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Carpi, la storia di Palazzo Castelvecchio raccontato con i risultati degli scavi archeologici della soprintendenza

Scavi all’interno di Palazzo Castelvecchio a Carpi (Mo)

Una vecchia immagine di Palazzo Castelvecchio a Carpi

“Storia ed evoluzione di Palazzo Castelvecchio, dai Pio ai giorni nostri” è il tema dell’incontro pubblico promosso giovedì 11 ottobre 2018, dalle 17 alle 20, al Castello dei Pio di Carpi, da soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara e dal Comune di Carpi per presentare a cittadini e turisti gli esiti delle indagini archeologiche effettuate nel Palazzo Castelvecchio. L’iniziativa fa parte di EnERgie Diffuse, settimana di promozione della cultura organizzata dalla Regione Emilia-Romagna. Dopo i saluti istituzionali (alle 17) del vicesindaco di Carpi Simone Morelli, e della soprintendente Cristina Ambrosini, la direttrice dei Musei di Palazzo dei Pio, Manuela Rossi, illustrerà la temperie storico artistica nella quale si inseriscono le vicende del Palazzo in relazione alla famiglia dei Pio. Seguono gli interventi dell’archeologa della soprintendenza Sara Campagnari, che ha diretto lo scavo, che illustrerà gli importanti rinvenimenti che consentiranno di precisare le conoscenze sul tessuto insediativo carpigiano in epoca medievale e rinascimentale. L’incontro fornirà anche l’occasione per parlare dell’evoluzione del palazzo sotto il profilo storico-architettonico grazie al contributo dell’architetto della soprintendenza Emanuela Storchi. Infine, alle 19, visita guidata al Palazzo dei Pio, per conoscere la fase più antica dell’edificio, e alla Chiesa della Sagra, a cura dei Musei di Palazzo dei Pio, e concomitante attività didattica per i bambini.

Mirandola (Mo), a sei anni dal terremoto del 2012, per le Giornate europee del Patrimonio 2018, “porte aperte” ai cantieri di restauro e miglioramento sismico del duomo e dell’ex municipio, con visite guidate a cura della soprintendenza

La chiesa di Santa Maria Maggiore, il duomo di Mirandola, gravemente danneggiato dal terremoto del 2012

A Mirandola (Mo) le Giornate Europee del Patrimonio, su proposta della soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio di Bologna, quest’anno avranno un sapore speciale. Sabato 22 settembre 2018, in piazza della Conciliazione, dalle 10 alle 12 (ingresso gratuito, prenotazione obbligatoria), presentazione dei lavori di restauro e miglioramento sismico del duomo di Mirandola colpito dal terremoto del 20 e del 29 Maggio 2012 e visite guidate al cantiere della chiesa di S. Maria Maggiore. A poco più di sei anni dal tragico sisma che ha colpito l’Emilia-Romagna nel maggio 2012 viene aperto al pubblico in via straordinaria il cantiere di restauro e miglioramento sismico della chiesa di S. Maria Maggiore di Mirandola, il duomo della città, che ha subito gravi crolli nella navata centrale, nella navata laterale sinistra e di parte della copertura dell’abside. Alle 10, apertura dell’iniziativa con i saluti istituzionali. A seguire, alle 10.30, 11 e 11.30 (prenotazione obbligatoria per max 10-15 persona a visita: inviare mail a Patrizia Grazioli patrizia.grazioli@beniculturali.it) si terranno tre visite guidate al cantiere a cura del progettista, della direzione lavori, del R.U.P della Diocesi di Carpi e delle funzionarie della soprintendenza competenti per il territorio di Mirandola: l’arch. Emanuela Storchi (che segue come alta sorveglianza l’esecuzione dei lavori) e la storica dell’arte Elena Marconi. Le visite guidate illustreranno lo stato di avanzamento dei lavori, il progetto di ricostruzione e completamento delle parti crollate e la restituzione alla cittadinanza del monumento consolidato e restaurato in collaborazione con la Diocesi di Carpi e la Parrocchia di S. Maria Maggiore di Mirandola.

L’ex municipio di Mirandola, danneggiato dal terremoto del 2012

Il palazzo municipale di Mirandola. Nel pomeriggio, , dalle 15 alle 19, sempre di sabato 22 settembre 2018, incontro pubblico a ingresso gratuito in sala consiliare del Comune in via Giolitti cantiere del Palazzo Municipale, oggetto di lavori di restauro e miglioramento sismico dopo il terremoto del 20 e del 29 Maggio 2012. L’iniziativa proposta dalla soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio di Bologna in occasione delle GEP 2018 prevede un incontro con i progettisti, il R.U.P del Municipio di Mirandola e le due funzionarie della soprintendenza competenti per il territorio di Mirandola che illustreranno alla cittadinanza lo stato di avanzamento dei lavori e il progetto di restauro e miglioramento sismico dello stabile. L’arch. Emanuela Storchi (che segue come alta sorveglianza l’esecuzione dei lavori) e l’archeologa Cinzia Cavallari racconteranno nei dettagli la storia dell’antico palazzo dei Pico passando in rassegna i tanti aspetti della sua evoluzione archeologica e architettonica.

Giornate Europee del Patrimonio. A Bologna “Panem et circenses”: tutto quello che avreste voluto sapere sul cibo, dalla preistoria al XIX secolo

Il manifesto dell’iniziativa della soprintendenza “Panem et circenses”

Tutto quello che avreste voluto sapere sul cibo, dalla preistoria al XIX secolo. Dall’archeologia culinaria alla simbologia della preparazione, rituali e curiosità sull’uso e l’evoluzione del cibo, elemento di condivisione per eccellenza, con visite guidate al laboratorio di restauro, divertente “caccia al coccio” per i più piccoli e breve storia per immagini di Via Belle Arti e del suo quartiere. Ecco in sintesi “Panem et circenses. Il cibo tra necessità, condivisione e ostentazione dalla Preistoria all’età moderna”, l’iniziativa della soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara in occasione delle Giornate Europee del Patrimonio 2018. Appuntamento a Palazzo Ancarano a Bologna, sede della soprintendenza, sabato 22 settembre, dalle 9.30 alle 12.30, con ingresso libero: archeologi, storici dell’arte, restauratori e servizi educativi della soprintendenza accolgono il pubblico per proporre “Panem et circenses”, variegata iniziativa che tratta il tema del cibo, dall’archeologia alla storia dell’arte, dal vasellame da mensa al gioco per i più piccoli.

L’archeologa Cinzia Cavallari

La storica dell’arte Anna Stanzani

In tutte le culture il cibo ha un valore simbolico e sociale e quindi non solo la sua preparazione e conservazione ma anche la sua rappresentazione sono temi importanti sia dell’archeologia che dell’arte. L’archeologa Cinzia Cavallari e la storica dell’arte Anna Stanzani propongono “Il cibo tra necessità, condivisione e ostentazione dalla Preistoria all’età moderna”, percorso per immagini commentate sull’alimentazione e la “liturgia” dei pasti. Nel corso della Preistoria, da un’economia basata sulla caccia e la raccolta dei frutti spontanei si passa, a seguito della scoperta dell’agricoltura e dell’allevamento, a un cambiamento radicale: di fatto il focolare domestico diventa simbolo di famiglia e di comunità. L’alimentazione accompagna la storia dell’uomo in tutte le sue sfaccettature, tra necessità di sostentamento a strumento di ostentazione di stato sociale. Pasti frugali, banchetti sontuosi in età romana e medievale, mutazioni del gusto, mode, sfruttamento delle risorse naturali, cucine, vasellame da mensa e contenitori per la cottura e la conservazione dei cibi costituiranno un’originale chiave di lettura per comprendere l’evoluzione delle società antiche, medievali e post-medievali. Per l’età moderna, si aprirà una finestra particolare: quali sono i cibi e le suppellettili messi in tavola dai pittori? E quali sono le occasioni principali per rappresentare il cibo e i temi conviviali? Banchetti sacri e profani, cucine e osterie, nature morte e mercati saranno il filo conduttore di un viaggio nella civiltà della tavola.

