#domenicalmuseo: il 2 novembre ingresso gratuito a musei e parchi archeologici statali
Domenica 2 novembre 2025 si rinnova l’appuntamento con la #domenicalmuseo, l’iniziativa del ministero della Cultura che consente l’ingresso gratuito nei luoghi della cultura statali ogni prima domenica del mese. Le visite si svolgeranno nei consueti orari di apertura, con accesso con prenotazione consigliata o obbligatoria, dove richiesta. La scorsa #domenicalmuseo, 5 ottobre, ha registrato 277.068 ingressi.
Pompei. All’auditorium, in presenza e on line, la conferenza internazionale “Il Trionfo del Tiaso: Dioniso in Italia”: due giorni di interventi per esplorare la figura e il culto di Dioniso (Bacco) nel contesto italiano e mediterraneo, partendo dal recente ritrovamento della “Stanza del Tiaso”
Il 30 e il 31 ottobre 2025 il parco archeologico di Pompei ospita all’Auditorium la conferenza internazionale “Il Trionfo del Tiaso: Dioniso in Italia”, organizzata in collaborazione con il ministero della Cultura e l’università Paris Cité, che si propone di esplorare in profondità la figura e il culto di Dioniso (Bacco) nel contesto italiano e mediterraneo, partendo dal ritrovamento della “Stanza del Tiaso” nei recenti scavi. La conferenza si articola su due giornate ricche di interventi e dibattiti, con la partecipazione di eminenti studiosi provenienti da istituzioni accademiche italiane e internazionali. Ingresso libero su prenotazione fino ad esaurimento posti. Per iscrizioni: iscrizioni@epcongressi.it. La diretta del convegno “Il trionfo del Tiaso: Dioniso in Italia” sarà sul canale YouTube https://www.youtube.com/@PompeiiSites79dc/streams. La giornata inaugurale di giovedì 30 ottobre 2025 sarà dedicata ai saluti istituzionali e a una serie di interventi che esploreranno la figura di Dioniso da differenti prospettive, analizzandone la diffusione del culto e il suo rapporto con il mondo femminile. La seconda giornata di venerdì 31 ottobre 2025 invece sarà dedicata all’esplorazione dell’immagine del dionisiaco e ai festeggiamenti in onore del dio dal punto di vista dell’iconografia, dell’archeologia, dell’epigrafia, al fine di tracciarne un quadro interdisciplinare. Un’occasione per studiosi e appassionati di archeologia classica e storia delle religioni per approfondire la complessa e affascinante figura di Dioniso nel contesto culturale e artistico dell’antica Italia. L’ingresso è libero su prenotazione.
PROGRAMMA 30 OTTOBRE 2025. Alle 9.30, saluti istituzionali; 9.40, Gabriel Zuchtriegel, Alessandro Russo, Giuseppe Scarpati (parco archeologico di Pompei): “La casa del Tiaso: alla ricerca di Dioniso”; 10.40, Coffee break. Dioniso e il mondo femminile Alle 11.20, Luca Cerchiai (università di Salerno): “Dioniso e l’universo delle donne: percorsi iconografici tra mondo etrusco e italico”; 12, Julietta Steinhauer (University College London): “Always present, never there. Women in the cult of Dionysus: a re-assessment”; 12.40, Ria Berg (Institutum Romanum Finlandiae): “Sese tortis serpentibus incingebant – adornarsi come una menade”; 13.20, Lunch break. Dioniso per totam Italiam Alle 14.20, Daniele Miano (Universitetet i Oslo): “Roman Liber in the Italic context (c.500-200BCE)”; 15, Chiara Pizzirani (università di Bologna): “Dionysos / Fufluns in Etruria”; 15.40, Beatrice Lietz (università di Ginevra): “Una statua di Aristeo nel tempio di Liber” (Cicerone, Verrine, 2.4.128): tradurre Dioniso nella Siracusa repubblicana”; 16.20, Francesco Massa (università di Torino): “I misteri di Dioniso: problemi di definizione e di metodo”; 17, visita agli scavi.
