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Roma. Nella quarta puntata di “Star Walks – Quando il PArCo incontra la musica”, la band romana dei Måneskin protagonista in una passeggiata a ritmo di musica tra i palazzi imperiali del Palatino

I Måneskin protagonisti della quarta puntata di Star Walks . Quando il PArCo incontra la musica (foto PArCo)

Di gioventù, potere, Vent’anni, Palatino e Måneskin. La band romana invade i palazzi un tempo abitati dagli imperatori. Ad accompagnarli ci sono lo speaker di Rai Radio2 Massimo Cervelli e l’archeologo del PArCo Andrea Schiappelli, in una passeggiata a ritmo di musica tra i palazzi imperiali del Palatino, riflettendo sul rapporto tra giovinezza, potere e successo. Il peristilio della Domus Flavia, sede dell’imperatore Domiziano, accoglie il set della loro esibizione live. Dopo The Zen Circus, Clavdio e Silvestri, sono stati i Måneskin i protagonisti della quarta puntata della web-serie “Star Walks – Quando il PArCo incontra la musica”, sempre assieme all’importante media partnership di RAI Radio2, che si conferma il format della passeggiata a ritmo di musica insieme a un talent di Rai Radio2 lungo percorsi inediti, in un gioco di specchi, emozioni e rimandi di volta in volta diversi. La puntata registrata nel rispetto delle norme di sicurezza anti Covid-19. “Star Walks – Quando il PArCo incontra la musica” è un progetto del Servizio Comunicazione del PArCo (responsabile Federica Rinaldi), ideato e curato da Andrea Schiappelli (PArCo), con Elisa Cella (PArCo), Andrea Lai e Roberto Testarmata; produzione audio e video: Popup Live Sessions; Media-Partner: Rai Radio2; social-media manager: Astrid D’Eredità con Francesca Quaratino (PArCo),  Annalisa Vacca (Rai Radio2).

“Grazie a tutti i fan del gruppo per aver accolto questa puntata di Star Walks con grande entusiasmo!”, commentano al Parco archeologico del Colosseo. “E se vi è venuta un po’ voglia di vedere dal vivo i palazzi imperiali del Palatino protagonisti dell’episodio insieme ai Måneskin, abbiamo una notizia speciale, che purtroppo sarà valida solo quando sarà riaperto il parco dopo l’emergenza Covid: sotto i 18 anni l’ingresso è gratuito, mentre per i visitatori tra i 18 e i 25 anni il biglietto d’ingresso costa 2 euro, al PArCo come negli altri musei italiani e luoghi della cultura Mibact”.

Roma. “Vent’anni al Palatino” con i Måneskin: parte la seconda serie di “Star Walks – Quando il PArCo incontra la musica”. I ragazzi della band romana porteranno i loro “Vent’anni” tra i palazzi un tempo abitati dagli imperatori. La puntata su YouTube

I Måneskin protagonisti della quarta puntata di Star Walks . Quando il PArCo incontra la musica (foto PArCo)

Venti anni al Palatino con i Måneskin: Star Walks torna al PArCo! Il Parco archeologico del Colosseo e Rai Radio2 di nuovo assieme per l’avvio della seconda serie di Star Walks – Quando il PArCo incontra la musica. Dopo The Zen Circus, Clavdio e Silvestri, saranno i Måneskin, questa volta, i protagonisti della prossima Star Walk: i ragazzi della band romana porteranno i loro “Vent’anni” al Palatino, invadendo i palazzi un tempo abitati dagli imperatori. La puntata andrà in onda sul canale YouTube del PArCo lunedì 2 Novembre 2020, alle 18, per essere rilanciata sui social @parcocolosseo e sui social del media partner Rai Radio2. Non solo arte, storia e poesia: il Parco archeologico del Colosseo incontra e si apre dunque alla musica, innovando il suo rapporto con il pubblico e in particolare con le giovani generazioni. Ponendo attenzione alle tendenze rilevate negli ultimi anni, che riscontrano la scarsa presenza di giovani nella frequentazione dei luoghi d’arte, il Parco archeologico, sostenuto dall’importante media partnership di RAI Radio2, presenta la web-serie video “Star Walks: quando il PArCo incontra la musica”: il progetto innovativo e unico nel suo genere, ideato e realizzato coinvolgendo artisti musicali di primo piano, intende incuriosire e avvicinare chi finora si è tenuto lontano da parchi archeologici e musei, attraverso il racconto e le sensazioni dei musicisti ospiti.

Veduta aerea del peristilio della Domus Flavia sul Palatino, quinta dell’esibizione dei Måneskin per Star Walks (foto PArCo)

Ad accompagnare i Måneskin saranno lo speaker di Rai Radio2 Massimo Cervelli e l’archeologo del PArCo Andrea Schiappelli, in una passeggiata a ritmo di musica che si snoderà tra i palazzi imperiali del Palatino, riflettendo sul rapporto tra giovinezza, potere e successo. Il peristilio della Domus Flavia, sede dell’imperatore Domiziano, accoglierà il set della loro esibizione live. “I Måneskin al Palatino: quattro ragazzi di grande talento, giovani del tutto simili ai tanti che il PArCo accoglie quotidianamente”, sottolinea il direttore del Parco archeologico del Colosseo, Alfonsina Russo. “Proprio a questi giovani visitatori tra i 18 e i 25 anni è riservato l’ingresso a prezzo agevolato, al PArCo come negli altri luoghi della cultura, luoghi che ancor più in questi giorni di limitazioni dovute all’emergenza sanitaria in corso si offrono come spazi pubblici di crescita, incontro e scambio, umano e culturale”.

I Måneskin sul Palatino con “Vent’anni” per Star Walks (foto PArCo)

Dopo avere riaperto le porte ai visitatori, il PArCo, accompagnato da RAI Radio2, continua ad andare incontro agli abitanti della sua città, camminando insieme ai suoi musicisti per raggiungere il pubblico più vasto anche da casa. Le canzoni nella puntata arricchiranno la playlist “StarWalks” del canale Spotify del PArCo, e accompagneranno gli ascoltatori delle trasmissioni di Rai Radio2. “Star Walks – Quando il PArCo incontra la musica” è un progetto del Servizio Comunicazione del PArCo (responsabile Federica Rinaldi), ideato e curato da Andrea Schiappelli (PArCo), con Elisa Cella (PArCo), Andrea Lai e Roberto Testarmata; produzione audio e video: Popup Live Sessions; Media-Partner: Rai Radio2; social-media manager: Astrid D’Eredità con Francesca Quaratino (PArCo),  Annalisa Vacca (Rai Radio2).

