Bologna. L’università presenta “ArcheoDB – il progetto di mappatura dei dati archeologici attivo in Emilia-Romagna”: incontro in presenza e in streaming. Ecco il programma
ArcheoDB si presenta. Giovedì 2 marzo 2023, nell’aula Prodi del Complesso monumentale di San Giovanni in Monte, della Scuola di specializzazione in Beni archeologici del Dipartimento Storia Culture Civiltà – Alma Mater Studiorum università di Bologna viene presentato “ArcheoDB – il progetto di mappatura dei dati archeologici attivo in Emilia-Romagna”. Sarà possibile partecipare sia in presenza che in streaming cliccando su questo link. Non è richiesta prenotazione. Il progetto, portato avanti dal Segretariato Regionale e dalle Soprintendenze, coinvolge direttamente anche tutti i professionisti che operano sul campo. Questi possono richiedere le credenziali necessarie sia per utilizzare le informazioni relative ai siti archeologici già censiti, sia per aggiornare o aggiungere quelle mancanti. Diventa così possibile inserire ogni informazione georeferenziata in una mappa che si aggiorna costantemente, evitando duplicazioni degli sforzi e mettendo immediatamente a disposizione della comunità tecnica e scientifica le acquisizioni, in un’ottica di trasparenza e continuo miglioramento. Tutti i dati per la consultazione sono infatti a disposizione di cittadini e tecnici sul portale www.patrimonioculturale-er.it. Il programma prevede al mattino una prima sessione in cui si illustreranno gli scopi e l’avanzamento del progetto e l’integrazione del database regionale con il Geoportale Nazionale per l’Archeologia, mentre nel pomeriggio si entrerà nello specifico della formazione alla compilazione, con una sessione aperta al confronto con i professionisti che operano e opereranno sul sistema.