Il laboratorio di restauro della soprintendenza

Siriana Zucchini propone ai più piccoli l’esperienza ludico-formativa “Caccia ai cocci” per bambini dai 6 agli 11 anni, con ricerca di tessere che andranno a comporre le immagini di reperti legati al cibo di cui i bambini potranno vedere l’originale nel laboratorio di restauro e scoprirne l’uso. Il laboratorio di restauro sarà aperto al pubblico fino alle 12.30: i restauratori Mauro Ricci e Virna Scarnecchia mostreranno vasi, brocche, bicchieri, posate, contenitori da mensa e da cucina, illustrando le varie fasi del loro restauro. Infine una serie di immagini commentate illustreranno brevemente la millenaria storia del quartiere e di via Belle Arti, lo sviluppo urbanistico di quest’area, gli edifici più significativi del passato e del presente e le illustri personalità che hanno vissuto in quella che fino al 1877 era chiamata Borgo della Paglia.

Al museo Archeologico nazionale di Ferrara la presentazione degli Atti del convegno “Spina- Neue Perspektiven archaeologischen Erforshcung / Nuove prospettive della ricerca archeologica” (Zurigo, 2012): un libro di grande importanza per la conoscenza dell’antica città di Spina

La copertina del volume sugli Atti del convegno di Zurigo “Spina- Neue Perspektiven archaeologischen Erforshcung / Nuove prospettive della ricerca archeologica”

A sei anni dal convegno “Spina- Neue Perspektiven archaeologischen Erforshcung / Nuove prospettive della ricerca archeologica”, tenutosi a Zurigo il 4 e 5 maggio 2012, il museo Archeologico nazionale di Ferrara presenta gli Atti del Convegno di Zurigo, solo recentemente pubblicato (2017) dopo la lunga gestazione richiesta dall’importanza dei temi trattati, “un libro di grande importanza per la conoscenza dell’antica città di Spina”, sottolinea il direttore del Polo Museale dell’Emilia-Romagna Mario Scalini.

Le ricche necropoli della città di Spina furono scoperte nel 1922

La città etrusca di Spina sul bordo meridionale dell’attuale delta del fiume Po è stata a lungo oggetto di ricerca per le necropoli scoperte nel 1922 e scavate successivamente. Le loro parecchie migliaia di tombe contenevano uno dei più grandi complessi di reperti di ceramica attica in tutto il Mediterraneo. Dal 2007, nell’ambito di un progetto di ricerca internazionale, il centro storico della città è stato esplorato in termini di urbanistica, architettura residenziale, spazio naturale, stratigrafia e cronologia assoluta, i cui ricchi risultati sono contenuti per la prima volta in 15 articoli negli Atti del convegno di Zurigo. Questi studi riguardano la fase ellenistica e la produzione di sale evaporativo a Spina, le strutture del IV secolo a.C., le prospettive future della ricerca, il contesto geo-archeologico e la stratigrafia dell’insediamento etrusco, l’evidenza paleobotanica, la tecnica costruttiva e la vita di tutti i giorni. nelle case in legno e in rovere del VI-IV secolo e nei tipi di ceramica grezza e fine.

Le sale dedicate alle necropoli di Spina nel museo Archeologico nazionale di Ferrara

L’appuntamento al museo Archeologico nazionale di Ferrara giovedì 13 settembre 2018, alle 16, per la presentazione degli Atti del Convegno. Dopo i saluti di Mario Scalini, direttore del Polo Museale, e del direttore del museo Archeologico Paola Desantis, intervengono Luigi Malnati, soprintendente emerito della soprintendenza Archeologica dell’Emilia Romagna; Cristina Ambrosini, soprintendente Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la città Metropolitana di Bologna e per le Province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara; Giuseppe Sassatelli, professore ordinario di Etruscologia e Archeologia Italica; Christoph Reusser, professore ordinario di Archeologia Classica all’università di Zurigo. L’iniziativa è realizzata con la collaborazione del Gruppo Archeologico Ferrarese.

Due week end sulle orme degli antichi romani: visite guidate della soprintendenza alla strada romana di Bentivoglio (Bo), probabilmente un tratto della via Emilia Altinate o via Annia tra Bononia e Aquileia

Il tratto di strada romana riportato in luce a Bentivoglio all’interno dell’interporto di Bologna

Primavera 2016: si stanno realizzando le fondamenta di uno dei centri logistici della YOOX Net-a-Porter Group all’interno dell’Interporto di Bologna, in località Castagnolo Minore di Bentivoglio, quando sono stati intercettati circa 80 metri di una strada romana con orientamento NNE-SSW. Il conseguente scavo archeologico diretto dalla soprintendenza Archeologia SABAP-BO ha condotto alla possibile individuazione di un tratto dell’Aemilia Altinate: antica strada romana che congiungeva Bononia e Aquileia realizzata probabilmente dal Console Marco Emilio Lepido intorno al 175 a.C. “Tradizionalmente è indicata come via Annia o via Emilia Altinate”, spiegano gli archeologi. “Molte ipotesi sono state formulate sul suo nome, molto si è discusso se si trattasse di una via consolare o semplicemente di una delle tante strade realizzate nei 12 secoli di storia dell’impero romano. In questa parte di pianura bolognese, nessun miliario è ancora stato trovato, nessun tracciato indicato negli itinerari antichi è applicabile a questi territori in modo certo e inequivocabile”.

La strada romana di Bentivoglio, larga ben 8 metri: doveva essere una strada importante

Week end sulla strada romana di Bentivoglio (Bo). Due fine settimana sulle orme degli antichi romani: ci si potrà sentire come un legionario in marcia verso un castrum, o un mercante per i grandi empori dell’Alto Adriatico, grazie alle visite guidate allo scavo archeologico dell’antica strada romana di Bentivoglio promosse da soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara; Unione Reno Galliera; Comune di Bentivoglio; associazione di Promozione Sociale-Archeologia. Appuntamento sabato 25 e domenica 26 agosto 2018, dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19; e poi sabato 1 e domenica 2 settembre 2018, dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19. Gli interessati e appassionati si devono ritrovare sul luogo degli scavi in via di Santa Maria in Duno a Bentivoglio (BO). I posti sono limitati, quindi la prenotazione è obbligatoria all’ispettore onorario di SABAP-BO, Moreno Fiorini, cell. 348 7913 695.

Mappa delle strade romane nel Nord Italia: il tracciato della via Emilia Altinate andava da Bononia ad Aquileia

Il geografo Strabone parla di una via realizzata in età repubblicana che in uscita da Bologna si dirigeva verso Aquileia ma il passo appare evidentemente corrotto e i vari tentativi di emendamento avanzati dagli studiosi non hanno ancora risolto la disputa. “Il ritrovamento di un tratto particolarmente ben conservato della strada presso l’Interporto di Bologna”, sottolineano in soprintendenza, “in evidente relazione con un sepolcreto di datazione non ancora determinata ma certamente riferibile all’età repubblicana, è da leggersi come indicatore di una continuità della direttrice di età repubblicana che metteva in relazione Bologna con le principali città alleate del nord-est. Una via legata a un particolare contesto che dunque si conferma spina dorsale e tracciato ancora funzionale rispetto alle nuove esigenze commerciali e sociali del territorio in età imperiale”. La strada è stata indagata per circa 50 metri e presentava una larghezza massima valutabile in circa 8 metri, a cui si aggiungevano fossi che la costeggiavano. Le dimensioni e l’accuratezza con cui era stata realizzata hanno fatto pensare che si trattasse di una strada di una certa rilevanza, forse interregionale, che poteva collegare il comprensorio dell’antica Bononia con le colonie nord-orientali dell’area veneta. I materiali rinvenuti sulla superficie stradale rimandano ad una datazione compresa tra il II secolo a.C. e il II secolo d.C. ma diversi indizi ci fanno pensare che sia stata percorsa sino all’epoca tardo-antica. Lungo l’asse viario infatti sono emerse numerose sepolture di epoca romana, ma anche una necropoli di epoca gota (VI secolo d.C.) che ancora ne rispettava il tracciato. “Oltre a un buon tratto di massicciata stradale, con varie fasi di costruzione e ripristino”, precisano meglio gli archeologi, “lo scavo ha portato in luce, lungo il lato occidentale della strada, un sepolcreto con varie fasi d’uso testimoniate da contesti sepolcrali con ceramiche a vernice nera, a loro volta asportati in parte da sepolture successive certamente da riferire alla piena età imperiale. Solo uno studio di dettaglio potrà chiarire meglio cronologie e fasi di frequentazione del sito”. Oggi, grazie a una proficua collaborazione tra Comune di Bentivoglio e soprintendenza e al lavoro di archeologi professionisti e volontari, si è portato alla luce un nuovo tratto della stessa strada, che ha restituito nuove e importanti informazione su questo antico percorso.