“Reopening Colosseum. Il Colosseo in quarantena”: evento clou della Rassegna internazionale del Cinema archeologico di Rovereto. I protagonisti hanno spiegato quei tre mesi vissuti nel silenzio a curare il gigante fragile, e come è nato il progetto di narrare questa avventura unica. Poi le immagini hanno rapito il pubblico

Frame del film “Reopening Colosseum” di Luca Lancise e Davide Morabito, in anteprima nazionale alla rassegna internazionale del cinema archeologico di Rovereto

 

Il manifesto della 31.ma rassegna internazionale del cinema archeologico intitolata “L’Italia racconta”

Cinquanta minuti con gli occhi incollati al grande schermo, rapiti dalle immagini mozzafiato su uno dei monumenti più visitati al mondo, il Colosseo, coinvolti nelle storie e nelle problematiche degli “abitanti” dell’anfiteatro Flavio, archeologi, restauratori, operai, custodi e personale di servizio, che non lo hanno mai abbandonato neppure nel momento più difficile e nuovo della sua millenaria storia, il lockdown, quando da un giorno all’altro le quotidiane migliaia di visitatori affascinati dalle antiche pietre hanno lasciato il posto al silenzio, alla solitudine di quegli ambienti mai vissuta prima. Ecco questo e molto altro hanno vissuto i partecipanti all’evento di sabato 3 ottobre 2020 al teatro Zandonai di Rovereto, la presentazione in anteprima nazionale in presenza del film “Reopening Colosseum. Il Colosseo in quarantena” di Luca Lancise e Davide Morabito, momento clou della 31.ma Rassegna internazionale del Cinema Archeologico – Edizione speciale 2020 “L’Italia si racconta”. E a “raccontare” questi mesi unici, vissuti all’interno del Colosseo chiuso per emergenza coronavirus, sono stati gli stessi protagonisti, intervistati sul palco del teatro Zandonai da Barbara Maurina, conservatore archeologo della Fondazione Museo Civico di Rovereto.

Ha iniziato Federica Rinaldi, archeologa del Parco archeologico del Colosseo, nominata responsabile del Colosseo il 3 febbraio 2020, proprio un mese prima che scattasse il lockdown, che quindi ha vissuto in prima persona.  “Di certo non potevo pensare che di lì a un mese il monumento tra i più famosi al mondo avrebbe chiuso i cancelli per un periodo così lungo, ben 84 giorni. Il primo periodo ero travolta dalla novità della cosa e dalle migliaia e migliaia di turisti che ogni giorno affollano il Colosseo. Poi improvvisamente è calato il silenzio. All’inizio del lockdown siamo rimasti a casa, in smartworking. Ma il pensiero era sempre rivolto a questo “gigante fragile”, come viene definito nel film, e non lo abbiamo mai abbandonato. Ho avuto l’autorizzazione a potermi recare a lavorare al monumento durante la settimana, per non lasciare solo né lui né il personale di custodia che ovviamente non è mai mancato durante questi 84 giorni, e poter monitorarlo e osservarlo insieme agli operai della manutenzione. È stata sì una vicenda grossa, emotivamente molto coinvolgente, però posso dire che fin da subito è diventata un’opportunità perché questo silenzio, come si dice anche nel film, mi ha permesso di ascoltare quello che il Colosseo voleva dire a me e immagino anche ai miei colleghi. Sapevamo tutti che questa esperienza avrebbe cambiato completamente il modo di fruire lui, come tutti i musei, ma lui in particolar modo per la sua stessa storia, la sua stessa conformazione. E quindi da subito abbiamo pensato che pur essendo prioritaria la sicurezza bisognava anche garantire forse un nuovo racconto di questo monumento che in questi 84 giorni ci ha insegnato tantissimo. Nel film viene usata la parola “umiltà” perché con umiltà ci siamo posti davanti a lui, con umiltà abbiamo cercato di conoscerlo ancora di più di quello già pensavamo di conoscerlo, e con umiltà ci siamo posti di fronte a questa nuova avventura che è quella della riapertura che stiamo portando avanti con un nuovo tipo di pubblico che lo sta frequentando, lo sta conoscendo, e che credo lo sta amando di più. Quindi è stata una sfida ma una sfida che ha dato a me l’opportunità di fare un lavoro forse anche più meditato, un lavoro che ho condotto in questi tre mesi di chiusura pensando che l’obiettivo era la riapertura. Ovviamente non ero da sola, ma siamo un gruppo di colleghi, funzionari, particolarmente appassionati, guidati dal nostro direttore Alfonsina Russo. E tutti insieme: perché il Colosseo e il parco archeologico del Colosseo riaprissero e potessero aprirsi anche a una nuova dimensione di visita”.

È poi intervenuta Elisa Cella, archeologa del parco archeologico del Colosseo. “In questi mesi il Colosseo ci ha detto molto e ha parlato una lingua diversa. Il silenzio ha consentito a noi di ascoltare la voce del Colosseo in una maniera del tutto nuova. Abbiamo potuto soffermarci su quello che è conservato e nascosto sulle sue pareti. Abbiamo cominciato a leggere i segni lasciati anche in età moderna e contemporanea proprio con l’intento di restituirli al pubblico sia nell’immediato che ovviamente una volta riaperto il monumento. Perché non abbiamo mai dubitato che non si potesse arrivare alla riapertura, e arrivarci arricchiti, insieme. Siamo stati fortunati perché nel nostro gruppo di lavoro la malattia non è entrata. In qualche modo lavorare all’interno del Colosseo ci consentiva di ascoltare i suoni delle sirene delle ambulanze da lontano e di poterci concentrare sul lavoro. Un lavoro che ha visto la lettura stratigrafica del monumento andare avanti, arricchirsi, e nello stesso tempo pensare a come restituirlo al pubblico. Oggi se stiamo proponendo il sabato sera un percorso per negromanti e pastori, e che parla di un’eredità più dimenticata del Colosseo, proprio quella che degli anni è considerata dell’abbandono, è grazie a questa esperienza. È grazie a questo momento che ci siamo resi conto che siamo in un luogo in cui il presente diventa storia. E questo in qualche modo ci dicono quelle pareti in cui sono incisi i nomi dei primi visitatori. Un gesto che oggi è in realtà un danneggiamento al patrimonio, un reato, ma che in passato era un segno di estrema vicinanza con questi luoghi. Forse però quello che ci ha detto il Colosseo in quel momento in cui abbiamo avuto la fortuna di poter tornare a lavorare è stato quello di avere fiducia, e una lezione sulla storia: il fatto che comunque questo tempo sarebbe passato, che ci sarebbe stato un cambiamento che mai avremmo potuto vederlo, e che noi avevamo il dovere di trasmettere questa fiducia all’esterno. Perché noi, come tanti, abbiamo continuato a lavorare e prenderci cura di qualcosa di importantissimo, un simbolo. Quello che abbiamo cercato di fare anche durante quei momenti era, attraverso i nostri canali di comunicazione, i nostri social, trasmettere questa fiducia all’esterno, trasmettere la menzione di un tempo che passa anche nei peggiori dei momenti a più persone possibili”.