L’aula Prodi dell’università di Bologna dove si tiene la presentazione del progetto ArcheoDB (foto raffaele scatasta / archivio unibo)
PROGRAMMA. Alle 9.30, saluti istituzionali: Elisabetta Govi, direttrice della Scuola di specializzazione in Beni archeologici – università di Bologna; Elena Calandra, direttrice dell’Istituto Centrale per l’Archeologia – Direzione generale Archeologia Belle arti e Paesaggio; Corrado Azzollini, segretario regionale del MiC per l’Emilia-Romagna; 9.45-13, PRIMA SESSIONE: presentazione del geodatabase degli interventi archeologici. Presiede: Monica Miari, soprintendenza Archeologia Belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena Reggio Emilia e Ferrara; 9.45, Valeria Boi, Istituto centrale per l’Archeologia, Direzione generale Archeologia Belle arti e Paesaggio, Ada Gabucci, archeologa libera professionista, su “ArcheoDB e il Geoportale nazionale per l’Archeologia: un modello virtuoso di collaborazione per la raccolta e la condivisione di dati archeologici aperti”; 10.15, Ilaria Di Cocco, segretariato regionale del MiC per l’Emilia-Romagna, su “Come nasce e funziona ArcheoDB: un nuovo strumento di conoscenza e tutela all’interno del WebGIS del patrimonio culturale dell’Emilia-Romagna”; dopo la pausa caffè, alle 11.15, Marco Podini – Cecilia Moine, soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Parma e Piacenza, su “La nascita del progetto: dalla ricerca alla tutela, dall’archivio al WebGIS”; 11.45, Massimo Sericola, soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Ravenna Forlì-Cesena e Rimini, e Giovanna Montevecchi, archeologa libera professionista, su “Dai dati editi delle prime sperimentazioni al recupero dei dati d’archivio: risultati dell’approfondimento e criticità”; 12.15, Valentina Manzelli – Valentina Di Stefano – Rossana Gabusi – Vanessa Poli, soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena Reggio Emilia e Ferrara, su “ArcheoDB quale strumento di conoscenza e supporto alla pianificazione: casi di applicazione a Bologna e nei PUG del territorio bolognese”; 12.45, Paolo Severi, Regione Emilia-Romagna – Area Geologia suoli e sismica, su “I dati archeologici derivati da ArcheoDB al servizio del progetto CARG”; 13, discussione. 15-17, SECONDA SESSIONE: modalità di utilizzo ed esempi. Alle 15, Ilaria Di Cocco, segretariato regionale del MiC per l’Emilia-Romagna, e Gabriele Boi, segretariato regionale MiC per l’Emilia-Romagna – Supporto Ales SpA, su “Quando si usa ArcheoDB: valutazioni di impatto archeologico, consegna della documentazione di scavo, piani urbanistici, ricognizioni d’archivio. Procedure di accredito e documentazione disponibile sul sito”; 15.20, Cecilia Moine, soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Parma e Piacenza, su “Usare ArcheoDB: un plugIn per la gestione del dato archeologico”; 15.50, Gianluca Bottazzi, archeologo libero professionista, e Maria Maffi, archeologa libera professionista, su “Esempi nel territorio piacentino: dalla prassi all’approfondimento scientifico”.
Roma. Al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia la tavola rotonda, in presenza e on line, su “Resti umani. Ricerca, tutela e valorizzazione di un archivio bio-naturalistico” partendo dal libro Quel che resta. Scheletri e altri resti umani come beni culturali” curato da Maria Giovanna Belcastro, Giorgio Manzi e Jacopo Moggi Cecchi
“Resti umani. Ricerca, tutela e valorizzazione di un archivio bio-naturalistico” è il titolo della tavola rotonda che prende spunto dal libro “Quel che resta. Scheletri e altri resti umani come beni culturali” curato da Maria Giovanna Belcastro, Giorgio Manzi e Jacopo Moggi Cecchi. Appuntamento giovedì 19 gennaio 2023, alle 17.30, in sala della Fortuna con ingresso libero fino ad esaurimento posti. Si consiglia la prenotazione all’indirizzo relazioniesterne@mulino.it. Sarà possibile seguire l’evento in diretta sul canale YouTube Etruschannel al seguente link https://youtu.be/FU0UCjRZVNo. Introduce: Valentino Nizzo, direttore del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia; ne discutono: Cristina Cattaneo, antropologo forense, Labanof – università statale di Milano; Francesco Remotti, antropologo, linceo e accademico delle Scienze di Torino; Marco Cattaneo, direttore di Le Scienze e National Geographic Italia, Roma. Saranno presenti autori e curatori del volume.

Copertina del libro “Quel che resta. Scheletri e altro resti umani come beni culturali” (Il Mulino)
“Quel che resta. Scheletri e altri resti umani come beni culturali” (Il Mulino). Che provengano dalla preistoria o da epoche storiche, i resti umani racchiudono uno straordinario potenziale informativo per la nostra evoluzione bio-culturale e per la ricostruzione delle storie di vita del passato. Costituiscono la base della ricerca scientifica in antropologia, ma sono anche di grande interesse per la museologia, per la didattica scolastica e universitaria, per la diffusione delle conoscenze scientifiche sulla natura umana. Rappresentano un vero e proprio archivio biologico delle popolazioni del passato, affiancandosi ai documenti a carattere storico e archeologico; assumono così, a pieno titolo, la valenza di «bene culturale». Nondimeno, quando si tratta di resti umani è necessario confrontarsi su diversi temi: che tipo di patrimonio culturale rappresentano? Quali figure professionali e quali strutture sono adeguati a studiarli e a tutelarli? Quali sono i limiti dell’indagine scientifica e della conservazione? come orientarsi nella formazione e nella disseminazione? L’assenza di chiarezza su questi temi può comportare – e, di fatto, ha comportato e comporta – una serie di problemi, con soluzioni solo di carattere generale, spesso non condivise, che si intrecciano con problemi di ordine religioso, etico e sociale, nonché politico.
I curatori: Maria Giovanna Belcastro è professoressa ordinaria di Antropologia all’università di Bologna dove è responsabile delle collezioni museali di Antropologia; fa inoltre parte del Consiglio Direttivo dell’Associazione Antropologica Italiana. Giorgio Manzi è professore ordinario di Antropologia alla Sapienza università di Roma, vicepresidente dell’Associazione Antropologica Italiana e Accademico dei Lincei. Jacopo Moggi Cecchi è professore associato di Antropologia all’università di Firenze e segretario dell’Associazione Antropologica Italiana.
Marzabotto. Domenica visita guidata al museo nazionale Etrusco e all’area archeologica di Kainua con un archeologo dell’università di Bologna. E una novità: visita speciale alla necropoli Nord, solitamente non visitabile

