Venezia. Intervista al direttore generale dei Musei, Massimo Osanna, ospite alla cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico di Ca’ Foscari: parla del futuro di musei e poli archeologici nell’integrazione con il digitale, di accessibilità e inclusività in ambito culturale
“L’archeologia e l’arte sono connaturate con la nostra realtà e la nostra vita quotidiana. Noi viviamo in città d’arte, ci muoviamo in paesaggi che sono paesaggi storici punteggiati di pievi, chiese e palazzi. È impensabile dimenticare tutto questo e non fare in modo che all’interno della nostra formazione, l’arte, l’educazione alla bellezza, e l’educazione alla tutela siano fondamentali. Noi dobbiamo comprendere quanto sia importante e fragile il nostro patrimonio, e quanto sia importante una tutela che deve essere condivisa da tutti. Tutti dobbiamo capire quanto sia importante e che cosa fare per salvare e portare avanti questo patrimonio nel futuro”: parole di Massimo Osanna, direttore generale dei Musei al ministero della Cultura, nell’intervista rilasciata alla tv dell’università Ca’ Foscari di Venezia, di cui è stato ospite della cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico 2021/2022, con la lectio magistralis “Il sistema museale nazionale. Ricerca, tutela, valorizzazione, gestione”. Osanna ha parlato del futuro di musei e poli archeologici nell’integrazione con il digitale, di accessibilità e inclusività in ambito culturale, di tutela e valorizzazione del patrimonio artistico italiano e di come sta cambiando il settore professionale nell’ambito dei beni culturali. “Le nostre città, i nostri musei, e i luoghi archeologici essendo fragili”, risponde Osanna, “necessitano una programmazione e una manutenzione che può prevenire o meglio rallentare i danni che lo scorrere del tempo procura a rovine, palazzi, edifici storici. Al di là di questo c’è la pressione antropica che dobbiamo affrontare come una vera sfida per il futuro. Ma la pandemia ci ha insegnato qualcosa anche su questo. Ci ha insegnato anche quanto sia importante diversificare, quanto sia importante il digitale, quanto sia importante avere un distanziamento”. Allor che cosa bisogna fare? “Non c’è una ricetta unica. Dipende dai contesti”, spiega. “Ma è chiaro che bisogna comunicare il nostro patrimonio per fare in modo che anche il turismo sia distribuito in maniera più omogenea, non solo concentrato nei grandi attrattori, Pompei, Il Colosseo, o il centro storico di Venezia. Bisogna fare in modo che si conoscano le realtà straordinarie come ce ne sono migliaia nel nostro territorio. Pensiamo ad esempio a Venezia: quanti turisti vanno ad Altino? Il museo di Altino è fondante per la storia del Veneto antico e degli antichi veneti, quindi parte integrante della nostra storia fatta di un mosaico di popoli che poi sono stati uniti nella cultura globalizzante all’epoca di Augusto, del mondo romano, e da qui una tradizione attraverso il Medioevo è arrivata fino a noi. È chiaro che bisogna comunicare questi luoghi con linguaggi adeguati. Spesso i visitatori non si avvicinano a questi luoghi perché non li sappiamo raccontare e allora la comunicazione diventa importante”.

