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Novità a “Classe al chiaro di luna 2019”: al mercoledì, al museo Classis, le ultime scoperte delle missioni archeologiche all’estero dell’università di Bologna. Si inizia con l’Uzbekistan: Samarcanda e la via della Seta

Il manifesto delle manifestazioni “Classis al chiaro di luna”

L’archeologo Simone Mantellini

È la novità 2019 della rassegna “Classe al chiaro di luna”: sono le conferenze a tema a cura dei professori dell’università di Bologna che, nelle sere del mercoledì, dal 3 al 31 luglio 2019, alle 21, nella sala conferenze del museo Classis, illustreranno le ultime scoperte delle missioni archeologiche all’estero. Si inizia appunto mercoledì 3 luglio con Simone Mantellini che illustra “Samarcanda e la via della Seta nelle ricerche dell’Università degli studi di Bologna”. Si proseguirà con Albania, Egitto, Turchia e Iraq. L’iniziativa, organizzata in collaborazione con l’Ordine della Casa Matha, è ad ingresso libero. Tutte le conferenze, alle 20.15, sono precedute da una visita guidata al museo Classis Ravenna. Tariffa: 5 euro per l’ingresso e la visita guidata (info 0544473717).

Una suggestiva immagine di Samarcanda con i suoi famosi monumenti di età Timuride

Il nome Samarcanda – si legge sul sito dell’università di Bologna – è forse uno dei più evocativi di tutto l’Oriente, tanto grande è stata in Occidente la fama di questa città nei secoli scorsi. Alla base di questo glorioso passato sono senza dubbio gli splendidi monumenti dell’età Timuride, che ancora oggi, pur se pesantemente restaurati, stupiscono per lo splendore dell’architettura e delle sue decorazioni, e rappresentano la principale attrazione dei turisti provenienti da tutto il mondo. Poco, o nulla, si sa invece della Maracanda di Alessandro Magno, una delle città più importanti e più affascinanti dell’intera Asia Centrale, meglio conosciuta come Afrasiab dal nome del famoso eroe dell’epos iranico, e che oggi si presenta come un’enorme distesa di argilla cruda di oltre 200 ha a Nord-Est dell’attuale centro urbano. Questo luogo è stato per secoli il cuore pulsante degli scambi commerciali tra Oriente ed Occidente, sopravvivendo alla conquista araba dell’VIII secolo ma non a quella, ben più devastante, delle truppe mongole di Gengis Khan nel 1220.

Lo scavo archeologico della missione italo-uzbeka a Samarcanda (foto Unibo)

Uzbekista, missione a Samarcanda: elaborazioni digitali della necropoli a tumuli di Boyssartepa (I sec. a.C. – I sec. d.C.) con il muro perimetrale del villaggio ellenistico (foto Unibo)

La possibilità di conoscere più a fondo il passato di Samarcanda è aumentata notevolmente nell’ultimo decennio grazie alle ricerche avviate dall’università di Bologna e dall’IsIAO di Roma in collaborazione con l’Istituto di Archeologia dell’Accademia delle Scienze dell’Uzbekistan. Partendo dal concetto che non esiste una città senza il proprio territorio, l’obiettivo principale del progetto è quello di studiare la storia di Samarcanda attraverso le molteplici relazioni che legano il grande centro economico, politico e militare con il suo entroterra. Famosa fin dall’antichità come crocevia dei commerci tra l’Asia e il Mediterraneo, la reale ricchezza di Samarcanda era, ed è tuttora, l’agricoltura: le condizioni climatiche continentali, l’abbondanza di acqua e il suolo fertile rendono infatti quest’area una delle più produttive dell’Asia Centrale e di tutto il mondo antico. Lo sviluppo dell’agricoltura nelle pianure alluvionali lungo il medio corso dello Zeravshan e l’allevamento nella steppa circostante creano una base economica e sociale che ha nei bazar della città e dei villaggi sparsi nel territorio il comune denominatore e punto d’incontro tra il mondo degli agricoltori sedentari della pianura e quello dei nomadi allevatori della steppa. Grazie all’impiego delle moderne tecnologie e all’approccio multidisciplinare che agli archeologi affianca altri specialisti quali geologi, agronomi, ingegneri e storici, è ora possibile comprendere meglio le dinamiche insediamentali e le trasformazioni avvenute nel corso dei secoli nell’oasi di Samarcanda. Le ricerche sono state condotte su due distinti livelli. Da una parte, le ricognizioni territoriali finalizzate allo studio dell’interazione storica tra uomo e ambiente; dall’altra, lo studio dettagliato di alcuni siti-chiave, peculiari per posizione geografica e/o pertinenza storico-culturale.