Al via gli incontri del Gabo “…comunicare l’archeologia…”, un viaggio alla scoperta di etruschi, goti, bizantini, longobardi, veneti antichi, celti, romani, popoli mediterranei dell’età del Bronzo e abitatori delle terramara

Il Gruppo archeologico bolognese iscritto ai Gruppi archeologici d’Italia

Approfondimenti ed escursioni collegate: è un programma molto articolato quello proposto dal gruppo Archeologico bolognese nel ciclo di conferenze del primo semestre 2018 “…comunicare l’archeologia…”: da febbraio a giugno 2018 sarà un appassionante viaggio alla scoperta di etruschi, goti, bizantini, longobardi, veneti antichi, celti, romani, e ancora: dai popoli mediterranei dell’età del Bronzo agli abitatori delle terramara. Il Gabo aderisce ai Gruppi Archeologici d’Italia, in collaborazione con i quali sono promosse campagne di ricerca, scavi e ricognizioni d’interesse nazionale, alle quali è dedicata soprattutto la stagione estiva, in collaborazione con le competenti soprintendenze Archeologiche. Il Gruppo Archeologico Bolognese collabora inoltre con il museo nazionale Etrusco “Pompeo Aria” di Marzabotto, il museo “Luigi Donini” di San Lazzaro di Savena e il museo della Civiltà Villanoviana (MUV) di Castenaso. La sede di quasi tutti gli incontri, che si tengono al martedì alle 21, è quella tradizionale: il centro sociale “G. Costa” in via Azzo Gardino 48 a Bologna.

Frammento di ceramica a figure rosse conservato al museo Archeologico nazionale di Adria

Il fascino di Persepoli, la capitale achemenide voluta dal re Dario

Il ciclo di conferenze del Gabo inizia martedì 20 febbraio 2018, alle 21, al “Costa”. La prima parte della serata sarà dedicata a presentare l’attività sociale febbraio-giugno 2018. Quindi Silvia Romagnoli, archeologa specializzata in Etruscologia e Travel Designer, con “Un giorno ad Adria. Vita quotidiana in un emporio etrusco nel Delta del Po”  ci porta a conoscere l’importante città portuale fin dalle origini, collocata lungo un ramo – oggi estinto – del Po. Prima emporio etrusco, quindi scalo fluviale commerciale greco nel V a.C., poi sostituito nel IV secolo a.C. dall’emporio etrusco di Spina. Adria divenne successivamente colonia dei Greci di Siracusa, quindi centro dei Galli e infine insediamento romano nel III secolo a.C. I più importanti reperti provenienti dalla città di Adria sono conservati al museo Archeologico nazionale di Adria: e il Gabo ha già programmato la gita ad Adria e al museo Archeologico nazionale per sabato 24 febbraio 2018, con la stessa Silvia Romagnoli e l’archeologa Maria Longhena: numerosissimi i frammenti di ceramica attica a figure nere e rosse esposti insieme ai vasellami di bronzo etruschi, riferibili principalmente al VI e V sec. a.C. quando il porto conobbe il suo periodo di massimo splendore. Dell’età ellenistica è invece la cosiddetta “Tomba della Biga”, una straordinaria sepoltura di tre cavalli con i resti metallici di un carro a due ruote. Per quanto riguarda l’epoca romana, i vetri di ottima qualità sono l’indizio della prosperità del luogo. Il ciclo continua martedì 27 febbraio 2018, sempre alle 21 al “Costa”, con un altro viaggio “in Iran”: Claudio Busi, cultore di storia documentarista e viaggiatore, il suo diario di viaggio in Iran arricchito con un filmato.

Il prezioso “missorium” d’argento rinvenuto a Cesena, un piatto di uso simbolico-celebrativo

La cosiddetta Dea di Caldevigo, bronzetto votivo al museo di Este

Il viaggio alla conoscenza dei popoli antichi riprende martedì 6 marzo 2018, sempre alle 21 al “Costa”, con Cinzia Cavallari, archeologa della soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Bologna, che introduce la mostra “Medioevo svelato. Storie dell’Emilia-Romagna attraverso l’archeologia”, al museo civico Medievale di Bologna, dal 17 febbraio al 17 giugno 2018:  un viaggio nel tempo di quasi un Millennio che racconta le trasformazioni delle città e del territorio e l’affermarsi dei nuovi ceti dirigenti goti, bizantini e longobardi: castelli, monasteri, edifici di culto e Comuni, i nuovi centri di potere, hanno scritto la storia dell’intera regione dal IV-V secolo agli inizi del XIV (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2018/01/27/a-bologna-medioevo-svelato-storie-dellemilia-romagna-attraverso-larcheologia-grazie-alle-scoperte-archeologiche-degli-ultimi-40-anni-una-mostra-al-museo-civico-m/). Anche in questo caso è prevista una visiyta guidata alla mostra in data ancora da definire. La settimana successiva, martedì 13 marzo 2018, si fa la conoscenza dei veneti antichi. L’archeologa Maria Longhena parlerà de “La civiltà atestina: genti e culture del Veneto antico”. All’incontro segue sabato 17 marzo 2018 la gita a Este con visita guidata al museo nazionale Atestino a cura di Maria Longhena e Silvia Romagnoli. Il museo nazionale Atestino illustra la civiltà dei Veneti antichi, che ha caratterizzato lo sviluppo sociale e culturale locale nel corso del I millennio a.C., in dinamico rapporto con il mondo etrusco, celtico e romano. Fin dal 1876 sono emerse a Este le più consistenti testimonianze di questa civiltà, oggi esposte nelle 11 sale del museo: descrivono la vita quotidiana, le manifestazioni artistiche, quelle della religiosità e dei rituali funerari, per ricostruire la società e sottolineare analogie e differenze con l’attualità.

Il logo del progetto “2200 anni lungo la via Emilia”

La prima pagina del New York Times del febbraio 1922 con la notizia della scoperta della tomba di Tutankhamon

Sono viaggi diversi quelli proposti dagli ultimi tre incontri di marzo, per il primo dei quali si cambiano giorno, orario e sede. L’appuntamento è infatti domenica 18 marzo 2018, alle 16.30, al museo della Civiltà Villanoviana in via B.Tosarelli 191 a Castenaso (Bo), per “Le interviste impossibili” con Umberto Eco che intervista Muzio Scevola, testo di Umberto Eco. Marco Mengoli, archeologo e docente di italiano e storia alle scuole superiori, nella parte dell’intervistatore; Michele Gambetti nella parte di Muzio Scevola, protagonista di una nota leggenda romana dalla quale deriva il modo di dire “Mettere la mano sul fuoco riguardo a qualche cosa”, per indicare di essere sicuri su un determinato fatto o espressione: il suo gesto estremo. Introduce l’intervista Paola Poli, archeologa e curatrice del museo della Civiltà Villanoviana (MUV) di Castenaso. Martedì 20 marzo 2018, si torna al “Costa” alle 21,  per una passeggiata virtuale lungo la strada consolare che ha dato il nome a un’intera regione: “La via Emilia tra storia ufficiale e memoria privata” illustrata da Erika Vecchietti, archeologa specializzata in Archeologia Romana, che preparerà la visita di aprile alle mostre del progetto “2200 anni lungo la via Emilia”. L’ultimo incontro del mese, martedì 27 marzo 2018, alle 21 al “Costa”, con Graziano Tavan, giornalista e curatore dell’archeoblog “Archeologiavocidalpassato”, si affronta il rapporto tra archeologia e comunicazione: “Ricerca e divulgazione: archeologia sui giornali tra Tutankhamon e Indiana Jones”, excursus su come è cambiato nei secoli il concetto di archeologia, per passare poi all’archeologia come disciplina e come ricerca sul campo, fino a quando uscendo dagli ambienti accademici l’archeologia diventa divulgazione per raggiungere il grande pubblico attraverso la comunicazione sui giornali, non solo in Italia.

