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Torino. Il museo Egizio lancia “Oggetti quotidiani, storie straordinarie. Aiutaci a raccontarle”, la campagna di raccolta fondi per il riallestimento della Sala di Kha e Merit in vista dei 120 anni dalla scoperta della tomba (1906-2026): servono 40mila euro entro ottobre

La Sala 7 del museo Egizio di Torino con i reperti della Tomba di Kha e Merit (foto museo egziio)

Il direttore del museo Egizio di Torino, Christian Greco (foto museo Egizio)

“Oggetti quotidiani, storie straordinarie. Aiutaci a raccontarle”: con questo slogan il museo Egizio di Torino lancia dal 29 maggio 2025 la campagna di raccolta fondi per il riallestimento della Sala di Kha e Merit in vista dei 120 anni dalla scoperta della tomba, avvenuta nel 1906 a Deir el-Medina, ad opera della Missione Archeologica Italiana. L’obiettivo della campagna del museo Egizio è raccogliere 40mila euro entro ottobre 2025, per finanziare le operazioni di riallestimento della sala, che coinvolgerà curatori, restauratori, architetti e designer del Museo. La Sala di Kha e Merit custodisce oltre 460 oggetti, risalenti al Nuovo Regno, e in particolare al periodo tra il 1425 e il 1353 a.C., l’unico corredo funerario intatto risalente al Nuovo Regno custodito fuori dall’Egitto. Kha era il responsabile della costruzione delle opere del sovrano e Merit era la sua consorte e il loro corredo funerario ci restituisce una serie di oggetti che li dovevano accompagnare nel loro viaggio ultraterreno. “La tomba di Kha e Merit”, dichiara Christian Greco, direttore del museo Egizio, “rappresenta un patrimonio archeologico e umano di inestimabile valore. A 120 anni dalla sua scoperta, vogliamo continuare a far vivere il nome di Kha e Merit, raccontando la biografia degli oggetti che loro decisero di portare con sé nella tomba. Ciascuno con il proprio contributo può aiutare a tenerne viva la memoria prendendosi cura di questo nostro patrimonio collettivo”. Questa operazione partecipativa, che si affida alla generosità del pubblico, ma anche di aziende e di enti, rappresenta un invito a diventare parte attiva della vita del museo, contribuendo alla trasmissione di conoscenza e memoria alle future generazioni.

Visitatori tra le vetrine della Tomba di Kha e Merit al museo Egizio di Torino (foto graziano tavan)

Elemento del ricco corredo delal Tomba di Kha e Merit al museo Egziio di Torino (foto graziano tavan)

L’investimento più significativo riguarda la realizzazione delle nuove vetrine, progettate su misura in base alle caratteristiche dei reperti. Raggiungere l’obiettivo della campagna permetterà all’Egizio di finanziare i restauri: dal corredo tessile, che negli anni è stato studiato e catalogato e che per la prima volta verrà esposto nella sua interezza, ai vasi in alabastro e quelli in ceramica decorata, fino alle anfore e i contenitori di unguenti e olii. Tra i reperti che richiedono interventi specialistici ci sono anche gli imponenti sarcofagi lignei esterni di Kha e Merit. Il restauro sarà eseguito in sala, sotto l’occhio dei visitatori. Con questa operazione, il Museo rinnova il proprio impegno nel coniugare cura e accessibilità, invitando il pubblico a partecipare attivamente alla vita dell’istituzione, a scoprire le storie millenarie che raccontano gli oggetti all’apparenza semplici e ad approfondire da vicino l’attività di ricerca e restauro, che il Museo porta avanti sulla propria collezione, attraverso analisi archeometriche, studi sui materiali, approfondimenti sui papiri e confronti con altri contesti funerari.

Dettaglio del Libro dei Morti di Kha, un papiro di 14 metri (foto museo egizio)

Tra i reperti più emblematici della sala, che sarà oggetto di riallestimento, c’è anche il Libro dei Morti di Kha, un papiro lungo oltre 14 metri, oggetto l’anno scorso di un’indagine scientifica, condotta in collaborazione con il CNR e il laboratorio mobile MOLAB dell’infrastruttura europea E-RIHS. Per tre settimane, il manoscritto è stato sottoposto a tecniche diagnostiche non invasive, come la spettrometria Raman e la fluorescenza a raggi X, che hanno permesso di esaminare la composizione dei pigmenti, distinguere gli elementi originali da quelli aggiunti successivamente e individuare interventi di restauro pregressi. L’analisi ha rivelato che il papiro non era stato inizialmente concepito per Kha: in alcuni punti, il nome appare inserito in un secondo momento, talvolta sovrascritto su segni precedenti cancellati. Anche l’apparato iconografico mostra modifiche in corso d’opera, come nel caso della figura di Osiride, sotto la cui decorazione attuale si intravedono elementi originari rimossi. Per valorizzarlo al meglio, il papiro sarà esposto su un piano inclinato a 45 gradi, soluzione che ne facilita la visione da parte del pubblico e ne tutela la conservazione. Parallelamente, è stata avviata l’edizione filologica completa del testo, con traslitterazione, traduzione e commento, contribuendo a una comprensione più profonda delle pratiche scribali e della storia materiale del reperto. Sopra il papiro sarà installata un’infografica che spiegherà i passaggi chiave del testo. Il Libro dei Morti di Kha sarà messo in relazione con il Libro dei Morti di Merit, conservato alla Bibliothèque nationale de France a Parigi. Un confronto tra i due papiri aiuterà i visitatori a cogliere similitudini e differenze, e offrirà una lettura più profonda e completa della cultura materiale e spirituale dell’antico Egitto.

