L’Iran e le statue coperte ai musei Capitolini. Franceschini: “Un tragico errore”. Il parere di archeologi orientalisti. Il rapporto degli iraniani con l’arte, tra limitazioni e censure. Il rispetto dell’arte antica

La Venere Capitolina (nel riquadro) inscatolata ai Musei Capitolini di Roma per la visita del presidente Rohani
Coprire o non coprire i capolavori dei musei Capitolini di Roma agli occhi del presidente della repubblica Islamica dell’Iran Hassan Rohani in visita ufficiale in Italia? “Qualsiasi persona di buonsenso capisce che è stato un errore tragico”, sentenzia il ministro per i Beni Culturali, Dario Franceschini, che ricorda l’importanza di essere ospitali ma anche che sarebbe bastato “scegliere un’altra sala, un altro museo o percorso. È stato uno sbaglio”. Al di là delle valutazioni e delle speculazioni politiche, come è stato “letto” il fatto da archeologi e addetti ai lavori che hanno lavorato nel Vicino Oriente e conoscono la realtà, la cultura e la mentalità del popolo iraniano?
“Una scelta infelice quella di coprire con sarcofaghi bianchi dei capolavori del mondo antico”: ne è convinto l’archeologo Paolo Matthiae, noto per aver scoperto la città di Ebla in Siria, che dice di non comprendere come mai Rohani non sia stato accolto in un luogo che permettesse “il dovuto rispetto per un ospite straniero” e non compromettesse “il nostro modo di considerare le opere artistiche in piena libertà. I musei Capitolini non sono una sede della presidenza del Consiglio o del ministero degli Esteri. Alternative ce n’erano: penso al Palazzo Senatorio al Campidoglio o a Villa Madama”. E l’archeologo Giuseppe Proietti, che è stato a lungo segretario generale del Mibact, per il quale ha avuto tra i tantissimi incarichi la responsabilità del Progetto italo-iraniano per il restauro della Fortezza di Bam in Iran: “Gli iraniani sono di cultura aniconica, per loro è proibito raffigurare immagini, anche la loro cultura figurativa è senza immagini, perché per loro è peccato riprodurre l’immagine dell’uomo e di Dio. Infatti non è tanto una questione di senso del pudore, quanto un precetto religioso, perché l’arte islamica è per dettame religioso un’arte aniconica, senza immagini umane. Però tante volte a Roma abbiamo avuto in visita alti esponenti dei governi di Teheran e mai ci si è preoccupati di coprire le nostre statue. Ricordo ad esempio la visita del ministro degli esteri del primo governo cosiddetto riformatore, quello di Khatami. Venne al museo di Arte orientale dove si inaugurava una mostra di opere provenienti dall’Iran, ma dentro quel museo c’erano anche tante altre opere figurative, indiane, che non furono coperte”.