PROGRAMMA 31 OTTOBRE 2025. L’immagine del dionisiaco Alle 9, Marin Mauger (École française de Rome): “L’image dionysiaque dans les cultes domestiques en Italie”; 9.40, Federica Giacobello (università di Milano): “Sotto la protezione di Dioniso. Il culto del dio nelle case pompeiane”; 10.20, Stéphanie Wyler (université Paris Cité): “Il tiaso nella casa. Echos et jeux d’échelle dans les décors dionysiaques pompéiens”; 11, Coffee break; 11.40, Christophe Vendries (Université Rennes 2): “Les musiciens acteurs de la transe dionysiaque. La circulation des images et la construction d’un imaginaire musical”. Festeggiare con Dioniso Alle 12.20, Mauro Menichetti (università di Salerno): “Il banchetto degli dèi. Augusto “Apollo” e Marco Antonio “nuovo Dioniso”; 13, Valerie Huet (Centre Jean Bérard): “Animali sacrificati a Dioniso e animali sventrati: a proposito dei rilievi a Roma e in Italia”; 13.40, Maria Chiara Scappaticcio (università di Napoli “Federico II”): “Spezzatini e iniziazioni: il cinghiale squartato e la ‘chiave-bacchica’ della Cena Trimalchionis”; 14.20, Lunch break
Roma. Alle Scuderie del Quirinale aperta la mostra “Tesori dei Faraoni”, la seconda più ampia esposizione di antichità egizie mai allestita in Italia dal 2002: 130 capolavori dell’arte dell’Antico Egitto, provenienti dal museo Egizio del Cairo e dal museo di Luxor. L’inaugurazione alla presenza del Presidente Sergio Mattarella con il ministro per il Turismo e le Antichità dell’Egitto, Sherif Fathy
Oro, lapislazzuli, alabastro direttamente dall’Antico Egitto. Vengono dal museo Egizio del Cairo i cinque bracciali d’oro di Sekhemkhet (III dinastia); il grande collare di Psusennes I (XXI dinastia) in oro, lapislazzuli, corniola, feldspato; il pendente col volto di Hathor (XXII dinastia) in lapislazzuli e oro; la sedia della principessa Sitamon (XVIII dinastia) in legno dorato; la pietra calcarea dipinta con Akhenaten e la famiglia in adorazione del Dio Aten (XVIII dinastia); la maschera funeraria d’oro di Amenemope (XXI dinastia) in oro e cartonnage. Invece dal museo di Luxor ecco la decorazione al Valor militare in oro (fine XVII – inizio XVIII dinastia); il sarcofago antropoide esterno di Tuya (XVIII dinastia) in legno rivestito di stucco dorato; l’anello di maiolica blu (XVIII dinastia) in faience. Sono solo alcuni di 130 capolavori dell’arte dell’Antico Egitto, provenienti dal museo Egizio del Cairo e dal museo di Luxor, molti dei quali esposti per la prima volta fuori dal loro paese, che dal 24 ottobre 2025 al 3 maggio 2026 si possono ammirare alle Scuderie del Quirinale a Roma nella mostra “Tesori dei faraoni”, curata da Tarek El Awady, già direttore del museo Egizio del Cairo, e prodotta da ALES – Arte Lavoro e Servizi del ministero della Cultura con MondoMostre, in collaborazione con il Supreme Council of Antiquities of Egypt, e il sostegno del ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, del ministero della Cultura, del ministero del Turismo e delle Antichità d’Egitto, con il patrocinio della Regione Lazio e la collaborazione scientifica del museo Egizio di Torino.

