Nuova straordinaria scoperta scientifica ad Ercolano del team di Petrone: individuati i neuroni nel cervello vetrificato dello scheletro carbonizzato del custode del Collegio degli Augustali trovato da Maiuri. La ricerca multidisciplinare utile anche per la valutazione del rischio vulcanico

I resti vetrificati di cervello umano studiati dall’università Federico II di Napoli (foto Petrone)

Straordinaria scoperta dal parco archeologico di Ercolano: trovati neuroni nel cervello vetrificato di una vittima dell’eruzione del 79 d.C. Lo scheletro carbonizzato del custode del Collegio degli Augustali di Ercolano, ritrovato negli anni ’60 durante gli scavi condotti dall’allora soprintendente Amedeo Maiuri nella cenere vulcanica, continua a stupire gli studiosi. Ricordate? Era fine gennaio di quest’anno quando veniva annunciato il primo rinvenimento dei resti di cervello vetrificato di una vittima dell’eruzione del 79 d.C. nella città di Ercolano. “La conservazione di tessuto cerebrale è un evento estremamente raro in archeologia”, spiegano gli esperti, “ma è la prima volta in assoluto che vengono scoperti resti umani di cervello vetrificati per effetto del calore prodotto da un’eruzione”. Lo studio portato avanti da un team di antropologi e ricercatori guidato da Pier Paolo Petrone dell’università Federico II di Napoli era stato pubblicato dal New England Journal of Medicine, prestigiosa rivista medica leader a livello mondiale (vedi https://archeologiavocidalpassato.com/2020/04/07/ercolano-eccezionale-scoperta-per-la-prima-volta-al-mondo-trovati-i-resti-vetrificati-di-cervello-umano-erano-in-una-vittima-delleruzione-del-79-d-c-lo-studio-frutto-della-collaborazion/).

I neuroni umani individuati dal team di Petrone nel cervello vetrificato di una vittima dell’eruzione del Vesuvio a Ercolano (foto Petrone / Paerco)
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Il prof. Pier Paolo Petrone, antropologo forense dell’università Federico II di Napoli

Sono passati pochi mesi. Ed ecco la nuova straordinaria scoperta, neuroni umani, ad opera dello stesso team che ha proseguito le ricerche sul cervello vetrificato proveniente dallo scheletro carbonizzato del custode del Collegio degli Augustali di Ercolano. Lo studio condotto in collaborazione con il parco archeologico di Ercolano dai ricercatori della Federico II, del CEINGE-Biotecnologie Avanzate, delle università Roma Tre e la Statale di Milano e del CNR è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica americana PLOS ONE (l’articolo è stato ricevuto il 5 agosto 2020, accettato il 17 settembre 2020, e pubblicato il 6 ottobre 2020). Lo studio è stato eseguito dal team di ricerca dell’antropologo Pier Paolo Petrone di cui fanno parte il professor Massimo Niola (Medicina Legale della “Federico II” di Napoli), il professor Giuseppe Castaldo (CEINGE-Biotecnologie avanzate di Napoli) e il professor Guido Giordano (università Roma Tre), in collaborazione con il direttore del parco archeologico di Ercolano, Francesco Sirano, insieme ad altri ricercatori del CNR di Napoli e delle università “Federico II” di Napoli, di Roma Tre e della Statale di Milano. La straordinaria scoperta è dunque tutta italiana, frutto del prestigioso lavoro dell’antropologo forense Pier Paolo Petrone, responsabile del Laboratorio di Osteobiologia Umana e Antropologia Forense alla sezione dipartimentale di Medicina Legale dell’università di Napoli “Federico II”, in collaborazione con geologi, archeologi, biologi, medici legali, neurogenetisti e matematici di atenei e centri di ricerca nazionali, che hanno raggiunto risultati eccezionali nonostante le limitazioni imposte dal Covid-19. “Il rinvenimento di tessuto cerebrale in resti umani antichi è un evento insolito”, spiega Petrone, coordinatore del team. “Ma ciò che è estremamente raro è la preservazione integrale di strutture neuronali di un sistema nervoso centrale di 2000 anni fa, nel nostro caso a una risoluzione senza precedenti”.

Le aree di ricerca del team di Petrone sulla vittima dall’eruzione del Vesuvio a Ercolano (foto Petrone / Journal Plos One)

