Al via la VII edizione del Concorso Art Bonus: come funziona e come votare. Ecco quattro progetti da votare da Nord a Sud: Villa dei Mosaici a Negrar, epistolario di Paolo Orsi a Rovereto, stanza del custode degli Augustali al parco archeologico di Ercolano, rython assiro al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia
Ha preso il via il 1° febbraio 2023 la VII edizione del Concorso Art Bonus, l’iniziativa organizzata dal ministero della Cultura e ALES Spa, con la collaborazione di Promo PA Fondazione, finalizzata a rendere protagonisti i cittadini che potranno esprimere il loro gradimento su oltre 260 progetti beneficiari dei fondi Art Bonus nel 2022. Alla fine del 2022 risultano oltre 2434 gli enti registrati al portale Art Bonus, 31275 i mecenati, 5731 gli interventi pubblicati sulla piattaforma, più di 757 i milioni di euro raccolti su tutto il territorio nazionale. Quindici sono le regioni nelle quali si trovano i progetti in gara (Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Trentino Alto Adige, Umbria, Veneto). Per votare, basta un semplice clic o like. La novità di questa edizione è l’introduzione di due categorie di progetti. 1) categoria “Beni e luoghi della cultura”: concorrono progetti di restauro e manutenzione di beni culturali e progetti di sostegno a favore di musei, biblioteche, archivi, aree archeologiche, complessi monumentali; 2) categoria “Spettacolo dal vivo”: comprende tutti i progetti di sostegno agli enti e alle attività di spettacolo. I vincitori della 7° edizione saranno due, uno per ciascuna categoria.
Le fasi di svolgimento del Concorso Art Bonus 2023: FASE 1 – Prima eliminatoria sul sito Art Bonus dal 1° febbraio 2023 fino alle ore 12 del 21 febbraio 2023 le votazioni si svolgeranno esclusivamente sulla piattaforma artbonus.gov.it/concorso2023. Sarà possibile esprimere una sola preferenza per ciascun progetto in gara ma ogni utente potrà votare più progetti. I voti ricevuti da ciascun progetto saranno visibili in tempo reale. FASE 2 – Seconda eliminatoria sul sito Art Bonus dalle ore 13 del 21 febbraio 2023 fino alle ore 12 del 14 marzo 2023 resteranno in gara sulla piattaforma del concorso i soli progetti che avranno ricevuto almeno 200 voti. I progetti con più di 200 voti rimasti in gara saranno divisi in due categorie: “Beni e luoghi della cultura” e “Spettacolo”. I sei progetti di ciascuna categoria che risulteranno più votati alla data del 14 marzo accederanno alla fase finale che si svolgerà solo sui canali FB e IG di Art Bonus. FASE 3 – Finale sui canali Facebook e Instagram di Art Bonus dalle ore 12 del 15 marzo fino alle 12 del 30 marzo 2023 i primi 12 progetti con il maggior numero di voti sulla piattaforma parteciperanno alle votazioni solo sui canali social, sfidandosi a suon di “Likes” sui profili Facebook e Instagram di Art Bonus. I 12 progetti finalisti saranno così suddivisi: 6 per la categoria “Beni e luoghi della cultura” + 6 per la categoria “Spettacolo”. FASE 4 – Proclamazione vincitori. i voti ottenuti da ciascun progetto sui social saranno sommati ai voti precedentemente ricevuti sulla piattaforma Art Bonus. La somma di questi voti determinerà l’ordine finale delle due classifiche e i due vincitori, uno per ogni categoria: 1° classificato categoria “Beni e luoghi della cultura”, 1° classificato categoria “Spettacolo”.
Ecco alcuni progetti da votare, da Nord a Sud.

Veduta d’insieme dei mosaici policromi del peristilio ovest della Villa dei Mosaici di Negrar (foto graziano tavan)
NEGRAR (Vr). Villa Romana dei Mosaici: copertura protettiva mosaici (SABAP per le province di Verona, Rovigo e Vicenza). Il link per votare: Villa Romana dei Mosaici – Copertura protettiva mosaici – SABAP per le province di Verona, Rovigo e Vicenza – Art Bonus. Villa romana tardoantica (IV secolo d.C.) a carattere residenziale e produttivo, con mosaici di straordinario pregio ed eccezionale stato di conservazione.

Veduta aerea dell’area occupata dalla Villa dei Mosaici di Negrar tra i vigneti della Valpolicella (foto sabap-vr)
Dopo il rinvenimento nel 1885 di alcuni mosaici in parte strappati e venduti al Comune di Verona, nel 1922 venne individuata ed esplorata una parte del settore residenziale (pars urbana) dall’archeologa Tina Campanile, prima donna ammessa alla Scuola Archeologica di Atene. Nel 1974 uno scavo distrusse alcuni ambienti della villa fino ad allora sconosciuti. Del sito non era più nota l’esatta localizzazione: nel 2018 la Soprintendenza riprese le ricerche con la finalità della tutela vincolistica e nel 2019 fu individuata l’area. Negli anni seguenti, grazie ai fondi ministeriali, è stato intrapreso lo scavo archeologico in estensione. Oltre alla riscoperta dei mosaici visti nel 1922, che tanta eco mediatica ha suscitato sulla stampa nazionale e internazionale e sul web (“I mosaici romani tra i filari dei vigneti della Valpolicella”) e di cui è stato finalmente possibile apprezzare la pregevole tecnica realizzativa e lo straordinario stato di conservazione, ne sono stati riportati in luce nuovi con disegni geometrici, raffigurazioni naturalistiche e ritrattistiche. La parte residenziale della villa, scenograficamente disposta su terrazzamenti che assecondavano il declivio naturale del terreno, collegati da scalinate e ordinata attorno a un cortile-giardino centrale cinto dal peristilio, comprendeva un ampio e articolato settore termale. È stata rinvenuta una quantità notevole di frammenti di intonaci a vivaci colori, capitelli, fusti e basi di colonna, oltre a reperti metallici e a numerose monete.

Una delle coperture esistenti a protezione dei pavimenti musivi della Villa dei Mosaici a Negrar (foto sabap-vr)
Il settore produttivo è caratterizzato dalla presenza di estesi vani lastricati; recentissima e particolarmente rilevante è l’individuazione di strutture dedicate alla produzione vinicola. Si ipotizza che l’abbandono e la spoliazione della villa siano avvenuti nel VI secolo; la successiva frequentazione del sito in epoca altomedievale, nei tre secoli successivi (VII-IX), è caratterizzata da demolizioni, nuove parziali edificazioni e dal riadattamento e riuso di alcuni ambienti superstiti. Sono riferibili a quest’epoca anche alcune sepolture in nuda terra o in cassa litica. Tutti i beni archeologici messi in luce appartengono allo Stato. L’intervento: realizzazione di due coperture con struttura in alluminio e teli con pareti apribili per la protezione dalle intemperie delle aree scavate, analoghe a quelle già esistenti, al fine di consentire gli interventi conservativi più urgenti sulle pavimentazioni musive, con un clima controllato e di permettere agli archeologi di proseguire l’indagine al coperto.