Mostra “Tesori dei Faraoni” alle Scuderie del Quirinale: da sinistra, Matteo Lafranconi, direttore delle Scuderie del Quirinale; Alessandro Giuli, ministro della Cultura; Fabio Tagliaferri, presidente di ALES (foto mic)
“Questa mostra racconta non solo i faraoni, ma anche le persone che li circondavano”, spiega il curatore Tarèk El Awady. “Ogni reperto è una voce che ci parla di vita, fede e immortalità. È un dialogo tra passato e presente, tra Egitto e Italia, che continua da tremila anni”. E Fabio Tagliaferri, presidente di ALES, aggiunge: “Tesori dei Faraoni riafferma il ruolo delle Scuderie del Quirinale, che ALES gestisce per il ministero della Cultura, come spazio delle grandi narrazioni universali e della cooperazione culturale internazionale. Con questo progetto, ALES e i partner istituzionali propongono un modello di cooperazione culturale che guarda oltre la mostra: programmi di formazione, attività didattiche, scambi scientifici e collaborazioni con musei e università italiane ed egiziane. La cultura diventa così infrastruttura di relazioni, nel segno del Piano Mattei, come investimento concreto nella conoscenza e nel futuro condiviso del Mediterraneo”. La mostra si inserisce infatti nel quadro delle relazioni culturali tra Italia ed Egitto e dialoga con gli obiettivi del Piano Mattei per l’Africa, come esempio concreto di cooperazione fondata su conoscenza, formazione e valorizzazione del patrimonio condiviso. È un progetto che riafferma la cultura come strumento di dialogo e amicizia, capace di unire due civiltà legate da sempre dal Mediterraneo e dal fascino della storia comune. Una stretta di mano che proseguirà con la partecipazione della presidente del Consiglio Giorgia Meloni all’inaugurazione del Gem, il Grand Egyptian Museum del Cairo, il 1° novembre 2025.
Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è intervenuto all’inaugurazione della mostra “Tesori dei Faraoni” giovedì 23 ottobre 2025 con il ministro per il Turismo e le Antichità dell’Egitto, Sherif Fathy, e il segretario generale del Consiglio Supremo delle Antichità Mohamed, Ismail Khaled, accolti dal ministro della Cultura Alessandro Giuli e dal direttore delle Scuderie del Quirinale, Matteo Lafranconi. Il Capo dello Stato ha visitato il percorso espositivo illustrato da Mohamed Ismail Khaled, segretario generale del Consiglio Supremo delle Antichità e da Christian Greco, direttore del museo Egizio di Torino. “Affascinante”, il commento del presidente Mattarella.

Mostra “Tesori dei Faraoni” alle Scuderie del Quirinale: da sinistra, Mohamed Ismail Khaled, Sergio Mattarella, Sherif Fathy, Alessandro Giuli, Christian Greco (foto mic)
“Orgoglioso, da ministro e da amante dell’antichità, di celebrare, nella cultura e nel dialogo, l’amicizia tra Italia ed Egitto”, dichiara il ministro Alessandro Giuli. “Questa mostra è l’esempio eccellente del fatto che la cooperazione in ambito culturale può generare frutti straordinari che arricchiscono identità radicate nel solco delle rispettive origini, e può, realmente, avvicinare popoli affratellati da una medesima comunità, oltre che geografica, di destino. Tesori dei Faraoni è un esempio eccellente, e virtuoso, di questo approccio. Non rappresenta soltanto una esposizione di stupendi manufatti, simbolo di una civiltà millenaria che ha saputo dare forma al mistero della vita attraverso la cultura, e ha influenzato le tradizioni più prestigiose, orientali e occidentali. Le Scuderie del Quirinale, con la gestione di ALES, rappresentano un’eccellenza riconosciuta a livello internazionale, in grado di attrarre pubblico da tutto il mondo. La cura scientifica, la qualità dell’allestimento, l’attenzione alla mediazione culturale e all’accessibilità sono elementi che rendono le esposizioni qui realizzate momenti di godimento estetico e al tempo stesso occasioni