumo dei pasti, che doveva probabilmente avvenire all’interno del grande cortile con banchette, sono state ritrovate, infatti, un centinaio di ciotole contenenti resti di cibo, assieme ai dispositivi per la conservazione di bevande e alimenti. La taverna di Lagash è di conseguenza un tassello importante per ricostruire le conoscenze nel campo della produzione e distribuzione alimentare, economia alla base delle prime società complesse della storia dell’uomo”.

Tell al Hiba, l’antica Lagash, nel sud Iraq: l’area di scavo 2022 vista dal drone (foto lagash archaeological project)
Tell al-Hiba si trova a 24 km a est della città di Shatra, nel governatorato del Dhi Qar, nel sud dell’Iraq. Con i suoi più di 400 ettari di estensione, Lagash è una delle città-stato più antiche e più grandi della Mesopotamia meridionale e capitale dell’omonimo stato. Occupata a partire dal quinto millennio a.C. e in gran parte abbandonata attorno al 2300 a.C., è stata uno dei più importanti snodi commerciali della regione, sede di un’intensa e variegata produzione artigianale, e con immediato accesso a terreni agricoli. Fino al Lagash Archaeological Project, iniziato nel 2019, gli scavi si erano sempre concentrati sull’architettura religiosa e sulla comprensione delle élite. Con il nuovo progetto, invece, l’attenzione degli archeologi si è concentrata sulle aree non elitarie della città, così da poter conoscere meglio quale fosse la vita nell’antica città mesopotamica. La scoperta della taverna getta quindi nuova luce sulla vita quotidiana di un quartiere popolare sumerico probabilmente legato ad attività artigianali di produzione ceramica.

L’assiriologo danese Thorkild Jacobnsen a Tell Asmar nel 1931/31 (foto di Alchetron 29 giugno 2018 / LAP)
135 anni di scavi archeologici. Le prime esplorazioni archeologiche a Tell al-Hiba risalgono alla fine del XIX secolo (1887), ma è solo nel 1953, grazie al ritrovamento di un’iscrizione da parte dell’assiriologo danese Thorkild Jacobnsen e di Fuad Safar, che si è stati in grado di indentificare il sito con l’antica Lagash. La città è stata per la prima volta intensivamente investigata grazie alle cinque campagne di scavo (1968-1976) di un progetto congiunto del Metropolitan Museum of Art e dell’Institute of Fine Arts di New York sotto la direzione di Donald Hansen. Seguiranno altre due campagne, nel 1984 (UCLA) e nel 1990 (UPENN), quest’ultima interrotta dallo scoppio della prima guerra del Golfo.

Tell al Hiba (antica Lagash) nel Sud Iraq: il team della campagna di scavo dell’autunno 2022 diretta dalla professoressa Sara Pizzimenti dell’università di Pisa (al centro) (foto lagash archaeological project)
Le ricerche ripartiranno solo nella primavera del 2019, con un primo progetto congiunto tra l’università della Pennsylvania e quella di Cambridge, seguito da una seconda campagna nel novembre 2021. Ma è dalla terza campagna, iniziata a marzo 2022, che entra in scena anche l’università di Pisa con un gruppo di archeologi guidati dalla professoressa Sara Pizzimenti che, nella quarta stagione di scavi (autunno 2022), diverrà direttore sul campo e condurrà alla scoperta di quella che si presume essere un’antica taverna di 5000 anni fa.
Torino. Al museo Egizio conferenza dell’egittologa Federica Facchetti su “Vasi femminiformi: tipologie e significato”. Incontro in presenza e on line
La produzione di vasi in terracotta nell’Antico Egitto quasi sempre risponde a necessità quotidiane di trasporto, cottura o conservazione di alimenti sia in contesti abitativi sia funerari ma non è l’unica funzione. Nuovo appuntamento con il ciclo di conferenze dei curatori del museo Egizio di Torino realizzato in collaborazione con il Dipartimento di Studi storici dell’università di Torino. Giovedì 16 febbraio 2023, alle 18, in sala conferenze del museo Egizio, conferenza di Federica Facchetti su “Vasi femminiformi: tipologie e significato”. L’ingresso è libero fino a esaurimento posti. Introduce: Paolo Del Vesco, curatore del museo Egizio. La conferenza sarà trasmessa anche in streaming sulla pagina Facebook e sul canale YouTube del Museo. Nel sito di Deir el-Medina Ernesto Schiaparelli trova frammenti di vasi figurativi in cui si riconoscono braccia e seni, una tipologia attestata anche in altri siti egizi. Questi vasi sono definiti in vari modi: vasi per il latte, vasi Iside o più semplicemente vasi femminiformi perché ancora non si conosce il loro effettivo uso e funzione. La conferenza sarà occasione per presentare questa particolare tipologia, mostrando tutte le possibili varianti e presentando le diverse ipotesi sulla loro funzione e significato.

