Kurdistan iracheno. A Tell Zeyd scoperto un laboratorio per la produzione di pipe in terracotta (XVIII secolo) dalla missione archeologica dell’università Ca’ Foscari diretta da Cristina Tonghini

Incontro a Ca’ Foscari: da sinistra, Bekas Hasan, direttore delle Antichità del governatorato di Dohuk; Cristina Tonghini, responsabile missione a Tell Zeyd; Tiziana Lippiello, rettrice Ca’ Foscari; Ali, direttore generale delle Antichità e del Patrimonio della Regione Autonoma del Kurdistan (foto unive)
A Tell Zeyd, nel Kurdistan iracheno, scoperto un laboratorio per la produzione di pipe in terracotta risalente al XVIII secolo dalla missione archeologica dell’università Ca’ Foscari, come informa il magazine on line dell’ateneo veneziano CFnews. Le indagini archeologiche sul sito di Tell Zeyd, nella regione del Kurdistan iracheno, si sono svolte tra settembre e ottobre 2022 sotto la direzione di Cristina Tonghini, specialista dell’archeologia del cosiddetto periodo islamico (VII-XIX secolo). Il progetto nasce grazie a un accordo con la Direzione generale delle Antichità e del Patrimonio del Kurdistan, è un programma di ricerca dell’università Ca’ Foscari Venezia, finanziato dalla stessa università col patrocinio del ministero degli Affari esteri e della Cooperazione Internazionale.

Veduta da drone del sito di Tell Zeyd nel Kurdistan iracheno (foto unive)
Il sito si trova nella valle del Tigri, in Kurdistan (Iraq), a Nord della diga di Mosul, ed è lambito da uno dei suoi affluenti a regime torrentizio. Oggi è visibile un tell (collinetta), formatasi con il susseguirsi delle varie fasi di occupazione a partire dal periodo Calcolitico. L’insediamento di periodo islamico è sorto ai piedi del tell. L’analisi del materiale di superficie, studiato in collaborazione con il progetto dell’università di Udine Land of Nineveh Archaeological Project, suggerisce che il sito sia stato occupato per l’intero periodo islamico, e possa dunque costituire uno straordinario osservatorio per studiare i caratteri dell’insediamento, la gestione delle risorse, l’economia, la cultura e la società dell’area fra VII e XIX secolo. I resti di un mulino ad acqua sono ancora visibili sulla sponda del corso d’acqua e questo fa di Tell Zeyd un sito chiave per l’avanzamento delle nostre conoscenze. Si tratta infatti di uno di quei rari casi in cui sia il mulino che l’insediamento che esso serviva si sono conservati; permettendoci di recuperare dati che consentano di comprendere l’intero processo produttivo e chiarire il rapporto con l’insediamento. Nel 2022 lo scavo ha riguardato l’area dell’abitato, ai piedi del tell, ed ha consentito di documentare tre macro-fasi: una fase di insediamento domestico, databile ad un periodo precedente il 1910 (l’abbandono è testimoniato da un discendente degli abitanti del villaggio antico e da una moneta individuata negli strati di abbandono); una fase relativa all’impianto del laboratorio di produzione delle pipe; una più antica fase occupazionale sul cui abbandono va ad impiantarsi il laboratorio. Il proseguimento degli scavi nelle prossime stagioni consentirà di completare la sequenza con lo studio delle fasi più antiche, ancora interrate.

