Egitto. Al Cairo workshop interdisciplinare, in presenza e on line, “Archeologia e ambiente. Antiche comunità di confine tra sabbia e corsi d’acqua” promosso dal Cnr-Ispc con l’omologo egiziano sui dati recenti degli scavi di Tell el-Maskhuta, l’antica città di Tjeku, importante città ai confini dell’Egitto e lungo importanti vie di comunicazione
Focus sul sito di Tell el-Maskhuta, nella parte orientale del Wadi Tumilat (Delta orientale, circa 15 km a ovest di Ismailiya), indagato da diversi anni dal CNR-Missione Egittologica Multidisciplinare (CNR-MEM) dell’Istituto di Scienza del Patrimonio (ISPC) del Consiglio Nazionale delle Ricerche, che opera con il riconoscimento istituzionale del ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale. È l’obiettivo del workshop interdisciplinare “Archeologia e ambiente. Antiche comunità di confine tra sabbia e corsi d’acqua” in programma a Il Cairo il 27 novembre 2024 sotto gli auspici del prof. Fagr Abdel Gawad, presidente ad interim del Centro Nazionale delle Ricerche egiziano. Il workshop si può seguire on line: fai clic su https://zoom.us/j/8294969597?omn=99364923599 (passcode: 98765) per avviare o partecipare alla riunione Zoom pianificata. Il workshop internazionale è organizzato dal CNR-ISPC italiano in collaborazione con il Centro Nazionale delle Ricerche egiziano per condividere e discutere i dati recenti degli scavi di Tell el-Maskhuta e discutere l’esistenza di un’importante città ai confini dell’Egitto e lungo importanti vie di comunicazione. Il tema del workshop è stato esteso a siti archeologici della stessa regione o in aree con caratteristiche simili.