Federica Facchetti, egittologa del museo Egizio di Torino
Federica Facchetti ha conseguito il suo dottorato all’università di Pisa, e lavora al museo Egizio dal 2014. Si è occupata dell’allestimento della sala di Epoca Tarda, le sale dei vasi in terracotta e delle mummie animali e la sala “Alla ricerca della vita”, cosa raccontano i resti umani? Attualmente è impegnata nei progetti di partecipazione e didattica, fa parte della redazione della Rivista del Museo Egizio ed è referente per i tirocini. I suoi interessi di ricerca sono i vasi in terracotta, le mummie animali e le tecniche di imbalsamazione.
Venezia. Scavo della villa romana di Lio Piccolo: portato alla luce un antico magazzino per il sale dagli archeologi del progetto Vivere d’acqua di Ca’ Foscari

L’antico magazzino del sale portato alla luce tra le barene della laguna a Lio Piccolo nel progetto Vivere d’acqua (foto unive)
Il progetto Vivere d’acqua dell’università Ca’ Foscari ha portato alla luce un altro segmento dell’antica storia lagunare, rivelando un ulteriore settore delle monumentali strutture in legno di un edificio collegato ad una filiera produttiva, probabilmente un antico magazzino per il sale, di epoca romana. Si tratta di una delle pertinenze rustiche della cosiddetta villa marittima di Lio Piccolo. L’edificio aveva una particolarissima configurazione: in una fossa di fondazione larga 1,5 m e profonda altrettanto, gli antichi romani hanno depositato a coppie lunghe e possenti travi di legno, spesse 25/30 cm. Sopra di esse erano appoggiati, senza chiodi o cavicchi, numerosi robusti tronchi di quercia, ancora incredibilmente conservati (corteccia compresa), con un diametro di 60/70 cm. L’argilla lagunare usata come riempimento della fossa garantiva un’estrema solidità della fondazione di un edificio in legno, circondato dalle acque, che doveva svilupparsi in elevato, ma che soprattutto poteva sopportare un carico di pesi notevolissimo. L’ipotesi di lavoro a cui Diego Calaon e Daniela Cottica – direttori del progetto archeologico- stanno lavorando è che questo edificio possa essere una delle strutture delle antiche saline romane presso la costa, usato magari proprio per conservare il sale appena prodotto nelle vicine aree di salinazione, presso l’attuale isola delle “Saline”.

Progetto Vivere d’acqua: fondazione lignea portata alla luce nello scavo a Lio Piccolo (foto unive)
Le analisi stratigrafiche, condotte al di sotto dei livelli medi di marea grazie all’impiego di pompe in un grande cantiere appositamente pensato per poter scavare scientificamente all’asciutto al di sotto delle acque e delle barene, descrivono un edificio con una probabile forma a “c” che si sviluppava intorno ad un cortile interno, occupato da una vasca per il filtraggio delle acque, ovvero un pozzo alla veneziana. Un’ampia vasca foderata in argilla, riempita con sabbia pulitissima proveniente da dune costiere che, come i pozzi della Venezia medievale, serviva a filtrare l’acqua piovana dei tetti dell’edificio per renderla potabile. L’edificio in legno era sicuramente il luogo di lavoro degli schiavi che si muovevano intorno alla villa. Le stratigrafie rivelano piani di lavoro, buche di palo, resti di attività artigianali: probabilmente per riparare e preparare gli strumenti che servono al mantenimento di un complesso sistema ambientale, fatto di argini e strutture complesse per poter sfruttare al massimo le risorse lagunari.

