Il caso dei marmi del Partenone strappati da Elgin: da TourismA l’appello di Sidjanski e Godart perché anche in Italia si attivi un movimento di opinione per la restituzione alla Grecia dei capolavori di Fidia oggi al British Museum
“I marmi del Partenone è tempo che tornino in Grecia: il capolavoro di Fidia è un unicum, non si può disgiungere disaggregare dividere. Ora anche dall’Italia si alzi forte la voce per la restituzione dei marmi creando un movimento d’opinione che porti a soluzione un caso e un problema che non è solo della Grecia ma di tutta l’Europa”. È un appello deciso quello che due grandi studiosi, Dusan Sidjanski (presidente del comitato svizzero per la restituzione dei marmi del Partenone) e Louis Godart (accademico dei Lincei e consigliere culturale del Presidente della Repubblica), hanno lanciato da TourismA, il primo salone internazionale di archeologia, promosso dalla rivista Archeologia Viva a Firenze dal 20 al 22 febbraio. “Intanto non parliamo più di marmi Elgin, ma di marmi del Partenone, come fa dal 2008, anno della sua fondazione, il comitato svizzero che presiedo”, chiarisce subito Sidjanski.
Si dice che fu una regolare compravendita quella avvenuta tra lord Thomas Bruce conte di Elgin, ambasciatore britannico a Costantinopoli, e il sultano nel 1801. Ma sono molti i dubbi che gli esperti sollevano sulla sua effettiva legalità. E Sidjanski lo spiega bene: “Nell’Ottocento, quando ci fu la spoliazione del Partenone, la Grecia era una provincia dell’impero ottomano. Era quindi il sultano, e solo lui, che decideva e nessuno poteva opporvisi, neppure i diretti interessati, i greci”. Elgin nel 1800 si fece rilasciare dalle autorità turche di Atene il permesso di effettuare sopralluoghi sull’Acropoli unicamente per effettuare rilievi, disegni e calchi. Ma il diplomatico britannico però riuscì ad andare ben oltre i limiti imposti dall’autorizzazione del governatore militare, ottenendo l’anno dopo dal Sultano stesso un firman, ossia un decreto che lo autorizzava a prelevare qualsiasi scultura o iscrizione, il cui asporto non mettesse a rischio le strutture della rocca: così tra il 1801 e il 1805, quando l’autorizzazione viene revocata, schiere di operai guidate dal pittore italiano Giovan Battista Lusieri si dedicarono a una vasta opera di smontaggio delle decorazioni architettoniche che colpì l’acropoli in più punti, infierendo in particolare sul Partenone e sull’Eretteo. La Grecia non poté contrastare il firmano con cui il sultano autorizzava l’asportazione dei marmi del Partenone. “Peccato che di questo firmano non ci sia traccia”, nota amaro Sidjanski, “ci rimane solo una traduzione fatta da un italiano che probabilmente era al servizio dell’ambasciatore. Ma sono molti quelli che ritengono che quella autorizzazione non abbia seguito tutti i crismi della legalità. Se è vero – continua – che già all’epoca il sultanato non dava più il permesso per spostare grandi reperti, come potevano essere i marmi del Partenone, allora vien da pensare che lord Elgin abbia abusato del potere che gli derivava dal Paese che rappresentava nei confronti del sultano”.
È vero che lord Elgin aveva assicurato la massima attenzione per il capolavoro di Fidia, e che anzi quell’operazione andava proprio nella direzione della sua salvaguardia, ma basta seguire proprio quello che in realtà fece per capire che le intenzioni del britannico erano di tutt’altra natura. Nel sultanato ottomano c’era molta corruzione, così fu facile ottenere tutte le “agevolazioni” logistiche che permettessero di raggiungere lo scopo più facilmente. Così lord Elgin fece tagliare i marmi strappati dal Partenone per trasportarli con meno problemi in Inghilterra. Già a partire dal 26 dicembre 1801, temendo intrighi da parte dei francesi, Elgin aveva noleggiato una nave, la Mentor, su cui iniziò a imbarcare i reperti. Nel gennaio del 1804 arrivarono in Inghilterra le prime 65 casse contenenti i materiali sottratti all’acropoli, che rimasero fino al 1816 in un padiglione temporaneo fatto costruire appositamente nella casa di Elgin, il quale si vide rifiutato l’acquisto da parte del British Museum per l’alto prezzo richiesto. Solo nel 1816 si arrivò a un accordo tra le parti e i marmi, divenuti di proprietà statale, furono trasferiti al British Museum, in una galleria appositamente allestita dove sono tuttora. “Il più importante monumento della Grecia antica, il Partenone, capolavoro di Fidia e non di Elgin, deve subire lo scempio di essere menomato dei suoi marmi, il cui nucleo principale non è ad Atene ma a Londra”.
