Il film “Mesopotamia: la stagione dei grandi imperi”, seconda parte della miniserie “Mesopotamia: in memoriam. Appunti su un patrimonio violato” del regista veneziano selezionato per l’8° festival internazionale di Arkhaios (Pittsburgh, Pennsylvania, USA) che, causa Covid.19, sarà on-line

Il resgita Alberto Castellani durante le riprese della collezione mesopotamica “Ugo Sissa” a Palazzo Te di Mantova (foto Graziano Tavan)
La prima parte è stata presentata con successo all’edizione 2019 del Firenze Archeofilm; è stata invitata come evento nella serata conclusiva della Rassegna Internazionale del Film archeologico 2019 di Rovereto; e, sempre nel 2019, ha ottenuto un significativo riconoscimento nell’ambito di Aquileia Film Festival 2019 e di Imagines 2019 a Bologna, dove è stata presentata un’anteprima anche della seconda parte che avrebbe dovuto esordire nella versione definitiva al Firenze Archeofilm 2020: stiamo parlando della miniserie “Mesopotamia in memoriam” del regista veneziano Alberto Castellani, un affresco su quella terra fertile a forma di mezzaluna, dove nacquero civiltà antiche, Sumeri, Assiri, Babilonesi, cui far risalire scoperte come la scrittura o la nascita della società urbana. Il film abbina il racconto delle pagine più significative di quelle antiche civiltà con l’individuazione di ciò che l’uomo ha perduto: si tratta dei dolorosi saccheggi operati dall’Isis ma anche delle razzie operate da regimi diversi e favorite da connivenze colpevoli. Per queste testimonianze perdute – si tratta di sculture, tavolette cuneiformi, sigilli cilindrici – il film sottolinea come sia davvero difficile per le popolazioni della Mesopotamia conservare il legame con la propria terra perché sono venuti meno i riferimenti storici del mondo di cui sono eredi. E rimane, allora, soltanto un gigantesco buco nero di smarrimento e di angoscia sociale. “Il film – ricorda Castellani – gode dell’amichevole consulenza di alcuni eminenti studiosi quali Paolo Matthiae della Sapienza di Roma, Daniele Morandi Bonacossi dell’università di Udine, Paolo Brusasco dell’università di Genova e Massimo Vidale dell’università di Padova.

La presentazione del film di Castellani “Mesopotamia: la stagione dei grandi imperi” sul sito di Arkhaios Film Festival 2020
Ma il Covid-19 ha fatto prima rinviare (due volte) e poi cancellare definitivamente Firenze Archeofilm 2020. Ma dal 5 all’11 ottobre 2020 il film “Mesopotamia: la stagione dei grandi imperi”, diretto e prodotto da Alberto Castellani, Media Venice Comunicazione e Immagine, si potrà vedere on line sulla piattaforma Vimeo perché è stato inserito nella selezione finale di 2020 Arkhaios Cultural Heritage and Archaeology Film Festival di Pittsburgh ( Pennsylvania, USA). E quest’anno, proprio causa Covid-19, l’8° festival internazionale di Arkhaios sarà un’edizione on-line, e quindi si potrà seguire anche dall’Italia. Basta seguire le modalità di iscrizione sul sito http://www.arkhaiosfilmfestival.org/home.html. Soddisfatto Castellani che ha realizzato una versione in lingua inglese del film proprio per facilitarne una diffusione in ambito internazionale: “Siamo onorati che il film “ Mesopotamia: la stagione dei grandi imperi” sia stato prescelto ed inserito a rappresentare l’Italia in una così autorevole manifestazione. Ci auguriamo anche che questa produzione possa suscitare l’interesse di organizzazioni culturali e di networks sensibili al mondo dell’archeologia ed in particolare alle vicende del Vicino Oriente, purtroppo protagonista, in questi anni, di tragiche vicende”.
Arkhaios 2020 propone quattordici film di grande qualità e vasta gamma di argomenti, risultato di una rigorosa selezione. Registi di tutto il mondo hanno proposto i loro film, tra cui Argentina, Bangladesh, Brasile, Canada, Cile, Cipro, Repubblica Dominicana, Francia, Germania, Grecia, Iran, Italia, Messico, Polonia, Polinesia, Portogallo, Singapore, Spagna, Turchia e Stati Uniti. Il festival è sponsorizzato da The Friends of Arkhaios; The South Carolina Institute of Archaeology & Anthropology (SCIAA), University of South Carolina; The Department of Anthropology, University of South Carolina; The Greater Piedmont Chapter of The Explorers Club; The Council of South Carolina Professional Archaeologists (COSCAPA); The Department of Anthropology, University of Pittsburgh; The Allegheny Chapter #1, and the Ohio Valley Chapter #22, of the Society for Pennsylvania Archaeology (SPA). Arkhaios Cutural Heritage and Archaeology Film Festival considerato tra le più importanti manifestazioni internazionali del settore, ha confermato anche quest’anno, secondo lo spirito degli organizzatori, la propria linea editoriale: quella di promuovere il racconto di “una storia sia locale che globale, traendo ispirazione da produzioni che si ispirino alle radici della nostra civiltà così da meglio comprendere popoli appartenenti a culture provenienti da ogni parte del mondo” (dr. Costal Ganiewicz, president and CEO Coastal Discovery Museum – dr Stefen Smith, University of South Carolina, Director Institute of Archaeology and Anthropology).
