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Venezia. A Palazzo Malcanton Marcorà presentazione del libro “Il corpo spezzato. Costruire e decostruire la figura umana nella tradizione funeraria egiziana” di Francesca Iannarilli (università Ca’ Foscari) con: Patrizia Piacentini (università di Milano) e Lucio Milano (università Ca’ Foscari)

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Francesca Iannarilli (Ca’ Foscari)

Mercoledì 26 febbraio 2025, alle 10, in aula Geymonat di Palazzo Malcanton Marcorà a Venezia, presentazione del libro “Il corpo spezzato. Costruire e decostruire la figura umana nella tradizione funeraria egiziana” di Francesca Iannarilli (università Ca’ Foscari Venezia), Edizioni Ca’ Foscari 2024. Discutono con l’autrice: Patrizia Piacentini, università di Milano La Statale; Lucio Milano, università Ca’ Foscari Venezia, direttore della collana Antichistica. Modera Emanuele M. Ciampini, università Ca’ Foscari Venezia.

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Copertina del libro “Il corpo spezzato. Costruire e decostruire la figura umana nella tradizione funeraria egiziana” di Francesca Iannarilli (università Ca’ Foscari)

Il corpo spezzato. Questo libro si concentra sul tema antropologicamente e storicamente complesso del corpo nell’antico Egitto, con particolare attenzione alla cosiddetta “letteratura funeraria” e, più specificatamente, al corpus dei Testi delle Piramidi e ai suoi determinativi antropomorfi “mutilati”. In questa prospettiva, era necessario stabilire un quadro per la percezione e l’elaborazione formale del corpo sociale, politico, vivo e morto nelle fonti iconografiche e testuali, al fine di fornire una base emica da cui partire. Particolare attenzione è stata riservata al “corpo spezzato”, inteso non solo come corpo fisico ma anche come sua rappresentazione iconografica o materiale, talvolta mutilato, decapitato, trattato e manipolato in modi e contesti diversi. Si è quindi svolto un processo deduttivo, partendo dal generale e arrivando al particolare, per proporre alcune suggestioni su un fenomeno a lungo dibattuto ma ancora irrisolto. Si arriva così alla pratica della mutilazione, o parzializzazione del corpo, ancora scarsa nei contesti archeologici, ma più abbondante nell’iconografia e nei geroglifici, come opera deliberata, ragionata e motivata di costruzione e decostruzione del corpo umano e della sua rappresentazione. L’opera avrà servito al suo scopo se riuscirà a stimolare nuove riflessioni e studi più approfonditi sull’argomento, o almeno a gettare uno spiraglio di luce sulle ombre che il pensiero egiziano ancora “getta sulle pareti della grotta”.

Aquileia. Per GEA 2024 open-day dei cantieri di scavo (solo sabato), aperture straordinarie, passeggiate e laboratori per bambini, archeologia sperimentale e visite guidate 

aquileia_gea-2024_locandinaOpen-day dei cantieri di scavo (solo sabato 15 giugno 2024), aperture straordinarie, passeggiate e laboratori per bambini, archeologia sperimentale e visite guidate per il fine settimana delle Giornate Europee dell’Archeologia. Il ricco programma di attività è realizzato grazie alla collaborazione tra Fondazione Aquileia, Comune di Aquileia, soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia, direzione regionale musei del Friuli Venezia Giulia – museo Archeologico nazionale di Aquileia, Società per la Conservazione della Basilica di Aquileia, PromoTurismoFVG, università di Padova, di Trieste, di Udine, di Venezia, di Verona, Pro Loco Aquileia, associazione nazionale per Aquileia, Fondazione Radio Magica, Consorzio di Bonifica Pianura Friulana.

PROGRAMMA SABATO 15 GIUGNO 2024

ARCHEO OPEN DAY VISITE CON L’ARCHEOLOGO AI CANTIERI DI SCAVO Orario: 10.30 – 13 / 16.30 – 19

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Archeo Open day nelle aree archeologiche di Aquileia (foto fondazione aquileia)

Gli archeologi e i restauratori della Fondazione Aquileia e delle Università accolgono i visitatori per raccontare le nuove scoperte, i reperti emersi nelle ultime campagne di scavo, le storie e i costumi dell’Aquileia antica. Aree: Foro – Decumano e Mura a zig-zag – Grandi Terme – Teatro romano – Antico Porto Fluviale – Sponda orientale del Porto Fluviale – Domus dei Putti Danzanti – Antichi Mercati (Fondo Pasqualis) – Domus di Tito Macro – Domus romane (Fondo CAL). A cura di: Fondazione Aquileia, università di Padova, università di Verona, università Ca’ Foscari Venezia, università di Trieste, università di Udine, soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio del FVG. Ingresso libero senza prenotazione.

VISITA GUIDATA CON LA DIRETTRICE MARTA NOVELLO AL MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE

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Il museo Archeologico nazionale di Aquileia (foto fondazione aquileia)

Orario: 10.30 A cura di: MAN Aquileia. Biglietto: la visita guidata è gratuita – si applica la consueta tariffa per l’ingresso al museo. Prenotazione obbligatoria a: 0431 91016 o museoaquileiaeventi@cultura.gov.it

VISITA GUIDATA – VIAGGIA CON NOI NELLA STORIA DI AQUILEIA Orario: 10.30

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Visite guidate nell’area archeologica di Aquileia (foto fondazione aquileia)

Vivrete la gloria e gli antichi fasti di quella che fu una delle capitali dell’Impero grazie a un percorso suggestivo che si snoda attraverso le testimonianze fondamentali di uno dei siti archeologici più importanti d’Italia, dal foro romano fino all’immensa basilica patriarcale. A cura di: PromoTurismoFVG. Biglietto: 15 euro, visita guidata + 5 euro ingresso Basilica – Gratis con FVGCard e FVGCardAquileia. Per informazioni e prenotazioni contattare InfoPoint PromoTurismoFVG: +39 0431 919491 – info.aquileia@promoturismo.fvg.it

LAVORAZIONE SPERIMENTALE DI VETRO CON UN FORNO “ROMANO” Orario: 10.30-13 / 15-19 / 21-23

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Archeologia sperimentale ad Aquileia: lavorazione del vetro secondo tecniche antiche (foto fondazione aquileia)

Inaugurazione del nuovo forno di raffreddamento e dimostrazioni di lavorazione del vetro secondo tecniche antiche con il forno vetrario a legna ispirato a strutture romane. A cura di: Fondazione Aquileia in collaborazione con associazione nazionale per Aquileia APS e Pro Loco Aquileia. Luogo: area archeologica degli antichi mercati Fondo Pasqualis (via dei Patriarchi). Ingresso gratuito senza prenotazione. Per info: assaquileia@libero.itprolocoaquileia@libero.it – 3757804838

LA DOMUS DEL RICCO MERCANTE DI AQUILEIA PASSEGGIATA TEATRALIZZATA PER BAMBINI – AQUILEIA LAB Orario: 15.00

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Aquileia: passeggiate teatralizzate per bambini (foto fondazione aquileia)

Un originale dialogo nei pressi della Domus di Tito Macro con un personaggio del passato che ha reso eterna la memoria della città di Aquileia: Tito Macro. I partecipanti, muniti di “passaporto parlante”, saranno condotti anche da una guida turistica. A cura di: Fondazione Aquileia in collaborazione con Radio Magica. Partecipazione gratuita su prenotazione obbligatoria a: +39 375 6562461 – didattica@discoveraquileia.com. Fascia d’età: 5-9 anni accompagnati da un adulto. Durata: 1 ora.