La necropoli Nord dell’area archeologica di Kainua (Marzabotto) (foto drm-er)
Domenica 15 gennaio 2023 visita speciale al museo nazionale Etrusco “Pompeo Aria” di Marzabotto (Bo) e all’area archeologica di Kainua accompagnati da un archeologo dell’università di Bologna. Previsti due turni: alle 10 e alle 14.30. Con una super novità 2023: visita speciale alla necropoli nord! In occasione di questo appuntamento, nel solo turno delle 10, il gruppo di visita verrà fatto accedere alla famosa necropoli nord dell’area archeologica di Kainua: un angolo nascosto, solitamente non visitabile, una testimonianza di giardino archeologico di stampo ottocentesco.

La necropoli Nord dell’area archeologica di Kainua (Marzabotto) aperta eccezionalmente al pubblico (foto drm-er)
Durante le visite guidate al museo nazionale Etrusco di Marzabotto e al sito archeologico di Kainua c’è la possibilità di scoprire una vera città etrusca. A condure i visitatori in questo viaggio nel tempo sarà un archeologo del Dipartimento di Storia Culture Civiltà – Università di Bologna, direttamente impegnato negli scavi archeologici del sito. Il costo della visita guidata è 10 euro a persona (sono previste riduzioni e gratuità per bambini e ragazzi) + biglietto di ingresso di 3 euro. I gruppi di visita saranno di massimo 30 persone, per questo è consigliata la prenotazione scrivendo a drm-ero.prenotazionikainua@cultura.gov.it.
Bologna. Al museo Archeologico al via il ciclo “Spina 100: incontri di archeologia a Bologna” con tre appuntamenti di approfondimento su Spina, nel centenario della scoperta. Parleranno Trocchi, Sassatelli e Anna Dore
“Spina 100: incontri di archeologia a Bologna”: al via i nuovi appuntamenti del museo civico Archeologico di Bologna. E protagonista sarà Spina, che nel 2022 ha celebrato il centenario dalla scoperta, con tre appuntamenti, sempre alle 17, nella sala conferenze del museo civico Archeologico, con ingresso gratuito fino ad esaurimento posti. Sabato 14 gennaio 2023 si parte in compagnia di Tiziano Trocchi, direttore del museo Archeologico nazionale di Ferrara, che presenterà la mostra “Spina etrusca. Un grande porto nel Mediterraneo”, inaugurata lo scorso dicembre (vedi Ferrara. Al museo Archeologico nazionale aperta la mostra “Spina etrusca: un grande porto nel Mediterraneo”, culmine delle celebrazioni Spina100: racconta di una città costruita sull’acqua e votata alla navigazione per mare, potente centro dell’alto Adriatico in dialogo paritario con l’Atene di età classica | archeologiavocidalpassato). Sabato 21 gennaio 2023, si prosegue con il prof. Giuseppe Sassatelli, dell’università di Bologna, che illustrerà “Felsina e Spina: due città dell’Etruria Padana”. Domenica 22 gennaio 2023 si conclude il ciclo con “Fra Spina e Bologna: dagli archivi, i retroscena di uno scavo” insieme ad Anna Dore del museo civico Archeologico.
Ferrara. Al museo Archeologico nazionale aperta la mostra “Spina etrusca: un grande porto nel Mediterraneo”, culmine delle celebrazioni Spina100: racconta di una città costruita sull’acqua e votata alla navigazione per mare, potente centro dell’alto Adriatico in dialogo paritario con l’Atene di età classica