di apprendimento autentico”. Sherif Fathy, ministro del Turismo e delle Antichità, ha evidenziato i profondi legami storici e culturali che uniscono l’Egitto e l’Italia, definendo la mostra “I Tesori dei Faraoni” a Roma come “una vera e propria incarnazione del rapporto radicato e duraturo tra le nostre due nazioni, un legame che si estende per millenni e che continua ad evolversi in un contesto di reciproco rispetto e apprezzamento”. Il ministro ha ribadito l’impegno dell’Egitto a rafforzare questa collaborazione e ad ampliare le opportunità di cooperazione in ambiti che rispondano agli interessi comuni di entrambi i Paesi, in particolare nei settori del turismo e delle antichità. “Questi due settori hanno da sempre svolto un ruolo fondamentale nel promuovere la comprensione reciproca, nel rafforzare i legami tra i popoli e nel costruire ponti tra civiltà”. E conclude: “I Tesori dei Faraoni sono molto più di una semplice esposizione archeologica; rappresentano una celebrazione dell’amicizia e della diplomazia culturale. Sono un invito coinvolgente per il popolo italiano a scoprire l’incredibile eredità archeologica dell’Egitto e la sua straordinaria diversità come destinazione turistica”. Anche Mohamed Ismail Khaled, segretario generale del Consiglio Supremo delle Antichità, ha sottolineato l’importanza della mostra “Tesori dei Faraoni” come un ponte culturale di grande rilievo che unisce l’Egitto al resto del mondo, offrendo al pubblico internazionale l’opportunità di immergersi nella profondità e nello splendore della civiltà dell’antico Egitto. “Le mostre archeologiche temporanee all’estero rappresentano uno degli strumenti più efficaci per promuovere la comprensione culturale e la valorizzazione del patrimonio umano condiviso. E questa alle Scuderie del Quirinale è la seconda più ampia esposizione di antichità egizie mai allestita in Italia dal 2002, a testimonianza dei solidi e duraturi legami culturali tra l’Egitto e l’Italia”.

Dettaglio del coperchio del sarcofago della regina Ahhotep II, in stucco dorato e legno (foto massimo listri)
Tesori dei Faraoni è un viaggio nella civiltà egizia attraverso le sue forme più alte e insieme più intime: potere, fede, vita quotidiana. Il percorso apre con lo splendore dell’oro, materia divina e simbolo dell’eternità. Il sarcofago dorato della regina Ahhotep II, la Collana delle Mosche d’oro, antica onorificenza militare per il valore in battaglia, e il collare di Psusennes I introducono al mondo delle élite egizie, dove l’ornamento diventa linguaggio politico e riflesso di una teologia del potere. Intorno al corredo funerario di Psusennes I, scoperto a Tanis nel 1940, si concentrano oggetti di straordinaria raffinatezza: amuleti, coppe e gioielli che, dopo tremila anni, conservano intatta la loro luce.
Dalla magnificenza regale si entra nell’universo del rito e del passaggio, dove la morte è intesa come trasformazione. Il monumentale sarcofago di Tuya, madre della regina Tiye, domina una sezione dedicata alle pratiche funerarie e alla fede di rinascita. Attorno, le statuette ushabti, i vasi canopi e un papiro del Libro dei Morti raccontano la precisione quasi scientifica con cui gli Egizi preparavano il viaggio nell’aldilà: un insieme di formule, immagini e strumenti per attraversare il mondo invisibile e rinascere alla luce di Ra.
Il percorso si apre poi al volto umano della regalità. Le tombe dei nobili e dei funzionari, come quella di Sennefer, svelano la quotidianità del potere, la devozione e il senso del dovere di chi serviva il faraone come garante dell’ordine cosmico. In dialogo con queste figure, la poltrona dorata di Sitamun, figlia di Amenofi III, restituisce un’intimità sorprendente: un oggetto domestico, usato in vita e poi deposto come dono nella tomba dei nonni, testimonianza rara di affetto e continuità familiare.