VISITA GUIDATA – BENVENUTI NELLE DOMUS ROMANE DI AQUILEIA Orario: 15

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Visite guidate alla Domus di Tito Macro ad Aquileia (foto fondazione aquileia)

Grazie all’opera di valorizzazione a cura di Fondazione Aquileia, l’antica metropoli romana svelai suoi luoghi più suggestivi: le domus dell’antica città. Con questa visita guidata vi porteremo a scoprire com’era l’architettura delle case aquileiesi, come erano arredate, come si viveva la quotidianità tra quelle mura. A cura di: PromoTurismoFVG. Biglietto: 15€ visita guidata + 5€ ingresso Domus di Tito Macro + 5€ ingresso Domus e Palazzo Episcopale – Gratis con FVGCard e FVGCardAquileia. Per informazioni e prenotazioni contattare InfoPoint PromoTurismoFVG: +39 0431 919491 – info.aquileia@promoturismo.fvg.it

APERTURA STRAORDINARIA E VISITA GUIDATA A CASA BERTOLI Orario: 16.30-19

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Visite guidate a Casa Bertoli ad Aquileia (foto fondazione aquileia)

Visita alla casa del canonico Gian Domenico Bertoli con i suoi affreschi medievali. A cura di: Associazione Nazionale per Aquileia APS, Soprintendenza Archeologia belle arti e paesaggio del FVG. Luogo: Casa Bertoli, via Popone 6. Ingresso libero senza prenotazione. Per info: assaquileia@libero.it

LA DOMUS DEL RICCO MERCANTE DI AQUILEIA PASSEGGIATA TEATRALIZZATA PER RAGAZZI – AQUILEIA LAB Orario: 16.30

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Aquileia: incontro con Tito Macro nella passeggiata teatralizzata per bambini (foto fondazione aquileia)

Un originale dialogo nei pressi della Domus di Tito Macro con un personaggio del passato che ha reso eterna la memoria della città di Aquileia: Tito Macro. I partecipanti, muniti di “passaporto parlante”, saranno condotti anche da una guida turistica. A cura di: Fondazione Aquileia in collaborazione con Radio Magica. Partecipazione gratuita su prenotazione obbligatoria a: +39 375 6562461 – didattica@discoveraquileia.com. Fascia d’età: 10-14 anni. Durata: 1 ora.

PIAZZA 900. PASSEGGIATA AD AQUILEIA Orario: 18

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Visite guidate al cimitero degli eroi ad Aquileia (foto fondazione aquileia)

Una camminata con la storica Elena Menon, che ci condurrà lungo i luoghi più rappresentativi del Novecento a Aquileia, a partire dal percorso e dalle vicende legate al Milite Ignoto: dalla Basilica al Cimitero degli Eroi fino ad arrivare alla Stazione. “Piazza 900” è un progetto dell’Associazione Bottega Errante con il sostegno della Regione Friuli Venezia Giulia, della Fondazione Friuli, della Pro Loco di Aquileia. A cura di: associazione culturale Bottega Errante, Pro Loco Aquileia, Comune di Aquileia Ritrovo: piazza Capitolo (sotto la statua della Lupa). Passeggiata gratuita senza prenotazione. Contatti: info@bottegaerrante.it  – 0432521063

DOMENICA 16 GIUGNO 2024

LAVORAZIONE SPERIMENTALE DI VETRO CON UN FORNO “ROMANO” Orario: 10.30-13 / 15-19

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Archeologia sperimentale ad Aquileia: lavorazione del vetro secondo tecniche antiche (foto fondazione aquileia)

Inaugurazione del nuovo forno di raffreddamento e dimostrazioni di lavorazione del vetro secondo tecniche antiche con il forno vetrario a legna ispirato a strutture romane. A cura di: Fondazione Aquileia in collaborazione con associazione nazionale per Aquileia APS e Pro Loco Aquileia. Luogo: area archeologica degli antichi mercati-Fondo Pasqualis (via dei Patriarchi). Ingresso gratuito senza prenotazione. Per info: assaquileia@libero.itprolocoaquileia@libero.it – 3757804838

VISITA GUIDATA – VIAGGIA CON NOI NELLA STORIA DI AQUILEIA Orario: 11

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L’area archeologica e la basilica patriarcale di Aquileia in una veduta aerea (foto nicola oleotto)

Vivrete la gloria e gli antichi fasti di quella che fu una delle capitali dell’Impero grazie a un percorso suggestivo che si snoda attraverso le testimonianze fondamentali di uno dei siti archeologici più importanti d’Italia, dal foro romano fino all’immensa basilica patriarcale. A cura di: PromoTurismoFVG. Biglietto: 15 euro visita guidata + 5 euro ingresso Basilica – Gratis con FVGCard e FVGCardAquileia. Per informazioni e prenotazioni contattare InfoPoint PromoTurismoFVG: +39 0431 919491 – info.aquileia@promoturismo.fvg.it

1824-2024: Bicentenario dell’Egizio di Torino. Il museo cambia pelle con il progetto architettonico di OMA: si apre alla città, con una piazza, un giardino e una sala immersiva; nuove gallerie e nuovi servizi. Ecco il ricco programma delle celebrazioni già iniziate. Greco: “Un nuovo inizio”

“Un nuovo inizio”. “Una nuova nascita”. Ecco cosa rappresenta il Bicentenario per il museo Egizio di Torino. E il direttore Christian Greco lo dice all’egiziana. “È un modo per riflettere su chi siamo e per capire dove dobbiamo andare. E dove dobbiamo andare ha un elemento importante: come possiamo restituire il paesaggio? Perché duecento anni dopo la fondazione c’è una cosa fondamentale che ci manca, ovvero l’Egitto. E come riportiamo l’Egitto al museo? Lo riportiamo attraverso la flora che ricostruiamo nel giardino Egizio, e poi lo ricreiamo nella sala con l’Egitto immersivo che ci fa vedere il paesaggio ricostruito in modo digitale e messo in relazione con gli oggetti”.

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Museo Egizio: presentazione delle celebrazioni del bicentenario. Da sinistra, David Gianotten, Evelina Christillin, Christian Greco, Massimo Mori (foto graziano tavan)

Le riflessioni del direttore Christian Greco chiudono una mattinata intensa in cui, attraverso il contributo dei protagonisti, dalla presidente Christillin al direttore generale Osanna, dall’architetto Gianotten al direttore Greco, ha preso il via la fase “più calda” del progetto architettonico del nuovo museo Egizio firmato da David Gianotten e Andreas Karavanas, dello studio Oma (Office for Metropolitan Architecture) di Rotterdam, momento clou del 2024, anno delle celebrazioni del bicentenario del museo Egizio (in parte già iniziate), stagione di trasformazione del Museo non solo da un punto di vista architettonico, ma anche sotto il profilo dell’allestimento e della ricerca archeologica.

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Rendering della Piazza Egizia, nuova piazza urbana coperta, al museo Egizio di Torino (progetto OMA di Rotterdam)

Dopo la vittoria, nel gennaio 2023, da parte di Oma del concorso internazionale di idee, bandito dalla Fondazione Compagnia di San Paolo nel 2022 (vedi Torino. Per le celebrazioni del bicentenario il museo Egizio cambia volto e si apre alla città: il cortile diventa la Piazza Egizia, urbana e coperta con accesso libero al tempio di Ellesija. Ecco i dettagli del progetto dello studio OMA di Rotterdam vincitore del concorso internazionale indetto dalla Compagnia di San Paolo | archeologiavocidalpassato), si è aperta una fase di gestazione del progetto definitivo, frutto di mesi di confronto tra gli architetti e i vertici e i curatori del Museo, l’Accademia delle Scienze, proprietaria del palazzo barocco del Collegio dei Nobili, sede del Museo, e la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Torino.

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Progetto OMA per il museo Egizio di Torino: rendering della sala immersiva (foto OMA Rotterdam)

Si darà così concretezza ad un progetto ambizioso di rifunzionalizzazione della corte e di restituzione alla città di un nuovo spazio pubblico, di allestimento di un giardino egizio nella corte coperta, di una nuova sala immersiva all’interno del Museo, del restauro e del riallestimento del Tempio di Ellesija e della Galleria dei Re, progetti per cui si prevedono 23 milioni di investimenti. Tra i primi a credere in questa nuova stagione dell’Egizio, sostenendolo anche dal punto di vista finanziario è stato il ministero della Cultura. C’è stato poi l’appoggio incondizionato di Accademia delle Scienze, che crede in questo ampliamento. Fondazione Compagnia di San Paolo ha dato avvio ad un progetto innovativo di mecenatismo con il Concorso internazionale di idee per il nuovo Egizio e anche Fondazione Crt ha deliberato un sostegno economico all’Egizio, così come la Regione Piemonte e il Comune di Torino. Hanno poi generosamente offerto un sostegno economico per i diversi progetti che riguardano il bicentenario Alpitour, Camera di Commercio di Torino, Consulta di Torino, Ferrovie dello Stato, Intesa Sanpaolo, Lavazza, Reale Mutua.