Uzbekistan, missione a Samarcanda: i resti dell’archivio amministrativo altomedievale (V-VIII sec. d.C.) di Kafir Kala (foto Unibo)

Nel corso delle indagini sono stati censiti oltre mille siti archeologi, la maggior parte dei quali databili ai periodi Kushana (II secolo a.C. – II secolo d.C.) e Sogdiano-Altomedievale (V-VIII secolo d.C.). L’incredibile sviluppo che caratterizza l’oasi di Samarcanda in questo periodo è spiegabile non solo con i fruttuosi commerci lungo la Via della Seta ma, soprattutto, con l’intenso sfruttamento agricolo di questo territorio, reso possibile da una fitta rete di canali per l’irrigazione e da una serie di opere idrauliche che hanno permesso di convertire la steppa in un’area dall’elevato potenziale agricolo. Nella parte meridionale dell’oasi, il sistema era basato sul Dargom, un canale di oltre 100 km che le recenti indagini geologiche, combinate allo studio dei principali insediamenti distribuiti lungo il canale stesso, attribuiscono proprio al periodo Kushana, facendo supporre che, già intorno al I secolo a.C., gran parte dell’entroterra di Samarcanda fosse coltivato in maniera estensiva e con diverse colture, da quelle cerealicole (pianura) a quelle frutticole (pedemontana) e orticole (in prossimità delle abitazioni e dei villaggi). La maggior parte delle scoperte si riferiscono alla storia del popolamento agricolo del territorio, che ha lasciato tracce sia negli insediamenti in argilla cruda (altresì noti come tepa) sopraelevati rispetto al naturale piano di campagna, sia nella rete di canali che, ancora oggi dopo oltre 2000 anni, garantiscono l’approvvigionamento idrico della città e del suo territorio. Lo stesso non si può dire per le testimonianze degli allevatori delle steppe. Caratterizzati da uno stile di vita semi-nomadico e dall’impiego di materiale altamente deperibile (come il legno e i tessuti per la costruzione delle yurte), archeologicamente le tracce degli allevatori sono riscontrabili solo nelle sepolture a tumulo (kurgan) che occupano l’intera fascia pedemontana del massiccio del Karatyube, in posizioni strategiche per controllare e marcare le zone di pascolo nella steppa sottostante.

Ipotesi di tracciato della Via della Seta (fonte Esploranda)

In base alla localizzazione dei siti e alla divisione cronologica degli stessi, è possibile ipotizzare che vi fossero due principali rotte locali della Via della Seta che collegavano il medio Zeravshan con la valle del Kashkadarya a sud. La prima, probabilmente già attiva in epoca Achemenide (VI-IV secolo a.C.), era più lunga perché aggirava il massiccio del Karatyube e percorreva quella che ora è la steppa a sud di Samarcanda, passando da centri come Jam, Sazagan e Koytepa. La seconda, di epoca Altomedievale, era più diretta ma anche più difficoltosa perché attraversava il Karatyube dal passo di Amankutan (1800 m slm) e giungeva a Samarcanda dopo aver attraversato il Dargom all’altezza di Kafir Kala.

Cinema al Museo: ogni domenica il meglio dei film della XXVIII rassegna internazionale del cinema archeologico di Rovereto. La fondazione museo civico già al lavoro per l’edizione 2018

“Cinema al Museo” con i film della Rassegna internazionale del cinema archeologico di Rovereto

La rassegna internazionale del cinema archeologico di Rovereto numero 28 va in archivio, e la fondazione Museo civico già è al lavoro per “immaginare e costruire” l’edizione numero 29. Intanto la Rassegna lancia “Cinema al Museo”: le domeniche dal 5 novembre 2017 al 28 gennaio 2018 con i film della rassegna internazionale del cinema archeologico. A grande richiesta nella sala Fortunato Zeni del Museo in Borgo Santa Caterina a Rovereto, verranno proiettati i film più graditi al pubblico della 28ma rassegna: Gengis Khan, Annibale, Eratostene, i segreti dell’Isola di Pasqua, dei Balenieri baschi, delle linee di Nazca, del castello di Chambord, di Persepoli, di Oetzi, animeranno le domeniche per gli appassionati di archeologia e di cinema alla Fondazione Museo civico di Rovereto. I documentari più spettacolari, i più interessanti, quelli che hanno incuriosito maggiormente il pubblico di appassionati ottenendo voti molto alti sulle schede di valutazione consegnate agli spettatori nel corso della manifestazione verranno riproposti la domenica pomeriggio alle 15.30. Un’occasione da non perdere per chi non li avesse visti nel corso della normale programmazione della Rassegna o per chi li ha avesse particolarmente apprezzati e volesse rivederli. I filmati provengono da nove nazioni diverse, da grandi produzioni internazionali o da piccoli produttori indipendenti, che hanno però in comune una qualità fuori dall’ordinario. I film verranno proposti nell’edizione italiana curata dallo staff della Fondazione Museo Civico di Rovereto. L’attività è compresa nel costo del biglietto d’ingresso al museo (5 euro); è possibile richiedere in biglietteria il coupon cumulativo che permette la visione di cinque film al costo ridotto di 15 euro.

