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A Volterra affiorano mura ellittiche: potrebbe essere stato trovato l’anfiteatro romano. “Sarebbe la più importante scoperta archeologica degli ultimi cento anni”

+++ANSA PROVIDES ACCESS TO THIS HANDOUT PHOTO TO BE USED SOLELY TO ILLUSTRATE NEWS REPORTING OR COMMENTARY ON THE FACTS OR EVENTS DEPICTED IN THIS IMAGE; NO ARCHIVING; NO LICENSING; NO TV+++ Una scoperta casuale che potrebbe cambiare la storia dell'archeologia: una struttura muraria, di forma ellittica, della lunghezza di 80 metri che farebbe pensare ad un anfiteatro romano destinato forse allo svolgimento di giochi tra gladiatori. E' quanto rinvenuto nelle scorse settimane, l'8 luglio, a Volterra (Pisa), sarebbe il più importante ritrovamento di un anfiteatro romano degli ultimi 100 anni. ANSA/UFFICIO STAMPA

Il tratto di mura ad andamento ellittico scoperto a Volterra nello sterro di Porta Diana

Una struttura muraria, di forma ellittica, della lunghezza di 80 metri, che farebbe pensare ad un anfiteatro. È la scoperta fatta recentemente a Volterra (Pisa) che, se confermata, spiegano gli archeologi della soprintendenza toscana, potrebbe cambiare la storia dell’archeologia volterrana e sarebbe il più importante ritrovamento di un anfiteatro romano negli ultimi 100 anni. I blocchi sono emersi uno dopo l’altro durante i lavori di scavo del consorzio di bonifica, nei pressi di Porta Diana, ad ovest del cimitero comunale di Volterra, e a sud della necropoli etrusca del Portone. Pochi, disposti regolarmente e soprattutto ancora in situ. Fin da subito è stato evidente che si trattava di un tratto di muratura dall’andamento curvilineo. E il pensiero è andato subito all’anfiteatro romano di Volterra, finora mai trovato, come hanno raccontato -nell’annunciare la scoperta – il presidente della Regione Enrico Rossi, il sindaco di Volterra Marco Buselli, il soprintendente ai Beni archeologici della Toscana Andrea Pessina, l’archeologa Elena Sorge e il presidente del Consorzio di bonifica 4 Basso Valdarno .

Il tratto di mura antiche emerso a Volterra: potrebbe essere una parte dell'anfiteatro

Il tratto di mura antiche emerso a Volterra: potrebbe essere una parte dell’anfiteatro

“Dal terreno sono emerse strutture murarie dallo sviluppo lineare di oltre 20 metri. Una prima indagine, condotta sul campo, ne ha riportato in luce pochi filari, messi in opera con la stessa tecnica costruttiva del teatro romano di Volterra e caratterizzati da un andamento spiccatamente curvilineo. Successivamente, lo scavo ha consentito di mettere in evidenza in due saggi, uno a sud e l’altro a nord, ulteriori 20 metri lineari della medesima muratura per un totale di 42 metri, ad andamento curvilineo costante, che orienta verso uno sviluppo ellittico della pianta. Se così fosse si tratterebbe di un edificio pubblico romano di straordinaria rilevanza, probabilmente a carattere ludico, quasi certamente un anfiteatro destinato a giochi gladiatori”.

Dal tratto di mura emerso sono state ipotizzate le dimensioni dei due assi dell'anfiteatro romano

Dal tratto di mura emerso sono state ipotizzate le dimensioni dei due assi dell’anfiteatro romano

Allo stato attuale non è possibile proporre una ricostruzione planimetrica, tuttavia, se l’andamento ad ellisse dovesse essere confermato, avrebbe un asse maggiore intorno agli 80 metri, ed un asse minore di circa 60 metri. Le dimensioni dell’ellisse fanno escludere che si sia ancora individuato il piano dell’Arena, sebbene si possa ipotizzare un anello mediano o superiore, che implicherebbe la necessità di uno scavo, a Volterra, pari solo a quello del teatro romano scoperto negli anni ’50 da Enrico Fiumi.

I filari delle mura riportati alla luce dallo scavo archeologico a Volterra

I filari delle mura riportati alla luce dallo scavo archeologico a Volterra

“Una scoperta archeologica molto importante”, sottolinea il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, “che conferma il ruolo di Volterra anche in epoca romana. Il ritrovamento dei resti di un anfiteatro, di cui si ignorava l’esistenza, avvenuto in maniera casuale nelle scorse settimane, dovrà ora essere approfondito, e andranno finanziati i lavori di scavo. Per questo ho subito cercato il ministro Franceschini, che si è rallegrato e ha chiesto di essere aggiornato, annunciando una visita in loco entro un arco di tempo breve”. E aggiunge: “Un buon periodo questo per la Toscana della cultura, con 18 milioni di rifinanziamento agli Uffizi e 5 milioni destinati al Museo della navi di Pisa (vedi ….). A questo si aggiunge l’impegno della Regione di attribuire 30 milioni di fondi europei allo sviluppo e alla messa in rete dei grandi attrattori museali”. Volterra “si conferma città di grande importanza nel suo passato anche romano e continua ad esserlo oggi per la Toscana e per il mondo. Noi sogniamo una Toscana che è forte della sua storia, del suo passato, ma che vuole stare nella contemporaneità, essere una regione che cresce, si sviluppa, innova. Tenere in equilibrio questi due poli – conclude – è il nostro segreto e il nostro futuro. Credo che ci stiamo riuscendo”.

Al museo Egizio di Firenze lavori in corso in vista dell’XI International Congress of Egyptologists di agosto

Le sale egittizzanti del museo Egizio di Firenze: sono progressivamente riallestite

Le sale egittizzanti del museo Egizio di Firenze: sono progressivamente riallestite

Il museo Egizio si rifà il look in vista del grande appuntamento di agosto, l’11°congresso internazionale degli Egittologi. Da fine aprile le sale dell’Egizio sono progressivamente interessate da un riallestimento che, senza mutare particolarmente il percorso espositivo attuale, consentirà però una migliore fruizione delle opere e degli oggetti esposti. Il riallestimento seguirà infatti i criteri già utilizzati per la sala I, andando a uniformare così l’aspetto delle sale del Museo. Nella prima settimana di lavori, dal 27 al 30 aprile, sono state chiuse le sale II e III. Progressivamente, con l’avanzamento dei lavori, la prima settimana di maggio la sala II è stata riaperta, mentre la sala III restava chiusa insieme alle sale IV-V. A seguire, con la riapertura della sala III, sono state chiuse le sale VI e VII e infine è toccato alla sala VIII, la più delicata e particolare del museo, che espone le mummie e gli oggetti di uso comune in materiale deperibile e che ancora conserva, unica in tutto il museo, le vetrine in stile egittizzante del primo allestimento, di fine ‘800. ll museo Egizio di Firenze – ricordiamolo – è secondo in Italia solo al famoso museo Egizio di Torino e vanta una collezione di oltre 14mila reperti, formatasi soprattutto nel XIX secolo: comprende materiale che va dalla preistoria all’epoca copta, con notevoli raccolte di stele, statue, sarcofagi, ushabti, amuleti, bronzetti, tessuti copti e oggetti di vita quotidiana di varie epoche. Il materiale è esposto con criteri cronologici in 11 sale.