“I musei fanno parte della nostra società contemporanea. Si devono adeguare alle sfide, ai bisogni, alle esigenze della società”, continua il direttore generale. “Dobbiamo fare in modo che i musei parlino con il linguaggio contemporaneo e che quindi sia un linguaggio che raggiunge tutti. Ma digitale non vuol dire solo ‘facciamo un’installazione’ o ‘facciamo un’opera d’arte digitale’, il digitale è un mondo con cui ci dobbiamo confrontare, ma che deve affiancare la materialità degli oggetti. I nostri musei e la nostra specificità sta anche nella materialità di un patrimonio che è straordinario”. E non si può dimenticare l’accessibilità. “Proprio l’accessibilità”, precisa, “è una delle misure del finanziamento del PNRR che fa capo proprio alla mia direzione generale Musei. Abbiamo 300 milioni di euro per progetti legati all’accessibilità che non significa solo abbattimento delle barriere architettoniche, perché questo è il livello base: ci mancherebbe che i nostri musei non siano accessibili ai diversamente abili. Ma la sfida con cui ci confrontiamo con questa misura di finanziamento è quella dell’abbattimento delle barriere cognitive e sensoriali. Noi dobbiamo fare in modo che i nostri musei parlino a tutti. E finora molti dei nostri musei hanno un linguaggio desueto e che non racconta. Quindi dobbiamo ripensare i racconti in modo che raggiungano tutte le categorie di visitatori, ai diversamente abili ma anche alle diverse fasce d’età. Dobbiamo fare programmi per bambini e per famiglie con bambini, perché è importante che sin dai primi anni ci si confronti con questo nostro patrimonio straordinario. Dobbiamo fare in modo che i giovani entrino nei musei con linguaggi adeguati”.
Verona. Il museo Archeologico nazionale è una realtà: le due protagoniste – l’ex direttrice Federica Gonzato e la nuova Giovanna Falezza – ci introducono alla nuova istituzione culturale, con un breve excursus sulla storia della sede e sull’allestimento. Apertura completa entro il 2025

Taglio del nastro all’Archeologico di Verona: da sinistra, Matteazzi, Falezza, Ferrara, Gonzato, Osanna, Sboarina (foto graziano tavan)
Obiettivo 2025. L’impegno è stato preso ufficialmente da tutti i protagonisti dell’inaugurazione del museo Archeologico nazionale di Verona nell’ex caserma asburgica San Tomaso, la prima istituzione statale nella città scaligera: da Daniele Ferrara, direttore della Direzione regionale Musei Veneto, a Giovanna Falezza, neo direttrice dell’Archeologico (che parla nell’intervista rilasciata ad archeologiavocidalpassato.com), dal prof. Massimo Osanna, direttore generale Musei ministero alla Cultura, all’architetto Chiara Matteazzi, che ha curato l’allestimento. Intanto da oggi, 18 febbraio 2022, il museo Archeologico nazionale è aperto al pubblico: per ora tre giorni alla settimana, venerdì, sabato e domenica, dalle 10 alle 18. La visita è limitata all’ultimo piano, dove è stata allestita la sezione di Preistoria e Protostoria: si va dal Paleolitico all’Età del Bronzo. Per l’Età del Ferro dovremo attendere settembre 2022.
Il nuovo museo, come ha spiegato l’ex direttrice Federica Gonzato, che ha seguito passo passo la nascita dell’Archeologico – il cui iter è iniziato almeno vent’anni fa – e ne ha curato il progetto scientifico, si distingue dai musei civici proprio perché raccoglie le testimonianze dell’archeologia di tutta la provincia di Verona: raccoglie i reperti provenienti da scavi di emergenza e da campagne di scavo curate in decenni dalla soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio di Verona e da molte università. E soprattutto partiamo da circa 100mila anni fa di storia, dal Paleolitico: e da qui si instaura un dialogo con il visitatore per raccontargli quella che è la storia dell’uomo. “Ecco questa è proprio la mission del museo Archeologico nazionale di Verona – spiega Gonzato: l’evoluzione dell’uomo e della sua mente, di come lui vede se stesso, di come si vede proiettato nell’ambiente, e di tutto il percorso che lui fa quotidianamente di piccole scoperte e intuizioni per migliorare la sua vita quotidiana”.

