Roma. Bilancio più che positivo per la Notte dei Musei: oltre 70mila i visitatori che hanno affollato i musei civici e gli altri spazi culturali della città: 10mila partecipanti in più rispetto al 2019, l’ultimo prima della pandemia

Pubblico ai Mercati di Traiano a Roma da cui si gode la vista sui fori imperiali (foto musei roma capitale)
Grande successo per La Notte dei Musei a Roma, sabato 14 maggio 2022. Dopo due anni di assenza dovuta all’emergenza sanitaria, la Capitale ha risposto con entusiasmo: sono oltre 70mila, infatti, i visitatori che hanno affollato dalle 20 alle 2 di notte, i musei civici e gli altri spazi culturali della città che hanno aderito all’iniziativa promossa da Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e organizzata da Zètema Progetto Cultura. Un incremento di 10mila partecipanti rispetto all’ultima edizione a Roma che si è svolta nel 2019.

Grande affluenza alla Centrale Montemartini a Roma (foto musei roma capitale)
Solo nel Sistema Musei di Roma Capitale si è registrato un afflusso di 35mila partecipanti, in evidente aumento rispetto ai 25mila del 2019. Tra i dati più significativi quelli del Museo di Roma a Palazzo Braschi dove sono entrati circa 5300 visitatori, dei Musei Capitolini con circa 4600 ingressi, dei Mercati di Traiano – Musei dei Fori Imperiali (circa 3600 partecipanti) e della Centrale Montemartini (circa 2700 visitatori). Dati particolarmente significativi che si vanno a sommare a quelli altrettanto importanti di altri spazi cittadini come il MAXXI, che ha fatto registrare un’affluenza di circa 2500 unità, il Palazzo delle Esposizioni con circa 2500 ingressi e il Polo Museale de La Sapienza Università di Roma, che all’interno dei suoi 17 musei aperti ha ospitato circa 12mila visitatori.

Piazza del Campidoglio a Roma gremita di persone (foto musei roma capitale)
“Siamo molto soddisfatti per questa straordinaria edizione de La Notte dei Musei”, dichiara il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri. “Oltre 70mila persone hanno partecipato a più di 100 eventi per la città. C’è una grande voglia di cultura, di bellezza e soprattutto di partecipazione. È stata davvero una bellissima serata, un successo straordinario, segno di una città che rinasce”. E l’assessore alla Cultura di Roma Capitale, Miguel Gotor: “Sono molto felice per la partecipazione massiccia dei romani a questa Notte dei Musei. Le decine di migliaia di persone che hanno affollato i tanti luoghi della cultura della nostra città sono il segno che la nostra proposta è stata apprezzata e che è andata a soddisfare un bisogno profondo e diffuso di bellezza e di condivisione, dopo il lungo periodo di distanza imposto dalla pandemia. È stata una bellissima ‘ouverture’ dell’Estate Romana che arriverà”.
“Notte dei Musei” virtuale. Federica Rinaldi ci racconta quasi duemila anni di storia del Colosseo, dall’inaugurazione sotto Tito alle trasformazioni medievali, dai terremoti all’abbandono alla spoliazione, tra leggende, superstizioni e riti tra sacro e profano, da luogo di culto a monumento-icona globale

