Roma. Per “Dialoghi in Curia” incontro, in presenza e on line, con Rüstem Aslan, direttore degli scavi archeologici di Troia in Turchia, su “Troy. Story of a City from Myth to Archaeology” nell’ambito della mostra “Il viaggio di Enea. Da Troia a Roma” al Tempio di Romolo nel Foro Romano
“Troy. Story of a City from Myth to Archaeology” con Rüstem Aslan, direttore degli scavi archeologici di Troia in Turchia, è il nuovo appuntamento della rassegna “Dialoghi in Curia” del parco archeologico del Colosseo, inserito nel ciclo di conferenze attorno alla mostra “Il viaggio di Enea da Troia a Roma” allestita al Tempio di Romolo nel Foro Romano, cui appunto è legato un interessante programma di conferenze e visite guidate mirate all’approfondimento di temi specifici o dei luoghi del parco archeologico del Colosseo legati al mito di Enea. Venerdì 24 marzo 2023, alle 16.30, la Curia Iulia ospita la conferenza “Troy. Story of a City from Myth to Archaeology” di Rüstem Aslan, direttore degli scavi archeologici di Troia in Turchia, che illustrerà la storia del sito e delle indagini che, iniziate più di un secolo fa, hanno stabilito una cronologia fondamentale per lo studio di questa area del Mediterraneo orientale. Introduce Alfonsina Russo, direttrice del parco archeologico del Colosseo. La conferenza sarà tenuta in lingua inglese. Saranno distribuite copie della relazione in lingua italiana. Ingresso da largo della Salara Vecchia, 5. L’evento potrà essere seguito in presenza con prenotazione su https://www.eventbrite.it/e/565153227517 o, in alternativa, in streaming su https://www.facebook.com/parcocolosseo. Successivamente pubblicato su YouTube.

Rüstem Aslan, responsabile dell’area archeologica di Troia
Rüstem Aslan si è laureato all’università di Istanbul, Facoltà di Lettere, Dipartimento di Preistoria. Nel 1988 ha partecipato come studente agli scavi archeologici di Troia iniziati dal prof. dr. M. Osman Korfmann. Dopo gli studi universitari, ha svolto gli studi di master e di dottorato su Troia e Troas sotto la guida del prof. Korfmann all’università di Tubinga (Germania). Dal 1988, oltre al suo lavoro in qualità di archeologo in diverse zone dell’Anatolia (Tekirdag, Urfa, Diyarbakir), ha partecipato ininterrottamente agli scavi di Troia. Dopo la morte del prof. Korfmann nel 2005, è diventato co-direttore degli scavi di Troia per poi divenirne direttore dal 2013. Rüstem Aslan è inoltre docente al Dipartimento di Archeologia dell’università Onsekiz Mart di Çanakkale, autore di numerosi libri e articoli su Troia e Troas in turco, inglese e tedesco, nonché di libri tradotti in inglese e in tedesco.
Civitavecchia. Per i “Giovedì dell’Archeologia” del museo Archeologico nazionale conferenza di Sara De Angelis, in presenza e on line, su “Salvatore Bastianelli, la nascita dell’Associazione Archeologica Centumcellae di Civitavecchia e gli scavi della necropoli del Bronzo finale di Poggio della Pozza”
Nuovo appuntamento con “I giovedì dell’archeologia”, II edizione, promossi dal museo Archeologico nazionale di Civitavecchia, giovedì 9 marzo 2023, alle 17, alla biblioteca comunale “A. Cialdi” di Civitavecchia. L’archeologa Sara De Angelis, direttrice del museo nazionale Etrusco di Rocca Albornoz a Viterbo, parlerà di “Salvatore Bastianelli: la nascita dell’Associazione Archeologica Centumcellae di Civitavecchia e gli scavi della necropoli del Bronzo finale di Poggio della Pozza”. L’evento sarà trasmesso in diretta sulla pagina Facebook del museo Archeologico nazionale di Civitavecchia. Per informazioni e prenotazioni: museo Archeologico nazionale di Civitavecchia, +39 076623604, e-mail: drm-laz.mucivitavecchia@cultura.gov.it. L’incontro è dedicato al padre dell’archeologia civitavecchiese, fondatore dell’associazione Centumcellae nel 1911 e del museo civico, realizzato nel 1918. I suoi scavi e le sue ricerche condotte in diversi siti del territorio, aprono la strada alla conoscenza della storia più antica del comprensorio, preziose le sue minuziose annotazioni delle campagne di scavo e dei rinvenimenti fortuiti. Sara De Angelis focalizza l’attenzione sulla necropoli di Poggio della Pozza, il più esteso sepolcreto del Bronzo Finale sinora noto in Etruria, posto a circa 500 metri dall’insediamento, di cui al museo sono esposti alcuni oggetti di corredo.