Il museo Archeologico nazionale di Verona è accolto da quello che, in epoca asburgica, fu il carcere di guarnigione (Garnisons Stockhaus). L’edificio si innalza su un lotto trapezoidale, adiacente al fianco meridionale della chiesa di San Tomaso, in precedenza occupato dal monastero, con un grande chiostro quadrangolare e alcune corti minori. Il carcere (ed oggi il Museo) si articola su tre corpi di fabbrica lineari: i due maggiori si affacciano, rispettivamente, sullo stradone di San Tomaso e sulla via retrostante dell’isolato, vicolo Campanile di San Tomaso. Il terzo corpo di fabbrica, minore, li collega a meridione. Verso l’interno i medesimi fabbricati delimitano una grande corte quadrangolare; un cortile di servizio è annesso a sud del tratto minore e lo divide dagli altri fabbricati civili dell’isolato. Il tratto principale, contiguo alla facciata della chiesa, conteneva gli uffici, con la cancelleria, gli archivi, e gli alloggiamenti del personale addetto alla custodia. Al centro, verso il cortile, sporgeva il corpo poligonale della cappella, in asse con l’androne d’ingresso. Le due campate iniziali, adiacenti alla chiesa, pur inserite nel nuovo edificio, non appartenevano al Carcere, ma alla casa canonica. Questa era collegata da un passaggio, lungo il fianco della chiesa, alla vecchia sagrestia, sulla via retrostante, unita all’altro tratto del Carcere, destinato, con l’ala minore, alle celle. Il passaggio adiacente al fianco della chiesa è il resto del chiostro quattrocentesco, con gli archi murati, che continua anche sul lato della sagrestia, a est.
Ad accogliere il pubblico è lo Sciamano della Grotta di Fumane, scelto come simbolo del museo stesso. Ma sono molti i motivi e i tesori che dovrebbero spingere il pubblico a venire a visitare l’Archeologico, come spiega ad archeologiavocidalpassato.com la neodirettrice Giovanna Falezza.

Nella prima sezione cronologica, il Paleolitico, fase in cui anche il territorio veronese è testimone della piena espansione delle popolazioni neandertaliane e dell’Homo sapiens in Europa, il Museo racconta le prime forme d’arte e la vita di queste popolazioni di cacciatori e raccoglitori, accogliendo preziosi reperti di due siti di grande rilevanza a livello europeo: la Grotta di Fumane, con le sue pietre dipinte – prima fra tutte, lo sciamano -, e Riparo Tagliente.

Nella seconda sezione cronologica, il Neolitico, fondamentale fase della preistoria in cui i gruppi umani passano da un’economia basata essenzialmente su caccia e pesca all’introduzione di agricoltura e allevamento e quindi alla possibilità di produrre il cibo per il proprio sostentamento, spiccano i reperti dal sito veronese di Lugo di Grezzana che proiettano i visitatori nella vita di un villaggio neolitico, mentre i rinvenimenti da altri siti veronesi li introducono ai rituali funebri e agli oggetti dedicati al culto.

Nella terza sezione cronologica, l’Età del Rame, momento della preistoria in cui l’Uomo scopre la possibilità di utilizzare un metallo – il rame, appunto – per realizzare armi e strumenti, troviamo la capanna di Gazzo Veronese, la necropoli recentemente scoperta di Nogarole Rocca, statue-stele e preziosi corredi tombali dal territorio veronese che accompagnano i visitatori nella prima “età dei metalli”.

Nella quarta ed ultima sezione aperta al pubblico, la più articolata, l’Età del Bronzo, fase in cui le comunità umane, oltre ad introdurre l’uso del bronzo per la costruzione dei propri oggetti, diventano sempre più numerose, articolate ed interconnesse tra loro, il Museo racconta la vita di questi abili artigiani e costruttori: l’enorme pozzo di Bovolone, valorizzato con un gioco di luci, campeggia al centro della sala dedicata ai villaggi; attorno, alcuni modellini raccontano le antiche tecniche edilizie, mentre reperti eccezionali parlano al visitatore della vita e del lavoro di tutti i giorni.

Questa sezione accoglie una vetrina dedicata alla tre palafitte UNESCO della provincia di Verona, oltre ad una serie di reperti in legno dal sito di Vallese di Oppeano, eccezionalmente conservati. L’articolata vita dell’Età del Bronzo viene poi raccontata nelle sale seguenti, con una serie di reperti derivati dagli scambi con il mondo europeo e mediterraneo, e con gli eccezionali rinvenimenti dalle necropoli veronesi. Fra tutte, si ricorda quella di Olmo di Nogara, con le raffinate spade di bronzo deposte al fianco dei guerrieri. Infine, il Museo racconta quella che doveva essere l’antica ritualità, con un’ultima sala dedicata ai “doni agli dei” dell’Età del Bronzo.
Verona. L’attesa è finita. Domani si inaugura, e venerdì apre al pubblico, il nuovo museo Archeologico nazionale nell’ex caserma asburgica San Tomaso. Si inizia con la sezione di Preistoria e Protostoria: un percorso da 200mila anni fa al I sec. a.C. Ecco le prime immagini