Una pipa decorata scoperta nel sito di Tell Zeyd nel Kurdistan iracheno dalla missione archeologica di Ca’ Foscari, diretta da Cristina Tonghini (foto unive)
Le pipe e il tabacco. L’utilizzo di pipe in terracotta è ampiamente attestato nei territori dell’Impero Ottomano, compresa l’Europa orientale (area balcanica, Grecia), testimoniato da un consistente volume di frammenti arrivati fino a noi e illustrato in dipinti ed incisioni. Tuttavia, fino ad oggi, rimangono molto scarse le informazioni relative al ciclo di produzione di questi oggetti nell’Impero Ottomano. Gli studi condotti sulle fonti scritte riferiscono dell’arrivo del tabacco in Medio Oriente nella seconda metà del XVI secolo, e ci raccontano dei vari tentativi di proibirne l’uso messi in atto dalle autorità ottomane nella prima metà del XVII soprattutto. Questa nuova pratica, che accanto all’uso del caffè costituisce una vera e propria rivoluzione dei costumi e delle pratiche sociali, non sembra risentire più di tanto di queste proibizioni. Si diffonde rapidamente in tutto l’Impero Ottomano ma il suo consumo viene autorizzato solo nel 1646 e definitivamente legalizzato nel 1720. Sui siti archeologici del Medio Oriente vengono frequentemente ritrovati frammenti di queste pipe; tuttavia, ad oggi risulta assai difficile collocare questi ritrovamenti entro un preciso arco cronologico. Per quel che riguarda i siti di produzione, gli studiosi hanno ipotizzato che questi dovessero collocarsi nelle grandi città dell’impero grazie ai resoconti di cronisti e viaggiatori e allo studio di una serie di marchi di fabbrica rinvenuti sulle pipe stesse. Con gli scavi a Tell Zeyd è stato possibile identificare per la prima volta nell’ambito di uno scavo archeologico un laboratorio di produzione, collocato non in una grande città, ma in un insediamento rurale.

Resti delle fornaci nel sito di Tell Zeyd nel Kurdistan iracheno (foto unive)
La produzione di pipe e la scoperta delle fornaci. Estremamente rilevante è senza dubbio l’individuazione del laboratorio per la produzione di pipe in terracotta. L’elemento in terracotta, di varia forma, colore e decorazione, si utilizzava insieme ad una lunga cannula in legno – di rosa, di ciliegio, di nocciola. Il tipo più ampiamente attestato a Tell Zeyd si articola in una piccola camera di combustione nella parte inferiore separata da quella superiore da un filtro, dove poggiava il tabacco. In via preliminare, ed in attesa del conforto di altri elementi di datazione, è possibile collocare la fase di produzione nell’ambito del XVIII secolo. La superficie delle pipe veniva decorata con incisioni e stampigliature, e la superficie ricoperta di uno strato nero, marrone, o rosso. A Tell Zeyd sono state ritrovate alcune fornaci preposte alla cottura delle pipe, numerosi frammenti di prodotti che recano vistosi difetti di fabbricazione, probabilmente scarti di produzione, residui della materia prima utilizzata (argilla purissima), strumenti litici e metallici utilizzati per la forgiatura delle pipe. Uno straordinario tesoro, miniera di informazioni circa il ciclo di produzione. La continuazione degli scavi consentirà di documentare in dettaglio l’intero laboratorio, così come permetterà di fare luce sulle pratiche di produzione delle pipe, e anche, auspicabilmente, sulle ragioni che hanno portato a installare un laboratorio in questo contesto. Studi specialistici correlati. Le ricerche a Tell Zeyd comprendono anche studi specialistici, come quelli di archeo-botanica, al fine di identificare le colture dell’area ed acquisire dati sulle pratiche alimentari. Con il ritrovamento del laboratorio saranno anche indispensabili per individuare il tipo di combustibile utilizzato nelle fornaci ed esplorare la presenza di coltivazioni di tabacco nel territorio circostante. Il progetto sul sito di Tell Zeyd si avvale della collaborazione del gruppo di Geomatica del dipartimento di Ingegneria dell’Ambiente e del Territorio (DIATI) e di Architettura e Design (DAD) del Politecnico di Torino, che ha sperimentato metodi di documentazione 3D integrata a supporto delle indagini archeologiche (tecnologie topografiche e fotogrammetriche da drone). Attraverso l’utilizzo di droni equipaggiati di macchine fotografiche, è stato possibile acquisire blocchi di immagini fotogrammetriche sia nello spettro del visibile e non visibile che hanno permesso di realizzare modelli in 3D dell’intera area archeologica. Nel caso di strutture non certo monumentali come quelle che si prevede di intercettare a Tell Zeyd, la documentazione di dettaglio con restituzione in 3D dell’intero deposito scavato sono fondamentali per una efficace disseminazione dei risultati.
Napoli. Al museo Archeologico nazionale è giunto il Pugilatore, uno dei Giganti di Mont’e Prama, simbolo della mostra “Sardegna isola megalitica. Dai menhir ai nuraghi: storia di pietra nel cuore del Mediterraneo” che apre al Mann (arricchita) dopo il successo delle tappe di Berlino, San Pietroburgo e Salonicco. L’assessore regionale Chessa: “Il turismo archeologico volano per creare nuovi posti di lavoro in Sardegna”