La storia dell’associazione archeologica “Centumcellae” inizia nel lontano 11 novembre 1911 per volontà di quaranta giovani civitavecchiesi desiderosi di valorizzare e salvaguardare le preziose testimonianze archeologiche presenti sul nostro territorio, distribuite all’interno di quel complesso antropo-geografico omogeneo compreso tra il tratto medio e terminale del fiume Mignone e la costa tirrenica definito come “l’Arco del Mignone”. Tra questi giovani, animati da una autentica passione per l’archeologia, si distinsero le figure dei padri fondatori della Centumcellae: Francesco Scotti, illustre studioso e primo presidente dell’associazione, e Salvatore Bastianelli, vero pioniere della ricerca archeo-topografica a livello internazionale, che per oltre 50 anni fu il vero promotore delle attività della A.A. Centumcellae. Fu grazie ai reperti provenienti dagli scavi diretti dal Bastianelli ed ai suoi studi pubblicati su prestigiose riviste scientifiche nazionali che il museo civico, inaugurato nel 1918 grazie ad una iniziativa della A.A.C., divenne un polo d’attrazione di studiosi italiani e stranieri fino al 1943, quando venne completamente distrutto dal terribile bombardamento intercorso nel mese di maggio di quello stesso anno. Sempre al Bastianelli si deve il recupero del monumentale complesso archeologico delle Terme di Traiano – note anche come Terme Taurine – grazie agli scavi che vi effettuò, nonché l’individuazione della città etrusca della Castellina sul Marangone, oggetto di interesse in anni recenti da parte di una équipe di ricerca franco-tedesca guidata da Friedhelm Prayon, dell’università di Tubinga, e da Jean Gran-Aymerich, del CNRS e la Scuola Normale Superiore di Parigi.
Marina di Camerota (Sa): qui 140mila anni fa vivevano gli elefanti. Nella Grotta del Poggio trovati resti dell’elefante a zanne diritte durante gli scavi delle università di Bologna e Siena, ripresi dopo più di 50 anni di abbandono

Il punto dove sono stati trovati i resti del Palaeoloxodon antiquus nei livelli della Grotta del Poggio a Marina di Camerota (Sa) abitati dall’uomo di Neanderthal (foto unibo)
A Marina di Camerota 140mila anni fa vivevano gli elefanti. È il risultato più eclatante degli scavi condotti, tra il 1° e il 18 settembre 2022, ripresi, dopo più di 50 anni di abbandono, dalle università di Siena e di Bologna in collaborazione con la soprintendenza per le provincie di Salerno e Avellino e il Comune di Camerota (Sa): alla Grotta del Poggio hanno riportato alla luce, nella parte alta della serie stratigrafica, i resti di un grande pachiderma, il Palaeoloxodon antiquus, o elefante a zanne diritte. La presenza di questo animale nei livelli abitati dal Neanderthal, era stata già segnalata, per gli strati più antichi della grotta, dal prof. Arturo Palma di Cesnola negli anni ’60 del secolo scorso. I resti rinvenuti nel corso dell’attuale campagna di scavo appartengono all’osso di un arto e mostrano evidenti tracce di percussione indicative del fatto che l’elefante venne macellato dall’uomo. Le università di Bologna, Dipartimento di Beni culturali, e di Siena, Dipartimento di Scienze fisiche, della Terra e dell’Ambiente – UR Preistoria e Antropologia, hanno infatti ripreso gli scavi alla Grotta del Poggio (Marina di Camerota), un sito preistorico di grande rilievo per la sua potente serie stratigrafica relativa al Paleolitico medio (Uomo di Neanderthal).

