Verona. Al museo di Storia naturale presentazione del libro “Il darwinista infedele. Lombroso e l’evoluzione” di Paolo Mazzarello, ultimo appuntamento dell’anno per il ciclo “La Biblioteca di Nemo. Dialoghi di storia e di scienza al museo di Storia naturale di Verona”, a cura di Massimo Saracino e Andrea Tenca
Giovedì 18 dicembre 2025, alle 17, nella sala conferenze “Sandro Ruffo” del museo di Storia naturale di Verona, ultimo appuntamento dell’anno per il ciclo “La Biblioteca di Nemo. Dialoghi di storia e di scienza al museo di Storia naturale di Verona”, a cura di Massimo Saracino e Andrea Tenca, con la presentazione del libro “Il darwinista infedele. Lombroso e l’evoluzione” di Paolo Mazzarello (Hoepli editore). La “Biblioteca di Nemo” quest’anno si è aperta con la presentazione di un libro dedicato ad Achille Forti, naturalista di spicco e illustre mecenate veronese, e si chiude con un’altra figura veronese, fondamentale per la comprensione della sua epoca: il successo delle teorie lombrosiane, a dir poco contraddittorie e discutibili, racconta con straordinaria efficacia la fine dell’Ottocento e riconoscere il loro rapporto con la teoria darwiniana ci permette di comprendere le complesse relazioni tra scienza, società e ideologia. Ingresso libero fino a esaurimento dei posti disponibili. L’iniziativa è realizzata dai Musei Civici di Verona – Museo di Storia Naturale di Verona e Servizio Biblioteche Specialistiche e Archivi Storici dei Musei, in collaborazione con il Dipartimento di Culture e Civiltà dell’Università di Verona e con il patrocinio della Società Italiana di Storia della Scienza.
Il darwinista infedele. Lombroso e l’evoluzione. Una traduzione traditrice, un’opera capitale per la storia del pensiero e due protagonisti della scienza. L’opera in questione è l’Origine delle specie di Darwin. La traduzione è quella francese, apparsa nel 1862, di Clémence Royer, una filosofa liberale e progressista, che giunse nelle mani di un giovane Lombroso, medico militare in procinto di partecipare alla spedizione per la repressione del banditismo in Calabria. A contatto con un mondo aspro e selvaggio, lo scienziato fu tra i primi – se non il primo – ad applicare concretamente in Italia la teoria di Darwin allo studio della natura. Diventato docente a Pavia e poi a Torino, Lombroso non smise mai di utilizzare l’evoluzione come strumento cognitivo. Da una sorgente lontana scaturivano le gerarchie razziali, le popolazioni, i comportamenti abnormi e criminali, l’inferiorità mentale della donna. È su queste basi che Paolo Mazzarello rilegge la visione antropologica di Lombroso, offrendone un’interpretazione suggestiva e originale, che gli consente anche di gettare nuova luce sulla precoce diffusione in Europa delle teorie darwiniane.
Un cratere, un’hydria, un’oinochoe, una lekythos, un askòs… A Venezia soprintendenza e carabinieri del TPC presentano i reperti magnogreci sequestrati in laguna e destinati al museo Archeologico di Vibo Valentia per l’esposizione e la valorizzazione

Dettaglio del “cratere a mascheroni” in ceramica apula a figure rosse, con sovra-dipinture in bianco e in giallo, risalente al IV secolo a. C., sequestrato dai carabinieri del TPC e restituito allo Stato per l’esposizione al museo Archeologico di Vibo Valentia (foto mic)
“Il ritorno a casa: reperti archeologici riconsegnati allo Stato”: mercoledì 17 dicembre 2025, a Venezia, al Salone del Piovego di Palazzo Ducale, sede Sabap, l’incontro dedicato alla consegna di un gruppo di reperti archeologici di eccezionale pregio, recuperati dalla Soprintendenza di Venezia in collaborazione con il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio e la Procura della Repubblica. I dodici beni, provenienti da scavi clandestini, sono stati destinati al museo Archeologico nazionale “Vito Capialbi” di Vibo Valentia, dove saranno valorizzati e resi fruibili al pubblico. I reperti sono stati recuperati dai carabinieri in una casa e in un importante palazzo di Venezia e presso un antiquario di Torino. Tra i beni restituiti figura un “cratere a mascheroni” in ceramica apula a figure rosse, con sovra-dipinture in bianco e in giallo, risalente al IV secolo a. C. La raccolta comprende, inoltre, un’hydria a figure rosse, una kylix a figure nere, un’oinochoe a figure rosse, una lekythos a figure nere, una testina fittile, una “tanagrina”, un askòs a forma umana in terracotta e uno in bronzo, una piccola kore in bronzo, uno specchio in osso con decorazione a sbalzo e un balsamario in vetro verde chiaro.

