Udine. A Palazzo Clabassi, in presenza e on line, “AMNESIA. Riflessioni sul destino dell’architettura contemporanea”, un incontro a più voci promosso dalla soprintendenza sulle pratiche di tutela e conservazione del patrimonio del contemporaneo
“AMNESIA. Riflessioni sul destino dell’architettura contemporanea”, un incontro a più voci promosso dalla soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per il Friuli Venezia Giulia nella sede di Palazzo Clabassi, in via Zanon 22 a Udine, giovedì 12 giugno 2025, dalle 10.30 alle 18. Un’occasione per interrogarsi in merito alle pratiche di tutela e conservazione del patrimonio del contemporaneo, caratterizzata da una duplice fragilità: quella intrinseca delle componenti materiche costituenti la costruzione, come il cemento armato, le pellicole polimeriche e i “nuovi” materiali sperimentati durante tutto il corso Novecento, e quella legata alla componente culturale, che spesso sembra dimenticarsi dell’apporto dell’architettura contemporanea alla definizione di quell’apparato socio-culturale al quale apparteniamo, negandone spesso quella riconoscimento alle opere di un passato più remoto. Alla giornata parteciperanno studiosi e funzionari del ministero della Cultura, provenienti da varie sedi degli uffici periferici, che illustreranno esperienze diversificate, riguardanti la tutela e la conservazione dell’architettura contemporanea su scala nazionale. Considerato l’esiguo numero di posti a sedere disponibili, sarà possibile seguire la giornata di studio anche da remoto collegandosi al seguente link: https://teams.microsoft.com/l/meetup-join/19%3aifmIQk0owXLPWEStfsrYZTz3zFvcjMV52WqfOJPMnhA1%40thread.tacv2/1748009076989?context=%7b%22Tid%22%3a%222ce1fa22-bde8-436d-b238-a0540d4f21d6%22%2c%22Oid%22%3a%22db81648f-5218-479c-9032-e6f9ac9c301b%22%7d.
PROGRAMMA. Alle 10.30, saluti: Valentina Minosi, soprintendente Archeologia Belle arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia; introduzione: Vincenzo Giampaolo, soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia. Interventi: Elena Frugoni, soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per la città metropolitana di Torino, “La conservazione del patrimonio culturale del Novecento a Torino: questioni di tutela e restauro”; Sara Di Resta, università IUAV di Venezia, “Pratiche e strumenti della conservazione programmata per l’architettura del Secondo Novecento”; pausa pranzo; 14.30, Andrea Pessina, direttore del segretariato regionale del MiC per il Friuli Venezia Giulia, “Lo stadio Artemio Franchi di Firenze. L’Architettura come sfida di Pier Luigi Nervi”; Verdiana Peron, museo nazionale dell’Arte digitale, “L’esercizio del dubbio. Riflessioni e strategie per la tutela degli autogrill a ponte in Italia”; Tommaso Fornasiero, soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Venezia e le province di Belluno Padova e Treviso, “Architettura contemporanea e il decreto di tutela sistemico: il caso di Longarone”; 17.30, considerazioni finali e conclusioni.
Venezia. Alla Scuola Grande di San Teodoro apre la mostra “Altino prima di Venezia”: la ricostruzione ideale dell’antica città romana di Altinum con una nuova sezione dedicata alle evidenze archeologiche di epoca romana presenti nel centro storico della città lagunare

La locandina della mostra “Altino prima di Venezia! alla Scuola grande di San teodoro a Venezia dal 2 marzo al 14 aprile 2024
La mostra “Altino prima di Venezia” approda a Venezia, in centro storico, nella prestigiosa sede della Scuola Grande di San Teodoro, a San Salvador, in zona Rialto. L’inaugurazione con l’apertura al pubblico è prevista sabato 2 marzo 2024, alle 16. La mostra a ingresso gratuito sarà aperta fino al 14 aprile 2024 con questi orari: da martedì a domenica, dalle 10 alle 18. La mostra è giunta alla sua quinta e ultima edizione, dopo Mestre (2016), Treviso (2017), Cavallino-Treporti (2018), Padova (2019) e nelle passate edizioni ha raccolto oltre 40mila visitatori. Il progetto sbarca finalmente a Venezia con una nuova sezione dedicata alle evidenze archeologiche di epoca romana presenti nel centro storico della città lagunare. L’esposizione, a ingresso gratuito, è stata ideata dall’associazione di promozione sociale La Carta di Altino ETS con la collaborazione di numerose istituzioni pubbliche e propone la ricostruzione ideale dell’antica città romana di Altinum, importante centro e luogo di scambi commerciali e culturali prima di Venezia. Il percorso vuole valorizzare una realtà archeologica tra le più importanti della regione. Nelle edizioni precedenti Altino è stata messa in rapporto con altre realtà – urbane e non – del Veneto, tra cui Treviso, Venezia, il litorale di Cavallino e Padova. Pannelli, fotografie, video, plastici in 3 D, linguaggi multimediali e tecnologie avanzate conducono per mano le persone che