Il manifesto della mostra “Mutina Splendidissima. La città romana e la sua eredità” al Foro Boario di Modena dal 25 novembre 2017 all’8 aprile 2018

La locandina della mostra “On the road – Via Emilia 187 a.C. – 2017” a Reggio Emilia

Il programma del mese di aprile apre sabato 7 con la gita a Modena e Reggio Emilia con Erika Vecchietti per le mostre sulla via Emilia. Al foro Boario di Modena la mostra “Mutina Splendidissima”, dove i reperti e le opere d’arte, accostati a preziose testimonianze provenienti da numerosi musei italiani, affiancano le ricostruzioni virtuali dei principali monumenti di Mutina (le mura, il foro, l’anfiteatro, le terme, una domus) che fanno da contrappunto alla descrizione delle città dal periodo precedente la sua fondazione, avvenuta nel 183 a.C., alla decadenza verificatasi nella tarda età imperiale (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2017/11/24/mutina-splendidissima-la-citta-romana-e-la-sua-eredita-apre-a-modena-la-mostra-clou-per-i-2200-anni-della-fondazione-della-colonia-romana-sulla-via-emilia-che-racconta-le-origini/). Al Palazzo dei musei di Reggio Emilia c’è invece la mostra “On the road”, un percorso virtuale che ci permette di conoscere i segreti della via Emilia, la sua costruzione, le sue strutture, i suoi servizi, ma anche le città sorte lungo il suo tracciato e le popolazioni che le abitavano (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2018/01/14/on-the-road-la-mostra-di-reggio-emilia-propone-una-riflessione-sulla-storia-della-via-emilia-e-sul-suo-fondatore-sul-significato-della-strada-nella-contemporaneita-in-un-itinerari/). Gli incontri riprendono martedì 10 aprile 2018, alle 21 al “Costa”, con “Nuove testimonianze archeologiche dalla città romana di Claterna”: Renata Curina, archeologa della soprintendenza di Bologna, Maurizio Molinari, archeologo dell’associazione “Civitas Claterna”, e Claudio Negrelli, archeologo responsabile scientifico dell’associazione “Civitas Claterna”, illustreranno i risultati della campagna di scavo 2017 che ha inaugurato un nuovo progetto triennale di ricerca focalizzato su due precisi settori dell’antica città di Claterna: la già nota Casa del Fabbro,  dove sono stati scoperti nuovi ambienti (un piccolo impianto termale e altri vani con pozzi e cucina) e l’area centrale destinata in antico agli edifici pubblici, che ha rivelato le imponenti strutture del teatro e di un secondo edificio dell’area pubblica (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2017/11/02/claterna-fu-promossa-da-m-vipsanio-agrippa-il-genero-di-augusto-i-risultati-della-campagna-di-scavo-2017-potrebbero-cambiare-la-datazione-della-citta-romana-sulla-via-emilia-tra-bologna-e-imola-sc/). Il martedì successivo, 17 aprile, alle 21 al “Costa”, Maurizio Cattani, dell’università di Bologna, affronta il tema “Isole di Storia. Esplorare il Mediterraneo nell’età del Bronzo”.

La terramara di Pragatto in provincia di Bologna

Si riprende martedì 8 maggio 2018, alle 21 al “Costa”, con Monica Miari, archeologa della soprintendenza di Bologna, che ci porta nel mondo delle terramara, tipo di insediamento apparso nella pianura padana a sud del Po durante l’Età del Bronzo, attorno al 1550 a.C.: si tratta di un villaggio di capanne costruite su un impalcato ligneo cinto da un argine e da un fossato. La denominazione viene dalla “terramarna” raccolta sui bassi rilievi emergenti della pianura e anticamente usata per concimare i campi. La conferenza illustra i “Nuovi dati dagli scavi della terramara di Pragatto”, la più importante e ricca terramara della provincia di Bologna, scoperta nel 1879 dall’archeologo Antonio Zannoni. Gli incontri chiudono martedì 15 maggio 2018, alle 21 al “Costa”: “Viaggio in Etruria con George Dennis: Vulci ”. Letture e commenti da “Cities and cemeteries of Etruria” di George Dennis e proiezione del documentario “Vulci” di Alan Badel a cura di Silvia Romagnoli. Ma il Gabo riserva un appuntamento anche in giugno: dal 5 al 10 giugno 2018, viaggio in Provenza sulle tracce delle vestigia romane e visita alla replica della famosa Grotta di Chauvet.

Claterna fu promossa da M. Vipsanio Agrippa, il genero di Augusto? I risultati della campagna di scavo 2017 potrebbero cambiare la datazione della città romana sulla via Emilia tra Bologna e Imola. Scoperti nuovi ambienti della domus del Fabbro e soprattutto intercettato il grande teatro

31 ottobre 2017, presentazione degli scavi. Da sinistra: Maurizio Liuti, Daniele Vacchi, Annarita Muzzarelli, Luca Lelli, Alessandro Golova Nevsky, Saura Sermenghi, Renata Curina, Claudio Negrelli e Maurizio Molinari (foto Paolo Nanni)

Fu veramente Marco Vipsanio Agrippa, il famoso genero e generale di Augusto, che come patronus della città si fece promotore della costruzione di Claterna? E fu il teatro scoperto nella campagna di scavo 2017 l’edificio nel quale il contemporaneo Publius Camurius Nicephorus, un magistrato locale nominato in una sintetica iscrizione funeraria ritrovata non lontano da Claterna, organizzò ludi (forse giochi scenici) per cinque giorni? Persone e volti che prendono lentamente forma attraverso le memorie materiali di Claterna frutto delle ricerche archeologiche. I risultati della campagna di scavo Claterna 2017, definita “molto fortunata”, sono stati presentati nel corso di una visita guidata che si è tenuta martedì 31 ottobre 2017 con interventi di Renata Curina, archeologa della soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le provincie di Modena, Reggio Emilia e Ferrara; Luca Lelli, sindaco di Ozzano dell’Emilia; Annarita Muzzarelli, assessore di Castel San Pietro Terme; Saura Sermenghi, presidente dell’associazione culturale “Centro studi Claterna – Giorgio Bardella, Aureliano Dondi”; Maurizio Liuti, direttore comunicazione CRIF (Azienda sostenitrice); Daniele Vacchi, direttore corporate communications Gruppo IMA (Azienda sponsor) e Alessandro Golova Nevsky, Rotary Club Bologna (Coordinamento progetto di alternanza scuola-lavoro).

Tabula Peutingeriana: la posizione di Claterna lungo la via Emilia tra Bononia e Forum Cornelii

La campagna di scavo 2017 ha inaugurato un nuovo progetto triennale di ricerca focalizzato su due precisi settori dell’antica città di Claterna: la già nota Casa del Fabbro e l’area centrale destinata in antico agli edifici pubblici. Scoperti nuovi ambienti della domus del Fabbro (un piccolo impianto termale e altri vani con pozzi e cucina) e le imponenti strutture del teatro e di un secondo edificio dell’area pubblica. Nel dettaglio, per la Casa del Fabbro è proseguita sia l’attività di scavo iniziata nel 2005 (scoprendo appunto nuovi ambienti della domus) che quella di archeologia sperimentale (ricostruendo in scala reale e in situ nuovi muri e stanze). Per quanto riguarda l’area centrale degli edifici pubblici – un’assoluta novità degli scavi 2017- è finalmente iniziata l’attività di ricerca in uno dei settori più importanti e al tempo stesso meno conosciuti della città romana, intercettando subito parti del teatro e alcune fondazioni perimetrali di un altro grande edificio pubblico. Rinvenimenti che gettano nuova luce sulla storia della città, imprimendo una svolta fondamentale alla ricerca archeologica e al progetto di valorizzazione dell’antico municipio romano, posto sulla via Emilia tra le colonie romane di Bologna (Bononia) e Imola (Forum Cornelii). Claterna fu infatti fondata alla confluenza nell’Emilia di un’altra strada romana che attraversava l’Appennino, forse la via Flaminia Minor, che congiungeva la strada emiliana con Arezzo. Oggi, le nuove scoperte potrebbero far rivedere all’età augustea la datazione che finora fissava la fondazione della città coeva alla realizzazione della via Emilia (187 a.C.), quindi verso l’inizio del II secolo a.C.