Torino. Il 107.mo Giro d’Italia omaggia l’Egizio nell’anno del bicentenario (1824-2024) e il museo dona al vincitore della prima tappa, Venaria Reale-Torino, una riproduzione 3D della collana d’oro di Kha, l’architetto dei faraoni

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La galleria con la Tomba di Kha al museo Egizio di Torino (foto museo egizio)

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La riproduzione 3D della collana d’oro di Kha per il vincitore della prima tappa del Giro d’Italia 2024, Venaria Reale – Torino (foto rcs)

giro-d-italia_logoIl 107.mo Giro d’Italia rende omaggio al museo Egizio di Torino, e il museo Egizio di Torino rende omaggio al Giro d’Italia. E non potrebbe essere altrimenti. Sabato 4 maggio 2024, la prima tappa della “corsa rosa” da Venaria Reale a Torino, oltre a commemorare il 75.mo anniversario della tragedia del Grande Torino, con un passaggio al colle di Superga, partecipa anche alle celebrazioni per il bicentenario del museo Egizio (1824 – 2024), il più antico museo egizio al mondo. Così al vincitore della prima tappa sarà assegnato uno speciale premio: una riproduzione in 3D della celebre collana di Kha, l’architetto di grandi faraoni della XVIII dinastia di cui a Torino è conservata la mummia e tutto il corredo della sua tomba scoperta da Ernesto Schiaparelli nel 1906. “Un’idea brillantissima del nostro direttore Christian Greco”, ha spiegato Evelina Christillin, presidente del museo Egizio, “di omaggiare la prima maglia rosa con la riproduzione della collana di Kha”.

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La radiografia alla parte superiore del corpo di Kha che mette in evidenza il collare al valore in dischi doro e i grandi orecchini (foto museo egizio)

La collana è ancora avvolta tra le bende della mummia ed è stata “recuperata” grazie alle nuove tecnologie non invasive, come ben illustrato nella mostra “Archeologia invisibile”. Si tratta di un Il collare shebyu, il cosiddetto “oro del valore” era un’onorificenza con il quale il faraone ricompensava i funzionari più capaci.

Torino. Il museo Egizio ricorda con le foto originali d’Archivio la data del 15 febbraio, anniversario della scoperta a Deir el Medina della tomba intatta di Kha e Merit da parte di Ernesto Schiaparelli direttore della Missione Archeologica Italiana

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Tomba intatta di Kha e Merit (Deir el Medina, Egitto): il corridoio di accesso alla camera funeraria al momento della scoperta nel 1906 (foto archivio museo egizio)

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La galleria con la Tomba di Kha al museo Egizio di Torino (foto museo egizio)

Ieri, 15 febbraio 2023, il museo Egizio di Torino ha voluto ricordare questa data molto importante per il museo facendo rivivere i momenti della scoperta con le foto d’epoca dell’Archivio dell’Egizio: in questo stesso giorno, nel 1906, venne ritrovato il pozzo d’accesso alla tomba del “direttore dei lavori” Kha e sua moglie Merit, dove riposavano le mummie dei coniugi circondate dal loro corredo che oggi si può ammirare nelle sale del museo torinese.

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Tomba intatta di Kha e Merit (Deir el Medina, Egitto): ingresso della camera funeraria al momento della scoperta nel 1906 (foto archivio museo egizio)

Infatti, il 15 febbraio 1906, nella necropoli del villaggio di Deir el-Medina, a Tebe Ovest, la Missione Archeologica Italiana, diretta da Ernesto Schiaparelli, scoprì la tomba di Kha e della consorte Merit. La tomba, ritrovata intatta, restituì, oltre alle mummie dei titolari, anche il loro ricco corredo funerario. Kha fu “Soprintendente ai lavori nella Grande Sede” (Necropoli della Valle dei Re), oltre che “Scriba reale”. La sua attività si svolse durante i regni di tre faraoni: Amenhotep II, Tutmosi IV e Amenhotep III, dal 1425 al 1353 a.C.

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Tomba intatta di Kha e Merit (Deir el Medina, Egitto): la camera funeraria al momento della scoperta nel 1906 (foto archivio museo egizio)

Schiaparelli, con il cuore gonfio d’emozione, racconta come “nella camera tutto era in ordine perfetto, nella disposizione medesima che prima di uscire dalla tomba i parenti del defunto vi avevano dato”. Il corredo era infatti intatto e alcuni oggetti erano stati sigillati al tempo di Kha.