“Mesopotamia: in memoriam. Appunti su un patrimonio violato”. Dopo “Kaled Asaad: quel giorno a Palmira”, realizzato dal regista veneziano Alberto Castellani sull’onda dell’orrore suscitato per l’eccidio del direttore del museo di Palmira, è nata una miniserie in due puntate di 50’ l’una (in italiano e in inglese) a cura dello stesso autore: “Mesopotamia in memoriam. Appunti su un patrimonio violato”. Il programma rappresenta il ritorno dell’autore sulle terre martoriate del Vicino Oriente e affronta il dramma in termini sociali e culturali che sta vivendo la Mesopotamia ed in particolare l’Iraq. C’erano una volta due fiumi, il Tigri e l’Eufrate, e tutt’attorno una terra fertile a forma di mezzaluna, dove nacquero civiltà antiche, a cui far risalire scoperte come la scrittura o la nascita della società urbana. Ora possiamo definirla come la tomba della civiltà della Mesopotamia. L’elenco di ciò che l’uomo ha perduto è oggi impossibile, si tratta di saccheggi operati dall’Isis che non hanno alcuna giustificazione: men che meno quella della distruzione dell’idolatria. Ma si tratta anche di razzie operate da regimi diversi e favorite da connivenze colpevoli. Per queste testimonianze perdute, si tratta di sculture, tavolette cuneiformi, sigilli cilindrici, risulta difficile se non impossibile per le popolazioni della Mesopotamia conservare il legame con la propria terra perché sono venuti meno i riferimento storici del mondo di cui sono eredi. E rimane allora soltanto un gigantesco buco nero di smarrimento e di angoscia sociale. Tutto finito dunque, nessuna speranza per il futuro? Per dare un senso al domani, il film si chiede allora perché il bassorilievo di un toro antropomorfo del primo millennio assiro fa ancora paura a ciò che resta del califfato, perché le statue di Mosul spaventano tanto che i suoi sgherri , le hanno fatte a pezzi, si sono accanite su di esse , le hanno gettate al suolo sbriciolate come se fossero nemici armati o ribelli. Perché forse, è la risposta dell’Autore in sintonia con quanto è già stato scritto da autorevoli testimoni, le pietre, le statue, i templi parlano. Parlano più dei sermoni e dei discorsi e tutti possono leggere quelle tracce. Allora bisogna ucciderle, quelle pietre, polverizzarle per affermare che la Storia è stata scritta di nuovo e definitivamente. Altrimenti l’impalcatura della finzione cade, l’avvento islamista diventa arbitrario, incerto, una parentesi che prima o poi finirà. Le riprese hanno interessato i maggiori musei Europei, in particolare il Louvre, il British Museum ed il Pergamon Museum di Berlino. Le riprese in Iraq e Kurdistan Iracheno sono state realizzate in collaborazione con l’università di Udine.
Iraq. I miliziani hanno distrutto le porte dell’antica Ninive. L’allarme del prof. Brusasco era fondato. Le prime immagini della devastazione sulla pagina Fb di Archeologia Viva

Una delle immagini pubblicate sulla pagina Fb di Archeologia Viva: un cumulo di macerie al posto della porta di Nergal
Mancavano le prove. Ora ci sono anche quelle: le porte monumentali dell’antica Ninive sono state distrutte dai miliziani dello Stato islamico. L’allarme lanciato attraverso la pagina Facebook della rivista Archeologia Viva (Giunti Editore) dal prof. Paolo Brusasco, archeologo orientalista dell’università di Genova, sulle notizie (da fonti sicure) della distruzione delle mura di Ninive, il sito archeologico dove oggi sorge la città di Mosul, nel Kurdistan iracheno, è stato confermato (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2016/04/13/iraq-le-mura-di-ninive-sotto-attacco-dellisis-lallarme-in-un-post-del-prof-brusasco-archeologo-orientalista-sulla-pagina-fb-di-archeologia-viva-i-miliziani-ne/). Ora ci sono le immagini, drammatiche. E ancora una volta è la pagina Facebook di Archeologia Viva a pubblicare le prime foto delle devastazioni compiute nel celebre sito archeologico iracheno. I miliziani dell’Isis hanno inferto pesanti distruzioni alle porte di Mashki e di Nergal a Ninive, la capitale neoassira di Sennacherib e Assurbanipal. In queste immagini si vedono i resti della Porta di Nergal con in lontananza un bulldozer. Anche di quella di Mashki non sembra rimanere più nulla come si evince dalle rovine in secondo piano dietro il cartello che indica la porta stessa. Fonti locali, riferisce il post di Archeologia Viva, sostengono che lo Stato Islamico starebbe spianando anche dei tratti delle poderose fortificazioni.