Barbara Nazzaro, architetto, direttore tecnico del Colosseo, ha invece illustrato le problematiche affrontate durante la quarantena. “All’inizio è stato veramente scioccante, e poi l’abbiamo presa come l’occasione per fare tutte quelle piccole cure di manutenzione che non riusciamo a fare perché la gente vuole vedere il Colosseo. È stata veramente una grandissima occasione per lavorare in maniera approfondita”.  

L’ultima parola, prima della proiezione, è andata a Davide Morabito, regista, che con Luca Lancise ha realizzato appunto il film “Reopening Colosseum. Il Colosseo in quarantena”. A lui il compito di spiegare come è nato questo progetto, che cosa ha fatto scattare l’interesse per il Colosseo, luogo archeologico per eccellenza, luogo della romanità per eccellenza. E cosa ha comportato fare le riprese in un’area archeologica così importante ma anche così delicata. “All’inizio, quando tutta l’Italia era sospesa, e c’era questo silenzio agghiacciante nelle strade, con Luca, col quale per mestiere raccontiamo delle storie, ci siamo detti: cerchiamo di raccontare qualcosa di quello che sta succedendo. Lui aveva già lavorato in un documentario sul Colosseo, e durante questa ricerca abbiamo riflettuto sul cosa c’era da capire su questo grande gigante in pietra, cosa stava succedendo in questa icona conosciuta in tutto il mondo. Un valore essenziale e la spinta è stata un po’ l’esperienza umana che abbiamo vissuto. Tutti noi abbiamo scoperto qualcosa, anche nelle nostre case, durante quel lockdown. Noi avevamo davanti delle persone che ci trattavano comunque con molta amicizia, e che – anche loro – si sono innamorate di questo progetto, di questo pezzo di storia che volevamo raccontare. E ci hanno accolto. Abbiamo visto come loro effettivamente si prendevano cura in un momento così di precarietà morale. È stato molto bello umanamente, e questo ci ha portato avanti inizialmente con poche sicurezze, un po’ come era la situazione di tutti, e poi man mano abbiamo continuato a seguire loro e abbiamo capito che raccontare la riapertura sarebbe stata un’esperienza emozionante e viverla insieme a loro”.

E finalmente la proiezione del film “Reopening Colosseum. Il Colosseo in Quarantena” di Luca Lancise e Davide Morabito (Italia, 2020, 51′). Produzione: DMPA e LANCILUC srls, in collaborazione con il Parco archeologico del Colosseo. Direttore del Parco archeologico del Colosseo: Alfonsina Russo. Consulenza scientifica: Federica Rinaldi ed Elisa Cella (Parco archeologico del Colosseo). Il documentario non solo ha seguito le giornate delle tre protagoniste intervenute a Rovereto, ma anche di altri personaggi: dal direttore Alfonsina Russo che considera il Colosseo come un figlio, al custode Salvatore di Maria che avrà l’onore di riaprire i cancelli del Colosseo proprio alla vigilia della pensione dopo quarant’anni di servizio; dalla restauratrice Angelica Puija che pulisce quasi accarezza le antiche pietre dalle ferite di visitatori maleducati, all’operaio capo della manutenzione Geovanni Zamora de la Cruz che conosce come i palmi delle sue mani orgoglioso di lavorare in una delle sette meraviglie del mondo. E poi ci si lascia rapire dalle immagini emozionanti dal drone a volo di uccello sfiora le antiche pietre, si alza in alto fin sopra le volte, spazia lo sguardo sui fori, l’Arco di Costantino, il colle Palatino, e poi in picchiata si butta fin dentro l’arena. Tensione, emozione, aspettative. Fino all’atteso giorno della riapertura: il 1° giugno 2020. Ad accogliere, tra gli applausi i primi visitatori ci sono tutti, dal direttore al custode, come una grande famiglia che apre le porte ai graditi ospiti.

In anteprima nazionale alla Rassegna internazionale del cinema archeologico il film “Reopening Colosseum. Il Colosseo in quarantena” evento clou della seconda giornata “L’Italia si racconta”

Frame del film “Reopening Colosseum” di Luca Lancise e Davide Morabito, in anteprima nazionale alla rassegna internazionale del cinema archeologico di Rovereto

Sarà l’evento clou di sabato 3 ottobre 2020, seconda giornata della Rassegna internazionale del cinema archeologico di Rovereto – L’Italia si racconta: alle 18.30 al teatro Zandonai anteprima nazionale del film “Reopening Colosseum. Il Colosseo in quarantena” (Italia, 2020, 51’)  con la presenza in sala dei registi Luca Lancise e Davide Morabito e dei responsabili del Parco del Colosseo Federica Rinaldi e Elisa Cella. Nei grandi spazi del Colosseo, inaccessibile per l’emergenza Covid-19, una piccola grande famiglia di uomini e donne continua a prendersi cura di un gigante fragile, che per loro è una seconda casa. Insieme affrontano la sfida più difficile, costruire un nuovo modo di visitare uno dei monumenti più celebri al mondo, per riaprirlo al pubblico e garantire il suo futuro. Il 50% del traffico di turisti su Roma, ruota intorno al Colosseo, il monumento più visitato d’Italia, capace di generare un indotto locale e nazionale di miliardi di euro e di migliaia di posti di lavoro. Anche se durante il lockdown  il Colosseo sembrava  respirare e riposare, d’altro canto per sopravvivere ha bisogno delle entrate generate dalla vendita dei biglietti, necessaria a mantenerlo e preservarlo. Il team del Colosseo si è trovato così, di fronte alla più grande sfida della sua carriera. Una corsa contro il tempo per preparare questo gigante fragile alla riapertura al tempo del Covid-19.

