Bologna. Al museo Archeologico si presenta il progetto “OLTRE LE BENDE: storia di un antico egiziano. Progetto per la Collezione egiziana di Giuseppe Acerbi, Museo della Città e delle Collezioni di Mantova”

“OLTRE LE BENDE: storia di un antico egiziano. Progetto per la Collezione egiziana di Giuseppe Acerbi, Museo della Città e delle Collezioni di Mantova”: è il titolo del progetto di recupero, valorizzazione e divulgazione del patrimonio culturale, realizzato congiuntamente da Museo Civico Archeologico | Istituzione Bologna Musei e Musei Civici di Mantova, che sarà presentato ufficialmente martedì 15 giugno 2021 alle 11 al museo civico Archeologico di Bologna. Il progetto è realizzato in collaborazione e grazie al finanziamento del Comune di Mantova con il contributo di Fondazione Banca Agricola Mantovana e Regione Lombardia e vede inoltre le preziose collaborazioni istituzionali con il Dipartimento di Radiologia dell’IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna, l’Istituto per lo studio delle mummie di Eurac Research di Bolzano e la rivista Mediterraneo Antico. Nella Sezione egiziana del museo civico Archeologico di Bologna sarà visibile al pubblico il restauro di una mummia umana di adulto conservata nei depositi del museo dal 1994, appartenente alla straordinaria collezione di antichità egizie, greche, etrusche e romane di Pelagio Palagi (Bologna, 1775 – Torino, 1860). L’intervento conservativo – affidato a Cinzia Oliva, fra i massimi esperti nel restauro dei tessuti antichi e consulente di importanti istituzioni museali – si svolgerà in tre tranche tra giugno e settembre 2021. Durante gli orari di apertura del museo e nel rispetto delle misure di sicurezza finalizzate al contenimento del rischio di contagio da Covid-19, i visitatori potranno osservare dal vivo quali siano le operazioni necessarie al complesso restauro tessile di una mummia egiziana dalla storia millenaria, in parte ancora inedita. Il trattamento conservativo rappresenta la premessa necessaria al trasferimento in sicurezza della mummia, che il museo di Bologna ha concesso in prestito ai Musei Civici di Mantova, unitamente a un prezioso gruppo di 11 bronzetti di divinità egiziane, per arricchire e integrare la Collezione egiziana di Giuseppe Acerbi nella sede di Palazzo San Sebastiano, nell’ambito di un accordo pluriennale di collaborazione scientifica per il piano di riordino complessivo delle collezioni civiche della città lombarda.
Cividate Camuno (Bs): aperto il museo Archeologico nazionale della Valle Camonica, una nuova e più adeguata sede per una delle realtà archeologiche più sorprendenti dell’arco alpino, punto di partenza e di arrivo del percorso della Valle Camonica romana


I brevi percorsi che uniscono il museo Archeologico nazionale della Valle Camonica al parco archeologico del teatro e dell’anfiteatro e al parco archeologico del santuario di Minerva (foto drm-lombardia)

Il parco archeologico del teatro e dell’anfiteatro di Cividate Camuno (Bs) (foto drm-lombardia)
Il gran giorno è arrivato per Cividate Camuno (Bs) e per tutti gli appassionati di archeologia romana: oggi, 11 giugno 2021, apre il nuovo museo Archeologico nazionale della Valle Camonica. Che a sua volta è punto di partenza e di arrivo del percorso della Valle Camonica romana, che a Cividate Camuno ha come altre tappe lo spazio del foro in parte visibile nell’area archeologica in via Palazzo e il Parco Archeologico del teatro e dell’anfiteatro, e poi spinge a raggiungere, poco lontano, il Parco Archeologico del Santuario di Minerva da cui proviene l’imponente scultura della dea. Nato dalla volontà e dagli sforzi del Comune e della Direzione regionale Musei Lombardia, non avrebbe visto la luce senza la condivisione di intenti con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Bergamo e Brescia e i contributi di Regione Lombardia e della Comunità Montana di Valle Camonica e soprattutto senza la passione dei tanti cittadini che ne hanno seguito, a vario titolo, la realizzazione sentendolo da subito come proprio. Da una lunga apertura vetrata chi è fuori, sulla piazza, può vedere uno dei capolavori del museo, la statua di Minerva, dal Santuario di Spinera di Breno. Si tratta di una scelta che sottolinea come non ci sia cesura tra “dentro e fuori”, ma una osmosi continua, ribadita anche dall’area archeologica di Porta Castello nel cortile interno dell’edificio. L’area, con una copertura a scorrimento orizzontale che ripropone la città antica attraverso una grafica colorata, non è parte del museo ma è concepita come luogo cerniera, che vive in relazione al Museo, al bar, agli spazi ricreativi annessi.


Il poster creato per il nuovo museo Archeologico nazionale della Valle Camonica a Cividate Camuno (Bs) (foto drm-lombardia)
A quarant’anni dall’inaugurazione avvenuta il 5 luglio 1981, a sei dall’idea di un nuovo museo e tre anni dopo l’avvio ufficiale dei lavori nell’autunno 2018 a Cividate Camuno, antica Civitas Camunnorum, apre le porte il rinnovato museo della Valle Camonica romana, una nuova e più adeguata sede per una delle realtà archeologiche più sorprendenti dell’arco alpino. “Il nuovo museo, collocato nel centro storico, con un percorso razionalizzato ed ampliato rispetto alla vecchia sede, risponde a molteplici esigenze”, interviene Emanuela Daffra, direttore regionale Musei Lombardia del ministero della Cultura: “innanzi tutto a quella di dare spazio ad un patrimonio, quello emerso dagli scavi, in continua crescita; poi a quella di aggiornare i percorsi rispetto all’affinarsi degli studi e ai nuovi orizzonti della disciplina; infine, ma non da ultimo, per avvicinare un pubblico che ha abitudini visive, stili e modelli di conoscenza completamente diversi rispetto agli anni Ottanta ed in continua evoluzione. I luoghi espositivi non sono neutri e sono il basso continuo che guida il dialogo tra oggetti e visitatori”.