visiteranno la mostra direttamente dentro l’antica città romana di Altino, consentendo loro di scoprire la sua vivacità culturale in epoca imperiale. Negli ultimi anni l’importanza di Altino, grazie agli studi, agli scavi e all’apertura del nuovo Museo archeologico nazionale, si sono imposti con forza all’attenzione degli specialisti e di un pubblico sempre più ampio. Anche nella Venezia di oggi vi sono testimonianze dell’importante legame con l’antica città madre. Si trovano nelle pietre, nei marni, nelle antiche iscrizioni altinati disseminati fra le calli, nelle chiese, sui muri dei palazzi e lungo le rive dei canali e mettono in relazione il capoluogo lagunare antico e quello di oggi. Alla realizzazione del progetto divulgativo hanno collaborato MIC – direzione regionale Musei Veneto – museo Archeologico nazionale e area archeologica di Altino, la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per il Comune di Venezia e Laguna, l’università Ca’ Foscari Venezia – dipartimento di Studi umanistici, il dipartimento di Scienze storiche, geografiche e dell’antichità – università di Padova, l’università IUAV di Venezia. La supervisione scientifica è stata garantita da Margherita Tirelli, ex direttrice del museo Archeologico nazionale di Altino. Il coordinamento tecnico-scientifico è a cura di Mario Defina, Mariolina Gamba e Margherita Tirelli. La mostra ha il patrocinio del Comune di Quarto d’Altino.
Reggio Calabria. Al museo Archeologico nazionale per “Notti d’Estate al MArRC” sulla terrazza sullo stretto il Planetario Pythagoras propone la conferenza “Scill’e Cariddi” con Mauro Geraci (università di Messina) e Vincenzo Zappia (Iuav di Venezia)
Sabato 19 agosto 2023, alle 21, sulla splendida terrazza del museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria, nuovo appuntamento con “Notti d’Estate”: dopo l’affascinante incontro sulla Medea di Euripide, il Planetario Pythagoras di Reggio Calabria presenta “Scill’e Cariddi” nel mito, nell’arte e nella letteratura: un dialogo appassionante tra relatori e pubblico sul “mythos” che unisce le due sponde dello Stretto. “Un altro imperdibile appuntamento con il Planetario Pythagoras”, commenta il direttore del Museo, Carmelo Malacrino, “che ringrazio per la collaborazione a questa edizione delle Notti d’Estate, nel solco ormai consolidato di coinvolgenti manifestazioni rivolte alla divulgazione scientifica. Attività che si aggiungono alla possibilità di ammirare i reperti della Calabria antica, in un momento di notevole afflusso di visitatori”. Dopo i saluti iniziali del direttore Malacrino e di Angela Misiano, direttrice del Planetario, relazionano Mauro Geraci, professore ordinario di Antropologia culturale al Dipartimento di Civiltà antiche e moderne dell’università di Messina, e Vincenzo Zappia architetto allo Iuav di Venezia. Presenta l’incontro Fortunato Zappia, con la partecipazione di Angela Misiano. Dicevano i Greci: il mito insegna, racconta come comportarsi. Il mito insegna la vita. Scilla e Cariddi erano due donne e in quanto meridionali bellissime. A causa di terribili sortilegi, da bellissime quali erano, sono trasformate in mostri che pattugliano da opposte sponde lo stretto di mare che divide Reggio Calabria da Messina, incutendo terrore e rappresentando una letale minaccia per i marinai. Come tante altre creature mitologiche sono lo specchio di reali pericoli e banco di prova per gli eroi. “E qui subentra l’astuzia dell’intelligenza”, commenta la prof.ssa Misiano, responsabile del Planetario. “Scilla e Cariddi è per certi versi il racconto della lotta tra l’uomo e la bestia per fronteggiare con astuzia e stratagemmi gli ostacoli che ci troviamo davanti nella vita. Ma di queste due donne che gli dei hanno trasformato in mostri, non si può parlare senza tenere conto di quel peculiare ambito geografico che è lo stretto di Messina e del mare che lo contiene, il Mare Nostrum”. Nell’immaginario collettivo che li presenta come mostri, posti a guardia dello stretto di Messina, Scilla e Cariddi sono emblema della lotta tra ragione e sfera emotiva. Sabato il Museo resterà aperto fino alle 23 (ultimo ingresso 22.30). Dalle 20, il prezzo del biglietto sarà di 3 euro, con 1 euro di maggiorazione a favore del patrimonio culturale danneggiato dall’alluvione in Emilia Romagna (art. 14, DL 61/2023). Sarà possibile visitare tutto il Museo che, attualmente, oltre ai quattro livelli di collezione permanente ospita ben tre nuove esposizioni. In Piazza Orsi, atrio del MarRC, la mostra “Bronzi di Riace, cinquant’anni di storia”, a cura di Carmelo Malacrino. Al Livello E “Per gli uomini e per gli Dei. Musica e danza nell’antichità” a cura di Carmelo Malacrino, Angela Bellia e Patrizia Marra e “Le nuvole e il fulmine. Gli Etruschi, interpreti del volere divino”, a cura di Carmelo Malacrino, Mario Iozzo, Barbara Arbeid.