Il museo civico di Scienze e Archeologia a Palazzo Parolari a Rovereto (foto fmcr)
ROVERETO (Tn). Museo di Scienze e Archeologia | Fondazione Museo Civico di Rovereto: Paolo Orsi. Una storia trentina tra archivi e immagini. Il link per votare: Museo di Scienze e Archeologia | Fondazione Museo Civico di Rovereto – Paolo Orsi. Una storia trentina tra archivi e immagini – Art Bonus. Archeologia, zoologia, botanica, astronomia, scienze della terra, robotica: queste le discipline che animano il Museo di Scienze e Archeologia, dalle sale permanenti con le preziose collezioni fino alle importanti mostre temporanee che approfondiscono temi diversi ogni anno.

Ritratto dell’archeologo Paolo Orsi, nato a Rovereto nel 1859 (foto fmcr)
Il museo, situato a Palazzo Parolari, è dal 1998 sede della Fondazione Museo Civico di Rovereto, uno dei più antichi musei italiani, fondato come società privata nel 1851. Le collezioni storiche del museo hanno dato vita all’esposizione permanente con sale dedicate ai minerali, ai fossili e agli uccelli, con alcune delle più importanti collezioni regionali. Le sale di archeologia raccontano il territorio ma non solo, grazie alla splendida collezione Paolo Orsi e alla sala Portinaro-Untersteiner con una preziosa raccolta di vasi antichi di produzione italica. Disponibili per le attività per il pubblico e le scuole il Planetario situato nel giardino del museo e il primo LEGO Education Innovation Studio aperto in Italia. L’intervento: riordino, pubblicazione e valorizzazione dell’epistolario inedito e dell’archivio lasciato dall’archeologo roveretano Paolo Orsi (1859-1935) alla Fondazione Museo Civico di Rovereto. Realizzazione di un documentario su Paolo Orsi e il suo rapporto con la terra d’origine.

Il letto carbonizzato con il corpo del Custode scoperto da Maiuri ad Ercolano nel 1961 (foto Petrone)
PARCO ARCHEOLOGICO ERCOLANO (Na). Restauro stanza del custode, Collegio degli Augustali. Il link per votare: Parco Archeologico Ercolano – Restauro stanza del custode, Collegio degli Augustali – Art Bonus. Il parco archeologico di Ercolano, istituto della cultura di rilevante interesse nazionale dotato di autonomia speciale, è la struttura amministrativa che ha il compito di ricercare, conservare, tutelare, divulgare e valorizzare l’antica Herculaneum, luogo in cui a partire dal 1738 è cominciata l’archeologia delle città vesuviane distrutte dall’eruzione del 79 d.C. L’area archeologica di Ercolano è stata inserita, dal 1997, insieme agli Scavi di Pompei e alle ville di Oplontis, nella lista dei siti del Patrimonio Mondiale redatta dall’UNESCO. Nel 1961 durante gli scavi a cielo aperto dell’antica Herculaneum, in un ambiente del Collegio degli Augustali, una vittima dell’eruzione del 79 d.C., un uomo di circa 20 anni, probabilmente il custode dell’edificio, fu trovato disteso su un letto di legno, sepolto dal fango vulcanico.

I resti del corpo carbonizzato del custode degli Augustali a Ercolano con la posizione dei resti analizzati dal team di Petrone (foto Petrone / Plos One)
Lo scavo del letto rimase volontariamente incompiuto per consentire al pubblico una prospettiva di visita immersiva lasciando la porzione più superficiale del letto e i resti scheletrici a vista, protetti da una teca in vetro. Negli anni successivi alla musealizzazione della stanza, la protezione in vetro è andata perduta e i resti scheletrici sono stati soggetti a ripetuti furti e danneggiamenti da agenti esterni, mentre i margini del letto in legno carbonizzato hanno perso l’adesione originaria al blocco di materiale piroclastico sottostante, presentando segni di fratture e sgretolamento. Negli anni più recenti, è stata avvertita la necessità di recuperare questo straordinario contesto archeologico, sia per preservare i dati concernenti il ritrovamento di una vittima dell’eruzione in condizioni di seppellimento molto peculiari, sia per garantire la conservazione del letto, che rientra nel novero di una collezione di mobili, di oggetti di uso comune nonché di elementi strutturali in legno carbonizzato unica al mondo. Per quanto riguarda lo scheletro, in corrispondenza del cranio della vittima, è recentissima la scoperta di resti cerebrali vetrificati il cui risultato più significativo è stata l’identificazione di diverse proteine presenti nei tessuti cerebrali umani, attribuibili al cervello della vittima e ai suoi capelli, consentendo altresì l’individuazione di un intero sistema nervoso centrale. Nell’ambito del progetto è pertanto prioritario procedere ad un’accurata rimozione dei resti scheletrici per preservarne l’eccezionale valore scientifico e garantire la prosecuzione di indagini interdisciplinari; nel contempo, la rimozione del banco tufaceo dell’eruzione, non ancora scavato, consentirebbe di recuperare i nessi strutturali verticali e orizzontali del letto e la possibilità di completarne il consolidamento e il restauro. Il progetto prevede altresì la manutenzione straordinaria degli elementi strutturali e degli apparati decorativi della stanza, con particolare riguardo alla parete in opus craticium, che ancora conserva tracce del graticcio in legno carbonizzato e la finestra originale, agli intonaci affrescati e al pavimento in cocciopesto. L’unicità dell’area archeologica è data dalla peculiarità del seppellimento che ha sigillato sotto una spessa coltre di materiale piroclastico l’intera città, restituendo l’unico fronte mare di una città romana ed edifici conservati sino al terzo piano di altezza, caratterizzati da apparati decorativi di grande pregio. Ercolano è il solo sito da cui sono stati portati alla luce reperti organici in grande quantità, tra i quali legno (utilizzato sia come elemento architettonico che per la costruzione di mobili e utensili), frammenti di tessuto ed alimenti di vario genere (cereali, legumi, frutta). L’unica biblioteca del mondo antico, la famosa collezione di papiri che dà il nome alla celebre Villa, è stata trovata qui. Le attività di studio e ricerca dello straordinario patrimonio culturale del Parco, mobile ed immobile, sono volte a migliorare la conoscenza della cultura materiale e della società romana del I sec. d.C., nonché a mettere in campo strategie di tutela e conservazione innovative ed efficaci per una fruizione sempre più ampliata, inclusiva e diversificata.