Ricostruzione di un’abitazione di Spina (foto università di zurigo)

Le Valli di Comacchio che conservano le tracce dell’antica città etrusca di Spina (foto http://www.rivadelpo.it)
“L’impresa archeologica più importante nell’ambito dell’Italia settentrionale preromana”: così Nereo Alfieri, primo direttore del museo Archeologico di Ferrara, chiosò nel 1960 l’epica vicenda degli scavi di Spina, che andavano allora chiudendosi dopo una stagione assai intensa di scoperte e ritrovamenti, campagne di scavo e trafugamenti, clamore mediatico e partecipazione popolare. Nella tarda primavera del 1922, durante le bonifiche dei bacini lagunari attorno a Comacchio, tra operai al lavoro e trincee colme di acque di risalita, riemerse dall’oblio la ricca città portuale degli Etruschi fondata in prossimità del delta del Po alla fine del sesto secolo a.C., sommersa per secoli dalle acque dolci e dal fango e perduta alla conoscenza diretta degli uomini. Solo le fonti antiche e i poeti (Boccaccio e Carducci, per fare qualche nome) ne conservarono memoria fino a cento anni fa.

Locandina della mostra “Spina etrusca. Un grande porto nel Mediterraneo” al museo Archeologico nazionale di Ferrara dal 22 dicembre 2022 al 23 aprile 2023

Presentazione della mostra “Spina etrusca”: da sinistra, Massimo Osanna, Vittorio Sgarbi e Giorgio Cozzolino (foto drm-emilia-romagna)
Dopo un secolo dall’impresa archeologica, il museo Archeologico nazionale di Ferrara, diretto da Tiziano Trocchi, nato per Spina e inaugurato nel 1935, intende celebrare questa ricorrenza con una mostra ospitata nei saloni di Palazzo Costabili, che – inaugurata il 22 dicembre 2022 – rimarrà aperta al pubblico fino al 23 aprile 2023: “Spina etrusca: un grande porto nel Mediterraneo” (nel video, la presentazione ufficiale con Vittorio Sgarbi, sottosegretario alla Cultura; Giorgio Cozzolino, direttore regionale Musei Emilia-Romagna; Massimo Osanna, direttore generale Musei; Monica Miari, soprintendente ABAP-BO reggente; Cristina Ambrosini, responsabile Cultura della Regione Emilia-Romagna; Marco Gulinelli, assessore alla Cultura del Comune di Ferrara; Giuseppe Sassatelli, presidente dell’istituto nazionale di Studi etruschi ed italici e presidente del comitato scientifico della mostra). La mostra racconta di una città costruita sull’acqua e votata alla navigazione per mare, potente centro dell’alto Adriatico in dialogo paritario con l’Atene di età classica, porto dalla strategia aggressiva a controllo delle rotte verso occidente. La mostra rappresenta il culmine delle iniziative per le celebrazioni del centenario, coordinate dalla direzione generale Musei in stretta collaborazione con la direzione regionale Musei Emilia-Romagna e il museo Archeologico nazionale di Ferrara, d’intesa con la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e per le province di Modena Reggio Emilia e Ferrara, con la partecipazione di Regione Emilia-Romagna, delle amministrazioni comunali di Ferrara e Comacchio e delle università di Ferrara, Bologna e Zurigo.

Allestimento della mostra “Spina etrusca” al museo Archeologico nazionale di Ferrara (foto drm-emilia-romagna)
L’allestimento sceglie di affidarsi in modo consistente al linguaggio delle tecnologie di ricostruzione dei paesaggi e dei contesti antichi per dare vita a una narrazione di forte suggestione. Al di là dell’indubbio splendore materico dei reperti esposti – con importanti prestiti dai principali musei archeologici italiani e prestigiosi materiali provenienti dal Metropolitan Museum of Art di New York, alla cui presenza in mostra ha contribuito anche la Regione Emilia-Romagna -, la mostra intende suggerire ai visitatori il significato del grande porto di Spina per gli Etruschi del V secolo a.C. e per i cittadini “mediterranei” del 2022.

