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Cagliari. Al via i “Pomeriggi della Fondazione” con il Mediterraneo al centro degli incroci di civiltà. Si inizia con la direttrice del museo del Bardo di Tunisi su “La Provincia romana d’Africa e il bacino del Mediterraneo: tempo libero e intrattenimenti nel segno dell’omologazione”

Il grande cortile interno del museo del Bardo di Tunisi, protagonista della prima conferenza sugli incroci di civiltà nel Mediterraneo

Locandina de “I Pomeriggi alla Fondazione” a Cagliari sugli “Incroci di civiltà”

Quattro incontri promossi a Cagliari per approfondire gli “incontri di civiltà” nel Mediterraneo a corollario della mostra “Le Civiltà e il Mediterraneo”, in corso fino al 16 giugno nella doppia sede di Palazzo di Città e del museo Archeologico nazionale di Cagliari. Spunti di riflessione sulle connessioni, i contatti, le analogie e le differenze nello sviluppo delle culture e delle civiltà che gravitavano sul Mediterraneo e sui collegamenti con l’Oriente e il Caucaso dal Neolitico all’Età del Bronzo – cuore dell’esposizione – fino all’affermazione romana. Il tutto con un occhio di riguardo alla Sardegna (per la quale si sta definendo un incontro specifico) che ha sviluppato la peculiare cultura nuragica, ma che pure mostra relazioni significative con le altre civiltà e comunque al centro di importanti scambi e contatti. Tra i mesi di aprile e giugno 2019, nella sede della Fondazione di Sardegna, in via San Salvatore da Horta 2 a Cagliari, protagonisti per “I Pomeriggi della Fondazione” (a ingresso è libero fino ad esaurimento posti disponibili), protagonisti importanti personalità del panorama archeologico, culturale ed accademico italiano ed internazionale. L’iniziativa si svolge in stretta collaborazione con gli altri promotori della grande mostra inter-nazionale recentemente inaugurata – la Regione Sardegna, il Mibac-Polo museale della Sardegna, i musei civici di Cagliari e il museo statale Ermitage, con il supporto di Ermitage Italia. Si inizia martedì 9 aprile alle 17.30 con Fatma Naït Yghil, direttrice del museo nazionale del Bardo di Tunisi, su “La Provincia romana d’Africa e il bacino del Mediterraneo: tempo libero e intrattenimenti nel segno dell’omologazione”. Segue, martedì 7 maggio 2019, Giorgio Ieranò, professore ordinario di Letteratura greca all’università di Trento, su “In viaggio con Medea: sulle rotte del mito tra il Mediterraneo e il Caucaso”. Terzo appuntamento mercoledì 22 maggio 2019, con Paolo Giulierini, direttore del museo Archeologico nazionale di Napoli, su “Il Mann e il Mediterraneo”. Chiude “I Pomeriggi della Fondazione”, mercoledì 5 giugno 2019, Frederik Mario Fales, professore ordinario di Storia del Vicino Oriente antico e di Filologia semitica all’università di Udine, su “Gli Shardana e i Popoli del Mare”.

Fatma Naït Yghil, direttrice del museo nazionale del Bardo di Tunisi

Ospite d’eccezione del primo appuntamento di martedì 9 aprile 2019 sarà Fatma Naït Yghil, direttrice del museo nazionale del Bardo di Tunisi, che parlerà de “La Provincia romana d’Africa e il bacino del Mediterraneo: tempo libero e intrattenimento nel segno dell’omologazione”. Già responsabile ricerche Storia e archeologia romana all’istituto nazionale del Patrimonio di Tunisi, Fatma Naït Yghil è responsabile scientifica della Collezione dei mosaici e sculture del museo nazionale del Bardo di Tunisi. Laureata presso la Facoltà di Lettere e Filosofi a di Tunisi con un master in Storia e una tesi sugli spettacoli in Africa in epoca romana, vanta anche un Diplome d’Etudes Approfondisse (DEA) in Storia e archeologia antica con uno studio sulle “Pratiche sportive e spettacoli dei giochi atletici e di pugilato in Africa nell’epoca romana” e un dottorato in Storia antica e Archeologia antica dedicato alla “Ricerca sugli svaghi e spettacoli nell’Africa in epoca romana”. È autrice di numerosi articoli sullo sport, sui giochi e sulle attività legate al tempo libero nell’Africa romana e sul museo nazionale del Bardo. Ha partecipato, con altri autori tunisini e stranieri, alla realizzazione del libro sul Bardo in omaggio alle vittime del 18 marzo 2015 sotto la guida di Samir Aounallah: “Un monumento, un museo, io sono il Bardo”. Docente alla facoltà di Scienze umane e sociali di Tunisi ha diretto diverse tesi e progetti di laurea per i corsi di diverse facoltà di Tunisi. Ha ricoperto importanti ruoli istituzionali come Segretario generale dell’ufficio ICOM Tunisia ed è membro dell’ufficio ICOMOS Tunisia. Ha più volte curato o coordinato mostre temporanee come: commissario tunisino per la mostra “Il Bardo ad Aquileia”, coordinatrice franco-tunisina per la mostra “Lieux Saints Partages”, in partenariato con il MUCEM, museo delle Civiltà europee e il Mediterraneo e l’istituto nazionale del Patrimonio, museo nazionale del Bardo, commissario della mostra sul sito archeologico di Dougga presso la sede dell’UNESCO a Parigi, in occasione del 20° anniversario dell’iscrizione del sito nella Lista del Patrimonio Mondiale.