La statua colossale di Ercole nudo scolpita sulla roccia nel sito archeologico di Bisotun (Iran occidentale)
E gli iraniani che vivono in Italia? come è il loro rapporto con l’arte? “Noi abbiamo certamente molte limitazioni e la censura”, ammettono, “ma non si ricorda di aver mai sentito di statue o opere d’arte coperte in modo plateale. Crediamo se mai, che le più scandalose siano state rimosse, ma altre sono visibili. Direi che da noi in Iran c’è pragmatismo, censura religiosa ma non fobia del nudo nell’arte antica”. D’altra parte basta fare un viaggio in Iran per scoprire come il Paese conservi ancora tutte le testimonianze culturali dell’antica Persia. I siti archeologici, non solo quelli famosissimi di Persepoli e Pasargade, sono ben conservati. “Nel museo archeologico di Teheran ci sono immagini di nudo femminile esposte. Talora vengono coperte le parti più intime, mentre molte altre rimangono negli scantinati: certo non ci sarà mai una sala affollata di nudi”. L’Iran ha anche una letteratura in cui si annoverano grandi cantori dell’amore come Rumi, Hafez, Kayyam. “Rime a tratti erotiche ancora vive nell’immaginario collettivo”, spiega Antonello Sacchetti, scrittore, esperto di società persiana. Le quartine di Kayyam ad esempio sono dedicate soprattutto all’esaltazione del vino: “Bevi vino, ché vita eterna è questa vita mortale – recitano alcuni versi – E questo è tutto quello ch’hai della tua giovinezza; Ed or che c’è vino, e fiori ci sono, e amici lieti d’ebbrezza”. Versi che contrastano con la realtà: bere alcolici in Iran è vietato. Alcune minoranze, come i cristiani, possono però usarlo nelle cerimonie. La censura è invece molto forte nei libri, in tv e al cinema. “Ad esempio studiare arte in Iran è complesso”, spiega Tannaz Lahiji, artista iraniana e docente di Disegno a Firenze, “basti pensare alla difficoltà di imparare l’anatomia senza nudi, o a confezionare abiti senza modelle. Però nei confronti della storia antica, di cui l’iraniano è molto orgoglioso, non si percepisce un tabù. Esempi significativi sono la statua di Ercole a Bisotun scolpita in tutta la sua virile nudità; gli affreschi della cattedrale armena di Vank a Isfahan, con il turbinio di corpi nudi nelle pene dell’inferno del Giudizio Universale, o i dipinti di Borujerdi House, a Kashan, dove fa capolino qualche donnina discinta. E l’elenco potrebbe continuare”.
Amara la conclusione di Alessandro Goppion, ceo dell’omonima azienda molto conosciuta nel settore della progettazione di impianti d’esposizione museale: “La decisione di coprire con dei pannelli bianchi le statue in occasione della visita del presidente dell’Iran Rohani in Campidoglio non è un segno di rispetto nei confronti della cultura iraniana, ma un intervento che, negando le espressioni artistiche della civiltà occidentale, finisce involontariamente per legittimare gli attacchi di chi queste opere le vuole distruggere, come l’Isis. Attraverso il meccanismo della censura non si fa che accettare l’idea di offendere una cultura quando potevano essere trovati altri modi per non infastidire la sensibilità del presidente iraniano. Così ad essere censurata è solo la nostra storia”.
Iran last minute: ultimi quattro posti per andare in Iran alla scoperta dei tesori e dei profumi dell’antica Persia con i co-autori della guida “Iran, tesori di Persia”. Si parte il 24 ottobre da Venezia
L’occasione “last minute” è di quelle da non perdere: ci sono ancora quattro posti disponibili per il viaggio alla scoperta dell’Iran con Graziano Tavan e Sara Sabokkhiz, due co-autori della guida turistica “Iran, tesori di Persia”, che sarà data in omaggio ai partecipanti. L’agenzia Lanai Viaggi propone infatti per ottobre (dal 24 ottobre al 1° novembre 2015) un viaggio speciale: “Iran, tesori e profumi dell’antica Persia”, con partenza in pullman da Villafranca di Verona e aereo da Venezia. Per chi invece è scomodo per queste partenze, si organizzano transfer personalizzati. Lunedì 7 settembre scadono le iscrizioni: chi è interessato ne approfitti (info 348.7694483; email: archeologiavocidalpassato@gmail.com). Vediamo il programma.
24 OTTOBRE: VILLAFRANCA, VENEZIA, TEHERAN Ritrovo nel piazzale della stazione ferroviaria di Villafranca di Verona con gli accompagnatori Lanai e partenza per l’aeroporto di Venezia. Decollo alle 14.20 per Teheran con volo Turkish airlines via Istanbul. Arrivo all’aeroporto di Teheran alle 00.30, disbrigo delle formalità doganali e trasferimento con la nostra guida in hotel. Pernottamento.
25 OTTOBRE: TEHERAN Giornata dedicata alla visita di Teheran, popolosa capitale dell’Iran moderno. Situata a 1400-1800 metri di altitudine, alle pendici dei monti Alborz, è la sede del governo nonché il centro delle attività commerciali e imprenditoriali del Paese. Qui visiteremo il museo Archeologico nazionale dell’Iran, che ripercorre la storia dell’arte e della cultura iranica, attraverso reperti archeologici che vanno dal 6mila a.C. fino ai Sassanidi, ultima dinastia persiana prima dell’invasione araba; il museo del Vetro e della Ceramica, allestito in una elegante palazzina del periodo Quajar, museo nel museo, che ospita una preziosa collezione di vetri e ceramiche, dal II millennio a.C. alla nostra era. L’Azadi Tower, l’arco della Libertà, simbolo di Teheran. Pensione completa.
26 OTTOBRE: TEHERAN, SHIRAZ Partenza con volo di linea per Shiraz e trasferimento in hotel. Giornata dedicata alla visita del bazar coperto, primo assaggio dell’artigianato iraniano; della moschea di Vakil, dell’Eram Garden (palazzo con giardino persiano), Shah Cheragh mosque (una delle più preziose e più venerate dell’Iran, un tripudio di specchi e argenti). Pensione completa.
27 OTTOBRE: SHIRAZ, PERSEPOLI Giornata di escursione a Persepoli, la maestosa città-palazzo dei re persiani, capitale dell’impero achemenide, edificata da Dario nel VI sec. a.C. e distrutta da Alessandro Magno come vendetta del saccheggio di Atene. Visita della Terrazza con la Porta delle Nazioni, l’Apadana (sala delle udienze) con i rilievi dei popoli sudditi, il Palazzo di Dario, il Palazzo delle Cento colonne. Prima Dario e poi Serse avevano fatto affluire in Persia i migliori artigiani del mondo, costruendo una città-palazzo che doveva rappresentare la perfezione dell’architettura e della scultura del tempo. La visita prosegue con Naqsh-e-Rostam, dove ci sono le tombe nella roccia dei re achemenidi e, sempre sulla parete della falesia, i grandi rilievi sassanidi, l’ultima dinastia persiana. Nel pomeriggio rientro a Shiraz con visita dei mausolei dei poeti Sa’adi e Hafez e il palazzo-giardino di Narenjestan: un ricco palazzo con decorazioni a stucco, argenti, specchi e pareti a piastrelle colorate. Pensione completa.
28 OTTOBRE: SHIRAZ, PASARGADE, YAZD Con un percorso di 130 chilometri da Shiraz si raggiungerà Pasargade, la prima capitale achemenide, fondata da Ciro il Grande nel 600 a.C., che qui volle essere anche sepolto: la Tomba di Ciro è forse il monumento più famoso dell’Iran. La visita comprende anche il Palazzo di Ciro con la grande iscrizione trilingue, il Trono di Salomone (un tempio del fuoco) e la fortezza che domina la piana. Proseguimento per Yazd, ai margini dei deserti Dasht-e-Kavir e Dasht-e-Lut , dove visiteremo le Torri del Silenzio, luogo di sepoltura degli Zoroastriani: lì venivanio esposti i corpi che venivano mangiati dagli avvoltoi, e la Porta del bazar (Amir Chakmagh). Pensione completa.
29 OTTOBRE: YAZD, ISFAHAN Importante tappa lungo la carovaniera percorsa dai mercanti che esportavano le loro sete e i loro tappeti, Yazd fu visitata nel 1272 da Marco Polo, che la descrisse splendente di moschee, storica roccaforte dei seguaci del culto di Zoroastro-Zarathustra. Prima colazione. La mattina sarà dedicata alla visita della città, una delle più interessanti dell’Iran e antico centro Zoroastriano. Vedremo l’Atash-Kadeh, in cui si conserva il fuoco sacro. La Moschea del Venerdì, dal cui portale si slanciano i due minareti più alti dell’Iran. Passeggeremo nella città vecchia, fra raffinati esempi di case tradizionali, abitazioni dalla particolare architettura con le caratteristiche torri di aerazione o “badgir”. Nel pomeriggio partenza alla volta di Isfahan (370 km). Lungo il percorso, che alterna paesaggi di alte montagne e distese desertiche, si farà sosta a Nain, famosa per la moschea Masjid-i-Jomeh. La parte più antica della moschea risale al X secolo e presenta il caratteristico schema architettonico abbaside, con il cortile centrale circondato da portici, privo di iwan. Magnifico è il mihrab, la nicchia interna decorata rivolta verso la Mecca. Arrivo a Isfahan, gioiello dell’arte safavide. Pensione completa
30 OTTOBRE: ISFAHAN Per secoli crocevia di commerci e carovane, di traffici raffinati che hanno dato vita ad una borghesia ricca e colta, Isfahan e una città signorile che incanta per la bellezza dei suoi monumenti. Giornata dedicata alla visita d’Isfahan, la città che Shah Abbas I (1587-1629), della dinastia Safavide, elesse a sua capitale, e che pianificò ed abbellì fino a farne la perla del rinascimento persiano. L’arte islamica, sia essa di ispirazione sacra o profana, raggiunge qui esiti insuperati. Ci concentreremo sui monumenti che si affacciano sull’immensa piazza dell’Imam, l’esempio più sublime della concezione architettonica, artistica e urbanistica dello Shah Abbas: la moschea dell’Imam, monumentale, un’esplosione di raffinata bellezza attraverso i rivestimenti di piastrelle dipinte; la moschea Sheikh Lotfollah o delle donne, più raccolta, un vero gioiello; il palazzo di Ali Qapu, del governatore, che dalla grande terrazza domina la piazza. Pensione completa.
31 OTTOBRE: ISFAHAN Giornata dedicata al tour della città. Si visitano tre importanti ponti sul fiume Zayandeh-Rud, il Ponte Sio Se Pol (o delle 33 arcate) e il Ponte Khaju (Pol-e-Kaju)e il ponte Shahrestan del periodo sassanide. L’importanza dei ponti di Isfahan non risiede solo nella loro splendida architettura, ma anche nella loro funzione pratica, sociale e di elevazione spirituale. Funzionavano come dighe, mercati di frutta e ortaggi di primo mattino, luoghi di aggregazione dove, all’ombra di padiglioni dipinti, si sorseggiava il tè, sciogliendo in bocca cialde di zucchero d’orzo, o si fumava il narghilè. Meta di passeggiate la sera, quando l’aria impregnata di freschi vapori anticipava i piaceri del paradiso islamico. Quindi ritorno nella piazza dell’Imam, per riempirci di stupore e di magia e dedicare il pomeriggio allo shopping nel monumentale bazar (cinque chilometri di percorsi coperti), dove ci si può lasciare rapire dai profumi, i colori, le atmosfere orientali: qui si trovano gioielli in pietre dure (lapislazzuli e turchese), oreficeria, tappeti, oggetti di artigianato, tessuti stampati a mano… Un’esperienza unica. Pensione completa
1° NOVEMBRE: ISFAHAN, VENEZIA, VILLAFRANCA Trasferimento notturno all’aeroporto e decollo con volo Turkish Airlines alle 04.40 via Istanbul per l’Italia. Arrivo previsto a Venezia alle 13.20 e trasferimento immediato a Villafranca presso la stazione Ferroviaria.
INFO: alberghi 4*; quota di partecipazione in camera doppia: 1950 euro; tasse aeroportuali: 211 euro; supplemento singola: 390 euro. La quota comprende: transfer Villafranca-Venezia andata e ritorno; voli di linea in classe economica; sistemazione in hotel 4 stelle; trasferimenti e trasporto per tutto il viaggio in Iran con bus con aria condizionata; visite con guida locale parlante italiano; ingressi per le visite da programma; accompagnatore da Villafranca (il giornalista, scrittore Graziano Tavan); assicurazione medico con massimale di euro 160.000. La quota non comprende: tasse aeroportuali; assicurazione annullamento; mance ed extra di carattere personale; tutto quanto non espressamente menzionato ne “la quota comprende”.
Iran: Pasargade, la città di Ciro il Grande, sarà curata dagli archeologi e restauratori italiani: firmato un protocollo Italia-Iran