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Bicentenario del museo Egizio: la presidente Evelina Christillin indica il claim “200 anni di museo Egizio. La memoria è il nostro futuro” (foto graziano tavan)

“Celebrare i 200 anni del Museo”, è intervenuta Evelina Christillin, presidente del museo Egizio, “non è solo un esercizio di memoria, ma significa anche programmare il futuro. Il progetto architettonico di Oma nasce sulla scorta di nuova visione di Museo, più articolato e multiforme: ente di ricerca, luogo inclusivo, spazio in cui, come recita l’articolo 3.2 della Costituzione italiana, si lavora per abbattere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo armonico della persona. L’idea di coprire la corte nasce quindi dalla volontà di creare una nuova agorà, che sia restituita alla collettività e, al contempo, rendere fruibile gratuitamente il Tempio di Ellesija donato dall’Egitto all’Italia. Dopo la trasformazione del 2015 il Museo si è aperto al mondo, ha cambiato costantemente la sua offerta espositiva, ha studiato nuove strade e ricette per raccontare non solo la cultura materiale, ma anche la storia nascosta dei reperti e della civiltà dell’antico Egitto”. Per l’occasione del bicentenario il museo Egizio ha voluto rinnovare la propria immagine e progettare un’identità visiva dedicata, che è stata creata in collaborazione con Studio FM. La creatività conferisce un grande peso al pittogramma del logo, che diventa motivo decorativo alludendo al percorso fatto in questi 200 anni. Il claim “200 anni di museo Egizio. La memoria è il nostro futuro”, accompagnato da un logo con lettering molto pulito, diviene il segno distintivo del Bicentenario e delle sue celebrazioni.

Collegato dalla sede ministeriale della direzione generale Musei, Massimo Osanna ha portato i saluti di tutto il ministero e della direzione generale che”, ha sottolineato Osanna, “come la presidente Christillin e il direttore Greco sanno è molto vicina al museo Egizio non solo come ente vigilante ma soprattutto come una direzione che fa della rete dei musei del territorio l’aspetto più prezioso del sistema nazionale museale. Noi stiamo cercando di creare un sistema museale nazionale che mette in rete tutto il nostro straordinario patrimonio culturale, e il museo Egizio come è noto è uno dei musei di punta di tutto il nostro sistema museale nazionale. E questo grazie a chi lo dirige adesso, grazie a Christian Greco, grazie alla presidente Evelina Christillin che hanno svolto finora un lavoro straordinario. E io sono qui per testimoniarlo ancora una volta. Il museo che io ho visto quando sono arrivati Christian ed Evelina e ho rivisto poi, anno dopo anno, è un museo assolutamente nuovo, è un museo che si è aperto alla città, e io direi al mondo. È un museo che è diventato un laboratorio di ricerca, un laboratorio di sperimentazione, un laboratorio per la valorizzazione del nostro patrimonio. E diventa quindi veramente una best practice che noi dobbiamo esportare in tutte le altre realtà del sistema museale nazionale. Io ho avuto l’onore di essere nella commissione giudicatrice per il concorso di idee fatto per la copertura del cortile. Il Gruppo Oma, come sappiamo, adesso è al lavoro, sta chiudendo il progetto esecutivo e questo progetto porterà veramente il museo a trasformarsi non solo nei suoi spazi ma anche nell’offerta straordinaria che darà a tutti i pubblici che speriamo sempre più numerosi che raggiungeranno Torino e raggiungeranno il museo.

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Progetto OMA per il museo Egizio di Torino: rendering della sala conferenze a livello -1 della piazza Egizia (foto OMA Rotterdam)

Il progetto – ha continuato il dg – prevede non solo di creare un’agorà restituita alla città, ma anche spazi immersivi per contestualizzare questo straordinario patrimonio e quindi collegarlo con i luoghi d’Egitto da cui il patrimonio proviene, un giardino egizio, tutta una serie di realtà che sicuramente contribuiranno a cambiare la percezione di questo museo all’interno del panorama torinese e italiano in genere. Ma vorrei ancora sottolineare quanto questo museo sia diventato un museo aperto a tutti, un museo che fa dell’accessibilità declinata a 360 gradi il punto di forza. Ovviamente accessibilità non solo come abbattimento di barriere architettoniche – questi sono temi che abbiamo già da tempo dovuto superare – ma anche l’abbattimento delle barriere cognitive. Ecco il museo Egizio è un museo che parla ai pubblici, che sa dialogare con la comunità ed è veramente un museo aperto come adesso devono essere i nostri musei: luoghi di incontro, luoghi di confronto, luoghi dove il cittadino, il visitatore si sente a casa perché è un luogo dove appunto può incontrare gli altri, può riflettere con gli altri sul significato della memoria e del passato. E mi piace molto il logo che aggancia la memoria al nostro futuro.

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Progetto OMA per il museo Egizio di Torino: rendering del bookshop accessibile dalla piazza Egizia (foto OMA Rotterdam)

L’archeologia sta conoscendo in questi ultimi anni un grande rigoglio, una grande attenzione mediatica. I musei archeologici sono tra i più d’Italia e del mondo. Pensate a Pompei e Colosseo che sono al primo e secondo posto delle classifiche nazionali per numero di visitatori. E questo vuol dire proprio un’attenzione al nostro patrimonio, in particolare a quello archeologico, che richiede delle risposte chiare, delle risposte puntuali, delle risposte adeguate alle sfide della società contemporanea. E questa è una sfida che il museo Egizio da tempo ha accolto perché il museo Egizio è un luogo del contemporaneo. Non è un luogo che conserva polverosi oggetti della ricerca traghettati dal passato fino al nostro mondo contemporaneo, ma è un luogo della contemporaneità perché, con gli strumenti della contemporaneità, con le esigenze del mondo contemporaneo, sa parlare del passato e lo sa restituire con un linguaggio adeguato ai visitatori della nostra società contemporanea. Quindi buon lavoro oggi. Buon lavoro soprattutto a quelle straordinarie iniziative che saranno messe in campo nel prossimo anno. So che cominceranno subito con il Capodanno. Grazie a tutte le attività messe in campo dalla Città di Torino. E grazie anche al museo Egizio dove io mi sento sempre a casa. Buon lavoro”.

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Bicentenario del museo Egizio: David Gianotten (al centro), Managing Partner di Oma, tra Andreas Karavanas (a destra) di OMA, e Andrea Tabocchini (foto graziano tavan)

Il progetto. A entrare nel merito è stato David Gianotten, Managing Partner di Oma: “Il team OMA è orgoglioso di essere stato nominato progettista architettonico per la trasformazione del museo Egizio. La vasta collezione, la ricca storia che incarna e la visione del bicentenario ci ispirano a rafforzare il significato culturale del museo Egizio attraverso l’architettura. Il museo Egizio trasformato sarà ancora più connesso con la città e pubblicamente accessibile, integrando l’ambizione del Museo di promuovere l’impegno pubblico. Ci complimentiamo con il direttore e il suo team per la loro visione di un museo aperto e contemporaneo”. Il centro di gravità del museo Egizio più antico al mondo si sposta, dunque, nella corte del palazzo barocco del Collegio dei Nobili, che si trasformerà in una nuova agorà, su due livelli, piano terreno e piano ipogeo, coperta da una struttura trasparente in vetro e acciaio. Si tratta di uno spazio aperto gratuitamente, di fatto di un ampliamento del Museo e di Accademia delle Scienze, che avranno a disposizione circa 975 metri quadrati in più. Un luogo in cui convivranno un giardino egizio, un bookshop nel porticato, che sarà nuovamente aperto verso la corte, una caffetteria, la biglietteria e l’info point del Museo e dell’Accademia delle Scienze.

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Bicentenario museo Egizio: rendering della piazza Egizia, veduta zenitale (foto OMA Rotterdam)


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Progetto OMA: la spina che attraversa il museo Egizio e le connessioni con la città di Torino e gli spazi espositivi (foto OMA Rotterdam)

“Il progetto”, ha spiegato Gianotten, “crea un nuovo cortile coperto, chiamato piazza Egizia, e una serie di spazi urbani collegati aperti a tutti, rafforzando il legame del museo con la rete di aree pubbliche torinesi e la sua chiara identità. Il progetto riorganizza le aree pubbliche del museo in sei distinti spazi urbani, ognuno con la propria dimensione, funzione e qualità uniche. Il più grande di questi spazi è la piazza Egizia, concepita come un’area pubblica condivisa tra il museo Egizio e la città. Una “Spina” centrale collega i sei spazi urbani tra loro e anche le due entrate del museo su via Accademia e via Duse. Sono state apportate aperture alla facciata attuale del museo su via Duse, invitando il pubblico all’interno del museo e nella piazza Egizia per varie attività quotidiane di svago. Un motivo geometrico al piano terra, ispirato a reperti del museo come la maschera funeraria di Merit, crea una continuità visiva tra gli spazi urbani”.