Veduta da drone dell’antico magazzino per il sale a Lio Piccolo nello scavo della villa romana del progetto Vivere d’acqua (foto unive)
L’elemento di novità dello scavo del 2022, che prosegue il progetto inaugurato lo scorso anno in collaborazione con il finanziamento del Comune di Cavallino-Treporti e l’alta sorveglianza della soprintendenza Archeologica Belle arti e Paesaggio per il Comune di Venezia e Laguna, risiede nel fatto che si è riusciti a documentare un lungo periodo di occupazione del sito, che va dal I secolo d.C. al VI secolo d.C. La fotografia proposta è quella di una laguna stabilmente sfruttata in antichità, soprattutto presso gli spazi acquei di comunicazione tra il porto dell’antica città di Altino e la sua costa, ovvero lungo i canali di marea che connettevano il porto con il mare. Si è, quindi, molto lontani da quell’idea che avevamo in passato di una laguna in epoca romana priva di strutture antiche pre-veneziane. Allo stesso modo le ricerche di tipo globale che sono condotte in seno al progetto (survey, analisi di materiali, studi tipologici) ci permettono di capire che i reperti che abbondantemente troviamo in laguna (ad esempio le anfore) spesso non sono legati a un generico insediamento, ma a delle vere proprie attività di sfruttamento del territorio, dove si costruivano argini con anfore per dividere valli da pesca e “fondamenti” di saline.
Dallo scavo emergono numerose le tessere musive e i frammenti di intonaco che decoravano un edificio antico presente nella stessa area, databile proprio al I secolo d.C. È da qui, infatti, che provengono i numerosi frammenti di affresco raccolti da Ernesto Canal, celebrati dalla famosa mostra nel 2019. Gli archeologi spiegano come queste strutture, prima abitative e produttive, e poi eminentemente produttive, abbiano cambiato forma nell’arco dei secoli adattandosi a diversi modelli economici di sfruttamento della laguna: il prodotto non cambiava (si continuava a fare sale) ma cambiavano le tipologie delle strutture e le modalità di occupazione in base a modelli economici che via via si sono susseguiti nel territorio dell’antica Regio Venetia et Histria. Così, ad esempio, lo scavo ci illustra come tra V e VI secolo d,C. l’edificio di legno venga sostituito da un edificio in muratura, con muri di laterizi di epoche precedenti riutilizzati e con un diverso orientamento.