Veduta aerea dell’area archeologica di Claterna nel 2004, prima che iniziassero le campagne di scavo sistematiche

Gli scavi nella campagna 2017 sono stati condotti dall’associazione culturale “Centro Studi Claterna – Giorgio Bardella e Aureliano Dondi”, formata da volontari e archeologi professionisti, sotto la direzione scientifica della soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le provincie di Modena, Reggio Emilia e Ferrara, e in sinergia con i Comuni di Ozzano dell’Emilia e di Castel San Pietro Terme. Grazie all’apporto organizzativo dei Rotary Club di Bologna, all’attività di ricerca hanno collaborato gli studenti delle scuole secondarie superiori che hanno aderito al progetto di “alternanza scuola lavoro”. L’università Ca’ Foscari di Venezia e la Scuola di Specializzazione in Archeologia delle Università di Trieste, Udine e Venezia (SISBA) hanno infine partecipato alla campagna di scavo sia per la ricerca archeologica stratigrafica che per la formazione sul campo dei futuri archeologi. La realizzazione del progetto è stato possibile grazie al fondamentale finanziamento di CRIF Spa, con il contributo di Gruppo IMA, che da sempre sostiene e incoraggia la valorizzazione di Claterna, e di numerosi altri sponsor privati. Ora, con le informazioni scientifiche di Renata Curina, archeologa della soprintendenza, e direttore dell’area archeologica di Claterna; e di Claudio Negrelli e Maurizio Molinari, responsabili scientifici dell’associazione “Centro Studi Claterna – Giorgio Bardella e Aureliano Dondi”, facciamo una visita guidata virtuale nella città romana di Claterna, per conoscere meglio i risultati della campagna di scavo 2017, settore per settore.

Lo scavo della Casa del Fabbro nella città romana di Claterna

Lo scavo e la ricostruzione della Casa del Fabbro (settore 11). Lo scavo della domus del settore 11 è iniziato nel mese di giugno 2017 con l’asportazione dei riempimenti delle spoliazioni, cioè le trincee lasciate da coloro che nel Medioevo cavarono fino alle fondamenta gli antichi materiali costruttivi della città -ormai da tempo abbandonata- per reimpiegarli altrove. Quest’anno è stata scoperta un’altra importante serie di ambienti della domus del Fabbro che si sviluppavano verso Nord, probabilmente attorno a un cortile, mentre si è proseguito con l’attività di archeologia sperimentale, ricostruendo (in scala reale e in situ) uno dei muri perimetrali dell’edificio (quello verso Ovest, cioè verso lo Stradello Maggio) con base in laterizi romani e alzato in terra cruda. Gli studenti di Ca’ Foscari di Venezia hanno eseguito i disegni delle strutture e delle stratificazioni emerse nella fase precedente, impostando le basi topografiche (picchettatura) per i successivi rilievi. “Nella parte est della nuova area di scavo”, spiegano gli archeologi, “è venuto alla luce quello che parrebbe essere una sorta di piccolo settore termale privato pertinente alla domus: è stato infatti individuato un vano con suspensurae, i tipici mattoni circolari in genere associati agli ipocausti dei calidari termali. Tra il materiale di crollo sono stati trovati interessanti frammenti di un mosaico che forse decorava il pavimento soprastante”. Più a Sud, è stata scoperta un’altra pavimentazione in cocciopesto (battuto cementizio a base fittile), particolarmente ben conservata nonostante la scarsa profondità dal piano di campagna attuale, e un’altra pavimentazione ribassata, funzionale a sua volta alla presenza di un pozzo.

Veduta dall’altro dell’area di scavo 2017 nella Casa del Fabbro (foto Paolo Nanni)

La possibilità di scavare in profondità ha rivelato una serie di strati che descrivono con precisione le varie fasi di vita della domus durante un lunghissimo periodo di tempo. “Poiché in archeologia si procede a ritroso (dal più recente al più antico man mano che si scava)”, continuano  Curina, Negrelli e Molinari, “si sono subito trovate strutture murarie e pavimenti in terra battuta databili al V–VI secolo d.C,, cioè coeve alle ultime fasi di rioccupazione dell’edificio: sappiamo infatti che in questo luogo, dopo l’abbandono della domus, si stabilirono degli artigiani che lavoravano il ferro (da cui la denominazione di domus del Fabbro), dei quali abbiamo ritrovato l’officina e gli ambienti in cui risiedevano con le proprie famiglie”. Proseguendo lo scavo, è stato individuato uno strato di crollo più antico (III-IV secolo) per lo più riferibile a un tetto, vista l’ampia presenza di tegole e coppi.

Ipotesi di ricostruzione di una domus di Claterna, la Casa dei Mosaici

Sotto questo crollo sono stati individuati almeno tre ambienti. Il primo dotato di pozzo realizzato con mattoni puteali disposti in circolo. “Si tratta di un rinvenimento molto importante perché potrebbe raccontare molte cose sulla vita quotidiana della domus: i pozzi sono fondamentali in primis per studiare il tema dell’approvvigionamento idrico della città e poi perché dentro i pozzi venivano spesso gettati oggetti d’uso (sia in fase di utilizzo che in fase di abbandono) spesso in ottimo stato di conservazione”. Il secondo ambiente, quello più a nord, ha restituito due piani pavimentali sovrapposti: uno più antico in battuto cementizio (cocciopesto) e uno più recente, realizzato con un sottile riporto di argilla e calce. Il terzo ambiente, centrale, ha invece restituito un focolare a terra, oltre a resti di ceramiche, carboncini e cenere: è quindi probabile che si trattasse della cucina. “Lo scavo di quest’anno”, concludono i ricercatori, “ha dunque individuato una nuova ala della Casa del Fabbro in grado di raccontarci molte cose sulla vita quotidiana: un piccolo ambiente riscaldato e una serie di ambienti di carattere funzionale, con pozzi e cucina”.

La foto aerea mostra con impressionante chiarezza le tracce del teatro romano e di altri edifici pubblici (Foto Maurizio Molinari, 2015)

Lo scavo del settore pubblico della città di Claterna: il teatro (settore 16). Tra luglio e ottobre 2017 è stato aperto un nuovo settore di scavo (settore 16) nell’area “pubblica” della città e cioè in quel comparto a Nord della via Emilia occupato da una serie di grandi edifici già individuati da foto aeree e satellitari. “È stata un’esplorazione di capitale importanza”, assicurano  Curina, Negrelli e Molinari, “perché non si scavava in questo settore dalla fine del XIX secolo cioè da quando Edoardo Brizio aveva fatto eseguire alcuni saggi che avevano individuato, tra l’altro, lo spiazzo forense. In anni più recenti, foto satellitari e riprese aeree oblique avevano evidenziato come, oltre alla supposta area del foro (inteso come piazza aperta), esistesse tutta una serie di edifici sepolti, organizzati con cura al centro della città, che per planimetria e ampiezza potevano ben figurare come i monumenti del comparto pubblico claternate”. Gli scavi si sono concentrati nell’area dove le foto aeree mostravano le evidenti tracce di un edificio teatrale e sono stati progettati in modo da intercettare una porzione della cavea, dell’orchestra e dell’edificio scenico, per la ragguardevole estensione di circa m 40 x 10, poi ulteriormente ampliata.

Foto dal drone delle strutture di fondazione in pietra arenaria della cavea del teatro (foto Paolo Nanni)

Ipotesi di ricostruzione del teatro romano di Claterna

Dopo un primo strato di distruzione, sono venute in luce le inequivocabili tracce del teatro, in particolare delle fondazioni e di parte degli alzati della cavea. “Una scoperta francamente inaspettata”, ammettono gli archeologi, “perché i più ritenevano che, nel migliore dei casi, si sarebbero trovate solo labili tracce, comprensibili solo agli specialisti. La realtà archeologica si è invece rivelata ben diversa restituendo enormi blocchi squadrati di pietra arenaria (probabilmente da cave locali), sapientemente connessi a formare possenti muri dall’andamento circolare. Questi resti, che coincidono perfettamente con le tracce evidenziate dalle foto aeree, sono i muri di sostegno della summa cavea cioè delle gradinate del settore più alto su cui sedevano gli spettatori. Più verso Nord sono state rilevate altre tracce che ci fanno ritenere che la parte inferiore delle gradinate (ima cavea) e l’orchestra possano trovarsi a una quota sensibilmente inferiore rispetto al piano di campagna coevo, ancora tutta da scoprire perché coperta da un potente strato di terra”. A Nord il teatro confinava con l’asse stradale di uno dei decumani principali della città mentre verso Sud alcune tracce parrebbero indicare le fondazioni della parte più esterna della cavea, costruita probabilmente su portico. Ancora più a Sud, cioè verso il foro, un piano di ciottoli separava il teatro da un altro grande edificio pubblico, di cui sono state intercettate alcune fondazioni perimetrali.