È possibile raccontare i quasi duemila anni di storia del Colosseo in una notte? Una bella sfida lanciata dal Parco archeologico del Colosseo per un collegamento speciale sui canali social per una “Notte dei Musei” virtuale. Sfida raccolta e brillantemente superata da Federica Rinaldi, archeologa responsabile del Colosseo, che ci accompagna per un viaggio, nel tempo, nello spazio del monumento icona mondiale, dall’inaugurazione dell’imperatore Tito nell’80 d.C., alle trasformazioni medievali in fortezza, fino all’isolamento e all’abbandono rispetto al resto della città che hanno alimentato nei secoli bui del Medioevo storie, leggende e superstizioni, le cui tracce sono forse individuabili nei segni graffiti lasciati sui pilastri di travertino. E poi ancora, modello di “architettura” per i grandi Umanisti del Quattrocento, cava di materiali e ancora luogo di culto per volere della Chiesa.
“Viaggeremo attraverso una linea del tempo – spiega Rinaldi – che parte dalla valle, che era occupata dallo stagno di Nerone e dal Colosso dell’imperatore, poi trasformato nel dio ed entreremo dai fornici numerati da dove il popolo romano accedeva munito della propria tessera per raggiungere il posto assegnato sulla cavea rigorosamente in ordine gerarchico, dalla parte più bassa alla parte più alta destinata alle donne. Cammineremo negli ambulacri immaginando il vociare e il frastuono del pubblico assiepato. Ci infileremo negli ipogei dove la macchina dello spettacolo veniva allestita e dove schiavi, animali, condannati a morte, e soprattutto gladiatori, attendevano nel buio di apparire sull’arena. Saranno le iscrizioni, i reperti, le tracce lasciate sui muri a guidarci in questo viaggio, fino a quando crolli terremoti ed editti degli imperatori cristiani contro gli spettacoli faranno calare il silenzio sull’anfiteatro aprendo a nuovi usi e utilizzi dell’edificio da torre fortezza a spazio domestico con stalle e orti fino di nuovo al silenzio e all’abbandono che ne decretarono l’oblio e la dimenticanza sul ruolo avuto nell’antichità. Ed è in questo periodo, che segue a un altro devastante terremoto, quello del 1349, che il Colosseo, ormai noto solo con questo nome, diventa luogo in cui si gioca la mescolanza tra sacro e profano. Su questo periodo buio e così poco conosciuto ci soffermeremo in particolare perché, come vedremo dai segni lasciati sui muri uniti alle fonti scritte dell’epoca, è in questo periodo che il Colosseo diventa a sua insaputa l’icona mondiale che è oggi. Perché nel dialogo, mai monologo, tra spazio pagano spazio laico spazio cristiano si gioca la funzione simbolica e l’identità del monumento, punto di riferimento per tutti i pubblici del mondo”.

Il “viaggio” inizia dall’attuale piazza del Colosseo che fino al 70 d.C. circa era occupata dallo stagno della Domus Aurea dell’imperatore Nerone e quindi da una proprietà a uso esclusivo di una sola persona. “Gli imperatori flavi, Vespasiano Tito Domiziano, ognuno col proprio ruolo”, spiega Rinaldi, “realizzano un’operazione demagogica molto importante: quello di restituire alla collettività lo spazio che era stato sottratto dall’imperatore Nerone. L’iscrizione del prefetto dei pretori di Roma Lampadius riporta nella sua formula originaria il riferimento all’inaugurazione dell’anfiteatro “ex manubiis”, cioè con il bottino di guerra, composto dal candelabro a sette braccia, dalle trombe e da altri oggetti sacri raffigurati nel fornice interno dell’arco di Tito. I cento giorni di giochi e 5mila fiere uccise sul piano dell’arena, i quasi 70mila spettatori segnano nell’80 d.C. segnano l’inizio della storia del monumento più celebre in Italia e forse al mondo. L’imperatore sul palco imperiale sul lato Sud dell’edificio, e i senatori e i cavalieri intorno al podio nella parte più bassa della cavea, osservano il susseguirsi dello spettacolo, le cacce esotiche al mattino, le condanne a morte esibite come se fossero il supplizio di Prometeo nel primo pomeriggio, i combattimenti dei gladiatori la sera. Mentre nei livelli più alti la plebe e soprattutto le donne filano, ravvivano l’acconciatura o passano il tempo giocando a dadi come mostrano gli oggetti smarriti sugli spalti e poi finiti nelle fogne dell’anfiteatro ed esposti nelle vetrine del museo. Nelle giornate più calde e assolate o in caso di pioggia i marinai della flotta di Miseno calano il velarium, un tendaggio sorretto dalle mensole posizionate sull’attico, il punto più alto dell’edificio a quasi 50 metri di altezza”.