Frame del film “Racconto di una strage” di Gaetano Di Lorenzo

Il programma di sabato 3 ottobre 2020 inizia al mattino con un episodio poco conosciuto della storia siciliana, Racconto di una strage, di Gaetano di Lorenzo, per proseguire con un film breve di Luca Annovi curiosamente interamente girato con lo smartphone dal titolo Sei statue in cerca di Roma. Il ricordo di un grande regista napoletano che ha narrato vita e tradizioni del sud, Luigi Di Gianni: Soul of the South, coproduzione italo statunitense diretta da Jeannine Guilyard  prosegue la mattinata, seguito da Ragusa Terra Iblea di Francesco Bocchieri che narra la storia della città fino alla sua rinascita barocca dopo il terremoto, e da un film sul Chad, il leggendario Gerewol di Yuri de Palma sul tradizionale corteggiamento tribale. La mattinata si chiude con Il Palazzo, di Alberto Valtellina, storia molto particolare con protagonista la tradizione del ricamo a tombolo.

Frame del film “Enzo, De Gasperi e la Bolex Paillard” di Delio Colangelo

Nel pomeriggio, spazio alle missioni Italiane nel mondo con il film prodotto da RAI Cultura Italia: Viaggio nella bellezza. La scuola di Atene. L’archeologia italiana nell’Egeo, dedicato alla celebre Scuola Archeologica Italiana di Atene (SAIA). Subito dopo il corto Venice is On the water di  Paolo Pandin, un gioco di immagini per raccontare Venezia, cui segue un originale e poetico  documentario che racconta dei sassi di Matera non come monumenti storici, ma come vita quotidiana  negli anni Cinquanta,  dal titolo Enzo, De Gasperi e la Bolex Paillard, di Delio Colangelo. A seguire una fiction sulla figura del musicista Domenico Cimarosa, Le stravaganze del conte, di Francesco Veronà e Peppe Lanzetta, un film su Eroi, Miti e Leggende alle origini delle città del Lazio, di  Alessandro Grassi e il poetico  Il Luciaiuolo di Joe Nappa, il corto che narra  la breve storia di un pescatore di sardine di Procida, nel Golfo di Napoli. Il pomeriggio prosegue con Attimi Sospesi di  Stefano Fiori, sul tentativo di salvare i reperti storico archeologici italiani nella seconda guerra mondiale, e Matera, il film più bello di  Vito Cea, ritratto della  Capitale europea della cultura. A chiudere il pomeriggio – come detto – l’evento speciale alle 18.30 sul Colosseo in quarantena.

Frame del film “Costruttori di piramidi: nuovi indizi” di Florence Tran

La serata del festival  è dedicata ai film Dal mondo con un documentario francese della Gedeon Programmes dal titolo  Costruttori di piramidi: nuovi indizi, una produzione su Petra, simbolo di multiculturalismo in Medioriente, un film  portoghese su Gli enigmi di Cabeço da Mina, un sito enigmatico in Portogallo, a Villa Flor, dove è stata scoperta una serie di stele e menhir dai tratti antropomorfi, e Madre di Mosul, film iracheno delicato e tragico sui bambini di Mosul che dopo essere stati evacuati dalle proprie case, studiano la storia della loro città distrutta e la perdita della loro identità. A chiudere, Elarmekora, film francese sulle tracce dei primi uomini preistorici del bacino del Congo, e Gonj (miele), film iraniano sulla raccolta del miele, usato per i malati,  in condizioni estreme sui Monti Zagros.

Roma. Conclusi i lavori di restauro del basamento della Colonna Traiana. L’archeologa Federica Rinaldi e la restauratrice Angelica Pujia ci regalano l’emozione di una visita ravvicinata al fregio che racconta le imprese dell’imperatore Traiano contro i Daci

Il basamento della Colonna Traiana che ospitava le ceneri dell’imperatore (foto da http://www.capitolium.it)

Si sono conclusi nei giorni scorsi i lavori di restauro del basamento della Colonna Traiana. “È stato un privilegio lavorare a contatto con questo monumento che continueremo a studiare, monitorare e valorizzare per renderlo accessibile in sicurezza”, spiegano gli archeologi del Parco archeologico del Colosseo. “I lavori di rilievo e restituzione in 3D proseguono e, in attesa di mostrarvi anche queste attività, condividiamo con voi ancora una volta l’emozione che abbiamo provato durante le ispezioni con il braccio mobile”. Nel video di Mario Cristofaro le interviste ad Angelica Pujia (funzionario restauratore del PArCo) e a Roberto Civetta (restauratore). Le descrizioni in diretta live sono di Federica RInaldi (funzionario archeologo del PArCo).

Federica Rinaldi parla dalla piattaforma aerea che la sta portando in avvicinamento alla Colonna Traiana, meraviglia dell’architettura antica, inaugurata il 12 maggio del 113 d.C. Racconta le imprese dell’imperatore Traiano contro i Daci. È una colonna centenaria, ovvero alta 100 piedi, circa 30 metri, appoggiata su un basamento e quindi alta complessivamente circa 40 metri. La cosa più straordinaria di 200 metri di fregio istoriato che raccontano appunto le campagne daciche dell’imperatore Traiano. All’interno una scala a chiocciola di 185 scalini consente di arrivare su in alto dove oggi la statua di San Pietro domina su tutta l’area archeologica centrale di Roma. “Siamo qui perché vogliamo a distanza di anni tornare a vedere da vicino il fregio, verificarne lo stato di conservazione, controllare le mappature che furono fatte negli anni ’80 ed eventualmente testare situazioni che sono evolute nel corso di questi decenni anche sicuramente a causa di un aumento dell’inquinamento ma anche di un repentino cambio climatico che potrebbe in qualche modo aver inciso anch’esso sullo stato di conservazione”. Stiamo arrivando per vivere questa esperienza unica ed emozionante.

Angelica Pujia, funzionario restauratore del parco archeologico del Colosseo (foto PArCo)

“Ci troviamo nella meravigliosa cornice del foro di Traiano”, spiega Angelica Pujia, “perché si stanno svolgendo in questi mesi interventi di recupero, di restauro del basamento della Colonna Traiana, di un fronte del basamento della colonna Traiana. Questi interventi sono per noi un’occasione per riprendere il rapporto con questo meraviglioso monumento di fronte al quale i romani passano tutti i giorni un po’ distrattamente un po’ no, e quindi riprendere contatto, conoscerlo, e attraverso questo intervento conservativo fare il punto sulle sue condizioni attuali. Questo è un intervento estremamente delicato che mira soltanto alla pulitura, una pulitura effettuata solamente ad acqua, a un trattamento biocida, quindi volto a rimuovere le patine biologiche che si trovano sulla superficie, e di consolidamento. Quindi messa in sicurezza, consolidamento della superficie e delle piccole scaglie della pietra. E questo intervento viene svolto per mano del restauratore Roberto Civetta che con grande perizia e con grande cautela sta portando avanti questo intervento conservativo e quindi contemporaneamente conoscitivo”.