Pasargade, la città di Ciro, prima capitale achemenide: il restauro sarà curato dagli esperti italiani
Pasargade, la città di Ciro il Grande, prima capitale dell’impero persiano, sarà curata dagli italiani. Sono stati inaugurati nei giorni scorsi i laboratori di restauro, asse portante di un progetto a tutela del patrimonio archeologico iraniano avviato nel 2014 e destinato a proseguire almeno fino al 2017. “Una forma di cooperazione di grande valore simbolico per il patrimonio archeologico mediorientale, che in altre parti della regione corre un grande pericolo”, l’ambasciatore italiano in Iran, Mauro Conciatori, ha definito i nuovi laboratori per il restauro della pietra aperti dall’Istituto superiore per la conservazione e il restauro (Iscr), con l’Iranian Cultural Heritage Organization a Pasagarde, l’area archeologica vicina a Persepoli dove si trova la tomba di Ciro il Grande. Con questo protocollo e quello che a breve si realizzerà anche a Bam, ha proseguito il diplomatico, “abbiamo scritto un’altra pagina del grande libro della cooperazione tra l’Italia e l’Iran”.

La ricostruzione del “giardino persiano” di Pasargade, uno dei più antichi restituiti dagli scavi archeologici
Le rovine di Pasargade si trovano circa 87 chilometri a nordest di Persepoli, nella provincia iraniana di Fars; fondata da Ciro il Grande nel 546 a.C., fu la prima capitale dell’impero achemenide fino a quando il centro di comando del regno venne spostato a Persepoli. Sul sito archeologico si possono ancora ammirare la tomba di Ciro, la fortezza di Toll-e Takht (situata sulla cima della collina che domina la piana), e le rovine di due palazzi reali con i loro giardini, uno dei primi esempi di giardino persiano che la storia registri. Recenti ricerche avrebbero mostrato come le fondamenta degli edifici di Pasargade sarebbero state progettate per resistere a un terremoto che oggi classificheremmo di magnitudo sette nella scala Richter. Con il sostegno del Mibac, gli esperti italiani lavoreranno a Pasargade per l’analisi e il recupero della pietra, di recente esposta a nuove minacce dovute anche ai cambiamenti ambientali e all’uso massiccio delle falde acquifere. Secondo il responsabile italiano del progetto, Claudio Prosperi Porta, “la quasi totale scomparsa delle piogge nell’ultima decade insieme al prelievo di acqua a grandi profondità per la coltura intensiva del riso, ha provocato una nuova aridità del terreno, che si somma ad altri pre-esistenti fattori di rischio per la struttura di quanto rimane dei palazzi antichi e per l’integrità delle singole pietre”. Questo fenomeno è molto evidente nei resti del palazzo di Ciro, dove anche i vuoti lasciati dalle grandi pietre prese in passato per la costruzione di altri edifici concorrono ad un progressivo degrado di quelle ancora in sede, collocate 2500 anni fa con le sapienti tecniche costruttive delle maestranze cosmopolite di Ciro. “Al fondatore dell’impero persiano”, spiegano gli archeologi, “va infatti il merito di aver saputo per primo, nella sua dinastia, mettere a frutto le competenze tecniche e artistiche dei popoli conquistati, prima nella vasta area di Pasardade – dove si trovano – come detto – anche la fortezza di Toll-e Takht, la colonna con la scritta ‘Sono Ciro il re, un Achemenide’ in tre lingue, i resti di due palazzi e del primo esempio noto di giardino persiano”. In tutte queste strutture, già interessate in passato da scavi e restauri, è ora necessario un attento lavoro di analisi per mettere a punto gli interventi di tutela successivi.
Il monumento più famoso di Pasargade è la tomba di Ciro il Grande, costruita su sei alti gradini che conducono alla sepoltura vera e propria, la cui camera (3 metri x 2) ha un’entrata bassa e stretta. Alessandro Magno rese omaggio al mausoleo di Ciro dopo il saccheggio e la distruzione di Persepoli. Flavio Arriano riporta nel II secolo d.C. (quindi molto dopo la morte di Alessandro Magno) che il macedone ordinò ad Aristobulo, uno dei suoi luogotenenti, di entrare nell’edificio; qui egli trovò un letto d’oro, una tavola apparecchiata, una bara dorata, alcuni paramenti ornati di pietre preziose ed un’iscrizione, che oggi non è visibile. L’esercito arabo decise di distruggerla, perché considerata in contrasto con i principi dell’Islam. Ma i guardiani persiani riuscirono a convincere il comandante dell’esercito che la tomba non era stata costruita in onore di Ciro il Grande, bensì della madre del re Salomone: e la Tomba fu salva. E ancora oggi il monumento è noto come “Qabr-e Madar-e Sulaiman”, cioè la tomba della madre di Salomone. Il protocollo firmato dal Mibac prevede che i nostri tecnici lavorino anche all’analisi dei rivestimenti interni delle cella del mausoleo di Ciro. “È uno spazio vuoto”, spiegano gli archeologi, “dove in epoca islamica è stato inserito un ‘mihrab’ per la preghiera e dove probabilmente il corpo dell’imperatore non venne mai posto, visto che la sua fede zoroastriana non prevedeva la conservazione delle salme”. Ma il mausoleo mantenne un grande valore simbolico e rimase sede dell’incoronazione dei re anche dopo che Dario spostò la capitale ufficiale dell’impero nella vicina e tuttora grandiosa Persepoli.
“Quello di Pasagarde”, conclude Mohammad Hassan Talebian, vicepresidente dell’ente per i beni archeologici iraniani, “è il primo laboratorio per l’analisi della pietra all’interno di un sito archeologico in Iran . Per noi la presenza italiana ha una grande valenza e una grande importanza”, che si inserisce nel solco di una tradizione decennale. “L’Iran vuole giungere ad avere un piano generale per tutta l’area di Pasagarde e Persepoli, considerata un unico ‘paesaggio’ archeologico e culturale in cui non vanno considerati solo i suoi monumenti, ma anche gli altri elementi che ne caratterizzarono la civiltà: dalla religione all’agricoltura alle opere per l’irrigazione”. Ma nel futuro dell’area vi è anche l’idea, lanciata dalle autorità locali e raccolta dall’ambasciatore Conciatori, di un gemellaggio tra Pasagarde e un comune italiano.
Chi ha costruito la porta monumentale di Tol-e Ajori e il palazzo di Firuzi5 prima di Persepoli (Iran)? Gli indizi portano a Ciro. Ma è presto per dirlo. Il giallo continua…