Rython assiro in bronzo (730-715 a.C.) a testa di leone proveniente da Veio e conservato al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)
ROMA. Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia: restauro Rython assiro a testa di leone. Il link per votare: Restauro Rython assiro a testa di leone – Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia – Art Bonus. Restauro del Rython assiro in bronzo (730-715 a.C.) conformato a testa di leone proveniente da Veio, il cui contesto è purtroppo sconosciuto, ma certamente riconducibile ad un corredo principesco. Utilizzato come contenitore per bere, era dotato probabilmente da un’ansa che permetteva una presa riconducibile a quella di un secchiello. Il reperto è stato realizzato in lamina di bronzo, a doppia parete, e decorato con la tecnica dello sbalzo con anima di materiale refrattario in corrispondenza dei volumi delle fauci. Il manufatto dovrà essere sottoposto a: esame e documentazione dello stato di conservazione iniziale del reperto mediante fotografie e schede descrittive; pulitura (meccanica e/o chimica) delle superfici da depositi incoerenti e coerenti; consolidamento dei materiali costitutivi; eventuale incollaggio con resine adeguate; integrazioni e/o lavorazioni di integrazioni esistenti; presentazione estetica delle integrazioni; applicazione di idoneo protettivo; progettazione ed esecuzione di un nuovo supporto. Il museo ETRU mira a costituire una rete integrata tra siti ed enti culturali volta a favorire la crescita culturale e sociale e lo sviluppo economico delle realtà territoriali che le sue raccolte rappresentano, incoraggiando la formazione di comunità patrimoniali nello spirito indicato dalla Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore del patrimonio culturale per la società (Faro 2005).
“Lapilli sotto la cenere”. Con la 20.ma clip del parco archeologico di Ercolano il direttore Francesco Sirano esplora il tema “Ercole a Herculaneum”: in questa prima parte, presenta alcuni luoghi che svelano le radici mitologiche della città antica

Con la 20.ma clip della serie “Lapilli sotto la cenere” il direttore del parco archeologico di Ercolano, Francesco Sirano esplora il tema “Ercole a Herculaneum”, cioè il Mito, la leggenda e la città. In questa prima parte ci porta in alcuni luoghi del Parco, pubblici e privati, che svelano le radici mitologiche della città antica.
L’eroe Ercole è uno dei personaggi che nell’immaginario, nella mitologia locale aveva un peso enorme. Non ci sono infatti molte città nell’ambito della penisola italiana che prendono il nome da Ercole. “Ci sono alcune Heracleia in Magna Grecia e in Sicilia nel mondo greco, nel mondo di cultura ellenica”, ricorda Sirano. “Ma qui sono davvero molto pochi. Ci sono solo alcuni villaggi, per esempio, che si trovano nella zona di altre città importanti della Campania che prendevano il nome da un santuario di Ercole. Ed è probabile che anche Ercolano prendesse il nome da un santuario dedicato a questo eroe che in genere nel territorio italico è connesso al ciclo della transumanza, cioè al movimento delle greggi che dalle zone interne della penisola raggiungeva il mare, e viceversa a seconda delle stagioni. E anche al commercio del sale, elemento fondamentale per garantire conservazione e trattamento sia dei prodotti lattiero-caseari sia della carne. Ercole – sottolinea Sirano – è una delle figure più rappresentate ad Ercolano sia nei monumenti pubblici, come il collegio degli Augustali con l’immagine di Ercole che all’Olimpo e diventa un dio, sia nelle case private. Nessuno si faceva mancare una statuetta, una statua di marmo, una tabella dipinta di marmo con una fatica di Ercole, un rilievo, un’immagine all’interno delle decorazioni parietali, un anello che non raffigurasse l’eroe principale che dà il nome alla città e oggi andremo insieme alla scoperta di tanti dettagli più o meno visibili che parlano di Ercole durante la visita al parco di Ercolano”.

“In uno dei punti più frequentati del Decumano massimo si apriva una bottega che ci colpisce”, spiega Sirano, “perché ha delle splendide pitture di terzo stile alle pareti e sul pavimento anche le impronte di una decorazione pavimentale molto complessa, fatta tutta in lastre di marmo. Un fatto non usuale per una bottega che si spiega nel fatto che in un primo momento questo ambiente era uno dei cubicula della Casa del Peristilio tuscanico che si trova sulla sinistra cui è collegata da una porta. In una fase successiva della casa, i proprietari che gestiscono la bottega, perché c’è ancora il collegamento tra l’atrio della casa e la bottega, decidono di aprire sulla strada questo ambiente per far sì che diventi un luogo di commercio”. Le pitture si trovano al coronamento della fascia mediana della decorazione parietale. “Alcune sono mal conservate”, continua Sirano, “ma tutte hanno un senso cultuale, hanno un significato che riporta alla sfera religiosa del mondo dell’antica Roma. In particolare c’è una scena meglio conservata. Si vede un altare sul quale si sta svolgendo un sacrificio: vediamo il fumo che sale, vediamo un personaggio che sta compiendo un atto versando qualcosa sul fuoco: una libagione. Accanto all’altare una figura giovanile tiene con la mano destra le corna di un toro e con la mano sinistra sostiene una o due lance, una sicuramente. Accanto all’altare c’è, visto di profilo, un oggetto che potrebbe essere uno scudo o qualcos’altro, non credo una spada perché non vediamo le punte. Quindi sembrerebbe un’altra cosa. Chi è questo personaggio? Forse Iolaus, cioè il nipote di Ercole che lo accompagna in tante vicende. Alla sinistra della scena, c’è Ercole. Lo riconosciamo subito perché ha la clava e la pelle di leone, che sono gli elementi caratteristici. Ed è un Ercole giovane: ha i capelli ricci, e la mano sinistra appoggiata sul dorso di questo toro. Sono possibili varie interpretazione di questa scena che è chiaramente una scena di sacrificio. Secondo alcuni studiosi si tratterebbe della rievocazione della fondazione del culto di Ercole all’Ara massima a Roma, che si trovava nel Foro Boario. Quindi in questo caso ci sarebbe una somiglianza con il posizionamento vicino al Foro, vicino al posto del mercato più importante di questo ambiente della bottega dove ci troviamo. Ma un’altra possibilità sarebbe che invece qui si stia celebrando la fondazione della stessa Ercolano, e il toro potrebbe essere un ricordo di una delle fatiche di Ercole, la decima, che è quella delle mandrie di Gerione. Al ritorno dalla quale fatica Ercole si sarebbe fermato, tra tante soste che fa, proprio qui a fondare Ercolano”.