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Tomba intatta di Kha e Merit (Deir el Medina, Egitto): la maschera d’oro di Merit al momento della scoperta nel 1906 (foto archivio museo egizio)

Un video realizzato da IBAM CNR – Istituto per i Beni Archeologici e Monumentali con le foto dell’archivio storico del Museo ci fa rivivere il momento della scoperta.

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Tomba intatta di Kha e Merit (Deir el Medina, Egitto): trasporto del corredo funebre nel 1906 (foto archivio museo egizio)

Ernesto Schiaparelli (1856-1928) è sicuramente noto per la direzione del museo Egizio (dal 1894), per la fondazione della M.A.I., la Missione Archeologica Italiana, e per le grandi scoperte avvenute durante le ricerche e gli scavi realizzati in Egitto dal 1903 al 1920, fra le quali spiccano certamente il rinvenimento della tomba della regina Nefertari nella Valle delle Regine e quello della tomba intatta di Kha e Merit a Deir el-Medina.

Vicenza. Al museo del Gioiello inaugurata la mostra “Gioielli e Amuleti. La bellezza nell’Antico Egitto”, collaterale all’esposizione “I creatori dell’Egitto eterno” aperta in Basilica Palladiana. I monili ci parlano di bellezza, cosmesi, religione e magia

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Inaugurazione della mostra “Gioielli e amuleti”. Da sinistra: Marco Carniello, Global Exhibition Director Jewellery & Fashion di IEG; Michela Amenduni, direttore gestionale museo del Gioiello; Simona Siotto, assessore alla Cultura Comune di Vicenza; Francesco Rucco, sindaco di Vicenza; Christian Greco, direttore del museo Egizio; Paolo Marini, curatore del museo Egizio e della mostra (foto comune di vicenza)

La presenza dell’Antico Egitto a Vicenza si allarga. A 24 ore dalla vernice della mostra “I creatori dell’Egitto eterno. Scribi, artigiani e operai al servizio del faraone” in Basilica Palladiana, giovedì 22 dicembre 2022, al piano terra del monumento patrimonio dell’umanità, negli spazi del museo del Gioiello è stata inaugurata la mostra “Gioielli e Amuleti. La bellezza nell’Antico Egitto”, nata dalla collaborazione tra Italian Exhibition Group – che gestisce con il Comune di Vicenza il prestigioso spazio museale all’interno della Basilica Palladiana – e il museo Egizio di Torino. Aperta al pubblico fino al 7 maggio 2023, la mostra racconta attraverso un’ottantina di manufatti e alcuni frammenti il rapporto quotidiano degli antichi Egizi con la cura del corpo, la bellezza, la moda e l’ornamento. Curata dal direttore del museo Egizio Christian Greco con la collaborazione dei curatori Paolo Marini e Cédric Gobeil, “Gioielli e Amuleti. La bellezza nell’Antico Egitto” è collaterale alla mostra in Basilica “I creatori dell’Egitto eterno”, e offre un ulteriore livello di lettura sullo stile di vita degli abitanti di Deir el-Medina, villaggio in cui vissero gli artigiani più apprezzati dell’epoca a cui risalgono le tombe reali della Valle dei Re e delle Regine.

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Locandina della mostra “Gioielli e amuleti. La bellezza nell’antico Egitto” al museo del Gioiello di Vicenza dal 23 dicembre 2022 al 7 maggio 2023

La mostra nasce tra i laboratori e i magazzini del museo torinese, dove sono stati selezionati e analizzati, con sistemi di indagini moderne, alcuni ornamenti e manufatti per la cosmesi. Oggetti in grado di aprire una finestra temporale e geografica su un mondo antico e lontano, dove ancora una volta l’accessorio prezioso, il monile, acquisisce significati e valori molteplici, si presta a simbolo di altro, che sia bellezza, fortuna, potere e magia. Monili utilizzati come ornamento per ostentare lo sfarzo, amuleti dal valore magico e apotropaico, oggetti per la cosmesi e l’igiene. L’esposizione è organizzata in quattro sezioni che offrono l’occasione di ammirare alcuni reperti mai esposti prima. Particolarmente innovativa è la sezione dedicata a KHA e MERIT, coppia illustre vissuta 3600 anni fa che ancora riposa avvolta dalle bende, i cui sarcofaghi furono rinvenuti dal celebre archeologo torinese Ernesto Schiaparelli nel 1905. È la tecnologia, con radiografie e stampe 3D, a svelare oggi, agli occhi dei visitatori del museo del Gioiello, il loro ricco corredo funebre.