Mosaico romano con “Lottatori nudi in presa” provenienti dalla terme di Ghigti, oggi al Bardo

L’altro mosaico romano con “Lottatori nudi in presa” provenienti dalla terme di Ghigti, oggi al Bardo

Salito alla ribalta delle cronache internazionali per il sanguinoso attentato perpetrato dall’Isis il 18 marzo 2015, con 22 vittime e oltre 40 feriti, il museo nazionale del Bardo è il più antico museo del nord Africa e ospita una delle più straordinarie raccolte archeologiche al mondo, vantando soprattutto una ineguagliabile collezione di mosaici di epoca romana, di cui alcuni esemplari sono stati eccezionalmente prestati per la mostra “Le civiltà e il Mediterraneo”. In particolare, tra le opere giunte da Tunisi ed esposte al museo Archeologico nazionale di Cagliari in dialogo con la collezione permanente – oltre a sculture e importanti manufatti – anche due mosaici del II-III sec. d.C., entrambi raffiguranti due “Lottatori nudi in presa” provenienti dalla terme di Ghigti. Grazie all’intervento della direttrice del Bardo, moderato da Manuela Puddu, funzionaria archeologa del museo Archeologico nazionale di Cagliari, il pubblico avrà l’occasione di conoscere meglio un aspetto affascinante della cultura romana, quello del tempo libero e dell’intrattenimento: non una semplice occasione di svago, quanto una modalità attraverso cui affermare superiorità e potere da parte dei romani.

L’imponente anfiteatro romano di El Jem in Tunisia (foto Graziano Tavan)

Intorno la metà del III secolo d.C. vi erano oltre 100 anfiteatri in tutto l’impero, 32 nella sola provincia d’Africa: è semplice capire quanto i giochi rappresentassero un forte elemento di romanizzazione, un mezzo attraverso il quale inglobare le società locali ed assoggettarle al potere imperiale. Una presenza tanto significativa di arene nei territori nordafricani può essere spiegata tenendo conto di un fattore importante nell’industria dei giochi, specialmente in quelli venatori: nelle venationes, spettacoli che ricreavano scene di caccia, ottenere animali esotici dagli angoli più remoti dell’impero rappresentava un’ostentazione di ricchezza e potere da parte dell’imperatore, che cosi aveva l’occasione di mostrare al popolo animali che altrimenti non avrebbe mai visto. Le terre della provincia d’Africa abbondavano tanto di rinoceronti, orsi, pantere e leoni tali da rendere l’approvvigionamento di animali per la vendita a circhi ed anfiteatri un’attività alquanto redditizia, al punto che vi furono personaggi che giunsero a farsi una buona reputazione in questo campo: è il caso di Olimpo, cantato dai poeti africani come uomo dal viso amato da coloro che “apprezzano l’ebano e l’ombra violetta che orna i prati verdeggianti”…

Rassegna internazionale del cinema archeologico di Rovereto: 56 film da una ventina di Paesi e sei conversazioni con protagonisti della ricerca archeologica. Ecco i titoli da non perdere

Il manifesto della 28.ma rassegna internazionale del cinema archeologico di Rovereto dal 3 all’8 ottobre 2017

Dario Diblasi direttore della Rassegna internazionale del Cinema archeologico di Rovereto

Giovanni Laezza, presidente della Fondazione Museo Civico di Rovereto

Il conto alla rovescia è iniziato per la più attesa kermesse sulla filmografia documentaristica della ricerca del mondo antico. Tra una settimana all’auditorium Melotti di Rovereto si aprirà ufficialmente la 28ma rassegna internazionale del Cinema archeologico, promossa dalla fondazione Museo Civico di Rovereto e diretta per l’ultima volta da Dario Di Blasi. Dal 3 all’8 ottobre 2017 saranno presentati 56 film da una ventina di Paesi, e si terranno 6 conversazioni con i protagonisti dell’archeologia: un’immersione totale nel lontano passato grazie alla sensibilità di alcuni dei migliori registi mondiali nel campo della divulgazione archeologica attraverso il cinema (vedi  https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2017/08/20/rassegna-internazionale-del-cinema-archeologico-di-rovereto-prende-forma-il-programma-della-28-ma-edizione-dal-3-all8-ottobre-2017-sara-lultima-curata-da-dario-di-blasi-56-film-d/). “La manifestazione”, scrive nella presentazione della brochure della rassegna  Giovanni Laezza, presidente della Fondazione, “che da ben ventotto anni viene proposta dalla nostra istituzione ha molti meriti, primo fra tutti quello di ricordare la figura del roveretano Paolo Orsi, archeologo stimato, che con la sua opera scientifica ha portato alto il nome del Museo e della sua città natale, a livello nazionale e internazionale. Anche quest’anno ne celebriamo la memoria attraverso un premio a suo nome, il tredicesimo Premio Paolo Orsi consegnato al documentario giudicato da una giuria di esperti il più interessante tra le più recenti proposte cinematografiche a carattere archeologico, ritenendo che il cinema sia un mezzo suggestivo e straordinario per “raccontare” al grande pubblico il patrimonio culturale, sul quale accenderemo i riflettori alla presenza di ospiti illustri, scienziati, registi, ma anche importanti rappresentanti istituzionali”. Per tutto lo staff del museo, sottolinea il vice-direttore Alessio Bertolli, “la rassegna comporta una gran mole di lavoro: oltre alla selezione dei filmati più interessanti e accurati operata dai curatori, un anno intero di lavoro di un gruppo competente e appassionato è necessario per intrattenere rapporti con le produzioni internazionali e con gli illustri ospiti, per tradurre e rivedere i testi dei film stranieri, per curarne il doppiaggio e l’edizione italiana, per organizzare la logistica e l’intrattenimento e regalare alla città una settimana dove l’archeologia si sposta dalle sale istituzionali per avvicinarsi al grande pubblico attraverso il linguaggio diretto delle immagini. Una manifestazione unica, punto di riferimento per le molte altre che sono nate sulla sua scia, e che è per noi e per la città un motivo di grande orgoglio”.