Nel porticato coperto della Casa dei Cervi vi erano vari quadretti. Alcuni raffiguravano nature morte che alludono delle stagioni, e anche le funzioni di alcuni ambienti di ospitalità dove avvenivano i banchetti all’interno della casa. E altri alludono a delle scene mitologiche. “In particolare un quadretto ci fa vedere due amorini che sono protagonisti di un furto: hanno rubato le armi di Ercole. Uno ha il suo arco, e l’altro la famosa clava. Ercole – conclude Sirano – sta festeggiando i suoi successi e irretito forse dall’amore di Omphale, e si fa rubare le armi dagli amorini”.
L’eccezionale scoperta a Ercolano dei neuroni nel cervello vetrificato di una vittima dell’eruzione di 2000 anni fa, è raccontata dai protagonisti Sirano e Petrone nella nona clip dei “Lapilli sotto la cenere del Parco archeologico di Ercolano”. E annunciano presto nuove scoperte
Individuati i neuroni del cervello umano in una vittima dell’eruzione del Vesuvio a Ercolano: la notizia della straordinaria scoperta scientifica a Ercolano l’hanno data all’inizio di ottobre 2020 il direttore del Parco archeologico di Ercolano, Francesco Sirano, e l’antropologo forense dell’università “Federico II” di Napoli, Pier Paolo Petrone (vedi https://archeologiavocidalpassato.com/2020/10/12/nuova-straordinaria-scoperta-scientifica-ad-ercolano-del-team-di-petrone-individuati-i-neuroni-nel-cervello-vetrificato-dello-scheletro-carbonizzato-del-custode-del-collegio-degli-augustali-trovato-d/). Ora con la nona clip dei “Lapilli sotto la cenere del Parco archeologico di Ercolano”, serie di video che permette la visita digitale integrando quella reale ed ampliando ulteriormente la fruizione dei visitatori portandoli anche ad esplorare realtà che per necessità conservative, di restauro o contingenze non sono accessibili, sono gli stessi Sirano e Petrone a raccontarci questa nuova eccezionale scoperta ercolanese, a seguito del ritrovamento del cervello vetrificato del giovane custode del Sacello degli Augustali: la preservazione integrale di strutture neuronali di un sistema nervoso centrale di 2000 anni fa.

“Il parco archeologico di Ercolano vuole essere un laboratorio a cielo aperto”, spiega il direttore Sirano. “A tal fine promuove studi multidisciplinari in ogni campo della scienza. Con l’università “Federico II” di Napoli abbiamo lanciato un programma di antropologia fisica che si annuncia particolarmente promettente. Abbiamo ripreso gli studi sugli scheletri dei fuggiaschi sull’antica spiaggia e stiamo approfondendo quelli riguardanti altri importanti rinvenimenti all’interno della città antica. In particolare, una delle vittime del Vesuvio, il custode del sacello degli Augustali, ci sta rivelando delle informazioni preziosissime. All’altezza del cranio è stata riconosciuta una massa vetrosa che attraverso gli studi condotti da un’equipe multidisciplinare coordinata da Pier Paolo Petrone dell’università Federico II di Napoli hanno rivelato prima l’appartenenza al cervello, e poi la presenza di cellule neuronali”.

“Questa scoperta – continua Sirano – apre una pagina nuova non solo dal punto di vista degli studi di antropologia ma anche per ricostruire le dinamiche della distruzione della città antica. Infatti si sono create delle condizioni che normalmente si creano in laboratorio al momento in cui il primo flusso piroclastico si è abbattuto sulla città antica. Questo è un dato che noi possiamo combinare con altri dati che conosciamo dal sito: per esempio, il repentino cambio di colore di alcune pareti a fondo giallo che sono diventate di colore rosso, qui come a Pompei, e che evidentemente devono essere studiate in maniera più approfondita per capire come a Ercolano si abbatté l’onda di questi flussi piroclastici sul sito antico. Ma gli studi di antropologia ci servono soprattutto per ricostruire, insieme a dati epigrafici, insieme a dati archeologici, insieme alle analisi paleo-nutrizionali, questa comunità che ci è stata preservata in maniera eccezionale da una tragedia quale quella del Vesuvio. Attraverso questi studi contiamo anche di trarre degli utili insegnamenti per vivere nella maniera sempre più equilibrata possibile all’onda di un vulcano”.


Il prof. Pier Paolo Petrone, antropologo forense dell’università Federico II di Napoli
“Ercolano è di nuovo alla ribalta internazionale”, interviene Petrone. “Il nostro gruppo di ricerca, formato da archeologi, antropologi, biologi, matematici, biochimici, vulcanologi, è nuovamente riuscito a raggiungere la notorietà internazionale attraverso una pubblicazione fatta su Plos One che riporta i risultati di ricerche che abbiamo condotto su questo cervello vetrificato, scoperto di recente e pubblicato all’inizio di quest’anno sul New England Journal of Medicine (vedi https://archeologiavocidalpassato.com/2020/04/07/ercolano-eccezionale-scoperta-per-la-prima-volta-al-mondo-trovati-i-resti-vetrificati-di-cervello-umano-erano-in-una-vittima-delleruzione-del-79-d-c-lo-studio-frutto-della-collaborazion/), all’interno del quale siamo riusciti eccezionalmente a rinvenire un intero sistema nervoso centrale. Quindi una scoperta eccezionale nella scoperta già eccezionale di per sé in quanto fino ad oggi non era mai stato prima rinvenuto un cervello vetrificato. Quindi la vittima, l’ultima delle vittime ancora presenti sullo scavo archeologico di Ercolano, un corpo carbonizzato che si trova all’interno di un letto carbonizzato nella stanzetta dentro il collegio degli Augustali, edificio dedicato al culto di Augusto, e quindi ritenuto il custode di questo edificio: questo individuo, dunque, l’ultimo lasciato per fortuna “musealizzato” da Amedeo Maiuri che lo rinvenne all’inizio degli anni ’60, e decise di lasciarlo così com’era. Per nostra fortuna, perché abbiamo avuto così la possibilità, dopo 60 anni, di poter studiare i resti di questo corpo incredibilmente preservato. Un corpo che, diversamente da quelli rinvenuti sull’antica spiaggia, mostrava effetti del calore particolarmente elevati. Quindi molto più forti rispetto alle vittime rinvenute all’interno dei cosiddetti fornici sull’antica spiaggia di Ercolano”.


I resti vetrificati di cervello umano studiati dall’università Federico II di Napoli (foto Petrone)
“Durante gli studi condotti in situ su questo corpo per la prima volta”, continua Petrone, “mi accorsi di resti vetrificati che scintillavano all’interno di quanto rimaneva del cranio esploso, quindi all’interno della cenere. Perciò doveva essere il cervello, come poi abbiamo dimostrato perché all’interno del materiale vetroso abbiamo identificato tutta una serie di acidi grassi dei capelli, trigliceridi del cervello umano, e soprattutto sette proteine ampiamente rappresentate in tutti i distretti cerebrali umani. E quindi, nell’approfondimento di studio che è stato fatto in questo frangente, abbiamo visto che queste proteine sono codificate da geni particolarmente interessanti perché sono correlati a tutta una serie di patologie umane, quindi un discorso molto interessante. Questo ulteriore studio, che è soltanto il secondo capitolo di una lunga storia che già sta dando nuovi risultati, e che quindi porterà a ulteriori pubblicazioni, ci dimostra ancora una volta che Ercolano è un sito eccezionale in quanto qui a Ercolano l’eruzione per le particolari condizioni verificatesi, distanza, temperatura, rapido seppellimento dell’intera città, si sono potute conservare non solo strutture e vittime, ma anche tessuti biologici, in questo caso il cervello con addirittura un intero sistema nervoso centrale”.