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Gioielli dell’antico Egitto esposti in mostra al museo del Gioiello di Vicenza (foto comune di vicenza)

“Gioielli, ornamenti e amuleti, in oro, argento, pietre preziose e altri elementi naturali nell’antico Egitto assumevano valori e funzioni molto differenti a seconda del contesto di utilizzo”, sottolinea Christian Greco, direttore museo Egizio di Torino: “nella vita quotidiana intervenivano nella percezione estetica dell’immagine dell’individuo che li indossava, nei rapporti sociali esprimevano prestigio e affermazione, mentre nella sfera religiosa fungevano spesso da amuleti dal valore apotropaico o propiziatorio. Il filo narrativo della mostra, accompagnato da una serie di scene tratte dalle pitture parietali antico egiziane, in grado di mostrarci i monili nel loro contesto d’uso, accompagna il visitatore, vetrina dopo vetrina, nel mondo della bellezza e della cosmesi prima, in quello della magia dopo, per poi giungere presso un laboratorio sperimentale dove le moderne tecnologie sono state in grado di rendere visibili e materialmente concreti alcuni gioielli che nella realtà sono ancora celati tra le bende delle mummie di Kha e Merit, due illustri personaggi vissuti a Deir el-Medina circa 3600 anni fa”. E il curatore Paolo Marini: “Gli ornamenti e gli amuleti selezionati per il museo del Gioiello nascondono, nella loro minuzia, un valore inimmaginabile oggi. Essi non sono solo la rappresentazione di uno status symbol o la manifestazione della perizia tecnica egizia, ma esprimono anche i sentimenti, i timori e le speranze di un popolo antico attraverso la scelta di forme e materiali dai forti valori simbolici e performativi. Nelle quattro sezioni proposte nel percorso espositivo, questi monili ci parlano di bellezza, cosmesi, religione e magia, ambiti dai limiti indefiniti e lontani dalle categorizzazioni moderne”.

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Gli spazi espositivi che ospitano la mostra “Gioielli e amuleti” al museo del Gioiello di Vicenza (foto comune di vicenza)

“A conferma che la grande mostra in Basilica sull’antico Egitto è stata curata nei minimi dettagli”, dichiara Francesco Rucco, sindaco di Vicenza, “arriva un’esposizione collaterale in grado di aumentare il fascino e la bellezza di questa straordinaria civiltà del passato che ancora oggi sa sbalordire e incantare. Un’appendice che offrirà la possibilità di vedere da vicino le capacità artistiche degli artigiani di migliaia di anni fa, proprio qui nella terra vicentina patria di orafi e gioiellieri. È anche un’occasione per valorizzare, ancora una volta, il museo del Gioiello, prestigioso spazio museale di Italian Exhibition Group, gestito in collaborazione con il Comune di Vicenza. Un evento che consente di arricchire la già ampia offerta del circuito museale cittadino che tante soddisfazioni ci sta dando in questo 2022 in termini numerici per quanto riguarda i visitatori, superiori anche al periodo pre Covid. Ringrazio il presidente di IEG, il direttore del museo e tutti coloro che hanno lavorato per il raggiungimento di questo importante risultato”. E conclude Michela Amenduni , direttore gestionale del museo del Gioiello e responsabile marketing Jewellery & Fashion di Italian Exhibition Group: “Siamo felici di aprire le porte del museo del Gioiello ai vicentini e ai turisti in arrivo in città e presentare il risultato della bella collaborazione con il museo Egizio. Il museo del Gioiello nasce infatti per arricchire e ampliare l’offerta culturale e artistica del Comune e di Vicenza e questo progetto si colloca esattamente in questa prospettiva. Inoltre, assieme a IEG e Vicenzaoro, rappresenta un omaggio all’eccellenza orafa del territorio ed è riferimento per l’intero settore. Grazie a proposte didattiche e laboratoriali mira infatti a coinvolgere sempre di più le nuove generazioni nell’affascinante mondo dell’arte orafa”.

Torino. Conferenza egittologica in presenza e on line con Paolo del Vesco, curatore del museo Egizio su “Schiaparelli a Tebe. Dai primi viaggi ai primi scavi archeologici”

torino_egizio_conferenza-schiaparelli-a-tebe_del-vesco_locandinaErnesto Schiaparelli (1856-1928) è sicuramente noto per la direzione del Museo Egizio (dal 1894), per la fondazione della M.A.I., la Missione Archeologica Italiana, e per le grandi scoperte avvenute durante le ricerche e gli scavi realizzati in Egitto dal 1903 al 1920, fra le quali spiccano certamente il rinvenimento della tomba della regina Nefertari nella Valle delle Regine e quello della tomba intatta di Kha e Merit a Deir el-Medina. Paolo Del Vesco, curatore del museo Egizio di Torino, ci guiderà alla scoperta dei primi e meno noti viaggi compiuti da Ernesto Schiaparelli in Egitto, nel nuovo appuntamento con le conferenze del ciclo “Museo e Ricerca. Scavi, Archivi, Reperti” su “Schiaparelli a Tebe. Dai primi viaggi ai primi scavi archeologici”: giovedì 16 giugno 2022, alle 18, in presenza nella sala Conferenze del museo Egizio (ingresso libero fino ad esaurimento posti) e in streaming sulla pagina Facebook e sul canale YouTube del Museo: https://museoegizio.it/…/schiaparelli-a-tebe-dai-primi…/ Introduce Alessia Fassone, curatrice del museo Egizio.