Il sito di Tell el-Maskhuta, l’antica città di Tjeku, situata non lontano dal Canale di Suez, in posizione strategica lungo il Wadi Tumilat (foto cnr-ispc)
Il CNR-MEM opera a Tell el-Maskhuta applicando tecnologie avanzate, quali indagini geofisiche elettromagnetiche, implementazione di modelli numerici del tell e delle strutture ecc. Questo approccio consente una documentazione molto accurata del sito archeologico. Tell el-Maskhuta, identificata con l’antica città di Tjeku e situata non lontano dal Canale di Suez, nasconde una grande città antica che doveva la sua importanza alla sua posizione lungo il Wadi Tumilat, all’estremo confine nord-orientale dell’Egitto, lungo una delle rotte più importanti verso il Levante. Inoltre, anticamente, lungo il Wadi Tumilat veniva scavato un canale navigabile, il cosiddetto Canale dei Faraoni. L’antica Tjeku era una grande città, ricca di commercio internazionale. Sono state scavate alcune parti di un grande muro di cinta (circa 200 m x 300 m), in alcuni tratti conservato in tutta la sua elevazione. In una zona così di confine, le mura di Tjeku dovevano mostrare la potenza dell’Egitto, dei suoi re e dei suoi dei, alle genti che arrivavano dal Levante. Il lato settentrionale del recinto conserva dimensioni sorprendenti: circa 8 m sopra l’attuale livello del suolo e 22 m di spessore. Nel corso delle recenti campagne di scavo è stata rinvenuta una grande rampa che parte dalla sommità dell’enorme muro settentrionale e scende verso l’esterno. È stata inoltre rinvenuta una grande discarica di anfore. Il grande accumulo, solo parzialmente scavato, è una tipica discarica di container inutilizzabili formatasi nei pressi di un porto commerciale. La discarica fornisce una miniera di dati sul commercio dell’antico Egitto e indica la vicinanza di un porto sul canale navigabile. Il grande muro settentrionale può quindi essere identificato con un’infrastruttura civile del porto sul canale navigabile. Inoltre, il carotaggio ha fornito interessanti spunti sull’ambiente antico, con indicazioni chiave sui corpi idrici del passato. In conclusione, le recenti campagne rivelano nuovi importanti dati sul percorso dell’antico canale navigabile che collegava anticamente il Mediterraneo e il Mar Rosso.
PROGRAMMA. Alle 9 (ora de Il Cairo), saluti di benvenuto; 10, I SESSIONE: Centro nazionale delle Ricerche per il patrimonio culturale, presiede: Medhat Ibrahim. Interventi: Medhat A. Ibrahim, Centro nazionale di ricerca, Egitto, “Modellistica molecolare e spettroscopia: tecnologie applicate al patrimonio culturale”; Ahmed Refaat, Centro nazionale di ricerca, Egitto, “Integrazione tra patrimonio culturale e spettroscopia: analisi spettroscopiche di icone di valore storico e artistico”. 10.40, II SESSIONE: Comunità di frontiera, presiede Gihane Zaki. Interventi: Gihane Zaki, Institut d’E gypte, CNRS – UMR 8167, SHS – Université Paris Sorbonne, “L’impatto dei cambiamenti climatici sull’isola di Biggeh. L’archeologia alle sfide del Terzo Millennio”; Amr Abdel-Rauf, Università di Zagazig, “Ricostruzione paleoambientale dell’area di insediamento dell’antica Bubastis, delta sud-orientale del Nilo (Egitto)”; Mohamed Abdel-Maksoud, Tell Hebua la porta orientale dell’Egitto”; 11.40, pausa caffè; 12.40, II SESSIONE: Comunità di confine, presiede: Gihane Zaki. Interventi: Sayed Abdel-Alim, Hanin Mustafa, “Paleo-paesaggio acquatico dell’Università di Ain Shams nel Sinai nordoccidentale. Impatto del ramo pelusico del Nilo sulla continuità e rottura degli insediamenti urbani e militari”; Mustafa Hassan, Ministero del Turismo e delle Antichità, “Recenti scoperte archeologiche nell’area delle Antichità di Ismailia”; Mustafa Nur el-Din, Ministero del Turismo e delle Antichità, “Antichi canali artificiali nel Wadi Tumilat e nell’istmo di Suez”; 13.40, III SESSIONE: Tell el -Maskhuta e il Canale dei Faraoni. Condivisione dei dati sulle comunità di confine, presiede: Tarek Tawfik. Interventi: Bruno Marcolongo, Consiglio Nazionale delle Ricerche italiano, Istituto di Scienza del Patrimonio “Sulle tracce dell’antica Tumilat con l’occhio del geomorfologo”; Giuseppina Capriotti Vittozzi, Consiglio Nazionale delle Ricerche italiano, Istituto di Scienza del Patrimonio, “Tell el-Maskhuta e il Canale dei Faraoni: scoperte recenti”; Andrea Angelini, Consiglio Nazionale delle Ricerche Italiano, Istituto di Scienze del Patrimonio, “Applicazioni tecnologiche ai recenti scavi in Tell el-Maskhuta: le infrastrutture portuali”; Ilaria Mazzini, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria, “Ricostruzione preliminare del paesaggio olocenico nell’area di Tell el-Maskhuta”.
Torino. Al museo Egizio apre la sala Nefertari col corredo funerario della tomba della Grande Sposa Reale di Ramses II scoperta da Schiaparelli proprio 120 anni fa. E nel pomeriggio conferenza di Tarek Tawfik (università del Cairo) su “The Tomb of Nefertari. Encountering the Queen”. Conferenza in presenza e on line in collaborazione con Acme

Sala Nefertari al museo Egizio di Torino: gli ushabti dal corredo della tomba della regina (foto museo egizio)

Sala Nefertari al museo Egizio di Torino: allestimento con Enrico Ferraris (foto museo egizio)