A Cividate Camuno (Bs) apre il nuovo museo Archeologico nazionale della Valle Camonica (foto drm-lombardia)
Una nuova sede, un nuovo racconto. La nuova sede del museo sorge nel centro storico di Cividate Camuno, in un ex convento, poi sede dell’Incubatore d’Imprese, proprio di fronte alla Chiesa Parrocchiale, nel cuore della Civitas romana e dell’abitato medioevale, come dimostrano i resti rinvenuti nel cortile. È una collocazione che concretizza con evidenza visiva la stratificazione storica del territorio e ne ribadisce la continuità, facendo del museo il centro vivo di una archeologia diffusa, che lo contestualizza e lo spiega. Il progetto architettonico invece si è dovuto confrontare con la rifunzionalizzazione di un immobile inespressivo, manomesso e che non nasceva per fini espositivi. “A scala architettonica, l’azione di progetto ha comportato la trasformazione di una distribuzione paratattica degli ambienti, uffici accessibili da percorsi comuni disposti ad anello su piani sovrapposti, in un percorso sequenziale in cui il visitatore è accompagnato in una narrazione continua attraverso le sezioni del museo”, spiega Ilaria Volta dello studio di architettura Volta di Brescia che ha curato progetto architettonico, museografico e di allestimento. “La trama non è cronologica ma l’approccio è tematico, in accordo con il progetto scientifico. Ogni sezione è connotata da un colore, che ricorre anche nel progetto di allestimento, traducendo le intenzioni del progetto scientifico in un linguaggio nuovo e accogliente. I colori delle sezioni non sono arbitrari, appartengono alla palette Le Corbusier del 1931, con qualche incursione in quella del ‘59 (bianco, nero e oro)”. Al colore è affidato il dialogo tra l’antico e la classicità moderna, in una narrazione senza soluzione di continuità. I colori delle sezioni si armonizzano, secondo la grammatica della tastiera cromatica di Le Corbusier, in accordi tonali con colori-cerniera, che corrispondono alle congiunzioni nel fraseggio del racconto. Le vetrine dell’allestimento si dispongono come scatole “disfatte” nell’atto della sorpresa e della scoperta. Su un nastro colorato i reperti si disvelano e si raccontano nella loro unicità.


Placchetta in bronzo raffigurante una figura schematica su barca solare trainata da uccelli acquatici proveniente dal santuario protostorico di Breno-Spinera (V sec. a.C.): raffigura forse la divinità preromana venerata nel luogo (foto drm-lombardia)
Un incontro di culture, tra continuità e mutamento. Sono esposti i reperti di età romana trovati a Cividate Camuno e nel territorio: materiali degli insediamenti tradizionali, una ricca collezione epigrafica, monumentali elementi architettonici e scultorei, raffinati affreschi dalle domus e ricchi corredi funerari dalle necropoli, con pendenti e amuleti anche in oro e argento, carichi di valenze simboliche. “Il nuovo museo, con rimandi anche ai luoghi vicini, contestualizza i ritrovamenti della Valle Camonica nel quadro più ampio dell’arco alpino, ponendosi così come un museo della romanizzazione delle Alpi”, evidenzia Serena Solano, funzionario archeologo della soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Bergamo e Brescia, direttore dei Parchi della Valle Camonica romana e curatore scientifico del progetto. “Il progetto scientifico ha puntato a raccontare l’incontro di culture, nello specifico quella tra Camuni e Romani, illustrando i cambiamenti e le novità insieme agli aspetti di sovrapposizione e continuità. Il fenomeno della romanizzazione di una vallata alpina è declinato nei suoi molteplici aspetti, dalla trasformazione del territorio, allo sfruttamento delle risorse, ai culti, agli insediamenti, agli aspetti della vita quotidiana, agli spazi pubblici, alla sfera funeraria. Il percorso vuole guidare il visitatore alla scoperta della Valle Camonica romana con un linguaggio che utilizza due registri, uno più didascalico e scientifico e uno più immediato, scandito dalle sezioni colorate e ben distinte, con momenti dedicati anche alla scoperta e al gioco per stimolare la curiosità e la voglia di conoscenza, soprattutto dei più piccoli, attraverso il coinvolgimento attivo e il divertimento”.
8 maggio, la Valcamonica riapre ai turisti. E finalmente con un biglietto unico, il Valle Camonica Pass Incisioni, acquistabile on line, si potranno visitare tutti i parchi di arte rupestre, primo sito Unesco d’Italia e primo sito preistorico Unesco del mondo

8 maggio 2021: la Valcamonica riapre ai turisti i suoi parchi archeologici d’arte rupestre e della romanità. Con una novità: per la prima volta con un biglietto unico, Valle Camonica Pass Incisioni, acquistabile on-line e valido fino al 31 dicembre 2021, sarà possibile visitare tutta la Valle Camonica preistorica, dal 1979 dichiarata Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco, che rappresenta un doppio primato, poiché è stato il primo sito italiano e primo sito preistorico in assoluto inserito nella World Heritage List. Quello del biglietto unico è un traguardo che il territorio della Valle Camonica ha inseguito da decenni, e che viene finalmente raggiunto grazie a un’intesa corale tra tutti gli Enti, con la volontà di superare questo momento drammatico con strumenti integrati e innovativi.

