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Kurdistan iracheno. A Tell Zeyd scoperto un laboratorio per la produzione di pipe in terracotta (XVIII secolo) dalla missione archeologica dell’università Ca’ Foscari diretta da Cristina Tonghini

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Incontro a Ca’ Foscari: da sinistra, Bekas Hasan, direttore delle Antichità del governatorato di Dohuk; Cristina Tonghini, responsabile missione a Tell Zeyd; Tiziana Lippiello, rettrice Ca’ Foscari; Ali, direttore generale delle Antichità e del Patrimonio della Regione Autonoma del Kurdistan (foto unive)

A Tell Zeyd, nel Kurdistan iracheno, scoperto un laboratorio per la produzione di pipe in terracotta risalente al XVIII secolo dalla missione archeologica dell’università Ca’ Foscari, come informa il magazine on line dell’ateneo veneziano CFnews. Le indagini archeologiche sul sito di Tell Zeyd, nella regione del Kurdistan iracheno, si sono svolte tra settembre e ottobre 2022 sotto la direzione di Cristina Tonghini, specialista dell’archeologia del cosiddetto periodo islamico (VII-XIX secolo). Il progetto nasce grazie a un accordo con la Direzione generale delle Antichità e del Patrimonio del Kurdistan, è un programma di ricerca dell’università Ca’ Foscari Venezia, finanziato dalla stessa università col patrocinio del ministero degli Affari esteri e della Cooperazione Internazionale.

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Veduta da drone del sito di Tell Zeyd nel Kurdistan iracheno (foto unive)

Il sito si trova nella valle del Tigri, in Kurdistan (Iraq), a Nord della diga di Mosul, ed è lambito da uno dei suoi affluenti a regime torrentizio. Oggi è visibile un tell (collinetta), formatasi con il susseguirsi delle varie fasi di occupazione a partire dal periodo Calcolitico. L’insediamento di periodo islamico è sorto ai piedi del tell. L’analisi del materiale di superficie, studiato in collaborazione con il progetto dell’università di Udine Land of Nineveh Archaeological Project, suggerisce che il sito sia stato occupato per l’intero periodo islamico, e possa dunque costituire uno straordinario osservatorio per studiare i caratteri dell’insediamento, la gestione delle risorse, l’economia, la cultura e la società dell’area fra VII e XIX secolo. I resti di un mulino ad acqua sono ancora visibili sulla sponda del corso d’acqua e questo fa di Tell Zeyd un sito chiave per l’avanzamento delle nostre conoscenze. Si tratta infatti di uno di quei rari casi in cui sia il mulino che l’insediamento che esso serviva si sono conservati; permettendoci di recuperare dati che consentano di comprendere l’intero processo produttivo e chiarire il rapporto con l’insediamento. Nel 2022 lo scavo ha riguardato l’area dell’abitato, ai piedi del tell, ed ha consentito di documentare tre macro-fasi: una fase di insediamento domestico, databile ad un periodo precedente il 1910 (l’abbandono è testimoniato da un discendente degli abitanti del villaggio antico e da una moneta individuata negli strati di abbandono); una fase relativa all’impianto del laboratorio di produzione delle pipe; una più antica fase occupazionale sul cui abbandono va ad impiantarsi il laboratorio. Il proseguimento degli scavi nelle prossime stagioni consentirà di completare la sequenza con lo studio delle fasi più antiche, ancora interrate.

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Una pipa decorata scoperta nel sito di Tell Zeyd nel Kurdistan iracheno dalla missione archeologica di Ca’ Foscari, diretta da Cristina Tonghini (foto unive)

Le pipe e il tabacco. L’utilizzo di pipe in terracotta è ampiamente attestato nei territori dell’Impero Ottomano, compresa l’Europa orientale (area balcanica, Grecia), testimoniato da un consistente volume di frammenti arrivati fino a noi e illustrato in dipinti ed incisioni. Tuttavia, fino ad oggi, rimangono molto scarse le informazioni relative al ciclo di produzione di questi oggetti nell’Impero Ottomano. Gli studi condotti sulle fonti scritte riferiscono dell’arrivo del tabacco in Medio Oriente nella seconda metà del XVI secolo, e ci raccontano dei vari tentativi di proibirne l’uso messi in atto dalle autorità ottomane nella prima metà del XVII soprattutto. Questa nuova pratica, che accanto all’uso del caffè costituisce una vera e propria rivoluzione dei costumi e delle pratiche sociali, non sembra risentire più di tanto di queste proibizioni. Si diffonde rapidamente in tutto l’Impero Ottomano ma il suo consumo viene autorizzato solo nel 1646 e definitivamente legalizzato nel 1720. Sui siti archeologici del Medio Oriente vengono frequentemente ritrovati frammenti di queste pipe; tuttavia, ad oggi risulta assai difficile collocare questi ritrovamenti entro un preciso arco cronologico. Per quel che riguarda i siti di produzione, gli studiosi hanno ipotizzato che questi dovessero collocarsi nelle grandi città dell’impero grazie ai resoconti di cronisti e viaggiatori e allo studio di una serie di marchi di fabbrica rinvenuti sulle pipe stesse. Con gli scavi a Tell Zeyd è stato possibile identificare per la prima volta nell’ambito di uno scavo archeologico un laboratorio di produzione, collocato non in una grande città, ma in un insediamento rurale.

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Resti delle fornaci nel sito di Tell Zeyd nel Kurdistan iracheno (foto unive)

La produzione di pipe e la scoperta delle fornaci. Estremamente rilevante è senza dubbio l’individuazione del laboratorio per la produzione di pipe in terracotta. L’elemento in terracotta, di varia forma, colore e decorazione, si utilizzava insieme ad una lunga cannula in legno – di rosa, di ciliegio, di nocciola. Il tipo più ampiamente attestato a Tell Zeyd si articola in una piccola camera di combustione nella parte inferiore separata da quella superiore da un filtro, dove poggiava il tabacco. In via preliminare, ed in attesa del conforto di altri elementi di datazione, è possibile collocare la fase di produzione nell’ambito del XVIII secolo. La superficie delle pipe veniva decorata con incisioni e stampigliature, e la superficie ricoperta di uno strato nero, marrone, o rosso. A Tell Zeyd sono state ritrovate alcune fornaci preposte alla cottura delle pipe, numerosi frammenti di prodotti che recano vistosi difetti di fabbricazione, probabilmente scarti di produzione, residui della materia prima utilizzata (argilla purissima), strumenti litici e metallici utilizzati per la forgiatura delle pipe. Uno straordinario tesoro, miniera di informazioni circa il ciclo di produzione. La continuazione degli scavi consentirà di documentare in dettaglio l’intero laboratorio, così come permetterà di fare luce sulle pratiche di produzione delle pipe, e anche, auspicabilmente, sulle ragioni che hanno portato a installare un laboratorio in questo contesto. Studi specialistici correlati. Le ricerche a Tell Zeyd comprendono anche studi specialistici, come quelli di archeo-botanica, al fine di identificare le colture dell’area ed acquisire dati sulle pratiche alimentari. Con il ritrovamento del laboratorio saranno anche indispensabili per individuare il tipo di combustibile utilizzato nelle fornaci ed esplorare la presenza di coltivazioni di tabacco nel territorio circostante. Il progetto sul sito di Tell Zeyd si avvale della collaborazione del gruppo di Geomatica del dipartimento di Ingegneria dell’Ambiente e del Territorio (DIATI) e di Architettura e Design (DAD) del Politecnico di Torino, che ha sperimentato metodi di documentazione 3D integrata a supporto delle indagini archeologiche (tecnologie topografiche e fotogrammetriche da drone). Attraverso l’utilizzo di droni equipaggiati di macchine fotografiche, è stato possibile acquisire blocchi di immagini fotogrammetriche sia nello spettro del visibile e non visibile che hanno permesso di realizzare modelli in 3D dell’intera area archeologica. Nel caso di strutture non certo monumentali come quelle che si prevede di intercettare a Tell Zeyd, la documentazione di dettaglio con restituzione in 3D dell’intero deposito scavato sono fondamentali per una efficace disseminazione dei risultati.