Il restauratore Roberto Civetta (foto PArCo)

“Prima di procedere con le operazioni di intervento di restauro”, interviene Roberto Civetta, restauratore, “è stata realizzata una mappatura di una documentazione fotografica e una mappatura grafica che prosegue durante tutto l’arco dei lavori per segnalare ed evidenziare lo stato di conservazione, gli interventi precedenti che si sono susseguiti sul monumento, e gli interventi di restauro. Le operazioni sono state eseguite con estrema cautela. Si è proceduto con l’applicazione di un prodotto biocida per eliminare l’attacco biologico, l’attacco di microorganismi, e si è proceduto con una pulitura molto semplice, una pulitura ad acqua, che è stata assolutamente rispettosa delle patine della superficie. Abbiamo lasciato le patine in accordo con la restauratrice Angelica Pujia. L’alleggerimento delle croste invece è stato eseguito applicando delle piccole compresse. E anche in questo caso non ci siamo spinti oltre il necessario proprio per identificare e non aggredire il materiale. La pulitura è completata. In questo momento stiamo realizzando dei test di campionature di stuccature e reintegrare le lacune e le fessurazioni. Ce ne sono alcune di tonalità più fredda, alcune con una tonalità più calda. I lavori proseguono e non vediamo l’ora di mostrare al pubblico la magnificenza di questo basamento della Colonna Traiana che è bellissimo ed è assolutamente da visitare”.

La Colonna Traiana dominava il foro di Traiano a Roma (foto Graziano Tavan)

Le archeologhe Federica Rinaldi e Angelica Pujia del parco archeologico del Colosseo in una serie di sei video, realizzati a luglio 2020, con l’occasione di un sopralluogo speciale con la gru, ci fanno rivivere l’emozione di una “visita” ravvicinata della colonna Traiana, raccontando i vari momenti dell’esperienza, dall’imbragatura all’osservazione del fregio. “Ci prepariamo per salire! Seguiteci in questa ispezione ravvicinata della Colonna Traiana per valutarne lo stato di conservazione”.

“Pronti? Si sale!”

“Siamo in diretta dal Foro Traiano: ecco la Colonna Traiana vista da molto, molto vicino”.

“Oggi abbiamo la possibilità unica di verificare le condizioni della Colonna Traiana”, spiega Angelica Pujia. “È dalla fine degli anni Ottanta che questa colonna non è stata controllata: dopo tanto tempo abbiamo la possibilità di controllare le condizioni della superficie. Ciò significa che controlleremo se la pietra è zuccherina, se l’inquinamento ha in qualche modo influenzato le condizioni della pietra, se uno qualsiasi dei possibili fattori atmosferici ha influenzato questo meraviglioso manufatto. È una grande emozione per noi ed è qualcosa di fondamentale per il nostro patrimonio, quindi ci prendiamo cura del nostro patrimonio e questo è proprio l’inizio per sapere come agire, ripristinare e mantenere il manufatto. Dopo tanto tempo con l’aiuto di questo veicolo ora stiamo toccando la pietra”.

“Dal Seicento in poi diversi studiosi trovarono il modo di avvicinarsi alla Colonna per osservarla e realizzarne calchi. Molti hanno lasciato tracce del loro passaggio: abbiamo scoperto quelle dell’architetto francese Léon Dufourny”.

“Rilievi colorati o candidi come li vediamo ora? Ne parliamo a qualche metro d’altezza durante il sopralluogo aereo alla Colonna Traiana”.

Roma. Partite le visite notturne “La Luna sul Colosseo”: un video sul nuovo itinerario “Di maghi, negromanti, pastori e altri mestieri”. E prossimamente il PArCo svelerà i “segni” ritrovati dai recenti restauri

Il passaggio porticato nell’anello esterno al piano terra del Colosseo (foto PArCo)

“Vado al Colosseo per rivivere le imprese dei gladiatori”. E questa è l’esperienza che ancora oggi suscita sensazioni e forti emozioni in chi si affaccia sul piano dell’arena. Ma quanti sanno riconoscere i segni della vita del Colosseo anche oltre il sangue versato dai gladiatori? Quanti saprebbero ritrovare quei nomi di persone, date e simboli che incisi sui pilastri del Colosseo raccontano di vite passate, date celebri e continui antagonismi tra sacro e profano? Mappati, disegnati e fotografati agli inizi degli anni 2000 da Rossella Rea (Rota Colisei, Milano 2002, pp. 231-239), questi “segni” sono ritornati alla luce dopo i recenti lavori sponsorizzati da Tod’s e oggi fanno parte del nuovo percorso di visita “La Luna sul Colosseo” edizione 2020, a cura del funzionario archeologo Federica Rinaldi.

Gli archeologi del PArCo annunciano di svelare il significato di questi segni nelle prossime settimane. Intanto sono partite le visite notturne dell’edizione 2020 de “La Luna sul Colosseo” (prenota qui la tua visita lnk.bio/s/colosseo/Q0C8) e il Parco archeologico ci regala un video che mostra un po’ il nuovo itinerario che s’intitola “Di maghi, negromanti, pastori e altri mestieri”. Arricchisce la suggestione della sera con innumerevoli racconti. A partire proprio dalle leggende medievali che ne fecero un tempio pagano, addirittura “consacrato a tutti i demoni” come scrisse Tertulliano nel III secolo, e teatro di misteriosi riti e miracoli. Per passare poi a tutti quei cavapietre che, faticando, incisero nel travertino i propri nomi (e forse tra questi c’è persino un papa).