Sala Nefertari al museo Egizio di Torino: allestimento con Cinzia Soddu (foto museo egizio)
Il corredo funerario della regina Nefertari (1295-1255 a. C.) torna a Torino al termine di un tour internazionale, durato 8 anni e partito da Leiden in Olanda nel 2016 per poi toccare l’Ermitage di San Pietroburgo in Russia e numerosi musei oltreoceano, negli Stati Uniti e in Canada. E dal 9 agosto 2024 al museo Egizio di Torino si può ammirare la sala Nefertari nel nuovo allestimento curato da Enrico Ferraris, con la collaborazione di Cinzia Soddu, e realizzato con il sostegno della Fondazione Crt.
Monili, amuleti, ushabti e calzari: sono alcuni dei reperti in esposizione, che ritornano nelle vetrine di inizio Novecento, volute da Ernesto Schiaparelli, all’epoca alla guida del Museo Egizio e che nella Valle delle Regine nei pressi di Luxor, il 12 marzo 1904 scoprì la tomba della Regina Nefertari: “Nella parte superiore del declivio, i nostri scavatori misero in luce i primi gradini di una scala scavata nella rupe sottostante. […] Col furore che invade i lavoranti quando sanno di essere vicini alla scoperta di una tomba, i mucchi di macerie che coprivano la scala vennero in breve sgombrati; e col rapido procedere del lavoro venne progressivamente in luce una bella scala. […] La tomba era aperta, e non rimaneva più alcuna traccia dell’antica chiusura […].”. È nell’inverno 1903 che Schiaparelli avvia la Missione Archeologica Italiana nel sito, dove con i colleghi egiziani e italiani, concentrerà le sue ricerche per tre anni. Oltre 40 furono le tombe scoperte, ma il ritrovamento più sensazionale fu quello della tomba della regina Nefertari, Grande Sposa Reale di Ramesse II, che ancora oggi incanta per la bellezza della decorazione dipinta.

Dettaglio del modellino ligneo della tomba di Nefertari, fatto realizzare da Schiaparelli nei primi decenni del Novecento (foto graziano tavan)
In esposizione anche il modellino ligneo della tomba, fatto realizzare da Schiaparelli nei primi decenni del Novecento. La riproduzione offre la possibilità di guardare nei minimi dettagli il complesso ciclo di pitture dedicate al viaggio ultraterreno della regina Nefertari e che servì al Getty Conservation Institute da base per i restauri delle pitture originali negli anni Novanta.
In occasione dell’apertura della sala, è atteso a Torino al museo Egizio, un ospite d’eccezione: Tarek Tawfik, presidente dell’Associazione Internazionale degli Egittologi, direttore del Centro per gli Studi Archeologici e il Patrimonio Internazionale a Luxor, già direttore generale del Grand Egyptian Museum (Gem), nuovo appuntamento, con le conferenze organizzate con l’Associazione ACME, Amici e Collaboratori del Museo Egizio. Il professore Tawfik incontra il pubblico il 9 agosto 2024, alle 18, nella sala conferenze dell’Egizio con la conferenza “The Tomb of Nefertari. Encountering the Queen”. L’ingresso in sala conferenze è libero con prenotazione obbligatoria al link https://www.eventbrite.it/…/the-tomb-of-nefertari… Evento in inglese con traduzione simultanea in italiano in sala. Disponibile anche in streaming sui canali Facebook e YouTube del Museo Egizio. Il programma di incontri è realizzato in collaborazione con il dipartimento di Studi storici dell’università di Torino. Tra i temi toccati nel corso della sua conferenza le sfide da fronteggiare per rendere nuovamente accessibile la tomba di Nefertari, al momento chiusa al pubblico, per preservarne le decorazioni parietali.

Ritratto di Nefertari dipinto all’interno della sua tomba nella Valle delle Regine a Tebe Ovest in Egitto (foto graziano tavan)

L’interno totalmente affrescato della Tomba di Nefertari nella Valle delle Regine a Tebe Ovest in Egitto (foto graziano tavan)
La Regina Nefertari doveva essere una donna eccezionale. Durante il regno del re Seti I, si sposa con il principe Ramesse e riesce a rimanere la “grande sposa reale” di Ramses il Grande fino alla sua morte. Le lettere cuneiformi rivelano il suo ruolo nella diplomazia estera con gli Ittiti e la sua prominente apparizione nel grande tempio adiacente al gigantesco tempio di Ramses II ad Abu Simbel sottolinea il suo coinvolgimento nel dimostrare la supremazia politica verso i confini meridionali dell’Egitto. I dettagli nella sua straordinaria tomba decorata (QV66) permettono un incontro ravvicinato con questa regina che conquistò il cuore di Ramesse II. Ci si immergerà nel mondo di Nefertari per comprendere l’architettura della sua tomba e le scene religiose che tanto rivelano sull’arte e lo stile di vita di una delle più famose spose reali del Nuovo Regno. Deve essere stata una sfida per gli artigiani del tempo creare una tomba così incredibilmente decorata, ma è anche una sfida per noi oggi preservarla per farla ammirare alle future generazioni.