Il castello medievale di Vibo Valentia ospita il museo Archeologico nazionale “Vito Capialbi” (foto drm-cal)
“La consegna di questi importanti reperti al museo di Vibo”, sottolinea il direttore della direzione regionale Musei nazionali Calabria, Fabrizio Sudano, “è il frutto di una collaborazione virtuosa tra il Nucleo carabinieri Tutela patrimonio culturale di Venezia, la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per la città metropolitana di Venezia, la nostra e altre istituzioni del ministero della Cultura, che desidero ringraziare per la professionalità e la dedizione dimostrate in ogni fase del procedimento. Il lavoro costante del Nucleo Tpc nel recupero dei beni culturali, unito al supporto tecnico-scientifico delle realtà preposte, permette di restituire allo Stato manufatti di straordinario valore storico e identitario, assicurando che tornino a essere patrimonio condiviso della collettività. Tale operazione, tra l’altro, rappresenta l’ulteriore conferma che la tutela diventa davvero efficace quando le istituzioni collaborano in modo continuo e integrato tra loro”. “L’arrivo di questi reperti”, afferma il direttore del “Capialbi”, Michele Mazza, “rappresenta un’ulteriore opportunità per il percorso di valorizzazione che stiamo sviluppando nell’ambito del Grande progetto Beni Culturali, dove sarà possibile prevedere una sala appositamente dedicata ai reperti confiscati e restituiti allo Stato. Si tratterà di uno spazio pensato per raccontare non solo il valore storico e artistico dei manufatti, ma anche l’impegno quotidiano delle istituzioni nella lotta al traffico illecito e nella difesa del patrimonio culturale. L’assegnazione al nostro Museo conferma il ruolo che esso riveste come presidio di tutela, ricerca e memoria”.
Un libro al giorno. “Principi imperatori vescovi. La ricerca disegna città e territorio a Canosa” di Raffaella Cassano e Giuliano Volpe: aggiornamento delle conoscenze su Canosa e il suo territorio nelle fasi pre-protostorica, daunia, romana, tardoantica e medievale

Copertina del libro “Principi imperatori vescovi. La ricerca disegna città e territorio a Canosa” di Raffaella Cassano e Giuliano Volpe
È uscito per i tipi di Edipuglia, disponibile anche in open access, il libro “Principi imperatori vescovi. La ricerca disegna città e territorio a Canosa” di Raffaella Cassano e Giuliano Volpe. Nel 1992 si tenne a Bari nel complesso di Santa Scolastica la mostra “Principi imperatori vescovi. Duemila anni di storia a Canosa” e fu pubblicato un corposo catalogo (Marsilio, Venezia). A distanza di oltre trent’anni questo volume presenta un’ampia sintesi dei risultati conseguiti dalle ricerche più recenti e un aggiornamento delle conoscenze su Canosa e il suo territorio nelle fasi pre-protostorica, daunia, romana, tardoantica e medievale, grazie anche all’apporto di nuovi filoni d’indagine, alle attività di tutela e valorizzazione degli istituti territoriali del ministero della Cultura e ai progetti di ricerca sistematica condotti dalle équipe archeologiche delle università di Bari e di Foggia, di altri atenei e istituti di ricerca italiani e stranieri. Quella presentata in questo libro è “una straordinaria microstoria che contribuisce a ripercorrere secoli di vicende e di uomini che hanno segnato l’Italia meridionale, e non solo, e la cui memoria deve essere conservata e trasmessa, perché strumento per prendere consapevolezza di una identità complessa” (dalla Premessa di Angela Pontrandolfo). “Merita di essere sottolineata l’importanza che in questo contesto rivela la città di Canosa, il cui patrimonio storico, archeologico e paesistico si presta ad essere protagonista di un progetto organico e multivocale proprio in virtù della quantità e della qualità delle ricerche che lo hanno contraddistinto in questa ultima generazione” (dalla Prefazione di Daniele Manacorda).