Secondo il prof. Brusasco, “queste distruzioni intenzionali, che non sono nemmeno “giustificate” dal pretesto dell’attacco ai “falsi idoli” visto che le porte in questione (a parte quella di Nergal) non avevano tori alati androcefali, indicherebbero un’azione propagandistica dello Stato Islamico volta a riaffermare il suo potere in un momento di particolare debolezza politico-militare: sarebbe imminente l’offensiva delle forze alleate irachene per riprendere Mosul, la città moderna dove si trova l’antica Ninive”.
Iraq. “Le mura di Ninive sotto attacco dell’Isis”: l’allarme in un post del prof. Brusasco, archeologo orientalista, sulla pagina Fb di Archeologia Viva. I miliziani nel 2015 avevano già distrutto una parte delle mura millenarie della capitale assira
“I miliziani dello Stato Islamico sono tornati ad attaccare le mura e le porte monumentali di Ninive”. A lanciare l’allarme, attraverso la pagina Facebook della rivista “Archeologia Viva” (Giunti editore) diretta da Piero Pruneti, il professore Paolo Brusasco dell’Università di Genova, archeologo orientalista, attualmente direttore di un progetto di indagine e scavo nel Kurdistan iracheno, cioè proprio nella regione di Ninive, una delle più famose città antiche, sulla riva sinistra del Tigri a Nord della Mesopotamia, capitale del regno assiro sotto il re Sennacherib (704 – 681 a.C.), che l’ampliò e abbellì. Con Assurbanipal (668 – 626 a.C.) raggiunse l’apice del suo splendore, quando le mura si estendevano per 12 chilometri su un territorio di 750 ettari.

Il prof. Brusasco, archeologo orientalista, ha lanciato l’allarme: l’Isis sta attaccando le mura di Ninive
“Notizie da fonti locali attendibili ci hanno comunicato (ancora non sono pervenute immagini) lo spianamento con bulldozer da parte dell’Isis della celebre porta urbica di Mashki a Ninive”, si legge nel post. Anche se ricostruita in crudo negli anni di Saddam Hussein e quindi nel 2009, il monumento è di straordinaria importanza storica: si tratta della “Porta dell’abbeveraggio” citata nelle fonti del sovrano neoassiro Sennacherib, utilizzata per condurre le mandrie ad abbeverarsi nelle acque del fiume Tigri. Si trova sul lato occidentale delle fortificazioni di Ninive. “Si teme anche per l’integrità di queste spettacolari opere di difesa in crudo (12 chilometri di perimetro, larghe sino a 45 metri, alte oltre 10, rivestite in pietra e protette da torri merlate)”, spiega sempre il post, che cingevano la capitale di 750 ettari, la città che la Bibbia descrive come “larga tre giornate di cammino” (Libro di Giona 3,3).

Nel gennaio 2015 i miliziani hanno distrutto una porta monumentale delle mura di Ninive, distruzione documentata da un video
In antichità, quindici porte turrite, che portavano i nomi dei principali dèi del pantheon mesopotamico, si innalzavano per oltre 23 metri sul livello di campagna. Quella di Nergal (sul lato nord delle mura), protetta da tori alati androcefali, è stata distrutta dall’Is il 29 gennaio 2015, come confermato da un video del 26 febbraio 2015. Nello stesso mese i miliziani dello Stato Islamico assaltano il museo di Mossul e ne distruggono i reperti (vari dei quali copie in gesso) richiamandosi all’idolatria condannata dall’Islam, accanendosi anche su alcune statue monumentali degli scavi, ma avendo cura di vendere sul mercato clandestino delle opere d’arte vari reperti trafugati dai musei e dai siti archeologici caduti in loro possesso.