Moneta con l’effige di Ottaviano Augusto rinvenuta negli scavi di Claterna

Un impegno per il futuro. Lo scavo 2017 è stato dunque particolarmente fortunato. La scoperta dell’area pubblica di Claterna e delle strutture imponenti di alcuni dei suoi più insigni edifici sono destinate a gettare nuova luce sulla storia della città e a imprimere una svolta alla ricerca archeologica e al progetto di valorizzazione del centro antico. “Certo rimane molto da fare”, ribadiscono in soprintendenza. “Il saggio nel settore 16 è servito soltanto a valutare le caratteristiche principali dell’edificio teatrale e del suo stato di conservazione. L’area esplorata corrisponde infatti solo a una piccola frazione della reale estensione del teatro e qualsiasi futuro progetto di ricerca dovrà tenere conto della sua grande ampiezza e profondità (per dare un’idea, si calcola che dovesse essere largo circa 60 metri)”. Ma se tanti sono gli interrogativi, resta l’entusiasmo per quella che si preannuncia come una ricerca in grado di aggiungere qualcosa di veramente inestimabile al patrimonio culturale del territorio ozzanese. Dalla datazione dei primi materiali raccolti (monete, ceramiche) e dalle caratteristiche dei resti della decorazione architettonica (frammenti di decori vegetali in pietre calcaree e di rivestimenti in marmo) sembrerebbe plausibile una cronologia relativa alla prima età imperiale, da ricondurre quindi all’epoca di Augusto (che morì nel 14 d.C.) anche se è prematura qualsiasi considerazione al riguardo.

A Castelfranco Emilia nel rinnovato museo Archeologico “Simonini” apre la mostra “Alle soglie della romanizzazione: storia e archeologia di Forum Gallorum”: viaggio in più di otto secoli di storia del territorio tra Mutina e Bononia lungo la via Emilia con reperti inediti

Statuette fittili provenienti da Prato dei Monti in mostra a Castelfranco Emilia

Il museo civico Archeologico “Anton Celeste Simonini” di Castelfranco Emilia

Il manifesto della mostra “Alle soglie della romanizzazione: storia e archeologia di Forum Gallorum”

Fra il II e il I secolo a.C. il fertile territorio agricolo di Castelfranco Emilia, compreso nella colonia di Mutina (l’odierna Modena), viene suddiviso in lotti da assegnare ai coloni romani e inserito nelle maglie della centuriazione, rete infrastrutturale di vie e canali che si intersecano ortogonalmente a distanze regolari, tuttora riconoscibile nell’impianto viario, in particolare a nord della via Emilia. Questo importante asse stradale realizzato nel 187 a.C. dal console Marco Emilio Lepido per mettere in comunicazione tutte le città della regione, da Rimini a Piacenza, favorisce la penetrazione della civiltà romana in comprensori, come quello di Castelfranco, abitati da genti di cultura etrusca, celtica e ligure. Proprio a Marco Emilio Lepido e alla sua politica di pacificazione si deve probabilmente la nascita – a partire dal 173 a.C. – di Forum Gallorum (oggi identificata nell’odierna Castelfranco Emilia), un centro caratterizzato dall’integrazione con i coloni italici di genti dell’antico substrato etrusco-padano, celti e liguri sopravvissuti alle sanguinose guerre con Roma. Il nome non deve sorprendere: tanto a lungo le popolazioni galliche avevano combattuto contro Roma per il predominio della pianura Padana che quando in epoca romana si sviluppò fra le colonie di Mutina e Bononia un piccolo centro ai margini della via Aemilia, i vincitori lo chiamarono Forum Gallorum, letteralmente “foro dei Galli”, a indicare il luogo precedentemente popolato dalle tribù celtiche. Proprio la trasformazione del territorio di Castelfranco Emilia, al confine tra Modena e Bologna, dal dominio degli etruschi a quello di Roma sarà al centro della mostra “Alle soglie della romanizzazione: storia e archeologia di Forum Gallorum. La nascita e la storia di Forum Gallorum attraverso i contesti archeologici più significativi: per comprendere un territorio e i suoi abitanti”, che apre sabato 7 ottobre 2017, alle 17.30, al museo civico Archeologico “Anton Celeste Simonini” di Castelfranco Emilia (Mo), promossa dal Comune di Castelfranco Emilia e dalla soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara, in collaborazione con l’istituto per i Beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna, il Segretariato regionale del ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo per l’Emilia-Romagna e l’università di Bologna, nell’ambito del progetto regionale “2200 anni lungo la via Emilia” promossa dai comuni di Modena, Reggio Emilia, Parma e Bologna per celebrare i 2200 anni dalla fondazione delle due colonie gemelle di Mutina e Parma (avvenuta nel 183 a.C.) e la via consolare che le unisce e attraversa tutta la regione (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2017/04/12/la-via-emilia-ecco-il-ricco-calendario-di-grandi-mostre-presentazione-di-ricerche-e-scoperte-archeologiche-ricostruzioni-3d-cyber-archeoologia-ed-eventi-per-celebrare-i-2200-anni-dalla-fondazione/).

Tesoretto monetale (240-200 a.C.) rinvenuto nel podere Pradella Vecchia a Castelfranco Emilia (MO)

Il logo del progetto “2200 anni lungo la via Emilia”

È un viaggio in più di otto secoli di storia del territorio quello offerto dalla mostra “Alle soglie della romanizzazione: storia e archeologia di Forum Gallorum, che passa in rassegna le evidenze archeologiche del territorio dalla vigilia dell’invasione dei galli nella pianura Padana (inizi IV sec. a.C.) alle prime fasi della romanizzazione, con l’obiettivo di ricostruire le vicende che hanno portato alla nascita e allo sviluppo del centro di Castelfranco Emilia / Forum Gallorum. Un centro di cui parlavano le fonti letterarie e documentarie ma che per secoli ha avuto scarsi sostegni sul piano materiale. Per anni si è dibattuto sull’esatta ubicazione di Forum Gallorum. L’analisi del dato geomorfologico e delle testimonianze archeologiche ad oggi disponibili hanno consentito di proporre come sede del forum sulla via Emilia l’attuale centro storico della città di Castelfranco. Un luogo salito alle cronache nel 43 a.C. per la sanguinosa battaglia condotta contro il cesaricida Decimo Bruto durante la guerra di Modena che vedeva schierate da un lato le legioni di Marco Antonio e dall’altro quelle senatorie dei consoli Aulo Irzio e Gaio Vibio Pansa, sostenute dal giovane Ottaviano, il futuro Augusto.

Stele funeraria di Aetrilius Apronianus e familiari rinvenuta nel podere Fornace a Manzolino (Mo) (foto Roberto Macri)

Miliario rinvenuto a Cavazzona nel 1977: menziona gli imperatori Valentiniano I e Valente (foto Roberto Macri)

L’esposizione, che affianca la collezione permanente del museo e rimarrà aperta fino al 12 novembre 2017, si articola in tre sezioni tematiche e cronologiche. La prima espone reperti che raccontano la storia del territorio di Castelfranco e la sua trasformazione a opera dell’uomo, la seconda ospita reperti provenienti dai siti archeologici più rilevanti mentre la terza presenta alcuni contesti sepolcrali e reperti provenienti dalle aree di culto. Tra i reperti più significativi  – segnala la soprintendenza -, statuette fittili e monete provenienti da Prato dei Monti e un miliario che menziona una coppia di imperatori, Valentiniano I e Valente, rinvenuto a Cavazzona nel 1977. Di estrema rilevanza, anche se purtroppo in cattivo stato di conservazione, un raro bronzetto etrusco di divinità maschile proveniente da via Infernetto / via Inferno. Si tratta di un reperto che ha un solo confronto con un altro bronzetto rinvenuto a Cortona e che è stato interpretato come divinità maschile della fertilità (forse rielaborazione locale di Zeus/Iuppiter Ammone) databile, su base stilistica, all’avanzato III-II sec. a.C. Va poi ricordato il ritrovamento, purtroppo sporadico, di fistulae plumbee (in alcuni casi recanti anche bolli) che si ipotizza possano provenire da edifici di un certo pregio, forse ville appartenenti alle élites di Bononia e Mutina che marcavano in tal modo i propri possedimenti nell’agro di Forum Gallorum. Il nome di un probabile possidente nel territorio di Castelfranco Emilia in epoca imperiale è fornito da una fistula aquaria plumbea (di cui non è possibile precisare il luogo esatto di  rinvenimento) recante l’iscrizione a rilievo C MANSVANI PRI[MI?] da interpretare, sottintendendo il sostantivo (aqua), come indicazione del non altrimenti noto proprietario della conduttura e, di conseguenza, anche dell’acqua che vi scorreva e del terreno a cui tale infrastruttura conduceva.