Tarek Tawfik, presidente dell’associazione internazionale degli Egittologi
Tarek Sayed Tawfik Ahmed ha conseguito una laurea e un master in Egittologia alla Facoltà di Archeologia dell’università del Cairo e un dottorato di ricerca in Egittologia all’università di Bonn, in Germania. Ricopre il ruolo di direttore del Centro per gli Studi Archeologici e il Patrimonio Internazionale a Luxor, ed è stato direttore generale del Progetto del Grande Museo Egizio, dove continua a svolgere un ruolo chiave come membro del Comitato Superiore del ministero del Turismo e delle Antichità per Musei ed Esposizioni. Tawfik è il vicedirettore degli scavi di Saqqara per la Facoltà di Archeologia dell’università del Cairo. È professore associato di Egittologia presso la stessa facoltà; inoltre, è anche visiting professor in diverse importanti università a livello mondiale. Tawfik è stato eletto vice presidente dell’Associazione Internazionale degli Egittologi nel novembre 2019. Fa parte del comitato editoriale del British Journal of Egyptian Archaeology (JEA) dal 2014. Inoltre, è vicepresidente del Consiglio Internazionale dei Musei in Egitto (ICOM). Di recente, Tawfik è stato eletto presidente dell’Associazione Internazionale degli Egittologi durante la Conferenza ICE XIII a Leiden nel 2023.
“Tutankhamon a Roma nel 2018”: Zahi Hawass alla Borsa Mediterranea del Turismo archeologico di Paestum ha annunciato un tour mondiale della maschera funeraria del famoso faraone prima che tutto il tesoro di Tut sia trasferito al Grand Egyptian Museum (Gem) in costruzione a Giza. Intanto nuovi studi: “Sotto la Sfinge non c’è nulla, altro che alieni!”