Una delle sezioni più attese è dedicata alla “Città d’Oro” di Amenofi III, scoperta nel 2021 da Zahi Hawass. Gli utensili, i sigilli e gli amuleti provenienti da questo straordinario sito restituiscono la voce degli artigiani e dei lavoratori che costruivano la grandezza dei faraoni. Lì, tra le officine e le case, la civiltà egizia appare nel suo volto più umano e produttivo, capace di unire ingegno tecnico e senso religioso in ogni gesto.
La mostra culmina nel mistero della regalità divina. Le statue e i rilievi che chiudono il percorso sono tra le espressioni più alte dell’arte faraonica: l’Hatshepsut inginocchiata in atto d’offerta, la diade di Thutmosi III con Amon, la Triade di Micerino, fino alla splendida maschera d’oro di Amenemope, dove il volto del re, levigato e perfetto, diventa icona di un corpo che appartiene ormai al divino. In chiusura, la Mensa Isiaca – eccezionalmente concessa dal Museo Egizio di Torino – riannoda il filo simbolico che da Alessandria conduce a Roma, testimoniando l’antico legame spirituale e culturale tra i due mondi. Come ricorda Zahi Hawass, “il più grande monumento mai costruito dall’Egitto non fu una piramide o un tempio, ma l’idea stessa di eternità.” È questa idea, più forte della pietra e dell’oro, a risuonare in ogni sala della mostra.
Roma. A Palazzo Massimo visita guidata speciale alla mostra fotografica “Hidden Collections” con l’artista Giorgio Di Noto e il curatore Alessandro Dandini de Sylva
Martedì 21 ottobre 2025, alle 21, a Palazzo Massimo a Roma, occasione speciale per visitare la mostra fotografica “Hidden Collections” che presenta la ricerca sviluppata dall’artista Giorgio Di Noto sul patrimonio invisibile del museo e propone una riflessione sul rapporto tra archeologia, archivio e fotografia come pratiche di selezione, interpretazione e costruzione della memoria, tra documento e invenzione. Ad accompagnare i partecipanti due guide speciali: l’artista Giorgio Di Noto e il curatore Alessandro Dandini de Sylva. Prenotazione obbligatoria al link https://www.eventbrite.it/…/visita-della-mostra-hidden….

Mostra fotografica “Hidden collections” di Giorgio Di Noto: statue fittili frammentarie, pellicola (foto mnr)
Dal 15 ottobre 2025 all’11 gennaio 2026 a Palazzo Massimo c’è la mostra fotografica “Hidden Collections” di Giorgio Di Noto, a cura di Alessandro Dandini de Sylva, con il coordinamento di Agnese Pergola che propone un allestimento in dialogo con le opere e gli spazi del Museo. La mostra è parte del più ampio progetto di committenza fotografica vinto dal museo nazionale Romano con il Bando Strategia Fotografia 2024 promosso dalla direzione generale Creatività contemporanea del ministero della Cultura, per il quale il fotografo Giorgio Di Noto ha portato avanti una ricerca visiva sul patrimonio invisibile del Museo. Il progetto si concentra su quegli spazi solitamente inaccessibili al pubblico, come l’Archivio fotografico, i depositi e i laboratori di restauro. “Hidden Collections” affronta l’archeologia come un dispositivo critico, al pari della fotografia, capace di selezionare, isolare e interpretare. L’immagine diventa così uno strumento per interrogare la memoria e la testimonianza, mettendo in discussione il confine tra visibile e invisibile.

Mostra fotografica “Hidden collections” di Giorgio Di Noto: tomba di Cicerone a Formia, lastra di vetro (foto mnr)
Il cuore della mostra è rappresentato dall’Archivio fotografico del museo nazionale Romano, ospitato a Palazzo Massimo, esplorato come un vero e proprio terreno archeologico, in cui le fotografie diventano reperti da scavare e ri-mediare, attraverso una riflessione e una ricerca sul tema del nascondimento, dell’isolamento e della mascheratura. Il processo di riproduzione e archiviazione dei reperti diventa esso stesso materia d’indagine: maschere, cancellazioni e altre tecniche pensate per isolare e rendere leggibile l’oggetto fotografato finiscono per generare nuove stratificazioni di senso. Così, ciò che doveva essere sfondo invisibile si carica di presenza; ciò che era atto tecnico si rivela gesto critico, svelando possibilità inattese di lettura. Il progetto è accompagnato da una pubblicazione edita da Quodlibet.