Nel 217 un terribile incendio devasta l’anfiteatro. “L’edificio rimane inagibile per almeno 5 anni durante i quali si lavora il più alacremente possibile per riaprirlo al pubblico usando materiale di risulta anche nei sotterranei dove l’abbondante presenza di legno e cordame aveva favorito l’espandersi del fuoco. Ed è qui sotto che ferve l’anima dell’anfiteatro. Le ricostruzioni esposte nelle vetrine del museo illustrano le prime tipologie di montacarichi e piattaforme della fase ancora flavia, azionate da ben 224 schiavi, poi sostituite da 60 ascensori azionati con un sistema di argani e contrappesi di piombo da funi che passavano su carrucole inserite nei pilastri verticali di travertino. Scenografie, animali, uomini apparivano così come epifanie dalle botole sistemate sul piano dell’arena. Il pubblico li acclamava, li incitava, gioiva alla vista del proprio beniamino, il gladiatore, di cui si scommetteva la vita o la morte. Questa tradizione prosegue almeno fino alla metà del V secolo d.C. Ma presto l’avversione degli imperatori cristiani verso i giochi cruenti, tra i quali lo stesso Costantino, il degrado dell’anfiteatro soggetto a smottamenti continui a causa dei terremoti contribuiscono al suo progressivo declino fino alla proibizione degli spettacoli e all’ultimo spettacolo di caccia che risale al 523 d.C.”.

Venerabile Beda
Da allora comincia una fase di abbandono e di decadenza nel corso della quale i sotterranei vengono progressivamente ricoperti di terra, parte del settore meridionale inizia a crollare determinando l’innalzamento dell’interro circostante. “Nell’VIII sec. d.C. Beda il Venerabile afferma: “Quamdiu stat Colysaeum stat et Roma, quando cadet Colysaeum cadet et Roma, quando cadet Roma cadet et mundus”. Roma è ormai mitizzata e il Colosseo con essa perché con la sua mole colossale riesce a rappresentare la globalità del mondo. Le più importanti famiglie di Roma se lo contendono, ovviamente assieme alla Chiesa. Tra l’XI e il XIV secolo i Frangipane in continuo conflitto con la famiglia degli Annibaldi occupano 13 arcate della porzione Sud-orientale dell’edificio. La vicina chiesa di Santa Maria Nova, proprietaria di una quota parte, affitta domus e cripte ricavate riutilizzando i fornici in rovina, dove vengono alloggiati travi sui muri per creare soppalchi e ricavare stalli per gli animali come documentano i numerosi attaccagli ancora visibili sui pilastri. È a partire da questo periodo che negli atti notarili inizia a comparire l’appellativo dell’edificio come Anphitheatrum Coliseum”.

Ma nel 1349 un nuovo devastante terremoto accresce il livello di rovina in cui si trova il Colosseo. Ne è testimone persino il Petrarca: “Ecce Roma ipsa insolito tremore concussa est tam graviter ut ab eadem urbe condita supra duo annorum milia tale nihil accident”. Inizia una fase che dura almeno tre secoli durante la quale il Colosseo viene ad assumere significati nettamente distinti che a volte convivono, a volte si scontrano e a volte si fondono. Cava di marmi e pietre per volere dei Papi riutilizzatori come fu Nicola V per la costruzione della nuova Roma “Gerusalemme celeste”, e in particolare per la fabbrica di San Pietro e di molti altri edifici della città: edificio dunque da restituire alla cristianità per sottrarlo al potere laico e pagano, luogo di studio e schema di riferimento per i grandi architetti umanisti, ma anche né anfiteatro né fortezza bensì tempio rotondo al cui centro campeggiano una colonna dedicata al dio sole o a Giove; tempio dei templi della Roma pagana: così descritto nelle guide e negli itinerari per i pellegrini”. Continua Rinaldi: “Durante i secoli bui del tardo Medioevo dell’originaria funzione del Colosseo si perde ogni traccia e questa situazione contribuisce ad ammantare il Colosseo di fantasie, leggende popolari e superstizione, tanto grande era questa visione che la parola stessa “colosseo” potrebbe derivare da “Colis eum” cioè “Lo adori?” con riferimento al maggiore degli dei presenti nel tempio, e la risposta non poteva che essere “colo colo” “lo adoro lo adoro”. Indizi di questa storia sono rintracciabili nei numerosi graffiti lasciati sui pilastri di travertino del primo ordine. Aguzzando la vista verso i punti più alti dei pilastri del primo ambulacro del primo ordine, subito dopo l’attuale ingresso dei visitatori dallo sperone cosiddetto Valadier, laddove si camminava quando il Colosseo appariva completamente interrato a seguito dei rovinosi crolli causati dai terremoti, spiccano i nomi di persone e lettere capitali: Nicolò fece, Ludovico, Romolo: sono forse i cavasassi che al servizio dei Papi lavorarono tra il 1400 e il 1600 all’interno del Colosseo per recuperare materiale per la costruzione della nuova Roma “Gerusalemme celeste”; o dietro questi nomi si nasconde anche un preciso riferimento al più attivo tra i riutilizzatori delle pietre del Colosseo, cioè proprio quel Papa Nicolo V già ricordato? Non lo sappiamo, ma in entrambi i casi la suggestione è molo forte”.