Il Parco archeologico del Colosseo aderisce in forma digitale alle Giornate Europee dell’Archeologia (19-21 giugno 2020) con video alla scoperta dei restauri del PArCo e anteprima della nuova App “You & Co” gratuita che dal prossimo autunno farà scoprire il patrimonio del PArCo

Dopo il successo della prima edizione, il Parco archeologico del Colosseo aderisce anche quest’anno all’evento su scala europea delle Giornate Europee dell’Archeologia, promosse dall’Inrap (Institut national de recherches archéologiques préventives) in Francia. Obiettivo di questa seconda edizione che si avvale del coordinamento di Giulia Giovanetti, che si svolgerà dal 19 al 21 giugno 2020 in forma digitale, è quello di avvicinare il pubblico alle numerose attività in corso nel PArCo. Una serie di video portano il pubblico alla scoperta dei restauri del PArCo guidati dagli archeologi, dai restauratori e dagli architetti, in un viaggio nel patrimonio archeologico e architettonico custodito. A partire dai restauri dei monumenti, del Tempio di Vesta, della Colonna Traiana e dell’Arco di Tito, il PArCo propone in anteprima un video sul restauro appena concluso del mosaico della cosiddetta “Dama di Cartagine”, già in prestito dal museo nazionale di Cartagine per la mostra “Carthago. Il mito immortale”, svoltasi tra 2019 e 2020. I restauratori del PArCo ci guidano alla scoperta delle delicate fasi operative di intervento su una preziosa opera tardoantica che testimonia il fiorire della cultura figurativa nel VI secolo nell’Africa bizantina riconquistata ai Vandali.

In occasione delle Giornate Europee dell’Archeologia, nell’ottica quindi dell’Accessibilità per Tutti, il Parco presenta inoltre in anteprima una nuova App gratuita che dal prossimo autunno accompagnerà i visitatori in un viaggio alla scoperta del patrimonio del Parco nel segno del Design for All. La nuova App con testi e videoclip in 9 lingue, audioguide in Italiano e Inglese, video guide in LIS e ASL, audiodescrizioni per non vedenti e contenuti per bambini in Italiano ed Inglese, accoglierà il pubblico in una visita del PArCo pensata per tutti. Ruschena’s Projects a cura di Giulia Giovanetti, Paola Quaranta, Federica Rinaldi, Andrea Schiappelli.

Il restauro del mosaico cd. ‘Dama di Cartagine’. La parola ai professionisti del PArCo. il PArCo propone in anteprima per Giornate Europee dell’Archeologia 2020 un video sul restauro appena concluso del mosaico della cd. “Dama di Cartagine”, già in prestito dal Museo Nazionale di Cartagine per la mostra “Carthago. Il mito immortale”, svoltasi tra 2019 e 2020. I restauratori del PArCo ci guidano alla scoperta delle delicate fasi operative di intervento su una preziosa opera tardoantica che testimonia il fiorire della cultura figurativa nel VI secolo nell’Africa bizantina riconquistata ai Vandali. Restauratori: Alessandro Lugari con Angelica Pujia e Francesca Montozzi; archeologa Federica Rinaldi; video Mario Cristofaro; traduzione Ryan Audino con Giulia Giovanetti.

I restauri del Parco archeologico del Colosseo – L’Arco di Tito. L’Arco di Tito fu costruito, sul percorso della processione trionfale, per commemorare il secondo imperatore della dinastia flavia e la vittoria dei Romani nella Guerra Giudaica, narrata nei rilievi con il saccheggio della città di Gerusalemme. Nel video realizzato in occasione del restauro del monumento vediamo attorno all’Arco di Tito un “ragno”: è questo il nome con cui in gergo tecnico gli specialisti chiamano il braccio elevatore, utilizzato nei lavori di restauro che hanno interessato l’Arco. Le operazioni di restauro sono intervenute sulle differenti superfici: le parti antiche in marmo pentelico e il travertino integrato nel XIX secolo nel celebre restauro di Valadier. Responsabili del progetto: archeologa Federica Rinaldi e architetto Cristina Collettini.

I restauri del Parco archeologico del Colosseo – Il Tempio di Vesta nel Foro Romano. È uno dei più antichi luoghi di culto dell’area del Foro Romano. Al suo interno era custodito il “fuoco sacro dello Stato” che doveva rimanere sempre acceso. Per questa importante funzione, esattamente come le capanne che costituirono il primo abitato della città sul Palatino nell’età del Ferro e che custodivano il focolare domestico, aveva forma circolare e una copertura con foro centrale che permetteva la fuoriuscita del fumo. A sorvegliare il fuoco erano preposte le Vestali, l’unico sacerdozio femminile di Roma. Stiamo ovviamente parlando del Tempio di Vesta al Foro Romano che nel corso dei secoli, proprio per la presenza del fuoco, subì numerosi incendi e distruzioni. Uno degli ultimi fu quello del 191 d.C. cui seguì il restauro ad opera di Giulia Domna, moglie dell’imperatore Settimio Severo. Dopo l’abolizione dei culti pagani da parte dell’imperatore Teodosio I nel 391-392 d.C. il sacro fuoco venne spento e l’ordine delle Vestali venne sciolto. Seguì un periodo di abbandono e poi di spoliazioni, particolarmente pesanti nel corso del 1500. Oggi il Tempio che ammiriamo è il frutto di una ricostruzione “più scenografica che filologica” operata nel 1930 da Alfonso Bartoli a partire da un modello in gesso in scala reale. Tutto questo e molto altro sarà presto disponibile nella nuova pannellistica di cantiere pronta per raccontare la storia e il restauro del Tempio che il PArCo ha in programma a partire dal mese di giugno. Il gruppo di lavoro per il restauro del Tempio di Vesta è coordinato e diretto da Federica Rinaldi e Maria Maddalena Scoccianti con Angelica Pujia, Maria Bartoli e Giulia Giovanetti. La grafica di cantiere è opera di Marika Cirigliano e Simonetta Massimi. Il rilievo del Tempio è della società NADIR. Editing video di Mario Cristofaro.

I restauri del Parco archeologico del Colosseo – La colonna Traiana. “Più lo si contempla [il Foro di Traiano], più sembra un miracolo: chi sale all’Augusto Campidoglio scorge un’opera che è al di sopra del genio umano”. Così Cassiodoro (Varia, VII, 6) e in effetti da sempre ci si interroga sull’ingegno, la sapienza e il lavoro degli uomini che resero possibile quel mirabile monumento che è la Colonna Traiana, per la cui realizzazione fu cavato il marmo delle Alpi Apuane, furono trasportate tonnellate di blocchi sulle navi marmorarie da Luni al porto di Traiano e poi furono scaricati, movimentati, lavorati e messi in opera i blocchi fino a più di 40 metri di altezza dal suolo. Questo video ripercorre una parte di questa vicenda, “srotolando” i 200 metri di Storia raccontata sulla Colonna, in occasione delle campagne daciche condotte tra il 101 e il 106 d.C. I lavori di restauro in programma sul basamento che in antico doveva ospitare le ceneri dell’imperatore e forse della moglie Plotina sono stati l’occasione per realizzare un modello digitale della Colonna e poter così fruire, finalmente da vicino, di quel testo istoriato che ha reso eterne le gesta dell’Imperatore Traiano. I lavori di restauro del basamento sono diretti da Federica Rinaldi e Barbara Nazzaro con Angelica Pujia, Antonella Rotondi e Alessandro Lugari. Il rilievo e le riprese da drone della Colonna sono della società Di Lieto & C. srl e Aeropix – Aerial Imaging & Survey. Editing video di Mario Cristofaro.