Lucerne fittili romane in mostra a Castelfranco Emilia

Fistula in piombo con iscrizione (foto Roberto Macri)

La mostra, oltre a rappresentare un fortunato momento di valorizzazione di reperti archeologici mai esposti prima d’ora, provenienti dai depositi o frutto di recenti scoperte, costituisce un’occasione di rinnovamento per il museo, che si arricchisce anche di un moderno dispositivo touchscreen, donato dal Collegio Geometri e Geometri Laureati della Provincia di Modena, in grado di coinvolgere maggiormente i visitatori. Affianca l’esposizione il catalogo scientifico curato da Sara Campagnari e Diana Neri che, attraverso l’esame delle fonti letterarie, dei dati archeologici relativi alle ricerche di superficie e agli scavi della Soprintendenza, dei dati geomorfologici e degli studi specifici di alcune classi di testimonianze materiali (monete, iscrizioni, indicatori di produzione, testimonianze della religiosità), tenta di ricomporre un quadro aggiornato e coerente dell’evoluzione di un territorio che, a partire dalle prime fasi della romanizzazione, risulta saldamente inserito nella precisa scelta politica di Marco Emilio Lepido di includere le componenti preesistenti all’interno della compagine romana.

“…comunicare l’archeologia…”: il Gruppo archeologico bolognese presenta il ricco programma del ciclo del IV trimestre 2017 tra medicina etrusca e cucina degli antichi greci, news delle più recenti ricerche archeologiche e il resoconto della situazione del patrimonio archeologico in Vicino Oriente

L’archeologo Nicolò Marchetti a Karkemish: il 14 novembre sarà ospite del Gabo

Il Gruppo archeologico bolognese iscritto ai Gruppi archeologici d’Italia

Dalla medicina etrusca alla tavola degli antichi greci, dai rapporti dei longobardi con le popolazioni locali ai casi di buone azioni al femminile nella Chiesa delle origini, e poi tanta ricerca: l’anfiteatro romano di Bononia, la valle del Samoggia, da Marzabotto a Pompei, fino alle “interviste impossibili” con l’uomo di Neanderthal e al resoconto drammatico sulla situazione del patrimonio archeologico in Vicino Oriente. È un programma particolarmente ricco quello proposto dal nuovo ciclo di incontri “…comunicare l’archeologia…” promosso per il IV trimestre del 2017, cioè da ottobre a dicembre, dal Gruppo archeologico bolognese, costituito nel 1991, composto da insegnanti di scuole medie superiori, studenti universitari, archeologi ed appassionati di vario tipo, tutti accomunati dal medesimo interesse per la storia della cultura e dell’arte antica. Il Gabo, che aderisce ai Gruppi archeologici d’Italia, oggi collabora con il museo nazionale Etrusco “Pompeo Aria” di Marzabotto e con il museo della Preistoria “Luigi Donini” di San Lazzaro di Savena. Gli incontri, come da tradizione, si tengono il martedì alle 21, al  Centro Sociale “G.Costa” in via Azzo Gardino 48 a Bologna. E allora vediamo più da vicino il programma proposto dal Gabo.

L’uomo di Neanderthal protagonista delle “Interviste impossibili”

Il manifesto della mostra “Longobardi. Un popolo che cambia la storia” a Pavia

Serata inaugurale martedì 17 ottobre 2017, alle 21 al Centro Sociale G.Costa. La prima parte dell’incontro sarà riservata alla presentazione del programma sociale di conferenze, viaggi, eventi culturali. Quindi prima conferenza del ciclo con Silvia Romagnoli, archeologa specializzata in etruscologia e viaggiatrice, che parlerà di “Etrusca medicina: rimedi e cure naturali nell’Italia antica”. Il martedì successivo, 24 ottobre 2017, alle 21 ancora al “G.Costa”, conferenza preparatoria al viaggio a Pavia del 5 novembre per la visita della mostra “Longobardi. Un popolo che cambia la storia” (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2017/08/23/pavia-e-pronta-a-tornare-capitale-del-regnum-langobardorum-apre-al-castello-visconteo-la-mostra-longobardi-un-popolo-che-cambia-la-storia-un-grande-evento-in-cui-per-la-prima-volt/). Erika Vecchietti, archeologa specializzata in archeologia romana, ha scelto un tema intrigante: ““In fila longobarda. Piccola storia di migrazioni, contrasti e integrazioni nell’Italia di VI-VII secolo”. Attenzione, perché col terzo incontro si cambiano giorno, luogo e orario: l’appuntamento, nell’ambito della Festa internazionale della Storia, è infatti domenica 29 ottobre 2017, alle 16.30, al MUV Museo della civiltà villanoviana in via B. Tosarelli 191 a Villanova di Castenaso (Bo). Per la serie “Le interviste impossibili”, Italo Calvino intervista l’Uomo di Neanderthal: con Marco Mengoli nel ruolo dell’Uomo di Neanderthal e Michele Gambetti in quello dell’Intervistatore. Introduce l’evento Federica Fontana, ricercatrice al Dipartimento di Studi Umanistici dell’università di Ferrara.

Scena di banchetto da una pittura vascolare greca: ne parlerà Cristina Servadei

Martedì 31 ottobre 2017, si torna alle 21 al “G.Costa” con Cristina Servadei, archeologa specializzata in archeologia greca, che ci farà fare un viaggio dei gusti e nei sapori del mondo antico con “A tavola con gli antichi. Il cibo degli dei, degli eroi e dei mortali nell’antica Grecia”. La settimana successiva “…comunicare l’archeologia…” fa una pausa per lasciare spazio all’altra tradizionale iniziativa del Gabo “Imagines: obiettivo sul passato”, XV edizione, rassegna del documentario archeologico in cartellone il 10-11-12 novembre 2017 alla Mediateca del Comune di S. Lazzaro di Savena (Bo). Gli incontri riprendono martedì 14 novembre 2017, alle 21, al “G.Costa” su “Il patrimonio archeologico del Vicino Oriente: una rassegna dei vari tipi di minacce e distruzioni nella culla della civiltà”, preziosa testimonianza di Nicolò Marchetti, docente al dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’università di Bologna, dal 2011 direttore della missione archeologica turco-italiana a Karkemish e dal 2016 direttore della missione archeologica italo-irachena per la ricognizione di superficie del settore sud-orientale della regione di Qadissiya (QADIS).

La musealizzazione dell’anfiteatro romano di Bologna

Martedì 21 novembre 2017, alle 21, al “G.Costa”, si “gioca in casa”: Claudio Calastri, archeologo e coordinatore del settore Archeologia di Ante Quem srl, presenta le “Nuove ricerche sull’anfiteatro romano di Bononia”. Sara Campagnari, funzionario archeologo alla soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara, e ricercatrice all’università di San Marino, completa gli incontri di novembre, martedì 28 novembre 2017, alle 21, al “G.Costa”, illustra le “Nuove testimonianze archeologiche dalla valle del Samoggia. Gli scavi lungo la Nuova Bazzanese”. Martedì 5 dicembre 2017l alle 21, ma stavolta alla mediateca comunale di S. Lazzaro di Savena, chiude il ciclo del IV trimestre 2017, con un incontro in collaborazione con il museo della Preistoria “L. Donini” di S. Lazzaro: i ricercatori Andrea Gaucci ed Enrico Giorgi, assegnisti di ricerca all’università di Bologna – dipartimento Storia Culture Civiltà, con la collaborazione di Simone Garagnani e Michele Silani, si soffermano su “La ricerca in scena: raccontare la città da Marzabotto a Pompei”. Presenta la serata Giuseppe Sassatelli, già docente di Etruscologia e Antichità Italiche all’università di Bologna.