“Quindi è importantissimo capire che questa è una scoperta pazzesca perché mai prima è stato visto un sistema nervoso centrale a così alta risoluzione così perfettamente conservato con neuroni, assoni e strutture che sono evidentissime e che abbiamo analizzato al microscopio elettronico e attraverso tutta una serie di elaborazioni matematiche. Quindi questo gruppo di ricerca molto forte formato dal sottoscritto, dal direttore del parco archeologico di Ercolano Francesco Sirano, dal prof. Guido Giordano dell’università Roma Tre vulcanologo, dal prof. Giuseppe Castaldo del Ceinge – Biotecnologie avanzate alla “Federico II” di Napoli, dal prof. Massimo Niola medico legale, e dalla dottoressa Maria Giuseppina Miano che conduce un laboratorio presso il Cnr a Napoli, e molti altri ricercatori: insieme hanno permesso uno studio multidisciplinare. Tutte queste forze, tutte queste menti ha permesso di arrivare a tutte queste conclusioni eccezionali. Quindi tutto ciò è fondamentale non solo dal punto di vista archeologico e biologico, ma anche dal punto di vista del rischio vulcanico perché tutte queste evidenze ci stanno dando indicazioni in una certa direzione, che riguardano finalmente al valutazione del rischio vulcanico. Quindi rinviamo alla prossima puntata i risultati che nel frattempo stanno venendo fuori”.
Nuova straordinaria scoperta scientifica ad Ercolano del team di Petrone: individuati i neuroni nel cervello vetrificato dello scheletro carbonizzato del custode del Collegio degli Augustali trovato da Maiuri. La ricerca multidisciplinare utile anche per la valutazione del rischio vulcanico

Straordinaria scoperta dal parco archeologico di Ercolano: trovati neuroni nel cervello vetrificato di una vittima dell’eruzione del 79 d.C. Lo scheletro carbonizzato del custode del Collegio degli Augustali di Ercolano, ritrovato negli anni ’60 durante gli scavi condotti dall’allora soprintendente Amedeo Maiuri nella cenere vulcanica, continua a stupire gli studiosi. Ricordate? Era fine gennaio di quest’anno quando veniva annunciato il primo rinvenimento dei resti di cervello vetrificato di una vittima dell’eruzione del 79 d.C. nella città di Ercolano. “La conservazione di tessuto cerebrale è un evento estremamente raro in archeologia”, spiegano gli esperti, “ma è la prima volta in assoluto che vengono scoperti resti umani di cervello vetrificati per effetto del calore prodotto da un’eruzione”. Lo studio portato avanti da un team di antropologi e ricercatori guidato da Pier Paolo Petrone dell’università Federico II di Napoli era stato pubblicato dal New England Journal of Medicine, prestigiosa rivista medica leader a livello mondiale (vedi https://archeologiavocidalpassato.com/2020/04/07/ercolano-eccezionale-scoperta-per-la-prima-volta-al-mondo-trovati-i-resti-vetrificati-di-cervello-umano-erano-in-una-vittima-delleruzione-del-79-d-c-lo-studio-frutto-della-collaborazion/).


Il prof. Pier Paolo Petrone, antropologo forense dell’università Federico II di Napoli
Sono passati pochi mesi. Ed ecco la nuova straordinaria scoperta, neuroni umani, ad opera dello stesso team che ha proseguito le ricerche sul cervello vetrificato proveniente dallo scheletro carbonizzato del custode del Collegio degli Augustali di Ercolano. Lo studio condotto in collaborazione con il parco archeologico di Ercolano dai ricercatori della Federico II, del CEINGE-Biotecnologie Avanzate, delle università Roma Tre e la Statale di Milano e del CNR è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica americana PLOS ONE (l’articolo è stato ricevuto il 5 agosto 2020, accettato il 17 settembre 2020, e pubblicato il 6 ottobre 2020). Lo studio è stato eseguito dal team di ricerca dell’antropologo Pier Paolo Petrone di cui fanno parte il professor Massimo Niola (Medicina Legale della “Federico II” di Napoli), il professor Giuseppe Castaldo (CEINGE-Biotecnologie avanzate di Napoli) e il professor Guido Giordano (università Roma Tre), in collaborazione con il direttore del parco archeologico di Ercolano, Francesco Sirano, insieme ad altri ricercatori del CNR di Napoli e delle università “Federico II” di Napoli, di Roma Tre e della Statale di Milano. La straordinaria scoperta è dunque tutta italiana, frutto del prestigioso lavoro dell’antropologo forense Pier Paolo Petrone, responsabile del Laboratorio di Osteobiologia Umana e Antropologia Forense alla sezione dipartimentale di Medicina Legale dell’università di Napoli “Federico II”, in collaborazione con geologi, archeologi, biologi, medici legali, neurogenetisti e matematici di atenei e centri di ricerca nazionali, che hanno raggiunto risultati eccezionali nonostante le limitazioni imposte dal Covid-19. “Il rinvenimento di tessuto cerebrale in resti umani antichi è un evento insolito”, spiega Petrone, coordinatore del team. “Ma ciò che è estremamente raro è la preservazione integrale di strutture neuronali di un sistema nervoso centrale di 2000 anni fa, nel nostro caso a una risoluzione senza precedenti”.

“Rilevare l’ultrastruttura del tessuto cerebrale nei resti archeologici umani – si legge nell’Abstract che introduce la pubblicazione del team italiano su PLOS ONE -, è un evento raro che può offrire approfondimenti unici sulla struttura dell’antico sistema nervoso centrale (SNC). Eppure i cervelli antichi riportati in letteratura mostrano solo una scarsa conservazione delle strutture neuronali. Utilizzando la microscopia elettronica a scansione (SEM) e strumenti avanzati di elaborazione delle immagini, descriviamo la visualizzazione diretta del tessuto neuronale nel cervello vetrificato e nei resti del midollo spinale che abbiamo scoperto in un maschio vittima dell’eruzione del 79 d.C. a Ercolano. Mostriamo neuroni antichi eccezionalmente ben conservati da diverse regioni del sistema nervoso centrale umano con una risoluzione senza precedenti. Questo tessuto è tipicamente costituito da materia organica, come rilevato utilizzando la spettroscopia a raggi X a dispersione di energia. Per mezzo di una rete di elaborazione di immagini neurali auto-sviluppata, mostriamo anche dettagli specifici della nanomorfologia neuronale, come la periodicità tipica della mielina evidenziata negli assoni cerebrali. Il perfetto stato di conservazione di queste strutture è dovuto al singolare processo di vetrificazione avvenuto ad Ercolano. La scoperta di proteine i cui geni sono espressi nella diversa regione del cervello umano adulto concorda ulteriormente con l’origine neuronale dell’insolito ritrovamento archeologico. La conversione del tessuto umano in vetro è il risultato di un’improvvisa esposizione alla cenere vulcanica bruciante e al concomitante calo rapido della temperatura. Il processo di vetrificazione naturale indotto dall’eruzione, che blocca la struttura cellulare del SNC, ci ha permesso di studiare forse l’esempio più noto in archeologia di tessuto neuronale umano straordinariamente ben conservato dal cervello e dal midollo spinale”.