La porta di Ishtar a Babilonia (oggi al Pergamon museum di Berlino) presa a modello a Tol-e Ajori (Iran)

Alireza Askari Chaverdi, co-direttore della missione irano-italiana, mostra i rilievi del monumento di Tol-e Ajori
La porta monumentale di Tol-e Ajori, copia della Porta di Ishtar di Babilonia, è anteriore la costruzione della terrazza di Persepoli. Sembrano infatti più che indizi i dati raccolti dalla missione congiunta irano-italiana nella piana di Persepoli diretta da Alireza Askari Chaverdi dell’università di Shiraz e da Pierfrancesco Callieri dell’università di Bologna, nel quadro dell’accordo tra il dipartimento dei Beni culturali (DBC) dell’università di Bologna e l’istituto di Ricerca dei Beni culturali dell’Iran (RICHHTO) col contributo economico dell’Università di Bologna, del MIUR e del MAE. Askari Chaverdi e Callieri sul fatto che si tratti di un edificio proto-achemenide non avrebbero dubbi (vedi post su archeologiavocidalpassato https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2015/02/02/a-cosa-dava-accesso-la-porta-di-tol-e-ajori-vicino-persepoli-iran-forse-al-complesso-di-firuzi5-anteriore-a-persepoli-il-giallo-archeologico-continua/). Ma questo non li tranquillizza, anzi. Proprio la mancanza di elementi che possano portare a una datazione assoluta attendibile solleva problematiche che al momento non sembrano facilmente superabili. Perché la grossa eredità che lascia l’ultima campagna di scavo che si è conclusa nel novembre scorso è una domanda ben precisa: quando e chi ha realizzato a Tol-e Ajori quella straordinaria, monumentale porta?