Acquistando il biglietto unico sui siti web dei luoghi coinvolti e sul sito http://www.musement.com, grazie alla collaborazione con TUI Musement – partner tecnologico del progetto – sarà possibile visitare a Capo di Ponte il parco nazionale delle Incisioni rupestri di Naquane, il parco Archeologico nazionale dei Massi di Cemmo, il parco Archeologico comunale di Seradina-Bedolina (con all’interno la raccolta museale “Battista Maffessoli”), e il museo nazionale della Preistoria della Valle Camonica; a Ceto, Cimbergo e Paspardo la riserva naturale delle Incisioni rupestri di Ceto, Cimbergo e Paspardo, e il museo didattico della Riserva; a Darfo Boario Terme il parco Archeologico comunale di Luine. Il tutto al prezzo davvero contenuto di 11 euro, comprensivo di diritti di prevendita. Naturalmente sono confermate le gratuità di legge previste per l’ingresso nei parchi nazionali: under 18, studenti universitari, disabili e loro accompagnatore, guide turistiche. Il biglietto Valle Camonica Pass Incisioni è valido fino al 31 dicembre 2021, con possibilità di un solo ingresso per ciascuno dei siti. E per chi desiderasse invece visitare uno solo dei parchi resta la possibilità di acquistare l’accesso presso ogni singola biglietteria. Ma con Valle Camonica Pass Incisioni, oltre che più semplice e più conveniente, la visita è più completa: ogni parco è il tassello differente di un mosaico che di questa diversità complementare vive. Visitando i parchi e i siti archeologici della Valle Camonica dopo questo lungo periodo di chiusura, si potranno scoprire le molte novità preparate per il pubblico: nuovi percorsi, segnaletica rinnovata, informazioni sempre più puntuali e servizi più ricchi. Per rendere davvero unica l’esperienza che la Valle Camonica offre di entrare in una storia lungo 10.000 anni di arte, cultura e civiltà.

Era il 1955 quando a Naquane, in comune di Capo di Ponte, venne istituito il primo parco archeologico d’Italia attorno ad alcune rocce ricoperte di incisioni risalenti in prevalenza al primo millennio avanti Cristo. Il progredire delle ricerche ha via via fatto emergere altre aree di grande interesse archeologico, situate in differenti comuni della Valle, poco alla volta organizzate in parchi nazionali (dipendenti cioè dal ministero della Cultura), comunali, sovracomunali e regionali. In questa Valle e su queste rocce sono fissati oltre 10mila anni di civiltà dell’uomo, raccontati attraverso un’infinità di simboli, immagini e scene di vita quotidiana. È la “Valle dei Segni”, luogo magico dove i diversi Parchi d’arte rupestre sono inseriti in contesti di grande suggestione, anch’essi riconosciuti dall’Unesco come Riserva della Biosfera per l’importanza della loro biodiversità.

Valle Camonica Pass Incisioni: biglietto unico per i siti Unesco di arte rupestre
Un tesoro di valore universale dunque che si potrà visitare nei suoi aspetti essenziali con un biglietto unico, acquistabile on-line, che facilita il turista nel programmare la sua visita e la sua permanenza in Valle. E questo grazie a un Accordo di Valorizzazione siglato nel 2019 tra Regione Lombardia, Direzione regionale Musei Lombardia, Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Bergamo e Brescia e Comunità Montana di Valle Camonica in quanto ente gestore del Gruppo Istituzionale di Coordinamento dei vari enti territoriali che gestiscono il sito Unesco. Da questo Accordo scaturiscono varie iniziative ed attività sul territorio, tra cui uno specifico Protocollo di intesa tra i vari Enti stipulato nel 2020 e volto a dar vita al biglietto unico on-line Valle Camonica Pass Incisioni.
Cividate Camuno (Bs). L’11 giugno apre il nuovo museo Archeologico nazionale della Valle Camonica che racconta la romanizzazione della valle punto di arrivo e di partenza di itinerari archeologici tra i più belli e articolati dell’Italia settentrionale: dal teatro-anfiteatro al santuario di Minerva, dalla casa romana di Ono S. Pietro casa alpina a Pescarzo di Capo di Ponte
Le immagini scorrono veloci a coprire quarant’anni di storia delle ricerche in Valcamonica: ritagli di giornale ingialliti dal tempo che raccontano di importanti ritrovamenti e auspicano, ancora negli anni Cinquanta del secolo scorso, l’istituzione di un museo Archeologico della Valle Camonica; foto in bianco e nero testimoniano le ricche scoperte archeologiche tra i Camuni e i Romani; rimbalzano tra il borgo che poggia sulla storia e i siti archeologici musealizzati e aperti al pubblico: il santuario di Minerva, l’anfiteatro; e si arriva finalmente al museo Archeologico nazionale della Valle Camonica, e a uno scorcio della sua nuova sede nel cuore di Cividate Camuno che sarà aperto l’11 giugno 2021.

A luglio 2021 saranno giusto quarant’anni dell’istituzione del museo sulla Valle Camonica romana: era infatti il 1981 quando lo Stato apriva degli spazi alla periferia del paese per esporre i preziosi reperti recuperati nel decenni precedenti. E non era un risultato da poco il riconoscimento della presenza massiccia dei romani in valle, perché arrivava a solo due anni dall’iscrizione dell’arte rupestre della Valcamonica al patrimonio mondiale dell’Umanità, prima sito Unesco italiano nel 1979 (pensiamo che il Colosseo e i fori romani sono stati iscritti solo l’anno dopo, nel 1980): alla vigilia della romanizzazione infatti il territorio è abitato dai Camunni, una delle tante popolazioni alpine citate dalle fonti antiche, distinti per l’uso di caratteristici materiali, per una forma di scrittura originale e soprattutto per l’abitudine millenaria di incidere sulle rocce.


Il poster creato per il nuovo museo Archeologico nazionale della Valle Camonica a Cividate Camuno (Bs) (foto drm-lombardia)
Annunciata dunque per l’11 giugno 2021 l’apertura del nuovo museo Archeologico nazionale della Valle Camonica per raccontare la romanizzazione della valle. Tra i capolavori esposti, la grande Minerva e il nudo eroico. Così la Valle Camonica romana – una delle realtà archeologiche più sorprendenti dell’intero arco alpino – avrà un nuovo museo di riferimento, in una più grande e adeguata sede. I lavori per il nuovo museo sono ormai completati a Cividate Camuno, l’antica Civitas Camunnorum, per iniziativa del Comune e della direzione regionale Musei Lombardia, con la collaborazione della soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Bergamo e Brescia e il contributo di Regione Lombardia e della Comunità Montana di Valle Camonica. “Il nuovo museo, fortemente voluto da Stefano L’Occaso che mi ha preceduto, si estende su spazi quadruplicati rispetto alla vecchia sede”, anticipa Emanuela Daffra, direttore regionale Musei Lombardia del ministero della Cultura, “e potrà accogliere in modo finalmente adeguato i reperti già esposti a partire dal 1981 in un primo museo Archeologico, oggi troppo angusto, oltre che dare spazio ad un patrimonio in continua crescita, confermando la ricchezza vitale della ricerca archeologica e il dinamismo dei musei che la raccontano”. La nuova sede del museo sorge nel centro storico di Cividate Camuno, nell’immobile già sede dell’Incubatore d’Imprese, di fronte alla chiesa parrocchiale, nel cuore della Civitas romana e dell’abitato medioevale.