Roma. Al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia al via “Natale all’ETRU”, la proposta culturale pensata esclusivamente per i possessori della EtruCard. E c’è ancora tempo per abbonarsi
Al via “Natale all’ETRU”, la proposta culturale pensata esclusivamente per i possessori della EtruCard: un modo per ringraziare chi ci sostiene e contribuisce, con la sua presenza, alla vita del Museo, attraverso esperienze esclusive fatte di percorsi tematici, approfondimenti speciali e dialoghi diretti. Oltre il percorso ordinario, per scoprire le collezioni con uno sguardo privilegiato perché essere abbonati significa far parte della comunità del Museo, condividere la sua missione, viverlo da protagonisti. Prenotazioni all’indirizzo mn-etru.comunicazione@cultura.gov.it. E per chi non è abbonato? Sarà possibile sottoscrivere l’abbonamento direttamente in biglietteria e partecipare subito alle visite dedicate. E fino al 6 gennaio 2026 l’abbonamento è acquistabile ad un prezzo promozionale! ABBONATI ORA!
PROGRAMMA DELLE VISITE. Venerdì 19 dicembre 2025, alle 17, “Dalla protostoria alla storia, la nascita delle aristocrazie. Il caso di Veio” a cura di Mafalda Risoluti; sabato 20 dicembre 2025, alle 11, “Banchettando con gli Etruschi: cibi e bevande del passato” a cura di Francesca Mazzoncini; venerdì 26 dicembre 2025, alle 17, “Come parlavano gli Etruschi?” a cura di Luigi Corbelli; sabato 27 dicembre 2025, alle 11, “Passeggiando nel tempo: arte, storia e archeologia a Villa Giulia” a cura di Martina Monni; venerdì 2 gennaio 2026, alle 17, “Tanaquilla e Lucrezia Romana, donne tra Etruria e Roma” a cura di Chiara Cecot; sabato 3 gennaio 2026, alle 11, “Teatro d’acque. Dalla Vigna al Ninfeo” a cura di Simone Lucciola.
Bacoli (Na). Al museo Archeologico dei Campi Flegrei – Castello di Baia presentazione del libro “Verso Cuma” di Marcello Gigante e Valeria Lanzara con foto di Pasquale Vassallo: antologia interamente dedicata alla letteratura dell’antichità, nel 40mo dell’associazione Aliseo

Mercoledì 17 dicembre 2025, alle 17, nella sala conferenze del museo Archeologico dei Campi Flegrei e Castello di Baia, a Bacoli (Na), presentazione del libro “Verso Cuma” di Marcello Gigante e Valeria Lanzara con le foto di Pasquale Vassallo (Edizione l’Aliseo). Interverranno Fabio Pagano (direttore del parco archeologico dei Campi Flegrei), Stefano De Caro (già soprintendente per i Beni archeologici di Napoli e Caserta e direttore generale per i Beni archeologici del ministero dei Beni culturali), Enrico Gallocchio (archeologo subacqueo e docente universitario), Cristina Canoro (socia co-fondatrice Centro Sub Campi Flegrei) e Vittorio Palumbo (editore e presidente dell’associazione Aliseo). Incontro moderato da Ciro Biondi, giornalista. Protagonisti della pubblicazione sono i poeti e gli storici che nel corso dei millenni hanno lasciato traccia nei Campi Flegrei. Si tratta di un’antologia interamente dedicata alla letteratura dell’antichità. Si parte da Virgilio – il cui segno è caratterizzato dagli inferi – ad autori come Catullo, Properzio, Ovidio, Orazio, Cicerone, Tacito e tanti altri. Il volume, in formato 32 per 32, è stampato su carta pregiata. Completano le foto che misurano 16 per 16 in carta patinata e incollate sulle pagine. La prima edizione di “Verso Cuma” fu pubblicata nel 1991 e conteneva le fotografie di Mimmo Jodice. In quella occasione l’Aliseo “adottò” l’archeologia marina dei Campi Flegrei. Con questa pubblicazione l’associazione Aliseo celebra i suoi primi quarant’anni di attività. Si tratta di un modo per raccontare l’archeologia sommersa e lo sforzo sostenuto per far conoscere l’importante patrimonio dei Campi Flegrei. Da qualche anno Aliseo ha una nuova sede in Cilento.