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Progetto OMA per il museo Egizio di Torino: rendering del giardino Egizio al livello -1 della piazza Egizia (foto OMA Rotterdam)

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Progetto OMA per il museo Egizio di Torino: rendering della piazza Egizia su due livelli (foto OMA Rotterdam)

La piazza Egizia è un cortile a doppio livello, multifunzionale, concepito come un palinsesto della storia del museo Egizio. Qui vengono esposte l’architettura originale e le tracce delle modifiche nel corso del tempo. Al livello 0, sono state restaurate le numerose aperture storiche del cortile, chiuse sin dalla ristrutturazione del museo nel 2010, ricollegando questo spazio pubblico alla città. Al livello -1, dove si trovano il Giardino Egizio e lo spazio per eventi e apprendimento, viene scoperta la facciata originale del Collegio dei Nobili, anch’essa nascosta dagli anni del 2010. Due aperture a livello 0, direttamente sopra il Giardino Egizio e lo spazio per eventi e apprendimento, portano luce e conducono i visitatori al livello sotterraneo”.

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Progetto OMA per il museo Egizio di Torino: rendering dell’ingresso da via Duse e visione del tempio di Ellesija (foto OMA Rotterdam)


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Progetto OMA per il museo Egizio di Torino: rendering della piazza Egizia coperta e accessibile anche di sera (foto OMA Rotterdam)

Sopra la piazza Egizia viene installata una copertura trasparente, sostenuta da prolungamenti delle colonne esistenti, per creare un ambiente temperato. La griglia strutturale in acciaio rivestita in alluminio della copertura, definita dal ritmo regolare della facciata del Collegio dei Nobili, funge anche da dispositivo di raccolta delle acque piovane, ventilazione dell’aria e illuminazione, rispondendo alle ambizioni del museo in termini di sostenibilità. La piazza Egizia e gli altri spazi urbani sono accessibili al di fuori dell’orario di lavoro e accolgono tutti i visitatori, con o senza biglietto. La loro natura pubblica offre al museo la possibilità di estendere i suoi orari di apertura. Una selezione di manufatti del museo Egizio è esposta per un primo incontro del pubblico con la collezione museale. Dagli spazi urbani, i visitatori proseguono per visitare le mostre del museo o partecipano a attività gratuite e eventi, oppure continuano a passeggiare in altri spazi pubblici di Torino. “Museo Egizio 2024”, ha concluso Gianotten, “è una destinazione per studiosi e il pubblico interessato, nonché un luogo pubblico riscoperto per tutti”.

Il ricco programma delle celebrazioni per il Bicentenario, i nuovi allestimenti, i nuovi progetti per fare sempre più il museo Egizio un museo trasparente permeabile inclusivo è stato illustrato dal direttore Christian Greco. “Parto da un dato biografico – ha esordito -. Perché quando nel 2014 fui selezionato al concorso di selezione mi chiesero “come lo vedi il museo nel 2015”, dovevano infatti aprire un museo, io ho detto “ma il mio orizzonte è il 2024 perché dobbiamo festeggiare il bicentenario. Non avrei mai pensato, dopo 10 anni, di essere ancora qui. Sono davvero lieto che la programmazione ci porti a celebrare, come diceva la presidente, questo evento importantissimo.

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Ponteggi per il restauro delle facciate interne nel cortile del museo Egizio di Torino (foto graziano tavan)

“Lasciatemi cominciare col dire cosa sta già accadendo. Avete visto i ponteggi, che stanno fuori, stiamo restaurando le facciate, ma c’è una programmazione culturale che è già partita. Ringrazio, è in sala, il prof. Ray Johnson che è visiting scholar. Il museo Egizio per il Bicentenario ha intrapreso questa nuova modalità: grandi egittologi che hanno regalato tantissimo alla disciplina, possono stare per sei mesi o un anno da noi e regalare al museo Egizio e alla disciplina un futuro. Raymond W. Johnson sta studiando tutto il nostro materiale di Amarna che confluirà in una pubblicazione. Per chi non lo conoscesse, per chi non è egittologo, è stato per 40 anni all’Epigraphic Survey dell’Oriental Institute di Chicago, che ha diretto per molti anni. Per noi è un grande onore che Ray Johnson sia qui a Torino.

torino_egizio_what-is-a-museum_locandinatorino_egizio_what-is-a-museum_incontri_locandinaPoi abbiamo iniziato un’attività, che tutti voi conoscete, “What is a museum” (vedi Torino. Al museo Egizio al via con Barbara Jatta, direttrice dei Musei Vaticani, il ciclo “What is a museum?”, in presenza e on line: dieci direttori dei più grandi musei del mondo si confrontano col direttore Christian Greco sul ruolo e le sfide del futuro dei musei | archeologiavocidalpassato). Il museo Egizio si interroga 200 anni dopo la fondazione su cosa significhi essere museo. Oggi siamo un luogo di conservazione o di distruzione, e come queste due anime possono essere messe assieme in un’ottica completamente cambiata. È un museo che nasce in una città preunitaria, che diventa poi il primo museo archeologico della capitale d’Italia, che poi diventa un museo separato dal museo di antichità dal 1939, e che man mano si è reinventato la sua natura: lo facciamo attraverso i grandi direttori dei musei internazionali. Tutti ci avete risposto a una semplice mail. Grazie davvero. Ricordo che il 9 novembre avremo il direttore del museo del Prado Miguel Falomir Faus, e il 17 gennaio 2024, sempre per rimanere in Olanda, ci sarà Taco Dibbits direttore del Rijksmuseum di Amsterdam. Hanno aperto la dottoressa Barbara Iatta e il direttore generale Massimo Osanna.

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L’egittologo Enrico Ferraris, curatore al museo Egizio di Torino

“Dal 28 novembre al 1° dicembre 2023 c’è un grande congresso internazionale. Ringrazio Enrico Ferraris che si sta spendendo per organizzare questo congresso che si chiamerà “Immateriality. Museums between Real and Digital”. Perché il museo Egizio fa ricerca e lo fa a 360°, come la cultura materiale può dialogare l’immateriale e avremo fisici, antropologi, filosofi, socio-linguisti, archeologi, paleopatologi, esperti del patrimonio, curatori, museologi e neuroscienziati – un panel abbastanza ricco – che si interrogheranno su cos’è il museo Egizio.

torino_egizio_capodanno_foto-museo-egizio“L’ha già detto la presidente, il 1° gennaio 2024 la Città di Torino regala il concerto di Capodanno in piazza Castello con l’orchestra Filarmonica di Torino con protagonista l’Egizio, in diretta televisiva su Sky Classica.

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Una pagina del libro “Riassunto del sistema geroglifico degli antichi egizi…” di Jean-François Champollion (1824) conservato nella Biblioteca Silvio Curto (Rari 10) (foto graziano tavan)

“Poi c’è quello che aprirà prima del 1° gennaio 2024. Il 21 dicembre 2023 inaugureremo una nuova Galleria della Scrittura: 600 mq dedicati alla scrittura dalla sua nascita l’implementazione dei documenti. Ci sarà una galleria dedicata ai papiri, dove finalmente moltissimi papiri potranno essere visti. Sarà un museo nel museo: 600 mq che permettono dall’inizio della storia egiziana fino all’età greco-romana di percorrere quell’elemento che è fondamentale per la nostra disciplina, la scrittura, che è stata decifrata 200 anni fa.

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La locandina della mostra “Archeologia invisibile” al museo Egizio di Torino

“Poi altra galleria permanente sarà la sala qui immediatamente di fronte alla sala conferenze che sarà la galleria dedicata all’archeologia invisibile. Abbiamo fatto un percorso espositivo nel 2019 che è stato un grande successo in cui materiale e digitale vengono messi assieme. Vi do solo un numero: una vasoteca con 8mila vasi, una vetrina su due piani che permetterà di vedere tutto. Il prof. Osanna diceva “i musei cambiano pelle”. Il museo Egizio è da un po’ che sta cambiando pelle. E come linea guida è quello di essere trasparente permeabile e inclusivo. Significa anche cercare di rendere sempre più visibile la cultura materiale. Apriremo fra poco due nuove gallerie dove sono esposti tutti i tessuti faraonici e l’idea di rendere tutto l’edificio sempre più permeabile.