Frame del film “La Pompei britannica dell’Età del Bronzo” di Sarah Jobling

E allora vediamo cosa offre il ricco programma della rassegna del cinema archeologico di Rovereto. La kermesse apre martedì 3 ottobre 2017, che approfondisce temi di preistoria. Al mattino, dai misteri dell’isola di Pasqua (Enquêtes Archéologiques – Île de Pâques: Le grand Tabou / Inchieste archeologiche – Isola di Pasqua: il grande tabù. Regia: Agnès Molia e Thibaud Marchand, Francia 2016) alla scoperta di un sito preistorico nell’est Europa (Doba bronzová. Objavenie pravekého sídliska / Età del Bronzo. Scoperta dell’insediamento preistorico. Regia: Stanislav Manca, Slovacchia 2016. Al pomeriggio, si va dal grande sito dell’età del Bronzo in Gran Bretagna (La Pompei britannique de l’âge du Bronze. Regia: Sarah Jobling, Francia 2016) alla cultura di Hallstatt (El Reino de la Sal. 7000 Años de Hallstatt / Il regno del sale. 7000 anni di Hallstatt. Regia: Domingo Rodes, Spagna 2013). La sera, da non perdere “Great Human Odyssey / La grande odissea umana”, regia: Niobe Thompson, Usa 2016.

Frammento di un bassorilievo assiro con il ritratto di re Sargon II dal palazzo di Sargon a Khorsabad in Iraq (museo delle Antichità di Torino)

Mercoledì 4 ottobre 2017 offre un programma particolarmente vario: dalla preistoria all’Antico Egitto, dalle popolazioni italiche preromane ai dinosauri. E c’è la prima conversazione:  alle 17.45, Frederick Mario Fales, docente di Storia del Vicino Oriente antico e di Filologia Semitica dell’università di Udine, parla de “Gli Antichi Assiri nell’odierno Kurdistan: Monumenti e iscrizioni da scoprire”. Tra i film, al mattino, “Handpas. Hands from the past / Handpas. Mani dal passato. Regia: José Camello, Spagna 2016; “Eravamo gente felice – Enotri”. Regia: Flaviano Pizzardi, Italia 2015; “La science se frotte aux momies dorme / La scienza si cimenta con le mummie dorate”. Regia: Nicola Baker, Francia 2016; “The Moving Statues of Alexandria / Le statue mobili di Alessandria”, Regia: Raymond Collet, Egitto 2016. Al pomeriggio, “Eis Pegas – Alle Sorgenti”. Regia: Andrea Giannone, Italia 2016; “A Gigantic Jigsaw Puzzle: The Epicurean Inscription of Diogenes of Oinoanda / Un gigantesco puzzle: l’iscrizione epicurea di Diogene di Enoanda”. Regia: Nazım Güvelŏlu, Turchia 2012. La sera, “Mémoires de Pierre: De l’art au Temps des Dinosaures? / Memorie di Pietra: L’arte al Tempo dei Dinosauri?”. Regia: Jean-Luc Bouvret e Benoît Laborde, Francia 2016.

Suggestiva visione dell’apadana di Persepoli

Terza giornata, giovedì 5 ottobre 2017, dedicata al mondo romano e all’Egitto dei Tolomei, ma anche all’antica Persia e al generale cartaginese Annibale. E proprio alle “Battaglie annibaliche attraverso le evidenze archeologiche, toponomastiche, letterarie: il  Trasimeno e altri episodi”, parlerà Giovanni Brizzi, docente di Storia Romana all’università di Bologna, nella conversazione delle 17.45. Al mattino da non perdere “Tecnologia mineira romana – o ouro de Tresminas / (The roman mining technology – the gold of Tresminas / Tecnologia mineraria – l’oro di Tresminas”. Regia: Rui Pedro Lamy, Portogallo 2015; “Limes”. Regia: Elli Kriesch, Germania 2016; “Did the ptolemies have a steam – powered force – pumpe? / I Tolomei avevano una pompa premente alimentata a vapore?”. Regia: Theodosis Tasios, Grecia 2014. Al pomeriggio, “Annibale al Trasimeno”. Regia: Luca Palma, Italia 2009. La sera, “Persepolis, le paradis perse. Enquêtes archéologique / Persepoli, il paradiso persiano. Indagini archeologiche”. Regia: Agnès Molia e Raphaël Licandro, Francia 2016; “Sensationsfund in Brasilien. Die ersten Amerikaner / Sensazionale scoperta in Brasile. I primi americani”. Regia: Peter Prestel e Saskia Weisheit, Germania 2016.

Frame del film “La tomba di Gengis Khan, il segreto rivelato”

Particolarmente ricco il programma del quarto giorno, venerdì 6 ottobre 2017, dall’imperatore Traiano a Gengis Khan, dalle misteriose linee di Nazca al popolo dei Mochicas, con un omaggio ai fratelli Castiglioni sull’Egitto all’anteprima di Alberto Castellani che introduce la conversazione alle 17.45 con Ken Dark, archeologo in Galilea, docente all’università di Reading, su “Gesù aveva una casa a Nazaret?”. Il mattino seguire i film “Traianus”. Regia: Livio Zerbini e Giovanni Ganino, Italia 2017; “Les secrets des lignes de Nazca / I segreti delle linee di Nazca”. Regia: Agnès Molia e Jacques Plaisant, Francia 2016; “Secret of Sakdrisi / Il segreto di Sakdrisi”. Regia: Toma Chagelishvili, Georgia 2016; “Dall’Egitto faraonico all’Africa di oggi”. Regia: Alfredo e Angelo Castiglioni, Italia 2016. Il pomeriggio, “Enquêtes archéologiques – Le crépuscule des Mochicas / Inchieste archeologiche – Il crepuscolo dei Mochicas”. Regia: Agnès Molia. Francia, 2015; “Rivisitare Nazareth. Archeologia e tradizione nel villaggio abitato da Gesù”. Regia: Alberto Castellani. Italia, 2017. La sera, “Facce di Etrusco”. Regia: Alessandro Barelli, Italia 2017; “La tombe de Gengis Khan, le secret dévoilé / La tomba di Gengis Khan, il segreto rivelato”. Regia: Cédric Robion. Francia, 2016.