L’ingresso protetto della Grotta del Poggio a Marina di Camerota (Sa) (foto unibo)
La Grotta del Poggio fu scoperta nel 1954 dal prof. Pietro Parenzan, dell’università di Napoli. Nel 1964 la Soprintendenza di Salerno incaricò il prof. Arturo Palma di Cesnola dell’università di Siena di condurvi le prime indagini sistematiche. Tra il 1965 e il 1967 Palma di Cesnola effettuò un sondaggio nel deposito archeologico contenuto nella cavità dove vennero identificati 14 strati, ai quali fu attribuita, su basi geologiche e culturali, un’età compresa tra 190 e 130 mila anni fa. Il Poggio contiene dati unici ai fini della ricostruzione del popolamento antico dell’Italia meridionale. Per questo motivo le indagini nel sito rivestono interesse internazionale e vengono finanziate da un progetto ERC advanced dal titolo “Our first steps to Europe: Pleistocene Homo sapiens dispersals, adaptations and interactions in South-East Europe” (FIRSTSTEPS), gestito dall’università di Tubingen (Principal Investigator prof. Katerina Harvati). Il progetto FIRSTSTEPS si focalizza sul primo popolamento dell’Europa da parte di Homo sapiens (il cui più antico arrivo nel nostro Continente si data, in base al fossile umano di Apidima in Grecia, intorno a 200mila anni fa) e sui suoi rapporti con le popolazioni autoctone (i Neanderthal).

Una fase degli scavi archeologici alla Grotta del Poggio condotti dalle università di Bologna e Siena (foto unibo)
Uno dei principali scopi delle nuove ricerche è stato quello di acquisire informazioni biostratigrafiche, cronologiche e comportamentali provenienti da moderni sistemi di indagine stratigrafica e da analisi effettuate con tecnologie all’avanguardia. Per quel che concerne invece la valorizzazione, il fine principale del progetto è quello di inserire attivamente la Grotta del Poggio (come già la Grotta della Cala) all’interno dell’offerta turistica del territorio, dando vita a un percorso virtuoso in cui i risultati della ricerca scientifica possano essere assorbiti e divulgati in tempo reale. L’auspicio è di creare in tal modo una costante, dinamica e vitale osmosi tra il mondo della ricerca e la comunità tutta.
Archeologia in lutto. È morto a 89 anni il professor Erik Hornung, uno degli ultimi grandi egittologi del Novecento, specialista straordinario della storia e della religione egizia. Suo il grande studio sul Libro dell’Amduat

Il prof. Erik Hornung, egittologo
Lutto nel mondo dell’archeologia. Lunedì 11 luglio 2022, all’età di 89 anni, si è spento l’egittologo lettone Erik Hornung, uno dei più importanti studiosi moderni di religione egizia, professore emerito dell’università di Basilea. È proprio il settore Egittologia dell’università di Basilea a darne notizia. “Abbiamo il triste dovere di annunciare che il professor Erik Hornung (1933-2022) è deceduto l’11 luglio”, scrive l’ateneo elvetico nel necrologio. “Erik Hornung è stato professore di Egittologia all’università di Basilea dal 1967 al 1998. Era uno specialista straordinario della storia e della religione egizia. Per molti anni della sua carriera si è dedicato in particolare all’edizione sinottica, all’analisi e alla traduzione dei libri dell’aldilà nelle tombe della Valle dei Re. Nel corso degli oltre 30 anni trascorsi all’università di Basilea, ha dato un notevole contributo alla specializzazione in Egitto, formando diverse generazioni di studenti e di dottorati. Erik Hornung sarà ricordato come uno scienziato estremamente stimolante e produttivo, un insegnante di talento, un collega e un amico”. Al dolore dei famigliari e dei colleghi per la perdita di Erik Hornung si unisce il museo Egizio di Torino.