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Cédric Gobeil curatore della mostra “Sedersi allegramente davanti al dio: le cappelle votive di Deir el-Medina” del ciclo “Nel laboratorio dello studioso” al museo Egizio di Torino (foto museo egizio)

“Stiamo variando, cambiando completamente l’allestimento della galleria di Deir el Medina. Grazie a tutto il nostro staff curatoriale. Ringrazio Cédric Gobeil che per anni ha diretto lo scavo di Deir el Medina ed è stato un po’ il motore per questa trasformazione di una delle sale fondamentali. Non solo. Vi ho detto trasparente, inclusivo, permeabile. Come ci ha fatto vedere David Gianotten il museo cambierà completamente. Non ci sarà più un percorso fisso. Si potrà entrare da varie parti del museo. Abbiamo lanciato il biglietto on line. Si potrà decidere dove andare. Si entrerà nella piazza Egizia e da lì si possono prendere le scale mobili e andare sopra per fare il percorso espositivo tradizionale, o andare giù e vedere dove la storia incontra il futuro, perché c’è la storia del museo e ci sarà la sala immersiva grazie alla collaborazione con l’istituto italiano di tecnologia di Genova e grazie alla collaborazione con Ca’ Foscari, dove risponderemo a quella domanda che ha posto David: ma dopo 200 anni, cosa manca al museo Egizio di Torino? La risposta è semplicissima: l’Egitto. E come possiamo riportare l’Egitto, come possiamo avere una nuova concezione museologica ovvero che gli oggetti non siano più isolati all’interno delle vetrine ma dialoghino con il paesaggio? Lo facciamo con il giardino Egizio che andrà a immergersi in questa sala immersiva dove riproporremo con le nuove tecnologie il paesaggio prendendo alcuni siti, ad esempio partendo dal sito di Gebelein. E ringrazio anche la Consulta per l’aiuto che ci sta dando anche per questa sala immersiva.

“Dicevo trasparente permeabile e inclusivo. Voglio anche ricordare che per fare questo abbiamo anche un nuovo dipartimento all’interno del museo Egizio che recepisce la nuova definizione Icom. Abbiamo un dipartimento che si chiama Interpretazione accessibilità e condivisione che permette quindi di focalizzarsi su questo: partire da un object-centered museum a un visitor center museum. Vogliamo essere un luogo di incontro per tutti.

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Carla Barbati, presidente dell’associazione dei professori ordinari di Diritto amministrativo, mancato il 6 settembre 2023 (foto museo egizio)

“Altri due progetti. Un’opera celebrerà il Bicentenario ovvero un volume corale in cui il museo Egizio ha chiesto aiuto a tutti. Ha chiesto aiuto a tutte le altre collezioni italiane, perché il museo Egizio vuole celebrare parlando anche delle altre collezioni egizie presenti nel territorio italiano. Abbiamo chiesto aiuto a tantissimi colleghi dell’università per raccontare questi 200 anni. E abbiamo scelto anche un format diverso in cui ognuno di noi è in relazione con uno studioso dell’università e si mette in dialogo. Per esempio io scrivo il mio pezzo insieme a Tarek Tawfik che è presidente dell’associazione internazionale di egittologia, già direttore del Grand Egyptian Museum, e professore ordinario di Egittologia all’università del Cairo. Ci tengo molto a sottolineare, anche perché è una questione personale che riguarda un po’ anche personalmente la presidente ed io, che il volume del Bicentenario sarà dedicato alla professoressa Carla Barbati, già presidente del Consiglio universitario nazionale, presidente dell’associazione dei professori ordinari di Diritto amministrativo, che ha studiato fin dall’inizio il rapporto pubblico-privato nella nascita della fondazione. Purtroppo ci ha lasciato il 6 settembre 2023. Ma il volume sarà a lei dedicato e ci sarà anche un pezzo, l’ultimo lavoro che ha fatto e che entrerà nel nostro lavoro. Per noi è molto importante anche ricordarla in questo modo.

“Concludo dicendo un altro progetto. L’ha citato prima brevemente il prof. Osanna: il PNRR. Abbiamo vinto un bando di 500mila euro del PNRR per la rimozione delle barriere fisiche e cognitive dei musei. È il modo per dare accessibilità cognitiva. Stiamo lavorando con le associazioni nel territorio per capire come venire incontro a tutti coloro che hanno non solo delle difficoltà fisiche ma delle difficoltà cognitive. Il museo, l’abbiano ripetuto da sempre, è la casa di tutti. E per essere la casa di tutti deve essere a tutti accessibile.

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Mosaico d’insieme di tutto il personale del museo Egizio di Torino (foto graziano tavan)

“Ma la cosa più importante l’ho lasciata per ultima, last but not least, perché non si parla mai di questo. Il museo Egizio, i musei, non sono la cultura materiale contenuta all’interno delle proprie vetrine. Non sono solo i palazzi in cui siamo e le trasformazioni architettoniche che ci rendono più permeabili, ma il museo sono tutti i nostri colleghi. Allora voglio ringraziare in primis la presidente che mi ha dato la possibilità: quando sono arrivato 10 anni fa c’erano 13 persone al museo Egizio. Oggi ci sono tutti loro: 75 persone. Il museo è fatto da donne e uomini che ogni giorno si interrogano sulla collezione, scrivono una biografia, Questo è il modo più bello per celebrare il Bicentenario”.

Oderzo. Al museo Archeologico “Eno Bellis” presentazione del libro “Figlio del lampo, degno di un re. Un cavallo veneto e la sua bardatura”, atti della giornata di studi del 23 novembre 2018, a cura di Giovanna Gambacurta, Marta Mascardi e Maria Cristina Vallicelli

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Allestimento della bardatura di cavallo della Tomba 49 dalla necropoli dell’Opera Pia Moro di Oderzo, al museo Archeologico “Eno Bellis” di Oderzo (foto oderzo cultura)

Sono passati cinque anni da quando, era il 2018, fu presentato al pubblico il nuovo allestimento al museo Archeologico “Eno Bellis” di Oderzo della bardatura del cavallo della Tomba 49, scoperta tredici anni prima. E in quell’occasione la fondazione Oderzo Cultura aveva dedicato una tre giorni al ritorno e alla riscoperta di uno dei più importanti reperti della collezione archeologica, tra cui l’evento “Figlio del lampo, degno di un re”, realizzato in collaborazione con la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Venezia e le province di Belluno, Padova e Treviso e l’università Ca’ Foscari di Venezia (vedi “Figlio del lampo, degno di un re”: al museo Archeologico “Eno Bellis” di Oderzo (Tv) una tre giorni per “riscoprire” la sepoltura di cavallo con una preziosa bardatura di 2500 anni fa: archeologi, restauratori e storici a confronto sul rapporto tra i veneti antichi e i cavalli, prima dell’inaugurazione del nuovo allestimento per la Tomba 49 | archeologiavocidalpassato).

oderzo_archeologico_libro-figlio-del-lampo-degno-di-un-re_presentazione_locandinaSabato 1° aprile 2023, alle 17.30, al museo Archeologico “Eno Bellis” presentazione del libro “Figlio del lampo degno di un re. Un cavallo veneto e la sua bardatura”, atti della giornata di studi del 23 novembre 2018. Il volume raccoglie i contributi presentati nel corso della giornata di studi dedicata al riallestimento della bardatura del cavallo della necropoli dell’Opera Pia Moro di Oderzo. Dopo i saluti istituzionali della Fondazione Oderzo Cultura Onlus, del Comune di Oderzo, della soprintendenza ABAP-VE-MET, intervengono: Guglielmo Marcuzzo e Maria Pia Benvegnù (Studio Marcuzzo e Benvegnù), Franco Marzatico (dirigente generale – unità di missione strategica per la tutela e la promozione dei beni e delle attività culturali, Provincia Autonoma di Trento, dialoga con i curatori del volume e gli autori).

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Copertina del libro “Figlio del lampo, degno di un re. Un cavallo veneto e la sua bardatura”

“Figlio del lampo, degno di un re. Un cavallo veneto e la sua bardatura”. Atti della giornata di studi (Oderzo, 23 novembre 2018) (edizioni Ca’ Foscari), a cura di Giovanna Gambacurta, università Ca’ Foscari Venezia; Marta Mascardi, Fondazione Oderzo Cultura onlus; Maria Cristina Vallicelli, soprintendenza ABAP-VE-MET. Contributi di Fiorenza Bortolami, Giovanna Gambacurta, Teja Gerbec, Veronica Groppo, Marta Mascardi, Miha Mlinar, Paolo Reggiani, Angela Ruta Serafini, Martino Serafini, Serena Vitri, Luca Zaghetto. Un progetto Art Bonus, in collaborazione con la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Venezia e le province di Belluno Padova e Treviso e il contributo dello Studio Marcuzzo Benvegnù. Il restauro e lo studio della bardatura del cavallo della necropoli preromana dell’Opera Pia Moro di Oderzo hanno evidenziato la necessità, a più di dieci anni dalla sua scoperta e musealizzazione, di rinnovarne l’ipotesi ricompositiva e di riunire le ricerche in corso in un momento di confronto e di aggiornamento. I contributi presentati nella giornata di studi indagano il contesto di rinvenimento, dettagliano le operazioni di recupero e restauro, mettono in luce i confronti in ambito Veneto, sottolineando le relazioni con il territorio alpino e in particolare con l’area slovena; non mancano esempi di iconografie confrontabili nei documenti dell’Arte delle situle. L’aspetto rilevante del sacrificio equino nelle pratiche rituali dei Veneti antichi viene confermato dalla sepoltura del cavallo che si colloca, alla fine del V secolo a.C., in un quadro crescente di relazioni e scambi culturali ed economici.