Paestum. L’Egitto per il secondo anno consecutivo si aggiudica l’International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad” promosso dalla Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico: l’8a edizione alla scoperta della “città d’oro fondata da Amenhotep III, riaffiorata dal deserto in Egitto”

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La città d’oro perduta scoperta da Zahi Hawass a Tebe Ovest (foto ministry of Tourism and Antiquities)

paestum_BMTA22-XXIV-edizione_logoAlla fine il fascino dell’Antico Egitto si è imposto sulle scoperte a Pompei, sulla romanità in Inghilterra, sui santuari rupestri dell’Anatolia, e i templi buddisti del Pakistan. La scoperta della “città d’oro fondata da Amenhotep III, riaffiorata dal deserto in Egitto” si è aggiudicata l’8a edizione dell’International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad”, promosso dalla Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico e dalla rivista Archeo. Dopo i sarcofagi della necropoli di Saqqara (premio 2021) ecco la città d’oro di Amenhotep III: quindi per il secondo anno consecutivo è stata premiata una scoperta nella valle del Nilo. Il Premio sarà consegnato a Zahi Hawass già ministro delle Antichità e direttore della Missione archeologica venerdì 28 ottobre 2022, alle 18, alla presenza di Fayrouz Asaad, figlia archeologa di Khaled; Stefano Ravagnan, inviato speciale del ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale per la crisi in Siria; e Mohamad Saleh, ultimo direttore del Turismo di Palmira, in occasione della XXIV Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico che si tiene a Paestum da giovedì 27 a domenica 30 ottobre 2022 al Tabacchificio Cafasso (sito di archeologia industriale “simbolo della Piana del Sele”, così definito da Gillo Dorfles), nell’area archeologica e al museo Archeologico nazionale, e alla Basilica.

paestum_bmta_Award Khaled al-Asaad-2022_locandinaL’International Archaeological Discovery Award, il Premio intitolato a Khaled al-Asaad, direttore dell’area archeologica e del Museo di Palmira dal 1963 al 2003, che ha pagato con la vita la difesa del patrimonio culturale, è l’unico riconoscimento a livello mondiale dedicato al mondo dell’archeologia e in particolare ai suoi protagonisti, gli archeologi, che con sacrificio, dedizione, competenza e ricerca scientifica affrontano quotidianamente il loro compito nella doppia veste di studiosi del passato e di professionisti a servizio del territorio. La Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico e Archeo, la prima testata archeologica italiana, hanno inteso dare il giusto tributo alle scoperte archeologiche attraverso un Premio annuale assegnato in collaborazione con le testate internazionali, tradizionali media partner della Borsa: Antike Welt (Germania), Archäologie in Deutschland (Germania), Archéologia (Francia), as. Archäologie der Schweiz (Svizzera), Current Archaeology (Regno Unito), Dossiers d’Archéologie (Francia).

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La Tomba di Lavau, sepoltura di un principe celtico del V secolo a.C.

Nel 2015 il Premio è stato assegnato a Katerina Peristeri, responsabile degli scavi, per la scoperta della Tomba di Amphipolis (Grecia); nel 2016 all’INRAP Institut National de Recherches Archéologiques Préventives (Francia), nella persona del presidente Dominique Garcia, per la Tomba celtica di Lavau; nel 2017 a Peter Pfälzner, direttore della missione archeologica, per la città dell’Età del Bronzo presso il villaggio di Bassetki nel nord dell’Iraq; nel 2018 a Benjamin Clément, responsabile degli scavi, per la “piccola Pompei francese” di Vienne; nel 2019 a Jonathan Adams, responsabile del Black Sea Maritime Archaeology Project (MAP), per la scoperta nel mar Nero del più antico relitto intatto del mondo; nel 2020 a Daniele Morandi Bonacossi, direttore della Missione Archeologica Italiana nel Kurdistan Iracheno e ordinario di Archeologia e Storia dell’Arte del Vicino Oriente Antico dell’università di Udine, per la scoperta di dieci rilievi rupestri assiri raffiguranti gli dèi dell’Antica Mesopotamia; nel 2021 alla scoperta di “centinaia di sarcofagi nella necropoli di Saqqara in Egitto”.

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La stanza degli schiavi scoperta a Civita Giuliana nella villa suburbana a nord di Pompei (foto bmta)

Le cinque scoperte archeologiche del 2021 finaliste dell’8ª edizione dell’International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad” sono: Egitto, dal deserto riaffiora la città fondata da Amenhotep III a Luxor; Italia, Pompei, a Civita Giuliana scoperta la stanza degli schiavi; Pakistan, nel sito di Barikot il più antico tempio buddhista urbano della valle dello Swat; Regno Unito, in Inghilterra nella contea di Rutland uno straordinario mosaico con scene dell’Iliade; Turchia, in Anatolia il sito di Karahantepe un santuario rupestre di oltre 11mila anni fa (vedi Paestum. International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad” 2022 promosso da Bmta e Archeo: annunciate le 5 scoperte archeologiche del 2021 candidate. Egitto: la città fondata da Amenhotep III a Luxor; Italia: la stanza degli schiavi a Civita Giuliana; Pakistan: il più antico tempio buddhista urbano della valle dello Swat; Regno Unito: a Rutland mosaico con scene dell’Iliade; Turchia: in Anatolia a Karahantepe santuario rupestre di oltre 11mila anni fa | archeologiavocidalpassato).

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La città fondata da Amenhotep III scoperta a Tebe Ovest (foto bmta)

L’edizione 2022 dell’International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad” va dunque alla scoperta della “città d’oro fondata da Amenhotep III, riaffiorata dal deserto in Egitto” (vedi Egitto. Zahi Hawass ha scoperto a Tebe Ovest la “città d’oro perduta”, edificata da Amenhotep III e utilizzata anche da Tutankhamon e Ay: è la più grande città mai trovata, con distretto amministrativo e industriale (“Scoperta paragonabile alla tomba di Tut”). Informazioni sulla vita quotidiana degli antichi egizi. Si spera dia risposte al perché Akhenaten e Nefertari si spostarono ad Amarna | archeologiavocidalpassato). Sotto la sabbia per migliaia di anni “la più grande città mai trovata in Egitto” in buono stato di conservazione e con mura quasi complete è stata ritrovata dalla equipe di Zahi Hawass, alla ricerca in verità del tempio funerario di Tutankhamon. Il sito si trovava vicino al palazzo del faraone Amenhotep III (1391-1353 a.C.), dall’altra parte del fiume Nilo rispetto alla città e capitale di Tebe (oggi Luxor). Le iscrizioni geroglifiche indicano che la città era chiamata Tjehen-Aten, o Aton “abbagliante” e che fu fondata dal nonno di Tutankhamon, Amenhotep III. Acclamata “città d’oro perduta”, non è una città – che esisteva già ed era Tebe – esattamente perduta, visto che alcuni muri a zig-zag erano già stati scoperti negli anni ’30 dai francesi Robichon e Varille a 100 mt di distanza, e finora non ha prodotto alcun reperto d’oro: “La chiamo d’oro perché fondata durante l’età d’oro d’Egitto” ha dichiarato Hawass. Gli ambienti conservano oggetti legati alla vita quotidiana: preziosi anelli, scarabei, vasi di ceramica colorata, mattoni di fango con i sigilli a cartiglio di Amenhotep III, oltre a iscrizioni geroglifiche su tappi di argilla dei vasi di vino, hanno contribuito a datare l’insediamento. È stata individuata anche una panetteria, una zona per cucinare e preparare il cibo, con forni e stoviglie di stoccaggio. La seconda zona, ancora in gran parte sepolta, coincide con il quartiere amministrativo e residenziale, circoscritta da un muro a zig-zag. La terza area era predisposta per i laboratori: lungo un lato è la zona di produzione dei mattoni di fango usati per costruire templi e annessi, nell’altro un gran numero di stampi da fonderia per l’elaborazione di amuleti e delicati elementi decorativi. Due sepolture insolite di una mucca o di un toro sono state trovate all’interno di una delle stanze, mentre sorprendente la sepoltura di una persona con le braccia distese lungo i fianchi e i resti di una corda avvolta intorno alle ginocchia. A nord dell’insediamento è stato scoperto un grande cimitero con un gruppo di tombe scavate nella roccia di diverse dimensioni.

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Il santuario rupestre di oltre 11mila anni fa scoperto in Anatolia nel sito di Karahantepe (foto bmta)

Per quanto riguarda, invece, lo “Special Award” per il maggior consenso sulla pagina Facebook della BMTA, è risultata la scoperta di “un santuario rupestre di oltre 11mila anni fa, il sito di Karahantepe in Turchia”. L’università di Istanbul, con l’équipe guidata dal professore Necmi Karul, ha scoperto un ambiente sotterraneo di 23 metri di diametro e profondo metri 5.50, con ben conservata la scultura di una imponente testa dai tratti umani, affiorante dalla parete rocciosa che pare “guardare come da una finestra” una serie di undici alti pilastri scolpiti a forma di fallo. Un tempio sacro che affonda le radici nella preistoria, con numerosi artefatti in pietra lavorata e almeno 250 monoliti. Inoltre, nell’ambito della cerimonia dell’International Archaeological Discovery Award, sarà conferito il Premio “Paestum Mario Napoli” 2022 all’Associazione della Stampa Estera in Italia, consegnato al presidente Esma Cakir, quale riconoscimento per i 110 anni dall’istituzione. Ogni anno la Borsa assegna il Premio Paestum, istituito nel 2005 e intitolato dal 2018 all’archeologo Mario Napoli scopritore della Tomba del Tuffatore, a quanti contribuiscono, con il loro impegno, alla valorizzazione del patrimonio culturale, alla promozione del turismo archeologico e al dialogo interculturale.

