“Kainua-Marzabotto: la scrittura e la dimensione civica del sacro”: è il tema sviluppato dal progetto “Zich. Scrivere etrusco all’università di Bologna” con le iscrizioni etrusche su reperti del museo nazionale Etrusco “Pompeo Aria” di Marzabotto

La copertina dello studio dedicato a Marzabotto nel percorso multimediale “Scrittura e società nelle città dell’Etruria padana” nell’ambito del progetto “Zich. Scrivere etrusco all’università di Bologna”

“La scrittura e la dimensione civica del sacro” è il tema sviluppato dagli studenti del laboratorio di Epigrafia etrusca dell’università Alma Mater di Bologna studiando i reperti conservati al museo nazionale Etrusco “Pompeo Aria” di Marzabotto con iscrizioni etrusche nel percorso multimediale “Scrittura e società nelle città dell’Etruria padana” nell’ambito del progetto “Zich. Scrivere etrusco all’università di Bologna” con la direzione del professor Andrea Gaucci. I quattro approfondimenti proposti sono articolati con grafiche e scritti disponibili anche in podcast audio. Autori: Martina Borsani, Martina Castoldi, Chiara Chiodarelli, Gianmaria Feola (podcast https://anchor.fm/andrea-gaucci/episodes/Kainua-Marzabotto-la-scrittura-e-il-sacro-egv1lg).

La planimetria di Kainua-Marzabotto con i frammenti con iscrizioni etrusche dai templi urbani (foto unibo)
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Ricostruzione grafica del tempio di Tinia di Kainua-Marzabotto (foto unibo)

Kainua-Marzabotto: la scrittura e il sacro. Attorno al 500 a.C., nel corso di una riorganizzazione dell’intero territorio etrusco, venne fondata in chiave urbanistica Kainua, su un insediamento arcaico presso la moderna città di Marzabotto. Essendo il primo esteso pianoro per chi giungeva dall’Etruria tirrenica attraversando gli Appennini, la sua posizione risultava strategica per gli intesi traffici commerciali, nei quali rivestiva anche un importante ruolo come centro artigianale. La città si trovava ai piedi di una piccola collina che fungeva da acropoli e si sviluppava secondo assi stradali ortogonali, risultato di un preciso rituale basato su osservazioni astronomiche. Gli edifici sacri dell’Acropoli si collegavano, tramite uno degli assi viari principali, al settore nord-est della città, che era riservato ai templi urbani di Tinia e Uni. Questi edifici sono indice dell’importanza che assumeva la dimensione del sacro all’interno della comunità di Kainua. È proprio dai contesti sacri urbani che giungono le testimonianze epigrafiche più importanti della città. Le iscrizioni rivelano che l’alfabeto traeva origine da quelli dell’Etruria settentrionale e forti erano le influenze di Chiusi nella fase più antica. Nelle iscrizioni santuariali sono attestati il nome dell’antica città e quelli delle principali divinità, che hanno permesso di sapere a chi fossero dedicati i due templi urbani. I supporti privilegiati per la scrittura erano le ceramiche di produzione locale, tra cui in particolare il bucchero. Un caso eccezionale è la lamina di bronzo proveniente dal Tempio di Tinia, sia per il tipo di supporto che per la lunghezza del testo iscritto.

Piedi di una coppa in bucchero con il termine Kainua in un’iscrizione del 475-450 a.C. (foto museo Marzabotto)
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Grafica della trascrizione del termine kainuathi (foto unibo)

Kainua la nuova. Durante gli scavi del tempio urbano di Tinia è stata ritrovata un’epigrafe che restituisce il nome antico della città, cioè Kainua. L’iscrizione è stata graffita sul fondo esterno dopo la cottura del vaso, una coppa in bucchero di produzione locale. In ambito sacro, la coppa è il supporto maggiormente utilizzato per le iscrizioni, mentre il bucchero, caratteristico del mondo etrusco, evoca con il suo colore scuro il più pregiato metallo. In base allo stile della scrittura e al contesto di ritrovamento, è stato possibile datare l’epigrafe tra il 500 e il 450 a.C. Il testo, purtroppo mutilo in quanto si conservano soltanto alcuni frammenti del vaso, riporta il termine kainuathi. La terminazione -thi in etrusco indicava lo stato in luogo, mentre è stato proposto di vedere nel termine Kainua l’etruschizzazione dell’aggettivo greco καινόν (kainon, “nuovo”), quindi “la (città) nuova”. Il nome sarebbe dunque stato scelto come chiaro riferimento alla fondazione della città, avvenuta con un piano urbanistico regolare attorno al 500 a.C. su un precedente insediamento di cui conosciamo ancora poco. In passato è stato proposto di vedere un’origine greca della planimetria, ma in seguito è stata appurata una fondazione secondo le norme stabilite dall’Etrusca disciplina, a immagine del templum celeste. Concrete testimonianze rinvenute negli scavi, come il ciottolo con croce incisa posto al centro della città, permettono di ricostruire le fasi di questo complesso atto sacro.