L’anfiteatro riportato alla luce a Cividate Camuno (Bs) (foto drm-lombardia)
Numerosi ritrovamenti, oggi in parte visibili in aree e parchi archeologici che coniugano archeologia e arte rupestre, raccontano una storia straordinaria. Alla fine del I sec. a.C., nell’ambito delle campagne augustee di conquista dell’arco alpino, la Valle entra a fare parte dell’Impero romano. Nel luogo dove oggi si trova l’abitato di Cividate Camuno, viene fondata una città, la Civitas Camunnorum che segna e trasforma radicalmente il territorio e diventa il centro politico di riferimento della Valle. Dopo un’iniziale dipendenza da Brescia il territorio alla fine del I sec. d.C. diventa Res Publica Camunnorum, con piena autonomia politica, giuridica e amministrativa. Della città sono stati riportati alla luce le terme, resti consistenti del foro, diverse domus, le necropoli e il quartiere degli edifici da spettacolo, con un teatro e un anfiteatro.

Oltre la città, numerosi contesti archeologici sparsi in tutta la Valle e riferibili a luoghi di culto, necropoli e insediamenti, consentono di delineare in maniera chiara il quadro del territorio fra età del Ferro ed età romana, evidenziando elementi di contatto, continuità e trasformazione a seguito dell’incontro fra la cultura camuna e quella romana. La straordinaria consistenza, ricchezza e monumentalità del patrimonio archeologico della Valle Camonica romana, emerso con forza dalla metà degli Ottanta del secolo scorso, ha portato ad azioni sinergiche di valorizzazione che sono rientrate nell’Accordo di Programma quadro per la Valorizzazione dei siti di età romana esistenti nella media Valle Camonica stipulato il 22 ottobre 2002 tra soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia, Regione Lombardia, Provincia di Brescia, Comunità Montana e Comuni di Cividate Camuno, Breno, Berzo Inferiore e Bienno. All’interno degli obiettivi dell’Accordo sono rientrati innanzitutto il completamento dell’intervento di scavo e restauro delle strutture degli edifici da spettacolo dell’antica Civitas Camunnorum, avviato fin dal 1984 e culminato nel marzo 2003 con l’inaugurazione del parco archeologico del Teatro e dell’Anfiteatro di Cividate Camuno. Il Parco, esteso per circa 12mila mq, offre un eccezionale spaccato della città antica: in esso sono visibili l’anfiteatro, riportato interamente alla luce nelle strutture perimetrali (l’unico interamente visibile in tutta la regione), e una porzione del teatro, pari a circa un terzo del totale.


Il parco archeologico del santuario di Minerva a Spinera-Breno (foto drm-lombardia)
Nel 2007 il percorso di visita alla Valle Camonica romana si è esteso fino a Breno, con l’inaugurazione del parco archeologico del Santuario di Minerva in località Spinera, scoperto fortuitamente nel 1986. In questo caso il Parco, con una superficie di circa 6mila mq in un contesto paesaggistico di grande fascino, un verde pianoro vicino all’Oglio ai piedi di una rupe rocciosa percorsa da grotte e cunicoli scavati dall’acqua, conserva in situ le strutture monumentali di un tempio di età flavia dedicato a Minerva ad ali porticate con pavimenti a mosaico e affreschi, realizzato su un precedente edificio augusteo, a sua volta impostato su un luogo di culto indigeno all’aperto. Entrambi i parchi sono in capo alla Comune di Cividate Camuno con la collaborazione di soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Bergamo e Brescia e gestiti in collaborazione con gli enti locali. Nel 2009, per collegare i siti i due siti è stata realizzata una galleria “archeologica” lungo il fiume, con una pista ciclopedonale che permette agevolmente di combinare la visita a Cividate Camuno con quella al parco archeologico di Breno in località Spinera.

Nel 2011, grazie a un progetto finanziato con fondi di Regione Lombardia, è stata inaugurata l’area archeologica di via Palazzo, sempre a Cividate Camuno, che conserva i resti di una ricca domus di età giulio-claudia e di un edificio pubblico di epoca flavia affacciato sul foro dell’antica Civitas Camunnorum. Nel 2015, nell’ambito di un progetto cofinanziato da Regione Lombardia e promosso dal Comune di Capo di Ponte, è stata inaugurata anche l’area archeologica con resti di casa alpina a Pescarzo di Capo di Ponte. La casa, datata tra II e I secolo a.C., rappresenta un anello di collegamento importante fra la Valle Camonica romana e quella della preistoria. Sempre grazie a fondi di Regione Lombardia nel 2020 sono stati valorizzati a Ono San Pietro i resti di una casa di età romana e nel giugno 2021, in concomitanza con l’inaugurazione del nuovo Museo, sarà aperta al pubblico l’area con strutture di un edificio di età romana conservato nel cortile dell’immobile sede del nuovo Museo. La ricchezza dei ritrovamenti nel percorso della Valle Camonica romana, che ha il punto di arrivo e di partenza nel museo Archeologico affidato alla Direzione regionale Musei della Lombardia, offre la possibilità di scoprire la romanizzazione alpina attraverso uno degli itinerari archeologici più belli e articolati dell’Italia settentrionale.