Copertina del libro “The Egyptian Amduat”, nell’edizione 2010, di Erik Hornung e Theodor Abt nella traduzione di David Warburton

Il prof. Erik Hornung, egittologo
Hornung era nato a Riga (Lettonia) nel 1933 e si era laureato all’università di Tubinga nel 1956. Professore di Egittologia all’università di Basilea dal 1967 al 1998, il suo principale campo di ricerca fu quello della letteratura funeraria, in particolare della Valle dei Re. Vice presidente della Società degli Amici delle Tombe Regali d’Egitto dal 1988, dal 2000 è stato anche Corresponding Fellow della British Academy nella sezione di Africa, Asia e Medio Oriente. Il professor Hornung è stato tra i maggiori esperti di letteratura religiosa e religioso-funeraria egiziana. Sua è la prima pubblicazione del Libro dell’Amduat, guida per l’aldilà egiziano, diviso in tre volumi (voll. I-II, 1963 – vol. III, 1967), di cui nel 2010 è uscita un’edizione in unico volume in inglese tradotta da David Warburton con la collaborazione di Theodor Abt, membro del consiglio di amministrazione del Centro di Ricerca e Formazione per la Psicologia dell’Inconscio secondo C.G. Jung e M.-L. von Franz (Zurigo). Insieme ad Abt, la cui ricerca è incentrata sulla relazione tra il mondo esterno e i bisogni dell’inconscio, escono anche i volumi La conoscenza per l’Aldilà. L’Amduat egiziano – Una ricerca per l’immortalità, e Il Libro delle Porte.

Dall’album dei ricordi. Da sinistra, Maurizio Zulian, Graziano Tavan, Paolo Renier, Erik Hornung e Theodor Abt a Zurigo
Ho avuto l’onore di conoscere il professor Erik Hornung una quindicina di anni fa in un indimenticabile incontro a Zurigo a casa di Theodor Abt. Accompagnavo due amici grandi esperti e innamorati dell’Antico Egitto: Maurizio Zulian, conservatore onorario per la sezione Scienze naturali e Archeologia in immagini della Fondazione Museo Civico di Rovereto, e Paolo Renier, ideatore e promotore del Progetto Abydos: proprio loro avevano combinato l’incontro per un confronto e un approfondimento su alcuni temi della civiltà dei faraoni. “Abbiamo perso uno degli ultimi grandi egittologi del Novecento, che ci lascia contributi ancora oggi fondamentali e imprescindibili”, il commento di Maurizio Zulian alla notizia della morte del professor Hornung.
Per i “Martedì di Carthago” nella Curia Julia a Roma giornata di studio “Fenici e Cartaginesi: Patrimonio e ricerca archeologica in Sicilia” e presentazione del libro postumo di Sebastiano Tusa sul sito della Battaglia delle Egadi

La locandina della Giornata di studio “Fenici e Cartaginesi: Patrimonio e ricerca archeologica in Sicilia” nell’ambito de “I Martedì di Carthago” a Roma