“Le storie e la storia di Aquileia”: il racconto di una città attraverso le foto di famiglia dei suoi abitanti. La mostra nasce da un progetto di ricerca dello Iuav in convenzione col Comune di Aquileia

“Le storie e la storia di Aquileia”: progetto di ricerca con le fotografie conservate dagli aquileiesi
“Le storie e la storia di Aquileia” un progetto in convenzione con Iuav e in collaborazione con il museo Archeologico nazionale di Aquileia: raccolta di fotografie e cartoline più o meno recenti (fine ‘800 e ‘900) conservate dagli aquileiesi in album, archivi o cassetti di famiglia. E ora la mostra “La storia e le storie di Aquileia” a Palazzo Meizlik di Aquileia dal 17 dicembre 2019 al 6 gennaio 2020. curatela e progetto di allestimento Mauro Marzo e Susanna Campeotto; università Iuav di Venezia, Cluster di ricerca “CULTLAND Paesaggi culturali / Cultural Landscapes”, con Mattia Cocozza, Celeste Da Boit, Giada Saviane, Robert Vicentini; e con gli studenti del Laboratorio d’anno 3, Corso di laurea triennale in “Architettura: Tecniche e Culture del Progetto”; consulenti per il Comune di Aquileia Daniela Gerometta, consigliere comunale, e Nicola Vazzoler, assessore all’Urbanistica e ai Lavori Pubblici; consulente per il museo Archeologico nazionale di Aquileia il direttore Marta Novello. La mostra si propone di investigare le molte storie di Aquileia, quelle pubbliche come quelle private, appartenenti a un recente passato che si estende dalla fine dell’Ottocento agli anni ’80 del secolo scorso. La mostra è l’esito di un percorso di ricerca che ha impegnato 65 studenti di Architettura dell’università Iuav di Venezia, coordinati dal prof. Mauro Marzo, in collaborazione con l’amministrazione comunale e gli abitanti di Aquileia. Il progetto, uno studio storico-etnografico basato sulla raccolta di foto d’epoca, ha suscitato l’interesse di molti cittadini che hanno condiviso con il gruppo di lavoro i propri ricordi. Le fotografie di famiglia sono assunte quali lenti speciali attraverso cui guardare alla città. Segnate dal trascorrere dei decenni, estratte dagli album privati o custodite negli archivi del museo Archeologico nazionale, le foto in bianco e nero costruiscono una narrazione corale sulla città, sui suoi luoghi, sulle sue architetture e sui suoi spazi pubblici; mettono in scena le attività produttive del suo territorio, la celebrazione di feste religiose e cerimonie istituzionali, gli svaghi dei suoi abitanti nel tempo libero. Le “vecchie foto ingiallite dal tempo” esposte nelle sale museali di Palazzo Meizlik di fatto “posseggono” la città. Esse ci consentono di conoscere più a fondo Aquileia, di illustrarne la storia e le storie, di illuminarla con una nuova luce. La mostra è un primo risultato della convenzione quadro che l’università Iuav di Venezia (Cluster di ricerca “CULTLAND Paesaggi culturali / Cultural Landscapes”) e il Comune di Aquileia (assessorato all’Urbanistica e ai Lavori Pubblici) hanno firmato il mese scorso, con l’obiettivo di rafforzare il valore culturale del paesaggio e del territorio attraverso attività didattiche, culturali e di ricerca-azione, progetti di partecipazione e sensibilizzazione delle comunità locali.
È giusto ricostruire per anastilosi il Tempio G di Selinunte? A Venezia allo Iuav Valerio Massimo Manfredi dialoga con Lorenzo Lazzarini del Lama. Nel pomeriggio a Torcello l’archeologo-scrittore presenta il suo ultimo libro con “Aperitivo archeologico”

L’ammasso di rocchi di colonne effetto del crollo del tempio G di Selinunte
Sulla collina orientale di Selinunte oggi si vede solo un informe ammasso di rocchi di colonne, più vicino a una ruina dantesca che a una vestigia antica. È quello che rimane di quello che oggi è noto come Tempio G, tempio greco di ordine dorico (VI-V sec. a.C.) dedicato agli dei olimpici e alle principali divinità della città di Selinunte (Zeus, Phebo, Apollo, Pasikrateia, Malophoros), che con i suoi quasi 55 metri di larghezza e 114 di lunghezza era uno dei più grandi dell’occidente greco, grande come quattro volte il Partenone. Giusto quindi rialzarlo dopo 2500 anni con una ricostruzione per anastilosi, come sostengono molti archeologi, o meglio lasciare i rocchi di colonne là dove sono approfondendo lo studio dei materiali per capire meglio i segreti di questo gigante dell’antichità, come sostengono altri studiosi? Con queste premesse si annuncia particolarmente interessante il dialogo su “Il Tempio di G di Selinunte. Progetto di anastilosi” tra l’archeologo Valerio Massimo Manfredi e il prof. Lorenzo Lazzarini, promosso dall’università Iuav di Venezia (dipartimento di Culture di Progetto, master Mi-Heritage sistemi interattivi e digitali per la restituzione e valorizzazione dei Beni culturali) e l’università Ca’ Foscari di Venezia. L’incontro è previsto alle 9.30, a Venezia a Palazzo Badoer nell’aula Consiglio, ma attenzione sarà lunedì 17 settembre 2018 (e non martedì 18, come inizialmente scritto nelle comunicazioni Iuav). L’ingresso è libero e aperto a tutti, ma i posti a disposizione per assistere al seminario sono limitati.