Rovereto. Conto alla rovescia per la 33.ma edizione del RAM film festival – Rovereto Archeologia Memorie con un focus trasversale su “Sguardi al femminile”. Ecco una sintesi del ricco programma con 62 film in concorso, incontri con i protagonisti, mostre, visite guidate

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Tanto pubblico in platea al teatro Zandonai di Rovereto per le proiezioni del RAM film festival (foto fmcr)

rovereto_rassegna-RAM_locandina-2022Il conto alla rovescia è ufficialmente partito. Con la presentazione nel giardino di Palazzo Balista a Rovereto della 33.ma edizione il RAM film festival – Rovereto Archeologia Memorie, in programma dal 28 settembre al 2 ottobre 2022 al teatro Zandonai, è entrato nel vivo. Cinque giorni di eventi tutti a ingresso gratuito, e solo gli incontri sono a numero limitato su prenotazione. Con un focus particolare trasversale all’intenso e articolato programma: “Sguardi al femminile”. Ancora una volta saranno l’archeologia e il patrimonio culturale i protagonisti sul grande schermo. Come da tradizione il RAM sposta l’archeologia e la cultura dalle sale dei musei, dalle università, dalle accademie e accende i proiettori del cinema, per un’esperienza emotiva e collettiva molto diversa dalla fruizione più distratta della tv o del pc. Si parla di patrimonio culturale, di siti archeologici, di scoperte, con linguaggi che arrivano a tutti. In particolare attraverso il documentario, che sta vivendo un momento di grande vitalità: non è un caso la vittoria proprio di un documentario, alla mostra del Cinema di Venezia appena conclusa.  Tutti concetti ribaditi bene alla presentazione a Palazzo Balista, nuova sede di Cassa Rurale AltoGarda – Rovereto, da quest’anno nuovo main sponsor dell’iniziativa. Il festival è organizzato dalla Fondazione Museo Civico di Rovereto con il Comune di Rovereto e la Provincia autonoma di Trento, la Regione Trentino Alto Adige, la Comunità della Vallagarina, con il patrocinio del ministero della Cultura e del ministero degli Affari esteri. Media partner la rivista Archeo. Con il sostegno di Fondazione Caritro e Cassa Rurale AltoGarda – Rovereto. In collaborazione con Apt di Rovereto Vallagarina Monte Baldo, Fondazione Museo Storico del Trentino, Museo Storico Italiano della Guerra, Touring Club Italiano, Cartoon Club di Rimini, e ancora Alfio Ghezzi Bistrot, Circolo Operaio Santa Maria, Exquisita e Cantina Vivallis.

Il festival in cifre. 62 i film in concorso e 20 i paesi rappresentati, da tutti i continenti, selezionati da oltre 1350 iscrizioni. Spiccano le grandi produzioni internazionali, come Gedeòn Programmes, Bonne Piòche, ZDF e Rai Cultura, ma anche numerose produzioni indipendenti, giovani registe e registi. I film sono suddivisi in quattro sezioni: “Cinema Archeologico”, dedicata ai siti, ai reperti e alle ricerche archeologiche più importanti e attuali, “L’Italia si racconta”, sulle tradizioni e il patrimonio storico artistico italiano, “Sguardi dal Mondo”, su popoli e culture dal resto del mondo, e “Cultura animata”, una sezione speciale riservata ai corti d’animazione. Ogni sezione ha un premio assegnato da una giuria qualificata, formata da archeologi, scrittori, storici, registi e videomaker, coordinati dal comitato scientifico del festival formato dalla scrittrice Isabella Bossi Fedrigotti, l’archeologa Barbara Maurina, l’antropologo Duccio Canestrini, il disegnatore e autore Andrea Artusi e il regista Emanuele Gerosa. Oltre ai film, 4 aperitivi, gli incontri al Bistrot e al Circolo, e 2 speciali presentazioni, i nuovissimi Archeobook brunch nella sala bar del teatro dove, oltre agli appuntamenti programmati, il pubblico potrà incontrare in modo informale registi e protagonisti del festival davanti a una tazza di caffè. Al Museo della Città inoltre, una mostra su Archeologia e fumetto in collaborazione con l’associazione Ora pro Comics di Piacenza, Festival del Fumetto Piacenza, l’associazione Archeologica Pandora e MAVT, il Museo archeologico della Val Tidone, e la Fumetteria di Rovereto.

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Micol Cossali, assessore alla Cultura, Creatività giovanile e Innovazione del Comune di Rovereto, alla presentazione della 33.ma edizione del RAM film festival (foto fmcr)

“Il linguaggio dell’immagine è sempre stato il più immediato e il più efficace per parlare alle persone. Lo sapevano bene gli antichi, che eressero statue e innalzarono monumenti per raccontare il proprio potere e prestigio ai loro contemporanei e per tramandarlo ai posteri”, interviene Micol Cossali, assessore alla Cultura, Creatività giovanile e Innovazione del Comune di Rovereto. “Un linguaggio che nel tempo si è evoluto e che ha fatto un balzo con l’invenzione del cinema un po’ più di un secolo fa, ma che mantiene inalterata la sua potenza simbolica e la sua immediatezza espressiva. Il festival RAM ha il merito di creare un dialogo fertile tra presente e passato, raccontando l’antico con i mezzi più moderni e indagando, con lo sguardo del presente, temi che appartengono alle società sin dalle loro prime forme di organizzazione. Il focus di quest’anno, Sguardi al femminile, riafferma, ancora una volta, la ricchezza di questo inesauribile confronto con il passato, specchio delle mutate sensibilità del presente. Un focus che propone da una parte la riscoperta del ruolo delle donne nella storia e di come le diverse culture abbiano interpretato i rapporti tra i generi, dall’altra la valorizzazione del lavoro di registe, archeologhe, scrittrici attraverso una selezione delle loro opere”.

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Giovanni Laezza, presidente della Fondazione museo civico di Rovereto, alla presentazione della 33.ma edizione del RAM film festival (foto fmcr)

“Il RAM, Rovereto Archeologia Memorie, giunge alla trentatreesima edizione, in realtà la seconda nella nuova veste di vero e proprio festival. Cosa vuole essere per noi il format festival? Non più solo una pur preziosa rassegna di documentari, ma uno spazio di coinvolgimento attivo della nostra comunità, dove si approfondiscono interessi ma si innescano anche relazioni, dove fioriscono progetti”, sottolinea Giovanni Laezza, presidente della Fondazione Museo Civico di Rovereto. “Anche quest’anno, nella nostra città abbiamo l’orgoglio di riuscire a portare a inizio autunno un palinsesto ricco di documentari e documenti eccezionali, da ogni continente, da ben 20 nazioni diverse, opere nuovissime, spesso inedite con la loro “prima” a Rovereto, ma non solo. In programma vi sono anche incontri, aperitivi, visite e presentazioni con personalità di spicco della cultura e della scena italiana e internazionale. Tutte occasioni per scoprire popoli e culture diverse, ma anche il lavoro di chi, con passione e spesso grandi difficoltà dovute a situazioni storiche e politiche, tutela e valorizza il patrimonio culturale mondiale, quello che crea la nostra identità di esseri umani. Il festival regala momenti di emozione, di condivisione, crea legami sia in modo verticale, tra il nostro passato e il nostro presente, che riusciamo a meglio comprendere, che orizzontale, nel nostro tempo, tra persone e istituzioni che ne vengono coinvolti, registi, produttori, autori, archeologi e storici, che lavorano insieme per divulgare la cultura”.

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Alessandra Cattoi, direttrice della Fondazione museo civico di Rovereto, alla presentazione della 33.ma edizione del RAM film festival (foto fmcr)

Sguardi al femminile è il focus scelto dal RAM film festival edizione 2022. Un tema di attualità e di grande rilevanza non solo in ambito sociale ma anche nel cinema, nella ricerca storica, nell’archeologia”, ribadisce Alessandra Cattoi, direttrice del RAM film festival e della Fondazione Museo Civico di Rovereto. “Che esista effettivamente uno sguardo al femminile nell’approccio al documentario, per esempio, con la scelta di storie e di un registro visivo con caratteristiche proprie, è un pensiero condiviso ma non unanime. Che il punto di vista sul mondo da parte delle donne sia stato per secoli ignorato, nascosto e avversato è invece un fatto certo. Proprio per questo pensiamo valga la pena riflettere su questi sguardi, così particolari, se essi siano il frutto di un’attitudine, di un modo del tutto peculiare di osservare il mondo e di raccontarlo, oppure se siano sguardi influenzati dalla volontà, che sovente si fa necessità, di colmare le assenze, di ridare voce a chi non l’ha avuta, di restituire un ruolo sovente sottratto. Al festival di Rovereto se ne parlerà assieme a registe, archeologhe, storiche e scrittrici anche di paesi del mondo dove per una donna è ancora molto difficile, se non impossibile, fare sentire la propria voce. I punti di partenza sono sempre il cinema e l’archeologia, pilastri fondanti del festival, che hanno ispirato la nostra riflessione sulle donne nell’antichità, fin dalla preistoria, su quanto le ricostruzioni storiche e archeologiche, fortemente influenzate dalla cultura moderna, abbiano interpretato la presenza femminile secondo schemi e ruoli che oggi vengono messi in discussione. Lontano dall’idea di voler creare nuove certezze, siamo contenti di proporre anche quest’anno suggestioni e stimoli, con il desiderio di condividere con il pubblico e con la città cinque giornate di proiezioni, di incontri, di visite e dare tutti insieme un contributo di pensiero e di partecipazione attiva alla vita culturale del nostro tempo”.