Pakistan. La missione italiana nello Swat dell’Ismeo/università Ca’ Foscari Venezia ha scoperto uno dei più antichi templi buddhisti nel Gandhara, nell’antica città di Barikot, risalente al II sec. a.C. Ecco i risultati delle ricerche e le prospettive future

Veduta aerea del tempio buddista scoperto a Barikot, nello Swat, dalla missione archeologica italiana dell’Ismeo e dell’università Ca’ Foscari di Venezia (foto ismeo/unive)

L’ultima campagna di scavo 2021 della missione italiana in Pakistan ha riportato alla luce uno dei più antichi templi buddhisti nel Gandhara, nell’antica città di Barikot, nella regione dello Swat. Ne dà notizia il magazine di Ca’ Foscari. La datazione si attesta intorno alla seconda metà del II secolo a.C., ma probabilmente risale ad età più antica, al periodo Maurya, dunque III secolo a.C., ma lo potranno confermare solo le datazioni al radiocarbonio (C14). La scoperta getta una nuova luce sulle forme del buddhismo antico e la sua espansione nell’antico Gandhara e aggiunge un nuovo tassello a ciò che si conosce sull’antica città. Da diversi anni direttore di quella che è la più antica missione archeologica italiana attiva in Asia è il professor Luca Maria Olivieri dell’università Ca’ Foscari Venezia (dipartimento di studi sull’Asia e sull’Africa Mediterranea). Allo scavo del 2021 hanno partecipato la dr. Elisa Iori (Max-Weber Kolleg, Universität Erfurt) vice-direttrice della Missione, e il dr. Michele Minardi (università ‘L’Orientale’ di Napoli). “La scoperta di un grande monumento religioso fondato in età indo-greca”, spiega Olivieri, “rimanda senz’altro ad un grande ed antico centro di culto e di pellegrinaggio. Lo Swat è terra sacra del Buddhismo già in età indogreca”. La missione fondata nel 1955 da Giuseppe Tucci è gestita dal 2021 anche dall’ Ateneo veneziano in collaborazione con l’ISMEO (Associazione Internazionale di Studi sul Mediterraneo e l’Oriente), con il co-finanziamento del ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale, in collaborazione con il dipartimento provinciale pakistano di archeologia (DOAM KP) e con il locale Swat Museum. 

Il colle di Barikot nella valle dello Swat in Pakistan (foto ismeo/unive)

La città di Barikot è nota nelle fonti greche e latine come una delle città assediate da Alessandro Magno, l’antica Bazira o Vajrasthana. Le stratigrafie scavate dalla Missione, datate col radiocarbonio, dimostrano l’esistenza della città ai tempi della spedizione di Alessandro Magno intorno al 327 a.C. (https://doi.org/10.1016/j.nimb.2019.05.065). Si tratta di una città importante che gestiva tutto il surplus agricolo produttivo della valle dello Swat. La valle è speciale tra quelle del Karakorum-Hindukush perché gode di un microclima che permette di avere due raccolti dallo stesso terreno durante l’anno, grano o riso, uno in primavera e uno alla fine dell’estate. Barikot era dunque una sorta di “città-granaio” di cui anche Alessandro Magno si servì prima di proseguire il suo percorso verso l’India. Curzio Rufo la descrive come urbs opulenta nelle sue Historiae Alexandri Magni per definirne la ricchezza agricola. Il sito è impressionante, una valle verdissima in una sorta di pianoro di montagna a circa 800 mt. di altezza con sullo sfondo le montagne dell’Hindukush e con una storia che va dall’età del Bronzo fino alla fine del Medioevo.

Il tempio e gli scavi 2021. Barikot fu occupata ininterrottamente dalla protostoria (1700 a.C.) al periodo medievale (XVI secolo), con oltre 10metri di stratigrafia archeologica. Proprio verso la fine della campagna di scavo del 2021, nel mese di ottobre, dopo aver completato lo scavo dell’acropoli della città, gli archeologi della Missione decidono di spostarsi ed esplorare un’area al centro della città antica che era già stata oggetto di razzie clandestine evidenziate da ampie buche, in un terreno recentemente acquisito dalle autorità pakistane. E qui la sorpresa. A poco a poco si rivela un interessante monumento buddhista, preservato, nonostante i ripetuti vandalismi, di oltre tre metri di altezza. Un edificio dalla forma particolare: un podio absidato sul quale si erge una cella cilindrica, con all’interno uno stupa. Si tratta chiaramente di un’architettura legata ad un contesto buddhista. Ai lati del monumento ci sono uno stupa minore, una cella e il podio di un pilastro monumentale. La scala che conduce alla cella è stata ricostruita in tre fasi, la più recente risalente al III secolo d.C., coeva ad una serie di stanze in forma di pronao che conducevano ad un ingresso che si apriva su un cortile pubblico affacciato su un’antica strada. La scala più antica recava ancora in situ un’iscrizione dedicatoria in Kharoshti, paleograficamente del I sec. d.C., metà della quale è stata trovata rovesciata e riutilizzata nel piano tardo di cui sopra. Sono state inoltre ritrovate delle monete negli strati inferiori e insieme a molte iscrizioni su ceramica in kharoshti. Il monumento fu abbandonato quando, ai primi del IV secolo, la città bassa fu distrutta da un disastroso terremoto. Sotto il monumento gli archeologi hanno trovato un monumento più antico fiancheggiato da un piccolo stupa di tipo arcaico, la cui datazione va indietro al periodo indo-greco, 150 a.C., periodo in cui regnava il re indogreco, Menandro I o i suoi immediati successori. Menandro secondo la tradizione buddhista indiana si sarebbe convertito al buddhismo. Ma le sorprese non erano terminate. A pochi giorni dalla fine dello scavo, nel mese di dicembre, si è visto che parti del monumento indo-greco erano infatti costruite su strutture ancora più antiche i cui livelli hanno rivelato materiali ceramici che a Barikot sono caratteristici delle fasi datate al III secolo a.C. La cronologia sarà confermata dalle analisi radiocarboniche (C14) che saranno molto precise visto che durante gli scavi sono stati fatti flottare più di 10.000 lt di terreno e sono stati ottenuti 58 contenitori di campioni di semi carbonizzati. Alla fine dello scavo nel dicembre del 2021 sono stati documentati e inventariati 2109 oggetti. Vasellame, monete, iscrizioni, sculture in pietra e stucco, oggetti in terracotta, sigilli e monili sono stati consegnati al nuovo Swat Museum, con sede nella capitale Saidu Sharif, interamente ricostruito dalla Missione archeologica italiana dopo l’attentato del 2008.

Veduta aerea dell’acropoli sul colle di Barikot nello Swat in Pakistan (foto ismeo/unive)

Altre scoperte. Lo scavo della Missione di quest’anno ha portato interamente alla luce un tempio Shahi dedicato a Vishnu che misura nella sua interezza 21 metri x 14. Datato al radiocarbonio al 700 d.C. e demolito sotto i Ghaznavidi dopo il 1000 d.C., il tempio conserva solo il podio (conservato per circa 2 metri di altezza), i relativi pavimenti, parte cospicua della decorazione a lesene con capitelli pseudo-ionici, notevoli esempi della decorazione in stucco e frammenti dei gruppi scultorei in marmo del periodo Turki Shahi. È stata inoltre messa in luce l’acropoli tardoantica, mentre alla base di questa è stata anche scoperta una piccola necropoli di età storica scavata in collaborazione con Massimo Vidale dell’università di Padova (anche qui si attendono i dati radiocarbonici). Un ulteriore ritrovamento sempre a Barikot è legato anche alla scoperta di una delle antiche vie cittadine che dalla porta urbica scoperta quest’anno lungo la cinta muraria indo-greca, risaliva verso il centro della città. Il tempio absidato trovato quest’anno ed altri due santuari buddhisti rinvenuti negli anni scorsi si affacciavano sui due lati di questa via. Questa ultima scoperta potrebbe essere la prova dell’esistenza di una vera e propria via dei templi lungo l’asse viario che dal settore periferico delle mura risaliva verso l’acropoli.