Ceramiche esposte nella mostra “Spina etrusca: un grande porto del Mediterraneo” al museo Archeologico nazionale di Ferrara (foto drm-emilia-romagna)
Col tragitto per mare dal Pireo fino al delta del Po, su imbarcazioni percorse da marinai, cariche di contenitori di vino e profumi, ricche di raffigurazioni mitiche ben note agli Etruschi, comincia il percorso espositivo, accompagnato dalle narrazioni mitologiche che ambientavano qui, alla foce dell’Eridano (antico nome del fiume Po), le tristi vicende di Fetonte e di Icaro, degli eroi greci civilizzatori per antonomasia, Diomede ed Eracle. Il profilo di Spina, per chi vi approdava dal mare, si mostrava coi dossi e le depressioni delle sue necropoli, ancora evocati nella rappresentazione delle carte geografiche del Salone d’Onore del museo, e dichiarava nelle scelte del rituale funebre la complessità della comunità che vi abitava.

Corredi dalla necropoli di Spina (foto drm-emilia-romagna)

Bronzetto esposto nella mostra “Spina etrusca: un grande porto nel Mediterraneo” al museo Archeologico nazionale di Ferrara (foto drm-emilia-romagna)
Gli spineti si facevano seppellire con ricchi corredi di materiali ceramici e bronzei di provenienza eterogenea, che evocavano analoghe scelte nel rituale condivise con le élites aristocratiche degli altri grandi centri etruschi della Penisola. È una rete complessa di echi, di rimandi, somiglianze ed evocazioni quelle che si dipana tra gli oggetti delle tombe da Spina e da Pisa, Adria o Cerveteri. Ma la vita quotidiana degli spineti si muoveva tra l’abitato, con le sue costanti esigenze di manutenzione e adattamento all’ambiente lagunare, e il porto, fulcro dell’attività commerciale ed economica della città e dei suoi dintorni. Mercanti, anfore e marinai, rumori di sartie e di magazzini, prezzi e contrattazioni in più lingue. Anche testimonianze di culto, per pregare e ringraziare di un viaggio pericoloso giunto a destinazione. Il richiamo all’attualità, evocata con discrezione per associazione di funzioni e significati, senza mai sottintendere confronti impossibili, invita il visitatore a immaginare la storia “organica” che sfugge ai metodi di ricerca della disciplina archeologica: gli uomini, i rumori, gli odori che dovevano seguire il percorso dei bellissimi capolavori di ceramica attica oggi esposti in museo. Due mari, Tirreno e Adriatico, due porti, e lo stesso privilegio: come ci tramandano Dionigi e Strabone, entrambe le città etrusche di Spina e Pyrgi (Cerveteri), a cui la mostra dedica un’intera sezione, ebbero l’onore di costruire un donario nel santuario panellenico di Delfi.

Preziose ceramiche a figure rosse dagli scavi di Spina (foto drm-emilia-romagna)
L’incredibile mobilità che connota la comunità spinete si riflette nella pluralità delle provenienze degli oggetti delle necropoli e nella molteplicità culturale ed etnica della compagine cittadina, frequentata da persone che parlavano e scrivevano in lingue differenti. La mostra non trascura di raccontare anche di una mobilità più recente, che testimonia i fenomeni di dispersione del patrimonio emerso dalle valli di Spina in diversi musei italiani e stranieri. Il prestigioso prestito dei vasi del Metropolitan Museum of Art di New York si fa portavoce di questo racconto e porta luce sulla presenza internazionale di Spina in numerose esposizioni museali. Il viaggio per mare dalle coste della Grecia si conclude con un percorso che termina a Ferrara, nel momento della scoperta della necropoli di Valle Trebba e nella conseguente decisione di dar vita al Regio Museo di Spina, oggi Museo archeologico nazionale di Ferrara. La mostra che celebra a Ferrara il centenario della scoperta di Spina segue dopo quasi vent’anni l’ultima grande esposizione dedicata alla città etrusca e vuole narrare il volto di un centro nodale nei traffici mediterranei e adriatici di età classica.