In agosto a Firenze si ritroveranno a congresso i più grandi egittologi del mondo

In agosto a Firenze si ritroveranno a congresso i più grandi egittologi del mondo

I lavori, come si diceva, sono svolti anche in vista dell’XI congresso internazionale di Egittologia che Firenze ospiterà dal 23 al 30 agosto organizzato dalla soprintendenza per l’Archeologia della Toscana e dal museo Egizio con l’università di Firenze e l’associazione culturale Camnes (Center of Ancient Mediterranean and Near Eastern Studies). Firenze è stata scelta come sede di questo appuntamento fondamentale per la ricerca egittologica internazionale al quale partecipano i maggiori esperti del settore, aderenti all’Iae (International Association of Egyptologists). L’evento costituisce il primo incontro dopo una lunga pausa: l’Iae si era riunita infatti l’ultima volta a Rodi nel 2008 al X congresso. Il congresso si svolge in coincidenza con un anno particolare: il 2015 è stato infatti proclamato “Anno della cultura egiziana in Italia” e vedrà lo svolgersi di numerosi eventi in tutto il Paese legati alle maggiori collezioni egizie italiane.

Nella dieta dell’Homo Sapiens anche farina senza glutine. Scoperta a Firenze una macina di 30mila anni fa. La ricerca presentata a Expo 2015. A settembre mostra sulla “dieta preistorica” (quasi mediterranea)

La macina usata dall'Homo Sapiens 30mila anni fa ritrovata a Bilancino nel Mugello, in Toscana

La macina usata dall’Homo Sapiens 30mila anni fa ritrovata a Bilancino nel Mugello, in Toscana

La dieta mediterranea non era stata ancora codificata, ma i nostri antenati dell’età della pietra già andavano sperimentando qualcosa di simile, associando i carboidrati alla tradizionale (e scontata) carne. “La dieta dell’uomo paleolitico, vissuto circa 30mila anni fa, era più sana perché più varia di quanto si conoscesse fino ad oggi”, rivela una ricerca internazionale coordinata dall’Istituto italiano di preistoria e protostoria con sede a Firenze, la più prestigiosa istituzione del nostro Paese in questo campo, promossa dall’assessorato alle Politiche agricole della Regione Toscana e dal ministero per i Beni e le attività culturali e del turismo, e sostenuta da un contributo dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze. L’Homo Sapiens si nutriva infatti non solo in prevalenza di cacciagione (come ritenuto fino ad oggi) ma anche i vegetali costituivano una parte importante della sua alimentazione, in particolare i carboidrati complessi sotto forma di farina, ma senza glutine. È stato dunque un primo passo verso la “dieta mediterranea”. e sta rivoluzionando le conoscenze sulla dieta dell’Homo sapiens che, fatte le dovute proporzioni, stava sicuramente meglio di quanto stiamo noi oggi. La ricerca è stata presentata a Palazzo Strozzi di Firenze nell’ambito delle giornate di approfondimento e di divulgazione collegate a Expo 2015. Hanno introdotto i lavori Maria Bernabò Brea, presidente dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria; Andrea Pessina, soprintendente Archeologo della Toscana; Pierluigi Rossi Ferrini, vice presidente Ente Cassa di Risparmio di Firenze e sono poi intervenuti Biancamaria Aranguren, della soprintendenza Archeologia della Toscana; Anna Revedin, dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria; Giuseppe Rotilio dell’Università di Roma 2. Ha concluso la giornata l’assessore alle Politiche agricole della Regione Toscana.

Così l'Homo Sapiens utilizzava la macina per prodursi la farina

Così l’Homo Sapiens utilizzava la macina per prodursi la farina

La scoperta. “La ricerca”, ha spiegato la sua coordinatrice Anna Revedin, direttore dell’Istituto di preistoria, “è nata dal rinvenimento, durante i lavori per la costruzione della nella zona della diga di Bilancino nel Mugello, di una macina e di un macinello in pietra usati per produrre la più antica farina della storia risalente a 30 mila anni fa, molto prima dell’invenzione dell’agricoltura, utilizzando vegetali selvatici, in particolare i rizomi, cioè le radici, di piante palustri”. Finora si credeva che l’uomo moderno avesse imparato a praticarla 10mila anni fa, ma questa scoperta ha rivelato come proprio i carboidrati complessi sotto forma di farina, ma senza glutine, giocassero un ruolo determinante nella dieta dell’Homo sapiens che già conosceva ed era in grado di trattare le piante più opportune per la sua alimentazione. Essa era infatti a base di carne magra, frutta, verdura, semi (mandorle, noci, nocciole) carboidrati senza glutine e ben si adattava ad una vita fatta di tantissimo movimento.

A settembre una mostra a Firenze sulla dieta preistorica illustrerà i risultati della scoperta di Bilancino

A settembre una mostra a Firenze sulla dieta preistorica illustrerà i risultati della scoperta di Bilancino

Homo Sapiens ed Expo 2015. Gli studi sulla dieta dell’uomo del Paleolitico, in particolare a partire dalla comparsa dell’uomo con caratteristiche morfologiche attuali (circa 40mila anni fa), hanno una doppia valenza, sia per la ricostruzione della Storia dell’evoluzione umana, sia per avere nuovi elementi di comprensione sulle disfunzioni dell’uomo attuale correlabili al cibo ed agli stili di vita dei paesi industrializzati. Si tratta di un argomento molto dibattuto attualmente nel campo della Preistoria e della Paleoantropologia per le nuove metodologie che permettono di avere nuovi dati – testimonianze dirette sulla dieta dell’uomo paleolitico. Questi stessi temi, ha annunciato il vice presidente dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze Pierluigi Rossi Ferrini, saranno al centro di una mostra proposta dall’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria che si terrà a settembre nella sede dell’Ente Cassa in via Bufalini e che prende le mosse dal dibattito promosso da Expo Milano 2015 che ha per tema “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”. L’esposizione illustrerà gli ultimi risultati scientifici sulla dieta preistorica, utili anche a comprendere le attuali problematiche alimentari, e documenterà la storia dello scavo dell’insediamento Preistorico di Bilancino che è stato diretto, con fondi regionali, da Biancamaria Aranguren della soprintendenza Archeologica della Toscana.

Mostra kolossal a Firenze. “Potere e pathos. Bronzi del mondo ellenistico”: capolavori per la prima volta insieme. Poi andranno a Los Angeles e Washington

Statua equestre in bronzo di Alessandro Magno dal museo Archeologico di Napoli

Statua equestre in bronzo di Alessandro Magno dal museo Archeologico di Napoli

La mostra "Potere e pathos" a Palazzo Strozzi di Firenze dal 14 marzo al 21 giugno

La mostra “Potere e pathos” a Palazzo Strozzi di Firenze dal 14 marzo al 21 giugno