“Fenici e Cartaginesi: Patrimonio e ricerca archeologica in Sicilia” è il titolo della Giornata di Studio, organizzata nell’ambito della mostra “CARTHAGO. Il mito immortale”, al Parco archeologico del Colosseo fino al 29 marzo 2020, che rappresenta un’occasione di aggiornamento sui nuovi studi e sulle attività in corso sul mondo fenicio-punico in Sicilia, con l’obiettivo di stimolare e aprire un dibattito per il futuro, coinvolgendo le diverse Istituzioni attive sul territorio e nell’ambito della ricerca. La giornata di studio è a cura di Martina Almonte e Federica Rinaldi (parco archeologico del Colosseo), Francesca Guarneri (soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l’Area Metropolitana di Roma la Provincia di Viterbo e l’Etruria Meridionale), Paolo Xella (università di Tübingen) e José Ángel Zamora López (Escuela Española de Historia y Arqueología-CSIC). Appuntamento martedì 10 dicembre 2019 alla Curia Iulia nel Foro Romano a partire dalle 9, con i saluti del direttore del parco archeologico del Colosseo Alfonsina Russo e di Francesca Guarneri. La Giornata, articolata in una sessione mattutina e in una sessione pomeridiana, presenterà i nuovi dati sulla Sicilia fenicia e punica, attraverso approfondimenti mirati sui siti, sui parchi archeologici e sui materiali rinvenuti negli scavi. Le conclusioni dei lavori saranno lasciate a Mario Torelli. È gradita la prenotazione a: pa-colosseo.convegni@beniculturali.it

La copertina del libro postumo di Sebastiano Tusa “The Site of the Battle of the Aegates Islands at the end of the First Punic War. Fieldwork, analyses and perspectives, 2005-2015”
Dopo il dibattito e prima delle conclusioni, alle 16.40, sarà presentato da Alfonsina Russo il volume postumo a cura di Jeffrey G. Royal e Sebastiano Tusa sul sito della Battaglia delle Egadi: “The Site of the Battle of the Aegates Islands at the end of the First Punic War. Fieldwork, analyses and perspectives, 2005-2015” (L’Erma di Bretschneider, 2019), con contributi di Giovanni Garbini, Sebastiano Tusa, Tommaso Gnoli, W.M. Murray, J.R.W. Prag, Jeffre G. Royal, Aja Rose, Gemma Alia, Meritxell Aulinas, Robert A. Blanchette, Roberto Cabella, Claudio Capelli, Edward Faber, Benjamin W. Held, Jon C. Henderson, Michele Piazza, Lloyd Weeks, Cecilia Albana Buccellato, Francesca Oliveri, A.L. Goldman. La battaglia finale della prima guerra punica tra romani e cartaginesi, la battaglia delle isole Egadi, ebbe luogo nel 241 a.C. Nell’ambito del progetto di indagine sulle Isole Egadi condotto dalla Soprintendenza del Mare, in Sicilia, un’indagine intensiva ha portato a scoperte uniche da un antico campo di battaglia. Questa pubblicazione include le stagioni sul campo dal 2010-‘15. Reperti di arieti da guerra in bronzo, armature, anfore, iscrizioni e prove di siti di relitti confermano la scoperta di questo antico paesaggio di battaglia navale. Inoltre, questi manufatti forniscono nuove linee di indagine sull’epigrafia latina e sul ruolo dei funzionari, la formazione di paesaggi di battaglia, le dimensioni delle navi da guerra e i loro arieti, i tipi di armature personali, i cambiamenti culturali durante il III sec. a.C. e l’economia della flotta costruzione durante la prima guerra punica.