La squadra del Mann impegnata nella mostra “Sardegna isola megalitica” davanti alla cassa con il Pugilatore di Mont’e Prama (foto valentina cosentino)
Il Pugilatore, uno dei Giganti di Mont’e Prama, è giunto a Napoli, simbolo della mostra “Sardegna isola megalitica. Dai menhir ai nuraghi: storia di pietra nel cuore del Mediterraneo” che si apre al museo Archeologico nazionale venerdì 10 giugno 2022, alle 17. Autentico ambasciatore di un messaggio di continuità tra le antichissime culture mediterranee, il Pugilatore chiude nel golfo partenopeo un lungo viaggio che lo ha portato a uscire per la prima volta dal museo Archeologico nazionale di Cagliari seguendo le tappe della grande mostra archeologica promossa dalla Regione Autonoma della Sardegna-Assessorato del Turismo, Artigianato e Commercio, con il museo Archeologico nazionale di Cagliari e la Direzione Regionale Musei della Sardegna. Prima al museo nazionale per la Preistoria e Protostoria di Berlino (dal 1° luglio 2021 all’11 settembre 2022), quindi al museo statale Ermitage di San Pietroburgo (dal 26 ottobre 2021 al 16 gennaio 2022), poi al Museo Archeologico di Salonicco (dall’11 febbraio al 15 maggio 2022) contribuendo ad accendere i riflettori sulle ricchezze archeologiche della Sardegna.
La Sardegna ha attirato l’attenzione e l’interesse del grande pubblico in tutte e tre le tappe europee. Un successo decretato dai grandi numeri di visitatori registrati: 96mila al Neues Museum di Berlino, 117.400 al museo statale Ermitage di San Pietroburgo. E al museo Archeologico nazionale di Salonicco, per il quale non ci sono ancora i dati finali, hanno addirittura allungato la mostra di una settimana, dal 15 al 22 maggio 2022. E ora siamo all’unica tappa italiana, a Napoli, per la quale la mostra ha ottenuto il Patrocinio del MAECI e del MIC e si avvale della collaborazione della Fondazione di Sardegna e del coordinamento generale di Villaggio Globale International. La tappa napoletana di “Sardegna Isola Megalitica” è organizzata in collaborazione con Regione Campania e Comune di Napoli. Intesa Sanpaolo è partner della mostra promossa al Mann.
Questo successo conferma quanto sostenuto da Giovanni Chessa, assessore per il Turismo, Artigianato e Commercio della Regione Sardegna, che in un’intervista rilasciata ad archeologiavocidalpassato.com a Firenze, in occasione di Tourisma 2021, dove la Regione Sardegna aveva uno spazio prestigioso per promuovere la Sardegna archeologica, spiega le azioni della sua politica che punta a far tornare sull’isola i giovani che sono andati lontano a studiare e a prepararsi: “Il turismo culturale in generale e archeologico in particolare deve diventare volano per creare nuovi posti di lavoro. La Sardegna non è solo mare. E la mostra Sardegna isola megalitica è lì a dimostrarlo. E con la cultura l’isola può essere attrattiva tutti i mesi dell’anno”.

In calendario nel Salone della Meridiana del museo Archeologico nazionale di Napoli dal 10 giugno all’11 settembre 2022, la mostra “Sardegna isola megalitica. Dai menhir ai nuraghi: storia di pietra nel cuore del Mediterraneo” rivela al pubblico storie suggestive, testimonianze materiali, civiltà affascinanti, per molti versi ancora tutte da scoprire. L’allestimento partenopeo si arricchisce, su iniziativa del Mann, di approfondimenti ed eventi collaterali, che aprono, come nella linea del Museo, all’incrocio dei linguaggi: previsto non solo un parallelismo con la Sezione Preistoria e Protostoria dell’Archeologico, ma anche un ambiente immersivo, “NURAGICA”, che consente di viaggiare alla scoperta delle antiche culture isolane.
Reggio Calabria. Cinquantesimo dei Bronzi di Riace. Apre la mostra “Itinerari culturali del Consiglio d’Europa in Italia: un patrimonio europeo”, promossa dalla Presidenza italiana del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa

Una nuova mostra in arrivo al museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria. Dopo essere stata inaugurata lo scorso novembre a Strasburgo e aver fatto tappa a Venezia, Collodi e Torino, la mostra “Itinerari culturali del Consiglio d’Europa in Italia: un patrimonio europeo”, promossa dalla Presidenza italiana del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, giungerà al MArRC, nell’ambito del programma di eventi che accompagnano il Cinquantesimo anniversario della scoperta dei Bronzi di Riace. I 29 Itinerari Culturali in Italia fanno parte dei 45 itinerari complessivi riconosciuti in Europa grazie al Programma degli Itinerari Culturali avviato nel 1987 con la Dichiarazione di Santiago di Compostela. Ciascun itinerario culturale nasce come progetto di cooperazione turistica, finalizzato allo sviluppo e alla promozione di un percorso, o una serie di percorsi, basati su un cammino storico, un concetto culturale, una figura o un fenomeno di rilevanza transnazionale e significativo per la comprensione e il rispetto di valori europei comuni. Il ministero della Cultura è membro dell’Accordo parziale allargato sugli itinerari culturali del Consiglio d’Europa fin dalla sua istituzione, nel 2010, e ha in atto una collaborazione con la Fondazione Scuola per i beni e le attività culturali mirata allo sviluppo di una strategia per la promozione degli itinerari culturali certificati che attraversano l’Italia. L’esposizione sarà inaugurata il 24 maggio 2022 e resterà visitabile fino a domenica 12 giugno 2022, secondo gli orari di apertura del Museo. Il percorso espositivo, curato dalla dottoressa Roberta Alberotanza, collaboratrice del ministero degli Affari Esteri, task Force per la Presidenza italiana del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, sarà allestito nella Sala conferenze e affronterà, in 29 pannelli, temi che vanno dall’arte all’architettura, dai pellegrinaggi ai percorsi di artisti, scrittori, condottieri e imperatori, e attraverso i quali vengono illustrati alcuni dei principi fondamentali dell’Europa, quali i diritti umani, la democrazia, il dialogo, lo scambio reciproco e il superamento dei confini. “I paesaggi culturali sono un patrimonio straordinario, che va promosso e assolutamente tutelato”, dichiara il direttore del MArRC, Carmelo Malacrino. “L’art. 9 della nostra Costituzione ci ricorda l’importanza dell’ambiente, della biodiversità e dei suoi ecosistemi, in cui noi essere umani abbiamo una posizione determinante. Con questa mostra il Museo conferma il suo carattere di luogo inclusivo e dinamico, in cui i temi del passato si affiancano alle prospettive del futuro. Questo “viaggio” virtuale tra decine di diversi itinerari culturali sarà ricco di suggestioni per il pubblico”, prosegue Malacrino. “Sono certo che in tanti avranno la voglia di partire e apprezzare i colori, gli odori e i sapori di questi paesaggi intrisi di tradizioni. Ringrazio la dott.ssa Alberotanza per la proposta di questa mostra al Museo, e il nostro funzionario architetto Claudia Ventura per l’impegno profuso per la sua realizzazione. Sono grato – conclude – anche alla giornalista Emanuela Martino, per il suo supporto durante la cerimonia di inaugurazione”.
A Firenze Archeofilm anteprima nazionale del film “Il giuramento di Ciriaco” di Olivier Bourgeois: la storia vera di archeologi, operai e custodi che nel 2011 hanno portato in salvo 24mila reperti sotto i bombardamenti e il tiro dei cecchini, consentendo la rinascita del Museo di Aleppo. Una statua restaurata dall’università di Firenze
L’incredibile salvataggio delle opere d’arte del museo Archeologico nazionale di Aleppo, in Siria, dalle bombe e dalla distruzione della guerra civile, nel docufilm sugli “angeli dell’arte” dai toni thriller “Il giuramento di Ciriaco / The oath of Cyriac” di Olivier Bourgeois (Andorra, 2021; 73’), in anteprima nazionale a “Firenze Archeofilm”, venerdì 4 marzo 2022, alle 21, al Cinema La Compagnia. Per la prima volta viene mostrata al pubblico l’opera di archeologi, operai e custodi che nel 2011 ha permesso di portare in salvo 24mila reperti sotto i bombardamenti e il tiro dei cecchini, consentendo la rinascita del museo di Aleppo, e scongiurando il disastro avvenuto al museo di Baghdad: gli “angeli dell’arte” del museo vengono filmati mentre imballano i reperti con i propri vestiti, costruiscono muri per nascondere le statue ai saccheggiatori, arrivando a trasferire 24mila reperti da Aleppo a Damasco, grazie a camion di fortuna.