Carotaggi a Lio Piccolo nella laguna di Venezia nell’ambito del progetto Vivere d’acqua (foto unive)
Non solo la villa marittima, ma un complesso sistema di insediamenti romani per lo sfruttamento delle risorse costiere: da qui si origina la “forza lavoro” che contribuirà alla creazione della futura Venezia. L’équipe del progetto Vivere d’Acqua sta concludendo l’indagine in questi giorni con una serie di carotaggi e di analisi geologico ambientali per comprendere come la micro-morfologia del territorio abbia permesso questo tipo di insediamenti e lo sfruttamento della costa in epoca romana. E, forse, anche in epoca precedente. Dallo scavo e dai carotaggi, infatti emergono alcuni interessantissimi livelli antropici forse di età pre-augustea. Cristophe Morhange (Universitè Aix-Marseille) e Giovanni Sarti (Università di Pisa) insieme con il team veneziano sono certi che il litorale di tutta l’area di Lio Piccolo darà importanti informazioni in futuro sulla conformazione di questo paesaggio antico, oggi paesaggio sommerso.
Il documentario “Panorami sommersi”. Un’intuizione geniale cerca Venezia prima di Venezia, un pioniere nelle ricerche archeologiche veneziane, un team di ricercatori attivi in laguna convinti che raccontare lo scavo “mentre si fa” sia un dovere etico e una modalità scientifica di co-interpretazione dei paesaggi antichi: questi sono alcuni degli elementi narrati nel film documentario di controcampo produzioni panorami sommersi, prodotto in collaborazione con l’università Ca’ Foscari Venezia. “Panorami sommersi” è il titolo del film documentario di cui il progetto vivere d’Acqua è uno dei protagonisti. Il film, presentato nella sua anteprima veneziana il 26 ottobre 2022 all’Auditorium S. Margherita, è prodotto da Controcampo, e rappresenta una modalità inedita di raccontare l’archeologia del territorio veneziano, collegando i fili di narrazioni antiche con narrazioni contemporanei. Il gusto estetico e poetico del regista, Samuele Gottardello, ha incontrato la pragmaticità degli archeologi che scavano il fango, e insieme hanno provato a raccontare una storia di riappropriazione di un paesaggio scomparso, quello romano, indicato e descritto prima di tutti da Ernesto Canal. Il film narra come nasce un’intuizione archeologica, come il modello interpretativo possa venire elaborato e come la comunità se ne possa riappropriare in tutti i modi possibili che l’archeologia, la storia e l’arte consentono.

Grande la risposta del pubblico nelle visite guidate allo scavo di Lio Piccolo con il progetto di archeologia pubblica di Vivere d’acqua (foto unive)
Il progetto di archeologia pubblica dell’università Ca’ Foscari. Il progetto Vivere d’Acqua ha scelto una via di comunicazione partecipata per condividere con quasi 2mila visitatori in un mese di scavo le ricerche in corso. Il programma di archeologia Pubblica con eventi, visite guidate, conversazioni e aperitivi archeologici ha permesso alle comunità locali, agli archeologi, e ai visitatori di riunirsi intorno allo scavo in corso e insieme narrare in modi diversi un passato comune. La lunga stagione degli appuntamenti di archeologia pubblica e partecipata collegati al progetto “Vivere d’Acqua, archeologie tra Lio Piccolo e Altino” hanno visto quasi 2 mila persone visitare e intrattenersi presso lo scavo della Villa marittima di Lio Piccolo. Il film “Panorami Sommersi” rappresenta uno di questi capitoli dove l’archeologia incontra la comunità. Proiettato per la sua “prima veneziana” presso l’Auditorium di Santa Margherita di Ca’, è un omaggio alla comunità cafoscarina che ha collaborato e ospitato parte delle riprese anche durante le ricerche archeologiche per individuare i resti della Villa Romana sepolta, riemersa in parte con gli scavi del 2021 e i recenti interventi, e di cui Canal ha più volte segnalato l’esistenza. Il film di Controcampo Produzioni ha felicemente incontrato il progetto dell’università Ca’ Foscari “Vivere d’Acqua”. Il progetto ha poche semplici regole: condivisione continua delle ricerche archeologiche con la comunità locale, comunicazione e co-progettazione delle azioni archeologiche e costruzione collettiva delle narrazioni del nostro passato, unendo archeologi e cittadini nel momento magico della scoperta e dell’interpretazione delle tracce sepolte. Gli incontri non hanno voluto essere didattici ma cogliere storia di uomini e di sogni alla ricerca della verità, in un’esperienza unica per vivere la Laguna meno nota e frequentata come un fertile incubatore di civiltà, di racconti, di esperienze, di ambienti naturali. Di bellezza.
Taranto. Al museo Archeologico nazionale ultimo incontro del ciclo i “Racconti dall’oltretomba. Tra archeologia e antropologia dei resti umani”: conferenza in diretta on line di Alexandra Chavarria Arnau (università di Padova) su “Aspettando l’aldilà: cimiteri cristiani in età tardoantica”