Il Tempio G di Selinunte – come si diceva – è fra i più grandi santuario del mondo greco, grande come quattro volte il Partenone. È lungo 113,4 metri, 54,5 di larghezza, alto trenta metri. Le colonne quando erano in posizione verticale erano alte 16,27 metri, 3,2 metri di diametro e reggevano capitelli di sedici metri quadri e del peso di 32 tonnellate. La sua costruzione iniziò intorno al 530 a.C. e cessò con la distruzione di Selinunte a opera dei Cartaginesi nel 409 a.C. Al centro aveva un portico colonnato su più piani, che conduceva alla cella che custodiva la statua di culto. Nella cella fu rinvenuta dall’archeologo Cavallari il torso di una figura maschile, probabilmente un “gigante” forse atterrato da Zeus a cui doveva essere dedicato. Il gruppo doveva essere ispirato ad una scena di gigantomachia. Non fu mai completamente rifinito, ma sicuramente coperto e officiato. A poca distanza le cave di Cusa sono l’unico esempio superstite di un cantiere minerario dove ancora si possono vedere rocchi di colonne tagliati e quasi pronti per il trasporto.
Tempio G di Selinunte: ricostruirlo o lasciarlo così com’è? Valerio Massimo Manfredi, archeologo, giornalista e scrittore italiano, autore di numerose pubblicazioni scientifiche e di saggi storici, che ha affiancato con felici esiti l’attività di studio e di ricostruzione storico-archeologica all’esercizio della scrittura letteraria, sul “Tempio G di Selinunte” in realtà a Venezia è già intervenuto. E in tempi recenti. Era il 21 giugno di quest’anno, quando Manfredi ha presentato a Torcello il progetto di ricostruzione per anastilosi del Tempio G di Selinunte (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2018/06/25/venezia-iuav-col-progetto-mi-heritage-e-ca-foscari-con-torcello-abitata-2018-insieme-per-il-patrimonio-lagunare-a-torcello-da-luglio-a-settembre-scavi-ar/). Ma in quell’occasione, per impegni diversi, non era stato possibile il contradditorio con Lorenzo Lazzarini, già direttore scientifico del LAMA, Laboratorio di Analisi di Materiali Antichi dello Iuav (oggi diretto dal prof. Fabrizio Antonelli), e dal 2009 collabora per le indagini archeometriche con la missione archeologica sull’Acropoli di Selinunte dell’università di New York e della Statale di Milano. Il Lama è una delle eccellenze dello Iuav, conosciuta e richiesta in tutto il mondo, creato nel 1993, per svolgere attività didattica, di ricerca e di servizio per conto terzi nel campo dei materiali lapidei e litoidi usati in antico. Lo straordinario sviluppo tecnologico degli ultimi anni ha consentito alla scienza progressi prima impensabili, e quindi anche l’acquisizione di una grande massa di dati sui materiali storico-artistici dei beni culturali in generale, dati che sono di rilevante interesse per la caratterizzazione, datazione e conservazione dei beni culturali stessi. Lunedì 17 settembre 2018, alle 9.30, il dialogo tra Manfredi e Lazzarini sarà coordinato dai professori dello Iuav Monica Centanni e Giuseppe D’Acunto.