Frame del film “La tomba di Gengis Khan, il segreto rivelato”

Si comincia domenica 5 novembre 2017, alle 15.30, con il film “La tomba di Gengis Khan, il segreto rivelato” di Cédric Robion (90′, Francia, 2016), menzione speciale della Giuria Internazionale della Rassegna. Sin dal XIII secolo generazioni di esploratori, scienziati e storici sono affascinati dal mistero della tomba di Genghis Khan, il più grande conquistatore della storia, nascosta da qualche parte in Mongolia. Otto secoli dopo la sua morte, un team francese ha studiato antichi testi segreti e riti funebri per scoprirlo. Gli indizi conducono a una zona sacra, “il selvaggio Nord”. Le nuove tecnologie hanno consentito la localizzazione della tomba senza toccare la terra con una pala. Gli altri appuntamenti. Domenica 12 novembre, “Eratosthenes (Eratostene)” di Kostas Vakkas (34’, Grecia, 2015). Domenica 19 novembre, “Annibale al Trasimeno” di Luca Palma (46′, Italia, 2009). Domenica 26 novembre, “Bajo la duna (Sotto alla duna)” di Domingo Mancheño Sagrario (50′, Grecia, 2016). Domenica 3 dicembre, “Enquêtes Archéologiques – Île de Pâques: Le grand Tabou (Inchieste archeologiche – Isola di Pasqua: il grande tabù)” di Agnès Molia e Thibaud Marchand (26′, Francia, 2016). Domenica 10 dicembre, “Tecnologia mineira romana – o ouro de Tresminas / The roman mining technology – the gold of Tresminas (Tecnologia mineraria – l’oro di Tresminas)” di Rui Pedro Lamy (19′, Portogallo, 2015). Domenica 17 dicembre, “Sensationsfund in Brasilien. Die ersten Amerikaner (Sensazionale scoperta in Brasile. I primi americani)” di Peter Prestel e Saskia Weisheit (43′, Germania, 2016). Domenica 24 dicembre, “Az, Branko pridivkom Fučić (Nome Branko, cognome Fučić)” di Bernardin Modric (35′, Croazia, 2016). Domenica 31 dicembre, “Iceman Reborn (La rinascita di Iceman)” di Bonnie Brennan (53′, Usa, 2016). Domenica 7 gennaio 2018, “Chambord, le chateau, le roi et l’architecture (Chambord, il castello, il re e l’architettura)” di Marc Jampolsky (90′, Francia, 2015). Domenica 14 gennaio, “Les secrets des lignes de Nazca (Inchieste archeologiche – I segreti delle linee di Nazca)” di Agnès Molia e Jacques Plaisant (26′, Francia, 2016). Domenica 21 gennaio, “Persepolis, le paradis perse. Enquêtes archéologique (Persepoli, il paradiso persiano. Indagini archeologiche)” di Agnès Molia e Raphaël Licandro (26′, Francia, 2016). Domenica 28 gennaio, “La Pompei britannique de l’âge du Bronze (La Pompei britannica dell’Età del Bronzo)” di Sarah Jobling (69′, Francia, 2016).

La Fondazione Museo Civico di Rovereto promuove la Rassegna internazionale del cinema archeologico

Rassegna 2018. La squadra di lavoro vede grosse novità ma anche molte conferme: la Rassegna numero 29 vedrò un nuovo direttore, Alessandra Cattoi, che succede a Dario di Blasi. Laureata in storia all’Università di Bologna e giornalista professionista, ha svolto il suo percorso professionale all’estero e in Italia principalmente nel settore della comunicazione istituzionale e degli eventi. Lavorerà nel team della Rassegna Internazionale del cinema archeologico, occupandosi principalmente di coordinare il lavoro a livello gestionale e allo stesso tempo di ampliare le reti di collaborazione con altre realtà culturali sia in Italia che in Europa. Confermata nella responsabilità scientifica della manifestazione Barbara Maurina, responsabile della sezione archeologica della Fondazione Museo Civico di Rovereto. Fiducia confermata anche al resto del team: per il supporto nella parte archeologica Maurizio Battisti, per la cura degli aspetti prettamente cinematografici e i contatti con le produzioni e la stampa Claudia Beretta, Valentina Poli quale social media manager ed Eleonora Zen come web master. Alla segreteria organizzativa, Francesca Maffei e Valentina Bisoffi, con il supporto tecnico di Marco Nave. Non cambierà la mission della Rassegna, tutela e valorizzazione del patrimonio culturale mondiale, insieme all’arricchimento dell’archivio cinematografico della Fondazione, una vera e propria collezione di documenti unici sulla storia e l’archeologia internazionale. Si useranno tutti i possibili linguaggi – anche i più innovativi – della divulgazione scientifica, quali gli incontri, gli audiovisivi, il 3D, e il web per raggiungere target sempre nuovi. “La rassegna è un fiore all’occhiello che vogliamo continuare a valorizzare e il buon risultato dell’edizione che si è appena conclusa ci dà ragione e ci motiva a dare sempre il meglio”, sottolinea Giovanni Laezza, presidente della Fondazione. “Ci auguriamo che i cambiamenti che stiamo mettendo in campo contribuiscano ad allargare ancora di più gli orizzonti di un evento culturale che ha tutte le carte in regola per essere apprezzato in regione, in Italia e anche al di fuori dei nostri confini nazionali”.