L’attesa è finita. Il museo Archeologico nazionale di Verona è una realtà. Domani, giovedì 17 febbraio 2022, alle 11.30, si inaugura la sezione “Preistoria e protostoria: agli albori della creatività umana” del nuovo museo Archeologico nazionale di Verona nell’ex caserma asburgica San Tomaso, in stradone San Tomaso, 3. E venerdì 18 febbraio 2022 il museo sarà aperto al pubblico che nei giorni di venerdì, sabato e domenica, dalle 10 alle 18, potrà percorrere 200mila anni di storia. Là dove erano imprigionati i carbonari che lottavano contro l’Impero Asburgico hanno trovato posto infatti le testimonianze più antiche degli insediamenti umani nel territorio veronese, portate alla luce dopo un secolo e più di campagne archeologiche. Si tratta di reperti considerati i primi, eccezionali esempi delle espressioni della civiltà e della creatività umane, che si possono ora finalmente ammirare accompagnati da un chiaro corredo introduttivo. Ricostruzioni fisiche e virtuali, video e altri mezzi di comunicazione multimediale valorizzano questo straordinario patrimonio in bianche teche sovrastate dalle colossali capriate lignee del grande edificio costruito nel 1856 per farne sede carceraria.

I muri perimetrali delle celle sostengono possenti arcate in mattoni, conferendo all’ambiente la sembianza di una chiesa romanica. La Direzione regionale Musei Veneto, cui questo museo statale afferisce, ha investito fondi del ministero alla Cultura per restaurare e mettere a norma l’edificio che si sviluppa su tre piani, compresa la elegante facciata sul lungadige veronese. L’allestimento del nuovo museo Archeologico, affidato all’architetto Chiara Matteazzi su progetto scientifico dell’ex direttrice Federica Gonzato, è iniziato dall’ampio sottotetto dove hanno trovato collocazione le sezioni dedicate alla Preistoria e alla Protostoria, a documentare un lasso di tempo che prende avvio circa 200mila anni fa e si dipana sino al primo secolo a.C. Il piano intermedio accoglierà invece i reperti dell’età celtica e romana, oltre ad uffici, biblioteca e spazi per incontri, mentre il piano terra è destinato a documentare l’età altomedievale.

Domani, all’inaugurazione, con Daniele Ferrara direttore della Direzione regionale Musei Veneto e Giovanna Falezza neo direttrice dell’Archeologico, interverrà il prof. Massimo Osanna direttore generale Musei ministero alla Cultura. “Complessivamente l’investimento supererà i 3 milioni di euro, integralmente finanziati dal ministero alla Cultura”, afferma Daniele Ferrara. “Aperta al pubblico la sezione riservata alla preistoria e alla protostoria, contiamo di avviare molto presto il cantiere per la sezione romana, mentre con fondi assegnati tramite il PNNR metteremo a cantiere anche il piano terra per completare quello che si prefigura come uno dei più importanti musei archeologici italiani”.

Il percorso espositivo della sezione Preistoria e Protostoria, anche grazie a ricostruzioni fisiche e virtuali, video e altri mezzi di comunicazione multimediale, narra le principali componenti storiche del veronese in un arco cronologico compreso tra oltre 100mila anni fa e il 100 a.C. Predisposto con la collaborazione dell’università di Ferrara, dell’università di Trento e della soprintendenza ABAP di Verona, il percorso si articola in una serie di sottosezioni dedicate ai principali siti preistorici e protostorici, dal Paleolitico (rappresentato dalla famosa pietra dipinta, nota come lo “Sciamano”, considerato tra le più antiche rappresentazioni umane sino ad oggi note al mondo, proveniente dalla Grotta di Fumane), passando attraverso il Neolitico e l’età del Rame, fino all’età del Bronzo, con l’esposizione dei materiali provenienti dai siti palafitticoli inseriti nella lista UNESCO del veronese, e all’età del Ferro. L’allestimento si sviluppa in modo lineare, attraverso le diverse sale dei due bracci del terzo piano (dal Paleolitico all’età del Bronzo) fino a confluire nel terzo braccio (dedicato all’età del Ferro).