Doppio appuntamento con Manfredi. Ma per Valerio Massimo Manfredi l’incontro di lunedì mattina a Venezia non sarà l’unico impegno dell’archeologo-scrittore. Nel pomeriggio, alle 17, a Torcello è in programma un “Aperitivo archeologico” nell’area archeologica. L’iniziativa, che rientra nel progetto “Torcello abitata” dell’università Ca’ Foscari in collaborazione con l’università Iuav di Venezia, prevede una breve visita agli scavi, toccando materialmente la ricerca in corso sulle origini dell’abitato lagunare. Subito dopo, presso lo scavo, si discorrerà con ospite, aprendo l’incontro a domande e al dibattito con il pubblico. “L’Aperitivo archeologico” dura un paio di ore, e può ospitare al massimo 35 persone. Perciò è necessaria la prenotazione (via mail: torcelloabitata@gmail.com; via Facebook: http://www.facebook/torcelloabitata; via Sms o WhatsApp: 3922432000). Valerio Massimo Manfredi a Torcello lunedì 17 presenterà il suo ultimo libro “Quinto comandamento” (settembre 2018). In una mattina di febbraio del 2004 un uomo fa irruzione in un ospedale di Imola. Il suo nome è Jean Lautrec. Incurante di sorveglianti e infermieri si precipita nella stanza in cui è sdraiato un uomo sedato e intubato. E un sacerdote, padre Marco Giraldi, che è riuscito a sfuggire ai sicari assoldati dalle multinazionali contro cui si è messo per fermare la distruzione della foresta amazzonica e dei suoi popoli. Ma la sua fuga ha avuto un prezzo. Ora giace nel letto, avvelenato e tenuto in vita dalle macchine. Ha continuato a combattere la causa dei deboli, a dare speranza a chi non ne ha. Jean Lautrec a denti stretti ringhia: “Cosa ti hanno fatto, comandante?”. Marco diventerà il Templare di fine millennio…
A Siracusa si presentano i risultati del workshop internazionale “Design Heritage Tourism landscapes” con undici scuole di architettura in rete, coordinate dall’università Iuav di Venezia per valorizzare i siti archeologici della Val di Noto: dal complesso Neapolis-Eurialo di Siracusa alla Noto Antica al parco archeologico di Akrai-Palazzolo Acreide

Docenti e studenti impegnati nel workshop internazionale “Design Heritage Tourism landscapes”, undici scuole di architettura in rete, coordinate dall’università Iuav di Venezia
“La Sicilia sud-orientale è caratterizzata dalla presenza di alcuni dei più importanti insediamenti antichi nel Mediterraneo”, si legge nella premessa del workshop internazionale “Design Heritage Tourism landscapes”, undici scuole di architettura in rete, coordinate dall’università Iuav di Venezia per valorizzare i siti archeologici della Val di Noto. “Questi insediamenti includono città che si sono sviluppate attraverso i secoli, generando palinsesti urbani interessanti, ma anche problematici. Rovine classiche convivono con straordinari edifici normanni, bizantini e tardo barocchi (che fanno parte del patrimonio Unesco della Val di Noto). Siracusa, Noto e Palazzolo Acreide, i principali centri dell’area ibleo-siracusana, appartengono a questo contesto. Tre città di dimensioni diverse, caratterizzate da alcuni comuni fattori di identità: l’archeologia antica e tardoantica che testimonia la loro origine, la peculiarità geografica del territorio dell’ibleo che è il loro scenario di riferimento, la città barocca con le sue architetture più rappresentative e la sua straordinaria urbanità scenografia. Questi valori hanno storicamente attratto viaggiatori, studiosi, artisti, architetti e letterati in tutta Europa. La Sicilia della Val di Noto, infatti, è stata una delle destinazioni più importanti della tradizione del Grand Tour. Questo è un territorio in cui il fenomeno del turismo ha avuto origine nel suo più profondo senso etimologico”. Immaginare nuovi modelli di valorizzazione ambientale e turistica di alcuni fra i siti archeologici di maggior pregio dello straordinario territorio del Val di Noto: Noto antica, il Parco archeologico della Neapolis di Siracusa, il Castello Eurialo, il Castello di Palazzolo Acreide e il Parco archeologico di Akrai, è stato appunto l’obiettivo del team internazionale di 110 docenti e studenti di architettura italiani, spagnoli, portoghesi, francesi e argentini che hanno lavorato al progetto nel corso del workshop internazionale “Design Heritage Tourism landscapes” che si conclude venerdì 14 settembre 2018 alle 16 nelle sale dell’ex-Convento dell’Immacolata di Palazzolo Acreide (Siracusa) con la presentazione dei risultati progettuali del network di scuole di Architettura “Architecture, Archaeology and Tourism”.
“Il territorio della Sicilia sud-orientale, con i siti patrimonio dell’UNESCO, tra cui Siracusa, Noto e Palazzolo Acreide, è caratterizzato da uno straordinario patrimonio storico-archeologico, ma spesso escluso dalla vita urbana contemporanea”, spiegano i docenti impegnati nel progetto. “Dobbiamo riconsiderare la relazione tra città e archeologia secondo nuove strategie di progettazione che possono essere essenziali per una nuova visione del futuro delle città. La rovina archeologica, in questo senso, non dovrebbe essere vista come un problema da circoscrivere in un campo di protezione, spesso astratto e lontano dal contesto, ma come una risorsa che ha nuovi ruoli nella ridisegnazione del territorio e della città. Il perimetro dei siti archeologici, attraverso un confine fisico, sottolinea la segregazione e la separazione dei luoghi specifici della città. Queste sono enclave che contribuiscono alla proliferazione del degrado urbano. Invece, ripristinare una permeabilità tra i tessuti urbani e i siti archeologici, attraverso i luoghi di mediazione (e non i confini), può essere una strategia per innescare nuove opportunità di sviluppo e rigenerazione urbana. Questo è un punto di partenza per ridefinire lo spazio urbano e il paesaggio archeologico e mettere in discussione le dinamiche dello sviluppo della città in relazione al potenziale del patrimonio archeologico. Pensare a come utilizzare i siti archeologici può essere un incipit di progettazione per capire come stabilire una nuova relazione dialettica tra passato, presente e futuro della città. Un dialogo in cui il fenomeno del cosiddetto turismo del patrimonio può svolgere un ruolo di primo piano, un motore economico per il territorio e le sue città e una forza trainante per la rigenerazione urbana”.