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La regista afgana Sahraa Karini ospite del RAM film festival (foto fmcr)

Un focus tutto “al femminile”. Il RAM ha scelto per il 2022 un focus dal titolo Sguardi al femminile. Ci saranno esempi di studiose che hanno lasciato un segno importante nelle discipline scientifiche, quando hanno avuto la possibilità di affermarsi. Storie di donne che si adoperano per il benessere della comunità in cui vivono, cercando nel contempo di salvaguardare la propria identità. E ci sarà la possibilità di dialogare con ospiti femminili, che racconteranno di persona le proprie esperienze umane e professionali. Nella consapevolezza che aprire uno “sguardo al femminile” sul mondo possa essere un passo verso l’inclusività a tutti i livelli. Diversi i film del focus in programma: “Lady sapiens” documentario francese del 2021 è uno di questi, insieme a un film tedesco “L’enigma delle ossa: rivoluzione di genere”. In entrambi le più recenti scoperte dimostrano come la donna preistorica fosse anche cacciatrice e guerriera. Di Rai Storia due produzioni dedicate rispettivamente alle “Donne di Augusto” e a

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Il busto di Nefertiti conservato a Berlino: frame del film di RAI Storia “Cronache di donne leggendarie: Nefertiti”

“Hatshepsut e Nefertiti: l’Egitto delle regine”. Sempre sul tema, alcuni film che mostrano aspetti poco conosciuti di un panorama al femminile come l’indiano “The knitting circle”, Il circolo del lavoro a maglia, che ha saputo trasformare una abilità tradizionale in attività imprenditoriale, ma anche molti film scelti tra gli altri per lo sguardo particolare di giovani registe. Oltre ai film poi, saranno dedicati al focus due spazi di approfondimento. Il primo venerdì 30 settembre 2022, alle 17.30, dal titolo “Donne che minacciano il potere” con Mariarosaria Barbera, notissima archeologa e scrittrice, e il secondo il sabato 1° ottobre 2022 con Sahraa Karimi, regista afghana, che parlerà della sua esperienza di documentarista e di donna in una terra martoriata dai cambiamenti e dalla guerra. Sempre al focus è dedicata la serata di sabato 1° ottobre 2022, con Serena Dandini, che racconterà le storie di “Donne Valorose” che hanno cambiato la storia, la scienza, la filosofia ma sono rimaste sempre nell’ombra, protagoniste straordinarie per forza e valore eppure invisibili ai più. Domenica 2 ottobre 2022, Archeobook brunch dal titolo “L’uomo primitivo era anche una donna” con l’archeologa Enza Elena Spinapolice.

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Frame del film “Power of Rome” di Giovanni Troilo con Edoardo Leo

Tra storia e fiction. Venerdì 30 settembre 2022, alla sera, in esclusiva sul grande schermo, “Power of Rome”, una grande produzione ideata per il compleanno di Roma nel 2022 e interpretata da Edoardo Leo, in cui si intrecciano fiction e documentario. A presentare il film il regista Giovanni Troilo e gli autori Luca Lancise e Donato Dallavalle.

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Maurizio Zulian e Graziano Tavan alla presentazione del loro libro nella sala conferenze della Cantina Vivallis di Nogaredo (Tn)

Incontri e visite guidate. Oltre al film e ai numerosi incontri, il RAM film Festival propone una serie di visite e appuntamenti originali, uno fra tutti la rievocazione storica tra Goti e Longobardi il sabato 1° ottobre 2022, alle 14, all’Isola di Sant’Andrea a Loppio. Domenica 2 ottobre 2022, al pomeriggio, presentazione del volume di Maurizio Zulian e Graziano Tavan “Nella terra di Pakhet, Carnet de voyage nelle province centrali dell’Alto Egitto. Appunti di trent’anni di esplorazioni” (Marsilio 2022), alla scoperta di un Egitto lontano dai percorsi turistici.

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Frame del film “Time of the giants” di Pascal Cuissot

Spazio al cinema. Oltre al focus “Sguardi l femminile”, tra i filoni dei film dell’edizione 2022, alcuni spettacolari film a carattere paleontologico e geologico, come il francese “The time of the giants” (L’era dei giganti), che combinando le immagini 3D con le evidenze paleontologiche più recenti, mostra con immagini inedite strategie di crescita e sopravvivenza dei dinosauri. Altrettanto spettacolare il film “Gift of the glaciers”, il dono dei ghiacciai, documentario tedesco che mostra come l’Europa sia stata letteralmente forgiata dallo scioglimento dei ghiacciai. Il breve documentario “Fossils in London” invece, racconta come anche in una città come Londra, ci si possa imbattere anche oggi in un numero sorprendente di ritrovamenti fossili. Uno degli altri filoni classici del festival è quello della tutela e della conservazione del patrimonio, che taglia un po’ trasversalmente tutti i documentari. Molto interessante il recentissimo (2022) “Jurassic Cash”, che racconta delle grandi aste dedicate ai reperti paleontologici come Big John, lo scheletro di triceratopo più grande del mondo, venduto a un privato nell’ottobre 2021 per 5,5 milioni di euro. Un’acquisizione impossibile per un ente culturale pubblico, e che solleva quesiti morali se sia o meno lecita una tale spoliazione del patrimonio universale, sottratto di fatto alla scienza e alla fruizione pubblica.

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Frame del film “The survivor Hagia Sofia” di Tevfik Hos

Di grande interesse anche il turco “The survivor Hagia Sofia” (Santa Sofia, la sopravvissuta), sulla storica Moschea di Santa Sofia, che è riuscita a sopravvivere nonostante molti grandi terremoti nel corso della sua esistenza, rivelando informazioni e segreti interessanti sull’architettura e la costruzione dell’edificio. Non mancano le produzioni trentine o dedicate al patrimonio trentino. “La frequentazione dell’orso” di Federico Betta affronta il rapporto uomo/orso, tema di grande attualità che coinvolge tutta la comunità trentina, attraverso un’apprezzabile varietà di punti di vista, attraverso i quali si approfondisce la relazione tra uomo-natura, e non soltanto le vicende di cronaca legate alla presenza del grande plantigrado sul territorio. Ogni filmato è una piccola e nuovissima chicca scelta tra centinaia di proposte, che presenta al pubblico un aspetto particolare di popoli, culture, tradizioni diverse, come “The Fall of the Maya Kings”, la caduta dei re Maya, film canadese del 2022 con le più recenti ipotesi sulle ragioni del collasso del grande impero del sudamerica, o “Mamody, the last baobab digger” (2022), Mamody, l’ultimo intagliatore di baobab di Cyrille Cornu, sugli abitanti del piccolo villaggio di Ampotaka nel Madagascar e la loro soluzione per immagazzinare l’acqua, oppure l’iraniano “Saffron Base Lifestyle”, Una vita basata sullo zafferano, di Parisa Bajelan, che tra l’altro è parte attiva di un progetto transnazionale Trentino: la Comunità Slow food dei produttori e co-produttori dello zafferano di Qa’en, o ancora “Felting” (2022), la lavorazione del feltro, sempre dall’Iran che illustra con splendide immagini l’arte dell’infeltrimento tradizionale della lana che sta gradualmente svanendo. Ogni documentario rivela un mondo tutto da scoprire.

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Il regista Alberto Castellani al Museo Guimet di Parigi per le riprese del film “Afghanistan” (foto media venice)

In conclusione del festival un film in anteprima assoluta, fuori concorso, di Alberto Castellani, girato non senza difficoltà dato il momento storico, dal titolo “Afghanistan: tracce di un cultura sfregiata”.

rovereto_rassegna-RAM_aperitico-al-circolo_la-legge-della-spada_locandina_foto-fmcrTutti gli incontri. Il RAM film festival 2022 ha in programma una serie di incontri speciali. Quattro sono gli aperitivi con i protagonisti, tre Incontri al Bistrot di Alfio Ghezzi e uno al Circolo operaio di Santa Maria, uno dei più antichi quartieri cittadini. Al Bistrot dello Chef stellato, oltre agli incontri con Sahraa Karimi e Mariarosaria Barbera legati al tema del focus “Sguardi al femminile”, il 28 settembre 2022 l’aperitivo sarà dedicato al “Patrimonio in ostaggio”, cioè al tema del furto e del mercato nero di opere d’arte e beni culturali, il terzo in termini di volume d’affari dopo armi e droga, in compagnia di Giuseppe Guastella, cronista di cronaca giudiziaria del Corriere della Sera, e il maggiore Lorenzo Pella, comandante del nucleo dei carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale di Udine, che ha condotto negli ultimi anni numerose indagini che hanno portato al recupero di moltissimi beni storico-artistici. Giovedì 29 settembre 2022, il quartiere di Santa Maria ospiterà nel suo circolo operaio un “Aperitivo al Circolo” dal titolo “La legge della spada” con Andrea Rossini, esperto di scherma storica che ha aperto la prima sala in cui praticare la disciplina e in particolare la tradizione italiana medievale e rinascimentale, alla scoperta di un’epoca, il Medioevo, in cui la giustizia e l’onore si difendevano con la spada piuttosto che in tribunale.