Archeologia, storia e archeologia nelle grotte dell’Emilia-Romagna: convegno e mostre a Brisighella (Ra)

La grotta del Farneto, nel Bolognese, già descritta dal poeta Enrico Panzacchi nel 1889

“Passammo nella chiusa aria e nel gelo.  Il gaio suon delle nostre parole restituiva a noi l’eco profondo: parea s’andasse nel sotterraneo Mondo!”. Così nel 1889 il poeta bolognese Enrico Panzacchi descrive il suo ingresso in una delle più note cavità dell’Emilia-Romagna, la Grotta del Farneto. Cavità che l’uomo ha spesso abitato, frequentato, utilizzato, visitato e sfruttato. Proprio sulla “Frequentazione delle grotte in Emilia-Romagna tra archeologia, storia e speleologia” si concentreranno i partecipanti del convegno promosso a Brisighella (Ra) da soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini, soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara, federazione Speleologica regionale dell’Emilia-Romagna, gruppo Speleologico bolognese-unione Speleologica bolognese, gruppo Speleologico paletnologico “G. Chierici” di Reggio Emilia, speleo GAM Mezzano (RA) e parco regionale della Vena del Gesso Romagnola. L’appuntamento dunque a Brisighella venerdì 6 e sabato 7 ottobre 2017 al convento dell’Osservanza in via Fratelli Cardinali Cicognani, e al centro visite Carnè in via Rontana.

La grotta della Spipola a San Lazzaro di Savena nel Bolognese (Foto Francesco Grazioli)

A Brisighella il convegno “Frequentazione delle grotte in Emilia-Romagna tra archeologia, storia e speleologia”

Il fascino emanato da questo mondo incontaminato e in apparente equilibrio delle grotte oggi trova nuovi spunti di interesse dalla frequentazione speleologica e dalla conoscenza delle testimonianze archeologiche che nelle varie epoche le società umane hanno lasciato all’interno di tali luoghi. Fornendo nuovi percorsi e opportunità alla valorizzazione del territorio. Nel convegno di Brisighella geologi, archeologi, antropologi, speleologi, archeozoologi e archeobotanici si confrontano a tutto campo proprio sul tema della frequentazione delle grotte in Emilia-Romagna. Intenso il programma. Venerdì 6 ottobre 2017, al convento dell’Osservanza, si inizia alle 9.30 con i saluti di Davide Missiroli, sindaco di Brisighella; Giorgio Cozzolino, soprintendente di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini; Luigi Malnati, soprintendente per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara; Massimo Ercolani, federazione Speleologica regionale dell’Emilia-Romagna; Massimiliano Costa, parco regionale della Vena del Gesso Romagnola. Alle 10, iniziano i lavori presieduti da Maria Bernabò Brea, presidente dell’istituto italiano di Preistoria e Protostoria, con S. Piastra, “Alle origini della frequentazione a fini scientifici delle cavità emiliano-romagnole: Antonio Vallisneri e i gessi messiniani reggiani”; 10.25, G. Nenzioni, “Fenomeni carsici e primo popolamento nel territorio bolognese orientale: faune e litocomplessi”; 10.45, P. Boccuccia, “La frequentazione pre e protostorica nelle grotte tra Reggiano e Bolognese”; 11.05, pausa caffè; 11.20, M. Cremaschi, G. Zanchetta, I. Isola, E. Regattieri, “Riconsiderando gli scavi di G. Chierici nella Tana della Mussina di Borzano dal punto di vista geoarcheologico: cambiamenti ambientali ed uso del suolo nell’Olocene medio al margine collinare padano”; 11.40, J. Tirabassi, E. Valzolgher, “Tana della Mussina, 150 anni dopo: i reperti ceramici rinvenuti nella grotta alla luce delle prime datazioni radiocarboniche”; 12, F. Lenzi, “Testimonianze antropiche dalle morfologie carsiche di Monte Castello (Croara) e dal distretto limitrofo”; 12.20, P. Bonometti, “La frequentazione della Grotta del Farneto dal Bronzo Antico al Bronzo Recente”; 12.40, M.G. Belcastro, L. Castagna, N. Preti, P. Salvo, M. Venturi, “Nota preliminare sul rinvenimento di un cranio umano nella Grotta Marcel Loubens (San Lazzaro di Savena – BO); 12.55, P. Boccuccia, C. Busi, F. Finotelli, R. Gabusi, L. Minarini, “La Grotta Serafino Calindri (San Lazzaro di Savena – BO). Frequentazione antropica di una cavità dei Gessi Bolognesi durante l’età del bronzo”; 13.15, Pausa pranzo. Nel pomeriggio, i lavori sono presieduti da Maurizio Cattani, docente di Preistoria e Protostoria all’università di Bologna: alle 14.30, A. Bondini, P. Desantis, F. Finotelli, T. Trocchi, “Le Grotte di Labante (Castel d’Aiano – BO) tra geologia e archeologia”; 14.50, M. Miari, “La frequentazione pre e protostorica nelle grotte della Romagna”; 15.10, C. Negrini, P. Poli, “La Grotta del Re Tiberio e i saggi del 2013 antistanti l’ingresso”; 15.30, C. Cavazzuti, “I resti umani nelle grotte emiliano-romagnole e la ritualità funeraria alla fine del terzo millennio a.C.”; 15.50, G. Pignocchi, “La frequentazione archeologica delle grotte nelle Marche”; 16.15, C. Bigagli, R. Iardella, A. Palchetti, E. Paribeni, “Il complesso delle Grotte di Equi sulle Alpi Apuane (MS). Dal paleolitico ad oggi”; 16.40, pausa caffè; 16.50, C. Guarnieri, “La frequentazione delle grotte in Emilia-Romagna durante l’età romana e medievale: il punto della situazione”; 17.15, S. Piastra, “Rappresentazioni cartografiche storiche del carsismo nei gessi emiliano-romagnoli in età Moderna”; 17.40, discussione.

Archeologi e speleologi fianco a fianco nelle grotte dell’Emilia-Romagna

Sabato 7 ottobre 2017 ci si sposta al centro visite Carnè. Alle 10, C. Catellani, W. Formella, “Censimento catastale delle grotte di interesse Archeologico e Antropologico dell’Emilia occidentale”; 10.20, G. Gandolfi, “Il Buco del Cornale, una cavità con inedite tracce di frequentazione medievale”; 10.40, C. Bus, “Francesco Orsoni: 14 anni alla Grotta del Farneto”; 11, C. Busi, “Luigi Fantini e la scoperta del deposito osteologico del Sottoroccia del Farneto”; 11.20, N. Preti, “Le grotte bolognesi come rifugio nel 1944-45”; 12, pausa pranzo; 14, M. Ercolani, P. Lucci, B. Sansavini, “I rinvenimenti archeologici nelle grotte della Vena del Gesso romagnola: il contributo di Luciano Bentini”; 14.20, D. Delpiano, M. Marchesini, S. Marvelli, G. Nenzioni, M. Peresani, “Fenomeni carsici e primo popolamento nel territorio orientale bolognese”; 14.40, C. Busi, “La scoperta del Paleoinghiottitoio della Cava a Filo (S. Lazzaro di Savena, BO)”; 15, C. Berto, E. Ghezzo, U. Thun Hohenstein, M. Marchesini, S. Marvelli, A. Massarenti, G. Nenzioni, P. Paronuzzi, P. Reggiani, “La sequenza UMG dell’ ex Cava a Filo: aspetti geopaleontologici, tafonomici, palinologici e antropici alla luce delle ultime indagini (2006-2016)”; 15.20, D. Palumbo, M.M. Ciucani, M. Galaverni, P. Serventi, G. Ravegnini, S. Angelini, R. Caniglia E. Cilli, “Il lupo che venne dal freddo: i reperti dell’ex Cava a Filo rivelano l’antica origine del lupo italiano (Canis lupus italicus, Altobello 1921) attraverso lo studio del DNA antico”.

Ingresso grotta dei gessi (foto Francesco Grazioli)

Affiancano il convegno due interessanti mostre, sempre a Brisighella: la prima al convento dell’Osservanza, “Le grotte emiliano romagnole frequentate dall’uomo: le immagini” con foto di Francesco Grazioli; l’altra nella sala espositiva in via Baldi, “USI IMPROPRI? La fruizione delle cavità nell’iconografia antica e moderna” a cura di Maria Luisa Garberi e della biblioteca Franco Anelli (Centro italiano di documentazione speleologica – Bologna).