Una mostra unica e irripetibile: si potranno vedere affiancati l’Apoxyomenos di Vienna in bronzo e la versione in marmo degli Uffizi utilizzata per il suo restauro; due Erme di Dioniso, una proveniente da Tunisi (firmata dallo scultore del II secolo a.C. Boeto di Calcedonia), l’altra dal J. Paul Getty Museum di Malibu; i due Apollo-Kouroi, arcaistici conservati al Louvre e a Pompei.  Ma anche la Minerva di Arezzo o la testa in bronzo di cavallo Medici-Ricciardi, o il Satiro danzante di Mazara del Vallo. Sono più di cinquanta i capolavori in bronzo, che dal 14 marzo al 21 giugno saranno esposti a Palazzo Strozzi di Firenze alla mostra-colossal “Potere e pathos. Bronzi del mondo ellenistico”, che racconta gli straordinari sviluppi artistici dell’età ellenistica (IV-I secolo a.C.), periodo in cui, in tutto il bacino del Mediterraneo e oltre, si affermarono nuove forme espressive che, insieme a un grande sviluppo delle tecniche, rappresentano la prima forma di globalizzazione di linguaggi artistici del mondo allora conosciuto. L’utilizzo del bronzo, grazie alle sue qualità specifiche, permise di raggiungere livelli inediti di dinamismo nelle statue a figura intera e di naturalismo nei ritratti, in cui l’espressione psicologica divenne un marchio stilistico. Così, in un clima di cosmopolitismo, l’arte si internazionalizzava. Questa di Palazzo Strozzi a Firenze sarà la prima sede della grande mostra concepita e realizzata in collaborazione con il J. Paul Getty Museum di Los Angeles, la National Gallery of Art di Washington e la soprintendenza per i Beni archeologici della Toscana. Dopo la tappa fiorentina l’esposizione si sposterà al J. Paul Getty Museum di Los Angeles dal 28 luglio al 1° novembre 2015 per poi concludersi alla National Gallery of Art di Washington, dal 6 dicembre 2015 al 13 marzo 2016.

Il Satiro danzante di Mazara del Vallo

Il Satiro danzante di Mazara del Vallo

Curata da Jens Daehner e Kenneth Lapatin, del J. Paul Getty Museum di Los Angeles, la mostra offrirà una panoramica del mondo ellenistico attraverso il contesto storico, geografico e politico. Lo sterminato impero ellenistico fondato da Alessandro Magno si estendeva dalla Grecia e dai confini dell’Etiopia all’Indo e comprendeva la Mesopotamia, la Persia, l’Egitto: la straordinaria produzione artistica, letteraria e filosofica ebbe così un vastissimo bacino di circolazione. Statue monumentali di divinità, atleti ed eroi saranno affiancate a ritratti di personaggi storici e a sculture di marmo e di pietra, in un percorso che condurrà il visitatore alla scoperta delle affascinanti storie dei ritrovamenti di questi capolavori, la maggior parte dei quali avvenuti in mare (Mediterraneo, Mar Nero), oppure attraverso scavi archeologici, che pongono i reperti in relazione ad antichi contesti. Dai Santuari, dove venivano utilizzati come «voti», agli Spazi pubblici, dove commemoravano persone ed eventi, alle Case, dove fungevano da elementi decorativi e ai Cimiteri, dove rappresentavano simboli funerari.

La Minerva di Arezzo dal museo Archeologico di Firenze

La Minerva di Arezzo dal museo Archeologico di Firenze

“Queste importanti collaborazioni confermano la reputazione di eccellenza a livello internazionale di Palazzo Strozzi”, sottolinea orgoglioso il soprintendente ai Beni archeologici della Toscana, Andrea Pessina. La rassegna vedrà infatti riuniti, per la prima volta a Firenze, alcuni tra i maggiori capolavori del mondo antico, provenienti dai più importanti musei archeologici italiani e internazionali come il museo Archeologico nazionale di Firenze, il museo nacional del Prado di Madrid, il museo Archeologico nazionale di Napoli, il British Museum di Londra, il Metropolitan Museum of Art di New York, la Galleria degli Uffizi di Firenze, il museo Archeologico nazionale di Atene, il museo Archeologico di Herakleion (Creta), il Kunsthistorisches Museum di Vienna, il museo Archeologico di Salonicco, il Musée du Louvre di Parigi, i Musei Vaticani, i Musei Capitolini di Roma.

2015, anno dell’archeologia in Toscana: a Tourisma il soprintendente Pessina anticipa il ricco programma di eventi

Lo stand della Toscana negli spazi espositivi di Tourisma (foto Valerio Ricciardi, Roma)

Lo stand della Toscana negli spazi espositivi di Tourisma (foto Valerio Ricciardi, Roma)

2015 anno dell'Archeologia in Toscana

“Venite a scoprire l’archeologia in Toscana”. L’invito lanciato da Andrea Pessina, soprintendente per i Beni archeologici della Toscana, dal palco di Tourisma, il primo salone internazionale dell’archeologia promosso a Firenze dalla rivista Archeologia Viva dal 20 al 22 febbraio, quest’anno ha una valenza particolare. Sì, perché il 2015 è “l’anno dell’archeologia in Toscana”: un anno speciale, dunque, ricco di iniziative che si intrecciano – come vedremo – anche con altri anniversari come “l’anno dell’Egitto in Italia” e il 150° di Firenze capitale. “Il 2015 sarà un anno di grandi eventi di altissima qualità”, ribadisce Pessina presentando il programma di massima della stagione, di cui archeologiavocidalpassato darà ampio conto nelle prossime settimane. Intanto vediamo il programma di massima.

La Minerva di Arezzo conservata al museo Archeologico di Firenze

La Minerva di Arezzo conservata al museo Archeologico di Firenze

Si inizia con due grandi mostre dedicate alla bronzistica nel mondo antico in generale e della Grecia in particolare. La mostra “Potere e pathos. Bronzi nel mondo ellenistico” apre il 14 marzo a Palazzo Strozzi di Firenze dove si potrà visitare fino al 21 giugno. Attraverso l’esposizione di eccezionali esempi di sculture in bronzo di grandi dimensioni provenienti dai più importanti musei archeologici italiani e stranieri, il visitatore potrà seguire lo sviluppo dell’arte dell’età Ellenistica, diffusa in tutto il Mediterraneo e oltre tra il IV e il I sec. a.C. “Ci saranno 50-60 capolavori che non si sono mai visti insieme, e che difficilmente li si potranno vedere in futuro”, spiega il soprintendente. “Il museo Archeologico di Firenze è uno dei grandi prestatori di bronzi. Ci sarà anche il famoso cavallo Medici-Ricciardi, che fu già di Lorenzo il Magnifico, un capolavoro che in questi giorni è ancora in restauro, aperto alla vista del pubblico”. Una settimana dopo, il 20 marzo (e sempre fino al 21 giugno), ma stavolta al museo Archeologico nazionale di Firenze, apre la mostra “Piccoli grandi bronzi. Capolavori greci, etruschi e romani”: “Sarà l’occasione per presentare parte della collezione di statuette bronzee raccolte in circa tre secoli dalle dinastie dei Medici e dei Lorena”, continua Pessina. In tutto 170 reperti che costituiscono un affascinante percorso artistico, mitologico e iconografico.

Il manifesto dell'XI congresso di Egittologia

Il manifesto dell’XI congresso di Egittologia

In agosto sarà il turno dell’Egitto e, quindi, del museo Egizio di Firenze, un’altra eccellenza della città gigliata, seconda per qualità delle collezioni (circa 15mila oggetti conservati) solo all’Egizio di Torino. Dal 23 al 30 agosto il museo Egizio (archeologico) di Firenze ospita l’11° congresso internazionale di Egittologia, promosso dalla soprintendenza ai beni archeologici della Toscana e dal museo Egizio di Firenze con l’università di Firenze e l’associazione Camnes (Center for Ancient Mediterranean and Near Eastern Studies). Un vero successo per Firenze e l’Egittologia italiana se pensiamo che l’ultimo congresso, cioè il 10°, si è tenuto nel lontano 2008. E sempre quest’estate torna un appuntamento di successo “Le notti dell’archeologia”, giunto alla XV edizione. Anche quest’anno parteciperanno all’iniziativa sia i musei e le raccolte che espongono una collezione archeologica, assieme ai parchi e alle aree archeologiche, sia quei musei che, pur non archeologici, intendono valorizzare e promuovere il patrimonio archeologico del proprio territorio, organizzando attività ed esposizioni destinate a diffondere l’interesse per il più lontano passato. “La costante ricerca di occasioni di divulgazione e diffusione dell’attenzione attorno al patrimonio archeologico”, spiegano in Regione, “è un fiore all’occhiello delle strutture espositive e di accoglienza toscane, che hanno saputo fidelizzare un pubblico che ha imparato, proprio con le “Notti dell’Archeologia”, come le tracce delle civiltà antiche siano le fondamenta dell’identità locale odierna, le nostre radici condivise; un patrimonio che è la più concreta e tangibile testimonianza della cultura dell’uomo, fatta non solo di capolavori unici, ma anche di piccoli oggetti apparentemente banali o di uso comune nella quotidianità, dietro ai quali si celano i sogni, le paure, le speranze di vita, il benessere ed il disagio sociale di ogni tempo, in infiniti racconti di esistenze diverse”.