Locandina del film “Il giuramento di Ciriaco / The oath of Cyriac” di Olivier Bourgeois
Custodi, archeologi, guardie museali sono, loro malgrado, attori-eroi nel film evento di Olivier Bourgeois, girato all’apice dell’ultimo conflitto siriano, mentre la guerra civile infuria. Volti di donne e uomini disperati quanto tenaci “sfilano” incuranti delle telecamere così come della grandine dei proiettili mentre si dirigono ogni giorno verso il museo affrontando come in una moderna via crucis il fuoco dei cecchini, spesso dormendo in terra nello stesso museo, nel tentativo di portare a termine il salvataggio delle opere. Ci riusciranno. Il risultato è oggi sotto gli occhi di tutti, nel risorto museo di Aleppo. Il titolo del film-evento che arriva ora in Italia è un omaggio a Ciriaco d’Ancona, il più prolifico studioso delle antichità greche e romane del XV secolo, riconosciuto come uno dei padri fondatori dell’archeologia classica moderna. Ciriaco d’Ancona aveva giurato a sé stesso di salvare le antichità condannate a scomparire. Proprio come hanno fatto i protagonisti del film.

La statua di ‘Ain et-Tell, sovrano dell’area di Aleppo nel IX sec. a.C., distrutta nel cortile del museo Archeologico nazionale di Aleppo in Siria (foto AV / giunti)

La verifica del danno della statua di ‘Ain et-Tell, sovrano dell’area di Aleppo nel IX sec. a.C., all’università di Firenze (foto AV / giunti)
Tra i protagonisti dei restauri post-bellici anche l’università di Firenze che ha fatto risorgere dalle macerie una straordinaria statua del IX sec. a.C. La professoressa Marina Pucci (università di Firenze): “Il testamento di Ciriaco ci ha fatto rivivere quei terribili momenti ma anche il sospirato lieto fine”. Una bellissima statua di oltre due metri e risalente al IX sec. a.C. colpita e spezzata in tre parti giace nel cortile del museo Archeologico di Aleppo. Un ordigno l’ha centrata in pieno durante l’ultimo conflitto civile siriano. Il volto è danneggiato. Ma non tutto è perduto. Scende in campo l’università di Firenze che da più di sessant’anni, sotto l’egida del ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale, porta avanti progetti di tutela restauro e valorizzazione dei monumenti legati a questo territorio così martoriato. Fanno parte del gruppo Unifi: Marina Pucci (direzione), Gianluca Buonomini (restauratore), Stefano Sarri (restauratore museo Archeologico nazionale Firenze), Margherita Carletti (documentazione), Corrado Alvaro (grafica pannelli, documentazione). La statua viene restaurata nell’ambito di due recenti missioni, nell’ambito del progetto “Still Standing” promosso dal dipartimento SAGAS e grazie all’équipe coordinata dalla professoressa Marina Pucci. Il risultato è sorprendente. La scultura è quella di ‘Ain et-Tell, raffigura un sovrano dell’area di Aleppo nel IX sec. a.C., in un periodo politico in cui la città faceva parte di entità politiche regionali. Dichiara la professoressa Pucci: “Fare qualcosa di concreto per la città, aiutare a esaudire il desiderio dei colleghi e della comunità locale di tornare a occuparsi di altro che non fosse la mera sopravvivenza ci ha fatto dimenticare la mancanza di corrente elettrica, il muoversi tra edifici distrutti, le difficoltà di reperire i materiali”.

Gruppo di lavoro dell’università di Firenze impegnato nel restauro della statua di ‘Ain et-Tell dal museo Archeologico nazionale di Aleppo (foto AV / giunti)
Il film “Il testamento di Ciriaco” di Oliverier Bourgeois, in prima nazionale al Firenze Archeofilm, documenta in presa diretta i momenti disperati dell’impresa che ha portato al salvataggio di oltre ventimila reperti facendo rivivere emozioni contrastanti a chi si è trovato a operare in quei momenti. Conclude la Pucci: “È stata un’infinita soddisfazione. Quel giorno di ottobre 2021, quando il velo che la copriva è caduto mostrando al pubblico il re di ‘Ain et Tell restituito alla sua maestà, la gioia e l’entusiasmo dei presenti, ragazzi delle scuole, insegnanti, uomini in divisa e no, donne velate o meno, ministri e quant’altro, ha dimostrato il valore assoluto che il passato di una comunità, specialmente una comunità ferita, rappresenta per le sue componenti. La percezione di aver contribuito a tutto questo dà un senso al lavoro di tutti noi”.
Firenze. TourismA 2022: le date del Salone dell’Archeologia e del Turismo culturale (30 settembre – 2 ottobre 2022) e prime anticipazioni