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Ernesto Schiaparelli da Biella, direttore del museo Egizio di Torino

Meno noti sono i primi tre viaggi di Schiaparelli in Egitto realizzati fra il 1884 e il 1901: due quando l’egittologo era direttore della sezione egizia del museo Archeologico di Firenze e un terzo compiuto invece per conto del museo torinese. Durante questi primi viaggi Schiaparelli visitò numerosi siti lungo il corso del Nilo, studiandone i monumenti, copiando e fotografando iscrizioni e scene, acquistando antichità e realizzando piccoli scavi, ma i suoi interessi si concentrarono principalmente nello studio dei resti archeologici di Tebe, presso la moderna Luxor. Sulle orme dei primi importanti studi realizzati da Pier Roberto Del Francia e Beppe Moiso, e grazie a documenti inediti degli Archivi di Stato di Roma e Torino, fotografie storiche dell’archivio del museo Egizio e alcune note rinvenute in una guida turistica dell’Egitto datata 1881 è oggi possibile ricostruire in modo più dettagliato l’attività di ricerca svolta da Schiaparelli in questi primi viaggi.

Torino. Al museo Egizio due visite guidate con il curatore alla mostra “Figli di Horus proteggete questo ushabti! Il modellino di sarcofago di Kha”, terza esposizione del ciclo “Nel Laboratorio dello Studioso”

Il modellino del sarcofago di Kha esposto nella mostra “Figli di Horus proteggete questo ushabti!” al museo Egizio di Torino (foto museo egizio)
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L’egittologo Paolo Marini (foto museo Egizio)

Cosa c’è di più bello che ascoltare le storie degli oggetti dalla viva voce di chi fa ricerca ogni giorno? Paolo Marini ci aiuta a capire che significato avesse la presenza dei modellini di sarcofago nei corredi funerari degli antichi Egizi. Martedì 21 settembre e martedì 19 ottobre 2021, dalle 16.10 alle 17.10, al museo Egizio di Torino visita guidata con il curatore alla mostra “Figli di Horus proteggete questo ushabti! Il modellino di sarcofago di Kha”, con il nuovo reperto sotto la lente “Nel Laboratorio dello Studioso” visitabile fino al 1° novembre 2021. Per prenotare clicca QUI. Il curatore Paolo Marini, racconta e approfondisce le tipologie e l’evoluzione dei modellini di sarcofago – usati probabilmente fino al 664 a.C. – attraverso gli esemplari più significativi della collezione, ponendo l’accento anche sul tema religioso, in particolare sul ruolo dei figli di Horus, i geni funerari chiamati a proteggere l’ushabti, così come avveniva per il defunto.

Il modellino del sarcofago della tomba di Kha conservato al museo Egizio di Torino (foto museo egizio)

Protagonista della terza esposizione del ciclo “Nel Laboratorio dello Studioso” è il modellino di sarcofago appartenuto a Kha, vissuto nella seconda metà della XVIII dinastia (ca. 1400-1292 a.C.). Il reperto, in legno e ricoperto da vernice nera, costituisce un unicum per il perfetto stato di conservazione, la completezza del set – composto da modellino di sarcofago, ushabti e attrezzi da lavoro – e per la conoscenza del contesto di rinvenimento.

Torino. Al museo Egizio la mostra “Figli di Horus proteggete questo ushabti! Il modellino di sarcofago di Kha”, a cura di Paolo Marini, terzo appuntamento del progetto espositivo “Nel laboratorio dello studioso”

Il modellino del sarcofago di Kha esposto nella mostra “Figli di Horus proteggete questo ushabti!” al museo Egizio di Torino (foto museo egizio)

Terzo appuntamento del progetto espositivo “Nel laboratorio dello studioso”, dedicato all’attività scientifica che quotidianamente si svolge sugli oggetti esposti nelle sale e custoditi nei magazzini del museo Egizio di Torino. Da venerdì 3 settembre 2021 è aperta al pubblico la mostra “Figli di Horus proteggete questo ushabti! Il modellino di sarcofago di Kha”. Il tema al centro di questa mostra, che resterà aperta al pubblico fino al 1° novembre 2021, è quello dei modellini di sarcofago, reperti rivenuti in luoghi dedicati al culto del defunto o nelle camere funerarie a partire dal periodo compreso tra la XI e la XII dinastia (1980-1759 a.C.) e, sporadicamente, fino al Terzo periodo Intermedio (1076-664 a.C.), che avevano l’obiettivo di enfatizzare l’identificazione dell’ushabti al loro interno con il defunto. L’esposizione dedicata al modellino di sarcofago di Kha è a cura di Paolo Marini, curatore e coordinatore delle mostre itineranti ideate dal museo Egizio.

Ushabti conservati all’interno del modellino del sarcofago di Kha esposti nella mostra del progetto “Nel laboratorio dello studioso” al museo Egizio di Torino (foto museo egizio)

In particolare, a costituire il centro dell’esposizione è il modellino di sarcofago dell’architetto Kha, vissuto nella seconda metà della XVIII dinastia (ca. 1400-1292 a.C.), e il cui corredo funebre è interamente conservato ed esposto al Museo Egizio. Il reperto, in legno e ricoperto da vernice nera, costituisce un unicum per il perfetto stato di conservazione, la completezza del set – composto da modellino di sarcofago, ushabti e attrezzi da lavoro – e per la conoscenza del contesto di rinvenimento: una tomba intatta scoperta nel 1906 da Ernesto Schiaparelli a Deir el-Medina. Le tipologie e l’evoluzione dei modellini di sarcofago sono raccontate e approfondite nelle restanti quattro vetrine della mostra, che espongono alcuni degli esemplari più significativi presenti all’interno della collezione del Museo. Tra i temi approfonditi anche quello religioso dei figli di Horus, i quattro geni funerari chiamati, come avveniva per il defunto, a protezione dell’ushabti.  