Andrea Pessina, soprintendente ai Beni archeologici della Toscana (foto Valerio Ricciardi, Roma)

Andrea Pessina, soprintendente ai Beni archeologici della Toscana (foto Valerio Ricciardi, Roma)

L'area archeologica dell'etrusca Roselle

L’area archeologica dell’etrusca Roselle

Intanto per chi vuole organizzarsi un viaggio/vacanza alla scoperta dei tesori archeologici della Toscana, la soprintendenza ha preparato una nuova guida archeologica che è al tempo stesso una rilettura con gli occhi dei viaggiatori del III millennio delle emozioni provate due – tre secoli fa dai pionieri del Grand Tour e un vademecum di itinerari per le strade della Toscana illustrati con le straordinarie foto dall’alto (palloni aerostatici, aquiloni) di Paolo Nannini, fotografo specializzato della stessa soprintendenza toscana. La guida “Sulle strade del Grand Tour. Itinerari archeologici in Toscana”, anticipata da Pessina nella sua introduzione a Tourisma, è stata presentata in anteprima all’XI incontro nazionale di Archeologia Viva.

Il Cortile dei Fiorentini all'inizio del Novecento

Il Cortile dei Fiorentini all’inizio del Novecento

E così arriviamo a settembre con altri due appuntamenti da non perdere. Il primo è intimamente fiorentino. Il soprintendente Pessina l’ha definito come “archeologia per il 150° di Firenze capitale”. Si tratta del restauro e riallestimento – e quindi della riapertura al pubblico – del cosiddetto “Cortile dei Fiorentini”, lo spazio verde del Palazzo della Crocetta, che oggi ospita il museo Archeologico di Firenze, che accolse il materiale archeologico rinvenuto durante i lavori di risistemazione urbanistica di Firenze capitale. Grazie al materiale d’archivio della soprintendenza è stato possibile riconoscere quei reperti e valorizzarli.

L'arte precolombiana sarà protagonista nella mostra "Il mondo che non c'era" promossa dal Centro studi e ricerche Ligabue di Venezia

L’arte precolombiana sarà protagonista nella mostra “Il mondo che non c’era” promossa dal Centro studi e ricerche Ligabue di Venezia

L’ultimo evento anticipato da Pessina non solo ha una valenza intrinseca indiscussa, ma inaugura una collaborazione, che tutti si augurano porterà risultati positivi, tra la soprintendenza per i Beni archeologici della Toscana e il Centro studi e ricerche Ligabue di Venezia. La mostra “Il mondo che non c’era. L’arte precolombiana della collezione Ligabue” è prevista al museo Archeologico di Firenze tra settembre 2015 e febbraio 2016. Vita, costumi e cosmogonie delle culture del Centro e Sud America prima di Colombo verranno raccontate attraverso oltre 150 opere d’arte della collezione Ligabue e di importanti musei nazionali e privati. “La mostra Il mondo che non c’era narra di quella parte dell’umanità che apparirà all’Europa solo dopo i viaggi di Colombo e degli altri navigatori ed esploratori”, anticipa a Firenze Inti Ligabue, che ha raccolto l’eredità del padre Giancarlo scomparso recentemente. “Se Spagna e Portogallo sono i due paesi europei che hanno svolto un ruolo centrale nella scoperta e la conquista delle Americhe, anche l’Italia ha giocato un ruolo chiave in questo evento considerato senza dubbio il più importante nella storia dell’umanità, come ha avuto modo di considerare Claude Lévi-Strauss”. La mostra sarà curata da Jaques Blazy, esperto internazionale di arte precolombiana, che ha aiutato a costruire le più importanti collezioni al ondo di musei e privati. “Colgo l’occasione per ringraziarlo: egli mi ha personalmente guidato in musei e gallerie e mi ha fatto conoscere altri collezionisti che condividono la passione verso queste antiche civiltà”. Andrè Delpuech, curatore del patrimonio delle Collezioni Americane al Museo del Quai Branly di Parigi, è invece presidente del comitato scientifico della mostra e riporta tutta la sua vastissima esperienza nel campo con un importante studio sul ruolo del mecenatismo nelle collezioni europee. Il coordinamento sarà assicurato dal Centro Studi e Ricerche Ligabue, nato nel 1973, che ha all’attivo più di 135 spedizioni archeo-paleo ed etnografiche possiede un archivio con oltre 80 mila tra documenti, video e foto. “Mi auguro dunque che questa mostra – conclude Inti –  possa fornire una fresca prospettiva sull’arte dell’antico mondo precolombiano e che la fascinazione verso queste antiche e importanti civiltà possa trovare un numero sempre maggiore di appassionati”.

A tu per tu con il calesse della principessa etrusca di 2600 anni fa: presentato al museo di Murlo (Siena) il restauro del prezioso reperto trovato nella Tomba A del Poggione

La ricostruzione del calesse della principessa della tomba A del Poggione

La ricostruzione del calesse della principessa della tomba A del Poggione

Il restauro del calesse della principessa nel laboratorio del museo Archeologico di Murlo

Il restauro del calesse della principessa nel laboratorio del museo Archeologico di Murlo

A tu per tu con il calesse della principessa di 2600 anni fa. L’onore e l’emozione di poter osservare da vicino questo prezioso reperto etrusco è capitato ai fortunati che sabato 7 febbraio hanno risposto all’iniziativa “Laboratorio aperto” lanciata dal museo Archeologico di Murlo nel Senese per raccontare lo stato di avanzamento dell’intervento di restauro del carro in ferro e bronzo che proviene da una tomba a camera della fine del VII secolo a. C. in località Poggione (Castelnuovo Berardenga). La sepoltura fu scavata all’inizio degli anni Ottanta, e oggi appartiene alla collezione archeologica del museo di Palazzo Corboli di Asciano, una delle sedi espositive più prestigiose del territorio senese. Il gabinetto specializzato di restauro di Murlo, annesso al museo Archeologico, è uno spazio funzionale unico che, insieme al Centro di Restauro di Chianciano Terme, costituisce un punto di riferimento per la conservazione del patrimonio archeologico delle Terre di Siena. L’intervento di restauro del “calesse della principessa” è realizzato da Fondazione Musei Senesi grazie al contributo del Comune di Asciano e della Fondazione Monte dei Paschi di Siena, e alla collaborazione della soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana e del Comune di Murlo, che ospita il carro in questa fase di restauro.