Frammento di una piccola olpe con il termine Tins in un’iscrizione del 500-450 a.C. (foto museo Marzabotto)
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Grafica con trascrizione del termine Tins (foto unibo)

Abitare vicino agli dei. Nel corso della fondazione della città di Kainua sono state osservate le norme dell’Etrusca disciplina per la pianificazione urbanistica. I due templi urbani furono dedicati a Tinia e Uni, riconducibili a Zeus ed Era, e si collocano nel quadrante nord-est della città, in corrispondenza con la loro sede nel templum celeste. Il tempio di Uni è il più antico, risale alla fine del VI secolo a.C. ed è tuscanico, tipologia architettonica nata e sviluppatasi nel mondo etrusco. Il ritrovamento su un frammento in bucchero dell’iscrizione unialthi, che significa “in quello di Uni”, sottintendendo il santuario, ha permesso di attribuire il tempio alla dea. L’area sacra era circondata da un muro, al cui interno è stato portato alla luce un frammento ceramico riferito alla dea Vei, paragonabile a Demetra. Il coccio è legato al rifacimento del recinto sacro del santuario, sacralizzato da un atto rituale che comportò anche la deposizione di un infante. Il tempio di Tinia, più a Ovest, presenta una planimetria greca con alcuni adattamenti etruschi ed è più recente di qualche decennio. Tre iscrizioni testimoniano la pertinenza del tempio a Tinia. Interessante è il frammento di un piccolo vaso in bucchero che riporta il termine Tins. L’epigrafe è collocata sul fondo esterno suggerendo che l’oggetto appartenesse agli strumenti per il culto del dio. L’importanza di queste iscrizioni è ancora più evidente se si considera il quadro scarno di attestazioni epigrafiche cultuali in tutta l’Etruria Padana.

Frammenti dal collo e dall’orlo della stessa anfora con iscrizione (foto museo Marzabotto)

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Grafica con trascrizione del termine spural (foto unibo)


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Grafica con trascrizione del termine Kainu (foto unibo)

Il rito della comunità. Durante gli scavi del Tempio urbano di Uni, all’interno di uno dei muri di fondazione, sono stati ritrovati due frammenti ceramici riconducibili al collo e all’orlo di un’unica anfora in bucchero. I due frammenti riportano una parola ciascuno. Sulla base dei dati archeologici e del tipo di scrittura, è possibile datare le epigrafi attorno al 500 a.C. Una delle due parole è spural, cioè “della comunità”, e si riferisce al concetto di città intesa come collettività organizzata dal punto di vista sociale e istituzionale, ricalcando il concetto latino di civitas. Questo si contrappone a un altro termine etrusco “per città”, methlum, che ne denota l’aspetto edilizio e infrastrutturale, corrispondente alla urbs latina. Data la cronologia del documento, questa di Marzabotto è una delle più antiche testimonianze del termine “spura”. L’altra parola è kainu, terza attestazione incompleta del poleonimo Kainua. L’ipotesi più accreditata prevede che del testo, forse in origine più esteso, siano state scelte queste due parole nel corso di un rituale, durante la fondazione del tempio. Protagonista era l’intera comunità di Kainua, il suo spura. Secondo un’altra ipotesi, invece, le iscrizioni sui due frammenti sarebbero state graffite dopo la rottura del vaso durante la cerimonia. Pregnante la scelta dell’anfora come supporto scrittorio, in quanto legata al consumo collettivo del vino a scopo rituale. L’atto, compiuto dall’intera Kainua, evidenzia la forte dimensione civica del sacro nella città.

La lamina in bronzo di Marzabotto con iscrizione del 470 a.C. (foto museo Marzabotto)
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Grafica con trascrizione delle cinque righe di iscrizione (foto unibo)

La celebrazione del tempio. Nell’area sacra del tempio di Tinia, sono venuti alla luce alcuni frammenti di una lamina di bronzo iscritta. Il supporto, piccolo e sottile, insieme al ritrovamento di due chiodi rivestiti d’oro, lascia supporre che fosse affisso ad una struttura lignea. Grazie alla grafia, la lamina è stata datata ai primi decenni del V secolo a.C. Conserva 13 parole disposte su 5 righe, rappresentando così una delle iscrizioni più estese dell’Etruria Padana. Sono citati quattro personaggi, forse magistrati, che sembrano coinvolti in due azioni differenti di carattere rituale. I primi due avrebbero compiuto dei riti presso il muntie di pertinenza dello spura, il corpo civico della città. Il termine muntie potrebbe rimandare al mundus latino, cioè il pozzo sacro a una divinità infera scavato nel momento della fondazione di una nuova città. Gli altri due personaggi, invece, sarebbero legati alla costruzione del tempio di Tinia, come si deduce dalla presenza del verbo hecce, in etrusco “costruire”. Il contenuto e le caratteristiche della lamina possono suggerire dei confronti con altri esempi di documenti commemorativi esposti al pubblico. Uno dei più noti sono le Lamine auree affisse sulla porta di un tempio nel santuario di Pyrgi, vicino a Cerveteri. Grazie al confronto con il mondo greco, è stato inoltre ipotizzato che, a differenza delle Lamine di Pyrgi, la lamina di Marzabotto fosse posta su un’intelaiatura lignea collocata nell’area del tempio, quindi visibile dall’intera comunità.

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