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Frame del film “Nobody/Nessuno” di Mia Incantalupo

La cultura animata. Capitolo a parte del festival, le animazioni. Ogni anno sorprende la qualità della proposta e la creatività da parte delle animatrici e degli animatori. Sono una ventina le opere selezionate, tutte con spunti interessanti che riescono spesso a intrecciare i temi culturali con quelli sociali, come lo statunitense “Nobody” (Nessuno), di Mia Incantalupo, del 2022, una rivisitazione dell’Odissea dal punto di vista del Ciclope, che fa riflettere su diversità e discriminazione, o come anche l’indiano “Dyia” che parte da un festival tradizionale indiano per parlare di inclusione, o ancora il brevissimo “Humanity”, un’ironica sintesi sulla natura, non proprio amabile, dell’essere umano.

rovereto_rassegna-RAM_masterclass-per-insegnanti_locandinaLa formazione e il festival diffuso. Al festival non mancano momenti dedicati all’educazione, sia rispetto ai temi della tutela e della valorizzazione del patrimonio culturale sia della cultura all’immagine, che valorizza il cinema stesso come prezioso documento e patrimonio. Tre sono le mattine dedicate alle scuole con un programma apposito, che vedranno i ragazzi protagonisti anche grazie al risultato di progetti educational in collaborazione con il Festival. Mercoledì 28 settembre 2022 si terrà un corso di formazione per giornalisti in collaborazione con l’Ordine del Trentino Alto Adige con il giornalista Giuseppe Guastella e il maggiore Lorenzo Pella sul Patrimonio in ostaggio, e giovedì 29 settembre 2022 un corso di formazione per insegnanti dal titolo “Appunti di storia e analisi del cinema documentario – Incontro di introduzione al linguaggio dell’audiovisivo” con Emanuele Vernillo, tutor didattico della ZeLIG – Scuola di documentario di Bolzano, oltre a un corso organizzato dalla Trentino Film Commission e riservato ai videomaker. Sul territorio saranno inoltre disponibili attività e visite guidate a siti come il castrum dell’Isola di Sant’Andrea sul Lago di Loppio, e tante iniziative in collaborazione con APT.

Napoli. Al museo Archeologico nazionale è giunto il Pugilatore, uno dei Giganti di Mont’e Prama, simbolo della mostra “Sardegna isola megalitica. Dai menhir ai nuraghi: storia di pietra nel cuore del Mediterraneo” che apre al Mann (arricchita) dopo il successo delle tappe di Berlino, San Pietroburgo e Salonicco. L’assessore regionale Chessa: “Il turismo archeologico volano per creare nuovi posti di lavoro in Sardegna”

Il direttore del Mann, Paolo Giulierini, assiste all’apertura della cassa con il Pugilatore, uno dei Giganti di Mont’e Prama, giunta al museo (foto valentina cosentino)
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La squadra del Mann impegnata nella mostra “Sardegna isola megalitica” davanti alla cassa con il Pugilatore di Mont’e Prama (foto valentina cosentino)

Il Pugilatore, uno dei Giganti di Mont’e Prama, è giunto a Napoli, simbolo della mostra “Sardegna isola megalitica. Dai menhir ai nuraghi: storia di pietra nel cuore del Mediterraneo” che si apre al museo Archeologico nazionale venerdì 10 giugno 2022, alle 17. Autentico ambasciatore di un messaggio di continuità tra le antichissime culture mediterranee, il Pugilatore chiude nel golfo partenopeo un lungo viaggio che lo ha portato a uscire per la prima volta dal museo Archeologico nazionale di Cagliari seguendo le tappe della grande mostra archeologica promossa dalla Regione Autonoma della Sardegna-Assessorato del Turismo, Artigianato e Commercio, con il museo Archeologico nazionale di Cagliari e la Direzione Regionale Musei della Sardegna. Prima al museo nazionale per la Preistoria e Protostoria di Berlino (dal 1° luglio 2021 all’11 settembre 2022), quindi al museo statale Ermitage di San Pietroburgo (dal 26 ottobre 2021 al 16 gennaio 2022), poi al Museo Archeologico di Salonicco (dall’11 febbraio al 15 maggio 2022) contribuendo ad accendere i riflettori sulle ricchezze archeologiche della Sardegna.

La Sardegna ha attirato l’attenzione e l’interesse del grande pubblico in tutte e tre le tappe europee. Un successo decretato dai grandi numeri di visitatori registrati: 96mila al Neues Museum di Berlino, 117.400 al museo statale Ermitage di San Pietroburgo. E al museo Archeologico nazionale di Salonicco, per il quale non ci sono ancora i dati finali, hanno addirittura allungato la mostra di una settimana, dal 15 al 22 maggio 2022. E ora siamo all’unica tappa italiana, a Napoli, per la quale la mostra ha ottenuto il Patrocinio del MAECI e del MIC e si avvale della collaborazione della Fondazione di Sardegna e del coordinamento generale di Villaggio Globale International. La tappa napoletana di “Sardegna Isola Megalitica” è organizzata in collaborazione con Regione Campania e Comune di Napoli. Intesa Sanpaolo è partner della mostra promossa al Mann.

Questo successo conferma quanto sostenuto da Giovanni Chessa, assessore per il Turismo, Artigianato e Commercio della Regione Sardegna, che in un’intervista rilasciata ad archeologiavocidalpassato.com a Firenze, in occasione di Tourisma 2021, dove la Regione Sardegna aveva uno spazio prestigioso per promuovere la Sardegna archeologica, spiega le azioni della sua politica che punta a far tornare sull’isola i giovani che sono andati lontano a studiare e a prepararsi: “Il turismo culturale in generale e archeologico in particolare deve diventare volano per creare nuovi posti di lavoro. La Sardegna non è solo mare. E la mostra Sardegna isola megalitica è lì a dimostrarlo. E con la cultura l’isola può essere attrattiva tutti i mesi dell’anno”.

Lo staff del Mann accolti dagli addetti di Nuragica, un ambiente immersivo che consente di viaggiare alla scoperta delle antiche culture isolane (foto mann)

In calendario nel Salone della Meridiana del museo Archeologico nazionale di Napoli dal 10 giugno all’11 settembre 2022, la mostra “Sardegna isola megalitica. Dai menhir ai nuraghi: storia di pietra nel cuore del Mediterraneo” rivela al pubblico storie suggestive, testimonianze materiali, civiltà affascinanti, per molti versi ancora tutte da scoprire. L’allestimento partenopeo si arricchisce, su iniziativa del Mann, di approfondimenti ed eventi collaterali, che aprono, come nella linea del Museo, all’incrocio dei linguaggi: previsto non solo un parallelismo con la Sezione Preistoria e Protostoria dell’Archeologico, ma anche un ambiente immersivo, “NURAGICA”, che consente di viaggiare alla scoperta delle antiche culture isolane.

Reggio Calabria. Cinquantesimo dei Bronzi di Riace. Apre la mostra “Itinerari culturali del Consiglio d’Europa in Italia: un patrimonio europeo”, promossa dalla Presidenza italiana del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa

Locandina della mostra “Itinerari culturali del Consiglio d’Europa in Italia: un patrimonio europeo” al museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria dal 24 maggio al 12 giugno 2022

Una nuova mostra in arrivo al museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria. Dopo essere stata inaugurata lo scorso novembre a Strasburgo e aver fatto tappa a Venezia, Collodi e Torino, la mostra “Itinerari culturali del Consiglio d’Europa in Italia: un patrimonio europeo”, promossa dalla Presidenza italiana del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, giungerà al MArRC, nell’ambito del programma di eventi che accompagnano il Cinquantesimo anniversario della scoperta dei Bronzi di Riace. I 29 Itinerari Culturali in Italia fanno parte dei 45 itinerari complessivi riconosciuti in Europa grazie al Programma degli Itinerari Culturali avviato nel 1987 con la Dichiarazione di Santiago di Compostela. Ciascun itinerario culturale nasce come progetto di cooperazione turistica, finalizzato allo sviluppo e alla promozione di un percorso, o una serie di percorsi, basati su un cammino storico, un concetto culturale, una figura o un fenomeno di rilevanza transnazionale e significativo per la comprensione e il rispetto di valori europei comuni. Il ministero della Cultura è membro dell’Accordo parziale allargato sugli itinerari culturali del Consiglio d’Europa fin dalla sua istituzione, nel 2010, e ha in atto una collaborazione con la Fondazione Scuola per i beni e le attività culturali mirata allo sviluppo di una strategia per la promozione degli itinerari culturali certificati che attraversano l’Italia. L’esposizione sarà inaugurata il 24 maggio 2022 e resterà visitabile fino a domenica 12 giugno 2022, secondo gli orari di apertura del Museo. Il percorso espositivo, curato dalla dottoressa Roberta Alberotanza, collaboratrice del ministero degli Affari Esteri, task Force per la Presidenza italiana del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, sarà allestito nella Sala conferenze e affronterà, in 29 pannelli, temi che vanno dall’arte all’architettura, dai pellegrinaggi ai percorsi di artisti, scrittori, condottieri e imperatori, e attraverso i quali vengono illustrati alcuni dei principi fondamentali dell’Europa, quali i diritti umani, la democrazia, il dialogo, lo scambio reciproco e il superamento dei confini. “I paesaggi culturali sono un patrimonio straordinario, che va promosso e assolutamente tutelato”, dichiara il direttore del MArRC, Carmelo Malacrino. “L’art. 9 della nostra Costituzione ci ricorda l’importanza dell’ambiente, della biodiversità e dei suoi ecosistemi, in cui noi essere umani abbiamo una posizione determinante. Con questa mostra il Museo conferma il suo carattere di luogo inclusivo e dinamico, in cui i temi del passato si affiancano alle prospettive del futuro. Questo “viaggio” virtuale tra decine di diversi itinerari culturali sarà ricco di suggestioni per il pubblico”, prosegue Malacrino. “Sono certo che in tanti avranno la voglia di partire e apprezzare i colori, gli odori e i sapori di questi paesaggi intrisi di tradizioni. Ringrazio la dott.ssa Alberotanza per la proposta di questa mostra al Museo, e il nostro funzionario architetto Claudia Ventura per l’impegno profuso per la sua realizzazione. Sono grato – conclude – anche alla giornalista Emanuela Martino, per il suo supporto durante la cerimonia di inaugurazione”.