La fase del restauro del calesse della principessa nel laboratorio del museo Archeologico di Murlo

La fase del restauro del calesse della principessa nel laboratorio del museo Archeologico di Murlo

Frammento di un vaso decorato proveniente dal corredo della Tomba A del Poggione

Frammento di un vaso decorato proveniente dal corredo della Tomba A del Poggione

La tomba principesca del Poggione (denominata “Tomba A”) fu scavata tra il 1980 e il 1984 dalla dott.ssa Mangani della soprintendenza per i Beni archeologici della Toscana (dopo varie segnalazioni fatte nel corso degli anni Settanta circa la presenza in questa zona di reperti e strutture archeologiche): è una tomba a camera di età orientalizzante realizzata con lastre di travertino di Rapolano che costituivano sia le pareti che la pavimentazione. conteneva la deposizione di un uomo e di una ragazza con i loro ricchi corredi, attualmente esposti nel museo di Asciano. Gli oggetti che accompagnavano i defunti caratterizzavano il loro status: armi, scudi, gratelle per cucinare la selvaggina, coltelli, delicatissimi vasi potori per lui; oggetti d’avorio, come una pisside e un pettine per lei, molti  rocchetti da usare per la filatura, fibule e altri monili preziosi. Dalla stessa tomba proviene anche il calesse presentato a Murlo, di cui restano moltissimi frammenti in ferro e in bronzo, che dovevano decorare la struttura lignea. “La deposizione di carri e calessi nelle tombe di età orientalizzante e arcaica nelle tombe dell’Italia centrale (non solo Etruria, ma anche Latium Vetus, agro falisco, Sabinia, Umbria e ambito Piceno) dimostra un forte legame con le ideologie delle aristocrazie gentilizie”, afferma Silvia Goggioli, funzionario della  soprintendenza per i Beni archeologici della Toscana e direttrice del restauro con Giovanni Roncaglia e Franco Cecchi. “I carri ritrovati in tombe etrusche e italiche ad oggi, infatti, sono circa 280 – fra questi anche il carro di Montecalvario, esposto al museo Archeologico di Castellina in Chianti, altro museo del circuito senese, e recentemente restaurato. I calessi, o carpentum, in particolare in Etruria, presentano due ruote e sono guidati ad andatura lenta, stando seduti, con un baldacchino sulla cassa e un tiro a due, di asini o cavalli. La loro deposizione nelle tombe si associa per lo più alle sepolture di donne di alto lignaggio e ricorre nelle tombe a camera fin dall’ultimo quarto dell’VIII secolo a.C.”.

Frammenti della struttura in bronzo del calesse della principessa della tomba A

Frammenti della struttura in bronzo del calesse della principessa della tomba A

Le raffigurazioni etrusche mostrano il carro impiegato in cerimonie nuziali, anche se si presume che doveva essere usato anche in altre occasioni della vita quotidiana. Proprio nel museo di Murlo, che conserva i resti del palazzo arcaico di Poggio Civitate – un rarissimo esempio di città viva e non di necropoli etrusca – è conservata una lastra a bassorilievo, in terracotta, che illustra un calesse con alcuni servi che coprono la coppia con un ombrellino, secondo un’iconografia che si ritrova anche nel rilievo achemenide del lontano palazzo di Serse a Persepoli. Non dimentichiamo che ancora oggi, nei matrimoni indiani, l’elegante sposa arriva sul luogo della cerimonia su un calessino, con il capo coperto da un velo e i servi che la proteggono dal sole con un ombrello.

Una sala del museo Archeologico di Murlo nel Senese

Una sala del museo Archeologico di Murlo nel Senese

Il progetto scientifico, elaborato dalla soprintendenza ai Beni archeologici della Toscana, si è avvalso del contributo degli architetti senesi Claudio Mancianti e Massimo Marini e delle restauratrici Adria Coscia e Mara  Cavallaro. Un intervento complesso che, partendo dalla miriade di frammenti rinvenuti, ha richiesto un lungo e attento studio preliminare per distinguere, in base al degrado, i vari materiali e le funzioni delle diverse parti (decorative o strutturali). L’ipotesi ricostruttiva ha consentito, grazie al confronto con esempi simili e storicizzati, di raccogliere molte inedite informazioni sul reperto, che verrà ricomposto su un modello in scala 1:1 sulla base dei dati tecnici rilevati e che, a intervento concluso, permetterà un riallestimento ad hoc nel museo di Asciano.

Dagli etruschi ai romani, dal Medioevo ai giorni nostri: tremila anni di storia nel “museo” inaugurato nell’atrio del nuovo ospedale di Lucca con i reperti recuperati dal cantiere

Il nuovo ospedale San Luca di Lucca dove è stato aperto un percorso museale archeologico

Il nuovo ospedale San Luca di Lucca dove è stato aperto un percorso museale archeologico

La mostra "Emersioni" che nel 2011 presentò per la prima volta i reperti dal cantiere del San Luca

La mostra “Emersioni” che nel 2011 presentò per la prima volta i reperti dal cantiere del San Luca

A Lucca entri in ospedale e fai un viaggio all’indietro nel tempo di tremila anni. L’archeologia, gli antenati della Lucchesia, fanno infatti capolino nel nuovo percorso museale nella hall del nuovo ospedale San Luca di Lucca, ultima prestigiosa tappa di una collaborazione virtuosa tra Regione Toscana, Azienda sanitaria 2, soprintendenza ai Beni archeologici iniziata molti anni fa quando si decise di realizzare un nuovo polo sanitario nel quartiere Arancio-San Filippo. Proprio gli scavi preliminari per la realizzazione del San Luca hanno infatti permesso di ritrovare materiali preziosi, che testimoniano la storia del territorio dall’antichità ad oggi, e che ora si possono ammirare nelle nuove teche di vetro al piano terreno dell’ospedale, per un’esposizione permanente almeno di una piccola parte di quanto ritrovato. Regista di questa singolare iniziativa culturale è stato Giulio Ciampoltrini della soprintendenza di Lucca, certo coadiuvato non poco dal sostegno organizzativo dell’Asl 2, col direttore generale Joseph Polimeni, e dal supporto economico della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca. “Qui al San Luca non ci facciamo mancare proprio nulla”, sorride soddisfatto Polimeni all’inaugurazione del “museo”, “ed è davvero bello che pazienti e visitatori possano usufruire di un percorso di questo genere, che richiama alle radici dei lucchesi. I resti sono romani, greci ed etruschi: l’area dell’Arancio-San Filippo può adesso ammirare le proprie origini”. E ricorda: “Gli scavi archeologici che hanno accompagnato la costruzione dell’ospedale erano già stati raccontati nell’apprezzata mostra Emersioni, allestita nel mese di novembre del 2011 nella Casermetta del Museo Nazionale di Villa Guinigi a Lucca. Il progetto di musealizzazione viene adesso completato e presentato alla cittadinanza. Questo percorso rappresenta un esempio virtuoso di come l’impegno condiviso di più soggetti, pubblici e privati, si possa trasformare in una duratura acquisizione per la cultura”. Il percorso è illustrato da cartelli esplicativi dei reperti presentati. Decisivo l’aiuto economico della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca: “La Lucchesia è da sempre terra ricca di storia e tradizioni, che tutti noi abbiamo il dovere di tramandare alle generazioni future. Per questo il nostro intervento, seppure in un periodo di complessità per le fondazioni dovuto a riforme legislative, era inevitabile”.