Roma. Per i “Martedì di Carthago” alla Curia Julia giornata di studi “Fenici e Cartaginesi: patrimonio e ricerca archeologica in Sardegna”: nuove acquisizioni, progetti in corso e azioni di tutela del patrimonio fenicio e punico in Sardegna

L’invito alla Giornata di Studi “Fenici e Cartaginesi: patrimonio e ricerca archeologica in Sardegna” nell’ambito dei “Martedì di Carthago”
“Fenici e Cartaginesi: patrimonio e ricerca archeologica in Sardegna” è il tema della giornata di studi promossa dal parco archeologico del Colosseo, diretto da Alfonsina Russo, nell’ambito del ciclo “I martedì di Carthago” a corollario della mostra “CARTHAGO. Il mito immortale”, al Parco archeologico del Colosseo fino al 29 marzo 2020. Appuntamento martedì 26 novembre 2019 alla Curia Iulia nel Foro Romano a partire dalle 9, occasione di aggiornamento sui nuovi studi e sulle attività in corso sul mondo fenicio-punico in Sardegna, con l’obiettivo di stimolare e aprire un dibattito per il futuro, coinvolgendo le diverse Istituzioni attive sul territorio e nell’ambito della ricerca. Aprono la Giornata di studi i saluti dei curatori dell’evento, Alfonsina Russo, direttore del parco archeologico del Colosseo, e Paolo Xella dell’università di Tübingen, col contributo al coordinamento di Martina Almonte e Federica Rinaldi (parco archeologico del Colosseo), Francesca Guarneri (soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l’Area Metropolitana di Roma la Provincia di Viterbo e l’Etruria Meridionale), e José Ángel Zamora López (Escuela Española de Historia y Arqueología-CSIC). La Giornata presenterà le nuove acquisizioni, i progetti in corso e le azioni di tutela del patrimonio fenicio e punico in Sardegna, coinvolgendo le diverse Istituzioni attive sul territorio e nell’ambito della ricerca. Nella prima sessione verranno presentate da parte della soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Cagliari e le province di Oristano e Sud Sardegna, della soprintendenza per le province di Sassari e Nuoro e del Polo Museale della Sardegna i risultati delle attività di ricerca e di valorizzazione. Nel pomeriggio proseguono gli interventi, tra le attività del Polo Museale fino all’inserimento della Sardegna Fenicia e Punica nel contesto Mediterraneo, coinvolgendo l’università della Tuscia. La Giornata di Studio mira quindi a costituire un’occasione di aggiornamento sui nuovi studi e sulle attività in corso sul mondo fenicio-punico in Sardegna, con l’obiettivo di stimolare e aprire un dibattito per il futuro.
Antico Egitto. Eccezionale scoperta a sud della piramide di Unas a Saqqara: in fondo a un pozzo profondo 30 metri trovato un antico laboratorio di mummificazione, ancora con i contenitori e i prodotti usati per l’imbalsamazione. E poi 35 mummie, cinque sarcofagi e una maschera funeraria in argento dorato. Il ministro: “È solo l’inizio. Sveleremo i segreti delle mummie”

La maschera funeraria in argento dorato in una teca alla presentazione delle scoperte della missione egiziano-tedesca a Saqqara
L’emozione del ministro egiziano delle Antichità, Khaled al Anani, è palpabile quando si presenta al mondo per annunciare la nuova grande scoperta portata alla luce dalla missione archeologica egiziano-tedesca dello Sca (Supremo Consiglio delle Antichità) e dell’università di Tübingen nella necropoli di Saqqara (a circa 30 chilometri a sud del Cairo): rinvenuto a 30 metri di profondità un antico laboratorio di mummificazione che risale alla XXVI e XXVII dinastia (tra il VI e il V secolo a.C.), dove sono stati trovati cinque sarcofagi, 35 mummie, una bara di legno e diversi vasi per gli oli usati nella mummificazione. La missione è iniziata nel marzo 2016, e solo a metà maggio 2018 è riuscita a rilevare i pozzi: ma il lavoro di scavo della missione continua. “È solo l’inizio”, conferma Khaled al-Anani, durante l’annuncio della scoperta: “questa scoperta porterà nuovi importati risultati, ma bisognerà lavorare ancora a lungo nel sito: bisognerà dissotterrare almeno 55 mummie e alcuni scavi devono ancora essere svolti”. La scoperta è stata fatta a sud della piramide Unas a Saqqara, dove è stata trovata una mummia ornata di una maschera sepolcrale d’oro e pietre dure, oltre a 3 mummie e un certo numero di vasi canopi costruiti con calcite e altri reperti. La piramide di Unas è l’ultima delle piramidi edificate nella V dinastia. Nonostante le sue piccole dimensioni, è considerata una delle più importanti piramidi egizie in quanto è la prima struttura in cui sono stati iscritti i Testi delle Piramidi, formule di carattere funerario e religioso che avrebbero permesso la resurrezione del defunto tra le stelle imperiture.