“Più precise e ben ricollegabili a fatti e avvenimenti storici sono invece le date di cui se ne conservano almeno tre: una sul fornice Nord e due sulla fronte Sud del Colosseo: 1534, 1538 e 1675. Rappresentano l’altra faccia della medaglia della voluta ambiguità, quella dei Papi interessanti ad avviare il processo di cristianizzazione del Colosseo. Quindi non abbattendolo ma convertendo a luogo di culto con l’istituzione delle sacre rappresentazioni della Passione di Cristo, l’ultima fu proprio quella del 1539, l’innalzamento di una grande croce di legno al centro dell’arena, la realizzazione dello splendido affresco con veduta di Gerusalemme tradizionalmente assegnato proprio all’anno del giubileo del 1675 sotto Papa Clemente X, fino ad arrivare alla consacrazione del sangue dei martiri versato sull’arena con il progetto di Papa Clemente XI e dell’architetto Carlo Fontana di innalzare una chiesa sul piano dell’arena, progetto mai realizzato. Alle date si aggiungono altri graffiti a supportare questa esigenza di consacrazione del Colosseo come luogo di culto. Sono le immagini di croci. Ne contiamo almeno 13 di 5 tipi diversi, che confermano la presenza anche di proprietà della Chiesa, come quella di Santa Maria Nova, già citata prima, ma anche della confraternita di San Salvatore al Sancta Sanctorum a cui fin dal XIV secolo era stata concessa una porzione del Colosseo per l’opera di bonifica condotta nella zona divenuta ormai sede di malviventi. Malviventi dunque pastori ma anche maghi e negromanti parrebbe come contemporaneamente ci informano le guide di Roma e gli itinerari per i pellegrini che insistono – lo ripetiamo – sul Colosseo-templum Solis o templum Iovis, ed ecco che un edificio di così grandi dimensioni non poteva che essere stato costruito con l’aiuto della magia, e se ne attribuisce la costruzione proprio a Virgilio Mago, architetto d’eccezione, che nel Colosseo pratica la negromanzia. Deluso dall’amore di una principessa e deciso a lasciare al buio la città, confina l’unica fonte di luce nel sesso di una donna. Il graffito inciso sul pilastro del fornice Ovest del Colosseo a forma di rombo vuole forse alludere a questa leggenda?”.

“Intanto nel Cinquecento – prosegue nel suo racconto Federica Rinaldi – Benvenuto Cellini vi invoca i demoni che in gran numero arrivano a terrorizzare il negromante e lo stesso scultore. Da Cellini sappiamo che un prete siciliano da lui incontrato lo conduce assieme a un fanciullo vergine a propiziarsi le divinità maligne nell’anfiteatro. Disegnato il cerchio magico, il prete invita il Cellini a entrarvi e a invocarvi i diavoli con l’aiuto di spargimento di profumi e accensione di fuochi. Parve che i demoni arrivassero a legioni e il fanciullo spaventato alzando gli occhi disse: “Tutto il Colosseo arde e il fuoco viene addosso a noi”. Su questo episodio un po’ irriverente, ma che dobbiamo leggere nel contesto di una Roma in cui il Colosseo è immerso nella campagna abitata solo da pastori e malviventi, fa riferimento anche la leggenda della Regina Rosana che, sterile, entra nel Colosseo per pregare il demone del Colosseo e ne esce gravida, dimostrando il potere del paganesimo sul cristianesimo. Ma fanno riferimento anche i simboli fallici che compaiono spesso accanto alle croci – che abbiamo visto poco fa – e che rappresentano falli di tutte le forme e dimensioni, allusione all’interpretazione di un Colosseo luogo di pratiche sessuali o piuttosto simboli apotropaici? I falli si trovano nei fornici rivolti verso l’esterno, verso l’asse stradale principale che alla fine del 1500 congiunge il Colosseo con il Laterano. Ci troviamo sul fronte del Colosseo che viene maggiormente preservato dal riuso di travertini ed è proprio da qui che dal 1600 inizia la sua conversione a tempio dei Martiri, con il progetto mai realizzato di Carlo Fontana – già ricordato – e l’istituzione della Via Crucis con Papa Benedetto XIV nel 1750”.