Roma. L’archeologa Federica Rinaldi, a meno di tre mesi dalla nomina ministeriale, si è insediata alla direzione del museo nazionale Romano: “Sono emozionata e onorata di dirigere uno tra i più prestigiosi musei al mondo”
A metà luglio 2025 la nomina di Federica Rinaldi, già archeologa direttore del Colosseo, alla direzione del museo nazionale Romano da parte del ministro della Cultura Alessandro Giuli (vedi Il ministro Giuli ha nominato i direttori dei musei di prima fascia: Contessa alla Galleria dell’Accademia di Firenze, Sirano al museo Archeologico nazionale di Napoli, Rinaldi al museo nazionale Romano, D’Agostino ai musei Reali di Torino e Quilici al parco archeologico del Colosseo | archeologiavocidalpassato), il 6 ottobre 2025 Federica Rinaldi ha preso servizio come direttrice del museo nazionale Romano, istituto museale di livello generale già diretto da Stéphan Verger fino al 2024 e poi, come direttrice generale ad interim, da Edith Gabrielli, direttrice del ViVe.
“Sono emozionata e onorata di dirigere il museo nazionale Romano tra i più prestigiosi musei al mondo”, le prime parole della direttrice al suo insediamento, “noto per il suo patrimonio, le sue collezioni, i suoi straordinari depositi. Le sfide che ci aspettano sono numerose, in primis la restituzione della Crypta Balbi, l’apertura del Medagliere, i nuovi allestimenti museali, la riattivazione dei servizi al pubblico, ma anche la conferma di rappresentare un ruolo di riferimento unico per la Storia di Roma e del suo territorio dalle origini fino alla contemporaneità”.
Archeologa, specialista di mosaico antico, architettura e tecnologie applicate alla gestione e valorizzazione dei beni culturali, si è laureata e ha conseguito specializzazione e dottorato di ricerca all’università di Padova e di seguito un Master Executive di II Livello in Management, Promozione e Innovazioni tecnologiche nella Gestione dei Beni culturali all’università Roma Tre. Dal 2010 come funzionario archeologo del ministero ha prestato servizio nella soprintendenza Archeologica del Veneto dirigendo il museo Archeologico nazionale Concordiese di Portogruaro (2010-2014), quindi nella soprintendenza speciale di Roma (2014-2017) e infine nel parco archeologico del Colosseo dove dal 2020 al 2025 è stata responsabile dell’Anfiteatro Flavio.
Grosseto. “Dietro le quinte dell’archeologia”: porte aperte al laboratorio di restauro archeologico della soprintendenza. Occasione per ammirare in via straordinaria alcuni dei Bronzi di San Casciano tra studio restauro e post-intervento. Ecco il programma
I bronzi di San Casciano li abbiamo ammirati in mostra, abbiamo imparato a conoscerli in Tv, al Cinema, sui giornali, negli incontri pubblici. Ma cosa succede a un reperto prima di finire in mostra? A ottobre 2025 si può scoprirlo dal vivo con “Dietro le quinte dell’archeologia”: il laboratorio di restauro archeologico della soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Siena Grosseto e Arezzo, apre eccezionalmente le sue porte in via Mazzini 24 a Grosseto: nei giorni 9, 10, 16 e 17 ottobre (dalle 10 alle 13, e dalle 14 alle 16) e l’11 e 18 ottobre (dalle 9 alle 13) e offre ai visitatori uno sguardo diretto sul lavoro che restituisce vita a ceramiche, bronzi, affreschi, mosaici e materiali provenienti dal mare e dal territorio.