Dettaglio della lorica della Minerva di Breno conservata al museo Archeologico nazionale della Valle Camonica (foto drm-lombardia)
“La missione del Museo”, evidenzia Serena Solano, funzionario archeologo della soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Bergamo e Brescia, direttore dei Parchi della Valle Camonica romana e curatore scientifico del progetto del nuovo museo, “è quella di raccontare l’incontro fra Camuni e Romani, illustrando i cambiamenti e le novità insieme agli aspetti di sovrapposizione e continuità. La Valle Camonica infatti esemplifica in maniera straordinaria la romanizzazione di un territorio alpino, attraverso siti ed evidenze archeologiche, anche di carattere monumentale, che consentono di declinare il processo nei suoi molteplici aspetti, dalla trasformazione del territorio, allo sfruttamento delle risorse, ai culti, agli insediamenti, agli aspetti della vita quotidiana, agli spazi pubblici, alla sfera funeraria. Il nuovo museo, con rimandi anche ai luoghi vicini, contestualizza i ritrovamenti della Valle Camonica nel quadro più ampio dell’arco alpino, ponendosi così come un museo della romanizzazione delle Alpi”.

Nelle otto sezioni del nuovo Museo, realizzato su progetto architettonico e di allestimento dello Studio di Architettura Volta di Brescia, sono proposti i materiali di età romana trovati a Cividate Camuno e nel territorio: una ricca collezione epigrafica, importanti elementi architettonici e scultorei e ricchi corredi funerari dalle necropoli, con pendenti e amuleti anche in oro e argento, non solo preziosi ma anche carichi di valenze simboliche. Dalla modestia quotidiana all’enfasi monumentale il museo raccoglie oggetti d’eccezione: la porta carbonizzata in legno risalente al II-I secolo a.C., ritrovata a Pescarzo di Capo di Ponte, una delle meglio conservate per il periodo di tutto l’arco alpino, la statua della dea Minerva dal santuario di Breno, in marmo greco, e un pregevole ritratto maschile in nudità eroica dall’area del foro di Cividate Camuno in marmo locale di Vezza d’Oglio.


Veduta col drone del nuovo museo Archeologico nazionale della Valle Camonica (foto drm-lombardia)
A rimarcare il legame tra museo e storia del luogo una piccola area archeologica, di recente valorizzata cortile interno dell’edificio, offre uno sguardo sulla città antica. Il Museo è perciò cuore, punto di partenza e di arrivo del percorso della Valle Camonica romana che a Cividate Camuno, antica Civitas Camunnorum, ha come altre tappe l’area del foro e il Parco Archeologico del teatro e dell’anfiteatro e non lontano, attraverso un piacevole percorso ciclo-pedonale lungo fiume, il parco archeologico del Santuario di Minerva in località Spinera di Breno. La visita al Museo e alle aree e ai Parchi della Valle Camonica romana, nel cuore della Valle dei Segni, caratterizzata dalla millenaria tradizione dell’incidere sulle rocce, è un viaggio alla scoperta di uno degli itinerari archeologici più affascinanti di tutto l’arco alpino.
I Bronzi di Riace all’Expo 2015? Maroni e Sgarbi li chiedono ufficialmente e spiegano perché non è pericoloso ed è conveniente per la Calabria. Il soprintendente: inamovibili. I restauratori: microfratture, trasporto ad alto rischio. Il ministro: deciderà una commissione. Il Psi: a Milano un ologramma in 3D. Il Pd: decidano i calabresi con un referendum

Il critico d’arte Vittorio Sgarbi osserva i Bronzi di Riace nel museo archeologico nazionale di Reggio Calabria
Ora è ufficiale. Non è più una “boutade” agostana che sa di provocazione: il governatore della Lombardia, Roberto Maroni, e l’ambasciatore delle Belle arti per l’Expo, Vittorio Sgarbi, hanno chiesto ufficialmente al ministro per i Beni culturali Dario Franceschini l’autorizzazione a portare in mostra all’Expo Milano 2015 i Bronzi di Riace. Una richiesta che, come era logico, ha rinfocolato le polemiche con un botta e risposta senza esclusione di colpi, supportati da motivazioni ora tecnico-scientifiche ora politiche, tra i difensori a oltranza dell’inamovibilità dei due Guerrieri (soprintendente e restauratori in testa) e i propugnatori dell’opportunità promozionale dell’esposizione universale meneghina per dei tesori perché comunque non rischierebbero danni (gli organizzatori dell’Expo, ma non solo). Per ora il ministro Franceschini non si è espresso, né a favore né contro, ma ha annunciato la creazione di una commissione competente per dirimere la querelle e dare una risposta definitiva.
“Illustre Signor Ministro, in occasione dell’Expo universale di Milano, la Regione Lombardia intende rappresentare i valori più alti della civiltà artistica italiana. Milano, in questa occasione, non è soltanto il capoluogo della Lombardia ma la capitale culturale d’Italia e una delle più importanti europee. Per questo, come sono presenti i padiglioni di ogni nazione, Milano vuole presentarsi con le testimonianze universali di cui è più alto simbolo la Pinacoteca nazionale di Brera”. Così inizia la lettera al ministro Dario Franceschini del presidente di Regione Lombardia Roberto Maroni e del critico d’arte Vittorio Sgarbi per chiedere il prestito dei Bronzi di Riace. “Così – prosegue la lettera – come era accaduto a Roma più di trent’anni fa, non per ragioni spettacolari, ma per mostrare le radici più profonde della civiltà occidentale, si è pensato, e si chiede di valutare al Presidente del Consiglio e al Ministro dei Beni Culturali, di esporre i due Bronzi di Riace, che soltanto ignoranza e malafede legano esclusivamente alla Calabria. Essi sono bensì patrimonio di tutti, patrimonio nazionale e beni dello Stato”. Secondo i due firmatari della lettera i Bronzi di Riace “sono trasportabilissimi, con tutte le cautele che le opere d’arte chiedono”. E “chi si preoccupa della fragilità dei Bronzi avrebbe dovuto avere il buon senso di non sottoporli a un terzo traumatico restauro in poco più di trent’anni, tanto più inutile e pericoloso di un trasferimento. Confidando nel buon senso e nella responsabilità del ministro, non abbiamo dubbi che la richiesta di prestito verrà accolta”. Sgarbi ha stimato in “5 milioni di euro” la parte di introiti provenienti dalla vendita dei biglietti per la visita dei monumenti che potrebbe essere versato alla Regione Calabria, a titolo di compensazione. Chi è contrario al trasferimento a Milano delle statue, come l’assessore alla Cultura del Comune di Milano Filippo Del Corno, secondo Sgarbi ha delle “motivazioni terzomondiste. È come se dicessero: ‘Noi vogliamo bene alla Calabria, per favore andate a Reggio’. Sono convinto che tra otto mesi Del Corno mi dirà che ho avuto una bella idea. Ci vuole un po’ di tempo”. Secondo Sgarbi “è bizzarro pensare che un visitatore dell’Expo, già stremato da Rampello, Maroni e Sgarbi, prenda un treno e vada a Reggio. ‘Mi dicono che in un paesino che si chiama Reggio ci sono delle statue di bronzo’: questo è quello che pensa uno che viene da Sydney. Li devi prendere a calci nel sedere per farli arrivare a Reggio, i visitatori”.
“A mio avviso sarebbe meglio non farli viaggiare”, interviene Nuccio Schepis, uno dei restauratori dei Bronzi di Riace, a proposito della querelle innescata da Vittorio Sgarbi sulla possibile “partecipazione” dei Bronzi all’Expo di Milano. “Le recenti radiografie hanno dimostrato che i Bronzi di Riace sono pieni di microfratture. Sono meravigliosi vecchi di oltre 2mila anni. Sarebbe meglio non muoverli da Reggio Calabria. Perché non è detto che non possano giungere a Milano dal museo nazionale Archeologico di Reggio Calabria, ma ci sono dei rischi e tutto questo è inconfutabile. Sono come delle persone anziane con problemi alle ossa. Possono rompersi, sfaldarsi, piegarsi. E il guaio sarebbe poi irreparabile”. Schepis poi ricorda che al museo Archeologico di Reggio Calabria possono entrare, per visitare i Bronzi di Riace, al massimo 20 persone per volta. “I Bronzi sono super protetti, super sorvegliati, monitorati quotidianamente per quelle loro “microfessurazioni”. Ma non è sempre facile esaudire le numerose richieste dei visitatori. I gruppi di 20 persone che entrano per i Bronzi di Riace devono attraversare varie sale. In una di queste – spiega il noto restauratore – per precauzione vengono aspirate, per esempio, polveri e tutto quello che potrebbe danneggiare i Bronzi che ‘vivono’ grazie alla creazione di un microclima realizzato ad hoc. Non prevedo folle di visitatori a Milano anche per questo problema”. Schepis infine sottolinea che i Bronzi sono opere rare, nel mondo ce ne sono solo 5. “Potrebbe anche non succedere nulla a Milano – spiega ancora- Ma già solo il viaggio sarebbe un’operazione complessa e delicata proprio per la loro estrema fragilità e debolezza. E poi, non nascondiamocelo, il museo vive con i Bronzi. Perché toglierli a una città, di cui sono il vanto, l’orgoglio?», si domanda.