“…comunicare l’archeologia…”: il Gruppo archeologico bolognese nel ciclo del secondo trimestre dedica un focus alla distruzione del patrimonio archeologico nel Vicino Oriente
La distruzione del patrimonio archeologico del Vicino Oriente sotto i colpi dei miliziani dello Stato Islamico sarà tra i temi forti affrontati nel ciclo di conferenze del secondo trimestre 2015, “…comunicare l’archeologia…”, fiore all’occhiello del Gruppo archeologico bolognese. L’appuntamento è alle 16.30 di giovedì 16 aprile nell’aula cesare Gnudi della Pinacoteca Nazionale di Bologna, in viale delle Belle Arti, per l’incontro con il prof. Paolo Brusasco, docente di Archeologia e Storia dell’Arte del Vicino Oriente Antico alla Scuola di Scienze Umanistiche dell’Università di Genova, su “Futuro senza passato: l’estinzione del patrimonio culturale in Siria e Iraq”. L’ingresso all’Aula Gnudi per partecipare esclusivamente alla conferenza è gratuito. Si emetterà comunque biglietto gratuito per le persone che intendono accedere alla conferenza, solo a partire dalle 16. Continua così l’impegno dei soci del Gabo, tra cui insegnanti di scuole medie superiori, studenti universitari, archeologi ed appassionati di vario tipo, accomunati dal medesimo interesse per la storia della cultura e dell’arte antica, di organizzare cicli di lezioni, incontri e visite guidate “col fine di supportare la conoscenza e la tutela del patrimonio archeologico, storico ed artistico, locale e non solo”.
Ma vediamo meglio nel dettaglio il programma del ciclo di incontri del secondo trimestre. Si inizia martedì 14 aprile, alle 21, al centro sociale G.Costa, via Azzo Gardino 48, con Gianni Garzaroli, archeologo dell’università di Bologna, impegnato nella missione “Samaipata” in Bolivia, il quale parlerà proprio de “La roca esculpida di Samaipata (Bolivia)”. Due giorni dopo, giovedì 16, come anticipato, alle 16.30, ma alla Pinacoteca Nazionale di Bologna, il prof. Paolo Brusasco, docente di Archeologia e Arte del Vicino Oriente Antico all’Università di Genova, affronta un tema di drammatica attualità: “Futuro senza passato: l’estinzione del patrimonio culturale in Siria e Iraq”. Domenica 26 aprile ci si sposta al museo nazionale Etrusco “Pompeo Aria” di Marzabotto dove, alle 17, dove si ripropone l’intervista impossibile a Vel Kaikna di Giuseppe Mantovani con Marco Mengoli nei panni di Vel Kaikna e Davide Giovannini in quelli dell’intervistatore. L’etrusco Vel Kaikna, membro di un’importante famiglia di Felsina, era probabilmente un ammiraglio o un navarca: lo fa capire la sua stele funeraria, esposta nel museo civico Archeologico di Bologna, su cui si staglia una nave da guerra etrusca. Si potrà conoscere Vel Kaikna proprio grazie all’intervista “Impossibile” scritta da Giuseppe Mantovani e realizzata in collaborazione con il Gruppo Archeologico Bolognese.
Da martedì 5 maggio gli appuntamenti tornano al centro sociale G.Costa dove alle 21ci sarà una serata a disposizione dei soci (relazioni di viaggio, esperienze archeologiche, tutto quanto fa storia), in attesa dell’incontro di martedì 12, sempre al Costa, sempre alle 21, con la prof.ssa Mariangela Vaglio, dottore in Storia Antica alla Sapienza di Roma, giornalista e scrittrice, che – dopo il successo del libro-saggio “Didone, per esempio. Nuove storie dal passato“, biografie non convenzionali dei grandi personaggi – mitici o storici – del mondo greco-romano, a Bologna anticiperà il nuovissimo secondo volume “Socrate, per esempio”, che dovrebbe essere in libreria per la fine di maggio, soffermandosi su “I filosofi presocratici tra divulgazione e fonti antiche”. Martedì 19 maggio, ancora al Costa alle 21, con Valentina Manzelli, archeologa della soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, si avrà la presentazione della mostra “Brixia, Roma e le genti del Po”, prevista a Brescia, al museo di Santa Giulia e area archeologica, dal 9 maggio 2015 al 17 gennaio 2016. Il progetto scientifico della mostra è di Luigi Malnati, già soprintendente per l’Archeologia dell’Emilia Romagna, e Filli Rossi.
Alla fine di maggio l’appuntamento è il 28, un giovedì, alle 21, alla Mediateca di San Lazzaro, in via Caselle 22, a S. Lazzaro, vicino Bologna, per un’altra “Intervista impossibile”, questa volta ad Attilio Regolo, a cura di Umberto Eco. Introduce la serata Erika Vecchietti, assegnista di ricerca al dipartimento di Storia culture e civiltà dell’università di Bologna, con Marco Mengoli nella parte di Attilio Regolo e Davide Giovannini in quella dell’intervistatore. Questo secondo ciclo di “…comunicare l’archeologia…” chiude martedì 9 giugno, alle 21, al Costa, con “Principi etruschi a Cerveteri. Le tombe orientalizzanti in località S. Paolo” illustrati dalla prof.ssa Maria Antonietta Rizzo, docente di Etruscologia e Antichità Italiche all’università di Macerata.

































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