“Palatium. Abitare sul Palatino dalla fondazione di Roma all’età moderna”: il parco archeologico del Colosseo propone un viaggio alla scoperta delle abitazioni succedutesi sul colle nel corso dei secoli. Prima puntata: le capanne del IX sec. a.C.

Dall’età arcaica e ancora in parte fino alla fine del XIX secolo il colle su cui nacque Roma fu infatti una zona prevalentemente “residenziale”. La vocazione abitativa del Palatino culminò nel I secolo d.C. con la costruzione dei palazzi imperiali: essi si identificarono così strettamente con il colle su cui sorgevano, che il suo nome latino, Palatium, è ancora oggi utilizzato in molte lingue moderne con il significato di “edificio residenziale”. Il parco archeologico del Colosseo propone “Palatium. Abitare sul Palatino dalla fondazione di Roma all’età moderna”, viaggio alla scoperta delle abitazioni – e dei loro abitanti – che nel corso dei secoli si sono succedute sul colle Palatino.

Le capanne. Oggi sappiamo che il Palatino fu abitato e occupato stabilmente fin dal X secolo a.C. Sulla cima del colle, proprio dove la tradizione storica antica collocava la mitica fondazione di Roma, si conservano infatti i resti di un abitato di capanne, utilizzato fino alla fine del VII secolo, che ne costituisce la prima testimonianza. Si trattava di edifici molto semplici, di forma ovale, con le pareti di fango, paglia e canne, ed il tetto sostenuto da pali di legno infissi nel tufo. All’interno un’unica stanza, dotata di focolare al centro, e, in alcuni casi, di un piccolo portico davanti alla porta. Tra queste capanne, nell’angolo sud-occidentale del colle, si trovava la cosiddetta Casa Romuli, secondo la tradizione abitazione del fondatore della città: Romolo. Non a caso la capanna e quelle adiacenti furono risparmiate dalle costruzioni successive e, come ci raccontano Plutarco e Dionigi di Alicarnasso, mantenute per secoli nel loro stato originale con accurati restauri. Al museo Palatino è conservato il Plastico delle Capanne del Cermalus, una delle alture del Palatino, realizzato nel 1950 dall’architetto Alberto Davico. Le tre capanne non ricostruite di cui si vedono solo le impronte nel banco di tufo, davanti al centro, sono quelle scavate da Salvatore Maria Puglisi nel 1948, mentre il resto del villaggio è ricostruito liberamente. I dati archeologici e lo studio dei materiali ceramici rinvenuti permettono di ricostruire un villaggio databile almeno dal IX secolo a.C. fino al VII secolo a.C.


Il disegno ricostruttivo e il rilievo archeologico della capanna A del Cermalus (foto PArCo)
Modellino della Capanna A del Cermalus, esposto al museo Palatino. La ricostruzione, realizzata da Alberto Davico nel 1950, si basa sulle tracce archeologiche nel banco di tufo e sul confronto con le urne a capanna rinvenute nelle tombe ad incinerazione nel Lazio e in Etruria, tra Bronzo finale e prima età del Ferro (XI-X secolo a.C.) che riproducono abitazioni reali. La Capanna A è una delle capanne conservate in modo migliore tra le tre rimesse in luce nel 1948 da Salvatore Maria Puglisi. Si conservano il disegno ricostruttivo e il rilievo archeologico con due sezioni della Capanna A del Cermalus.
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