Il ministro per i Beni culturali Dario Franceschini affiderà a una commissione la risposta definitiva
“Legittimo il dibattito sull’opportunità di portare all’Expo i Bronzi di Riace, ma la priorità è stabilire se possono viaggiare altrimenti discutiamo a vuoto”, taglia corto il ministro Franceschini annunciando che sarà una “commissione di esperti interni ed esterni al Mibact a decidere se i Bronzi si possono trasportare”. “Una commissione è fattibile”, interviene la soprintendente ai Beni archeologici della Calabria, Simonetta Bonomi, da cui dipende il museo archeologico di Reggio Calabria in cui le due statue sono ospitate. “Ma gli esperti si devono misurare su questi dati di fatto che sono emersi dalle campagne di restauro. Da tutte le relazioni dell’Istituto superiore per la conservazione e il restauro fatte dopo le campagne di restauro di questi anni emerge infatti in grande evidenza la fragilità strutturale dei Bronzi di Riace. “Hanno delle microfessurazioni – ricorda – che rendono la struttura molto vulnerabile. Sono state fatte anche prove scientifiche con una campagna gammagrafica che è una sorta di radiografia e da questi accertamenti è stata confermata la vulnerabilità strutturale dei Bronzi. Le due statue, poi, sono molto sensibili all’ambiente tanto che nel museo di Reggio Calabria sono conservate in una sala climatizzata. Dalle ultime indagini fatte – conclude – è emersa anche una vulnerabilità delle due statue dal punto di vista chimico. Questi sono tutti dati oggettivi che non possono essere trascurati e che una eventuale commissione dovrà tenere in considerazione prima di decidere su un eventuale trasporto. C’è poi anche un aspetto di carattere sociale, perché la Calabria da sempre identifica nei Bronzi di Riace la massima espressione archeologica di tutto il territorio regionale”.
Immediata la replica di Sgarbi che – fa notare – “poiché il ministero ha una struttura verticistica, se il soprintendente ai beni archeologici della Calabria è contrario e il ministro favorevole, il trasporto si deve fare”. Poi torna sui Bronzi. “Il luogo dove l’opera d’arte sta è altra cosa da quello che l’opera è. Le nostre richieste sui Bronzi hanno generato reazioni scomposte e selvagge. I Bronzi di Riace sono stati trovati nel relitto di una nave che è naufragata al largo delle coste della Calabria, ma avrebbe potuto naufragare altrove. Stanno in Calabria per un motivo di natura legislativa. I Bronzi di Riace come valori di civiltà arrivano a Milano non contro Reggio Calabria, ma per portare la Calabria a Milano. Noi ribadiamo questa richiesta con la Calabria e per la Calabria”. Secondo Maroni e Sgarbi “ogni opera d’arte è fragile e chiede di essere conservata con prudenza, ma l’argomento applicato ai Bronzi è un’evidente menzogna di chi diffonde terrorismo, fingendo di ignorare la dimostrata resistenza sott’acqua, esposti a ogni rischio, di quei Bronzi che sono trasportabilissimi con tutte le cautele che le opere d’arte richiedono. I Bronzi non sono certo più fragili del Satiro danzante di Mazara del Vallo, dei cui movimenti nessuno si è preoccupato e che non ha avuto alcun danno”. Perciò la Regione Lombardia “nel chiedere responsabilmente questo prestito ha già condotto tutte le verifiche sulla fattibilità della trasferta e chiede che, della commissione che dovrà valutare i rischi, sia chiamato a far parte Bruno Zanardi, illustre restauratore che fu devoto allievo di Giovanni Urbani e che insegna all’Università di Urbino”.
Ma l’idea della commissione proprio non va giù a Francesco Alì e Pasquale Amato (Comitato per la Valorizzazione e la Tutela dei Bronzi di Riace), “È una sceneggiata quella messa in piedi dal ministro Franceschini che ha dichiarato di aver bisogno di esperti esterni al ministero per sapere se i Bronzi di Riace possano viaggiare o meno, con essa egli ha offeso e umiliato le relazioni scientifiche degli ultimi 40 anni redatte da soprintendenti, restauratori, esperti Iscr ed Enea che hanno già decretato la massima fragilità delle due statue che, in caso di spostamenti anche minimi, rischiano il danneggiamento irrimediabile e addirittura la distruzione”. Poi rincarano la dose: “O il ministro ha già deciso, nei fatti, di portare a Milano le delicate statue per promuovere un piano che mira solo a monetizzare a favore della Lombardia l’Expo, abbandonando il Mezzogiorno e il resto d’Italia, o piuttosto non è in grado di svolgere il ruolo che il suo mandato richiede: valorizzare il patrimonio ma preservandolo dal rischio altissimo della sua distruzione”. Secondo Alì e Amato “un serio programma per l’Expo 2015 non può ridursi a una processione di visitatori nella ricca Milano, lasciando il resto del Paese, Reggio e la Calabria in primis, non solo isolate dal resto dello Stivale, in termini di servizi e trasporti, ma anche svuotati del loro potere attrattivo che consiste soprattutto nei propri tesori”. I promotori del Comitato per la valorizzazione dei Bronzi di Riace e del museo Magna Grecia di Reggio Calabria chiedono che il ministro risponda “a chi chiede trasparenza sulle operazioni poco chiare che si stanno evidentemente realizzando per uno spostamento dei Bronzi che sembra già deciso a tavolino. Se non è così si chiarisca in quale considerazione il ministro abbia i propri esperti e i propri tecnici e soprintendenti, il cui parere, a quanto pare, per Franceschini vale meno del parere di un passante o del «capriccio» di un governatore leghista”.
La parola torna alla politica. “Con cadenza sempre più frequente, la querelle attorno allo spostamento dei Bronzi di Riace torna a sconvolgere la cronaca di Reggio e della sua provincia”, stigmatizza Pierpaolo Zavettieri, capogruppo Socialisti Uniti – Psi nella Provincia di Reggio Calabria. “Dopo le Olimpiadi di Atene e il G8, adesso tocca all’Expò 2015, che si celebrerà a Milano, rivendicare la presenza dei «due guerrieri». Personalmente, ritengo corretta la posizione della soprintendente ai beni archeologici, Simonetta Bonomi. La motivazione non è affatto di carattere campanilistico, bensì tecnico. La lamina di bronzo, presente all’interno delle due antichissime sculture, è vuota e il rischio di causare danni irreparabili alle due statue, patrimonio dell’umanità, non può essere sottovalutato. Lo stesso ministro Franceschini può legittimamente costituire una commissione di esperti, benché appaia superflua anche in virtù dei pareri tecnici già forniti. Piuttosto, a mio avviso, occorrerebbe puntare a veicolare l’immagine dei Bronzi di Riace. Per Zavattieri, superata la fase della clonazione, che destò molte polemiche, “i due guerrieri potrebbero essere presenti all’Expò, ma attraverso la via cibernetica”. E precisa: “La mia proposta è che venga allestito un apposito padiglione al cui centro possa essere proiettato, in 3D, l’ologramma delle due statue, accompagnato da apposita contestualizzazione storica. Questo potrebbe essere l’inizio di una politica in grado di diffondere l’immagine dei Bronzi, portando indotto alla Calabria sia per ciò che concerne i beni culturali che per quanto riguarda l’economia locale. Non è una novità, tutti i musei più importanti lo fanno con le grandi opere, sarebbe il caso di cominciare a pensarlo anche alle nostre latitudini”.