Hydria etrusca a figure nere del Pittore del Vaticano 238 dal museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto drm-emilia-romagna)
Nella seconda metà del 2023 la mostra “Spina etrusca” sarà ospitata dal museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, ultima tappa del suo viaggio. “Un grande motivo di orgoglio”, commenta il direttore Valentino Nizzo, “di cui dobbiamo ringraziare la direzione regionale musei dell’Emilia Romagna e la Direzione generale Musei del MiC. Cercheremo di onorare adeguatamente l’impegno rendendo omaggio a Spina e a ciò che rappresenta nell’archeologia, nell’arte, nella storia e nel mito”.
Bologna. Nella sede Sabap il pomeriggio di studi “POST MORTEM. Casi di manipolazione di resti umani”: un’occasione per riflettere sullo studio del rituale funerario e, in generale, del trattamento dei resti umani in ambito di ricerca archeologica
“POST MORTEM. Casi di manipolazione di resti umani” è l’interessante titolo del pomeriggio di studi promosso dalla soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena Reggio Emilia e Ferrara. Appuntamento venerdì 16 dicembre 2022, dalle 15.30 alle 18.30, nel salone d’onore di Palazzo dall’Armi Marescalchi, sede della Sabap, in via IV Novembre 5 a Bologna. Evento gratuito senza necessità di prenotazione, ingresso consentito fino ad esaurimento posti. Per info: siriana.zucchini@cultura.gov.it; annalisa.capurso@cultura.gov.it. Sarà un’occasione per riflettere sullo studio del rituale funerario e, in generale, del trattamento dei resti umani in ambito di ricerca archeologica. Gli interventi in programma affrontano il tema in senso diacronico, attraverso un approccio multidisciplinare, tenendo conto sia del dato archeologico sia di quello relativo alle evidenze “biologiche”.