Un libro al giorno. “Le isole del rifugio: Venezia prima di Venezia” di Sauro Gelichi e Stefano Gasparri che libro ricostruiscono lo sviluppo del ducato veneziano nel corso dei secoli VI-VIII a partire dalle strutture militari bizantine

Copertina del libro “Le isole del rifugio: Venezia prima di Venezia” di Sauro Gelichi e Stefano Gasparri
È uscito per i tipi di Editori Laterza il libro “Le isole del rifugio: Venezia prima di Venezia” di Sauro Gelichi e Stefano Gasparri. Venezia prima di Venezia è l’arcipelago dalle tante isole sulle quali, secondo il mito di fondazione di una delle pochissime città nate durante il medioevo, avrebbero trovato rifugio le popolazioni in fuga dai barbari. Ma la realtà storica è diversa dal mito. All’inizio del medioevo si formò lentamente nella laguna veneta un centro urbano, prima chiamato Rialto e poi Venezia. Un piccolo insediamento lagunare dell’alto Adriatico, erede di una vasta regione dell’impero romano, la Venetia et Histria, che un tempo si estendeva dall’Istria al fiume Adda. Il libro ricostruisce lo sviluppo del ducato veneziano nel corso dei secoli VI-VIII a partire dalle strutture militari bizantine, in un rapporto dinamico sia con i poteri di terraferma (il regno longobardo e poi l’impero carolingio), sia con quelli con base in Oriente e sul mare (Bisanzio, e poi gli Slavi e i Saraceni). Si formò così una comunità politica che nel corso dei secoli IX e X seppe creare le basi per la sua straordinaria crescita commerciale nel Mediterraneo. Il libro mostra anche il volto materiale della nuova città: le case, le chiese, gli edifici del potere pubblico e religioso. Una città che era quasi esclusivamente di legno, con pochi edifici in mattone e pietra, e che – per quanto costruita sull’acqua – di acqua era povera. Così come aveva bisogno di terra e perciò di bonifiche per stare all’asciutto e per allargare lo spazio abitabile. Non meno importante è la descrizione delle traiettorie degli altri insediamenti ‘perdenti’ della laguna – Metamauco, Torcello, Equilo, Cittanova – in un momento in cui la competizione all’interno della laguna non aveva ancora decretato un vincitore.
Torino. Al museo Egizio la “Leggere tra le bende: i tessuti delle mummie-animali votive” con l’egittologa Maria Diletta Pubblico, in presenza e on line. In collaborazione con ACME e l’università di Torino
Il culto degli animali rappresenta uno degli aspetti più sorprendenti della religione egizia. A partire dal Nuovo Regno, milioni di esemplari appartenenti a diverse specie furono mummificati e venduti ai fedeli, affinché potessero offrirli in dono alle divinità corrispondenti in cambio di protezione e benefici. Le mummie animali votive erano spesso costituite da elaborati bendaggi, realizzati con straordinaria perizia, che ne accrescevano tanto il valore simbolico quanto quello economico. Questi raffinati motivi decorativi costituiscono oggi una fonte preziosa per comprendere le competenze tecniche degli artigiani egizi e il ruolo simbolico attribuito ai tessili nella religione egiziana. Il bendaggio, infatti, non svolgeva una funzione puramente decorativa, ma era il mezzo attraverso cui l’animale veniva trasformato in un essere sacro e modellato in una forma idealizzata, immediatamente riconoscibile dalla divinità a cui era dedicato. In questo senso, il bendaggio si configura come l’agente principale della trasformazione materiale e rituale di queste offerte votive. Se ne parla martedì 16 dicembre, alle 18.30, in sala conferenze del museo Egizio di Torino, con accesso da via Maria Vittoria 3M, nella conferenza “Leggere tra le bende: i tessuti delle mummie-animali votive” con l’egittologa Maria Diletta Pubblico, nuovo appuntamento con le conferenze organizzate con l’Associazione ACME, Amici e Collaboratori del Museo Egizio. Partendo dalle più recenti indagini condotte nell’ambito del progetto europeo SEAMS “A Study of Egyptian Animal Mummy Styles” (HE-MSCA-PF-GF: 101105365), la conferenza esplora il ruolo dei tessili nel contesto delle mummie animali votive, analizzando le tecniche di produzione dei bendaggi, le varianti stilistiche e i significati rituali connessi alla trasformazione di queste offerte. Un viaggio attraverso un’intricata rete di gesti, saperi e credenze che rende i bendaggi un luogo privilegiato d’incontro tra maestria artigianale e dimensione sacra. Ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria su Eventbrite al link https://www.eventbrite.it/…/leggere-tra-le-bende-i… La conferenza sarà trasmessa anche in streaming sulla pagina Facebook e sul canale YouTube del museo Egizio di Torino. Il programma di incontri è realizzato in collaborazione con il Dipartimento di Studi Storici dell’Università di Torino.