I corsi di mattoni invetriati trovati in situ nella porta monumentale di Tol-e Ajori vicino Persepoli (Iran)
Il complesso scoperto a Tol-e Ajori – come si diceva – è molto diverso da Persepoli. A cominciare dalla presenza del drago-serpente (mushkhusshu), animale totalmente estraneo a Persepoli (per i mazdei il serpente è una creatura malvagia). Addirittura la distruzione del monumento potrebbe essere stata la conseguenza dell’ideologia zoroastriana. Questi sono tutti elementi che portano a datare il monumento prima di Persepoli. Ma quanto prima di Persepoli? “Di quanto anteriore? È difficile dirlo”, ammette Callieri. “Se imita la Porta di Ishtar (costruita intorno al 580 a.C.) la porta di Tol-e Ajori è postuma anche alla conquista di Babilonia da parte di Ciro nel 539. Quindi al momento è arduo stabilire se risale al regno di Ciro, di Cambise, o dei primi anni di Dario. L’iconografia e la tecnica di costruzione a mattoni insieme al raffronto con la porta di Ishtar ci porta a una ambientazione più mesopotamica che persiana”, spiega l’archeologo dell’ateneo bolognese. “Quindi è più probabile una attribuzione al regno di Ciro. Ma al momento non ci sono elementi decisivi”. A detta degli archeologi è più plausibile che sia dell’epoca di Ciro che ha conquistato Babilonia (come ricorda il “cilindro di Ciro”: il re persiano si definisce devoto al dio Marduk del quale ripristina il culto. Ciro quindi è stato nelle condizioni di poter essere influenzato dall’arte babilonese e ispirato a riprodurre in Persia una copia della Porta di Ishtar). Cambise è noto per la conquista dell’Egitto. Dario poi inizia a costruire quasi subito Persepoli (518-515) e il Palazzo di Susa. Si dovrebbe ipotizzare che poco prima avesse posto mano anche al Palazzo di Firuzi5 e alla porta di Tol-e Ajori. Ma ci sarebbe stato troppo poco tempo per un’opera così monumentale.
Monumento dell’epoca di Ciro? Per ora è solo un’ipotesi, ovviamente. Sarà l’obiettivo proprio della prossima campagna di scavo, nell’autunno del 2015 quello di acquisire elementi per giungere con una maggiore sicurezza alla datazione del monumento e alla sua attribuzione, anche se le possibilità sono molto limitate. “Un aiuto potrebbe arrivare tra qualche mese”, anticipa Callieri, “quando dovremmo avere a disposizione i risultati archeometrici sui materiali. Le datazioni al C14 non ci possono aiutare molto a capire la data di costruzione (l’oscillazione +/- alcuni decenni è in questo caso per noi troppo ampia: ci stanno dentro tutti e tre i re achemenidi). Ma il C14 ci può invece aiutare a capire la data di distruzione: gli eventi distruttivi registrati nello scavo sono più di uno e potrebbero già essere iniziati in antico. Il C14 viene fatto in Italia sulle ossa. L’università di Urbino e di Isfahan studiano i mattoni cotti con la termoluminescenza”. Ma quello della datazione non è l’unico problema rimasto aperto. “Nella campagna 2015 dovremo cercare di chiarire soprattutto l’esistenza di un muro di recinzione. Finora nelle ricognizioni effettuate non c’è traccia di questo muro. Il lato della porta è di 40 metri: quindi apriremo una trincea intorno ai 20 metri. Non ci resta che attendere la prossima campagna di scavo. Il giallo di Tol-e Ajori continua.
(5 – fine. Precedenti post il 14, 19, 25 gennaio e 2 febbraio)
A tu per tu con il calesse della principessa etrusca di 2600 anni fa: presentato al museo di Murlo (Siena) il restauro del prezioso reperto trovato nella Tomba A del Poggione
A tu per tu con il calesse della principessa di 2600 anni fa. L’onore e l’emozione di poter osservare da vicino questo prezioso reperto etrusco è capitato ai fortunati che sabato 7 febbraio hanno risposto all’iniziativa “Laboratorio aperto” lanciata dal museo Archeologico di Murlo nel Senese per raccontare lo stato di avanzamento dell’intervento di restauro del carro in ferro e bronzo che proviene da una tomba a camera della fine del VII secolo a. C. in località Poggione (Castelnuovo Berardenga). La sepoltura fu scavata all’inizio degli anni Ottanta, e oggi appartiene alla collezione archeologica del museo di Palazzo Corboli di Asciano, una delle sedi espositive più prestigiose del territorio senese. Il gabinetto specializzato di restauro di Murlo, annesso al museo Archeologico, è uno spazio funzionale unico che, insieme al Centro di Restauro di Chianciano Terme, costituisce un punto di riferimento per la conservazione del patrimonio archeologico delle Terre di Siena. L’intervento di restauro del “calesse della principessa” è realizzato da Fondazione Musei Senesi grazie al contributo del Comune di Asciano e della Fondazione Monte dei Paschi di Siena, e alla collaborazione della soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana e del Comune di Murlo, che ospita il carro in questa fase di restauro.
La tomba principesca del Poggione (denominata “Tomba A”) fu scavata tra il 1980 e il 1984 dalla dott.ssa Mangani della soprintendenza per i Beni archeologici della Toscana (dopo varie segnalazioni fatte nel corso degli anni Settanta circa la presenza in questa zona di reperti e strutture archeologiche): è una tomba a camera di età orientalizzante realizzata con lastre di travertino di Rapolano che costituivano sia le pareti che la pavimentazione. conteneva la deposizione di un uomo e di una ragazza con i loro ricchi corredi, attualmente esposti nel museo di Asciano. Gli oggetti che accompagnavano i defunti caratterizzavano il loro status: armi, scudi, gratelle per cucinare la selvaggina, coltelli, delicatissimi vasi potori per lui; oggetti d’avorio, come una pisside e un pettine per lei, molti rocchetti da usare per la filatura, fibule e altri monili preziosi. Dalla stessa tomba proviene anche il calesse presentato a Murlo, di cui restano moltissimi frammenti in ferro e in bronzo, che dovevano decorare la struttura lignea. “La deposizione di carri e calessi nelle tombe di età orientalizzante e arcaica nelle tombe dell’Italia centrale (non solo Etruria, ma anche Latium Vetus, agro falisco, Sabinia, Umbria e ambito Piceno) dimostra un forte legame con le ideologie delle aristocrazie gentilizie”, afferma Silvia Goggioli, funzionario della soprintendenza per i Beni archeologici della Toscana e direttrice del restauro con Giovanni Roncaglia e Franco Cecchi. “I carri ritrovati in tombe etrusche e italiche ad oggi, infatti, sono circa 280 – fra questi anche il carro di Montecalvario, esposto al museo Archeologico di Castellina in Chianti, altro museo del circuito senese, e recentemente restaurato. I calessi, o carpentum, in particolare in Etruria, presentano due ruote e sono guidati ad andatura lenta, stando seduti, con un baldacchino sulla cassa e un tiro a due, di asini o cavalli. La loro deposizione nelle tombe si associa per lo più alle sepolture di donne di alto lignaggio e ricorre nelle tombe a camera fin dall’ultimo quarto dell’VIII secolo a.C.”.
Le raffigurazioni etrusche mostrano il carro impiegato in cerimonie nuziali, anche se si presume che doveva essere usato anche in altre occasioni della vita quotidiana. Proprio nel museo di Murlo, che conserva i resti del palazzo arcaico di Poggio Civitate – un rarissimo esempio di città viva e non di necropoli etrusca – è conservata una lastra a bassorilievo, in terracotta, che illustra un calesse con alcuni servi che coprono la coppia con un ombrellino, secondo un’iconografia che si ritrova anche nel rilievo achemenide del lontano palazzo di Serse a Persepoli. Non dimentichiamo che ancora oggi, nei matrimoni indiani, l’elegante sposa arriva sul luogo della cerimonia su un calessino, con il capo coperto da un velo e i servi che la proteggono dal sole con un ombrello.
Il progetto scientifico, elaborato dalla soprintendenza ai Beni archeologici della Toscana, si è avvalso del contributo degli architetti senesi Claudio Mancianti e Massimo Marini e delle restauratrici Adria Coscia e Mara Cavallaro. Un intervento complesso che, partendo dalla miriade di frammenti rinvenuti, ha richiesto un lungo e attento studio preliminare per distinguere, in base al degrado, i vari materiali e le funzioni delle diverse parti (decorative o strutturali). L’ipotesi ricostruttiva ha consentito, grazie al confronto con esempi simili e storicizzati, di raccogliere molte inedite informazioni sul reperto, che verrà ricomposto su un modello in scala 1:1 sulla base dei dati tecnici rilevati e che, a intervento concluso, permetterà un riallestimento ad hoc nel museo di Asciano.
A cosa dava accesso la porta di Tol-e Ajori, vicino Persepoli (Iran)? Forse al complesso di Firuzi5, anteriore a Persepoli. Il giallo archeologico continua
Un “cancello” nel nulla. Come quelli che ancora oggi possiamo vedere nella campagna padano-veneta: sembrano aperti verso un qualcosa di non ben definito, o che comunque non si vede, quasi un “segnacolo” che non apre/varca un muro di cinta materiale ma indica l’ingresso a una proprietà che porta alla villa padronale, a una dimora prestigiosa. Ecco, è stato più o meno questo l’effetto che la porta monumentale, copia della porta di Ishtar a Babilonia (vedi post di archeologiavocidalpaassato https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2015/01/25/a-tol-e-ajori-vicino-a-persepoli-iran-trovata-una-porta-monumentale-copia-della-porta-di-ishtar-a-babilonia-la-presenza-del-drago-serpente-ne-fa-il-piu-antico-esempio-di-architettura-achemenide/ ) scoperta a Tol-e Ajori ha fatto agli archeologi della missione congiunta irano-italiana nella piana di Persepoli diretta da Alireza Askari Chaverdi dell’università di Shiraz e da Pierfrancesco Callieri dell’università di Bologna, nel quadro dell’accordo tra il dipartimento dei Beni culturali (DBC) dell’università di Bologna e l’istituto di Ricerca dei Beni culturali dell’Iran (RICHHTO) col contributo economico dell’Università di Bologna, del MIUR e del MAE. “L’aver capito che l’edificio di Tol-e Ajori è una porta monumentale non chiude il caso”, smorza gli entusiasmi il prof. Callieri, “ma apre e pone all’archeologo altri interrogativi”. Il giallo archeologico di Tol-e Ajor non è ancora del tutto svelato.
Nel mondo achemenide la porta monumentale è abbastanza frequente: a Pasargade c’è l’Edificio R (ambiente di ingresso a un complesso di rappresentanza e residenziale rappresentato dagli edifici S e P); a Persepoli la Porta di Serse o delle Nazioni (l’accesso principale ai palazzi sulla Terrazza, fu costruita da Serse, e attraversata da un’unica strada che ancora è visibile e che percorreva la base del Monte della Misericordia); a Susa i Propilei di Dario (sul fianco orientale della Città Reale di cui è l’accesso: edificio quadrato di 24 m di lato in mattoni crudi, comprendente due portici collocati ai due lati opposti di una sala centrale tetrastila. Il percorso prosegue tramite un ponte che conduce alla Porta di Dario, costruzione rettangolare di 40 X 28 m, con sala centrale a quattro colonne su basi quadrate). La Porta di Ishtar era a sua volta la porta di accesso alla città di Babilonia. Ma a Tol-e Ajori, per quanto se ne sa dalle indagini e dalle prospezioni finora effettuate, non c’è traccia di un muro di cinta. Quindi potrebbe trattarsi della porta di un complesso monumentale come a Pasargade. “È evidente, con queste premesse, che il monumento di Tol-e Ajori da solo non significa niente: la porta serve per accedere a qualcosa di importante che viene segnalato appunto dalla presenza della porta. E noi crediamo di averlo trovato”. Vediamo come si è giunti a questa convinzione.
Trovata la porta gli archeologi si erano posti subito il problema: che rapporto c’è tra la porta di Tol-e Ajori e altri edifici non troppo lontani il cui accesso sarebbe stato possibile proprio attraverso la porta? “È a quel punto”, ricorda Callieri, “che abbiamo realizzato che forse avevamo già trovato quello che cercavamo: nel 2011 infatti avevamo trovato traccia di un grande complesso architettonico nel cosiddetto sito Firuzi 5 che si trova a circa 300 metri da Tol-e Ajori e per quello che si riesce a capire ha un orientamento compatibile con quello della porta”. L’asse della porta sembra proprio perpendicolare con l’asse principale di questo edificio, dove con le indagini geofisiche è stata individuata una sala ipostila a colonne. Purtroppo di questo edificio si sono conservate solo le sottofondazioni delle basi delle colonne. L’edificio comunque è di notevoli dimensioni: l’ambiente colonnato, quadrato, misura 55 metri di lato. “Potrebbe essere l’edificio principale del complesso”, ipotizza Callieri. “Una sorta di palazzo preceduto a NW da una porta monumentale. Ma rispetto a Persepoli, dove la porta di Serse è a NE del Palazzo, qui la porta si colloca a NW, cioè nella direzione opposta. È diverso anche l’orientamento che a Tol-e Ajori non coincide con quello della Terrazza di Persepoli che segue l’andamento della montagna cui si appoggia. Quindi questo complesso è anteriore alla costruzione della Terrazza di Persepoli”. Ne è convinto anche il collega iraniano Askari Chaverdi che ricorda come “tra questo palazzo e la porta monumentale sono state trovate tracce dei famosi giardini persiani, con il sistema di irrigazione”. Attorno a Persepoli sono stati infatti trovati 12 siti del periodo achemenide. “Ci sono riscontri con la pianta del palazzo trovato a Firouzi5: quindi questa parte della città di Parse (cioè l’abitato di Persepoli) esisteva anche nel periodo di Ciro. Siamo sicuri che questi monumenti sono precedenti Persepoli”.
(4 – continua nei prossimi giorni. Precedenti post il 14, 19 e 25 gennaio)
A Tol-e Ajori, vicino a Persepoli (Iran), trovata una porta monumentale copia della Porta di Ishtar a Babilonia: la presenza del drago-serpente ne fa il più antico esempio di architettura achemenide