Frame del film “Namibia. Il luogo dove regna il nulla”

E siamo arrivati alla giornata conclusiva, sabato 7 ottobre 2017, con la serata dedicata alle premiazioni. Con i film si viaggia lontano, dall’Australia (“Twelve canoes / Dodici canoe”. Regia: Molly Reynolds, Australia 2009) alla Namibia (“Namib. Der Ort an dem nichts ist / Namibia. Il luogo dove regna il nulla”. Regia: Rüdiger Lorenz e Faranak Djalali, Namibia 2016). Ma sono gli approfondimenti quelli che caratterizzano la giornata. Alle 11.15, tavola rotonda  su “Il Mondo Antico tra di noi? Realtà tridimensionale,  immersiva, aumentata, social e archeologia ai confini della realtà”, moderata da Antonia Falcone, archeologa, blogger e digital strategist, con Jacopo Bonetto (Progetto Nora – Università degli Studi di Padova), Davide Borra (NoReal), Alessandro Furlan (Altair4), Daniele Bursich (Gruppo Facebook “Archeologia, Beni Culturali e Nuove tecnologie”), Graziano Tavan (giornalista, archeologiavocidalpassato.wordpress.com): vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2017/09/18/nora-tra-archeologia-e-cinema-scavi-e-ricerche-multidisciplinari-delluniversita-di-padova-con-luso-delle-piu-innovative-tecnologie-per-studiare-valorizzare-e-comunicare-al-grande-p/. Alle 16.45, conversazione con Corinna Rossi, architetto ed egittologa, su “Raccontare il passato: l’archeologia tra fonti e interpretazioni personali”; e alle 17.30, Giulio Paolucci, direttore del museo civico Archeologico delle Acque di Chianciano, futuro direttore del museo Etrusco di Milano, e Paolo Giulierini, direttore del museo Archeologico nazionale di Napoli, converseranno su “Nuovi Musei e diffusione del Sapere”. La sera, alle 21, ma stavolta bisogna spostarsi al teatro Zandonai di Rovereto, cerimonia di premiazione con il saluto dell’ambasciatrice di Palestina, S.E. Mai Alkaila. Consegna del Premio “Paolo Orsi” e in chiusura, proiezione film più gradito al pubblico vincitore del premio “Città di Rovereto”.

Il personaggio di Indiana Jones “protagonista” dell’intervento di Graziano Tavan

Non solo film. Nell’ambito della rassegna sono previsti due eventi collaterali. Venerdì 6 Ottobre 2017, dalle 14.30 alle 17.30, a palazzo Alberti Poja, “Raccontare il patrimonio culturale. Dalla carta stampata ai social network”, corso di formazione per giornalisti a cura di Claudia Beretta, evento formativo accreditato dal Consiglio Nazionale  dell’Ordine dei Giornalisti. Relatori: Il giornalista Graziano Tavan su “Ricerca e divulgazione: l’archeologia sui giornali tra Tutankhamon e Indiana Jones” e l’archeologa e blogger Antonia Falcone su “Social Network per la comunicazione culturale. Strategie, tool, monitoraggio dei risultati e casi studio”. Mercoledì 4 Ottobre 2017, alle 18.30, a palazzo Alberti Poja, per “Incontro con… l’artista”  incontro con Maria Stoffella Fendros, artista roveretana protagonista della mostra temporanea ospitata a palazzo Alberti Poja. Introduce Micaela Vettori, curatrice della mostra “Il coraggio del colore. Maria Stoffella Fendros – Rovereto, Venezia, Firenze, Atene”, a palazzo Alberti Poja dal 28 settembre al 19 novembre 2017.

Rassegna internazionale del cinema archeologico di Rovereto: prende forma il programma della 28.ma edizione, dal 3 all’8 ottobre 2017. Sarà l’ultima curata da Dario Di Blasi: 56 film da venti Paesi, conversazioni con i protagonisti. Il simbolo della rassegna da una coppa egittizzante da Stabia oggi al Mann

Il manifesto della 28.ma rassegna internazionale del cinema archeologico di Rovereto dal 3 all’8 ottobre 2017

La 28.ma edizione della rassegna internazionale del Cinema archeologico di Rovereto prende forma. L’appuntamento, promosso dalla Fondazione Museo Civico di Rovereto presieduta da Giovanni Laezza, è dal 3 all’8 ottobre 2017 all’auditorium “F. Melotti” di corso Bettini, dove saranno proiettati i 56 film in programma provenienti da una ventina di Paesi in rappresentanza di tutti i cinque continenti, e in sala convegni “F. Zeni” della fondazione Museo Civico in borgo Santa Caterina, dove la domenica 8 saranno presentati i film più graditi al pubblico e alla giuria internazionale. Quest’anno infatti ci sarà la 13.ma edizione del concorso biennale “Premio Paolo Orsi”, assegnato da una giuria qualificata composta da Maura Medri, archeologa e docente di Metodologia di ricerca archeologica e Archeologia dell’architettura all’università Roma Tre; Lulli Bertini, archeologa e regista cinematografica; Umberto Pappalardo, archeologo e docente di Archeologia classica all’università Suor Orsola Benincasa di Napoli; Fari Djatali-Lorenz, regista e produttrice cinematografica Germania-Iran; Philippe Dorthe, presidente fondatore di Icronos, festival International du film d’Archéologie de Bordeaux.