Maria Diletta Pubblico è ricercatrice post-dottorato Marie Skłodowska-Curie presso il museo Egizio e Visiting Associate Researcher presso l’Università della California, Los Angeles. È inoltre Visiting Scholar presso l’Università di Lund, l’Università di Copenaghen e il CNR di Roma. Ha conseguito un dottorato di ricerca e un post-dottorato in Egittologia e ha maturato esperienza lavorando presso l’Egypt Exploration Society di Londra e in numerose missioni archeologiche in Italia (Pompei, Cuma, Roma) e in Egitto (Saqqara, Abu Ghurab, Asyut, Luxor). I suoi interessi di ricerca si concentrano in particolare sulla religione, la cultura materiale e il ruolo degli animali nell’antico Egitto, temi sui quali ha pubblicato estensivamente.
Roma. In Curia Iulia presentazione della guida astronomica “Roma. Seconda Stella a destra” a cura di Giangiacomo Gandolfi, Nicoletta Lanciano, Francesca M. Aloisio, Maria Teresa Menna, Valeria Cappelli, volume della collana di guide curata dall’INAF – Istituto italiano di Astrofisica
Di astri, pensieri antichi sulle stelle e 6 itinerari tra scienza, astronomia e arte per un viaggio che porterà i lettori a riscoprire quartieri del centro di Roma e monumenti celebri, ma anche luoghi un po’ segreti. Se ne parla martedì 16 dicembre 2025, in Curia Iulia, alle 16.30, in occasione della Giornata Nazionale dello Spazio, con la presentazione del libro “Roma. Seconda Stella a destra”, la collana di guide astronomiche “Seconda stella a destra” curata dall’INAF – Istituto italiano di Astrofisica che accompagna a scoprire i luoghi “celesti” custoditi nelle città italiane, lungo itinerari tra arte, turismo e scienza, disponibile al momento per le città di Roma, Padova, Firenze, Palermo. In Curia Iulia dunque, un focus speciale dedicato alla guida astronomica di Roma, a cura di Giangiacomo Gandolfi, Nicoletta Lanciano, Francesca M. Aloisio, Maria Teresa Menna, Valeria Cappelli, con illustrazioni di Andrea Meneghetti. ingresso libero da largo della Salara Vecchia con prenotazione obbligatoria fino ad esaurimento posti al link https://secondastellacuria.eventbrite.it. Dopo i saluti istituzionali di Simone Quilici, direttore del parco archeologico del Colosseo, e l’introduzione di Astrid D’Eredità, parco archeologico del Colosseo, Intervengono gli autori: Giangiacomo Gandolfi, astrofisico, Responsabile Museo, Biblioteca e Archivio Storico INAF Osservatorio Astronomico di Roma; Nicoletta Lanciano, docente di Didattica delle scienze e Didattica della geometria e dello spazio, Sapienza Università di Roma; Francesca M. Aloisio, primo tecnologo e responsabile valorizzazione INAF. Sei itinerari tra scienza, astronomia e arte per un viaggio che vi porterà a riscoprire quartieri del centro e monumenti celebri ma anche luoghi un po’ segreti. Dalle simmetrie del Pantheon all’astrologia dipinta a Villa Medici, dalla meridiana che taglia il pavimento di Santa Maria degli Angeli al Colosseo e alla Domus Aurea, orientate con ’il cielo’. Ma anche i luoghi di Galileo Galilei, che a Roma ‘svelò’ il telescopio e subì il famoso processo nella chiesa di S. Maria Sopra Minerva, gli strumenti astronomici della Biblioteca Casanatense e la scienza nascosta a Villa Borghese.