Perché i marmi devono tornare ad Atene? “Tutti noi, tutta l’Europa, abbiamo un debito culturale con la Grecia classica. E ora che ai piedi dell’acropoli è stato aperto il nuovo museo dell’Acropoli, dedicato proprio ai monumenti e ai tesori dell’area più sacra di Atene, e in special modo al Partenone, con cui dialoga anche fisicamente attraverso scorci e prospettive, è venuto il tempo di riunire tutti i marmi di Fidia: è assurdo che più della metà dei rilievi esposti siano delle copie in gesso, perché gli originali sono a Londra!”. La luce calda dell’Egeo dà linfa vitale ai marmi esposti nel nuovo museo, ma le linee armoniose del Partenone dialogano con delle copie e non con i rilievi originali. “Credo che il Partenone rappresenti uno dei monumenti più importanti della cultura europea. Ma, come tutti i monumenti, va letto e considerato nella sua unitarietà oltre che unicità. E perciò non si può tagliare in due”.

L’originale sede del nuovo museo dell’Acropoli in stretto rapporto con il Partenone e gli altri monumenti
“La restituzione dei marmi del Partenone alla Grecia è un problema che tocca l’Europa intera”, gli fa eco Louis Godart. “Perciò si deve mobilitare per riportare queste mirabili sculture ad Atene da dove sono state strappate da un barbaro assetato di denaro”. Atene era appena uscita vittoriosa dalle Guerre persiane, ricorda Godart, guerre che avevano lasciato dietro di sé tanta distruzione, e avevano colpito il cuore più sacro della città: l’Acropoli. Il Partenone di Fidia rientrò in questa grande opera di restituzione e ricostruzione dei grandi monumenti dell’Acropoli. “Perché il Partenone non è il simbolo solo di Atene e della Grecia? Perché – sottolinea Godart – rappresenta i valori fondanti della nostra Europa. Il Partenone celebra quanti hanno lottato per difendere i valori conquistati dai padri: la democrazia e il dovere a ribellarsi all’ingiustizia. Tutti noi siamo figli della Grecia. E questo monito a difendere i valori dei padri ce lo ha lasciato per sempre la stessa Atena, dea della guerra e della saggezza, in una stele del 460 a.C. – nota come Atene pensosa – posta a pochi passi dal Partenone. La stele raffigura appunto Atena che, pensosa, posate le armi, guarda a sua volta una stele che, forse, riporta i nomi dei caduti a Maratona e Salamina. Quel gesto di riflessione fa pensare anche noi ai caduti per la libertà, un valore che va sempre difeso”.

Il nuovo museo dell’Acropoli di Atene (dall’interno, sopra e sotto) dialoga con l’Acropoli e il Partenone di Fidia
Già nel 1982 l’allora ministro greco della Cultura, Melina Mercuri, aveva lanciato una campagna internazionale per riportare a casa i marmi, arrivando perfino a una risoluzione dell’Unesco che a maggioranza votò a favore della restituzione dei marmi. “Ma a esaminare bene il voto – interviene Sidjanski – si vede subito che a favore c’erano solo Paesi del terzo mondo, mentre contrari erano i Paesi che contano nell’Occidente, i quali motivarono il loro no: la Grecia non aveva gli spazi adatti ad esporli, non era in grado di restaurarli/salvaguardarli, non poteva permettersi la vasta platea di pubblico che offriva il British Museum. “Tutte motivazioni che già all’epoca erano manifestamente capziose, ma che oggi (dal 2009) è aperto il nuovo museo dell’Acropoli risultano addirittura ridicole”. La Grecia non chiede – e non ha mai chiesto – la restituzione di singole opere, come la Nike di Samotracia o la Venere di Milo, ma i marmi sì perché sono un tutt’uno col monumento. “Questa è una causa europea, perché in Grecia ci sono le radici della nostra cultura”, ribadisce Sidjanski: “È comunque meglio negoziare con il governo britannico contando anche su una vasta porzione dell’opinione pubblica, compresa quella inglese, favorevole alla restituzione, piuttosto che intraprendere una via legale che, se dovesse andar male, precluderebbe per sempre ogni azione futura”. E allora, conclude Godart con un auspicio: “Attiviamo anche in Italia un comitato pro rientro dei marmi del Partenone”.