Il prof. Frederick Mario Faled, assiriologo dell’università di Udine, apre le conversazioni alla Rassegna di Rovereto

Anche quest’anno alle 17.45, all’auditorium Melotti, sono previste conversazioni con alcuni protagonisti della ricerca archeologica moderate da Dario Di Blasi, curatore della rassegna internazionale del Cinema archeologico, e Barbara Maurina, conservatore per l’Archeologia del museo Civico di Rovereto. Il 4 ottobre 2017, interviene Frederick Mario Fales, docente di Storia del Vicino Oriente antico e di Filologia Semitica all’università di Udine, su “Gli antichi assiri nell’odierno Kurdistan: monumenti e iscrizioni da scoprire”; il 5 ottobre 2017, Giovanni Brizzi, docente di Storia romana all’università di Bologna, su “Le battaglie annibaliche attraverso le evidenze archeologiche, toponomastiche, letterarie: il Trasimeno e altri episodi”; il 6 ottobre 2017, Ken Dark, archeologo in Galilea, docente all’università di Reading, su “Gesù aveva una casa a Nazaret?”; il 7 ottobre 2017, Corinna Rossi, architetto ed egittologa, su “Raccontare il passato: l’archeologia tra fonti e interpretazioni personali”, e Giulio Paolucci, direttore del museo civico Archeologico delle Acque di Chianciano e futuro direttore del museo Etrusco di Milano, su “Nuovi musei e diffusione del Sapere”. Sempre al 7 ottobre, ma al mattino, alle 11.15, conversazione moderata da Antonia Falcone, archeologa, blogger e digital strategist, con Jacopo Bonetto, responsabile del progetto Nora dell’università di Padova; Davide Borra, NoReal; Alessandro Furlan, Altair4; Daniele Bursich, gruppo Facebook “Archeologia, Beni Culturali e Nuove tecnologie”; Graziano Tavan, giornalista del blog archeologiavocidalpassato.it, su “Il Mondo Antico tra di noi ? Realtà tridimensionale, immersiva, aumentata, social e archeologia ai confini della realtà”.

S.E. Mai Alkaima, ambasciatrice della Palestina in Italia

Ospiti internazionali sono confermati anche per la 28.ma edizione della rassegna internazionale del cinema archeologico. A Rovereto sono attesi S.E. Mai Alkaila, ambasciatrice di Palestina, che presenzierà nella serata conclusiva della rassegna, sabato 7 ottobre, alla cerimonia di premiazione dei film in concorso per il “Paolo Orsi” e per il “Città di Rovereto-Archeologia Viva”; dall’Egitto, Mostafa Amin Mostafa, segretario del Supreme Council of Antiquities of Egypt; Azza ElKholy, Head of Academic Research Sector della Biblioteca di Alessandria d’Egitto; Ahmed Mansour, Deputy Director of Calligraphy and Writing studies Center della Biblioteca di Alessandria d’Egitto; Mohamed Soliman, Head of Cultural Outreach Sector della Biblioteca di Alessandria d’Egitto.

Dario Diblasi direttore della Rassegna internazionale del Cinema archeologico di Rovereto

“In un tempo di archeologia in frantumi  per guerre, terrorismo, incuria, aggressioni speculative”, scrive nella prefazione al programma Dario Di Blasi, curatore storico della rassegna, “si fa urgente per ogni comunità locale, in ogni parte del pianeta, il bisogno di occuparsi del proprio territorio, della propria storia a prescindere da quel che fanno o non fanno gli Stati nazionali, le organizzazioni internazionali, e le cosiddette istituzioni preposte alla tutela, alla conservazione e alla valorizzazione. Nessuna comunità è in grado di occuparsi di ciò a prescindere dalla conoscenza e dalla cultura e tutti gli strumenti che aiutano a diffondere conoscenza, sapere e cultura  come il cinema sono utili a  questo scopo. La rassegna è nata 28 anni fa per questo e questo rimane il suo intento”. Per Di Blasi questa sarà l’ultima rassegna: “Mi accingo a lasciare, dopo quasi trent’anni, questa attività legata alla rassegna  e non mi vergogno a citare ancora una volta queste frasi di Giovanni Semerano: …Solo i popoli che acquistano chiara coscienza del proprio passato sono in grado di costruire un avvenire commisurato alle proprie istanze, perché liberi da errori che gravano sull’antico cammino. Gli altri impigliati nei congegni di un mondo senz’anima, mimano ogni giorno una vita non alimentata da segrete salutari radici… È un linguaggio antico sempre più attuale!”.

Skyphos di ossidiana da Stabiae con scene di culto egiziano in mostra al museo Archeologico di Napoli

Simbolo della 28.ma edizione della rassegna roveretana è un particolare da una coppa in ossidiana conservata al museo Archeologico nazionale di Napoli, per gentile concessione di Paolo Giulierini, direttore del Mann. “Il 21 e il 22 maggio del 1954, durante i lavori di scavo dell’ambiente n. 37 della Villa San Marco a Stabiae, l’attuale Castellammare di Stabia”, scrive O. Elia sul Bollettino d’Arte nel 1957, “si rinvennero numerosissimi frammenti di ossidiana finemente lavorata e una notevole quantità di fili d’oro e minuscole tarsie di malachite, diaspro giallo, lapislazzulo, corallo bianco e rosa, alcune ancora inserite in tralicci di lamine d’oro, che costituivano una ricca decorazione ad intarsio con motivi egittizzanti. Insieme con i frammenti furono anche rinvenute otto zampe leonine in argento forse appartenenti a un piccolo armadio in cui i preziosi vasi venivano custoditi. Gli scopritori, intuita l’eccezionalità del rinvenimento, trasferirono i frammenti presso l’Officina dei Restauri del museo nazionale di Napoli ove l’accurato e paziente lavoro di restauro permise di ricomporre due skyphoi quasi gemelli con decorazione egittizzante (Coppa A e Coppa B), uno skyphos più piccolo con elementi vegetali conservato quasi per intero (Coppa C) e parte di una phiale, una coppa poco profonda utilizzata per le libagioni, con scena nilotica”. “A questo primo restauro, conclusosi nel 1956”, ricorda Luigia Melillo della soprintendenza speciale per il Beni archeologici di Napoli e Pompei, “seguirono altri due interventi, uno effettuato nel 1964 e uno nel 1974, nel corso dei quali furono ricollocate ulteriori parti dell’intarsio e furono riassemblati frammenti delle anse. Ulteriori restauri nel 2011-2012 hanno consentito la corretta collocazione di alcuni frammenti e la riesposizione al pubblico delle tre coppe nel novembre 2012”.