A Firenze Archeofilm anteprima nazionale del film “Il giuramento di Ciriaco” di Olivier Bourgeois: la storia vera di archeologi, operai e custodi che nel 2011 hanno portato in salvo 24mila reperti sotto i bombardamenti e il tiro dei cecchini, consentendo la rinascita del Museo di Aleppo. Una statua restaurata dall’università di Firenze

L’incredibile salvataggio delle opere d’arte del museo Archeologico nazionale di Aleppo, in Siria, dalle bombe e dalla distruzione della guerra civile, nel docufilm sugli “angeli dell’arte” dai toni thriller “Il giuramento di Ciriaco / The oath of Cyriac” di Olivier Bourgeois (Andorra, 2021; 73’), in anteprima nazionale a “Firenze Archeofilm”, venerdì 4 marzo 2022, alle 21, al Cinema La Compagnia. Per la prima volta viene mostrata al pubblico l’opera di archeologi, operai e custodi che nel 2011 ha permesso di portare in salvo 24mila reperti sotto i bombardamenti e il tiro dei cecchini, consentendo la rinascita del museo di Aleppo, e scongiurando il disastro avvenuto al museo di Baghdad: gli “angeli dell’arte” del museo vengono filmati mentre imballano i reperti con i propri vestiti, costruiscono muri per nascondere le statue ai saccheggiatori, arrivando a trasferire 24mila reperti da Aleppo a Damasco, grazie a camion di fortuna.

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Locandina del film “Il giuramento di Ciriaco / The oath of Cyriac” di Olivier Bourgeois

Custodi, archeologi, guardie museali sono, loro malgrado, attori-eroi nel film evento di Olivier Bourgeois, girato all’apice dell’ultimo conflitto siriano, mentre la guerra civile infuria. Volti di donne e uomini disperati quanto tenaci “sfilano” incuranti delle telecamere così come della grandine dei proiettili mentre si dirigono ogni giorno verso il museo affrontando come in una moderna via crucis il fuoco dei cecchini, spesso dormendo in terra nello stesso museo, nel tentativo di portare a termine il salvataggio delle opere. Ci riusciranno. Il risultato è oggi sotto gli occhi di tutti, nel risorto museo di Aleppo. Il titolo del film-evento che arriva ora in Italia è un omaggio a Ciriaco d’Ancona, il più prolifico studioso delle antichità greche e romane del XV secolo, riconosciuto come uno dei padri fondatori dell’archeologia classica moderna. Ciriaco d’Ancona aveva giurato a sé stesso di salvare le antichità condannate a scomparire. Proprio come hanno fatto i protagonisti del film.

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La statua di ‘Ain et-Tell, sovrano dell’area di Aleppo nel IX sec. a.C., distrutta nel cortile del museo Archeologico nazionale di Aleppo in Siria (foto AV / giunti)

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La verifica del danno della statua di ‘Ain et-Tell, sovrano dell’area di Aleppo nel IX sec. a.C., all’università di Firenze (foto AV / giunti)

Tra i protagonisti dei restauri post-bellici anche l’università di Firenze che ha fatto risorgere dalle macerie una straordinaria statua del IX sec.  a.C.  La professoressa Marina Pucci (università di Firenze): “Il testamento di Ciriaco ci ha fatto rivivere quei terribili momenti ma anche il sospirato lieto fine”. Una bellissima statua di oltre due metri e risalente al IX sec. a.C. colpita e spezzata in tre parti giace nel cortile del museo Archeologico di Aleppo. Un ordigno l’ha centrata in pieno durante l’ultimo conflitto civile siriano. Il volto è danneggiato. Ma non tutto è perduto. Scende in campo l’università di Firenze che da più di sessant’anni, sotto l’egida del ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale, porta avanti progetti di tutela restauro e valorizzazione dei monumenti legati a questo territorio così martoriato. Fanno parte del gruppo Unifi: Marina Pucci (direzione), Gianluca Buonomini (restauratore), Stefano Sarri (restauratore museo Archeologico nazionale Firenze), Margherita Carletti (documentazione), Corrado Alvaro (grafica pannelli, documentazione). La statua viene restaurata nell’ambito di due recenti missioni, nell’ambito del progetto “Still Standing” promosso dal dipartimento SAGAS e grazie all’équipe coordinata dalla professoressa Marina Pucci. Il risultato è sorprendente.  La scultura è quella di ‘Ain et-Tell, raffigura un sovrano dell’area di Aleppo nel IX sec. a.C., in un periodo politico in cui la città faceva parte di entità politiche regionali. Dichiara la professoressa Pucci: “Fare qualcosa di concreto per la città, aiutare a esaudire il desiderio dei colleghi e della comunità locale di tornare a occuparsi di altro che non fosse la mera sopravvivenza ci ha fatto dimenticare la mancanza di corrente elettrica, il muoversi tra edifici distrutti, le difficoltà di reperire i materiali”.

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Gruppo di lavoro dell’università di Firenze impegnato nel restauro della statua di ‘Ain et-Tell dal museo Archeologico nazionale di Aleppo (foto AV / giunti)

Il film “Il testamento di Ciriaco” di Oliverier Bourgeois, in prima nazionale al Firenze Archeofilm, documenta in presa diretta i momenti disperati dell’impresa che ha portato al salvataggio di oltre ventimila reperti facendo rivivere emozioni contrastanti a chi si è trovato a operare in quei momenti. Conclude la Pucci: “È stata un’infinita soddisfazione. Quel giorno di ottobre 2021, quando il velo che la copriva è caduto mostrando al pubblico il re di ‘Ain et Tell restituito alla sua maestà, la gioia e l’entusiasmo dei presenti, ragazzi delle scuole, insegnanti, uomini in divisa e no, donne velate o meno, ministri e quant’altro, ha dimostrato il valore assoluto che il passato di una comunità, specialmente una comunità ferita, rappresenta per le sue componenti. La percezione di aver contribuito a tutto questo dà un senso al lavoro di tutti noi”.

Pakistan. La missione italiana nello Swat dell’Ismeo/università Ca’ Foscari Venezia ha scoperto uno dei più antichi templi buddhisti nel Gandhara, nell’antica città di Barikot, risalente al II sec. a.C. Ecco i risultati delle ricerche e le prospettive future

Veduta aerea del tempio buddista scoperto a Barikot, nello Swat, dalla missione archeologica italiana dell’Ismeo e dell’università Ca’ Foscari di Venezia (foto ismeo/unive)

L’ultima campagna di scavo 2021 della missione italiana in Pakistan ha riportato alla luce uno dei più antichi templi buddhisti nel Gandhara, nell’antica città di Barikot, nella regione dello Swat. Ne dà notizia il magazine di Ca’ Foscari. La datazione si attesta intorno alla seconda metà del II secolo a.C., ma probabilmente risale ad età più antica, al periodo Maurya, dunque III secolo a.C., ma lo potranno confermare solo le datazioni al radiocarbonio (C14). La scoperta getta una nuova luce sulle forme del buddhismo antico e la sua espansione nell’antico Gandhara e aggiunge un nuovo tassello a ciò che si conosce sull’antica città. Da diversi anni direttore di quella che è la più antica missione archeologica italiana attiva in Asia è il professor Luca Maria Olivieri dell’università Ca’ Foscari Venezia (dipartimento di studi sull’Asia e sull’Africa Mediterranea). Allo scavo del 2021 hanno partecipato la dr. Elisa Iori (Max-Weber Kolleg, Universität Erfurt) vice-direttrice della Missione, e il dr. Michele Minardi (università ‘L’Orientale’ di Napoli). “La scoperta di un grande monumento religioso fondato in età indo-greca”, spiega Olivieri, “rimanda senz’altro ad un grande ed antico centro di culto e di pellegrinaggio. Lo Swat è terra sacra del Buddhismo già in età indogreca”. La missione fondata nel 1955 da Giuseppe Tucci è gestita dal 2021 anche dall’ Ateneo veneziano in collaborazione con l’ISMEO (Associazione Internazionale di Studi sul Mediterraneo e l’Oriente), con il co-finanziamento del ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale, in collaborazione con il dipartimento provinciale pakistano di archeologia (DOAM KP) e con il locale Swat Museum. 

Il colle di Barikot nella valle dello Swat in Pakistan (foto ismeo/unive)

La città di Barikot è nota nelle fonti greche e latine come una delle città assediate da Alessandro Magno, l’antica Bazira o Vajrasthana. Le stratigrafie scavate dalla Missione, datate col radiocarbonio, dimostrano l’esistenza della città ai tempi della spedizione di Alessandro Magno intorno al 327 a.C. (https://doi.org/10.1016/j.nimb.2019.05.065). Si tratta di una città importante che gestiva tutto il surplus agricolo produttivo della valle dello Swat. La valle è speciale tra quelle del Karakorum-Hindukush perché gode di un microclima che permette di avere due raccolti dallo stesso terreno durante l’anno, grano o riso, uno in primavera e uno alla fine dell’estate. Barikot era dunque una sorta di “città-granaio” di cui anche Alessandro Magno si servì prima di proseguire il suo percorso verso l’India. Curzio Rufo la descrive come urbs opulenta nelle sue Historiae Alexandri Magni per definirne la ricchezza agricola. Il sito è impressionante, una valle verdissima in una sorta di pianoro di montagna a circa 800 mt. di altezza con sullo sfondo le montagne dell’Hindukush e con una storia che va dall’età del Bronzo fino alla fine del Medioevo.