I siti esaminati. A Siracusa il complesso Neapolis-Eurialo. “Il parco archeologico della Neapolis”, ricordano allo Iuav, “si trova tra il tessuto urbano compatto che è il risultato dell’espansione della città durante la prima metà del XX secolo e il tessuto urbano disperso e a volte vuoto della periferia cittadina che si trova ai margini di una delle due vie d’accesso principali alla città, viale Paolo Orsi. Il parco si estende per circa 240mila mq ed è uno straordinario palinsesto della storia dell’antica Siracusa. L’attuale sistema di ingressi al sito è costituito da due parti distinte che sono totalmente inadeguate al numero crescente di visitatori che aumentano durante il periodo delle rappresentazioni classiche. Il suo isolamento dal contesto urbano circostante non consente una corretta integrazione nella struttura vitale della città. Integrazione che è sempre stata desiderata ma mai implementata. I resti del complesso archeologico del castello di Eurialo sono situati all’estremità occidentale più alta dell’antico sistema difensivo delle mura di Dionisio – lungo circa 25 chilometri. Questo era un sistema difensivo risalente al V secolo a.C. che ha completato le mura della città. Durante il tempo il castello fu trasformato e ingrandito. Oggi presenta un sistema di fossati e tunnel complessi mentre le rovine delle fortificazioni sovrastanti, con la loro geometria, rappresentano un unicum tra i sistemi difensivi del mondo classico. L’attuale entrata al Castello non consente di apprezzare le funzioni primarie della complessa struttura militare e le sue funzioni originali. L’ingresso, infatti, sembra essere “accidentale”, alterando così la lettura filologica del monumento che è anche distorta dalla mancanza di percorsi”.
L’Antica Noto. “Annesse alle mura si trovano il Castello reale, con un’enorme armeria e le scuderie, e alcuni resti delle torri, tra cui quella principale risalente al 1431, e l’antica prigione dove sono ancora visibili molti graffiti e bassorilievi fatti dai prigionieri. Molti graffiti riportano il nome dell’autore e rappresentano le barche del tempo. Molte volte viene anche rappresentata una partita con pedine. La struttura fu costruita nel 1091 dal Duca Giordano d’Altavilla sui resti di una precedente fortezza araba. Nel 1430 il duca Pietro d’Aragona ingrandì il complesso che fu rifatto nel 1600 circa per ospitare i cannoni. Vicino all’ingresso della porta della montagna sono ancora visibili le aperture per i cannoni. Il terremoto ha distrutto la maggior parte del castello. Il progetto vuole studiare prevede un nuovo sistema di ingressi al sito, servizi per i visitatori e possibili nuove configurazioni per alcune parti del complesso, come la chiesa di San Michele al Castello”.
Parco archeologico di Akrai a Palazzolo Acreide, città barocca con origini greche, un insediamento sull’altopiano dei Monti Iblei, non lontano dal fiume Anapo e dalla Necropoli di Pantalica. Nel 2002 la città è stata inserita nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO insieme alla Val di Noto, grazie alle sue chiese tardo barocche di San Paolo e San Sebastiano. Inoltre, la città fa parte della rete “borghi più belli d’Italia”. Il patrimonio storico e culturale della città è arricchito dal sito archeologico greco di Akrai, sull’omonimo altopiano che domina la città, e dal sito del castello medievale di Acremonte, da cui è nato il quartiere vicino alla Basilica di San Paolo.
Venerdì 14, dunque, la trasferta siciliana cui ha lavorato l’università di Catania con la Sds Architettura di Siracusa, in collaborazione con l’università Iuav di Venezia, capofila del network. Alle 16 sotto le volte dell’ex-Convento palazzolese saranno gli studenti a illustrare i risultati di questa esperienza a una giuria presieduta da Francesco Cellini, docente di Progettazione architettonica all’università di Roma Tre e tra i maggiori esperti di interventi in aree architettoniche. Ad offrire, in altre parole, percorsi possibili per una fruizione intelligente e rispettosa di luoghi che stanno conoscendo un successo attestato dal numero di visitatori in costante crescita. E che per questo motivo esigono un’attenzione sempre maggiore al rispetto dei delicati equilibri tra natura, giacimenti archeologici e crescita urbanistica. Con l’obiettivo finale di garantire gli standard di un turismo colto, lento e sostenibile.