L’archeologa Serena Raffiotta racconta ad “archeologiavocidalpassato.com” la scoperta di Morgantina e la mostra fotografica che ne celebra i 70 anni della scoperta: allestita dall’Archeoclub nel museo di Aidone (En), sarà prorogata fino a gennaio

L’archeologa Serena Raffiotta, in dialogo con Alessandra Cilio, interviene al XV festival della comunicazione e del cinema archeologico di Licodia Eubea (foto graziano tavan)
Il 18 agosto 1955, in contrada Serra Orlando (Morgantina, Aidone, En), ebbero inizio gli scavi sistematici condotti dalla missione americana della Princeton University, sotto la direzione degli archeologi Erik Sjöqvist e Richard Stillwell. Le fotografie di quel giorno raccontano con chiarezza quanto orgoglio e partecipazione la gente di Aidone mise in quell’evento: un’intera comunità riunita attorno alla rinascita di Morgantina. Il 18 agosto 2025, a 70 anni esatti da quel momento, al parco archeologico di Morgantina si è rivissuto quello stesso spirito: “Morgantina, 70 anni di scavi, storie e scoperte. 1955-2025”, una giornata di memoria, festa e identità condivisa. Serena Raffiotta, archeologa, socia ricercatrice del museo Archeologico regionale di Aidone, è stata ospite speciale al XV festival della Comunicazione e del Cinema archeologico di Licodia Eubea, nella sessione di Catania. E qui l’abbiamo incontrata per raccontare ad archeologiavocidalpassato.com la storia degli scavi e la mostra “Un re tra le rovine. Gustavo Vi Adolfo di Svezia a Serra Orlando e la scoperta di Morgantina. 1955-2025” promossa ad Aidone dall’Archeoclub Aidone Morgantina con il parco archeologico di Morgantina e della villa romana del Casale. Con un annuncio: la mostra sarà prorogata fino a un evento di chiusura a gennaio 2026.
“Quest’anno Morgantina compie 70 anni”, ricorda Serena Raffiotta: “70 candeline su questa torta importante. Nel 1955 arrivò nelle campagne di Aidone, contrada Serra Orlando, un gruppo di ricerca dell’università di Princeton con a capo il prof. Erik Sjöqvist, uno svedese, docente di Archeologia classica. Andavano cercando uno spazio dove i loro studenti di archeologia potessero mettere in pratica quello che studiavano nei corsi in università.
E così furono fortunati perché a pochi giorni dall’inizio degli scavi misero in luce un monumento che oggi è il simbolo di Morgantina: la gradinata trapezoidale dell’ekklesiasterion, intuendo di essere arrivati nel posto giusto. Quello fu per loro un grande colpo di fortuna che però confermava quanto avevano già saputo facendo dei sopralluoghi e degli studi sul territorio qualche anno prima. Da 70 anni gli scavi continuano, la missione americana è ancora oggi presente sul sito. Per 40 anni è stata diretta da Malcolm Bell, il professore dell’università della Virginia che ha speso un’intera vita per Morgantina, e oggi – conclude Raffiotta – siamo contenti di averli ad Aidone, in Sicilia, perché comunque hanno investito tantissimo in questo progetto di ricerca importante, pubblicando tutti i risultati, una collana di monografie dedicate a Morgantina, che oggi per tutti gli studiosi di archeologia classica è un punto di riferimento indispensabile”.

La presentazione della mostra “Un re tra le rovine” nel museo Archeologico di Aidone (foto serena raffiotta)

Allestimento della mostra “Un re tra le rovine. Gustavo Vi Adolfo di Svezia a Serra Orlando e la scoperta di Morgantina. 1955-2025” al museo Archeologico di Aidone (foto zagara palermo)
“Per festeggiare con il pubblico i 70 anni della scoperta di Morgantina – ricorda Serena Raffiotta –, lo scorso giugno la sede locale dell’Archeoclub, appunto Archeoclub Aidone Morgantina, in collaborazione con il parco archeologico di Morgantina e della villa romana del Casale, ha allestito una mostra fotografica all’interno degli spazi museali proprio ad Aidone. La mostra mette in luce i primi mesi di ricerca a Serra Orlando quando ancora quelle monumentali rovine non erano riconosciute come i resti di Morgantina. Si parlava di un’anonima città nelle campagne di Aidone. E sono delle foto interessantissime, selezionate dall’università di Princeton che le ha concesse gentilmente in prestito per l’occasione. La mostra è dedicata in particolare al re Gustavo Adolfo VI di Svezia, il re archeologo, così come è conosciuto per la sua passione per il mondo antico e per aver investito ufficialmente, a nome proprio del regno che governava, in ricerche a Cipro, in Italia nella zona etrusca laziale, e in Sicilia proprio a Serra Orlando. Il re di Svezia fu presente ad Aidone nell’autunno del 1955, tra ottobre e novembre, e queste foto adesso in mostra al museo ce lo mostrano in abiti eleganti, passeggiare tra le rovine appena scoperte insieme al professore Sjöqvist, accogliere visitatori provenienti dal paese, incuriositi da quelle scoperte che stavano lì nascoste sotto i loro piedi, esaminare i reperti che venivano in luce, scrivere il suo taccuino – che è pure in mostra in copia al museo di Aidone. La mostra è a ingresso libero, ed è allestita negli spazi museali, quindi gli orari sono quelli di visita del museo, tutti i giorni dalle 9 alle 18, con ultimo ingresso alle 17. Ufficialmente rimarrà esposta fino a fine anno, quindi 31 dicembre, ma abbiamo già avuto informalmente una concessione di proroga perché contiamo di organizzare, sempre a nome di Archeoclub, un evento di chiusura a gennaio. Quindi vi invitiamo a raggiungerci ad Aidone”.