Ogni anno questo centro grossetano, altamente specializzato, accoglie preziosi reperti, e li affida alle mani esperte di chi ne cura la conservazione con tecniche avanzate e competenze multidisciplinari. L’iniziativa intende valorizzare non soltanto la ricchezza dei ritrovamenti, ma anche il ruolo fondamentale della ricerca e della tutela nella conservazione del patrimonio. Per informazioni e prenotazioni di gruppi, rivolgersi allo 0564.23300.

Una fase di restauro di un bronzo da San Casciano nel laboratorio di restauro ABAP di Grosseto (foto mic)

Bambino con la sfera a fine restauro: bronzo da San Casciano nel laboratorio ABAP di Grosseto (foto mic)
Dal giovedì al sabato, per due settimane nel mese di ottobre 2025, il laboratorio situato all’interno della sede della SABAP a Grosseto sarà eccezionalmente aperto al pubblico. Un’opportunità di conoscere da vicino il lungo processo che precede l’esposizione museale. I visitatori potranno osservare i professionisti all’opera, assistere alle fasi più delicate del restauro e dialogare con loro, soddisfacendo curiosità, e approfondendo gli aspetti legati all’arte del restauro. Con l’occasione, sarà possibile ammirare in via straordinaria alcuni dei Bronzi di San Casciano, nelle tre diverse fasi di lavorazione: di studio, di restauro e post intervento, ottenendo una visione completa del percorso che porta alla restituzione di un reperto all’ammirazione del pubblico.

Luigi La Rocca, direttore generale ABAP, in sopralluogo al laboratorio di restauro di Grosseto (foto mic)
Una iniziativa che il ministero della Cultura, attraverso gli uffici territoriali e con il contributo del Soprintendente Gabriele Nannetti, dedica a chiunque voglia avvicinarsi al lavoro di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale. È soltanto l’inizio di un percorso virtuoso fortemente incoraggiato dal ministro Alessandro Giuli. Una finestra spalancata sull’archeologia, per essere testimoni vivi della riscoperta: un processo che diventa strumento di conoscenza, crescita e formazione per nuove generazioni consapevoli.
#domenicalmuseo: il 5 ottobre ingresso gratuito a musei e parchi archeologici statali
Domenica 5 ottobre 2025 si rinnova l’appuntamento con la #domenicalmuseo, l’iniziativa del ministero della Cultura che consente l’ingresso gratuito nei luoghi della cultura statali ogni prima domenica del mese. Le visite si svolgeranno nei consueti orari di apertura, con accesso con prenotazione consigliata o obbligatoria, dove richiesta. La scorsa #domenicalmuseo, 7 settembre, ha registrato 250.741 ingressi.
Lecce. Le indagini archeologiche in centro storico mettono in luce un possente muro di fortificazione altomedievale a ridosso dell’anfiteatro romano. La Sabap: “Nuova luce sulle trasformazioni della città tra il collasso dell’Impero romano d’Occidente e l’instaurarsi della dominazione normanna”

Veduta generale dello scavo archeologico in centro storico di Lecce a ridosso dell’anfiteatro romano (foto sabap-br-le-ta)
Un possente muro di fortificazione altomedievale a ridosso dell’anfiteatro romano, nel cuore di Lecce, durante un importante intervento di archeologia urbana nel centro storico avviato dal giugno 2025 dalla soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Brindisi Lecce e Taranto, finanziato dalla direzione generale Archeologia Belle arti e Paesaggio del ministero della Cultura nell’ambito del Piano gestionale annuale dedicato alle “Spese per le indagini e le attività finalizzate alla tutela delle aree e delle zone di interesse archeologico”, condotto in stretta sinergia con l’amministrazione comunale di Lecce. L’indagine in corso e lo studio dei materiali provenienti dallo scavo stanno arricchendo la conoscenza del patrimonio archeologico di Lecce, gettando nuova luce sulle trasformazioni occorse nel cuore della città in un periodo ancora poco noto e fino ad oggi scarsamente documentato dalle testimonianze materiali, ovvero il lungo lasso temporale compreso tra il collasso dell’Impero romano d’Occidente e l’instaurarsi della dominazione normanna.