Tra i molti tesori del nuovo Museo, la neo direttrice dell’istituzione veronese, Giovanna Falezza, segnala la pietra dipinta nota come “lo Sciamano”, assunto a simbolo del nuovo museo. Tra le opere d’arte in ocra rossa rinvenute nella Grotta di Fumane e riferibili all’attività artistica dei primi Sapiens (40mila BP, Paleolitico superiore), la più famosa è questa pietra calcarea sulla quale, in ocra rossa, è raffigurato un personaggio che indossa un copricapo. Questa pietra è, ad oggi, una delle più antiche figure teriomorfe (figure di uomo-animale) del pianeta.

Risale invece all’Età del Bronzo antico, lo straordinario esemplare di vaso a bocche multiple recuperato durante lo scavo archeologico della Palafitta del Laghetto del Frassino presso Peschiera del Garda. Dal medesimo sito provengono anche ceramiche con decorazioni incise, conchiglie, metalli e utensili in osso, pietra e legno. Sempre dal Garda, rinvenuti ad una profondità di circa tre metri, provengono una tazza dell’Età del Bronzo antico e alcuni resti paleobotanici, tra i quali una spiga carbonizzata di farro.

Dal sito di Pila del Brancon, a Nogara, provengono spade ripiegate, cuspidi di lancia, pugnali ed altri elementi laminari contorti, materiali che possono essere riferiti ad una fase iniziale dell’età del Bronzo finale. Notevoli e numerosi gli oggetti da ornamento esposti nel nuovo Museo e tra essi spicca il magnifico spillone scoperto presso la palafitta de La Quercia a Lazise, lungo più di mezzo metro, con larga testa a disco e gambo ritorto.
Verona. Dopo un lungo restauro e decenni di attesa, apre il nuovo museo Archeologico nazionale nell’ex caserma asburgica San Tomaso: si inizia con la ricca sezione di Preistoria e Protostoria, con lo Sciamano di Fumane, simbolo del museo


Le eleganti architetture dell’ex caserma asburgica, sede del nuovo museo Archeologico nazionale di Verona (foto drm-veneto)
Se si apre il sito del museo Archeologico nazionale di Verona e si clicca alla voce “orari”, la risposta è secca: temporaneamente chiuso per restauri. Una situazione che permane da sempre, da decenni: perché in realtà non è mai stato aperto. Da quando lo Stato ha individuato l’ex caserma asburgica di San Tomaso affacciata sull’Adige a Verona come sede dell’istituendo museo Archeologico nazionale per coprire una storica lacuna della città scaligera, dove non c’è alcun museo statale ma solo civici, tutti gli interventi sono stati indirizzati al recupero e al restauro del grande edificio, adiacente alla chiesa di S. Tomaso Cantuariense, una delle testimonianze di architettura civile austriaca meglio conservate a Verona, per renderlo idoneo all’esposizione delle ricchissime testimonianze provenienti dalle ricerche archeologiche effettuate nella città e nel territorio veronese negli ultimi quarant’anni, articolate in un arco temporale che va dalla preistoria alla protostoria, alla fase celtica, alla romanizzazione, fino all’età romano-imperiale. Ma, dopo vari annunci, stavolta ci siamo. Giovedì 17 febbraio 2022, alle 11.30, sarà inaugurato il nuovo museo Archeologico nazionale di Verona nell’ex caserma asburgica San Tomaso alla presenza del direttore regionale Museo Veneto, Daniele Ferrara; del direttore dell’Archeologico, Giovanna Falezza; del soprintendente Abap di Verona, Vincenzo Tinè. Interverrà il prof. Massimo Osanna, direttore generale Musei del ministero della Cultura.