Lo sperone Valadier al Colosseo
Ma anche questa rinnovata dimensione del Colosseo non dura a lungo. “La trasformazione del Colosseo in deposito di letame per la fabbricazione del salnitro per volontà di Papa Clemente XI, proprio di qualche anno prima l’istituzione della Via Crucis, accelera il processo di calcinazione dei travertini già compromessi da incendi e altri malanni. Il degrado e l’ennesimo terremoto hanno ormai fortemente compromesso la stabilità del Colosseo. Di lì a breve saranno proprio i Papi ad avviare la macchina della tutela e della conservazione. Pio VII commissiona, tra gli altri, all’architetto Raffaele Stern la costruzione dello sperone che prende il suo nome, fissando anche lo stato di crollo della porzione terminale della facciata. Di lì a poco si interviene anche sul lato opposto, quello Ovest, con la costruzione di un altro sperone realizzato questa volta dal Valadier. Oggi i due principali accessi del Colosseo per il pubblico vengono proprio identificati con i nomi dei due architetti”.

Nel frattempo la tutela si estende anche al recupero archeologico. “Per tutto l’Ottocento inizia una stagione di sterri per liberare il monumento coperto fino all’imposta delle mensole delle arcate del primo ordine. Si rimuovono le edicole della Via Crucis, e si scava per far riemergere i livelli antichi dapprima attribuiti alla fase dei Frangipane e poi definitivamente a quella romana. È l’inizio di un’altra nuova fase che si avvicina ai tempi recenti che vede il Colosseo demolito e ricostruito per assecondare la propaganda fascista o l’idea di modernità urbanistica, come per la costruzione della linea B della metropolitana che tronca le fondazioni occidentali dell’anfiteatro compromettendo definitivamente il deflusso idrico dai sotterranei che, anche per questo motivo, sono spesso allagati. Da isola spartitraffico il Colosseo venne liberato negli anni Settanta del secolo scorso in concomitanza con una rinnovata stagione di ricerche, scavi e restauri condotta finalmente con rigoroso metodo scientifico e che ancora oggi resiste. E di queste ricerche che contribuiscono ad accrescere le nostre conoscenze sul Colosseo, non solo arena per spettacoli ma luogo che nei secoli ha mutato le sue funzioni all’interno di una città altrettanto in continua evoluzione, continueremo a darvi notizia”, conclude Rinaldi. “Lo faremo sempre dalle nostre pagine social, facendovi entrare nei cantieri, facendovi vedere da vicino i segni lasciati dalla storia, perché crediamo fermamente che solo comprendendo il passato ognuno di noi possa contribuire a costruire il futuro”.
“Notte dei Musei” (virtuale): il parco archeologico di Paestum e Velia affida a un Cicerone speciale, Pulcinella, la scoperta della storia e dei tesori del museo Archeologico nazionale di Paestum con simpatia e ironia

“Notte dei musei” (virtuale) speciale al museo Archeologico nazionale di Paestum. “Non potevamo perdere l’occasione per farvi scoprire i tesori di Paestum di notte, così abbiamo organizzato una visita speciale per tutti voi, a cui potete partecipare da casa”, spiegano al paco archeologico di Paestum e Velia. Solo che per le sale del museo pestano non vediamo il direttore Gabriel Zuchtriegel o qualche altro archeologo dello staff, ma la maschera napoletana più famosa al mondo diventa un Cicerone d’eccezione per raccontare con simpatia e ironia la storia in rima dell’antica di Poseidonia-Paestum: Pulcinella.
“Pulcinella racconta Paestum”. L’attore nei panni di Pulcinella introduce la storia di Paestum-Poseidonia, e con uno spettacolo di burattini, scherza sulla dislocazione dei templi dell’area archeologica, introduce i “protagonisti” di questa storia, dalle divinità spesso in disputa tra loro, da Zeus a Poseidone, da Hera ad Atena, da Eracle agli eroi di Troia, fino agli archeologi che queste storie hanno recuperato con le loro ricerche. E poi Pulcinella ci accompagna in una passeggiata tra le sale del museo Archeologico nazionale di Napoli: descrive le grandi metope figurate, si sofferma sulle statuine delle divinità, e conclude nella sala più famosa, quella che ospita le straordinarie lastre dipinte della Tomba del Tuffatore.
Notte dei Musei (virtuale). Il Colosseo apre i suoi cancelli (on line), invitando il pubblico a rivivere in diretta i suoi quasi 2000 anni di storia in una notte