L’eruzione, che causò la devastazione dell’area vesuviana e la morte di migliaia di abitanti, seppellendo in poche ore la città di Ercolano ha permesso la conservazione di resti biologici, anche umani. “La straordinaria scoperta ha potuto contare sulle tecniche più avanzate e innovative di microscopia elettronica del Dipartimento di Scienze dell’Università di Roma Tre, un’eccellenza italiana”, spiega Guido Giordano, ordinario di Vulcanologia al Dipartimento di Scienze dell’Ateneo romano, “dove le strutture neuronali perfettamente preservate sono state rese possibili grazie alla conversione del tessuto umano in vetro, che dà chiare indicazioni del rapido raffreddamento delle ceneri vulcaniche roventi che investirono Ercolano nelle prime fasi dell’eruzione”. E Petrone aggiunge: “I risultati del nostro studio mostrano che il processo di vetrificazione indotto dall’eruzione, unico nel suo genere, ha congelato le strutture cellulari del sistema nervoso centrale di questa vittima, preservandole intatte fino ad oggi”.

Le indagini sulle vittime dell’eruzione proseguono in sintonia tra i vari ambiti della ricerca. “La fusione delle conoscenze dell’antropologo forense e del medico-legale stanno dando informazioni uniche, altrimenti non ottenibili”, afferma Massimo Niola, ordinario e direttore della U.O.C. di Medicina Legale alla “Federico II”. Lo studio ha anche analizzato i dati di alcune proteine già identificate dai ricercatori in un lavoro pubblicato a gennaio scorso dal New England Journal of Medicine. “Un aspetto di rilievo potrebbe riguardare l’espressione di geni che codificano le proteine isolate dal tessuto cerebrale umano vetrificato”, spiega Giuseppe Castaldo, Principal Investigator del CEINGE e ordinario di Scienze Tecniche di Medicina di Laboratorio della “Federico II”. “Tutte le trascrizioni geniche da noi identificate sono presenti nei vari distretti del cervello quali, ad esempio, la corteccia cerebrale, il cervelletto o l’ipotalamo”, aggiunge Maria Pia Miano, neurogenetista all’Istituto di Genetica e Biofisica del CNR di Napoli.


Francesco Sirano, direttore del parco archeologico di Ercolano
Le indagini sui resti delle vittime dell’eruzione non si fermano qui. Il Parco Archeologico ha inserito tra i temi di ricerca prioritari le indagini bioantropologiche e vulcanologiche per l’eccezionale interesse che possono avere non solo nello stretto ambito scientifico ma anche nel campo degli studi storici e del rafforzamento della capacità di gestire catastrofi come l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. “Gli straordinari risultati ottenuti”, conclude Francesco Sirano, direttore del parco archeologico di Ercolano, “dimostrano l’importanza degli studi multidisciplinari condotti dai ricercatori della Federico II e l’unicità di questo sito straordinario, ancora una volta alla ribalta internazionale con il suo patrimonio inestimabile di tesori e scoperte archeologiche”. Le ricerche in corso vanno nella direzione di una ricostruzione a ritroso delle varie fasi dell’eruzione, valutando i tempi di esposizione alle alte temperature e del raffreddamento dei flussi, che hanno importanza non solo per l’archeologia e la bioantropologia, ma anche per il rischio vulcanico. Queste ed altre informazioni che verranno dagli studi in corso potranno offrire importanti parametri per la gestione delle emergenze nell’area vesuviana”.
“Lapilli di Ercolano”: con la 16.ma clip il direttore Sirano ci porta all’interno di uno dei luoghi più rappresentativi della città di Herculaneum: la sede degli Augustali. Qui recentemente è stata fatta una scoperta scientifica di rilevanza internazionale: il ritrovamento di resti del cervello vetrificato di una vittima dell’eruzione del 79 d.C.
Il parco archeologico di Ercolano è aperto regolarmente al pubblico, dopo il lockdown, ma il suo direttore Francesco Sirano continua a regalarci approfondimenti esplorando i luoghi e le storie di Ercolano. Questa volta, con al 16.ma clip dei “Lapilli del parco archeologico di Ercolano”, ci troviamo all’interno di uno dei luoghi più rappresentativi della città di Herculaneum: la sede degli Augustali. I suoi ambienti sono stati oggetto di una recentissima opera di restauro e di una scoperta scientifica di rilevanza internazionale: il ritrovamento di resti del cervello vetrificato di una vittima dell’eruzione del 79 d.C. (vedi https://archeologiavocidalpassato.com/2020/04/07/ercolano-eccezionale-scoperta-per-la-prima-volta-al-mondo-trovati-i-resti-vetrificati-di-cervello-umano-erano-in-una-vittima-delleruzione-del-79-d-c-lo-studio-frutto-della-collaborazion/).