Si comincia con l’apertura al pubblico dell’importante Sezione riservata alla Preistoria e Protostoria. Dal Neolitico all’età del Rame, del Bronzo e del Ferro, con l’esposizione, tra gli altri, dei materiali provenienti anche dai siti palafitticoli UNESCO del veronese. Il percorso espositivo della sezione Preistoria e Protostoria, anche grazie a ricostruzioni fisiche e virtuali, video e altri mezzi di comunicazione multimediale, narra le principali componenti storiche del veronese, compreso tra 50mila anni fa e il 100 a.C. In generale il percorso espositivo si articola in una serie di sottosezioni dedicate alle principali epoche della preistoria-protostoria del territorio veronese, dal Paleolitico (rappresentato dalla famosa pietra dipinta, nota come lo “Sciamano”, proveniente dalla Grotta di Fumane), passando attraverso il Neolitico e l’età del Rame, fino all’età del Bronzo, con l’esposizione dei materiali provenienti dai siti palafitticoli UNESCO del veronese, e l’età del Ferro. L’obiettivo è quello di far percepire il ruolo formativo di questo territorio rispetto al centro urbano di Verona, la cui nascita è l’esito di un percorso storico di lunga durata. L’allestimento si sviluppa in modo unilineare e senza interferenze, partendo dalla sala di orientamento (accessibile dalla scalinata e dall’ascensore) attraverso le diverse sale dei due bracci del terzo piano (dal Paleolitico all’età del Bronzo) fino a confluire nel terzo braccio (dedicato all’età del Ferro).
Roma-Eur. Al museo delle Civiltà si presenta (anche in diretta streaming) il libro “L’eredità umana e scientifica di Mario Bussagli” che raccoglie gli atti del convegno tenutosi nel 2017 in occasione del centesimo anniversario della nascita del grande studioso di Arte orientale, allievo di Giuseppe Tucci

Venerdì 15 ottobre 2021, alle 16.30, in presenza in sala conferenze Pigorini al museo delle Civiltà di Roma-Eur, e in diretta streaming https://youtu.be/O8keeHCsGn0, presentazione del volume “L’eredità umana e scientifica di Mario Bussagli” (Roma 2021) a cura di Marco Bussagli, Paola D’Amore, Pierfrancesco Fedi, Laura Giuliano, Massimiliano A. Polichetti, Filippo Salviati per la collana Il Novissimo Ramusio 27, in co-edizione con il museo delle Civiltà. Dopo i saluti di benvenuto di Loretta Paderni (MuCiv), funzionario delegato dal direttore generale Musei, intervengono Adriano Rossi, presidente di ISMEO-Associazione Internazionale di Studi sul Mediterraneo e l’Oriente; Massimiliano A. Polichetti (MuCiv), coordinatore del museo d’Arte Orientale “Giuseppe Tucci”; Laura Giuliano (MuCiv), curatrice della sezione India e Sud-Est asiatico del museo d’Arte Orientale “Giuseppe Tucci”; Claudio Strinati, già soprintendente storico dell’arte del ministero della Cultura. Saranno presenti Marco Bussagli e i curatori del volume.
Nel 2016, in occasione del centesimo anniversario della nascita di Mario Bussagli (1917-1988), il figlio Marco e un gruppo di allievi di prima e seconda generazione, tutti collegati con la Sapienza università di Roma e/o con il museo nazionale d’Arte Orientale ‘Giuseppe Tucci’ (poi confluito nel museo delle Civiltà e di cui Mario Bussagli ebbe la direzione transitoria nei primi mesi dalla sua istituzione nel 1957-1958), proposero al Dipartimento ISO della Sapienza e a ISMEO – Associazione Internazionale di Studi sul Mediterraneo e l’Oriente la co-organizzazione di un convegno sulla figura dello studioso. Il volume “L’eredità umana e scientifica di Mario Bussagli” (Il Novissimo Ramusio 27, ISMEO- MuCiv, Roma 2021) a cura di Marco Bussagli, Paola D’Amore, Pierfrancesco Fedi, Laura Giuliano, Massimiliano A. Polichetti e Filippo Salviati, raccoglie gli Atti di quel convegno articolato in tre giornate (21 – 23 settembre 2017) e destinato a concludersi nel giorno del genetliaco dello studioso che, nato nel 1917, avrebbe compiuto cento anni, se – il 14 agosto del 1988 – una prematura scomparsa non l’avesse sottratto all’affetto e alla stima dei suoi cari, dei suoi amici e dei suoi colleghi.