Venezia, Iuav col progetto “Mi-Heritage” e Ca’ Foscari con “Torcello Abitata 2018” insieme per il patrimonio lagunare. A Torcello da luglio a settembre scavi archeologici, incontri, spritz archeologico. Il progetto di ricostruzione virtuale introdotto dall’incontro di Valerio Massimo Manfredi sul Tempio G di Selinunte

Con l’incontro di Valerio Massimo Manfredi su “Il tempio G di Selinunte”, giovedì 21 giugno 2018, si è aperta la serie di incontri di studio con personalità del mondo della cultura promossi da Ca’ Foscari e Iuav per riflettere insieme sulla progettualità della narrazione storico-archeologica legata alle testimonianze archeologiche. Si tratta di un’iniziativa nell’ambito della “Convenzione intorno al Progetto Condiviso per la “Ricostruzione Virtuale del Patrimonio Culturale – Archeologico, Storico e Paesaggistico – e della Resa Immersiva tramite tecnologie 3d con ricostruzioni proposte a partire dal record archeologico”, siglata recentemente tra università Iuav di Venezia e università Ca’ Foscari, progetto archeologico “Torcello Abitata” e progetto “Approdi”: archeologia partecipata e avanzate tecnologie per raccontare le origini di Torcello. La ricostruzione 3D del patrimonio storico-archeologico dell’isola di Torcello è l’obiettivo della collaborazione tra progetto di archeologia pubblica e partecipata “Torcello Abitata 2018” (Ca’ Foscari) e il master “Mi-Heritage” (Iuav), che intende proporre un approccio del tutto innovativo della “narrazione” dell’affascinante storia delle origini di Venezia coniugando: modalità scientifiche di ricerca (moderno scavo stratigrafico); avanzate tecnologie di restituzione grafica e medievale (ricostruzione 3d e realtà immersiva); forme narrative e partecipative di forte impatto sociale (visite allo scavo archeologico, incontri presso lo scavo con personalità e attori della contemporaneità).
L’approccio partecipativo e divulgativo riflette un’esigenza diffusa e permette forme comunicative contemporanee e – volutamente – trans-disciplinari e trans-istituzionali. In questo contesto si è inserita la conversazione sul Tempio G di Selinunte con Valerio Massimo Manfredi, archeologo, giornalista e scrittore italiano, autore di numerose pubblicazioni scientifiche e di saggi storici, che ha affiancato con felici esiti l’attività di studio e di ricostruzione storico-archeologica all’esercizio della scrittura letteraria, come attestano successi editoriali quali la Trilogia di Aléxandros, la serie di Ulisse e numerosi romanzi storici di successo. Di rilievo anche la sua attività di sceneggiatore per la televisione e di conduttore televisivo di programmi di divulgazione scientifica. Sulla collina orientale di Selinunte si vede solo un informe ammasso di rocchi di colonne, più vicino a una ruina dantesca che a una vestigia antica. È quello che rimane di quello che oggi è noto come Tempio G, tempio greco di ordine dorico (VI-V sec. a.C.) dedicato agli dei olimpici e alle principali divinità della città di Selinunte (Zeus, Phebo, Apollo, Pasikrateia, Malophoros), che con i suoi quasi 45 metri di larghezza e 109 di lunghezza era uno dei più grandi dell’occidente greco. La ricostruzione 3D sicuramente aiuterebbe a capire meglio il grande tempio greco, sul quale recentemente si è focalizzata l’attenzione di Vittorio Sgarbi, he nel suo nuovo ruolo di assessore ai Beni culturali della Regione Sicilia, ha lanciato il progetto di ricostruirlo per anastilosi (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2018/02/17/tourisma-2018-sgarbi-lancia-la-sfida-progetto-ricostruiro-per-anastilosi-il-tempio-g-di-selinunte-il-piu-grande-delloccidente-greco-sara-un-valore-aggiunto-di-bellezza-per-la-sic/).
“In particolare Venezia e la sua laguna rappresentano un sito eccezionale per lo studio e la valutazione delle dinamiche di interazione sociale tra passato e presente”, spiegano gli esperti dei due atenei veneziani. “La ricerca archeologica intorno alla laguna di Venezia e a Torcello offre un’occasione per tracciare la ricostruzione storica delle relazioni tra uomo e ambiente e mettere in luce gli aspetti ecologici, percettivi e sociali nelle azioni di ricerca e promozione del patrimonio archeologico. Lo studio del patrimonio archeologico Veneziano offre opportunità uniche per riflettere sul significato identitario tra l’attività di ricerca archeologica, le politiche di conservazione, le istanze ambientali, le necessità delle comunità locali e le attività economiche connesse con la promozione del patrimonio archeologico”. E continuano: “Un approccio alla storia di tipo antropologico e ambientale vuole evidenziare il rapporto tra la società del presente, in piena tumultuosa trasformazione, e l’effettiva tensione verso la riappropriazione (o meno) di tale passato. L’economia dell’area intorno a Torcello è oggi garantita da cittadini che vivono letteralmente “vendendo” la bellezza e l’unicità della memoria del passato. Fare archeologia, dunque, e progettarne il suo uso pubblico, pianificandone la conservazione e la valorizzazione, riveste un valore sociale, economico e politico di assoluto rilievo”.