Quasi 15mila visitatori per la mostra “Prima dell’alfabeto. Viaggio in Mesopotamia alle origini della scrittura” a Palazzo Loredan di Venezia della fondazione Giacarlo Ligabue. Inti: “Grande successo. Nel 2018 a Venezia mostra sulla scoperta delle Americhe e dei suoi popoli”

Tavoletta in argilla con pittogrammi proveniente dalla Mesopotamia meridionale (collezione Ligabue)

Se qualcuno pensa che una mostra archeologica con oggetti di non facile comprensione come possono essere le tavolette cuneiformi mesopotamiche non riesca a coinvolgere il grande pubblico, a parlare e a emozionare anche i non esperti si dovrà ricredere. Parlano chiaro i numeri di bilancio della mostra “Prima dell’alfabeto. Viaggio in Mesopotamia alle origini della scrittura”, che la Fondazione Giancarlo Ligabue ha promosso a Venezia in Palazzo Loredan, sede dell’Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti: in tre mesi di apertura sono stati raggiunti quasi 15mila visitatori (14.558) con un tutto esaurito, già a un mese e mezzo dalla chiusura, da parte delle scolaresche alle quali sono stati dedicati laboratori didattici e visite guidate specifiche. Oltre 2500 sono stati infatti i ragazzi che hanno visitato la mostra con le diverse scuole e partecipato alle attività laboratoriali. Guarda il video dell’inaugurazione:

Sigillo cilindrico in lapislazzulo con bevitori di birra e Imdugud (Collezione Ligabue)

“Sono stati mesi di grande fatica ma anche di enormi soddisfazioni per tutto lo staff della Fondazione Giancarlo Ligabue e per i curatori, instancabili e sempre disponibilissimi”, commenta soddisfatto il presidente Inti Ligabue. “Credo che questa mostra abbia reso evidente l’impegno e lo sforzo della Fondazione per valorizzare quel patrimonio di opere – testimonianze preziose di culture e civiltà – che mio padre ha riunito nel corso della sua vita e che sono un valore per la conoscenza, la comprensione e il dialogo”. Ma Inti Ligabue guarda già avanti: “Quest’incredibile esperienza a contatto con il pubblico, le tantissime presenze alla mostra in poco più di 80 giorni e la risposta dei veneziani agli eventi organizzati dalla Fondazione nel  primo anno e mezzo d’attività ci danno grande coraggio per pensare a qualcosa di permanente nei prossimi anni, una volta concluso il ciclo di mostre che abbiamo in programma. Nel frattempo ci rivediamo a Venezia nel 2018 con Il Mondo che non c’era, la scoperta delle Americhe e dei suoi popoli”.

Placchette in lamina d’oro raffiguranti un albero sacro e tre geni alati provenienti forse da Ziwiyé in Iran (Collezione Ligabue)

“Prima dell’alfabeto” curata dal prof. Frederick Mario Fales, grande assiriologo dell’università di Udine supportato da Roswitha Del Fabbro, ha avuto un riscontro  di critica straordinario, esaltata dai media nazionali – dagli esperti del Sole 24 Ore a quelli della Stampa di Torino, dal Manifesto all’Osservatore Romano, dall’Espresso ad Archeo fino ai servizi su Radio e TV – per la qualità dei reperti, gli approfondimenti dei curatori in mostra e nel catalogo Giunti; per la scelta dello spazio espositivo – l’antica biblioteca settecentesca di Palazzo Loredan – e la cura dell’allestimento accompagnato da supporti multimediali e immersivi. Perfino “Gulp Mistery” la trasmissione per i ragazzi di Rai Gulp condotta da Simone Lijoi, ha voluto dedicare una puntata alla mostra, alla scoperta della nascita della scrittura tra le affascinanti tavolette in cuneiforme risalenti a 5000 anni or sono. E se tra i visitatori illustri “Prima dell’alfabeto” può annoverare il presidente della Regione del Veneto Luca Zaia e l’archeologo e famoso divulgatore Alberto Angela, accompagnati entrambi dal presidente della Fondazione ed entrambi profondamente colpiti dall’esposizione, restano anche i lusinghieri commenti di plauso e le testimonianze raccolte nel libro dei visitatori: “Ho portato i miei genitori a questa bellissima e interessante mostra – scrive ad esempio Angelica di 9 anni di Vigonza – dopo esserci stata con la scuola”. Per Inti Ligabue “è una soddisfazione vedere come i bambini possono farsi affascinare dalla conoscenza ed essere talvolta il motore di nuove scoperte e passioni”. E il presidente dell’Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti, Gherardo Ortalli: “Attraverso un efficace percorso divulgativo e didattico la mostra ha disvelato passo passo un mondo remoto che è andato strutturandosi attraverso l’invenzione della scrittura, e ha intrecciato un dialogo ideale con la potenza del pensiero umanistico e scientifico custodito nella biblioteca dell’Istituto Veneto. L’Istituto è lieto di essere stato coinvolto in questo progetto che ha portato moltissimi visitatori di ogni età nelle sale abitualmente percorse da studiosi specializzati e auspica che tale collaborazione possa continuare in futuro con iniziative analoghe”.