Il volume raccoglie trentaquattro contributi a firma di colleghi, allievi e amici del professor Bussagli, che affiancano ricordi personali e aneddoti alla discussione delle più recenti tendenze degli studi archeologici e storico-artistici di cui si è occupato per decenni Mario Bussagli. In particolare studi legati a fenomeni artistici dell’India e dell’Asia Centrale e particolarmente all’arte del Gandhāra, aree d’elezione nelle ricerche bussagliane, si accompagnano – negli Atti che si presentano – all’interesse per il Tibet e agli influssi orientalistici nell’arte occidentale.

Mario Bussagli si formò presso la Scuola Orientale della Sapienza come allievo di Giuseppe Tucci, per divenire poi, dalla fine degli anni Cinquanta, ordinario della Cattedra di Storia dell’Arte dell’India e dell’Asia Centrale. Studioso di fama internazionale, egli “[…] seppe come pochi unire al rigore della ricerca scientifica un raro garbo di divulgatore. Senese di origine, la parlata toscana gli prestò un’innata facilità di parola e di scrittura, che rendono le sue opere, anche quelle più astruse, di lettura facile e piacevole. I suoi interessi spaziarono dall’arte dei Kushana, dell’India e della Cina fino alla natia Siena, nella cui arte e cultura seppe individuare influssi e motivi di origine orientale, rimasti finora inosservati. L’entusiasmo che Mario Bussagli seppe sempre infondere ai suoi discepoli, non rimase senza frutto e non pochi sono i suoi allievi e allieve che continuano, in cattedra, la tradizione da lui iniziata. […]” (Raniero Gnoli, in Le Grandi Scuole della Sapienza, Roma 1994).
Tre frammenti di affreschi parietali trafugati dalle ville di Stabia e altrettanti dalla villa suburbana di Civita Giuliana, recuperati dai Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale, saranno restituiti al parco archeologico di Pompei: cerimonia di consegna al museo Archeologico “Libero d’Orsi” di Castellammare

Tre frammenti di affreschi parietali del I sec. d.C. provenienti dalle Ville di Stabia, recuperati grazie all’azione del comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale, saranno restituiti al parco archeologico di Pompei, martedì 18 maggio 2021 alle 14, con consegna al museo Archeologico “Libero D’Orsi” di Castellammare di Stabia (Na). Alla cerimonia ufficiale interverranno Massimo Osanna, direttore generale dei Musei – Ministero della Cultura; Gabriel Zuchtriegel, direttore generale del parco archeologico di Pompei; Gaetano Cimmino, sindaco della Città di Castellammare di Stabia; Laura Pedio, procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Milano; Roberto Riccardi, generale di Brigata, comandante dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale. Saranno presenti le responsabili della Reggia di Quisisana, Maria Rispoli, e delle Ville di Stabia, Silvia Bertesago. Nella stessa circostanza, inoltre, alla presenza di Nunzio Fragliasso, procuratore della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torre Annunziata (Na); Pierpaolo Filippelli, procuratore aggiunto della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torre Annunziata (Na), saranno restituiti altri tre frammenti di affresco (I secolo d.C.) asportati dalla villa suburbana di Civita Giuliana, fuori le mura di Pompei.
Direzione Generale Musei. Massimo Osanna presenta il Sistema museale nazionale, piattaforma che mette in rete i musei italiani, per conoscersi e farsi conoscere

