L’archeologa Serena Raffiotta racconta ad “archeologiavocidalpassato.com” la scoperta di Morgantina e la mostra fotografica che ne celebra i 70 anni della scoperta: allestita dall’Archeoclub nel museo di Aidone (En), sarà prorogata fino a gennaio

L’archeologa Serena Raffiotta, in dialogo con Alessandra Cilio, interviene al XV festival della comunicazione e del cinema archeologico di Licodia Eubea (foto graziano tavan)
Il 18 agosto 1955, in contrada Serra Orlando (Morgantina, Aidone, En), ebbero inizio gli scavi sistematici condotti dalla missione americana della Princeton University, sotto la direzione degli archeologi Erik Sjöqvist e Richard Stillwell. Le fotografie di quel giorno raccontano con chiarezza quanto orgoglio e partecipazione la gente di Aidone mise in quell’evento: un’intera comunità riunita attorno alla rinascita di Morgantina. Il 18 agosto 2025, a 70 anni esatti da quel momento, al parco archeologico di Morgantina si è rivissuto quello stesso spirito: “Morgantina, 70 anni di scavi, storie e scoperte. 1955-2025”, una giornata di memoria, festa e identità condivisa. Serena Raffiotta, archeologa, socia ricercatrice del museo Archeologico regionale di Aidone, è stata ospite speciale al XV festival della Comunicazione e del Cinema archeologico di Licodia Eubea, nella sessione di Catania. E qui l’abbiamo incontrata per raccontare ad archeologiavocidalpassato.com la storia degli scavi e la mostra “Un re tra le rovine. Gustavo Vi Adolfo di Svezia a Serra Orlando e la scoperta di Morgantina. 1955-2025” promossa ad Aidone dall’Archeoclub Aidone Morgantina con il parco archeologico di Morgantina e della villa romana del Casale. Con un annuncio: la mostra sarà prorogata fino a un evento di chiusura a gennaio 2026.
“Quest’anno Morgantina compie 70 anni”, ricorda Serena Raffiotta: “70 candeline su questa torta importante. Nel 1955 arrivò nelle campagne di Aidone, contrada Serra Orlando, un gruppo di ricerca dell’università di Princeton con a capo il prof. Erik Sjöqvist, uno svedese, docente di Archeologia classica. Andavano cercando uno spazio dove i loro studenti di archeologia potessero mettere in pratica quello che studiavano nei corsi in università.
E così furono fortunati perché a pochi giorni dall’inizio degli scavi misero in luce un monumento che oggi è il simbolo di Morgantina: la gradinata trapezoidale dell’ekklesiasterion, intuendo di essere arrivati nel posto giusto. Quello fu per loro un grande colpo di fortuna che però confermava quanto avevano già saputo facendo dei sopralluoghi e degli studi sul territorio qualche anno prima. Da 70 anni gli scavi continuano, la missione americana è ancora oggi presente sul sito. Per 40 anni è stata diretta da Malcolm Bell, il professore dell’università della Virginia che ha speso un’intera vita per Morgantina, e oggi – conclude Raffiotta – siamo contenti di averli ad Aidone, in Sicilia, perché comunque hanno investito tantissimo in questo progetto di ricerca importante, pubblicando tutti i risultati, una collana di monografie dedicate a Morgantina, che oggi per tutti gli studiosi di archeologia classica è un punto di riferimento indispensabile”.

La presentazione della mostra “Un re tra le rovine” nel museo Archeologico di Aidone (foto serena raffiotta)

Allestimento della mostra “Un re tra le rovine. Gustavo Vi Adolfo di Svezia a Serra Orlando e la scoperta di Morgantina. 1955-2025” al museo Archeologico di Aidone (foto zagara palermo)
“Per festeggiare con il pubblico i 70 anni della scoperta di Morgantina – ricorda Serena Raffiotta –, lo scorso giugno la sede locale dell’Archeoclub, appunto Archeoclub Aidone Morgantina, in collaborazione con il parco archeologico di Morgantina e della villa romana del Casale, ha allestito una mostra fotografica all’interno degli spazi museali proprio ad Aidone. La mostra mette in luce i primi mesi di ricerca a Serra Orlando quando ancora quelle monumentali rovine non erano riconosciute come i resti di Morgantina. Si parlava di un’anonima città nelle campagne di Aidone. E sono delle foto interessantissime, selezionate dall’università di Princeton che le ha concesse gentilmente in prestito per l’occasione. La mostra è dedicata in particolare al re Gustavo Adolfo VI di Svezia, il re archeologo, così come è conosciuto per la sua passione per il mondo antico e per aver investito ufficialmente, a nome proprio del regno che governava, in ricerche a Cipro, in Italia nella zona etrusca laziale, e in Sicilia proprio a Serra Orlando. Il re di Svezia fu presente ad Aidone nell’autunno del 1955, tra ottobre e novembre, e queste foto adesso in mostra al museo ce lo mostrano in abiti eleganti, passeggiare tra le rovine appena scoperte insieme al professore Sjöqvist, accogliere visitatori provenienti dal paese, incuriositi da quelle scoperte che stavano lì nascoste sotto i loro piedi, esaminare i reperti che venivano in luce, scrivere il suo taccuino – che è pure in mostra in copia al museo di Aidone. La mostra è a ingresso libero, ed è allestita negli spazi museali, quindi gli orari sono quelli di visita del museo, tutti i giorni dalle 9 alle 18, con ultimo ingresso alle 17. Ufficialmente rimarrà esposta fino a fine anno, quindi 31 dicembre, ma abbiamo già avuto informalmente una concessione di proroga perché contiamo di organizzare, sempre a nome di Archeoclub, un evento di chiusura a gennaio. Quindi vi invitiamo a raggiungerci ad Aidone”.
La mostra “Un re tra le rovine. Gustavo Vi Adolfo di Svezia a Serra Orlando e la scoperta di Morgantina. 1955-2025” è stata ideata da Archeoclub Aidone Morgantina, presieduto da Cinzia Randazzo, con la curatela scientifica di Serena Raffiotta, archeologa e studiosa di Morgantina nonché socia di Archeoclub d’Italia, e realizzata in stretta collaborazione con la Missione Archeologica Americana a Morgantina diretta da Alex Walthall, docente al Department of Classics della University of Texas at Austin. Fondamentale è stato il supporto dell’Università di Princeton, rappresentata da Julia Gearhart, direttore delle Visual Resources in seno al Department of Art and Archaeology della Princeton University, e di Leigh Anne Lieberman, Digital Project Specialist dello stesso dipartimento e Data Director della Missione Americana a Morgantina. Grazie alla collaborazione con l’Istituto Svedese di Studi Classici a Roma, un prezioso contributo scientifico al progetto è stato offerto da Frederick Whitling, ricercatore svedese e noto studioso del Re Gustavo. L’evento è organizzato in sinergia con il parco archeologico di Morgantina e della villa romana del Casale di Piazza Armerina diretto da Carmelo Nicotra e con il Comune di Aidone.