Gli scavi archeologici al cimitero ebraico medievale di Bologna hanno rinvenuto 408 sepolture (foto Cooperativa Archeologia)
Dopo i saluti istituzionali e l’introduzione all’incontro da parte di Monica Miari (SABAP BO, Funzionario delegato) e di Annalisa Capurso (SABAP BO), intervengono: Valeria Acconcia (ICA Istituto Centrale per l’Archeologia) e Paola Francesca Rossi (parco archeologico Ostia Antica – ICCD Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione) su “Introduzione alle Linee Guida ICA-ICCD I resti scheletrici umani: dallo scavo, al laboratorio, al museo, 2022”. La pubblicazione è scaricabile sul sito dell’ICA: https://bit.ly/3PsP5gC. Monica Miari (SABAP BO) e Maria Giovanna Belcastro e Teresa Nicolosi (Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali, BiGeA – UNIBO) su “Elementi di ritualità nella manipolazione dei resti umani in età preistorica”; Vanessa Poli (SABAP BO) e Claudio Cavazzuti (Dipartimento di Storie Culture Civiltà, DiSCi – UNIBO) su “Alcuni rituali nelle necropoli ad incinerazione dell’età del Bronzo in Italia settentrionale”; Sara Campagnari (SABAP BO), Lisa Manzoli (archeologa e collaboratrice SABAP BO) e Michael Allen Beck De Lotto (Dipartimento Scienze Cardio-Toraco-Vascolari e Sanità Pubblica – UNIPD) su “Analisi preliminare dei rituali del sepolcreto di fase orientalizzante di Via Montello a Bologna”; Annalisa Capurso (SABAP BO) e Mirko Mattia e Marta Mondellini (Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense, Labanof – UNIMI) su “Una sepoltura multipla presso la chiesa di sant’Apollonio sulla rupe di Canossa”; Valentina Di Stefano (SABAP BO) e Maria Giovanna Belcastro (Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali, BiGeA – UNIBO) su “Restituzione dei resti umani e ricomposizione della memoria di una comunità: il caso del cimitero ebraico medievale di Bologna”.
Padova. Apertura straordinaria di Palazzo Folco, sede della soprintendenza, e conferenza “La necropoli preromana orientale di Padova tra scavo, restauro e ricerca digitale”
Focus sulla necropoli preromana orientale di Padova. Giovedì 3 novembre 2022, in occasione dell’apertura straordinaria di Palazzo Folco in via Aquileia a Padova – sede della Soprintendenza – che sarà visitabile dalle 15 alle 19 (ultimo ingresso alle 18.30), si terrà la conferenza “La necropoli preromana orientale di Padova tra scavo restauro e ricerca digitale”. Appuntamento alle 17. Interverranno: Giovanna Gambacurta, università Ca’ Foscari, Venezia; Cecilia Moscardo, Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici, università di Bologna; Federica Santinon, funzionario restauratore, soprintendenza area metropolitana di Venezia e province di Belluno Padova Venezia; Angela Ruta Serafini, già soprintendenza per i Beni archeologici del Veneto. Ingresso alla conferenza gratuito su prenotazione obbligatoria fino a esaurimento dei posti. Inviare la richiesta esclusivamente on line mediante il seguente link: https://forms.gle/ayTSCKZbLFd6MyLVA. Per la visita a Palazzo Folco non è necessaria la prenotazione. Il progetto di ricerca sulla necropoli tra via Tiepolo e via San Massimo indagata sul campo nel 1990-1991 prosegue con attività di laboratorio che hanno visto nel tempo la prosecuzione non solo dello scavo delle tombe ancora conservate nei pani di terra, ma anche con azioni che vanno articolandosi negli anni. Hanno preso avvio, contestualmente allo scavo, le seguenti attività: ricerche antropologiche, di restauro e tecnologia dei materiali, una nuova frontiera di ricostruzioni 3d dei contesti di scavo e dei materiali restaurati, oltre ad un lungo ma indispensabile processo di digitalizzazione della documentazione originale, che saranno oggetto dell’incontro di valorizzazione. Per tali iniziative si è contato sulla collaborazione del Centro di Digital and Public Humanities del dipartimento di Studi umanistici dell’università Ca’ Foscari di Venezia (VeDPH).
Bologna. Al museo civico Archeologico presentazione del libro di Maria Pia Guermandi “Decolonizzare il patrimonio. L’Europa, l’Italia e un passato che non passa”
“Vedere i musei con un occhio critico è uno dei nostri compiti più importanti”. Ne sono convinti al museo civico Archeologico di Bologna. Sabato 15 ottobre 2022, alle 17, all’Archeologico presentazione del libro di Maria Pia Guermandi “Decolonizzare il patrimonio. L’Europa l’Italia e un passato che non passa”: sarà un’importante occasione per discuterne con Giovanni Brizzi (università di Bologna) e Simone Verde (direttore del complesso monumentale della Pilotta di Parma) alla presenza dell’autrice. Il tema del patrimonio culturale come strumento privilegiato dell’egemonia culturale occidentale è emerso, prepotentemente, grazie al movimento Black Lives Matter e al rinnovato fenomeno di contestazione e rimozione di monumenti controversi dallo spazio pubblico. I movimenti decoloniali alla base di queste proteste sostengono una critica radicale del pensiero occidentale, motore delle forme di colonialismo sulle quali è tuttora incardinato il mondo contemporaneo. In Italia tali movimenti non sono mai diventati oggetto di una discussione allargata, tanto meno nell’ambito del patrimonio culturale. È un ritardo che ha impedito finora la rielaborazione critica dell’eredità culturale del nostro passato coloniale. Decolonizzare il patrimonio significa comprendere quanto di quel passato continua a operare nel nostro presente e assieme sperimentare un uso del nostro patrimonio più democratico e consapevole. Introduzione di Vezio De Lucia.
Marina di Camerota (Sa): qui 140mila anni fa vivevano gli elefanti. Nella Grotta del Poggio trovati resti dell’elefante a zanne diritte durante gli scavi delle università di Bologna e Siena, ripresi dopo più di 50 anni di abbandono