La “casa di Augusto” nello sguardo di Giulia. Uno sguardo nuovo su un monumento antico. Una poesia per ritrovare la quotidianità di luoghi dove ora abita la storia, ma dove un tempo vissero uomini e donne, con le loro emozioni, le gioie, i dolori. Con questo breve video vogliamo portarvi nella casa di Augusto, uno dei monumenti più noti del Parco archeologico del Colosseo, famosa per la sua decorazione pittorica, e mostrarvela con gli occhi di una donna che vi nacque e vi abitò: Giulia, unica figlia dell’imperatore, donna bella ed intelligente, raffinata e ribelle. La sua vita non fu facile: il giorno stesso della sua nascita il padre ripudiò la madre, Sempronia, per sposare Livia Drusilla, la matrigna con cui Giulia visse la sua infanzia. Ancora quasi bambina fu data in sposa per matrimoni politici, dapprima con il cugino Marcello, poi con il più anziano generale Agrippa, infine, dopo la sua morte, con il fratellastro Tiberio, futuro imperatore, per cui Giulia aveva una calda antipatia. Non si ribellò alle decisioni del padre, ma si mantenne indipendente ed autonoma nelle azioni e nel pensiero, al punto di aderire, si pensa, a correnti politiche avverse all’imperatore. Fu questo, probabilmente, e non l’accusa di adulterio, ad essere la vera causa del suo esilio nella piccola isola di Ventotene, dove fu relegata a 37 anni. Solo 5 anni dopo, anche su pressione del popolo di Roma, che sempre l’aveva amata, l’esilio fu mitigato e Giulia potè spostarsi sulla terraferma, a Reggio Calabria, dove mori. Nel video, Giulia recita brani della poesia “Io, figlia di Augusto” di Josè Minervini.

La casa di Livia, una matrona al potere. Sappiamo dagli scavi condotti sul colle Palatino che le residenze di Augusto sul colle Palatino non si limitavano alla cosiddetta “casa di Augusto” ma si estendevano ad altri edifici, ad essa collegati. Uno di questi fu la “casa di Livia”, della cui proprietà siamo certi grazie al rinvenimento di una “fistula aquaria”, una conduttura dell’acqua con iscritto appunto il nome di Livia, terza moglie di Augusto, che visse accanto a lui per oltre 50 anni. Di nobile famiglia, affascinante ed intelligente, Livia, a differenza e forse anche in contrapposizione con Giulia, la figlia di Augusto, volle sempre incarnare agli occhi del mondo tutte le virtù della matrona romana: dignitosa, parsimoniosa, dedita alla casa. La sua influenza sul marito, che l’amò e la rispettò sempre molto, fu tuttavia notevole anche dal punto di vista politico. Le fonti narrano di come abbia organizzato per mezzo secolo la successione alla guida dell’Impero di suo figlio Tiberio, nato dal suo primo matrimonio, i cui rivali morirono tutti, sistematicamente, in giovane età. Non sapremo mai se Livia abbia davvero avuto un ruolo, come una parte degli storici antichi sembra suggerire, in queste morti precoci. Ci restano di lei questi ambienti dipinti con raffinatezza, in cui nel video allegato abbiamo voluto far risuonare la sua voce [F. Boldrighini]. Nel video, Livia recita brani della poesia “Il giardino di Livia” di Josè Minervini.

“Sulle tracce di Nerone”: quinta delle sei tappe dell’itinerario proposto dagli archeologi del parco archeologico del Colosseo tra Palatino, valle del Colosseo e Colle Oppio alla ricerca dei resti della “nuova Roma” voluta da Nerone: oggi scopriamo il Colosso e lo stagnum Neronis, che oggi non ci sono più. Al loro posto c’è il Colosseo

La piazza del Colosseo, un tempo occupata dallo stagnum Neronis e dal Colosso (Foto Simona Murrone / PArCo)

La locandina dell’iniziativa “Sulle tracce di Nerine” promossa dal parco archeologica del Colosseo

La quinta tappa del percorso in sei tappe “Sulle tracce di Nerone”, proposto dal parco archeologico del Colosseo, ci porta a soffermarci su due elementi neroniani, il Colosso e lo stagnum Neronis, che ora non ci sono più: i Flavi modificarono la statua ed eliminarono il lago per sostituirlo proprio con un anfiteatro, il Colosseo appunto. Dalle propaggini settentrionali di Vigna Barberini si percepisce una vista impareggiabile sulla Valle del Colosseo: “Ma se da questa cartolina cancellassimo l’Anfiteatro”, spiega Alessandro d’Alessio, archeologo del PArCo, “troveremo al suo posto il Colosso e lo stagnum Neronis”.

Il percorso con le sei tappe “Sulle tracce di Nerone” tra il Palatino e il colle Oppio (foto PArCo)

Moneta di Gordiano III con l’Anfiteatro Flavio e il Colosso (Foto PArCo)

Quali erano le funzioni del Colosso e dello stagnum Neronis e come si inserivano nell’organizzazione della Domus Aurea? “Questi due elementi”, interviene Federica Rinaldi, archeologa del PArCo, “si inseriscono nella ricerca di Nerone di emulare i modelli dei palazzi dei sovrani ellenistici: due passi per la divinizzazione del sovrano in vita e per la creazione di un microcosmo che doveva travalicare i confini del Palatino, facendo di Roma la sua casa. Al centro lo stagno, il lago artificiale su cui Nerone progetta di far convergere i padiglioni del “palazzo”, fulcro della nuova Roma di cui doveva essere ripensato tutto l’impianto urbanistico e architettonico. Ma questo modello di potere centrato su un solo uomo viene stravolto, di lì a pochissimo, dalla morte dello stesso Nerone e dall’avvento al potere della nuova dinastia dei Flavi: ciò che era di uno solo, viene restituito a tutti. Il Palazzo si ritira di nuovo sul Palatino; al posto dello stagno viene costruito, a beneficio di tutta la città e poi di tutto l’impero, il più grande luogo per spettacoli che Roma avesse mai avuto: l’Anfiteatro Flavio”.