Dal 20 al 22 febbraio Firenze capitale della divulgazione archeologica e del turismo culturale con TourismA, primo salone dell’archeologia

L’auditorium del Palacongressi di Firenze gremito per l’Incontro nazionale di Archeologia Viva (foto Valerio Ricciardi, Roma)
Pompei, i Bronzi di Riace, la Valle dei Templi, la Domus Aurea, il Satiro danzante, Paestum, le Navi di San Rossore. Dici Italia e tocchi con mano le più importanti realtà archeologiche mondiali. Un patrimonio d’inestimabile valore, capace di attrarre ogni anno nel nostro Paese milioni di appassionati di antichità. Parte da questo presupposto TourismA, il primo Salone Internazionale dell’Archeologia ideato dalla trentennale rivista Archeologia Viva (Giunti Editore) che si terrà a Firenze dal 20 al 22 febbraio 2015 nelle strutture del Palazzo dei Congressi. Una solenne inaugurazione la sera precedente (19 febbraio) nel Salone dei Cinquecento dedicata ai “padroni di casa”, gli Etruschi, e poi tre intense giornate di incontri, dibattiti, rassegne di cinema e mostre, dedicati alla divulgazione delle scoperte archeologiche e valorizzazione del nostro immenso patrimonio. Un grande appuntamento per tutti, con interventi dei massimi esperti del settore, laboratori di archeologia sperimentale, esercitazioni con i droni, spazi per i “piccoli archeologi” e un’ampia area espositiva dedicata a parchi, musei, università, operatori turistici, categorie professionali e associazionismo.
GRANDI TEMI L’occasione è giusta anche per guardare oltre i nostri confini attraverso le missioni archeologiche italiane all’estero, soprattutto quelle impegnate nelle zone di guerra come Siria, Iraq, Afghanistan nell’incessante lotta contro il tempo per salvare le realtà monumentali più a rischio. Ma dal momento che a minacciare il patrimonio culturale dell’umanità non sono solo le bombe, a TourismA si parlerà anche dei rischi derivanti dall’incuria e dalla problematica gestione dei nostri tesori nazionali, primo su tutti Pompei: tra cronache di quotidiani disastri e nuove politiche di valorizzazione lo straordinario sito ai piedi del Vesuvio sarà al centro di un importante convegno a cura del presidente del Consiglio Superiore dei Beni Culturali Giuliano Volpe e dove è atteso il ministro Dario Franceschini.
NOVITÀ ARCHEOLOGICHE Fitto anche il programma di eventi dedicati alle novità archeologiche in Toscana (dai mosaici romani sotto la Fortezza medicea di Arezzo alle mura di Roselle alle scoperte sui fondali dell’Elba) grazie all’attiva partecipazione della soprintendenza per i per Beni archeologici, ma anche del Comune di Firenze che nelle giornate di TourismA spalancherà le porte dei sotterranei di Palazzo Vecchio per mostrare la Florentia di duemila anni fa.
BIG DELLA RICERCA Tra i big della ricerca e della divulgazione storico-archeologica presenti alla manifestazione, l’archeologo e scrittore Valerio Massimo Manfredi testimonial di TourismA 2015, lo storico dell’arte Philippe Daverio, il consigliere culturale del Presidente della Repubblica Louis Godart, il medievista di fama internazionale Franco Cardini, il noto divulgatore televisivo Alberto Angela. Ospite speciale sarà Paolo Matthiae, lo scopritore di Ebla che parteciperà a TourismA nel cinquantesimo anniversario degli scavi che portarono al rinvenimento degli Archivi reali della celebre città siriana ora danneggiata dalla guerra in corso. Infine, TourismA affronterà il caso archeologico che sta dividendo l’Europa: la restituzione dei Marmi del Partenone richiesta dalla Grecia all’Inghilterra su cui farà il punto il professor Dusan Sidjanski del Dipartimento di Scienze politiche di Ginevra. Ma vediamo meglio nel dettaglio.