Lo scavo di Tol-e Ajori, in Iran, vicino a Persepoli, ha portato alla scoperta di mattoni invetriati dipinti e a rilievo con motivi mesopotamici
Una porta monumentale del primo periodo achemenide: ora non ci sono più dubbi. È il risultato più significativo (vedi post https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2015/01/19/svelato-il-giallo-delledificio-di-tol-e-ajori-vicino-persepoli-iran-callieri-cosi-abbiamo-capito-che-era-una-porta-monumentale/) della quarta campagna di scavo, conclusasi il 5 novembre 2014, della missione congiunta irano-italiana nella piana di Persepoli diretta da Alireza Askari Chaverdi dell’università di Shiraz e da Pierfrancesco Callieri dell’università di Bologna, nel quadro dell’accordo tra il dipartimento dei Beni culturali (DBC) dell’università di Bologna e l’istituto di Ricerca dei Beni culturali dell’Iran (RICHHTO) col contributo economico dell’Università di Bologna, del MIUR e del MAE. Ma come doveva presentarsi questo singolare edificio scoperto a Tol-e Ajori? A venirci in aiuto sono sempre i due responsabili dello scavo, Alireza Askari Chaverdi e Pierfrancesco Callieri.

I segni-codici trovati sui mattoni invetriati di Tol-e Ajori per un loro corretto e rapido assemblaggio
“Nel corso dello scavo”, ricordano i due archeologi responsabili, “sono stati trovati molti frammenti di mattoni invetriati che presentano rilievi di grande interesse artistico”. Già nelle campagne di scavo precedenti erano stati trovati i mattoni con i segni-codici per il loro assemblaggio. Infatti, proprio per il fatto che i singoli mattoni dovevano andare a realizzare un soggetto ben preciso (il leone, il toro, il drago-serpente), ognuno di essi era quindi diverso dall’altro e, soprattutto, doveva occupare una posizione ben precisa. Di qui la necessità di indicare, su un lato non visibile del mattone, con segni convenzionali di facile interpretazione la posizione esatta del mattone invetriato e a rilievo. Nel 2013 era stato trovato anche il frammento di una iscrizione babilonese coperta con l’invetriatura, quindi originale e coeva al monumento. “Un segno suggerirebbe la parola [RE]”, spiega Callieri, “ma al momento, purtroppo, non abbiamo trovato traccia del nome del sovrano che per noi sarebbe un elemento di datazione certo importantissimo”. È questo, infatti, uno dei problemi rimasti insoluti (come spiegheremo in un prossimo post) e che sarà oggetto di ricerca nelle prossime campagne di scavo. “La scoperta più importante”, sottolinea Askari Chaverdi, “sono i disegni sui mattoni a rilievo che rappresentano animali mitologici: una trentina di pezzi con tracce di animali con le ali che sono un misto tra gli animali mitologici del periodo elamita-achemenide con quelli di riscontrati a Susa e in Mesopotamia”. C’è infatti una certa somiglianza tra i mattoni invetriati e con rilievi di Tol-e Ajori e i mattoni usati a Susa, la città-capitale sorta nell’antica provincia dell’Elam, non sull’altopiano iranico dunque come Pasargade e Persepoli, ma nella piana mesopotamica. Però questi mattoni sono diversi per la tecnica di lavorazione adottata: a Susa i mattoni sono a base di silicio, a Tol-e Ajori di argilla; elementi che potrebbero suggerire una diversa datazione per la loro realizzazione.
“In questa campagna si è continuato lo studio dei frammenti di mattoni invetriati dipinti con motivi a rosette, e a rilievo con la rappresentazione del toro, del drago-serpente (mushkhusshu) e del leone. E abbiamo potuto stabilire che a una prima fascia di mattoni invetriati monocromatici seguiva fascia di rosette dipinte che costituiva una specie di marcapiano. Sopra, probabilmente, si articolavano i pannelli a rilievo con il toro e il drago-serpente (mushkhusshu). Particolarmente interessante è il frammento di mascella di leone, la cui tipologia di realizzazione è ricorda la strada processionale della porta di Ishtar a Babilonia”. A livello di iconografia la campagna 2014 ha quindi confermato quello che già si era capito nel 2013: sono stati riscontrati gli stessi soggetti che si ritrovano sulla porta di Ishtar a Babilonia. Perciò ha preso sempre più forma e consistenza la cosiddetta “ipotesi babilonese”. E la missione ha cercato di dimostrarlo.