Panoramica dello scavo 2021 a Barikot nello Swat della missione archeologica italiana in Pakistan dell’Ismeo/università Ca’ Foscari (foto ismeo/unive)

Le prospettive future di Barikot. Lo scavo ricomincia a febbraio 2022, le concessioni sono state già ottenute, nella zona a nord del monumento absidato per cercare la strada che costeggiava l’abitato ed una serie di strutture templari di importanza probabilmente maggiore a quelle già messe in luce. Da nominare anche un importante progetto collaterale allo scavo, anche questo diretto da Luca Maria Olivieri. Il progetto si occupa del paleoclima dello Swat in età tardo-antica (sul problema della cosiddetta LALIA o Late Ancient Little Ice Age) “Late Antique Swat Ecology and Resilience: Climate and Habitat in Interfacial periods” ed è svolto insieme a Dario Battistel (dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica). Il progetto biennale finanziato nel quadro dei progetti SPIN 2021 di Ca’ Foscari, vede anche la collaborazione di Nicola Di Cosmo (Princeton University), Ulf Büntgen (Cambridge University), Federico Squarcini (dipartimento di Studi sull’Asia e l’Africa Mediterranea) e Elisa Iori (Max-Weber Kolleg, Universität Erfurt). Tra i progetti della Missione già in corso con Ca’ Foscari, vanno ricordati il progetto “Ellenismo e India. Tecnologie della pietra e dei cantieri nel Gandhara: Saidu Sharif I” diretto da Luca M. Olivieri, che ha prodotto una monografia che è in corso di stampa con Edizioni Ca’ Foscari nella nuova serie Marco Polo diretta da Sabrina Rastelli e Elisabetta Ragagnin (dipartimento di Studi sull’Asia e l’Africa Mediterranea). Va menzionato inoltre il gruppo di studio “Lo Swat di Alessandro: toponomastica, archeologia e testi” con Claudia Antonetti (dipartimento di Studi Umanistici) e studiosi di vari atenei in Italia e all’estero, nonché il progetto SPIN diretto da Claudia Antonetti “Social, ritual and ceremonial use of wine in the Gandharan area, from the Achaemenids to the Kushans”, che si svolge in stretta collaborazione con la Missione archeologica in Swat.

Oderzo (Tv). Riapre, con orario prolungato e proroga, la mostra “L’anima delle cose. Riti e corredi dalla necropoli romana di Opitergium” a Palazzo Foscolo e al museo Archeologico “Eno Bellis”: corredi per lo più inediti ed esposti insieme per la prima volta

Tornano i visitatori a Palazzo Foscolo di Oderzo per la mostra “L’anima delle cose. Riti e corredi dalla necropoli romana di Opitergium” (foto Oderzo Cultura)

Locandina della mostra “L’anima delle cose. Riti e corredi dalla necropoli romana di Opitergium” a Oderzo dal 24 novembre 2019 al 31 maggio 2020 (prorogata)

La chiusura forzata è finita. Oderzo Cultura riapre dalle 14 di mercoledì 20 maggio 2020 la mostra “L’anima delle cose. Riti e corredi dalla necropoli romana di Opitergium” che, come tutti i luoghi della cultura in Italia, era stata chiusa per l’emergenza coronavirus. Quindi Palazzo Foscolo e il museo Archeologico “Eno Bellis”, sedi della mostra, saranno fra le prime realtà museali italiane ad accogliere i visitatori, grazie agli sforzi per adottare rapidamente tutte le misure necessarie per garantire la loro sicurezza e quella dei lavoratori, secondo i protocolli indicati dal MiBACT. “Siamo felici di poter riaprire le porte del polo culturale e della mostra temporanea, in particolare, già dal 20 maggio. Un risultato raggiunto grazie all’impegno di tutta la squadra di lavoro”, spiega Carlo Gaino, presidente di Oderzo Cultura. “Abbiamo pensato di estendere i giorni di apertura, partendo già dal mercoledì, per favorire l’ingresso delle famiglie e dei ragazzi che sono ancora a casa da scuola e che hanno così un’occasione in più per visitare l’esposizione nei pomeriggi di questo prossimo periodo”. Orario prolungato dunque dal mercoledì alla domenica dalle 14 alle 19. Non solo, è anche annunciata l’auspicata proroga dell’esposizione, la cui chiusura era programmata – prima dell’emergenza coronavirus – fino al 31 maggio 2020, fino alla pausa estiva.

Il corredo della Tomba 13 (I-II sec. d.C.) da via Spinè di Oderzo: Olpe, bicchiere, coppe,
piatto in vetro azzurro trasparente, balsamari,
spilloni, monete (foto Sabap Ve-Met / Maddalena Santi)

Annamaria Larese, direttrice del museo Archeologico nazionale di Venezia, scomparsa il 1° maggio 2020

La mostra, realizzata da Oderzo Cultura con un comitato scientifico composto dai funzionari della soprintendenza che hanno coordinato e sovrainteso alle diverse campagne di scavo – Marianna Bressan, Annamaria Larese, Margherita Tirelli e Maria Cristina Vallicelli – e da Marta Mascardi Conservatore del Museo archeologico di Oderzo Cultura, tornerà ad essere dunque un’eccezionale occasione per scoprire da vicino le testimonianze di oltre 50 tra i più belli e significativi corredi dei 94 studiati per l’occasione (di cui dà invece conto il prezioso catalogo Edizioni Ca’ Foscari) rinvenuti in oltre trent’anni di scavi nella necropoli dell’antica Opitergium. La riapertura è anche l’occasione per Oderzo Cultura per ricordare con stima e affetto l’archeologa Annamaria Larese scomparsa il 1° maggio 2020, all’età di 62 anni, dopo alcuni mesi di malattia, direttrice del museo Archeologico nazionale di Venezia e del museo nazionale Concordiese di Portogruaro e area archeologica di Concordia Sagittaria, che tanto ha contribuito alla studio e alla conoscenza della necropoli opitergina, membro del comitato scientifico della mostra.

Mosaico dell’offerta espositiva alla mostra “L’anima delle cose. Riti e corredi dalla necropoli romana di Opitergium” a Oderzo (foto Sabap Ve-Met / Maddalena Santi)

Corredi per lo più inediti ed esposti insieme per la prima volta in questa significativa occasione. Sei secoli di storia, dal I al VI secolo d.C. e reperti che durante questi mesi di quarantena non hanno mai smesso di coinvolgere il pubblico di appassionati con racconti e curiosità sulla vita di Opitergium e i suoi abitanti, grazie all’intesa attività sui profili social promossa da Oderzo Cultura. L’importante passato della città si rivela infatti attraverso le testimonianze degli uomini e delle donne che hanno abitato questa terre, in un dialogo tra passato e presente. Un viaggio attraverso gli oggetti riemersi dalla città dei morti per riscoprire il mondo dei vivi dell’antica Oderzo e dei suoi abitanti, come la giovane fanciulla romana Phoebe, con la stele a lei dedicata risalente al I secolo d.C., o un bimbo con i suoi giochi infantili e il suo cavallino in terracotta dotato anche di ruote per il traino: eccezionale reperto rinvenuto in una tomba di fine II-III secolo d.C.

Cinquanta corredi inediti dalla città dei morti per raccontare la città dei vivi: a Palazzo Foscolo e al museo Archeologico di Oderzo la mostra “L’anima delle cose. Riti e corredi dalla necropoli romana di Opitergium” che dà conto delle straordinarie scoperte delle ricerche archeologiche a Oderzo tra il 1986 e il 2013

Il corredo della Tomba 13 (I-II sec. d.C.) da via Spinè di Oderzo: Olpe, bicchiere, coppe, piatto in vetro azzurro trasparente, balsamari, spilloni, monete (foto Sabap Ve-Met / Maddalena Santi)

Locandina della mostra “L’anima delle cose. Riti e corredi dalla necropoli romana di Opitergium” a Oderzo dal 24 novembre 2019 al 31 maggio 2020

Cinquanta corredi dalla città dei morti per raccontare la città dei vivi. Cinquanta tra i più belli e significativi corredi, rinvenuti in più di trent’anni di scavi nella necropoli dell’antica Opitergium in mostra per la prima volta. Sei secoli di storia, dal I al VI secolo d.C., raccontati in un viaggio attraverso reperti inediti, alla scoperta dell’antico municipio romano e dei suoi abitanti. Ecco cosa propone la mostra “L’anima delle cose. Riti e corredi dalla necropoli romana di Opitergium”, in programma dal 24 novembre 2019 al 31 maggio 2020 a Oderzo, tra Oderzo Cultura-Palazzo Foscolo e museo Archeologico “Eno Bellis”: per la prima volta vengono presentati al pubblico, in una visione d’insieme, alcuni tra i corredi più belli e significativi rinvenuti grazie alle indagini archeologiche che, a partire dagli anni Ottanta, hanno interessato il centro di Oderzo, portando alla luce importanti evidenze dell’antica città romana e rivelando il glorioso passato dell’abitato. Personaggi, consuetudini, lo spaccato di una società attraverso i secoli; il mondo dei vivi che riemerge dalla città dei morti, grazie all’esposizione promossa e organizzata dalla Fondazione Oderzo Cultura in collaborazione con la soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Venezia e le province di Belluno, Padova e Treviso e con il Polo Museale del Veneto. Il progetto è accompagnato da un impegnativo catalogo Edizioni Ca’ Foscari, curato da Margherita Tirelli e Marta Mascardi, nel quale sono raccolti saggi di Marianna Bressan, Bruno Callegher, Claudia Casagrande, Silvia Cipriano, Francesca Ferrarini, Anna Larese, Marta Mascardi, Elisa Possenti, Giovanna Maria Sandrini, Margherita Tirelli e Maria Cristina Vallicelli.