Mercoledì 27 Aprile 2022, alle 18, ultimo appuntamento del mese con i “Mercoledì del MArTA” in diretta sui canali YouTube, Facebook e LinkedIn del museo Archeologico nazionale di Taranto. La direttrice del MArTA, Eva Degl’Innocenti, introdurrà la relazione della prof.ssa Alexandra Chavarria Arnau dell’università di Padova su “Aspettando l’aldilà: cimiteri cristiani in età tardoantica”, appuntamento conclusivo della programmazione del mese di aprile 2022 interamente dedicata ai “Racconti dall’oltretomba. Tra archeologia e antropologia dei resti umani” con il coordinamento scientifico della stessa direttrice del MArTA e del dott. Antonio Fornaciari dell’università di Pisa.

Alexandra Chavarria Arnau (università di Padova)
“Le testimonianze più antiche del cristianesimo primitivo si documentano già dal terzo secolo in ambito funerario, quando cominciano a comparire i primi cimiteri suburbani cristiani che poi danno luogo in molti casi a grandi complessi ecclesiastici con carattere funerario e a volte martiriale”, spiega la prof.ssa Alexandra Chavarria Arnau, docente dell’università di Padova, di Archeologia medievale. Si parlerà di chiese e sepolture, due elementi intimamente legati, oggetto anche di studi supportati dalle recenti tecniche di bioarcheologia, che consente di comprendere meglio i rapporti tra le tombe e gli spazi liturgici.
Taranto. Al museo Archeologico nazionale saranno i “Racconti dall’oltretomba. Tra archeologia e antropologia dei resti umani” ad animare i “Mercoledì del MArTA” di aprile in diretta sui canali social

Saranno i “Racconti dall’oltretomba. Tra archeologia e antropologia dei resti umani” ad animare i “Mercoledì del MArTA” del mese di aprile 2022. Coordinamento scientifico: Eva Degl’Innocenti (direttrice del MArTA) e Antonio Fornaciari (università di Pisa). Tutti gli appuntamenti saranno alle 18 di ogni singola data, in diretta sulle pagine istituzionali del museo Archeologico nazionale di Taranto di Facebook, YouTube e LinkedIn. Quattro appuntamenti in cui il mistero più profondo del ciclo della vita dell’uomo sarà trattato parlando dell’approccio alla morte durante le varie epoche: dai martiri di Otranto, alla sepoltura moderna, passando per ricerca antropologica e cimiteri cristiani in età tardoantica. Antonio Fornaciari (università di Pisa) il 6 aprile 2022 inaugurerà i “Mercoledì del MArTA” di aprile con la sua relazione su “La morte addomesticata”: la doppia sepoltura nell’Italia Moderna”. Il 13 aprile 2022, invece, Valentina Giuffra (università di Pisa) ci condurrà sino al 14 agosto 1480 quando oltre 800 cittadini idruntini furono massacrati dalle milizie turche che tentavano di conquistare la città di Otranto, in Puglia. Valentina Giuffra ci parlerà de “La trapanazione cranica in paleontologia: un particolare caso tra i martiri di Otranto”. Il 20 aprile 2022 Maria Giovanna Belcastro (università di Bologna) relazionerà, invece, su “I resti umani nella ricerca antropologica: potenzialità e limiti”. Per l’ultimo appuntamento di aprile, il 27, Alexandra Chavarria Arna (università di Padova) ci parlerà di “Aspettando l’aldilà: cimiteri cristiani in età tardoantica”.
Archeologia in lutto. È morta a 65 anni per un improvviso malore Alessandra Toniolo, impegnata in attività di scavo, schedatura dei materiali, allestimento musei e mostre: rigorosa dalla catalogazione alla sperimentazione come nel recupero della cucina degli antichi