I Bronzi di Riace sono il simbolo della Calabria: dopo i restauri sono stati sconsigliati i trasferimenti delle due statue
In ogni caso, cerca di tirare le fila del discorso Stefano Pedica del Pd, l’ultima parola spetta ai calabresi. “Lanciamo un referendum on line sul sito del Mibact per chiedere l’opinione dei calabresi sul possibile trasferimento dei Bronzi di Riace a Milano per Expo 2015. Fa bene il ministro Franceschini a proporre una commissione per stabilire se le statue sono idonee allo spostamento oppure no ma allo stesso tempo credo che sarebbe giusto consultare anche i calabresi. I bronzi di Riace sono diventati il simbolo della Calabria nel mondo e sono un patrimonio artistico che ogni anno attira migliaia di turisti in una terra tanto bella quanto sfortunata. I bronzi – conclude – sono un patrimonio universale che rappresenta la Calabria. Portarli via sarebbe come privare Roma per qualche mese del Colosseo. E poi Expo non deve essere un’opportunità solo per Milano. È un’occasione per mettere in vetrina tutti i tesori d’Italia e attirare turisti anche nelle altre Regioni”. Ma è proprio sui numeri che Sgarbi insiste per convincere il ministro. “Per i Bronzi quale percorso virtuoso migliore di farli vedere a cinque milioni di persone che non andrebbero mai a Reggio Calabria ma che il prossimo anno potrebbero tornare in Italia per vedere la Magna Grecia pensando che la Calabria non è soltanto ‘ndrangheta ma anche due capolavori. È talmente semplice. E se adesso ogni giorno incassano 840 euro d’estate e 320 d’inverno qui possono incassare 15 milioni di euro, prendiamo un milione di visitatori a 15 euro, di cui la Calabria può avere cinque milioni di euro”.
Sgarbi, ambasciatore delle Belle arti: “Portiamo i Bronzi di Riace all’Expo Milano 2015”. E la Calabria si divide tra contrari e favorevoli