La sede degli Augustali, nel cuore di Ercolano, ritmata dalle grandi colonne. In primo piano le basi che sorreggevano le statue di Augusto e Cesare (foto Graziano Tavan)
Tra i pochi monumenti pubblici dell’antica Ercolano, uno dei più chiari esempi è rappresentato senz’altro dal sacello degli Augustali. L’Augusteo era un grande edificio porticato, da cui provengono statue, affreschi importantissimi, che si trovava proprio nelle vicinanze del foro. “Appena entrati – spiega Sirano – ci accolgono quattro grandi colonne che ci impressionano per l’altezza e la potenza: esse dividono lo spazio in tre navate e, sull’asse di fronte a noi, un sacello. Questo edificio è stato interpretato come la sede degli Augustali sulla base di un’iscrizione di marmo dell’età di Augusto, una dedica ad Augusto fatta da due liberti, due fratelli, che troviamo qui esposta. Ma oltre questa iscrizione ufficiale, abbiamo anche dei graffiti molto interessanti che si trovano ripetuti su cinque righe su una delle colonne. Alcuni hanno anche al rubricatura, cioè il rosso, per essere più evidenti. Si legge: vi prego, vi invito a votare nella curia augustana. La curia, in latino, è il luogo dove si riuniscono delle persone. Curia augustana fa pensare effettivamente alla sede degli Augustali. Il collegio degli Augustali era formato da liberti, schiavi liberati, che si applicavano al culto imperiale. Non appena entrati su due basi, ancora presenti, si trovavano le statue di Augusto e di Cesare, recuperate all’epoca degli scavi borbonici che parzialmente esplorarono questi ambienti”. Stando al centro dell’edificio si apprezza meglio lo splendido restauro di Maiuri con gli architravi di legno ancora perfettamente conservati e i caratteristici spaccati assonometrici che Maiuri lascia nella parte superiore per far vedere le altre testate di trave originarie ma anche la presenza di un piano superiore che era frequentato e abitato contemporaneamente all’uso di questo edificio.
La cella viene creata in un secondo momento, probabilmente dopo il terremoto del 62 d.C. “Quindi qui era la sede di riunione del collegio degli Augustali – continua Sirano – e, dopo il 62, viene anche realizzato questo piccolo sacello di culto che aveva al centro una base, che oggi vediamo qui spogliata dei suoi marmi, probabilmente sempre per il passaggio degli scavatori borbonici, sulla quale doveva esserci una statua dell’imperatore regnante. Questo ce lo segnala la presenza sull’asse di questa base di una corona che ci ricorda la corona di quercia che si trovava al di fuori della casa degli imperatori sul Palatino. Uno dei migliori esempi di pittura di IV stile pompeiano di Ercolano è rappresentato proprio dal decoro di questo sacello. Ma non solo le pitture. Anche i pavimenti sono di eccezionale rilevanza, oggetto insieme a tutto l’edificio di un recentissimo restauro: i pavimenti in marmi policromi africani, il pavimento di cocciopesto e tutto il resto della struttura fino ai tetti di questo edificio. La zoccolatura delle pareti è formata da marmi africani di grandissimo pregio e sostiene la decorazione dipinta in IV stile pompeiano”.
Le pitture di IV stile pompeiano raffigurano delle architetture fantastiche, candelabri, esili colonne di varia tipologia e al centro grandi quadri mitologici. Quello che si vede su una delle pareti laterali rappresenta Ercole che guarda verso Acheloo, personificazione di un fiume della Grecia, che ha rapito Deianira, la futura sposa di Ercole. “Molto interessante questa rappresentazione perché è stata messa in relazione con il posizionamento topografico di Ercolano, proprio al confine del territorio di Neapolis, la colonia greca Napoli, la quale si chiamava in un primo momento, come tutti sanno, Partenope. Partenope è una delle sirene, figlia di Acheloo. Alcuni studiosi hanno messo in relazione questa raffigurazione con un simbolismo di rivendicazione di rapporti politici, interpretabili in senso positivo e negativo con la vicina Napoli”.
Sulla parete opposta, protagonista è sempre Ercole, un Ercole ormai maturo che è glorificato: la sua apoteosi. Ha la corona di fiori dei beati sulla fronte e si trova comodamente seduto di fronte a Hera-Giunone, la moglie di Giove, e a Minerva. In alto si vede un arcobaleno che raffigura in maniera simbolica il sommo Giove. “L’apoteosi di Ercole è ovviamente qualcosa che ci si aspetta nel sacello degli Augustali”, riprende Sirano. “Ercole è la divinità che come è noto dà il nome alla città. Quindi questa è una città erculea per eccellenza e non ci meravigliamo di ritrovare continui richiami alla mitologia di questo eroe famoso nel mondo romano per la sua forza e la sua capacità di risolvere brillantemente qualsiasi impresa anche quelle che gli esseri umani non riuscivano fino a quel momento a superare”.
È probabile che tra le trasformazioni di questo edificio, avvenute dopo il terremoto del 62 d.C., ci fosse anche la creazione di una piccola cameretta, a spese di una delle due navate, con un semplice tramezzo di legno che in questa suggestiva ricostruzione ha racchiuso sia le parti ricostruite che alcuni frammenti del legno originario con una finestrella, che si vede ancora ben conservata sotto la teca, e che è stata considerata la cella ostiaria, cioè il posto dove si trovava il custode dell’edificio.

Il letto carbonizzato con il corpo del Custode scoperto da Maiuri ad Ercolano nel 1961 (foto Petrone)
Superata la porta ci troviamo subito di fronte a quella che è stata una delle scoperte più importanti effettuata da Maiuri durante i suoi scavi: un letto, formato in parte da muratura in parte da tutta una struttura in legno, sul quale fu ritrovato il cadavere di un giovane di circa 27-28 anni, colui che si considera il custode dell’edificio. “È molto interessante che l’archeologo Maiuri abbia scelto di non completare lo scavo di questo scheletro in posizione prona, quindi faccia a terra. E probabilmente egli voleva lasciare alle future generazioni la continuazione della scoperta. Nell’ambito della revisione di tutto il materiale antropologico ritrovato a Ercolano, insieme all’università “Federico II” recentemente abbiamo effettuato alcuni lavori di pulizia. E l’antropologo Pier Paolo Petrone è riuscito a ritrovare alcune strutture cristalline, localizzate proprio nella zona del cranio dello scheletro, che sono state attribuite a materiale organico. Non solo, ma soprattutto a materiale che componeva la massa cerebrale di questo sfortunato abitante di Ercolano. Questo ha aperto un nuovo capitolo nella storia degli studi di antropologia fisica e di archeologia di Ercolano – conclude Sirano – dai quali ci attendiamo grandi novità”.
Ercolano. Eccezionale scoperta: per la prima volta al mondo trovati i resti vetrificati di cervello umano. Erano in una vittima dell’eruzione del 79 d.C.. Lo studio, frutto della collaborazione dell’università Federico II di Napoli e del parco, pubblicato sul New England Journal of Medicine. Il prof. Petrone, autore della scoperta, racconta la ricerca nei “Lapilli di Ercolano”
A guardarlo sembra uno scarto di lavorazione, un grumo di vetro caduto durante la produzione. E invece rappresenta una delle più grandi scoperte dell’archeologia degli ultimi anni: rinvenuti i resti di cervello di una vittima dell’eruzione del 79 d.C. nella città di Ercolano. La conservazione di tessuto cerebrale è un evento estremamente raro in archeologia, ma è la prima volta in assoluto che vengono scoperti resti umani di cervello vetrificati per effetto del calore prodotto da un’eruzione. Ancora una volta, l’antica Ercolano si impone al centro dell’attenzione internazionale grazie ad una nuova sensazionale scoperta ad opera di un team di antropologi e ricercatori guidato da Pier Paolo Petrone dell’università Federico II di Napoli, che da anni studia gli effetti delle eruzioni del Vesuvio sul territorio campano e le popolazioni che lo hanno abitato nel passato. Ed è lo stesso prof. Petrone a raccontare questa eccezionale scoperta nella quarta clip dei “Lapilli del parco archeologico di Ercolano”.
La notizia della scoperta era stata data alla fine di gennaio 2020, poco prima dell’esplosione dell’emergenza da coronavirus, che ha cambiato l’approccio al patrimonio culturale italiano, chiuso al pubblico per decreto. Infatti proprio al 23 gennaio 2020 il New England Journal of Medicine, prestigiosa rivista medica leader a livello mondiale, aveva pubblicato i risultati di uno studio sui resti di materiale cerebrale rinvenuti in una delle vittime dell’eruzione, il cui scheletro si trova ancora oggi in uno degli ambienti di servizio del Collegio degli Augustali. Allo studio hanno preso parte il direttore del Parco Francesco Sirano, insieme al prof. Piero Pucci del CEINGE – Biotecnologie Avanzate e il prof. Massimo Niola dell’università di Napoli Federico II, insieme a ricercatori dell’università di Cambridge. L’eruzione, che nel 79 d.C. colpì con valanghe di cenere bollente Ercolano e Pompei uccidendo all’istante tutti gli abitanti, in poche ore seppellì l’intera area vesuviana fino a 20 km di distanza dal vulcano. Negli anni ’60, durante gli scavi condotti dall’allora soprintendente Amedeo Maiuri, nella cenere vulcanica furono rinvenuti un letto ligneo e i resti carbonizzati di un uomo, che gli archeologi ritengono fosse il custode del Collegio consacrato al culto di Augusto. Nell’ambito di una decennale collaborazione scientifica con Francesco Sirano, recenti indagini sul campo, condotte da Pier Paolo Petrone, hanno portato alla scoperta nel cranio della vittima di materiale vetroso, nel quale sono state identificate diverse proteine ed acidi grassi presenti nei tessuti cerebrali e nei capelli umani. L’ipotesi degli studiosi è che l’elevato calore sia stato letteralmente in grado di bruciare il grasso e i tessuti corporei della vittima, causando la vetrificazione del cervello.