Era il 1997. Alessandra mi invitò, come giornalista del Gazzettino, a Chioggia per vedere in anteprima la sua “creatura”: il museo civico della Laguna Sud “San Francesco fuori le Mura”. Quello era proprio il suo ambiente di lavoro, tra archeologia subacquea e della laguna e il recupero della cucina nel mondo antico. Alessandra Toniolo, archeologa, specializzata in Archeologia Classica all’università di Pisa, dal 1980 era impegnata con la Soprintendenza Archeologica del Veneto in attività di scavo, di schedatura dei materiali, di allestimento musei e mostre o al Progetto Archeologia Subacquea delia Laguna e del Mare di Venezia. Da lì cominciò una frequentazione e un’amicizia che andò avanti per molti anni. Alessandra Toniolo è morta, a 65 anni, il 23 dicembre 2021 per un improvviso malore a Padova, dove risiedeva. Vedova del giornalista Maurizio Refini (già caporedattore centrale de Il Gazzettino, esperto di motori, scomparso anche lui per un improvviso malore nel 2007 a soli 66 anni), lascia il figlio Giacomo, 31 anni, il fratello Antonio e le sorelle Marina e Alberta. È stata proprio quest’ultima, docente universitaria a Barcellona, ad annunciarlo attraverso un post pubblicato nel gruppo Facebook di Pieve di Soligo, città del Piave dove Alessandra era nata: “Con immenso dolore comunico agli amici e conoscenti di Pieve che stamattina ci ha lasciato mia sorella Alessandra – scrive -. Sandra (come veniva chiamata, ndr) è cresciuta e ha trascorso la sua prima gioventù a Pieve, prima di trasferirsi in modo definitivo a Padova, ove ha lavorato e vissuto fino ad ora. Sicuramente molte persone si ricordano di lei, della sua energia vitale e del suo sorriso”. Proprio il suo sorriso era contagioso. “Alessandra Toniolo lascia questa terra che ora le sia lieve”, la ricorda su Facebook l’archeologa Francesca Benvegnù dell’associazione culturale Studio D archeologia didattica museologia. “Rimane nella nostra storia e ancor di più in quella degli studi. Dalla catalogazione alla sperimentazione con il suo consueto rigore anche in cucina. Grazie per averci dato tanto”. Alessandra Toniolo aveva curato una serie di importanti pubblicazioni riguardanti in particolare le ricerche di reperti e ritrovamenti in territorio veneto. Ricordiamo, tra gli altri, “Le anfore di Altino” (1991), edito dalla Società Archeologica Veneta di Padova, che ora ricorda la divulgatrice scomparsa con profonda stima, amicizia e gratitudine.
Venezia. L’università Ca’ Foscari indaga la villa romana di Lio Piccolo, residenza di pregio (I sec. d.C.) connessa allo sfruttamento delle risorse locali. Al via i primi rilievi subacquei con l’archeologo Carlo Beltrame. Scavo terrestre a settembre. Studio sull’antico litorale e il paleo-ambiente

Primi rilievi sulla parte sommersa della villa romana avviati in questi giorni dall’archeologo subacqueo Carlo Beltrame, professore di Archeologia marittima, per verificare la possibilità di comprendere meglio le strutture visibili sul lato del canale Rigà, nell’ambito di un progetto di ricerche archeologiche, anche subacquee, che mette in sinergia il Comune di Cavallino-Treporti e l’università Ca’ Foscari di Venezia. Partono così gli studi e la ricerca archeologica per consentire la scoperta del passato di Lio Piccolo, il borgo immerso nella laguna di Venezia, patrimonio dell’UNESCO, per restituire al presente i reperti e le strutture pertinenti la villa romana del borgo. Il Comune di Cavallino-Treporti ha deciso di conoscere meglio l’estensione e l’articolazione di questa struttura e, in collaborazione con il dipartimento di Studi umanistici di Ca’ Foscari, ha avviato un progetto di ricerca sul sito della villa stessa, al fine di comprendere quanto si conservi ancora di questo antico insediamento. Una di queste ville costiere è già stata al centro della narrazione archeologica della mostra 2019 “Vivere d’Acqua, archeologie tra Altino e Lio Piccolo”. “Approfondire il passato e la cultura di questo luogo per Cavallino-Treporti è di fondamentale importanza perché Lio Piccolo raccoglie in sé moltissima storia. Quella della ricerca con l’università è uno dei punti focali per partire anche con un grande progetto di tutela, salvaguardia e riqualificazione di questo sito. Dopo anni essere riusciti ad avviare le ricerche archeologiche per noi è una grande soddisfazione e un nuovo punto di partenza per tracciare il percorso delle nostre origini”, afferma l’assessore comunale alla cultura Alberto Ballarin. “Lio Piccolo diventerà quindi un’aula a cielo aperto: in questi giorni infatti sono coinvolti studenti e ricercatori brevettati che hanno qui un’occasione unica di formazione in un ambiente di lavoro a bassissima visibilità e che potranno confrontare la metodica di ricerca sott’acqua con quella a terra, applicata sullo stesso monumento. Contestualmente agli scavi saranno organizzate visite guidate su prenotazione, per coinvolgere in queste attività anche i residenti e gli ospiti di Cavallino-Treporti, in un percorso esperienziale storico-culturale”.