Il progetto Approdi, From Ancient Maritime Routes to eco-touristic destinations (Iuav) Il progetto Approdi ha l’obiettivo di proporre itinerari eco-turistici integrati legati alla portualità del sistema Adriatico-Ionio, mettendo in rete porti poco noti al grande pubblico, ma caratterizzati da una straordinaria importanza sul piano archeologico e di identità culturale. Approdi sviluppa nuove forme sostenibili di turismo culturale, mettendo in evidenza le connettività storiche e l’importanza locale di siti chiave: Venezia (porto altomedievale di Torcello), Zadar, Ortona, Dubrovnik, Durress e Corfù sono i luoghi della ricerca. L’azione pilota di Venezia-Torcello mira a proporre un parco-archeologico a impatto zero, valorizzando il momento peculiare della scoperta e dello scavo archeologico, che diventa partecipato, aperto costantemente al pubblico. La città racconta le sue origini in un modo diverso, leggendole in diretta nelle pieghe del fango che conserva le tracce delle origini della Serenissima.
Torcello 2018, Scavo Archeologico e Archeologia Partecipata Il progetto Torcello 2018 continua con iniziative di “archeologia partecipata”, cioè l’archeologia spiegata ai cittadini e volta a sensibilizzare l’opinione pubblica: dal 16 luglio al 30 settembre 2018 previsto lo scavo archeologico, in concomitanza con il quale sono in programma occasioni di incontro nell’area degli scavi di Torcello, e dal 27 agosto al 30 settembre 2018, il giovedì e il venerdì pomeriggio c’è lo Spritz archeologico.

Manca ormai pochissimo al convegno nazionale “La gestione dei Musei di Enti Locali. Criticità, modelli innovativi, prospettive di sviluppo” in programma al Palazzo della Gran Guardia in piazza Bra a Verona il 22 e il 23 novembre 2023: i posti in sala sono ormai esauriti, ma se non vi è registrati si potrà seguire le due giornate in diretta streaming sul canale YouTube dei Musei civici di Verona: 
Venerdì 6 ottobre 2023, al Teatro Zandonai, è in programma infatti una serata speciale a ingresso gratuito dedicata a VENEZIA con Gian Antonio Stella e Francesco Trovò e il film in prima nazionale “Saving Venice”. L’acqua alta a Venezia non è una novità. Ma in tutto il ventesimo secolo ci sono state solo 9 alluvioni estreme. Mentre solo nei primi due decenni del ventunesimo secolo, sono state ben 16. Venezia sta affrontando la realtà del cambiamento climatico. Un serio avvertimento di ciò che potrebbe accadere ad altre città costiere: oltre un centinaio delle più grandi città è costruito sulle coste e ci vive il 40% della popolazione mondiale, e il 30% della popolazione italiana. Quindi Venezia fa suonare un campanello di allarme. Il nuovo sistema di barriere contro le alluvioni, il Mose, è un test che può valere per altre parti del mondo. A introdurre la serata, il giornalista del Corriere della Sera Gian Antonio Stella, da sempre attento ai temi del patrimonio culturale, e Francesco Trovò, ricercatore all’università Iuav di Venezia, esperto di edilizia storica di Venezia, di Beni Culturali e cambiamenti climatici. A moderare, la giornalista Martina Dei Cas. A seguire, il film britannico in prima nazionale “Saving Venice / Salvare Venezia” di Duncan Bulling (Regno Unito 2022, 52’). Venezia ha un equilibrio particolarmente fragile. Riusciranno gli scienziati e gli ingegneri a proteggere la città con le barriere anti-inondazione prima che sia troppo tardi, e sarà sufficiente questa misura?
INCONTRI. Nel pomeriggio, l’approfondimento al Giardino di Palazzo Fedrigotti in corso Bettini, sold out, è dedicato ai parchi archeologici e alla sfida quotidiana per coniugare la ricerca, gli scavi e la conservazione dei beni rinvenuti con la fruibilità di un pubblico anche molto numeroso. Due le testimonianze al RAM, da Agrigento e dalla Toscana, con le ospiti Maria Concetta Parello, funzionario archeologo del parco archeologico e paesaggistico della Valle dei Templi di Agrigento, e Marta Coccoluto, responsabile del parco archeologico di Baratti e Populonia, del museo Archeologico di Piombino (LI) e dei musei di Suvereto (LI) per Parchi Val di Cornia SpA.


















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