“Le Passeggiate del Direttore”: col 23.mo appuntamento il direttore del museo Egizio, Christian Greco fa un approfondimento sull’evoluzione dell’arte funeraria nell’Antico Egitto

Il direttore Christian Greco mostra il sarcofago di Harua (foto museo Egizio)

Col 23.mo appuntamento delle “Passeggiate del direttore” siamo ancora nel Terzo Periodo Intermedio. Il direttore Christian Greco fa un approfondimento sull’evoluzione dell’arte funeraria nell’Antico Egitto, soffermandosi sui sarcofagi di Harua e Mentuirdis, e su un cosiddetto sarcofago a pilastrini. Durante la XXV-XXVI dinastia si possono trovare sarcofagi con meno decorazione. In quello di Harua, ad esempio, vi è una colonna di testo solo al centro, un collare wsekh e poi non vi è nessun altro tipo di decorazione. “Ma come è possibile tutto ciò?”, si chiede il direttore Christian Greco. “Lo possiamo capire. Un collega norvegese ha scritto un libro molto importante sull’argomento, Anders Bettum, che si chiama “Nesting coffins”. Ovvero per preservare il corpo, per assicurare che il corpo possa essere preservato durante la vigilia della notte. E perché il defunto possa avere tutte le informazioni possibili per giungere nell’aldilà è importante che un sarcofago messo all’interno dell’altro possa avere tutti quei testi di cui ha bisogno. È proprio nell’unità dei vari sarcofagi che il defunto trova tutto ciò di cui ha bisogno”. Anche un altro sarcofago, quello di Menturdis, esposto al museo Egizio accanto a quello di Harua, ha semplicemente una colonna di testo al centro, un collare wsekh, e nessun’altra decorazione. “Vediamo però che nel sarcofago esterno, sui lati, vi sono le divinità canopiche che sono proprio quelle che attendono alla Stundenwachen, ovvero alla vigilia notturna. E se osserviamo poi sul coperchio del sarcofago interno vediamo una bellissima rappresentazione della dea dell’Occidente, Imentet, colei che deve accompagnare il defunto nell’aldilà e fare in modo che possa sopravvivere in eterno”.

Il direttore Christian Greco mostra il sarcofago a pilastrini dell’VIII sec. a.C. (foto museo Egizio)

“Le credenze ovviamente che sono alla base della cultura funeraria dell’Antico Egitto permangono e sono molto solide”, continua Greco, “e forse nessun’altra tipologia di sarcofago ci permette di capirle di più del cosiddetto sarcofago qeresu o sarcofago a pilastrini. Ne abbiamo parlato in una delle prime puntate quando abbiamo visto come i primi sarcofagi erano definiti appunto qereset. E quando abbiamo letto alcune parole del Libro dei Morti di Kha abbiamo visto che il geroglifico qereset viene usato come determinativo per indicare la sepoltura. Questa forma di sarcofago a cassa con il coperchio bombato, con quattro pilastrini ai lati, lo ritroviamo nel VIII sec. a.C. e questa tipologia di sarcofago è stata definita da John Taylor, curatore al British Museum, una specie di cosmogramma. Perché questo sarcofago contiene in nuce tutte le credenze funerarie dell’Antico Egitto, cosicché il defunto possa avere tutto ciò di cui ha bisogno. Andiamo ad analizzarlo iniziando dalla cassa. Nella cassa vediamo ai lati le cosiddette divinità canopiche, coloro che devono preservare durante la Stundenwachen, durante la vigilia notturna, il corpo del defunto. Interessante notare come la cassa sia divisa dal coperchio dal cosiddetto fregio kekeru, fregio che si nota anche all’interno delle strutture architettoniche dell’Antico Egitto. Nelle tombe si trova al di sopra delle pareti, come a dividere le pareti dal soffitto. Il fatto che sia posto qui ci mette subito in allerta, e ci dice che questa tipologia di testi sono i testi che avremmo trovato nelle pareti di una tomba, mentre quello che vi è al di sopra è il soffitto. E infatti proprio questo avviene. Ci sono sulla cassa le divinità canopiche che preservano il copro, e se il corpo è preservato e intatto il defunto può cominciare il suo viaggio ininterrotto assieme al dio sole nella barca solare. Vediamo il dio sole nella sua fattezza diurna che viaggia da Oriente a Occidente, mentre dall’altra parte troviamo il dio sole sempre nella barca, questa volta è la barca notturna del dio sole, e il dio sole viaggia da Occidente a Oriente”.

La lunetta con l’Occidente del sarcofago a pilastrini dell’VIII sec. a.C. (foto museo Egizio)

La lunetta con l’Oriente del sarcofago a pilastrini dell’VIII sec. a.C. (foto museo Egizio)

Nella colonna di testo al centro viene ricordato un capitolo importante dei testi delle piramidi, il capitolo 368, dove si invoca la dea Nut come colei che divide il cielo in due e che può proteggere il defunto e renderlo come un dio senza nemici. “Ecco quindi che davvero questo sarcofago ricalca in toto una camera sepolcrale”, sottolinea Greco. “Ci viene alla mente la scena meravigliosa che troviamo nella camera sepolcrale della tomba di Ramses VI ad esempio dove la dea Nut divide la calotta della camera sepolcrale stessa nel libro del giorno e della notte, e dove vi sono delle raffigurazioni immense che fanno vedere il viaggio del dio sole continuo durante le 24 ore del giorno. Ebbene la cassa preserva il corpo, il coperchio ci parla della dea Nut e ci fa vedere il periplo continuo del dio sole. Ma anche le lunette laterali ci danno elementi importanti. A partire da quella dove vediamo due occhi udjat con un segno nefer al centro. Questa composizione viene letta neferet e significa Occidente. È il luogo in cui si trova la tomba di Osiride. Quindi da una parte l’Occidente, e ovviamente nell’altra lunetta vi è l’Oriente. Così la cosmografia è assolutamente completa. Qui l’Oriente è molto chiaro. Si vede il segno dell’orizzonte. Sopra l’orizzonte c’è il disco solare che viene adorato dai due ba orientali. Qui sorge il sole e da lì sul coperchio infatti parte la barca del giorno. Dall’altra parte il sole tramonta e sul coperchio parte la barca della notte. Si vede quindi che questo è ciò che ogni defunto ambisce ad avere. Il corpo è preservato, e se il corpo è preservato, il defunto, la sua anima, può viaggiare assieme al dio sole per sempre e maat viene mantenuta sulla terra. Anche qui è interessante notare come questi testi, il libro del giorno e il libro della notte, che troviamo nella camera sepolcrale di Ramses VI, o nella camera sepolcrale di Ramses IX, erano prerogativa semplicemente regali, e in questo periodo con il venir meno della forza unificante politica centrale anche delle persone private possono ambire ad avere un testo”.

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Una risposta a ““Le Passeggiate del Direttore”: col 23.mo appuntamento il direttore del museo Egizio, Christian Greco fa un approfondimento sull’evoluzione dell’arte funeraria nell’Antico Egitto”

  1. Italina Bacciga dice :

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