Re Gustavo VI Adolfo e il professor Erik Sjöqvist a Serra Orlando (ottobre / novembre 1955) (foto Archivio di Princeton – Morgantina Collection, Department of Art and Archaeology)

Mostra “Un re tra le rovine” al museo Archeologico di Aidone: cassa con attrezzi e oggetti di scavo della missione americana a Morgantina (foto zagara palermo)
In mostra 40 fotografie in bianco e nero, in gran parte inedite, che raccontano la breve permanenza dei Reali di Svezia nel territorio aidonese a ottobre/inizi novembre del 1955, anno in cui un gruppo di archeologi e ricercatori americani diretti dallo svedese Erik Sjöqvist, accademico a Princeton, avviava un progetto di ricerca destinato a rimanere memorabile nella storia dell’archeologia internazionale. In mostra anche un gruppo di documenti inediti degli anni 1953-1955 messi a disposizione dall’archivio di Princeton, un paio di atti ufficiali reperiti presso l’Archivio di Stato di Enna e della corrispondenza privata dall’archivio di Marco Incalcaterra. Sono inoltre esibiti per la prima volta al pubblico alcuni interessanti oggetti dell’epoca di proprietà della Missione Americana a Morgantina, testimonianze di vita quotidiana e ricerca archeologica agli albori della spedizione a Serra Orlando.

Re Gustavo VI Adolfo e il professor Erik Sjöqvist a Serra Orlando (ottobre / novembre 1955) (foto Archivio di Princeton – Morgantina Collection, Department of Art and Archaeology)
“La mostra Un Re tra le rovine”, commenta Cinzia Randazzo, presidente in carica di Archeoclub Aidone Morgantina, “celebra i 70 anni dalla scoperta di Morgantina e racconta un momento storico fondamentale della sua storia. Morgantina è viva, è amata e capace di unire mondi lontani. Questo evento è più di una mostra: è un inno alla cooperazione, alla bellezza di un territorio che non smette mai di raccontare. La cultura è il nostro motore: conoscere il passato per comprendere il presente e costruire il futuro. Un evento che crea ponti oltre i confini e oltre il tempo, grazie all’amore per il patrimonio e alla collaborazione internazionale”.
Egitto. Scoperto ad Abydos il più antico birrificio del mondo dalla missione egiziano-americano diretta da Matthew Adams. Risale all’epoca di Narmer (I dinastia). Forniva la birra usata nei rituali funebri

Scoperta in Egitto la più antica fabbrica di birra ad alta produzione del mondo: risalirebbe a 5mila anni fa. A scoprirla nella zona Nord di Abydos, provincia di Sohag, la missione archeologica congiunta egiziano-americana, guidata da Matthew Adams della New York University e da Deborah Fishak della Princeton University. In realtà il sito era stato visto da alcuni archeologi britannici all’inizio del XX secolo, ma la sua posizione non era stata determinata con precisione, e solo l’attuale spedizione è stata in grado di individuarla e scoprire che si trattava di un birrificio.


I sostegni verticali in argilla delle vasche per la produzione della birra scoperte ad Abydos (foto ministry of Tourism and Antiquities)
“La fabbrica risale probabilmente all’era del re Narmer (I dinastia)”, ha affermato Mostafa Waziry, segretario generale del Consiglio supremo delle antichità. “Si compone di otto grandi sezioni con un’area di 20 metri di lunghezza x 2,5 metri di larghezza x 0,4 metri di profondità, che servivano come unità per la produzione di birra, in quanto ogni settore conteneva circa 40 vasche di coccio disposte su due file per riscaldare la miscela di grani e acqua, e ogni vasca è tenuta in posizione da leve in argilla poste verticalmente attorno ad anello”.

Secondo Matthew Adams, capo della missione, “gli studi hanno dimostrato che la fabbrica produceva circa 22.400 litri di birra alla volta, e potrebbe essere stata costruita in questo luogo appositamente per assicurare la birra destinata ai rituali reali che si svolgevano all’interno delle tombe dei faraoni d’Egitto. E durante gli scavi in queste strutture sono state trovate prove dell’uso della birra nei riti sacrificali”.







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