La mostra “Un re tra le rovine. Gustavo Vi Adolfo di Svezia a Serra Orlando e la scoperta di Morgantina. 1955-2025” è stata ideata da Archeoclub Aidone Morgantina, presieduto da Cinzia Randazzo, con la curatela scientifica di Serena Raffiotta, archeologa e studiosa di Morgantina nonché socia di Archeoclub d’Italia, e realizzata in stretta collaborazione con la Missione Archeologica Americana a Morgantina diretta da Alex Walthall, docente al Department of Classics della University of Texas at Austin. Fondamentale è stato il supporto dell’Università di Princeton, rappresentata da Julia Gearhart, direttore delle Visual Resources in seno al Department of Art and Archaeology della Princeton University, e di Leigh Anne Lieberman, Digital Project Specialist dello stesso dipartimento e Data Director della Missione Americana a Morgantina. Grazie alla collaborazione con l’Istituto Svedese di Studi Classici a Roma, un prezioso contributo scientifico al progetto è stato offerto da Frederick Whitling, ricercatore svedese e noto studioso del Re Gustavo. L’evento è organizzato in sinergia con il parco archeologico di Morgantina e della villa romana del Casale di Piazza Armerina diretto da Carmelo Nicotra e con il Comune di Aidone.

Re Gustavo VI Adolfo e il professor Erik Sjöqvist a Serra Orlando (ottobre / novembre 1955) (foto Archivio di Princeton – Morgantina Collection, Department of Art and Archaeology)

Mostra “Un re tra le rovine” al museo Archeologico di Aidone: cassa con attrezzi e oggetti di scavo della missione americana a Morgantina (foto zagara palermo)
In mostra 40 fotografie in bianco e nero, in gran parte inedite, che raccontano la breve permanenza dei Reali di Svezia nel territorio aidonese a ottobre/inizi novembre del 1955, anno in cui un gruppo di archeologi e ricercatori americani diretti dallo svedese Erik Sjöqvist, accademico a Princeton, avviava un progetto di ricerca destinato a rimanere memorabile nella storia dell’archeologia internazionale. In mostra anche un gruppo di documenti inediti degli anni 1953-1955 messi a disposizione dall’archivio di Princeton, un paio di atti ufficiali reperiti presso l’Archivio di Stato di Enna e della corrispondenza privata dall’archivio di Marco Incalcaterra. Sono inoltre esibiti per la prima volta al pubblico alcuni interessanti oggetti dell’epoca di proprietà della Missione Americana a Morgantina, testimonianze di vita quotidiana e ricerca archeologica agli albori della spedizione a Serra Orlando.

Re Gustavo VI Adolfo e il professor Erik Sjöqvist a Serra Orlando (ottobre / novembre 1955) (foto Archivio di Princeton – Morgantina Collection, Department of Art and Archaeology)
“La mostra Un Re tra le rovine”, commenta Cinzia Randazzo, presidente in carica di Archeoclub Aidone Morgantina, “celebra i 70 anni dalla scoperta di Morgantina e racconta un momento storico fondamentale della sua storia. Morgantina è viva, è amata e capace di unire mondi lontani. Questo evento è più di una mostra: è un inno alla cooperazione, alla bellezza di un territorio che non smette mai di raccontare. La cultura è il nostro motore: conoscere il passato per comprendere il presente e costruire il futuro. Un evento che crea ponti oltre i confini e oltre il tempo, grazie all’amore per il patrimonio e alla collaborazione internazionale”.










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