“Questa scoperta è importante perché fornirà nuove informazioni sui segreti dell’imbalsamazione degli antichi egizi”, spiega il ministro. “Qui siamo di fronte a un laboratorio integrato per l’imbalsamazione, dove sono stati trovati alcuni vasi di ceramica che contengono ancora i resti di oli e prodotti usati nel processo di imbalsamazione con i nomi di questi prodotti scritti sopra i contenitori: un fatto eccezionale. E poi non dimentichiamo che, insieme a un notevole numero di statuette di ushabti e a cinque sarcofagi, è stata rinvenuta una maschera funeraria in argento dorato, un pezzo unico”. È dal 1900 che a sud della piramide di Unas non si effettuavano scavi, ricorda Mustafa Waziri, segretario generale del Supremo Consiglio delle Antichità: “Il primo pozzo scoperto era profondo 30 metri e in uno dei cinque sarcofagi scoperti è stata trovata una mummia decorata con perline”.
Come si vede nel video qui sopra, la missione ha iniziato la registrazione e la documentazione archeologica e fotografica, nonché la registrazione tridimensionale del laser delle iscrizioni delle camere funerarie nella regione. “C’è un gruppo di chimici e archeologi della missione egiziano-tedesca”, interviene il capo della missione, Ramadan Badri, “al lavoro sui resti di sostanze chimiche e oli che sono stati scoperti: una grande opportunità per sapere i segreti della mummificazione”.
Maschere funerarie. Le camere funerarie, scavate nella roccia, sono state trovate in fondo a un pozzo profondo 30 metri. Lì si sono presentati agli occhi degli egittologi mummie, bare di legno e sarcofagi. In una di queste bare, con incredibile sorpresa dei ricercatori della missione, è spuntata una maschera d’argento che copre il viso, molto probabilmente, di un uomo appartenente alla casta sacerdotale della XXVI dinastia. “Pochissime maschere di metalli preziosi sono state conservate fino ai giorni nostri, perché le tombe della maggior parte degli antichi dignitari egiziani sono state saccheggiate nel passato”, afferma il ministro. E il capo della missione Ramadan Badri: “Questa maschera, di un sacerdote dell’epoca Sawi, ha un’importanza rara perché è di argento dorato, e si sa che l’argento nell’Antico Egitto era uno dei metalli rari, importato da Paesi come la Grecia, e perciò più prezioso dell’oro è stato importato da alcuni paesi come la Grecia”. La missione ha anche trovato una maschera di una mummia coperta con pietre semi-preziose, e una serie di vasi canopi in calcite “alabastro egiziano” e una serie di statuette in faience e oli per l’imbalsamazione con scritte in lingua egizia antica.
Laboratorio di mummificazione. Sempre dentro il sito archeologico è stato rinvenuto un vero e proprio laboratorio per la mummificazione contenente tutto il necessario per l’imbalsamazione. Gli antichi abitanti delle rive del Nilo ritenevano che la preservazione della salma consentisse allo spirito del defunto di riappropriarsene in tempi successivi. Reperti come vasi di ceramica contenenti viscere, misurini e oli usati per la preparazione dei corpi sono ora sotto il vaglio degli scienziati. “Siamo di fronte a una miniera d’oro di informazioni sulla composizione chimica di questi oli”, conclude il capo della missione tedesco-egiziana.