“Prima dell’alfabeto. Viaggio in Mesopotamia alle origini della scrittura”: in mostra a Venezia per la prima volta tavolette e sigilli con iscrizioni in caratteri cuneiformi della collezione Ligabue

Tavoletta in argilla con scrittura cuneiforme e lingua accadica della collezione Ligabue, in mostra a Venezia

Tavoletta in argilla con scrittura cuneiforme e lingua accadica della collezione Ligabue, in mostra a Venezia

Sono piccoli segni incisi con lo stilo nell’argilla morbida. All’occhio inesperto sembrano tanti piccoli cunei. Li trovi su migliaia di tavolette di argilla, sui sigilli, sulle pareti di montagne o di palazzi. Perché quei segni rappresentano una delle più antiche scritture al mondo, il cuneiforme, nata intorno al 3200 a.C. in Mesopotamia, quasi in contemporanea con il geroglifico in Egitto. E durata ben 3500 anni. La nostra scrittura, tanto per fare un paragone, ne ha “solo” 2500. Proprio la nascita della scrittura, che segna uno dei capitoli più affascinanti e rivoluzionari della storia della civiltà, fondamentale per le dinamiche di trasmissione del sapere e per la conoscenza dell’antichità, è al centro della mostra “Prima dell’alfabeto. Viaggio in Mesopotamia alle origini della scrittura”, a Palazzo Loredan a Venezia,  una delle sedi dell’Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti, dal 20 gennaio al 25 aprile 2017.  Quasi 200 reperti della Collezione Ligabue esposte per la prima volta – tra cui tavolette e straordinari sigilli risalenti a oltre 5000 anni or sono – rievocano le grandi civiltà dell’Antica Mesopotamia, un territorio oggi praticamente inaccessibile per le continue guerre. A impreziosire l’esposizione, tra reperti e apparati multimediali, anche testimonianze delle esplorazioni di Paul Emile Botta e Austen Henry Layard nel XIX secolo, con prestiti dai musei archeologici di Venezia e Torino.

Tavoletta in argilla con pittogrammi proveniente dalla Mesopotamia meridionale (collezione Ligabue)

Tavoletta in argilla con pittogrammi proveniente dalla Mesopotamia meridionale (collezione Ligabue)

Promossa dalla Fondazione Giancarlo Ligabue presieduta da Inti Ligabue, e curata dal professore Frederick Mario Fales, dell’università di Udine, uno tra i più noti assiriologi e studiosi del Vicino Oriente Antico, la mostra ci conduce in un viaggio indietro nel tempo, quasi 6000 anni or sono, nella Terra dei Due Fiumi, un universo di segni, simboli, incisioni ma anche di immagini e racconti visivi che testimoniano la nascita e la diffusione travolgente della scrittura cuneiforme, rivelandoci nel contempo l’ambiente sociale, economico e religioso dell’Antica Mesopotamia. Culla di civiltà straordinarie, oggi martoriata e saccheggiata dalla guerra e dal terrorismo che hanno reso inaccessibile il suo patrimonio di bellezza e conoscenza, la terra di Sumeri, Accadi, Assiri e Babilonesi ci viene raccontata e svelata grazie all’esposizione (patrocinata dalla Regione del Veneto e dalla Città di Venezia, main sponsor Ligabue SpA e Hausbrandt, con il contributo di DM Informatica, La Giara e Scattolon Renato) per la prima volta al pubblico, di quasi 200 preziose opere della Collezione Ligabue. “Una collezione di altri tempi”, come ama sottolineare F. Mario Fales, “quella messa insieme da Giancarlo Ligabue, imprenditore ma anche archeologo, paleontologo e grande esploratore scomparso nel gennaio 2015. Collezione straordinaria non solo per entità, qualità e per l’importanza storica di questi e altri materiali, ma in quanto testimonianza di un collezionismo slow, rispettoso dei luoghi che pure Giancarlo studiava e delle istituzioni, della ricerca e del sapere; un collezionismo appassionato, diretto a preservare la memoria e non a defraudare le culture con altri fini”.

Frammento di un bassorilievo assiro con il ritratto di re Sargon II dal palazzo di Sargon a Khorsabad in Iraq (museo delle Antichità di Torino)

Frammento di un bassorilievo assiro con il ritratto di re Sargon II dal palazzo di Sargon a Khorsabad in Iraq (museo delle Antichità di Torino)