La maschera funeraria di Tutankhamon: uno dei tesori trovati da Carter e Carnarvon nella tomba del giovane faraone
La maschera funeraria di Tutankhamon sarà esposta eccezionalmente a Roma nel giugno 2018. Non è una boutade. Ad annunciarlo ufficialmente in un incontro molto applaudito alla XIX Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico di Paestum una fonte attendibile: l’ex segretario generale del Consiglio supremo delle Antichità egizie, Zahi Hawass. Il “faraone” è tornato. E anche se oggi – dopo le alterne vicissitudini che lo hanno coinvolto direttamente dalla caduta del governo Mubarak – non riveste più un ruolo ufficiale (rimane comunque nella commissione governativa incaricata di far rientrare i tesori egizi dal mondo), rimane ancora l’egittologo egiziano più famoso lontano dal Nilo, sempre pronto a difendere e valorizzare il patrimonio artistico del suo Paese e, in definitiva, a promuovere l’Egitto. “La maschera è stata finalmente riportata al suo splendore da un nuovo recente restauro – spiega – e dalla fine del prossimo anno la porteremo in giro per il mondo, fino ad esporla a Roma. Vogliamo che i rapporti tra le nostre nazioni riprendano fortissimi come una volta. Dovete tornare in Egitto – esorta- abbiamo bisogno degli italiani per tenere vivi i nostri monumenti. Vi assicuro che ora il mio Paese è sicuro”. Se Hawass vede “l’operazione Tut” come già fatta, da parte delle autorità egiziane la prudenza è d’obbligo. Non solo non si sbilanciano sul tour della maschera di Tutankhamon e tanto meno sulle date, ma ricordano pure che al momento per legge la maschera d’oro è uno dei tesori inamovibili e che non possono andare all’estero. Vedremo.
Ma come sarà allora possibile che uno dei tesori più famosi al mondo conservati nel museo Egizio del Cairo prenda la strada dell’estero? In realtà questa sarebbe una operazione di marketing abbastanza frequente quando i grandi musei si trovano costretti a fermare le visite del pubblico per impegnativi interventi di ristrutturazione o di riallestimento. Pensiamo alla “Ragazza con l’orecchino di perla” di Vermeer capolavoro-simbolo della Mauritshuis dell’Aia, o, per restare in ambito egizio, la collezione del museo nazionale di Antichità di Leiden ancora in Olanda, che hanno girato il mondo mentre si restauravano le rispettive sedi museali. Anche la maschera funeraria di Tutankhamon potrebbe dunque diventare ambasciatore speciale e straordinario del tesoro del faraone bambino, ma non più come simbolo del museo Egizio del Cairo bensì del nuovo Grande museo Egizio del Cairo, il Gem (Grand Egyptian Museum), che sta sorgendo nella piana di Giza, all’ombra delle piramidi: più di una decina di anni fa, infatti, di fronte alla situazione oggettiva del museo di piazza Tahir, un palazzo neoclassico inaugurato nel 1902, sovraccaricato di mummie, statue e altri reperti (“Un magazzino”, bollato a Parigi), l’allora ministro della Cultura Farouk Hosny accarezzò l’idea di un nuovo museo Egizio, che ospitasse tutto il tesoro della tomba di Tutankhamon, scoperta nel 1922, per ospitare il quale si individuò uno spazio nel museo Egizio del Cairo, che da allora fu costretto a “stringersi”, per conservare il prezioso tesoro: oggi custodisce 160mila pezzi, di cui esposti solo 60mila. Alla fine il Gem, su una superficie di 47 ettari, conterrà 100mila pezzi provenienti da 5 aree dell’Antico Regno, 4500 dei quali saranno l’intera collezione dei ritrovamenti di Tutankhamon. “La questione è che oggi la presentazione dei tesori del faraone Tut è giocoforza circoscritta a due gallerie in un’unica sala, troppo poco per un repertorio di quel livello”, dice Tarek Tawfik, direttore del progetto del nuovo Grand Egyptian Museum, che metterà in mostra gli oggetti con criterio tematico. “I reperti saranno presentati in modo tale che i visitatori abbiano idea dell’ambiente in cui sono stati trovati”.
Ma quando aprirà il Gem? In questi anni gli annunci della data di inaugurazione si sono sprecati, complicata anche dagli eventi politici che hanno coinvolto l’Egitto dal 2011. Per ora a Giza si può vedere una selva di gru che disturbano non poco lo skyline delle piramidi. Ma stavolta la data del 2018 sembrerebbe abbastanza plausibile. Non solo per l’annuncio di Zahi Hawass dalla platea della Bmta di Paestum, ma anche perché, come avrebbe confermato il ministro delle Antichità egizie Khaled El-Enany, sarebbe già iniziato lo spostamento del tesoro di Tutankhamon destinato a trasferirsi permanentemente al Gem di Giza dopo più di 80 anni di presenza al Cairo.
A Paestum non si è parlato solo di Tutankhamon. Spaziando a tutto campo, Zahai Hawass si è scagliato contro quei “musei che vendono antichità come quello di Toledo in Ohio e contro i folli dell’Isis che hanno l’obiettivo di rubare i nostri tesori per rivenderli. Chiunque compera opere rubate – stigmatizza – è un collaboratore dell’Isis. L’Unesco deve insegnare a chi lavora nei musei in Libia, Iraq e Siria come nascondere i propri tesori”. Zahi Hawass ha poi raccontato come i comandanti dell’esercito siano intervenuti a preservare i tesori custoditi al museo Egizio del Cairo durante i due anni di crisi tra il 2010 e il 2011 (“Mille tombaroli hanno provato a depredare il museo”, ricorda), per poi illustrare come, per la prima volta, si stiano eseguendo le scansioni delle Piramidi grazie ai nuovi radar messi a disposizione per le ricerche del team scientifico tra Il Cairo, Alessandria e la Valle dei Re. In quest’ultimo sito con tecniche progettate in Italia in collaborazione con l’università di Torino. “Forse già a dicembre riusciremo ad annunciare nuove grandi scoperte. Intanto posso confermare anche a voi che sotto la Sfinge non ci sono gli alieni”, ha scherzato, mostrando le immagini frutto di 32 perforazioni effettuate con le nuove tecniche che confermano come sotto la roccia non ci sia nulla.














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Poi abbiamo iniziato un’attività, che tutti voi conoscete, “What is a museum” (vedi 
“L’ha già detto la presidente, il 1° gennaio 2024 la Città di Torino regala il concerto di Capodanno in piazza Castello con l’orchestra Filarmonica di Torino con protagonista l’Egizio, in diretta televisiva su Sky Classica.







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