Scoperta archeologica dell’anno: l’International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad” 2017 sarà assegnato a Paestum dalla Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico e da Archeo a Peter Pfälzner per aver scoperto in Iraq la grande città dell’Età del Bronzo presso il piccolo villaggio curdo di Bassetki. Presenti i tre figli archeologi di Khaled Asaad

i resti di una grande città del Bronzo scoperta in Iraq, vicino al villaggio curdo di Bassetki dalla missione dell’università di Tubinga
Cinque le nomination all’International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad”, per la scoperta archeologica dell’anno, e tutte particolarmente importanti e significative: la grande città dell’Età del Bronzo presso il piccolo villaggio curdo di Bassetki, Iraq; l’edificio della barca di Sesostri III e i graffiti di 120 navi ad Abido, Egitto; la prima opera architettonica dei Neanderthal in una caverna di Bruniquel, Francia; la città indo-greca di Bazira, Pakistan; le 400 tavolette di epoca romana ritrovate nella City di Londra, Regno Unito (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2017/06/21/annunciate-le-cinque-grandi-scoperte-archeologiche-del-2016-in-lizza-per-il-terzo-international-archaeological-discovery-award-khaled-al-asaad-promosso-da-borsa-mediterranea-del-turi/). Venerdì 27 ottobre 2017, alle 20.30, alla Borsa mediterranea del turismo archeologico, nell’area archeologica di Paestum, l’International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad” verrà assegnato alla scoperta della città dell’Età del Bronzo nel Kurdistan iracheno da parte di Peter Pfälzner. A pochi giorni dall’inizio della Bmta (26-29 ottobre 2017), prime anticipazioni sull’attesa kermesse che quest’anno festeggia il ventennale con un programma particolarmente ricco di eventi. E tra questi sicuramente da non perdere è l’International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad” che insieme ad altri due momenti (l’incontro “#pernondimenticare il Museo del Bardo, 18 marzo 2015” con la partecipazione del direttore Moncef Ben Moussa; “#unite4heritage for Palmyra”, la serie di incontri sulla distruzione del patrimonio culturale e sulla disintegrazione delle identità) dà un senso al fatto che la Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico sin dall’inizio sia riconosciuta da Unesco e Unwto quale best practice di dialogo interculturale.
La Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico e Archeo, la prima testata archeologica italiana – lo ricordiamo -, hanno inteso dare il giusto tributo alle scoperte archeologiche attraverso un Premio annuale, giunto alla terza edizione, assegnato in collaborazione con le testate internazionali, tradizionali media partner della Borsa: Current Archaeology (Regno Unito), Antike Welt (Germania), Dossiers d’Archéologie (Francia), Archäologie der Schweiz (Svizzera). Il premio, International Archaeological Discovery Award, è stato intitolato a Khaled al-Asaad, direttore dell’area archeologica e del museo di Palmira dal 1963 al 2003, che ha pagato con la vita la difesa del patrimonio culturale, e oggi è l’unico riconoscimento a livello mondiale dedicato al mondo dell’archeologia e in particolare ai suoi protagonisti, gli archeologi, che con sacrificio, dedizione, competenza e ricerca scientifica affrontano quotidianamente il loro compito nella doppia veste di studiosi del passato e di professionisti a servizio del territorio. Nella 1ª edizione (2015) il Premio è stato assegnato a Katerina Peristeri per la Tomba di Amphipolis (Grecia); la 2ª edizione (2016) all’INRAP Institut National de Recherches Archéologiques Préventives (Francia), nella persona del presidente Dominique Garcia, per la scoperta della Tomba celtica di Lavau.
Quest’anno ad assegnare l’International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad” a Peter Pfälzner, coordinatore della missione archeologica e direttore del dipartimento di Archeologia del Vicino Oriente dell’IANES (Institute Ancient Near Eastern Studies) dell’Università di Tubinga in Germania, per la scoperta della grande città dell’Età del Bronzo nel nord dell’Iraq situata presso il piccolo villaggio curdo di Bassetki nella regione autonoma del Kurdistan, fondata intorno al 3000 a.C. e la cui storia si è protratta per 1200 anni, interverranno tre ospiti speciali: Waleed, Fayrouz e Omar, cioè i tre figli di Khaled al-Asaad, tutti e tre archeologi. Waleed, ultimo direttore dell’area archeologica e del museo di Palmira, era stato catturato insieme al padre e poi rilasciato dall’Isis nel 2015. Una prigionia di sei lunghi mesi fatta di violenze psicologiche e anche fisiche. Fayrouz, archeologa, vive a Berlino dove sta completando un master all’università in attesa di tornare in patria. Con il padre e con il fratello maggiore Waleed, che ne aveva ereditato il ruolo di direttore del sito, Fayrouz lavorava quotidianamente. Omar, archeologo, era presente con la madre al momento del rapimento del padre.
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