“La villa romana di Lio Piccolo è un sito archeologico di grande interesse scoperto da Ernesto Canal. Scopo della nostra missione”, afferma Beltrame, “è verificare le indicazioni di Canal, eseguire i rilievi delle strutture sommerse e procedere a dei saggi di scavo per conoscere la potenza del deposito stratigrafico e cercare di interpretare meglio questo sito e di dare una datazione più precisa”. Spiega Diego Calaon, professore di Topografia antica a Ca’ Foscari e direttore degli scavi assieme alla collega Daniela Cottica, professoressa di Archeologia classica: “Gli eccezionali rinvenimenti di frammenti di decorazione architettonica, affreschi e reperti pertinenti alla villa romana di Lio Piccolo ci restituiscono il quadro di una residenza di un certo pregio, probabilmente connessa allo sfruttamento delle risorse locali, databile al I secolo d.C. e in uso per alcune generazioni”.
Lo scavo terrestre stratigrafico sarà effettuato nel mese di settembre 2021. Scavi archeologici realizzati in concessione del ministero della Cultura – direzione generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, che uniranno le informazioni già acquisite nel passato per aggiornarle con nuove indagini, per conoscere nel dettaglio la qualità della cultura materiale del sito, gli aspetti decorativi e lo stato di conservazione delle strutture pertinenti la villa romana di Lio Piccolo. Tutte le attività di indagine archeologica saranno eseguite in regime di concessione e vedranno il supporto attivo e l’alta sorveglianza dei funzionari archeologi della soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per il comune di Venezia e Laguna. Il progetto prevede anche uno studio dettagliato dell’antico litorale di Lio Piccolo e del paleo-ambiente circostante, con particolare interesse per la ricostruzione del profilo vegetazionale e per lo studio dell’interazione uomo-ambiente. Le indagini bio-ambientali e geomorfologiche saranno eseguite anche in collaborazione con docenti e ricercatori delle università di Pisa, Bologna, Aix-Marseille e con il centro Agricoltura Ambiente “Giorgio Nicoli”. Un ulteriore obiettivo di progetto sarà poi inserire la villa romana di Lio Piccolo all’interno del contesto lagunare più ampio, approfondendo i rapporti fra la villa ed il centro urbano di riferimento, la vicinissima Altino.
La credenza nell’esistenza di una vita dopo la morte è uno degli aspetti più caratteristici della cultura egizia, che conosciamo grazie a numerosissime fonti scritte e archeologiche. Se ne parla martedì 4 aprile 2023 nel nuovo appuntamento con le conferenze organizzate con l’Associazione ACME, Amici e Collaboratori del Museo Egizio: alle 18, in sala conferenze, interviene Silvia Zago (università di Liverpool) su “Storie dell’altro mondo: la morte e l’aldilà nell’antico Egitto”. L’ingresso è libero fino a esaurimento posti. Conferenza in italiano. La conferenza sarà trasmessa anche in streaming sulla pagina 
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