Lo scavo archeologico è andato avanti di pari passo col cantiere del nuovo ospedale di Lucca

Lo scavo archeologico è andato avanti di pari passo col cantiere del nuovo ospedale di Lucca

L'archeologo Giulio Ciampoltrini

L’archeologo Giulio Ciampoltrini

Il cantiere del nuovo ospedale si è sviluppato – lo si è capito subito – su un’area che in antico era occupata da una “mansio”, cioè una stazione di sosta e cambio dei cavalli dove i viaggiatori si fermavano per approvvigionarsi e riposare la notte. Ciampoltrini, direttore scientifico degli scavi, sottolinea la complessità dell’operazione: “Le ricerche sono partite da lontano, nel 2005, con gli accordi di programma tra Regione Toscana e ministero dei Beni culturali per la costruzione dei quattro nuovi poli ospedalieri nella Toscana settentrionale e, poi, con l’applicazione in via sperimentale di una archeologia di tutela. Molti dei reperti sono testimonianze uniche, che ci raccontano moltissimo dei nostri antenati e di quello che si faceva in questo luogo”. Proprio l’archeologo, oltre a curare l’esposizione nell’atrio del San Luca, ha realizzato insieme ai suoi collaboratori una pubblicazione che descrive i rapidi mutamenti che caratterizzano l’area di Arancio-San Filippo attraverso 10 storie di grande fascino e suggestione: “La storia che hanno raccontato anni di scavo, dal 2009 al 2012, nel cantiere dell’ospedale San Luca e poi nei depositi e nei laboratori, è ben sintetizzata dal termine anamorfosi, che in zoologia indica una trasformazione repentina e nella pittura l’effetto ottico che rende leggibili le immagini solo da una particolare angolazione. Sono infatti emerse vicende di mutamenti di paesaggi e di insediamenti, dapprima in un ambiente dominato dai fiumi, poi dalle strade che ne determinano il complesso rapporto con un polo urbano così vicino”.

La presentazione del percorso museale archeologico nell'atrio del San Luca

La presentazione del percorso museale archeologico nell’atrio del San Luca

“A dimostrazione che la realtà è più variegata di quanto possa immaginare la fantasia dell’archeologo, gli scavi e alcune fotografie satellitari hanno rivelato un complesso intreccio di stratificazioni e di strutture sepolto sotto il paesaggio di Arancio-San Filippo”, sostiene Ciampoltrini, “e l’esame minuzioso dei reperti, da parte degli studiosi della Cooperativa Archeologia, ha permesso di disegnare una mappa straordinariamente più affascinante ed inquietante di quella che le valutazioni formulate sulla scorta dei dati inizialmente acquisiti potevano far immaginare”. Sono stati evidenziati un sepolcreto dell’VIII secolo a.C., un insediamento arcaico del 600-550 a.C., un abitato del III secolo a.C., una mansio d’età romana, un lacus vinarius ancora d’età romana, altre forme di insediamento della tarda antichità, un edificio medievale nel paesaggio della ‘Casa degli Aranci’, ceramiche contadine risalenti a fine Ottocento-inizio Novecento e una discarica del malato degli anni 1920-’30 del secolo scorso. “Questo è un’altra testimonianza di quanto profonde siano le radici di Lucca”, conclude il vicesindaco Ilaria Vietina, “con questa struttura la cultura si fonde ad un complesso innovativo e diventa momento di interesse e svago per pazienti e visitatori. Spesso servono tempi lunghi per realizzare progetti del genere, ma poi i risultati si vedono”.

Svelati per la prima volta il vomitorium e l’ambulacro circolare con l’inaugurazione del foyer del teatro romano sotto Palazzo Vecchio a Firenze

Sotto Palazzo Vecchio a Firenze è stato inaugurato il foyer del teatro romano con ricostruzioni in video della Florentia romana

Sotto Palazzo Vecchio a Firenze è stato inaugurato il foyer del teatro romano con ricostruzioni in video della Florentia romana

Bastano tre metri, quelli che si possono fare da piazza della Signoria al sottosuolo di Firenze, per fare un salto di 1800 anni, in un affascinante viaggio all’indietro nel tempo. Ieri, a Firenze, in chiusura del 3° Forum Mondiale dell’Unesco sulla Cultura e l’Industria culturale, è stato inaugurato in anteprima mondiale  il foyer del Teatro Romano sotto Palazzo Vecchio, alla presenza del direttore generale UNESCO, Irina Bokova, del sindaco di Firenze, Dario Nardella e del soprintendente per i Beni Archeologici della Toscana, Andrea Pessina. Quello che è stato svelato, e che sarà visitabile dal pubblico nei prossimi giorni con visite guidate su prenotazione,  è l’ultima delle quattro porte che si affacciano sul cortile della Dogana dell’edificio simbolo della fiorentinità. La visita si è aperta passando attraverso la nuova scala che collega questa piazza urbana coperta con l’area archeologica.

Uno dei passaggi aperti per accedere al teatro romano del II secolo d.C. sotto Palazzo Vecchio

Uno dei passaggi aperti per accedere al teatro romano del II secolo d.C. sotto Palazzo Vecchio

La planimetria con i muri radiali del teatro romano scavato dalla Cooperativa Archeologia di Firenze

La planimetria con i muri radiali del teatro romano scavato dalla Cooperativa Archeologia di Firenze

Nel 2010 si era concluso lo scavo archeologico nei sotterranei di Palazzo Vecchio, che ha riportato alla luce i resti di alcune parti del teatro romano di Florentia. Lo scavo è stato condotto dalla Cooperativa Archeologia sotto la direzione scientifica della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana. Fra i resti dell’antico teatro romano, databili fra I e II sec. d.C., sono riemersi alcuni tratti delle burelle, cioè i corridoi radiali in muratura sui quali era impostata la cavea a semicerchio; particolarmente suggestivo è il vomitorium, il corridoio centrale grazie al quale si accedeva all’interno del teatro. È stato rinvenuto anche il margine interno della piattaforma dell’orchestra, che nel teatro romano non ospitava il coro come in quello greco, ma era riservata alle autorità. I ritrovamenti non si arrestano all’età imperiale, ma attestano anche le successive stratificazioni. Sui resti romani si sovrappongono, infatti, strutture di epoca medievale (XII-XIV sec.) come pozzi, fondamenta di abitazioni e altri edifici. Tra questi è stato individuato un fronte stradale con portali medievali e relativo selciato, inglobato nel Cinquecento dall’ampliamento di Palazzo della Signoria verso via dei Gondi e via de’ Leoni. Le numerose stratificazioni testimoniano l’uso pressoché ininterrotto di questa porzione della città che, con alterne vicende, ha rivestito una funzione di alta rappresentanza istituzionale dall’epoca della fondazione romana fino alla costruzione di Palazzo Vecchio.