Il punto dove sono stati trovati i resti del Palaeoloxodon antiquus nei livelli della Grotta del Poggio a Marina di Camerota (Sa) abitati dall’uomo di Neanderthal (foto unibo)
A Marina di Camerota 140mila anni fa vivevano gli elefanti. È il risultato più eclatante degli scavi condotti, tra il 1° e il 18 settembre 2022, ripresi, dopo più di 50 anni di abbandono, dalle università di Siena e di Bologna in collaborazione con la soprintendenza per le provincie di Salerno e Avellino e il Comune di Camerota (Sa): alla Grotta del Poggio hanno riportato alla luce, nella parte alta della serie stratigrafica, i resti di un grande pachiderma, il Palaeoloxodon antiquus, o elefante a zanne diritte. La presenza di questo animale nei livelli abitati dal Neanderthal, era stata già segnalata, per gli strati più antichi della grotta, dal prof. Arturo Palma di Cesnola negli anni ’60 del secolo scorso. I resti rinvenuti nel corso dell’attuale campagna di scavo appartengono all’osso di un arto e mostrano evidenti tracce di percussione indicative del fatto che l’elefante venne macellato dall’uomo. Le università di Bologna, Dipartimento di Beni culturali, e di Siena, Dipartimento di Scienze fisiche, della Terra e dell’Ambiente – UR Preistoria e Antropologia, hanno infatti ripreso gli scavi alla Grotta del Poggio (Marina di Camerota), un sito preistorico di grande rilievo per la sua potente serie stratigrafica relativa al Paleolitico medio (Uomo di Neanderthal).

L’ingresso protetto della Grotta del Poggio a Marina di Camerota (Sa) (foto unibo)
La Grotta del Poggio fu scoperta nel 1954 dal prof. Pietro Parenzan, dell’università di Napoli. Nel 1964 la Soprintendenza di Salerno incaricò il prof. Arturo Palma di Cesnola dell’università di Siena di condurvi le prime indagini sistematiche. Tra il 1965 e il 1967 Palma di Cesnola effettuò un sondaggio nel deposito archeologico contenuto nella cavità dove vennero identificati 14 strati, ai quali fu attribuita, su basi geologiche e culturali, un’età compresa tra 190 e 130 mila anni fa. Il Poggio contiene dati unici ai fini della ricostruzione del popolamento antico dell’Italia meridionale. Per questo motivo le indagini nel sito rivestono interesse internazionale e vengono finanziate da un progetto ERC advanced dal titolo “Our first steps to Europe: Pleistocene Homo sapiens dispersals, adaptations and interactions in South-East Europe” (FIRSTSTEPS), gestito dall’università di Tubingen (Principal Investigator prof. Katerina Harvati). Il progetto FIRSTSTEPS si focalizza sul primo popolamento dell’Europa da parte di Homo sapiens (il cui più antico arrivo nel nostro Continente si data, in base al fossile umano di Apidima in Grecia, intorno a 200mila anni fa) e sui suoi rapporti con le popolazioni autoctone (i Neanderthal).

Una fase degli scavi archeologici alla Grotta del Poggio condotti dalle università di Bologna e Siena (foto unibo)
Uno dei principali scopi delle nuove ricerche è stato quello di acquisire informazioni biostratigrafiche, cronologiche e comportamentali provenienti da moderni sistemi di indagine stratigrafica e da analisi effettuate con tecnologie all’avanguardia. Per quel che concerne invece la valorizzazione, il fine principale del progetto è quello di inserire attivamente la Grotta del Poggio (come già la Grotta della Cala) all’interno dell’offerta turistica del territorio, dando vita a un percorso virtuoso in cui i risultati della ricerca scientifica possano essere assorbiti e divulgati in tempo reale. L’auspicio è di creare in tal modo una costante, dinamica e vitale osmosi tra il mondo della ricerca e la comunità tutta.
Commenti recenti