tourismA 2022. La macchina a Firenze è (già) in moto… E si possono già segnare la data sull’agenda: 30 settembre – 2 ottobre 2022. Il gruppo di lavoro di Archeologia Viva procede a pieno ritmo per selezionare le molte proposte per il prossimo Salone dell’Archeologia e del Turismo Culturale che sarà sempre ospitato nella monumentale e centralissima cornice del Palacongressi di Firenze capace di offrire ampi spazi espositivi e congressuali. I grandi temi di “tourismA 2022” sono orientati ad approfondire il dibattito su un turismo culturale e ambientale impegnato a proporre mete inedite e modalità per ridurre l’impatto sulle risorse del pianeta. In tal senso sarà orientato anche il workshop per gli operatori turistici già fissato per venerdì 1° ottobre 2022.

Nei tre giorni della manifestazione sono previsti circa 40 momenti congressuali che vedono al centro le grandi scoperte e la partecipazione dei protagonisti dell’archeologia. Parallelamente grande spazio viene dato alle risorse locali e alla valorizzazione delle realtà virtuose che operano nei piccoli comuni italiani proponendo nuovi sorprendenti itinerari. Non mancherà il tradizionale momento delle missioni archeologiche italiane che operano in altri Paesi (anche i più difficili) con il sostegno del ministero degli Affari Esteri per la presentazione di una serie di sensazionali scoperte dalla Turchia al Pakistan, dall’Egitto all’Armenia, dall’Iraq all’Oman. Grande spazio anche all’archeologia virtuale che vede la partecipazione delle realtà pubbliche e private impegnate nello sviluppo di sistemi d’avanguardia per vivere fantastici viaggi nel tempo dall’età contemporanea fino alla più lontana preistoria.
Paestum. Alla Borsa mediterranea del Turismo archeologico consegnati due International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad” alla scoperta archeologica dell’anno: per il 2019 (non conferito per lockdown), scoperta in Iraq, nel Kurdistan nel sito di Faida a 50 km da Mosul, di dieci rilievi rupestri assiri (università di Udine); per il 2020, scoperta di “centinaia di sarcofagi nella necropoli di Saqqara in Egitto”

“Per non dimenticare chi si è sacrificato per il bene materiale dell’umanità intera”: così Ugo Picarelli fondatore e direttore della Borsa mediterranea del Turismo archeologico ha introdotto la cerimonia di consegna dell’International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad” intitolato all’archeologo di Palmira che ha pagato con la vita la difesa del patrimonio culturale. A ricevere il Premio per la scoperta archeologica riferita all’anno 2019 e vincitrice della 6ª edizione, ma non conferita a causa del lockdown, Daniele Morandi Bonacossi, direttore della Missione archeologica italiana nel Kurdistan iracheno e ordinario di Archeologia e Storia dell’Arte del Vicino Oriente Antico dell’università di Udine, per la scoperta in Iraq, nel Kurdistan nel sito di Faida a 50 km da Mosul, di dieci rilievi rupestri assiri, gli dèi dell’Antica Mesopotamia. “Lo scavo archeologico non è più un palcoscenico per solisti ma per un grande coro”, ha detto Morandi Bonacossi. “Dietro ogni grande scoperta non c’è una sola persona ma è un successo di squadra. Questo Premio ha un grande valore soprattutto per tutta la grande equipe con cui lavoro. Avevo conosciuto Khaled al-Asaad a Palmira quando ero un giovane studente e sono onorato di ricevere un riconoscimento che ne ricorda il grande sacrificio e il grande impegno per un sito di grande importanza simbolica come Palmira, crogiolo di culture diverse” (vedi Paestum, XXIII Borsa mediterranea del Turismo archeologico: assegnato alla scoperta di “centinaia di sarcofagi nella necropoli di Saqqara in Egitto” la 7ma edizione dell’International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad”, scelta tra le cinque più importanti del 2020. A novembre sarà consegnato anche il premio della 6° edizione (saltato per il Covid) andato alla scoperta di dieci rilievi rupestri assiri raffiguranti gli dèi dell’Antica Mesopotamia presso il sito di Faida (Iraq) | archeologiavocidalpassato).