Il rilievo del drago-serpente (mushkhusshu) sulla porta di Ishtar a Babilonia con sovrapposti i frammenti dello stesso soggetto trovati a Tol-e Ajori (Iran)

Alireza Askari Chaverdi mostra un frammento di mattone invetriato con figure trovato a Tol-e Ajori (Iran)
Ipotesi babilonese. La prova? “Abbiamo fatto un rilievo grafico dei pannelli figurati della porta di Ishtar a Babilonia e su questo abbiamo cercato riscontri con i rilievi ipotizzati a Tol-e Ajori posizionandovi sopra i frammenti da noi recuperati. Ebbene, la risposta è stata sorprendentemente eccezionale: i frammenti di Tol-e Ajori si posizionano e si sovrappongono perfettamente su quelli della porta di Ishtar. C’è una precisa corrispondenza non solo del motivo iconografico ma anche del modo della articolazione della composizione”. È in questi pannelli babilonesi che troviamo non solo il leone e il toro (animali che vengono ripresi e inseriti anche nella iconografia ufficiale achemenide) ma anche il drago-serpente (mushkhusshu), simbolo del dio Marduk, che a Babilonia aveva un ruolo protettivo positivo. Ebbene, il drago-serpente (mushkhusshu) è presente solo a Tol-e Ajori, e non negli altri monumenti achemenidi del re Dario e dei suoi successori. “Su questo dettaglio”, precisa Callieri, “possiamo anche dare una spiegazione che ha motivazioni storiche: la cultura zoroastriana, che permea la visione della vita nel mondo achemenide, non poteva accogliere il drago-serpente (mushkhusshu) che è ritenuto un simbolo del Male. Quindi a Tol-e Ajori la decorazione ripete quella della porta di Ishtar: quindi non ci troviamo di fronte a un edificio che imita i motivi del più noto edificio babilonese, ma si tratta proprio di una copia della Porta di Ishtar realizzata utilizzando le stesse matrici o matrici prodotte sullo stesso monumento. Quella di Tol-e Ajori – conclude Callieri – è il primo esempio nel periodo achemenide di una architettura con manufatti provenienti dalla Mesopotamia”.
(3 – continua nei prossimi giorni. Precedenti post il 14 e 19 gennaio)
Svelato il giallo dell’edificio di Tol-e Ajori, vicino Persepoli (Iran). Callieri: “Così abbiamo capito che era una porta monumentale”

Alireza Askari Chaverdi mostra la pianta dell’edificio di Tol-e Ajori: il giallo è svelato, si tratta di una porta monumentale nella piana di Persepoli
L’edificio di Tol-e Ajori non è più un mistero. Abbiamo visto (https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2015/01/14/svelato-il-giallo-delledificio-di-ciro-vicino-a-persepoli-nel-fars-iran-non-e-unapadana-ne-una-torre-ne-un-tempio-ne-un-centro-cerimoniale-ma-e-int/) che la quarta campagna di scavo, conclusasi il 5 novembre 2014, della missione congiunta irano-italiana nella piana di Persepoli diretta da Alireza Askari Chaverdi dell’università di Shiraz e da Pierfrancesco Callieri dell’università di Bologna, nel quadro dell’accordo tra il dipartimento dei Beni culturali (DBC) dell’università di Bologna e l’istituto di Ricerca dei Beni culturali dell’Iran (RICHHTO) col contributo economico dell’Università di Bologna, del MIUR e del MAE, ha stabilito che l’edificio di Tol-e Ajori è una porta monumentale. Ma come si è giunti a queste conclusioni? Seguiamo passo passo lo sviluppo della campagna 2014 attraverso le testimonianze dei suoi protagonisti: Askari Chaverdi e Callieri.
Tre trincee “strategiche” in altrettante situazioni da verificare. “Con la prima trincea”, spiega il prof. Callieri, “è stato finalmente individuato e portato alla luce quell’angolo NW del monumento che nel 2013 ci era sfuggito”. Questa prima scoperta ha confermato l’allineamento con il muro SW. “Purtroppo il monumento è risultato molto saccheggiato: sono stati trovati in situ solo 6-7 corsi di mattoni di fondazione che, rispetto al muro esterno “sopra terra” non hanno il paramento esterno invetriato”. Ma la vera novità data dallo scavo di questa trincea è stata la scoperta di un contrafforte, realizzato in mattoni crudi misti a qualche mattone cotto attorno all’angolo. Il contrafforte, proprio per la sua natura (ricordiamo che è realizzato in mattoni crudi: ed è finora l’unico caso, a Tol-e Ajori, dell’uso di mattoni crudi all’esterno del muro) è apparso molto degradato: la sommità del contrafforte è stata chiusa o, meglio, sigillata da mattoni cotti. “Questo contrafforte è sicuramente un elemento aggiunto per rinforzare l’angolo, a meno che non sia un resto di un muro di recinzione che chiudeva l’area interna, ma non siamo in grado di dire quando: se cioè è coevo o successivo al muro d’angolo. Comunque la sua funzione è sicuramente quella di sostenere e rafforzare l’angolo”. Per ora la trincea è ancora troppo piccola per permettere di individuare i limiti esterni del contrafforte, ma ha già dato un contributo importante per sciogliere il giallo “dell’edificio di Tol-e Ajori”: l’individuazione dell’angolo NW del monumento permette infatti di definire le misure del monumento nella sua interezza: ora sappiamo che è largo 30 metri e lungo 40. “La campagna 2014 era partita bene. Il monumento cominciava a rivelarsi. Presto – lo sentivamo – ci avrebbe fatto capire cos’era veramente”.

L’angolo del secondo corridoio interno: questa scoperta ha rivelato la natura del monumento di Tol-e Ajori: è una porta monumentale
“Così abbiamo aperto la seconda trincea – continuano gli archeologi della missione irano-italiana – e ci siamo concentrati all’interno del monumento per verificare se il vano interno era chiuso o se ci fosse un altro passaggio/corridoio e, quindi, un secondo ingresso. Siamo stati fortunati: abbiamo intercettato i due lati di un secondo corridoio di accesso, e su uno dei due lati anche l’angolo con il vano interno”. Non poteva andare meglio. È stata questa una scoperta molto importante perché ha chiarito senza alcun dubbio la natura dell’edificio di Tol-e Ajori: “A quel punto mi era tutto chiaro”, confessa Callieri. “Quel monumento non era un edificio con uno spazio chiuso interno, ma un edificio con uno spazio interno di passaggio. Quindi non poteva essere un centro cerimoniale, quell’edificio era una porta monumentale”. A questo punto questa scoperta, oltre a farci capire di che monumento si tratta, ci qualifica anche il monumento che proprio in quanto porta ci fa capire che deve dipendere da un centro di interesse che ovviamente non può essere la porta, ma un qualcosa cui la porta conduce. “Quindi l’edificio di Tol-e Ajori”, sottolinea Callieri, “non è più da considerarsi il centro di interesse, ma un luogo di accesso al centro di interesse”. I due lati del corridoio NW sono conservati in modo diverso: il lato N risulta molto saccheggiato quasi fino al terreno di base. Ci sono solo alcuni corsi inferiori di mattoni cotti e parte del nucleo interno di mattoni crudi. Il lato S, invece, è stato in parte risparmiato dai saccheggiatori. Ma all’angolo con il muro interno si possono ancora vedere i mattoni di fondazione con sopra l’alzato di 11 filari di mattoni invetriati in situ che finiscono in alto con una fascia di rosette aperte (Chaverdi le chiama “fior di loto”). Ciò permette agli archeologi di collocare correttamente i frammenti di rosette recuperati nel corso dello scavo perché ora si conosce a quale reale altezza correvano lungo le pareti del monumento. Le rosette sono aperte.
Tutto ok? Non proprio. Il monumento presentava ancora molti lati oscuri, e la terza trincea – nelle intenzioni degli archeologi – avrebbe dovuto dare risposte importanti. “Anche qui”, riprende Callieri, “sul livello del pavimento è venuta fuori la fossa di fondazione, che era uno degli obiettivi che ci ripromettevamo di raggiungere proprio con questa trincea. Quindi la porta ha le fondazioni costruite con un cavo di fondazione. Cioè la parte inferiore della struttura era interrata. E il pavimento era in terra battuta. Così abbiamo potuto studiare la stratigrafia al di sopra del pavimento e fare un’indagine nella fossa di fondazione. Quindi – conclude – possiamo dire che dal punto di vista architettonico abbiamo ottenuto risultati soddisfacenti”.
(2 – continua nei prossimi giorni. Precedente post: 14 gennaio)
Svelato il giallo dell’edificio “di Ciro” vicino a Persepoli, nel Fars (Iran): non è un’apadana, né una torre, né un tempio, né un centro cerimoniale, ma è… Intervista a Callieri e Askari Chaverdi