Il letto carbonizzato con il corpo del Custode scoperto da Maiuri ad Ercolano nel 1961 (foto Petrone)
Il racconto del prof. Pier Paolo Petrone, antropologo forense e direttore del Laboratorio di Osteobiologia Umana e Antropologia Forense, Dipartimento di Scienze Biomediche Avanzate presso l’università di Napoli Federico II. “Ancora una volta – sottolinea – le ricerche condotte in collaborazione con il parco archeologico di Ercolano ci hanno permesso come università di Napoli, in particolate come laboratorio di Antropologia forense presso il dipartimento di Scienze biomediche avanzate della Federico II, di giungere a una scoperta eccezionale, quella dei resti vetrificati di un cervello dallo scheletro del cosiddetto Custode, una vittima dell’eruzione, un giovane uomo, rinvenuto nel 1961 dal direttore dell’epoca, Amedeo Maiuri, all’interno di un letto ligneo completamente carbonizzato e sepolto dalle ceneri. Per fortuna il direttore dell’epoca ha pensato di musealizzare questo reperto e noi, dopo 60 anni, abbiamo scoperto che all’interno del cranio di questa vittima si sono preservati dei resti vitrei, vetrificati, del cervello di questo individuo. Questa è stata una scoperta eccezionale pubblicata il 23 gennaio scorso dal New England Journal of Medicine, la massima rivista di medicina al mondo, che appunto riporta i risultati di questo studio che ci ha permesso, attraverso una serie di analisi, biomolecolari e di proteomica, di rinvenire e di scoprire all’interno di questi resti una serie di acidi grassi, tipici dei trigliceridi del cervello umano, e anche dei capelli umani, ma soprattutto una serie di sette proteine degli enzimi altamente rappresentati in tutti i tessuti cerebrali umani: parliamo di amigdala, cerebrocertex, ipotalamo, e così via”.

Una tavoletta in legno carbonizzato con iscrizione da Ercolano (foto da “Ercolano tre secoli di scoperte”, a cura di M. Borriello, M. P. Guidobaldi, P. G. Guzzo, Napoli 2008)
“Quindi – continua – una scoperta oggettivamente unica al mondo in quanto mai prima d’ora né in campo archeologico né tanto meno in ambito medico-legale o forense è stato mai prima scoperto un residuo del genere. La vetrificazione è nota in archeologia ma riguarda essenzialmente reperti vegetali. Infatti anche noi abbiamo scoperto, sempre nel sito di Ercolano, dei frammenti di legno carbonizzato in parte vetrificati. Quindi questo ancora una volta ci fa sottolineare l’importanza della collaborazione tra l’università di Napoli e il parco archeologico di Ercolano, in particolare nella persona del direttore Francesco Sirano, che da anni ci dà la possibilità di studiare questi reperti fondamentali sia per quanto riguarda lo studio della storia, dell’archeologia, della cultura romana e della popolazione di Ercolano, ma anche soprattutto se vogliamo dal punto di vista del rischio vulcanico cui qui sono esposti oltre 3 milioni di persone oggi a Napoli. Il Vesuvio dista solo sei chilometri da Ercolano e poco più del doppio da Napoli. Questo tipi di studi – conclude – sono fondamentali da vari punti di vista, e così si aggiungono ad altri ancora in corso molto importanti che spero presto potranno portare ulteriori grandi risultati”.
“Sin dalle eccezionali scoperte avvenute all’inizio degli anni ‘80 del 900 presso l’antica spiaggia, il campione antropologico offerto dal sito di Ercolano si è rivelato di estremo interesse”, dichiara il direttore Sirano. “Gli studi di antropologia fisica sono ora supportati da analisi di laboratorio sempre più sofisticate. Stiamo inoltre associando ad esse innovative ricerche sul DNA degenerato che, come sembrano dimostrare lavori di prossima edizione da parte del prof. Petrone, ha ancora racchiuse in sé alcune parti della sequenza del codice in grado di chiarire origine e grado di parentela delle vittime ritrovate nelle rimesse delle barche presso l’antica spiaggia. Questi straordinari dati possono peraltro confrontarsi con quelli derivanti dalle analisi sui materiali organici e sui coproliti rinvenuti nel corso degli scavi nelle fogne sotto il cardo V (scavi condotti in collaborazione con la Fondazione Packard) che hanno chiarito tanti aspetti del regime alimentare e contribuito ad arricchire il quadro delle più frequenti patologie che affliggevano gli abitanti di Herculaneum. Se pensiamo a tutto quanto conosciamo attraverso la variegata documentazione scrittoria antica formata da documenti pubblici e privati (epigrafi su marmo, tavolette cerate, papiri, graffiti) – conclude il direttore – davvero si comprendono l’inestimabile valore e le potenzialità ancora inespresse da questo prezioso sito UNESCO che il Parco Archeologico conserva e valorizza in un’ottica di ricerca aperta e multidisciplinare”.
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