I principi Firas di Giordania con il direttore Ugo Picarelli alla Borsa mediterranea del Turismo archeologico di Paestum (foto bmta)
La 7ª edizione dell’International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad” è stato assegnato alla scoperta di “centinaia di sarcofagi nella necropoli di Saqqara in Egitto”. Unico riconoscimento mondiale dedicato agli archeologi, che con sacrificio, dedizione, competenza e ricerca scientifica affrontano quotidianamente il loro compito nella doppia veste di studiosi del passato e di professionisti a servizio del territorio, il premio annuale viene assegnato in collaborazione con Archeo e le testate archeologiche internazionali media partner della Borsa: Antike Welt (Germania), AiD Archäologie in Deutschland (Germania), Archéologia (Francia), as. Archäologie der Schweiz (Svizzera), Current Archaeology (Regno Unito), Dossiers d’Archéologie (Francia). Alla cerimonia, coordinata da Andreas M. Steiner direttore responsabile Archeo, sono intervenuti Mounir Bouchenaki presidente onorario della Bmta, sua altezza reale Dana Firas presidente Petra National Trust, Paolo Matthiae professore emerito Sapienza università di Roma e Accademico dei Lincei, Mohamad Saleh ultimo direttore per il Turismo di Palmira.

È stato affidato alla voce di Roberta Salvatori della direzione generale per la Promozione del Sistema Paese del ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale il saluto del ministro Luigi Di Maio che ha scritto: “Costituisce una consolidata e qualificata presenza nel panorama degli eventi intesi a promuovere un turismo di qualità e a diffondere la conoscenza della storia e del patrimonio culturale italiano e internazionale. Nella sua ultraventennale attività, la Borsa mediterranea del Turismo archeologico si è affermata non solo come manifestazione di riferimento per il turismo culturale, ma anche come appuntamento importante per Università, istituti di ricerca, operatori culturali: un’apprezzata opportunità di incontro per gli addetti ai lavori e di visibilità per il grande pubblico, con l’obiettivo di promuovere la cultura e diffondere lo studio e la conoscenza reciproca dei patrimoni culturali dei Paesi partner. La promozione della cultura è una delle priorità della politica estera italiana. Nella cultura, infatti, ritroviamo non soltanto un valore identitario, ma anche una risorsa capace di contribuire, in una logica di sistema, allo sviluppo economico-sociale di ciascun Paese”.

“Siamo pertanto orgogliosi – ha continuato – dell’assegnazione dell’International Archaeological Discovery Award, significativamente intitolato all’archeologo Khaled Al Asaad, al prof. Daniele Morandi Bonacossi per la scoperta di dieci rilievi rupestri assiri raffiguranti gli dèi dell’Antica Mesopotamia. Da anni il MAECI sostiene finanziariamente la Missione del prof. Morandi Bonacossi “Terra di Ninive” in Iraq, nell’ambito di una più ampia azione di sostegno all’archeologia italiana fuori dai confini nazionali. Negli ultimi 10 anni siamo passati da 154 Missioni sostenute nel 2011 a 210 missioni nel 2021 attive in tutti i continenti, per contributi pari quasi a 2,2 milioni di euro. Quasi la metà di queste Missioni (98) si concentrano nel Mediterraneo e Medio Oriente, e ben 11 sono attive in Iraq. L’attività degli archeologi e dei restauratori italiani, oltre a ricevere l’indiscusso apprezzamento dei governi e delle comunità ospitanti, è per noi un fondamentale strumento di cooperazione e di dialogo, che ci consente di rafforzare le relazioni con gli altri Stati anche grazie alle iniziative di formazione e al trasferimento di tecnologie e conoscenze in settori, quali archeologia, restauro, tutela del patrimonio, in cui l’Italia è leader mondiale. Voglio congratularmi, quindi, con il prof. Morandi Bonacossi per i proficui risultati dell’impegno suo e dei suoi collaboratori nell’incessante opera di ricerca e messa in luce delle testimonianze di un passato che fonda il presente e illumina la via verso il futuro”.
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