Il tempio e gli scavi 2021. Barikot fu occupata ininterrottamente dalla protostoria (1700 a.C.) al periodo medievale (XVI secolo), con oltre 10metri di stratigrafia archeologica. Proprio verso la fine della campagna di scavo del 2021, nel mese di ottobre, dopo aver completato lo scavo dell’acropoli della città, gli archeologi della Missione decidono di spostarsi ed esplorare un’area al centro della città antica che era già stata oggetto di razzie clandestine evidenziate da ampie buche, in un terreno recentemente acquisito dalle autorità pakistane. E qui la sorpresa. A poco a poco si rivela un interessante monumento buddhista, preservato, nonostante i ripetuti vandalismi, di oltre tre metri di altezza. Un edificio dalla forma particolare: un podio absidato sul quale si erge una cella cilindrica, con all’interno uno stupa. Si tratta chiaramente di un’architettura legata ad un contesto buddhista. Ai lati del monumento ci sono uno stupa minore, una cella e il podio di un pilastro monumentale. La scala che conduce alla cella è stata ricostruita in tre fasi, la più recente risalente al III secolo d.C., coeva ad una serie di stanze in forma di pronao che conducevano ad un ingresso che si apriva su un cortile pubblico affacciato su un’antica strada. La scala più antica recava ancora in situ un’iscrizione dedicatoria in Kharoshti, paleograficamente del I sec. d.C., metà della quale è stata trovata rovesciata e riutilizzata nel piano tardo di cui sopra. Sono state inoltre ritrovate delle monete negli strati inferiori e insieme a molte iscrizioni su ceramica in kharoshti. Il monumento fu abbandonato quando, ai primi del IV secolo, la città bassa fu distrutta da un disastroso terremoto. Sotto il monumento gli archeologi hanno trovato un monumento più antico fiancheggiato da un piccolo stupa di tipo arcaico, la cui datazione va indietro al periodo indo-greco, 150 a.C., periodo in cui regnava il re indogreco, Menandro I o i suoi immediati successori. Menandro secondo la tradizione buddhista indiana si sarebbe convertito al buddhismo. Ma le sorprese non erano terminate. A pochi giorni dalla fine dello scavo, nel mese di dicembre, si è visto che parti del monumento indo-greco erano infatti costruite su strutture ancora più antiche i cui livelli hanno rivelato materiali ceramici che a Barikot sono caratteristici delle fasi datate al III secolo a.C. La cronologia sarà confermata dalle analisi radiocarboniche (C14) che saranno molto precise visto che durante gli scavi sono stati fatti flottare più di 10.000 lt di terreno e sono stati ottenuti 58 contenitori di campioni di semi carbonizzati. Alla fine dello scavo nel dicembre del 2021 sono stati documentati e inventariati 2109 oggetti. Vasellame, monete, iscrizioni, sculture in pietra e stucco, oggetti in terracotta, sigilli e monili sono stati consegnati al nuovo Swat Museum, con sede nella capitale Saidu Sharif, interamente ricostruito dalla Missione archeologica italiana dopo l’attentato del 2008.

Veduta aerea dell’acropoli sul colle di Barikot nello Swat in Pakistan (foto ismeo/unive)

Altre scoperte. Lo scavo della Missione di quest’anno ha portato interamente alla luce un tempio Shahi dedicato a Vishnu che misura nella sua interezza 21 metri x 14. Datato al radiocarbonio al 700 d.C. e demolito sotto i Ghaznavidi dopo il 1000 d.C., il tempio conserva solo il podio (conservato per circa 2 metri di altezza), i relativi pavimenti, parte cospicua della decorazione a lesene con capitelli pseudo-ionici, notevoli esempi della decorazione in stucco e frammenti dei gruppi scultorei in marmo del periodo Turki Shahi. È stata inoltre messa in luce l’acropoli tardoantica, mentre alla base di questa è stata anche scoperta una piccola necropoli di età storica scavata in collaborazione con Massimo Vidale dell’università di Padova (anche qui si attendono i dati radiocarbonici). Un ulteriore ritrovamento sempre a Barikot è legato anche alla scoperta di una delle antiche vie cittadine che dalla porta urbica scoperta quest’anno lungo la cinta muraria indo-greca, risaliva verso il centro della città. Il tempio absidato trovato quest’anno ed altri due santuari buddhisti rinvenuti negli anni scorsi si affacciavano sui due lati di questa via. Questa ultima scoperta potrebbe essere la prova dell’esistenza di una vera e propria via dei templi lungo l’asse viario che dal settore periferico delle mura risaliva verso l’acropoli.

Panoramica dello scavo 2021 a Barikot nello Swat della missione archeologica italiana in Pakistan dell’Ismeo/università Ca’ Foscari (foto ismeo/unive)

Le prospettive future di Barikot. Lo scavo ricomincia a febbraio 2022, le concessioni sono state già ottenute, nella zona a nord del monumento absidato per cercare la strada che costeggiava l’abitato ed una serie di strutture templari di importanza probabilmente maggiore a quelle già messe in luce. Da nominare anche un importante progetto collaterale allo scavo, anche questo diretto da Luca Maria Olivieri. Il progetto si occupa del paleoclima dello Swat in età tardo-antica (sul problema della cosiddetta LALIA o Late Ancient Little Ice Age) “Late Antique Swat Ecology and Resilience: Climate and Habitat in Interfacial periods” ed è svolto insieme a Dario Battistel (dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica). Il progetto biennale finanziato nel quadro dei progetti SPIN 2021 di Ca’ Foscari, vede anche la collaborazione di Nicola Di Cosmo (Princeton University), Ulf Büntgen (Cambridge University), Federico Squarcini (dipartimento di Studi sull’Asia e l’Africa Mediterranea) e Elisa Iori (Max-Weber Kolleg, Universität Erfurt). Tra i progetti della Missione già in corso con Ca’ Foscari, vanno ricordati il progetto “Ellenismo e India. Tecnologie della pietra e dei cantieri nel Gandhara: Saidu Sharif I” diretto da Luca M. Olivieri, che ha prodotto una monografia che è in corso di stampa con Edizioni Ca’ Foscari nella nuova serie Marco Polo diretta da Sabrina Rastelli e Elisabetta Ragagnin (dipartimento di Studi sull’Asia e l’Africa Mediterranea). Va menzionato inoltre il gruppo di studio “Lo Swat di Alessandro: toponomastica, archeologia e testi” con Claudia Antonetti (dipartimento di Studi Umanistici) e studiosi di vari atenei in Italia e all’estero, nonché il progetto SPIN diretto da Claudia Antonetti “Social, ritual and ceremonial use of wine in the Gandharan area, from the Achaemenids to the Kushans”, che si svolge in stretta collaborazione con la Missione archeologica in Swat.

Firenze. TourismA 2022: le date del Salone dell’Archeologia e del Turismo culturale (30 settembre – 2 ottobre 2022) e prime anticipazioni

Il Palacongressi di Firenze, sede di TourismA il salone dell’Archeologia e del Turismo culturale (foto AV / Giunti)

tourismA 2022. La macchina a Firenze è (già) in moto… E si possono già segnare la data sull’agenda: 30 settembre – 2 ottobre 2022. Il gruppo di lavoro di Archeologia Viva procede a pieno ritmo per selezionare le molte proposte per il prossimo Salone dell’Archeologia e del Turismo Culturale che sarà sempre ospitato nella monumentale e centralissima cornice del Palacongressi di Firenze capace di offrire ampi spazi espositivi e congressuali. I grandi temi di “tourismA 2022” sono orientati ad approfondire il dibattito su un turismo culturale e ambientale impegnato a proporre mete inedite e modalità per ridurre l’impatto sulle risorse del pianeta. In tal senso sarà orientato anche il workshop per gli operatori turistici già fissato per venerdì 1° ottobre 2022.

Gli spazi degli stand espositivi di TourismA al Palacongressi di Firenze (foto AV/Giunti)

Nei tre giorni della manifestazione sono previsti circa 40 momenti congressuali che vedono al centro le grandi scoperte e la partecipazione dei protagonisti dell’archeologia. Parallelamente grande spazio viene dato alle risorse locali e alla valorizzazione delle realtà virtuose che operano nei piccoli comuni italiani proponendo nuovi sorprendenti itinerari. Non mancherà il tradizionale momento delle missioni archeologiche italiane che operano in altri Paesi (anche i più difficili) con il sostegno del ministero degli Affari Esteri per la presentazione di una serie di sensazionali scoperte dalla Turchia al Pakistan, dall’Egitto all’Armenia, dall’Iraq all’Oman. Grande spazio anche all’archeologia virtuale che vede la partecipazione delle realtà pubbliche e private impegnate nello sviluppo di sistemi d’avanguardia per vivere fantastici viaggi nel tempo dall’età contemporanea fino alla più lontana preistoria.