La planimetria del teatro romano di Florentia al di sotto di Palazzo Vecchio e piazza della Signoria

La planimetria del teatro romano di Florentia al di sotto di Palazzo Vecchio e piazza della Signoria

Posto nel quadrilatero fiorentino e tra i patrimoni mondiali Unesco, Palazzo Vecchio racchiude infatti circa duemila anni di storia, offrendo una rilettura sociale e politica della città, dal teatro romano al periodo medievale, rinascimentale fino alla contemporaneità. Nell’area in cui sorge il Palazzo e nell’antistante piazza della Signoria, si concentrano testimonianze che vanno dal periodo di fondazione della città romana di Florentia, impiantata tra il 30 e il 15 a.C., fino agli interventi attuali. Il teatro, in grado di contenere circa 5mila spettatori, si trovava sotto gli attuali palazzo Vecchio e palazzo Gondi, con la cavea rivolta verso piazza della Signoria e la scena lungo piazza San Firenze e via dei Leoni. Era questo il nucleo dei servizi pubblici della città romana, con i bagni, le terme e il teatro. Scendendo i gradini, si può apprezzare la muratura romana del “Vomitorium”, il percorso principale di accesso alla scena del teatro, che era utilizzato a fine spettacolo per il deflusso del pubblico; le volte più recenti che sostengono il pilastro su cui poggia l’udienza del Salone del Cinquecento, sono quasi un monito che ricordano che il simbolo del potere cittadino posa e si regge sullo spazio pubblico romano. Le passerelle portano poi all’interno del Vomitorium: da qui si può ammirare la prima traccia dell’ambulacro circolare del teatro, il corridorio circolare che serviva da ingresso dal suolo pubblico, che si snoda sotto il cortile della Dogana. In un futuro prossimo, si immagina qui il vero ingresso al Museo di Palazzo, magari con un’architettura simbolica completamente in vetro. Percorrendo la passerella, si può osservare inoltre sia il pavimento romano, sia l’ammattonato successivo, riconducibile già al tardo medioevo, quando le ”burella” medievali furono recuperate come prigioni cittadine.

Le imponenti strutture del complesso teatrale del II secolo d.C. sotto Palazzo Vecchio

Le imponenti strutture del complesso teatrale del II secolo d.C. sotto Palazzo Vecchio

Si passa poi attraverso l’arcone in muratura poggiato dall’architetto Simone del Pollaiolo, detto Il Cronaca, sui muri del teatro per realizzare la parete est del Salone dei Cinquecento (quella di Leonardo e di Vasari): le diverse qualità della tessitura muraria permettono il confronto tra gli esperti costruttori della colonia romana e quelli della repubblica fiorentina. Dal varco, camminando sopra i gradini in cotto ed il lastrico rinvenuti nello scavo, si entra così in via di Bellanda, strada medievale della fase delle case torri (XII-XIII secolo) e, attraverso questa, nel medioevo fiorentino. La passerella conduce poi i visitatori nella prima vera sala in cui è anticipata l’idea dell’allestimento definitivo: in basso si può apprezzare la stratificazione archeologica che narra l’evoluzione, nel tempo, della città, dalle burella del teatro romano alle vie del Medioevo fino ad oggi. Infine, sullo sfondo della passeggiata, prima di uscire, la visita prevede una sosta per ammirare quattro statue romane, provvisoriamente rimosse dalla parete nord del Salone dei Cinquecento per i restauri, restituite al proprio tempo.

Un suggestivo passaggio all'interno della visita guidata al teatro romano di Firenze

Un suggestivo passaggio all’interno della visita guidata al teatro romano di Firenze

Cooperativa Archeologia, che sta realizzando gli scavi del Teatro Romano e l’allestimento del foyer del teatro, per conto del Comune di Firenze e con la direzione scientifica della soprintendenza ai Beni archeologici della Toscana, ha corredato la visita di alcuni apparati video, che saranno proiettati sulle mura del teatro e illustreranno la storia del Palazzo e del teatro. I video, progettati e realizzati appositamente per quest’area archeologica dal gruppo creativo Cameranebbia di Milano, vengono proiettati sia sulle mura del Vomitorium che nel punto in cui è stata ritrovata via di Bellanda. Il primo, sulla parte romana, fa rivivere il corteo degli spettatori della Florentia del secondo secolo d.c. che si apprestavano ad entrare in teatro, giocando su sagome e ombre rielaborate; il secondo, sulla parte medievale, rappresenta un’elaborazione computerizzata e animata di un affresco di Giotto, una suggestione di un’architettura dell’epoca, giocata sulle geometrie e sui giochi di luci e ombre. Entrambi sono accompagnati da una sonorizzazione che ne ha aumentato la suggestione.

Fiesole e i Longobardi: una mostra a Fiesole per il centenario del museo Archeologico con reperti inediti e molti eventi collaterali. Ricostruite le tombe del guerriero e della bambina

I calici in vetro soffiato esposti al museo Archeologico di Fiesole nella mostra "Fiesole e i longobardi"

I calici in vetro soffiato esposti al museo Archeologico di Fiesole nella mostra “Fiesole e i longobardi”

Il museo Archeologico di Fiesole compie cento anni

Il museo Archeologico di Fiesole compie cento anni

Una mostra sui Longobardi festeggia il centenario del museo civico Archeologico di Fiesole, con l’esposizione del nucleo dei reperti longobardi rinvenuti a Fiesole e nelle campagne di scavo condotte dalla soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana nell’area Garibaldi. Ecco fibule, aghi crinali, raffinati manufatti in vetro, gioielli, ma soprattutto armi: spade, cupidi di lance, coltelli e punte di freccia. E poi ornamenti di cinture, vasellame e utensili vari. Questi i reperti, in buona parte mai esposti al pubblico, della mostra “Fiesole e i Longobardi”, fino al 31 ottobre 2014 nelle sale del museo Archeologico di Fiesole. La mostra è organizzata dall’Unione di Comuni Fiesole-Vaglia e dalla soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana che, in occasione dei cento anni del museo civico Archeologico, che cadono quest’anno, grazie anche al sostegno del Rotary Club Fiesole, hanno realizzato un nuovo allestimento della sezione altomedievale del museo. È stato così possibile riportare a Fiesole, ed esporre riunito per la prima volta in un’unica sede, tutto il patrimonio dei reperti longobardi rinvenuti sul territorio.

L'Area Garibaldi a Fiesole dove è stato scoperto un sito longobardo

L’Area Garibaldi a Fiesole dove è stato scoperto un sito longobardo

Il prezioso umbone di scudo esposto a Fiesole

Il prezioso umbone di scudo esposto a Fiesole

L’itinerario della mostra, curato dal conservatore dei Musei di Fiesole, Marco De Marco, e da Giuseppina Carlotta Cianferoni, funzionario della soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, presenta una sessantina di reperti databili fra gli ultimi decenni del VI e tutto il VII secolo, che sono stati rinvenuti in contesti di sepolture, le cui prime scoperte risalgono alla fine dell’Ottocento. Fra questi ci sono le crocette, esempio di tecnica orafa, i raffinati calici in vetro soffiato e l’umbone di scudo riccamente decorato. La ricchezza dei corredi recuperati ha fatto pensare che quest’area fosse destinata alle sepolture del gruppo dominante. Le indagini condotte sul campo dagli archeologi, e coordinate nei vari anni dalle funzionarie della soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana Anna Rastrelli, Giuliana Guidoni, Giuseppina Carlotta Cianferoni, sono state affiancate dalle ricerche dell’antropologa Elsa Pacciani che, con la sua equipe, ha effettuato uno studio approfondito sui resti ossei.

Una tomba longobarda scoperta a Fiesole e ricostruita nella mostra al museo Archeologico

Una tomba longobarda scoperta a Fiesole e ricostruita nella mostra al museo Archeologico

L'allestimento delle tombe longobarde ricostruite in mostra a Fiesole

L’allestimento delle tombe longobarde ricostruite in mostra

Di particolare suggestione sono poi le ricostruzioni delle tombe. Quattro quelle esposte e relative a un guerriero, una donna d’alto lignaggio, un maestro d’ascia e una bambina, a rappresentare le sepolture più significative fra quelle individuate nell’Area Garibaldi, lo spazio che si estende alle spalle del Palazzo Municipale. Qui è emersa, dopo un lungo e paziente lavoro iniziato 20 anni fa, una estesa necropoli – al momento sono più di 40 le sepolture rinvenute ma lo scavo è tuttora in corso – che, sommate a quelle già note di fine Ottocento, portano a un centinaio le tombe venute alla luce in vari luoghi del centro cittadino e che fanno salire di diritto Fiesole alla ribalta dell’archeologia longobarda.