L’allestimento della mostra “Figli di Horus proteggete questo ushabti! Il modellino di sarcofago di Kha” del progetto “Nel laboratorio dello studioso” al museo Egizio di Torino (foto museo egizio)

Nei mesi di apertura della mostra sono inoltre in programma alcune visite guidate con il curatore della mostra: le visite sono programmate per martedì 21 settembre e 19 ottobre dalle 16.10 alle 17.10.  La partecipazione è consentita a un massimo di 20 persone con prenotazione online; il costo è di 7 euro a persona (escluso il biglietto d’ingresso). “Nel laboratorio dello studioso” è un ciclo di mostre per mettere sotto la lente di ingrandimento una serie di reperti della collezione torinese e offrire ai visitatori un approfondimento inedito sulle storie che custodiscono e sulle ricerche realizzate dal museo Egizio di Torino. Ecco il calendario delle prossime mostre che saranno realizzate nello spazio della mostra: NOVEMBRE 2021 – GENNAIO 2022: Gatti, falchi e anguille. I bronzi votivi per mummie animali (a cura di Johannes Auenmüller); GENNAIO – MARZO 2022: Un santuario portatile per la dea Anuket (a cura di Paolo Del Vesco); MARZO – MAGGIO 2022: Il Libro dei Morti di Baki, Scriba del Signore delle Due Terre (a cura di Susanne Töpfer).

Piemonte in zona arancione. Da oggi il museo Egizio è chiuso al pubblico, ma l’attività non si ferma. Disponibile un nuovo virtual tour (gratuito) al cuore della collezione: è possibile scoprire da remoto le sale di Deir el-Medina e della tomba di Kha, tra modelli 3D e approfondimenti video

Da lunedì 1° marzo 2021 la Regione Piemonte passa in zona arancione. Ciò significa che il museo Egizio di Torino, come le altre istituzioni culturali della regione, è costretto a chiudere di nuovo le porte al proprio pubblico. “Ma il museo non si ferma”, assicura il direttore Christian Greco. “La ricerca continua, anzi non si è mai fermata; come continua il dialogo con il nostro pubblico attraverso il sito web e i canali social”. È il museo digitale (rinnovato sito web, piattaforma dei papiri, le schede di 3500 reperti già disponibili, gli incontri on line) che si affianca al museo fisico: “E questo non lo dobbiamo vedere come una situazione contingente, ma rappresenta il futuro: il museo integrato, dove ricerca e comunicazione concorrono a rafforzare la conoscenza delle collezioni e l’approfondimento delle tematiche dell’antico, della conservazione, della promozione, della valorizzazione, del coinvolgimento del territorio”. In questa filosofia si inserisce la proposta del museo Egizio di Torino di implementazione degli strumenti digitali a disposizione del suo pubblico, che non significa solo appassionati ma anche studiosi e studenti: da oggi è infatti disponibile un nuovo virtual tour (all’indirizzo https://virtualtour.museoegizio.it/ ), assolutamente gratuito, che permette di visitare da remoto le sale che costituiscono il vero fiore all’occhiello della collezione torinese, quelle dedicate al villaggio di Deir el-Medina e alla tomba di Kha, che custodiscono reperti preziosissimi frutto degli scavi novecenteschi della Missione Archeologica Italiana. A partire da una serie di foto panoramiche a 360 gradi in alta definizione, il tour virtuale ricostruisce gli ambienti dedicati ai reperti provenienti dalla tomba intatta dell’architetto Kha e di sua moglie Merit, e dal villaggio degli artigiani e degli operai di Deir el-Medina.

La schermata della sala di Deir el Medina con, a sinistra, la planimetria e la posizione del visitatore, e a destra la vetrina con le opzioni di approfondimento (foto museo egizio)

Il virtual tour è il frutto di quasi un anno di lavoro curato da Federico Taverni e Nicola Dell’Aquila, responsabili del patrimonio fotografico dell’Egizio, che durante il lockdown hanno riflettuto su come comunicare al meglio le collezioni. Oltre a potersi muovere tra le vetrine, l’utente ha a disposizione molteplici strumenti che ampliano l’esperienza di visita: a partire da una serie di modelli 3D (circa dieci) degli oggetti esposti, realizzati attraverso la tecnica della fotogrammetria e che offrono la possibilità di osservare i reperti con una precisione e un dettaglio inediti. “Il famoso papiro di Kha, lungo 14 metri”, ricordano ad esempio i due curatori, “è stato scansionato con 45 fotografie, che permettono di ingrandire ogni particolare: uno strumento utile per rispondere a ogni curiosità, ma anche agli interessi degli esperti”.