Dai primi pittogrammi del cosiddetto proto-cuneiforme, rinvenuti a Uruk – annotazioni a sostegno di un sistema amministrativo e contabile già strutturato – all’introduzione della fonetizzazione (dai “segni-parola” ai “segni-sillaba”) la scrittura cuneiforme, con le sue evoluzioni, si sviluppò e si diffuse con estrema rapidità anche in aree lontane: dalla città di Mari sul medio Eufrate a Ebla nella Siria occidentale, a Tell Beydar e Tell Brak nella steppa siro-mesopotamica settentrionale. Abili scribi verranno formati per redigere documenti grazie a segni ormai classificati e vere e proprie scuole saranno istituite nei diversi centri, per insegnare a nuovi funzionari a leggere e scrivere. Centinaia di migliaia di tavolette di argilla – la materia prima della terra mesopotamica – hanno dato vita ad autentici archivi e biblioteche, in un mondo che aveva compreso il valore e il potere della scrittura: tavolette con funzioni contabili-amministrative, tavolette giuridiche, storiografiche, religiose e celebrative, o addirittura letterarie, racchiudono le storie, i lavori, i pensieri e i ritratti di uomini e re vissuti tremila anni prima di Cristo; miti e leggende di dei ed eroi. Si tratta soprattutto di tavolette cuneiformi e di numerosi sigilli cilindrici o a stampo ma anche sculture, placchette, armi, bassorilievi, vasi e intarsi provenienti da quell’antico mondo. A questi oggetti in mostra si affiancano, come detto, importanti prestiti del museo Archeologico di Venezia e del museo di Antichità di Torino: dal primo, bellissimi frammenti di bassorilievi rinvenuti dallo scopritore della mitica Ninive, Austen Henry Layard, che nell’ultimo periodo della sua vita si era ritirato proprio a Venezia, a Palazzo Cappello Layard (donò i suoi oggetti alla città nel 1875); dal secondo un frammento di bassorilievo assiro raffigurante il re Sargon II, scoperto nel 1842 da Paul Emile Botta – console di Francia a Mosul – e da lui donato al re Carlo Alberto.

Sigillo cilindrico paleobabilonese con iscrizione in cuneiforme e raffigurazioni: al centro la cosiddetta "dea nuda" e a fianco "l'uomo-toro"

Sigillo cilindrico paleobabilonese con iscrizione in cuneiforme e raffigurazioni: al centro la cosiddetta “dea nuda” e a fianco “l’uomo-toro”

Accanto alle tavolette, placchette e intarsi, in osso, in conchiglia, in oro o in avorio, bassorilievi e piccole figure, raffinati oggetti artistici e d’uso comune, ma soprattutto tanti importanti sigilli, straordinari per le figurazioni e le narrazioni, per il pregio artistico delle incisioni realizzate da abili sfragisti (bur-gul) e i diversi materiali usati. Creati per registrare diritti di proprietà e apposti fin dal periodo Neolitico sulle cerule – sorta di ceralacca a garanzia della chiusura di merci e stoccaggi – i sigilli, con l’avvento della scrittura, vengono apposti sulle tavolette o sulle buste di argilla (utilizzate fino al I millennio) per autenticare il documento, garantendo la proprietà di un individuo, il suo coinvolgimento in una transazione, la legalità della stessa. Come spiega l’archeologa Roswitha Del Fabbro “essi prima indicavano l’amministrazione, come oggi il timbro di un Comune, e col tempo vennero a rappresentare il singolo individuo, riportandone il nome, giungendo magari a presentare l’iscrizione di una preghiera”. Fino ad allora (cioè fino alle decifrazioni di Georg Friedrich Grotefend (1775 – 1853) e all’impresa di Henry Creswicke Rawlinson (1810 – 1895), che sospeso a 70 metri dal suolo copiò l’iscrizione trilingue di Dario I sulla parete rocciosa di Bisotun in Iran) furono soprattutto la Bibbia, debitrice di tanti racconti e suggestioni dell’antica Mesopotamia, e gli storici greci, latini e bizantini a tramandare in una luce più o meno leggendaria i nomi di luoghi come “il Giardino dell’Eden” o le maestose città di Ninive e Babele e quelli di personaggi come Nabucodonosor II, che distrusse Gerusalemme, o la regina Semiramide. In mostra le preziose tavolette raccontano di commerci di legname o di animali (pecore, capre, montoni o buoi), di coltivazioni di datteri e di orzo per la birra, di traffici carovanieri tra Assur e l’Anatolia, di acquisti di terreni e di case con i relativi contratti e le cause giuridiche; celebrano Gudea signore possente, principe di Lagash, promotore di grandi imprese urbanistiche e architettoniche; prescrivono le cure per una partoriente afflitta da coliche, con incluso l’incantesimo da recitare al momento del parto, o testimoniano l’adozione di un bimbo ittita da parte di una coppia o, ancora, le missive tra prefetti di diverse città-stato.

Placchetta circolare in argento del periodo neo-assiro con la rappresentazione del dio Assur

Placchetta circolare in argento del periodo neo-assiro con la rappresentazione del dio Assur

Ma il valore intrinseco dei sigilli cilindrici, già sostitutivi di quelli a stampo intorno alla metà del IV millennio, è dato dal fatto che essi erano generalmente realizzati in pietre semipreziose provenienti da luoghi molto lontani: i lapislazzuli (importati dal lontano Badakhshan, nell’odierno Afghanistan nord orientale, celebre per le miniere descritte anche da Marco Polo), l’ematite, la cornalina, il calcedonio; ma anche agata, serpentino, diaspro rosso o verde, cristallo di rocca. Per questo i sigilli furono spesso riutilizzati, diffondendosi anche come amuleti con valore apotropaico, ornamenti, oggetti votivi: veri status symbol talvolta indossati dai proprietari con una catenina o montati su spilloni. Nei sigilli cilindrici, in pochi centimetri, accanto alle iscrizioni venivano realizzati motivi iconografici sempre più raffinati, differenziati per periodi e aree geografiche. Sfilate di prigionieri davanti al re, scene di lotta tra eroi e animali, processioni verso il tempio, raffigurazioni di guerra e di vita quotidiana, donne-artigiane accovacciate, grandi banchetti, racconti mitologici: l’evoluzione stilistica, la raffinatezza delle incisioni diventano nel tempo sempre più evidenti. In epoca accadica gli intagliatori di sigilli prestano attenzione alla resa naturalistica del corpo umano e di quello animale, curano la narrazione, la simmetria, l’equilibrio, la drammatizzazione. Si individuano e si susseguono nel tempo stili e tecniche anche con l’introduzione del trapano e della ruota tagliente, a scapito della manualità. I sigilli rappresentano insomma un unicum artistico, prima delle gemme greche e romane.