I direttori di scavo Askari Chaverdi e Callieri mostrano i risultati della missione a Tol-e Ajori vicino a Persepoli (Fars, Iran meridionale)
Non è un’apadana, né una torre, né un tempio, né un centro cerimoniale. Ora è tutto più chiaro. Il giallo dell’edificio cosiddetto “di Ciro” trovato vicino a Persepoli, nel Fars, Iran meridionale, è finalmente a una svolta, anche se restano ancora dei misteri da risolvere: gli archelogi della missione congiunta irano-italiana nella piana di Persepoli diretta da Alireza Askari Chaverdi dell’università di Shiraz e da Pierfrancesco Callieri dell’università di Bologna, nel quadro dell’accordo tra il dipartimento dei Beni culturali (DBC) dell’università di Bologna e l’istituto di Ricerca dei Beni culturali dell’Iran (RICHHTO) col contributo economico dell’Università di Bologna, del MIUR e del MAE, ora sanno che cos’è esattamente il monumento di Tol-e Ajori: una porta monumentale.

Alireza Askari Chaverdi dell’università di Shiraz, co-direttore della missione irano-italiana, mostra i rilievi del monumento di Tol-e Ajori nel Fars (Iran meridionale)
Proprio il prof. Callieri da Tehran, nell’ottobre 2014, in occasione del rinnovo all’università di Bologna della concessione di scavo nella piana di Persepoli (vedi il post su archeologiavocidalpassato: https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2014/11/02/tempio-di-ciro-vicino-a-persepoli-il-giallo-archeologico-potrebbe-essere-a-una-svolta-con-la-quarta-campagna-di-scavo-a-tol-e-ajori-rinnovata-per-altri-cinque-anni-alluniversita-di-bologna/) e mentre era ancora in corso la quarta campagna di scavo, aveva fatto capire che i dati acquisiti con la nuova missione erano molto, molto interessanti. Per questo archeologiavocidalpassato si era impegnato a informare quanto prima sui risultati raggiunti. Ciò è stato possibile con un’intervista diretta al prof. Callieri in occasione dell’incontro culturale promosso in dicembre a Bologna dal Gruppo archeologico bolognese, e a una video-intervista rilasciata dal prof. Askari Chaverdi al canale culturale iraniano CHN, intervista che ci ha gentilmente fatto avere (la pubblicheremo in uno dei prossimi post) e che una collega iraniana ha tradotto dal Farsi. “Già nel 2013 si era capito che c’erano corrispondenze tra Tol-e ajori e Babilonia”, conferma Askari Chaverdi. “Ma ora siamo sicuri che questo di Tol-e Ajori è il primo esempio di architettura usata nei palazzi achemenidi prima di Persepoli”.

Il prof. Pierfrancesco Callieri, alla fine della campagna 2013, aveva ipotizzato che il monumento di Tol-e Ajori fosse un centro cerimoniale prima di Persepoli
Ma come si era arrivati alla quarta campagna di scavo, quella del 2014, che si è conclusa il 5 novembre? “Nel 2013, alla fine della campagna”, ricorda Callieri, “ci mancavano alcuni dati per avere certezze sul monumento che stavamo riportando alla luce: non avevamo infatti raggiunto uno degli obiettivi importanti, cioè l’individuazione dell’angolo settentrionale per stabilire la lunghezza del monumento. Secondo i dati forniti dalle prospezioni l’angolo N doveva trovarsi dove avevamo scavato, e invece non c’era. Avevamo capito che il muro proseguiva verso NW, ma avevamo ancora una misura incompleta: 35.60 metri di lunghezza. E soprattutto non sapevamo come finiva, se il muro era continuo o se c’era un secondo ingresso speculare al primo”. Migliori informazioni erano venute dal lato SE del monumento, dove è stato individuato l’ingresso che ha fatto superare l’ipotesi della torre maturata nel 2012 per far passare l’idea che quello di Tol-e Ajori fosse un edificio per cerimonie.

I risultati della campagna di scavo 2014 a Tol-e Ajiori sono stati determinanti per definire la natura del monumento portato alla luce: una porta monumentale
E dall’ipotesi “centro cerimoniale” è partita la campagna 2014 che è stata preparata accuratamente. “I tempi disponibili per la missione sono troppo ristretti per procedere senza un piano preciso”, ricorda il professore dell’ateneo bolognese. “Così, prima di iniziare la campagna 2014, abbiamo valutato di procedere con alcuni sondaggi aprendo tre trincee in altrettanti punti che ritenevamo strategici in base alle informazioni in nostro possesso”. La prima trincea doveva individuare l’angolo che mancava per completare le informazioni sulle dimensioni reali del monumento. “Ma stavolta abbiamo puntato l’attenzione a W, scavando lungo i limiti conservati della collinetta artificiale, risparmiati dagli sventramenti per realizzare la canalizzazione in tempi moderni”. La seconda trincea, una volta individuato il perimetro del monumento con la prima trincea, doveva verificare se il monumento presentava un secondo corridoio. La terza trincea, invece, è stata pensata per acquisire maggiori informazioni sull’ambiente interno (gli archeologi lo chiamano “vano interno”), di cui era stato portato alla luce solo una piccola parte: “Qui purtroppo il pavimento era danneggiato da tane di animali che avevano reso difficile capire non solo la stratigrafia e la tecnica di costruzione, ma anche le caratteristiche del pavimento”. E conclude: “Alla fine della campagna 2014 possiamo dire che tutte e tre le trincee sono state utili perché hanno dato risposte importanti “ai fini della corretta analisi e interpretazione del monumento che, ne sono sempre più convinto anche se mi mancano ancora le prove, è anteriore alla costruzione della Terrazza di Persepoli”. È stato infatti individuato l’angolo N del monumento, risultato che permette di definire le misure del monumento nella sua interezza: ora sappiamo che è largo 30 metri e lungo 40. Inoltre è stato trovato all’angolo del muro perimetrale un contrafforte di mattoni crudi e cotti che è successivo alla fase di costruzione. In questa parte il muro si è conservato a livello di zoccolo di fondazione pari a 6-7 corsi di mattoni cotti non invetriati: il contrafforte è molto saccheggiato e pone problemi interpretativi. A questi problemi interpretativi e a come si è giunti alle conclusioni – sintetizzate da Askari Chaverdi e Callieri – con le ricerche sul campo che hanno permesso di dipanare poco alla volta il giallo dell’edificio di Tol-e Ajori, saranno dedicati i prossimi post.
(1 – continua nei prossimi giorni)
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