Grazie al virtual tour si può eccezionalmente entrare nella cappella di Maia, diversamente da quanto possibile nella visita fisica (foto museo egizio)

Tra i reperti disponibili vale la pena di citare la cappella di Maia, nella quale è possibile “entrare” per la prima volta, per osservare da vicino le variopinte pitture. Posizionando il cursore lungo il percorso è inoltre possibile accedere a ben 18 video di approfondimento, per scoprire le sale e i reperti più importanti guidati dalle parole e dalla voce dei curatori del Dipartimento Collezione e Ricerca. Il virtual tour permette inoltre di visualizzare alcune fotografie storiche e di accedere ad ulteriori contenuti tramite i database del Museo. I contenuti video sono disponibili in italiano, inglese, francese e tedesco, così come la navigazione, disponibile anche in arabo.

La schermata della sala della Tomba di Kha nel museo Egizio di Torino con le opzioni per la navigazione del virtual tour (foto museo egizio)

“Questo nuovo strumento è un ulteriore passo nello sviluppo delle nostre attività online, ed è il primo a mettere in dialogo più piattaforme: navigando tra le vetrine è infatti possibile accedere a una molteplicità di risorse del museo, compresi il database della collezione quello della collezione papiri”, dichiara il direttore Greco. “Il virtual tour rappresenta inoltre un tassello di una strategia più ampia volta a sviluppare e accrescere i progetti di digitalizzazione delle collezioni del Museo, assicurando sempre l’accesso a un pubblico il più ampio possibile: perché il patrimonio che custodiamo sia davvero patrimonio della collettività”. E la presidente Evelina Christillin: “In questa fase lo sviluppo di contenuti fruibili online è fondamentale per continuare a raggiungere i nostri pubblici, da quello accademico, fortemente internazionale, a quello costituito dalle tante famiglie e dagli appassionati che ci seguono sui nostri canali digitali. Un obiettivo rientra a pieno nelle finalità di questo virtual tour, che ha inoltre il merito di essere stato sviluppato interamente dal nostro staff, con una qualità fotografica di altissimo livello”.

Torino. Conferenza egittologica con Enrico Ferraris curatore del museo Egizio su “Ritorni celesti nel firmamento d’Egitto: i due orologi stellari del museo Egizio” con la presentazione di un nuovo frammento inedito di tavola stellare diagonale

La locandina della conferenza on line di Enrico Ferraris al museo Egizio di Torino

L’osservazione del moto apparente del firmamento ha dato forma, in Egitto, ad una peculiare concezione circolare del tempo che permea la tradizione religiosa e funeraria egizia. Se ne parla giovedì 14 gennaio 2021, alle 18, al museo Egizio che ospita la conferenza egittologica online “Ritorni celesti nel firmamento d’Egitto: i due orologi stellari del Museo Egizio” tenuta dal curatore Enrico Ferraris. Nel corso della conferenza saranno analizzate due tavole stellari diagonali presenti nella collezione del museo Egizio (Mereru e Iqer) e sarà presentato un nuovo frammento inedito che porta così a 28 il numero complessivo dei documenti, interi o frammentari, esistenti al mondo. La conferenza si terrà in italiano e sarà introdotta da Christian Greco, direttore del museo Egizio. La conferenza verrà trasmessa in diretta streaming sulla pagina Facebook e sul canale YouTube del museo Egizio.

Tavola stellare diagonale conservata al museo Egizio di Torino (foto museo egizio)

L’osservazione del moto apparente del firmamento ha dato forma, in Egitto, a una peculiare concezione circolare del tempo che permea la tradizione religiosa e funeraria egizia. La prima chiara evidenza di un processo di registrazione e traduzione grafica dei moti delle stelle è documentata dalle cosiddette tavole stellari diagonali che decorano i coperchi di sarcofagi datati tra la fine del Primo Periodo Intermedio e l’inizio del Medio Regno (ca. 2000 a.C.) e provenienti principalmente dalla necropoli di Assiut. Una tavola stellare diagonale ha l’aspetto di una griglia nella quale trovano posto i nomi di 36 stelle appositamente selezionate per scandire, con il loro sorgere, le dodici ore della notte nel corso dell’anno; la loro sequenza, si rinnova così idealmente con la levata di Sirio che, a fine luglio, annunciava l’arrivo della piena del Nilo, l’avvio del nuovo anno agricolo e la promessa di rinascita per gli spiriti dei defunti.

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L’egittologo Enrico Ferraris, curatore del museo Egizio di Torino (foto museo egizio)

Enrico Ferraris si è laureato in Egittologia all’università di Torino e poi ha conseguito il dottorato di ricerca a Pisa con una tesi intitolata: “Oggetti celesti e culti stellari nella documentazione figurativa e testuale egiziana”. Ha lavorato per la missione di scavo dell’università di Torino ad Alessandria d’Egitto (2001-2007) e per il ministero degli Affari Esteri italiano al museo Egizio del Cairo nell’ambito del progetto “GEM – Grand Egyptian Museum” (2004). Dal 2013 è curatore al museo Egizio di Torino ed è responsabile del programma di analisi archeometriche dei reperti della tomba intatta di Kha e Merit, denominato TT8 Project (2018-2023). Ha curato la mostra temporanea “Archeologia Invisibile” (attualmente in corso).