SALVARE POMPEI Il ministro Dario Franceschini interverrà a TourismA 2015 sabato 21 febbraio mattina nell’ambito del convegno “Pompei Il Grande Progetto”. Il convegno farà il punto sulla situazione di fatto nell’area archeologica più famosa del mondo, indicando le strategie per una tutela concreta e valida nel tempo. Da cui l’impegno diretto del ministro Franceschini a essere presente. Sempre su Pompei, sabato 21 febbraio pomeriggio, nell’ambito dell’XI Incontro Nazionale di Archeologia Viva, porterà la sua testimonianza di grande divulgatore scientifico Alberto Angela, ripercorrendo gli ultimi momenti della città vesuviana.
DIFENDERE L’ARTE Il critico d’arte e conduttore televisivo Philippe Daverio aprirà il programma congressuale di TourismA, venerdì 20 febbraio mattina, intervenendo al convegno “Save Art” organizzato da Giunti TVP. Il convegno si concluderà con una relazione di Paolo Matthiae, a cui sarà consegnato il Premio Archeologia Viva per la Salvaguardia dell’Eredità Culturale. LE SETTE MERAVIGLIE TourismA 2015 si concluderà domenica 22 febbraio sera con un intervento di Valerio Massimo Manfredi. Protagoniste le Meraviglie del Mondo Antico.
Al Vittoriano di Roma la mostra “Sulle tracce di Caligola”, storia dei grandi recuperi della Guardia di Finanza al lago di Nemi
Tutto è cominciato nel gennaio 2011 quando la Guardia di Finanza intercettò una statua dell’imperatore Caligola ridotta “a pezzi” dai tombaroli per agevolarne l’occultamento all’interno di un container diretto in Svizzera, e una serie di manufatti marmorei e bronzei, recuperati e correlati alla figura dell’imperatore, provenienti dalle sue navi, dalla villa sul lago di Nemi e dal santuario di Diana Aricina. Il sequestro della statua di Caligola in trono come Zeus suscitò nel 2011 uno straordinario clamore mediatico, per la singolarità dell’operazione, lo stato di rinvenimento della scultura e la coincidenza dei duemila anni trascorsi dalla nascita dell’Imperatore Caligola, che sarebbero ricorsi di lí a poco (agosto 2012). Dopo il sequestro, la scultura è stata affidata a un team di restauratori, che l’hanno ricomposta nella foggia originaria, riparando i danni provocati dall’attività di saccheggio dal sito originario, anche se gran parte del lato destro resta incompleta.
A distanza di tre anni, è stata aperta al complesso del Vittoriano di Roma, dove rimarrà fino al 22 giugno, la mostra “Sulle tracce di Caligola, storie di grandi recuperi della Guardia di Finanza sul lago di Nemi”, che ha ottenuto l’alto Patronato del Presidente della Repubblica ed è promossa dal Nucleo Polizia Tributaria Roma – Gruppo Tutela Patrimonio Archeologico della Gdf in collaborazione con il Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, per dare visibilità all’operato che la Gdf pone per la salvaguardia dei beni archeologici: nel solo biennio 2012-2013 – ricordiamolo-, l’impegno dei finanzieri ha consentito il recupero di 11.258 manufatti di interesse archeologico; il sequestro di 136.873 opere contraffatte e la denuncia di 294 responsabili per violazione di natura penale. L’esposizione, a cura della soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio, si avvale tra gli altri dei contributi del consigliere per la conservazione del patrimonio artistico del presidente della Repubblica, Louis Godart, del direttore generale del ministero dei Beni culturali Luigi Malnati e del comandante del Gruppo Tutela Patrimonio Archeologico della Gdf Massimo Rossi.

Cratere marmoreo decorato con corsa di bighe della seconda metà del II secolo d.C. in mostra al Vittoriano
Oltre alla monumentale scultura, fulcro dell’evento, è esposto per la prima volta al pubblico un corpus di manufatti marmorei e bronzei recuperati dall’indotto clandestino e correlati alla figura di Caligola, perché provenienti, come detto, dal territorio nemorense e in particolare dalle navi dell’imperatore, dalla sua villa sul lago di Nemi e dal santuario di Diana Aricina. Tra queste un Cratere marmoreo decorato con corsa di bighe della seconda metà del II secolo d.C., una statua marmorea di Apollo e una copia bronzea di cassetta con mano apotropaica (entrambe del II secolo d.C.) proveniente da una delle navi dell’Imperatore. La mostra è corredata da un apparato didattico e multimediale, con immagini storiche provenienti dagli archivi di Teche Rai, attrezzature sequestrate ai “tombaroli” e corner tematici sulla pluridecennale attività della Guardia di Finanza a tutela dell’arte.
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