Una fase dello scavo archeologico nell'Area Garibaldi a Fiesole

Una fase dello scavo archeologico nell’Area Garibaldi a Fiesole

La locandina della mostra "Fiesole e i longobardi"

La locandina della mostra “Fiesole e i longobardi”

La mostra “Fiesole e i Longobardi” è stata fortemente voluta dall’amministrazione comunale, in particolare dall’assessore alla Cultura Paolo Becattini, che ha così inteso valorizzare i cento anni del museo civico Archeologico che si sono aperti con la presentazione del volume “Fiesole Museo Civico Archeologico. Un secolo di Bellezza” (Edizione Polistampa). Fra le iniziative di prossima attuazione vi è l’inaugurazione dei nuovi pannelli tattili per ipovedenti, dono del Rotary Club Fiesole e destinati all’Area Archeologica e alle sale del Museo. Si tratta di tavole didattico-divulgative, con planimetrie a rilievo e testi in braille, che consentiranno una comprensione immediata delle strutture e del loro rapporto con il contesto grazie ad un percorso studiato per le persone con disabilità visive.

Laboratori didattici nelle "Domeniche al museo"

Laboratori didattici nelle “Domeniche al museo”

Eventi collaterali. Per tutto il periodo della mostra sono previste iniziative per nuovi spunti di riflessione. Spazio anche all’archeologia sperimentale con i laboratori didattici di oreficeria e di tessitura, realizzati nell’ambito delle “Domeniche ai Musei”. L’archeologia fiesolana e i ritrovamenti delle ultime campagne di scavo saranno inoltre al centro di una serie di incontri di studio, organizzati nei prossimi mesi. Vediamo il programma delle principali iniziative.

Manifesto delle "Domeniche al museo" a Fiesole

Manifesto delle “Domeniche al museo” a Fiesole

UN GIORNO NELL’ATELIER DI UN TESSITORE 4 e 18 Maggio e 1. Giugno – museo civico Archeologico di Fiesole (via Portigiani, 1) Laboratorio speciale per grandi e piccoli(per i bambini dai 6 anni, richiesta la presenza di un genitore), che attraverso la pratica sperimentazione della tessitura, ha lo scopo di approfondire la conoscenza della cultura dei longobardi. L’attività porta, infatti, a conoscere un po’ meglio quel popolo che le fonti romane definivano “i più feroci per ferocia”, e che pure non erano solo guerrieri. I laboratori – gratuiti – si tengono a partire dalle 15.30. Per ogni attività è previsto un numero di partecipanti minimo di 10 e massimo di 20 persone. Per partecipare è necessaria la prenotazione. Per informazioni e/o prenotazioni Musei di Fiesole: tel. 055.5961293, fax 055.5961280, e-mail infomusei@comune.fiesole.fi.it, www.museidifiesole.it.

Una crocetta d'oro longobarda che veniva fissata sul velo

Una crocetta d’oro longobarda che veniva fissata sul velo

NELLA BOTTEGA DI UN ORAFO LONGOBARDO – Tutte le domeniche fino all’8 Giugno – museo civico Archeologico di Fiesole (via Portigiani, 1) Laboratorio per bambini(età compresa 6/10 anni) sulle crocette d’oro, un piccolo oggetto che si ritrova frequentemente nelle tombe longobarde. Al momento della sepoltura, erano fissate sul velo che copriva il volto della defunta. Le semplici tecniche della loro realizzazione saranno riprodotte in questo laboratorio che consentirà anche di avvicinarsi al ricco repertorio figurativo di questo popolo.I laboratori – gratuiti – si tengono a partire dalle 15.30. Per ogni attività è previsto un numero di partecipanti minimo di 10 e massimo di 20 bambini. Per partecipare è necessaria la prenotazione. Per informazioni e/o prenotazioni Musei di Fiesole: tel. 055.5961293, fax 055.5961280, e-mail infomusei@comune.fiesole.fi.it, www.museidifiesole.it.

Il teatro antico nell'itinerario archeologico di Fiesole

Il teatro antico nell’itinerario archeologico di Fiesole

SULLE TRACCE DI ETRUSCHI, ROMANI E LONGOBARDI – Tutte le domeniche fino all’8 Giugno – Itinerante, centro storico di Fiesole Un itinerario tra i resti di Fiesole antica: dal tempio di Minerva attraverso il Foro e il Teatro romano fino a giungere alle tombe longobarde. L’iniziativa – gratuita – si tiene a partire dalle 15.30. Per partecipare è necessaria la prenotazione. Per informazioni e/o prenotazioni Musei di Fiesole: tel. 055.5961293, fax 055.5961280, e-mail infomusei@comune.fiesole.fi.it, www.museidifiesole.it.

“CON-TATTO CON GLI ANTICHI” UN MUSEO TUTTO DA TOCCARE CON IL PERCORSO TATTILE PER NON VEDENTI E IPOVEDENTI17 Maggio – Area e museo civico Archeologico di Fiesole (via Portigiani, 1) Tavole visuo-tattili per non vedenti e ipovedenti accompagneranno il percorso espositivo dell’Area e del museo civico Archeologico di Fiesole (via Portigiani, 1) così da permettere un’accessibilità sensoriale a parte del patrimonio culturale del territorio. I pannelli didattico-divulgativi, con planimetrie a rilievo e testi in braille, consentiranno, infatti, una comprensione immediata delle strutture e del loro rapporto con il contesto. Il percorso verrà presentato ufficialmente sabato 17 maggio durante l’iniziativa “Con-tatto con gli antichi” (una delle attività proposte nell’ambito di “Amico Museo”), una visita guidata speciale all’Area e al museo Archeologico per non vedenti e ipovedenti (ore 11 – 13). Le tavole sono state interamente finanziate dal Rotary Club Fiesole che, dal 1990 (suo anno di nascita) ad oggi, si è attivamente impegnato per la difesa e la salvaguardia del patrimonio artistico fiesolano. Per informazioniMusei di Fiesole: tel. 055.5961293, fax 055.5961280, e-mail infomusei@comune.fiesole.fi.it, www.museidifiesole.it

Reperti longobardi in mostra a Fiesole

Reperti longobardi in mostra a Fiesole

“SOTTO IL REGNO DEI LONGOBARDI” PER LA NOTTE DELL’ARCHEOLOGIA – 19 Luglio – Area archeologica di Fiesole (via Portigiani, 1) Una serata dedicata al longobardi in occasione della “Notte dell’Archeologia”. Il programma dell’iniziativa prevede una performance a cura di Archeologia Narrante proprio sui longobardi e a seguire tutti a tavola secondo un menù che propone ricette di epoca longobarda. Cena a pagamento, prenotazione obbligatoria Musei di Fiesole: tel. 055.5961293, fax 055.5961280, e-mail infomusei@comune.fiesole.fi.it, www.museidifiesole.it.

I LONGOBARDI E L’ARCHEOLOGIA FIESOLANA – settembre/ottobre – Sedi del Comune Nei mesi di settembre e ottobre sono previsti una serie di incontriche metteranno al centro non solo il tema dei longobardi, ma più in generale dell’archeologia a Fiesole e dei ritrovamenti nelle ultime campagne di scavo.