“Sulle tracce di Nerone”: un itinerario in sei tappe proposto dagli archeologi del parco archeologico del Colosseo tra Palatino, valle del Colosseo e Colle Oppio alla ricerca dei resti della “nuova Roma” voluta da Nerone: si inizia con il Criptoportico, uno degli ambienti più decorati del Palatino

Il percorso con le sei tappe “Sulle tracce di Nerone” tra il Palatino e il colle Oppio (foto PArCo)

La locandina dell’iniziativa “Sulle tracce di Nerine” promossa dal parco archeologica del Colosseo

“Sulle tracce di Nerone” con il parco archeologico del Colosseo: un nuovo itinerario che si snoda tra Palatino, valle del Colosseo e Colle Oppio alla ricerca dei resti della “nuova Roma” – pretesa Nerapolis – che Nerone avrebbe voluto rifondare durante il suo principato. Dal 20 maggio 2020 ogni mercoledì sera gli archeologi del Parco Federica Rinaldi e Alessandro D’Alessio svelano una delle 6 tappe del percorso che parte con il cosiddetto Criptoportico neroniano, prosegue nei cosiddetti “Bagni di Livia”, approfondisce il tema delle decorazioni pavimentali marmoree e giunge a toccare quella che forse potrebbe essere la sala da pranzo rotonda e rotante descritta dalle fonti. Da qui l’affaccio sulla valle del Colosseo, un tempo occupata dallo stagno e dal vestibolo della Domus Aurea, il cui padiglione principale era collocato sul Colle Oppio.

La ricca decorazione del criptoportico di Nerone sul Palatino (foto PArCo)

La prima tappa “sulle tracce di Nerone” è al lungo Criptoportico: comunemente attribuito proprio a Nerone, è “davvero” neroniano? Si chiedono gli archeologi. “In realtà no. Questo criptoportico, uno dei tanti che collegava spazi e ambienti riccamente decorati sul Palatino, faceva già parte del complesso della Domus Tiberiana. Se non già Tiberio e Caligola, Claudio e specialmente Nerone trasformarono infatti i diversi nuclei delle domus tardo-repubblicane e primo-imperiali qui esistenti in un palazzo architettonicamente unitario. Il Criptoportico era quindi un passaggio sotterraneo, illuminato da finestre a bocca di lupo, che collegava diversi settori dal clivo Palatino alle Case di Livia e di Augusto: Nerone non fece altro che ampliarlo (è stata calcolata una lunghezza di ben 130 metri!) e decorarlo con pavimenti a mosaico bianco e nero e meravigliosi stucchi. Un’anticipazione che farà piacere a chi ci segue: una parte di questi stucchi, con cassettoni, elementi vegetali ed eroti, non appena riapriremo al pubblico, sarà musealizzato all’interno del Museo Palatino e potrà tornare così ad essere ammirato da tutti”-

Roma. La Colonna Traiana compie 1907 anni. Per il compleanno il parco archeologico del Colosseo dedica un focus voluto da Traiano per celebrare la conquista della Dacia, e annuncia i restauri del basamento che ospitò le ceneri dell’imperatore

La Colonna Traiana dominava il foro di Traiano a Roma (foto Graziano Tavan)

12 maggio 113 d.C. – 12 maggio 2020: sono passati 1907 anni dall’inaugurazione della Colonna Traiana, che racconta per immagini le due campagne militari degli anni 101-102 e 105-106 d.C. con le quali l’imperatore Traiano (98-117 d.C.) conquistò la Dacia, corrispondente in gran parte all’attuale Romania. Grazie allo straordinario bottino di guerra Traiano poté costruire il più maestoso tra i Fori di Roma, che da lui prese il nome e che fu inaugurato nel 112 d.C. In occasione del suo compleanno, il Parco archeologico del Colosseo ha dedicato un focus al famoso monumento eretto al centro di un cortile delimitato dall’ingresso monumentale al Foro a Nord, dalla Basilica Ulpia a Sud e dalle due biblioteche a Est e a Ovest. Scrive Cassiodoro (Varia, VII, 6): “Più lo si contempla [il Foro di Traiano], più sembra un miracolo: chi sale all’Augusto Campidoglio scorge un’opera che è al di sopra del genio umano”. E in effetti da sempre ci si interroga sull’ingegno, la sapienza e il lavoro degli uomini che resero possibile quel mirabile monumento che è la Colonna Traiana, per la cui realizzazione fu cavato il marmo delle Alpi Apuane, furono trasportate tonnellate di blocchi sulle navi marmorarie da Luni al porto di Traiano e poi furono scaricati, movimentati, lavorati e messi in opera i blocchi fino a più di 40 metri di altezza dal suolo.

Il basamento della Colonna Traiana che ospitava le ceneri dell’imperatore (foto da http://www.capitolium.it)

La Colonna Traiana poggia su un basamento decorato da bassorilievi raffiguranti cataste di armi. Il fusto, alto 100 piedi romani (pari a circa 30 metri), è composto da 17 colossali rocchi monolitici di marmo bianco di Carrara, dal diametro di quasi 4 metri. Al suo interno si sviluppa una scala a chiocciola di 185 gradini che conduce alla sommità. Intorno al fusto si dispone il fregio figurato, immaginato come un rotolo avvolto a spirale, lungo complessivamente circa 200 metri e fittamente animato di scene, con circa 2500 personaggi; l’imperatore Traiano vi compare per ben 59 volte. La Colonna non solo celebrava la conquista della Dacia ma aveva anche la funzione di monumento-mausoleo di Traiano: nel basamento fu infatti riposta l’urna d’oro con le ceneri dell’imperatore (morto l’8 agosto 117) e sulla sommità fu collocata una sua statua in bronzo dorato. Questa andò persa forse nel corso del Medioevo e nel 1587 fu rimpiazzata per volontà di papa Sisto V (1585-1590) con una nuova statua raffigurante San Pietro e ancora esistente.

I lavori di restauro in programma nei prossimi giorni sul basamento che in antico doveva ospitare le ceneri dell’imperatore e forse della moglie Plotina sono stati l’occasione per realizzare un modello digitale della Colonna e poter così fruire, finalmente da vicino, di quel testo istoriato che ha reso eterne le gesta dell’Imperatore Traiano. I lavori di restauro del basamento sono diretti da Federica Rinaldi e Barbara Nazzaro con Angelica Pujia, Antonella Rotondi e Alessandro Lugari. Il rilievo e le riprese da drone della Colonna sono di DI LIETO & C srl e Aeropix – Aerial Imaging & Survey. Editing video di Mario Cristofaro.