Lo scavo si è concentrato in un settore compreso tra piazza Sant’Oronzo e via Alvino, a breve distanza dalla porzione oggi visibile dell’anfiteatro romano. Già durante i lavori comunali di riqualificazione dei piani stradali eseguiti sul finire del 2024, la rimozione del basolato aveva fatto emergere parte della cavea, il muro anulare, i setti radiali e tre pilastri perimetrali appartenenti al monumento di epoca romana, il cui sviluppo planimetrico era ampiamente noto. Del tutto imprevisto e fin da subito oggetto di grande interesse è stato invece il rinvenimento di alcune possenti strutture murarie poste a ridosso dell’anfiteatro, fuori dal perimetro dell’edificio e immediatamente a nord di esso.

Muro di fortificazione altomedievale a ridosso dell’anfiteatro romano di Lecce (foto sabap br-le-ta)
Gli approfondimenti archeologici condotti negli ultimi mesi hanno permesso di indagare tali strutture, che si sono rivelate come parte di quella che a tutti gli effetti risulta essere un’imponente opera di fortificazione, realizzata in due momenti distinti, che sfrutta e apparentemente ingloba il preesistente edificio per spettacoli di età romana. Lo scavo ha infatti portato alla luce un muro poderoso, largo 3.70 m, realizzato con tecnica “a sacco”, vale a dire con un riempimento costituito da terra e spezzoni di pietra contenuto da due paramenti in cui sono reimpiegati grandi blocchi provenienti dallo smontaggio del vicino anfiteatro e da altri monumenti esistenti nell’area. Questo muro, che in alcuni tratti si conserva per un’altezza di oltre due metri, trae origine dai pilastri perimetrali dell’anfiteatro ai quali si addossa, sviluppandosi verso nord per circa sedici metri, per poi descrivere un angolo retto e continuare verso est, al di sotto degli isolati moderni che delimitano la piazza. I dati preliminari derivanti dall’analisi delle stratigrafie indagate permettono di datare la realizzazione di questo sistema difensivo entro un lasso di tempo compreso tra il V e il VI sec. d.C.: un frangente storico particolarmente turbolento dal punto di vista politico e militare, quando l’anfiteatro aveva ormai perso la sua funzione originaria a causa della progressiva diffusione del cristianesimo e come conseguenza del decreto di Onorio del 404 che vietava i ludi gladiatorii nelle arene.
In un secondo momento, sempre nel corso dell’alto medioevo, il tratto angolare del grande muro viene rinforzato attraverso l’innesto di una massiccia torre a pianta circolare dal diametro di circa dodici metri, anche essa costruita mediante un largo ricorso a blocchi di reimpiego posati a secco.
Il grande muro rettilineo scoperto in via Alvino mostra molteplici affinità con una struttura analoga in blocchi di reimpiego individuata agli inizi del Novecento dall’archeologo Cosimo De Giorgi durante gli scavi per la costruzione del palazzo della Banca d’Italia. Suggestiva è l’ipotesi che le evidenze recentemente messe in luce e quelle scoperte nel secolo scorso siano parte di un articolato apprestamento difensivo realizzato sfruttando la mole dell’anfiteatro, indubbiamente il più imponente edificio della Lecce romana, che in età altomedievale sarebbe così divenuto un kastron bizantino, fortezza e centro politico della città. Fenomeno questo documentato anche in altri centri romani, che trova eco nelle parole del geografo Guidone il quale, agli inizi del XII secolo, descrive una Lecce ridotta a un piccolo municipio i cui abitanti sono arroccati sull’anfiteatro.














































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