Archeologo operativo, professore stimato, manager di successo, lo abbiamo conosciuto come direttore generale del parco archeologico di Pompei sempre attento a comunicare al grande pubblico ogni intervento e scoperta nell’area archeologica vesuviana più famosa al mondo. Da qualche mese il ministro Dario Franceschini lo ha chiamato alla Direzione Generale Musei del Mibact. Ed è in questa veste che presenta il “Sistema museale nazionale”, progetto iniziato dal suo predecessore Antonio Lampis, e che ora entra nella fase operativa.
“La Direzione Generale Musei ha lavorato negli ultimi anni per creare il Sistema museale nazionale”, spiega Osanna. “È un progetto ambizioso bellissimo che eredito da chi mi ha preceduto, Antonio Lampis, che ha lavorato con grande passione insieme a dirigenti e funzionari di questa amministrazione da Talitha Vassalli ad Annarita Orsini. E ora grazie a questo lavoro siamo in dirittura d’arrivo. La piattaforma è ormai disponibile, comincia il lavoro di accreditamento. Accreditarsi significa essere un museo degno di questo nome, che quindi può accedere non solo ai finanziamenti, a cominciare da quelli regionali oltre ovviamente quelli statali. Significa lavorare anche su una accessibilità globale, e questo è uno dei requisiti fondamentali. I musei devono essere accessibili: perché hanno un linguaggio idoneo, perché non ci sono barriere architettoniche, perché parlano a tutte le categorie anche a quelle svantaggiate. Questo sarà fatto con le Regioni che hanno lavorato moltissimo a un tavolo comune non solo per elaborare i requisiti ma anche per elaborare tutto il sistema museale nazionale. E quindi adesso la sfida dei prossimi mesi, del prossimo anno, sarà proprio quello di rendere riconoscibili i nostri musei, riconoscibili perché hanno uno standard minimo comune. Questo avviene grazie a una piattaforma che è stata varata proprio in questi giorni, una piattaforma informatica che si è realizzata grazie al sostanziale lavoro di AgID (Agenzia per l’Italia Digitale), questa piattaforma diventa appunto non solo un enorme archivio informatizzato dove i musei accreditati hanno un loro spazio, ma anche un archivio che permette ai musei di entrare in rete. Questo vuol dire portare nel mondo contemporaneo i nostri musei che spesso sono stati percepiti – anche perché, diciamocelo, forse lo era – come dei luoghi polverosi contenitori di oggetti che non parlano, non sanno esprimere, comunicare emozioni e significati. È questo il lavoro che ci aspetta, ci aspetta sia come Direzione Generale Musei sia come singole Regioni che, chi in maniera autonoma perché ha già un programma di accreditamento, chi invece direttamente in connessione con il nostro sistema nazionale elaborato, collaborerà e contribuirà in maniera fattiva a rendere appunto i nostri musei all’altezza di questo nome”.
Massimo Osanna, direttore del parco archeologico di Pompei, passa alla direzione generale dei Musei: “Non abbandonerò Pompei, anzi porterò l’esperienza di Pompei in altre realtà”

Massimo Osanna, direttore generale del parco archeologico di Pompei, sarà direttore generale dei Musei (foto parco archeologico di Pompei)
Il 1° settembre 2020 il direttore del parco archeologico di Pompei, Massimo Osanna, assumerà l’incarico di direttore generale dei musei, come ufficialmente annunciato dal ministro Dario Franceschini, subentrando ad Antonio Lampis a chiusura del suo mandato. “Sono onorato della scelta del ministro Franceschini, della stima manifestatami e soprattutto del riconoscimento per l’attività svolta in questi anni a Pompei”, dichiara il direttore Osanna. “Un impegno grande che ha alle spalle un importante lavoro di squadra. Nei mesi a venire proseguiranno regolarmente le attività in corso, saranno portati a termine gli interventi avviati e gli eventi in programma, fino all’arrivo del nuovo direttore. Non è mia intenzione abbandonare Pompei, ma anzi continuare a seguirla da un altro punto di vista e soprattutto portare l’esperienza qui maturata anche ad altre realtà: dalla manutenzione programmata raggiunta a Pompei, al ruolo fondamentale della ricerca e delle tecniche del restauro nella tutela, al confronto con i grandi musei internazionali verso i quali rapportarsi come “sistema”, lavorando sulla valorizzazione, la comunicazione, la tecnologia e finanche sulla contaminazione tra arte contemporanea e antico. Alla Direzione dei Musei sono chiamato ad una responsabilità ancora più grande nei confronti del patrimonio culturale italiano, che cercherò di adempiere al meglio, in continuità con l’attività di Antonio Lampis, a cui auguro il meglio per il futuro”.














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