Paestum. Alla Borsa mediterranea del Turismo archeologico consegnati due International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad” alla scoperta archeologica dell’anno: per il 2019 (non conferito per lockdown), scoperta in Iraq, nel Kurdistan nel sito di Faida a 50 km da Mosul, di dieci rilievi rupestri assiri (università di Udine); per il 2020, scoperta di “centinaia di sarcofagi nella necropoli di Saqqara in Egitto”

Daniele Morandi Bonacossi, direttore della missione dell’università di Udine, davanti al rilievo 4 scoperto a Faida, nel Kurdistan iracheno (foto Alberto Savioli / LoNAP)

paestum_XXIII-bmta_international-archaeological-discovery-award_locandina“Per non dimenticare chi si è sacrificato per il bene materiale dell’umanità intera”: così Ugo Picarelli fondatore e direttore della Borsa mediterranea del Turismo archeologico ha introdotto la cerimonia di consegna dell’International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad” intitolato all’archeologo di Palmira che ha pagato con la vita la difesa del patrimonio culturale. A ricevere il Premio per la scoperta archeologica riferita all’anno 2019 e vincitrice della 6ª edizione, ma non conferita a causa del lockdown, Daniele Morandi Bonacossi, direttore della Missione archeologica italiana nel Kurdistan iracheno e ordinario di Archeologia e Storia dell’Arte del Vicino Oriente Antico dell’università di Udine, per la scoperta in Iraq, nel Kurdistan nel sito di Faida a 50 km da Mosul, di dieci rilievi rupestri assiri, gli dèi dell’Antica Mesopotamia. “Lo scavo archeologico non è più un palcoscenico per solisti ma per un grande coro”, ha detto Morandi Bonacossi. “Dietro ogni grande scoperta non c’è una sola persona ma è un successo di squadra. Questo Premio ha un grande valore soprattutto per tutta la grande equipe con cui lavoro. Avevo conosciuto Khaled al-Asaad a Palmira quando ero un giovane studente e sono onorato di ricevere un riconoscimento che ne ricorda il grande sacrificio e il grande impegno per un sito di grande importanza simbolica come Palmira, crogiolo di culture diverse” (vedi Paestum, XXIII Borsa mediterranea del Turismo archeologico: assegnato alla scoperta di “centinaia di sarcofagi nella necropoli di Saqqara in Egitto” la 7ma edizione dell’International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad”, scelta tra le cinque più importanti del 2020. A novembre sarà consegnato anche il premio della 6° edizione (saltato per il Covid) andato alla scoperta di dieci rilievi rupestri assiri raffiguranti gli dèi dell’Antica Mesopotamia presso il sito di Faida (Iraq) | archeologiavocidalpassato).

I sarcofagi in legno inviolati e sigillati, risalenti a 2500 anni fa, scoperti dalla missione egiziana nella necropoli di Saqqara (foto Ministry of Tourism and Antiquities)
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I principi Firas di Giordania con il direttore Ugo Picarelli alla Borsa mediterranea del Turismo archeologico di Paestum (foto bmta)

La 7ª edizione dell’International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad” è stato assegnato alla scoperta di “centinaia di sarcofagi nella necropoli di Saqqara in Egitto”. Unico riconoscimento mondiale dedicato agli archeologi, che con sacrificio, dedizione, competenza e ricerca scientifica affrontano quotidianamente il loro compito nella doppia veste di studiosi del passato e di professionisti a servizio del territorio, il premio annuale viene assegnato in collaborazione con Archeo e le testate archeologiche internazionali media partner della Borsa: Antike Welt (Germania), AiD Archäologie in Deutschland (Germania), Archéologia (Francia), as. Archäologie der Schweiz (Svizzera), Current Archaeology (Regno Unito), Dossiers d’Archéologie (Francia). Alla cerimonia, coordinata da Andreas M. Steiner direttore responsabile Archeo, sono intervenuti Mounir Bouchenaki presidente onorario della Bmta, sua altezza reale Dana Firas presidente Petra National Trust, Paolo Matthiae professore emerito Sapienza università di Roma e Accademico dei Lincei, Mohamad Saleh ultimo direttore per il Turismo di Palmira.

Cerimonia di consegna premio “Khaled Asaad”: da sinistra, Steiner, Matthiae, Morandi Bonacossi, Dana Firas, Saleh, Bouchenaki, Picarelli (foto bmta)

È stato affidato alla voce di Roberta Salvatori della direzione generale per la Promozione del Sistema Paese del ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale il saluto del ministro Luigi Di Maio che ha scritto: “Costituisce una consolidata e qualificata presenza nel panorama degli eventi intesi a promuovere un turismo di qualità e a diffondere la conoscenza della storia e del patrimonio culturale italiano e internazionale. Nella sua ultraventennale attività, la Borsa mediterranea del Turismo archeologico si è affermata non solo come manifestazione di riferimento per il turismo culturale, ma anche come appuntamento importante per Università, istituti di ricerca, operatori culturali: un’apprezzata opportunità di incontro per gli addetti ai lavori e di visibilità per il grande pubblico, con l’obiettivo di promuovere la cultura e diffondere lo studio e la conoscenza reciproca dei patrimoni culturali dei Paesi partner. La promozione della cultura è una delle priorità della politica estera italiana. Nella cultura, infatti, ritroviamo non soltanto un valore identitario, ma anche una risorsa capace di contribuire, in una logica di sistema, allo sviluppo economico-sociale di ciascun Paese”.

L’archeologo Daniele Morandi Bonacossi in missione in Kurdistan

“Siamo pertanto orgogliosi – ha continuato – dell’assegnazione dell’International Archaeological Discovery Award, significativamente intitolato all’archeologo Khaled Al Asaad, al prof. Daniele Morandi Bonacossi per la scoperta di dieci rilievi rupestri assiri raffiguranti gli dèi dell’Antica Mesopotamia. Da anni il MAECI sostiene finanziariamente la Missione del prof. Morandi Bonacossi “Terra di Ninive” in Iraq, nell’ambito di una più ampia azione di sostegno all’archeologia italiana fuori dai confini nazionali. Negli ultimi 10 anni siamo passati da 154 Missioni sostenute nel 2011 a 210 missioni nel 2021 attive in tutti i continenti, per contributi pari quasi a 2,2 milioni di euro. Quasi la metà di queste Missioni (98) si concentrano nel Mediterraneo e Medio Oriente, e ben 11 sono attive in Iraq. L’attività degli archeologi e dei restauratori italiani, oltre a ricevere l’indiscusso apprezzamento dei governi e delle comunità ospitanti, è per noi un fondamentale strumento di cooperazione e di dialogo, che ci consente di rafforzare le relazioni con gli altri Stati anche grazie alle iniziative di formazione e al trasferimento di tecnologie e conoscenze in settori, quali archeologia, restauro, tutela del patrimonio, in cui l’Italia è leader mondiale. Voglio congratularmi, quindi, con il prof. Morandi Bonacossi per i proficui risultati dell’impegno suo e dei suoi collaboratori nell’incessante opera di ricerca e messa in luce delle testimonianze di un passato che fonda il presente e illumina la via verso il futuro”.

Taranto. Al museo Archeologico nazionale si celebrano la Giornata mondiale dell’Alimentazione e la prima Giornata del Mediterraneo con un convegno in presenza e on line in streaming

Il 40% della popolazione mondiale non è in grado di garantirsi una dieta sana. Nel contempo, sono circa 2 miliardi gli individui obesi o sovrappeso. Il 14% degli alimenti viene buttato via a causa di difetti di produzione e il 17% è sprecato dal consumatore finale. È quanto ha ricordato la FAO in occasione della Giornata mondiale dell’Alimentazione 2021, lo scorso 16 ottobre. Quest’anno il CIHEAM (Mediterranean Agronomic Institute) di Bari e il museo Archeologico nazionale di Taranto – MArTA organizzano l’evento dedicato alle celebrazioni della Giornata mondiale dell’Alimentazione e alla prima Giornata del Mediterraneo nella sede del museo, lunedì 29 novembre 2021, alle 10, in presenza e on line. Per partecipare in diretta Zoom all’evento è necessario registrarsi al link: https://events.iamb.it/p/event/gmed. Al convegno, organizzato in stretta collaborazione con Regione Puglia, fondazione “L’Isola che non c’è” e con la partecipazione del ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale – Direzione Generale Cooperazione allo Sviluppo, si parlerà di agricoltura, alimentazione e benessere, di patrimonio storico e archeologico. A dare il benvenuto agli ospiti saranno Michele Emiliano, presidente della Regione Puglia; Maurizio Raeli, direttore del CIHEAM Bari; Mauro Massoni, capo ufficio II – Direzione Generale Cooperazione allo Sviluppo del MAECI; Eva Degl’Innocenti, direttrice del MArTa; Barbara Davidde, soprintendente nazionale per il Patrimonio culturale subacqueo; Franco Giuliano, presidente della fondazione “L’Isola che non c’è”. Interverranno, tra gli altri, Felice Ungaro, direttore della struttura di coordinamento Health Marketplace della Regione Puglia; Gianluigi Cardone e Roberta Callieris del CIHEAM Bari. L’iniziativa del Museo virtuale del Mediterraneo, un viaggio alla scoperta delle antiche civiltà agricole del Mediterraneo, sarà illustrata da Girolamo Fiorentino, archeobotanico del dipartimento di Beni Culturali dell’università del Salento. All’evento parteciperanno anche le delegazioni di Albania, Egitto, Libano, Montenegro e Tunisia. Le conclusioni saranno affidate a Teodoro Miano, delegato italiano e vicepresidente del consiglio di amministrazione del CIHEAM, e a Luigi De Luca, responsabile dei Poli Biblio-Museali di Puglia. Modererà Lino Patruno, giornalista e scrittore. Durante il meeting, inoltre, sarà presentato il Progetto Ci.Bu.S.- Cibo buono per tutti: uno “start” per l’Human Pole Puglia.