Vittorio Sgarbi, ambasciatore delle Belle arti, vuole portare i Bronzi di Riace a Milano per Expo 2015
Non c’è pace per i Bronzi di Riace. Troppo famosi, troppo eccezionali per essere lasciati tranquilli nella loro nuova “casa” creato a Palazzo Piacentini di Reggio Calabria, il museo di quella Magna Grecia dove, 2500 anni fa, finirono tragicamente il loro viaggio dalla madre patria. Ma l’Expo Milano 2015 è occasione troppo ghiotta perché non venga in mente di “coinvolgere” i Bronzi con qualche incarico di “alta rappresentanza”. È successo qualche giorno fa quando il governatore della Lombardia, Roberto Maroni, ha “arruolato” l’ex sottosegretario e critico d’arte Vittorio Sgarbi fra gli ambasciatori (‘alle belle arti’) della Regione Lombardia per l’Expo del 2015 a Milano col compito di progettare un’offerta culturale per i 20 milioni di visitatori attesi in città. Fra le idee condivise con Maroni, la richiesta di portare a Milano per i 6 mesi dell’Expo i Bronzi di Riace, che sono “ostaggio della ‘ndrangheta” rappresentata dagli interessi delle istituzioni locali, magari “in cambio di due Caravaggio” del fondo gestito dal ministero dell’Interno.

I Bronzi di Riace sono il simbolo della Calabria: dopo i restauri sono stati sconsigliati i trasferimenti delle due statue
E subito è montata la polemica tra favorevoli (al momento in minoranza) e contrari. “L’affermazione del prof.Vittorio Sgarbi, secondo cui i Bronzi di Riace sono inamovibili da Reggio Calabria perché ‘ostaggio della ndrangheta’, lascia sbigottiti”, è il primo commento di Francesco Talarico, presidente del Consiglio regionale della Calabria. “Sono sinceramente sprovvisto di conoscenze tecniche circa la possibilità di muovere i Bronzi dai loro piedistalli. Considerato, però, l’intenso lavoro di oltre quattro anni da parte dei tecnici della soprintendenza archeologica della Calabria e dell’Istituto centrale per il Restauro nell’apposita sala allestita a Palazzo Campanella, sede del Consiglio regionale, da cui è emersa l’estrema fragilità dei due capolavori dell’antica Grecia, dovremmo seriamente riflettere prima di lanciare idee, senza dubbio straordinarie, ma, evidentemente, prive di praticabilità. Voglio inoltre ribadire che le due statue, per come confermato dagli studi, presentano numerose microfratture che ne sconsiglierebbero fermamente lo spostamento”. E Jole Santelli, deputata calabrese di Forza Italia, rincara la dose: “Chi vuole vedere i Bronzi di Riace prenda l’aereo e venga in Calabria. L’esposizione universale dovrebbe essere un’occasione di sviluppo per l’intero Paese, in particolare per il turismo, e non solo per la Lombardia. Oltretutto, è noto che un trasferimento rischierebbe di danneggiare i Bronzi, estremamente fragili. Quindi mi sembra del tutto superfluo parlarne. La verità è che ciclicamente c’è qualcuno che ci prova. Si rassegnino: i Bronzi sono qui, in Calabria”. Dello stesso tono l’intervento di Giuseppe Nucera, presidente della sezione Turismo di Confindustria Reggio Calabria: “L’Expo 2015 in programma a Milano dal prossimo maggio dovrà essere l’occasione per rilanciare e valorizzare l’intero Paese, e perché no, anche la Calabria con le sue bellezze naturali, enogastronomiche e culturali, a cominciare dai Bronzi di Riace che sono e devono restare nella loro sede naturale del Museo nazionale della Magna Grecia di Reggio Calabria”. Secondo Nucera “va assolutamente respinta la logica perversa, ormai sempre più di moda, di una Calabria che è sempre e solo ‘ndrangheta. Siamo stufi oltre ogni limite di queste convinzioni che non fanno altro che aggravare uno stato di difficoltà di una Regione fatta da persone per bene, già logorata da tanti altri problemi anche per colpe della ‘ndrangheta”.
Ma dalla Calabria si alzano voci in favore della proposta di Vittorio Sgarbi. “Sarebbe utile per la Calabria che i Bronzi di Riace andassero in giro a rappresentare un’idea diversa della nostra regione”, sostiene l’ex presidente della Regione Calabria, Agazio Loiero. «Non accetto l’esagerazione di Vittorio Sgarbi, che è persona di qualità e spesso parla per paradossi (qui questa volta la ‘ndrangheta non c’entra nulla) – aggiunge – ma sono del parere che i Bronzi debbano poter andare a Milano per Expo 2015, per evocare un’altra Calabria, diversa da quella imperante negli ultimi tempi sui media. Queste due opere d’arte rinviano invece a un secolo in cui la storia del nostro territorio era luminosa”. E se l’on. Santelli – come abbiamo visto – è assolutamente contraria allo spostamento dei Bronzi, il suo partito – Forza Italia – la pensa diversamente. Nella riunione tenutasi nella sede della Provincia di Reggio Calabria, la posizione del dipartimento Cultura di Forza Italia è chiaro: “La Calabria rappresenta per l’Italia un valore aggiunto, di tradizione, di cultura, di passioni ed energie che trovano linfa vitale e inesauribile nell’eredità della Magna Grecia”, sintetizza il responsabile nazionale Edoardo Sylos Labini. Di qui la proposta di trasferimento temporaneo dei Bronzi di Riace dalla regione Calabria verso l’Expo di Milano, per far conoscere questi e altri tesori noti e ignorati di questa grande terra e attirare i flussi turistici mondiali verso il Mezzogiorno.
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CHI SIAMO
Graziano Tavan, giornalista professionista, per quasi trent’anni caposervizio de Il Gazzettino di Venezia, per il quale ho curato centinaia di reportage, servizi e approfondimenti per le Pagine della Cultura su archeologia, storia e arte antica, ricerche di università e soprintendenze, mostre. Ho collaborato e/o collaboro con riviste specializzate come Archeologia Viva, Archeo, Pharaos, Veneto Archeologico. Curo l’archeoblog “archeologiavocidalpassato. News, curiosità, ricerche, luoghi, persone e personaggi” (con testi in italiano)
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