“Dalle Alpi alle Piramidi. Piccole storie di piemontesi illustri”: nella quarta clip del museo Egizio protagonista a Biella ed Ernesto Schiaparelli direttore del museo Egizio. Sotto la sua direzione la collezione si arricchì di molti reperti, tra i quali il prezioso corredo della tomba di Kha e Merit, frutto di campagne di scavo durate circa 20 anni

Quarta tappa, Biella. Il viaggio proposto dal museo Egizio di Torino tocca Asti con la terza delle otto clip del progetto “Dalle Alpi alle Piramidi. Piccole storie di piemontesi illustri” in collaborazione con il Centro Studi Piemontesi e il patrocinio della Regione Piemonte. “Vi porteremo in giro per il Piemonte per raccontarvi storie di uomini audaci e appassionati di antico Egitto”, spiegano al museo. “Toccheremo tutte le province piemontesi, incontreremo le storie di personaggi vissuti tanto tempo fa: numismatici, viaggiatori, archeologi, architetti e collezionisti che, “parlando” in piemontese (sottotitolata in italiano), racconteranno perché c’è un museo Egizio proprio a Torino!”. La quarta puntata è dedicata a Biella ed Ernesto Schiaparelli, raccontata in piemontese da Albina Malerba, direttrice del Centro Studi Piemontesi. Ernesto Schiaparelli, il fondatore della Missione Archeologica Italiana in Egitto, nasce a Occhieppo Inferiore (Biella) il 12 luglio 1856 e muore a Torino il 17 febbraio 1928. Dal 1881 al 1894 fu direttore della sezione egizia del Museo Archeologico di Firenze, per poi essere nominato direttore del museo Egizio a Torino, carica che resse fino alla morte. Sotto la sua direzione la collezione si arricchì di molti reperti, tra i quali il prezioso corredo della tomba di Kha e Merit, frutto di campagne di scavo durate circa 20 anni.

Ernesto Schiaparelli da Biella, direttore del museo Egizio di Torino

Occhieppo Inferiore, provincia di Biella, primi di dicembre 1905. Ernesto Schiaparelli sta risalendo il viale acciottolato che va verso la chiesa. Quando riesce a passare qualche giorno nella casa dove è nato, ritrova la tranquillità che serve a chi progetta grandi imprese. Non sente l’aria gelida del tardo pomeriggio invernale perché la sua mente è in Egitto. Con quell’aspetto severo e con lo sguardo che scruta, da quando è direttore del museo Egizio si dedica anima e corpo ad arricchire la collezione torinese. Ma è convinto che la strada non sia più quella di acquistare le antichità bensì di trovarle con gli scavi archeologici. Per questa ragione e con il sostegno di Vittorio Emanuele III, da un paio di anni ha avviato la prima Missione Archeologica Italiana, che ha già portato grandi frutti. In Egitto è di casa, al Cairo ha maestri e amici importanti che gli danno consigli preziosi ma è molto preoccupato: l’ultima campagna di scavo finanziata dal re in persona è terminata nel 1905, or ai fondi scarseggiano, le spese crescono e l’unica speranza è che il ministero dell’Istruzione pubblica conceda una copertura finanziaria. Schiaparelli, che è un fervente cattolico, non sa più a che santo votarsi per raggiungere il suo scopo. E ha ragione da vendere perché una grande scoperta è vicina. Sono mesi che dall’arida e deserta terra egiziana non emerge più nulla, la fortuna pare essere contraria e gli operai continuano a imbattersi in tombe dove i saccheggiatori hanno già fatto man bassa di oggetti preziosi. Eppure a Deir el Medina, dove stanno scavando senza sosta, lo raggiunge una notizia che gli fa drizzare le orecchie. A metà dicembre 1905, l’egittologo biellese riparte per l’Egitto, intende spronare collaboratori e operai a non perdersi d’animo. Rievoca il racconto di Giacobbe che attese sette anni per trovare la sua Rachele: “E così sarà per noi” va ripetendo l’archeologo. “La nostra attenzione è stata attirata da una valletta che sbocca al centro della valle maggiore”, gli scrivono dallo scavo. “In alto si vede una struttura a piramide che racchiude una cappella dipinta di grande bellezza. Quale segreto si cela?”. Verso la metà di febbraio 1906, una porta in legno al fondo di un angusto corridoio sotterraneo svela una delle più grandi scoperte dell’egittologia mondiale: la tomba intatta di Kha e della sua sposa Merit, un magnifico corredo intatto di oltre 500 oggetti rimasti sepolti per oltre 3000 anni. Degli oltre 30mila reperti che dal 1903 al 1920 giungono a Torino grazie alla Missione Archeologica Italiana, questo tesoro rimane tra i capolavori più ammirati del museo Egizio, dove ancora oggi impera lo spirito di questo nostro scienziato che ha regalato lustro al Piemonte e all’Italia tutta.