“Rilevare l’ultrastruttura del tessuto cerebrale nei resti archeologici umani – si legge nell’Abstract che introduce la pubblicazione del team italiano su PLOS ONE -, è un evento raro che può offrire approfondimenti unici sulla struttura dell’antico sistema nervoso centrale (SNC). Eppure i cervelli antichi riportati in letteratura mostrano solo una scarsa conservazione delle strutture neuronali. Utilizzando la microscopia elettronica a scansione (SEM) e strumenti avanzati di elaborazione delle immagini, descriviamo la visualizzazione diretta del tessuto neuronale nel cervello vetrificato e nei resti del midollo spinale che abbiamo scoperto in un maschio vittima dell’eruzione del 79 d.C. a Ercolano. Mostriamo neuroni antichi eccezionalmente ben conservati da diverse regioni del sistema nervoso centrale umano con una risoluzione senza precedenti. Questo tessuto è tipicamente costituito da materia organica, come rilevato utilizzando la spettroscopia a raggi X a dispersione di energia. Per mezzo di una rete di elaborazione di immagini neurali auto-sviluppata, mostriamo anche dettagli specifici della nanomorfologia neuronale, come la periodicità tipica della mielina evidenziata negli assoni cerebrali. Il perfetto stato di conservazione di queste strutture è dovuto al singolare processo di vetrificazione avvenuto ad Ercolano. La scoperta di proteine ​​i cui geni sono espressi nella diversa regione del cervello umano adulto concorda ulteriormente con l’origine neuronale dell’insolito ritrovamento archeologico. La conversione del tessuto umano in vetro è il risultato di un’improvvisa esposizione alla cenere vulcanica bruciante e al concomitante calo rapido della temperatura. Il processo di vetrificazione naturale indotto dall’eruzione, che blocca la struttura cellulare del SNC, ci ha permesso di studiare forse l’esempio più noto in archeologia di tessuto neuronale umano straordinariamente ben conservato dal cervello e dal midollo spinale”.

Il letto carbonizzato con il corpo del Custode scoperto da Maiuri ad Ercolano nel 1961 (foto Petrone)

L’eruzione, che causò la devastazione dell’area vesuviana e la morte di migliaia di abitanti, seppellendo in poche ore la città di Ercolano ha permesso la conservazione di resti biologici, anche umani. “La straordinaria scoperta ha potuto contare sulle tecniche più avanzate e innovative di microscopia elettronica del Dipartimento di Scienze dell’Università di Roma Tre, un’eccellenza italiana”, spiega Guido Giordano, ordinario di Vulcanologia al Dipartimento di Scienze dell’Ateneo romano, “dove le strutture neuronali perfettamente preservate sono state rese  possibili grazie alla conversione del tessuto umano in vetro, che dà chiare indicazioni del rapido raffreddamento delle ceneri vulcaniche roventi che investirono Ercolano nelle prime fasi dell’eruzione”. E Petrone aggiunge: “I risultati del nostro studio mostrano che il processo di vetrificazione indotto dall’eruzione, unico nel suo genere, ha congelato le strutture cellulari del sistema nervoso centrale di questa vittima, preservandole intatte fino ad oggi”.

Strutture del sistema nervoso centrale individuate dal team di Petrone (foto Petrone / Journal Plos One)

Le indagini sulle vittime dell’eruzione proseguono in sintonia tra i vari ambiti della ricerca. “La fusione delle conoscenze dell’antropologo forense e del medico-legale stanno dando informazioni uniche, altrimenti non ottenibili”, afferma Massimo Niola, ordinario e direttore della U.O.C. di Medicina Legale alla “Federico II”. Lo studio ha anche analizzato i dati di alcune proteine già identificate dai ricercatori in un lavoro pubblicato a gennaio scorso dal New England Journal of Medicine. “Un aspetto di rilievo potrebbe riguardare l’espressione di geni che codificano le proteine isolate dal tessuto cerebrale umano vetrificato”, spiega Giuseppe Castaldo, Principal Investigator del CEINGE e ordinario di Scienze Tecniche di Medicina di Laboratorio della “Federico II”. “Tutte le trascrizioni geniche da noi identificate sono presenti nei vari distretti del cervello quali, ad esempio, la corteccia cerebrale, il cervelletto o l’ipotalamo”, aggiunge Maria Pia Miano, neurogenetista all’Istituto di Genetica e Biofisica del CNR di Napoli.

Veduta generale dell’area archeologica di Ercolano (foto Paerco)
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Francesco Sirano, direttore del parco archeologico di Ercolano

Le indagini sui resti delle vittime dell’eruzione non si fermano qui. Il Parco Archeologico ha inserito tra i temi di ricerca prioritari le indagini bioantropologiche e vulcanologiche per l’eccezionale interesse che possono avere non solo nello stretto ambito scientifico ma anche nel campo degli studi storici e del rafforzamento della capacità di gestire catastrofi come  l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. “Gli straordinari risultati ottenuti”, conclude Francesco Sirano, direttore del parco archeologico di Ercolano, “dimostrano l’importanza degli studi multidisciplinari condotti dai ricercatori della Federico II e l’unicità di questo sito straordinario, ancora una volta alla ribalta internazionale con il suo patrimonio inestimabile di tesori e scoperte archeologiche”. Le ricerche in corso vanno nella direzione di una ricostruzione a ritroso delle varie fasi dell’eruzione, valutando i tempi di esposizione alle alte temperature e del raffreddamento dei flussi, che hanno importanza non solo per l’archeologia e la bioantropologia, ma anche per il rischio vulcanico. Queste ed altre informazioni che verranno dagli studi in corso potranno offrire importanti parametri per la gestione delle emergenze nell’area vesuviana”.

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