Corredo della Tomba 33 (I sec. d.C.) dal sottopasso SS 53: statuina fittile
di cavallo e cavaliere e due volti fittili (soto Sabap-Ve-Met-Maddalena-Santi)

L’importanza e lo splendore di Oderzo e dei suoi abitanti in epoca romana, come pure la decadenza in età tardoantica, emergono con evidenza dalle indagini condotte nella necropoli della città di cui la mostra darà finalmente conto, esponendo ben 50 corredi funerari dei 94 appositamente selezionati e studiati dal comitato scientifico del progetto, composto dai Funzionari della soprintendenza che hanno coordinato e sovrainteso alle diverse campagne di scavo – Marianna Bressan, Annamaria Larese, Margherita Tirelli e Maria Cristina Vallicelli – e da Marta Mascardi, conservatore del museo Archeologico di Oderzo. Corredi per lo più inediti ed effettivamente rappresentativi per tipologia di rituale, arco cronologico, distribuzione topografica e materiali rinvenuti.

Cavallino giocattolo in ceramica arancio (I-V sec. d.C.) da via degli Alpini (foto Sabap-Ve-Met-Maddalena-Santi)

Le indagini archeologiche, effettuate dal 1986 al 2013 hanno in particolare interessato, in anni successivi, l’area del canale Navisego Vecchio Piavon e della cosiddetta lottizzazione Le Mutere (a Ovest), l’area del sottopasso ferroviario e della lottizzazione dell’Opera Pia Moro (Sud) e l’ampia area di via Spiné, via degli Alpini, via Caduti dei Lager (sud est) e, relativamente all’età tardoantica in una fase di contrazione dell’abitato, la zona delle ex Carceri di Oderzo: sono queste le principali aree di provenienza dei reperti in mostra, tutti restaurati grazie a finanziamenti della Regione del Veneto e del Comune di Oderzo. Lo studio approfondito dei corredi selezionati, preliminare al progetto espositivo, ha portato a una lettura sistematica dei diversi settori di necropoli, messi in rapporto con il centro urbano e le principali direttrici di traffico, e ad un più ampio discorso sulla ritualità funeraria opitergina, completando la documentazione sino ad oggi edita.

La romana Opitergium sul tracciato della via Postumia (da http://www.magicoveneto.it)

Opitergium, romanizzata grazie alla costruzione della via Postumia – l’asse viario che metteva in comunicazione Genova con Aquileia – e soprattutto in seguito all’estensione della cittadinanza romana ai suoi abitanti negli anni compresi tra il 49 e il 42 a. C. (come per le popolazioni dell’intera Transpadana), ha infatti una storia rilevante di interventi urbani in chiave monumentale, in linea con il modello della capitale, ma anche di coinvolgimenti nelle vicende politiche e militari della stessa. A fianco di Roma si posero i reparti opitergini nell’assedio di Ascoli Piceno tra il 90 e l’89 a.C.; mentre è tramandato da fonti storiche e letterarie il famoso atto eroico, di estrema fedeltà al partito cesariano, compiuto dal tribuno Caius Vulteius Capito e dei suoi 1000 uomini, tutti opitergini, che nella guerra tra Cesare e Pompeo del 49 a. C. furono protagonisti di un suicidio collettivo pur di non cadere nelle mani degli avversari. Cesare ricompensò la città con l’esenzione ventennale dal servizio militare e l’aggiunta di trecento centurie all’agro opitergino.

Fibula del III sec. d.C. da via degli Alpini in bronzo e smalto rosso, blu e bianco (foto Sabap-Ve-Met-Maddalena-Santi)

Elementi di collana del IV sec. d.C. da via degli Alpini in pasta vitrea di diversi colori (foto Sabap-Ve-Met-Maddalena-Santi)

La mostra si sviluppa nelle sale di Palazzo Foscolo, ove sono esposti i corredi suddivisi per tipologie di deposizione – incinerazione diretta, incinerazione indiretta, inumazione – e prosegue nel salone centrale del Museo archeologico, che raccoglie numerosi reperti provenienti da contesti funerari, spesso riutilizzati negli edifici cittadini, ricostruendo idealmente l’assetto di una via che conduce ad Opitergium. Un racconto per oggetti dunque, attraverso sei secoli (dal I al VI sec. d.C.), che consente di fare nuova luce sulle pratiche funerarie in uso in età romana in città e di approfondire anche alcune questioni relative allo status economico e sociale dei defunti. Così per esempio un prezioso corredo scrittorio databile a età imperiale o lo stilo in ferro e il calamaio in vetro rinvenuti in tombe del I secolo, sono allusivi non solo della probabile attività del defunto, scriba o maestro, ma anche di una sua posizione sociale elevata; mentre appare evidente come, dopo la grande stagione del I-II sec. d.C. in cui la necropoli opitergina conobbe la sua maggiore estensione e monumentalità, l’età tardoantica si connoti per la mancanza di strutture monumentali riferibili a ceti elevati e per la presenza di militari e stranieri (soprattutto orientali e talvolta germanici). A testimoniarlo sarebbero il precoce diffondersi dell’inumazione (tipica nei territori orientali), la notevole quantità di vasellame ceramico e vetri e monili di importazione orientale (pensiamo ai pendenti a forma di brocchetta, in pasta vitrea scura con decorazioni a zig zag di filamenti applicati di colore giallo e azzurro, prodotti nelle regioni dell’Oriente mediterraneo a partire dal IV sec. d.C. e importati in Occidente come amuleti, da portare al collo, legati all’acqua e al bere che ritemprano) o alcuni elementi di corredi, come le fibule a cerniera e a testa di cipolla, fibbie in lamina ripiegata, particolari coltelli.

Il Genius Cucullatus, statuetta in ceramica arancio del I sec. d.C. da via degli Alpini (foto Sabap-Ve-Met-Maddalena-Santi)

Filo conduttore dunque dell’esposizione è l’idea che, al di là del necessario confronto con il tema della morte, al quale il mondo romano si accosta in modo pragmatico, in una precisa scansione di rituali, gli oggetti del corredo siano strumenti per dare voce alle persone alle quali appartenevano. Emergono in questo modo, muovendosi tra le sale, i ritratti degli antichi opitergini: una donna con i suoi gioielli e uno specchio, un bambino con un sonaglio (la statuina di Genius Cucullatus) donato come passatempo ma anche a protezione dagli spiriti maligni, forse un soldato romano con il suo coltello. I corredi presentano esempi pregiati di vetri (piatti, bottiglie, piccoli balsamari), giocattoli, materiale ceramico, fibule bronzee, oltre alle caratteristiche monete. Il percorso si conclude, a Palazzo Foscolo, con una sezione fotografica dedicata al lungo processo di studio, analisi, restauro ecc. che porta il bene archeologico dallo scavo alla sua esposizione al pubblico, coinvolgendo tante competenze diverse.

L’eccezionale secchio in bronzo del III sec. d.C. da via Spinè realizzato con un gran numero di laminette di reimpiego (foto Sabap-Ve-Met-Maddalena-Santi)

Al museo Archeologico il pubblico potrà ammirare in conclusione del percorso espositivo i cosiddetti “reperti notevoli”, rinvenuti negli scavi della necropoli opitergina, ma non riconducibili a corredi precisi come un anello chiave, un bracciale in oro di probabile provenienza magno greca o un eccezionale secchio in bronzo rinvenuto all’interno di un pozzo della necropoli in via Spiné grazie agli scavi del 2013 realizzato con un gran numero di laminette di reimpiego, assemblate tra loro con ribattini. L’attento restauro cui l’oggetto è stato sottoposto ha rivelato una laminetta figurata risalente addirittura alla seconda età del Ferro. Oderzo continua dunque a rivelare nuovi tasselli della sua storia e nuove incredibili testimonianze degli uomini e delle donne che hanno abitato queste terre.