Sabato sera al Colosseo. L’emergenza sanitaria lo ha chiuso per la seconda volta in questo annus horribilis, ma la sera del 14 novembre 2020, a partire dalle 21, il Colosseo apre i suoi cancelli (on line), invitando il pubblico a rivivere i suoi quasi 2000 anni di storia in una notte. Il parco archeologico del Colosseo intende così celebrare la Notte dei Musei in forma virtuale sui propri canali social (Facebook e YouTube). Un viaggio, nel tempo, nello spazio del monumento icona mondiale, dall’inaugurazione dell’imperatore Tito nell’80 d.C., alle trasformazioni medievali in fortezza, fino all’isolamento e all’abbandono rispetto al resto della città che hanno alimentato nei secoli bui del Medioevo storie, leggende e superstizioni, le cui tracce sono forse individuabili nei segni graffiti lasciati sui pilastri di travertino. E poi ancora, modello di “architettura” per i gradi Umanisti del Quattrocento, cava di materiali e ancora luogo di culto per volere della Chiesa. Una passeggiata sotto la Luna, dove i commenti e le curiosità del pubblico saranno soddisfatti in tempo reale!
Roma. Chiudono per Dpcm i quattro siti del parco archeologico del Colosseo: Foro Romano, Palatino, Colosseo e Domus Aurea. Sospesa la mostra “Pompei 79 d.C. Una storia romana”, in programma dal 5 novembre. Resta aperto il sito web: dirette dai cantieri di restauro, nuove rubriche ed eventi speciali. Ecco il programma
“Chiudiamo temporaneamente le mostre, i musei e i nostri quattro siti: Foro Romano, Palatino, Colosseo e Domus Aurea. Ma il ‘quinto sito’ del Parco archeologico del Colosseo resta sempre aperto: continuiamo con le dirette dai cantieri di restauro, le nuove rubriche e gli eventi speciali”. Così la direzione del Parco archeologico del Colosseo ha annunciato il provvedimento adottato: “A seguito della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del nuovo Decreto del Presidente del Consiglio in vigore dal 5 novembre 2020 al 3 dicembre 2020 viene disposta la chiusura temporanea dei luoghi della cultura e la sospensione delle mostre in programma. Oltre alla chiusura temporanea – come detto – dei quattro siti, Foro Romano, Palatino, Colosseo e Domus Aurea, sono sospese le attività in corso relativamente alla mostra “Pompei 79 d.C. Una storia romana”, la cui inaugurazione era prevista proprio il 5 novembre 2020. Rimane aperto e attivo il ‘quinto sito’ del Parco archeologico del Colosseo, ovvero il sito web e tutto il comparto digitale online degli account social ufficiali (Facebook, Twitter, Instagram e YouTube) che continuerà a dialogare, interagire, costruire relazioni con il pubblico”.

Ricco e come sempre variegato il programma web in arrivo. Da segnare in agenda l’appuntamento con la Notte dei Musei del 14 novembre 2020: sarà l’occasione per entrare nel Colosseo in notturna, ascoltando il racconto dei quasi 2000 anni di storia del monumento icona mondiale. Nel trecentenario dalla nascita di Giambattista Piranesi sarà presentata la nuova App “Il PArCo di Piranesi” realizzata dal PArCo in collaborazione con l’Istituto Centrale per la Grafica e con il fondamentale contributo di Kuwait Petroleum Italia. L’APP celebra il famoso incisore e architetto che ha immortalato per sempre i monumenti e le vedute più emozionanti del nostro PArCo. Continueranno le consuete “Passeggiate nel PArCo“, con la rubrica “Abitare sul Palatino“, un approfondimento arricchito da immagini e video, dalla Casa Romuli – abitazione del mitico fondatore della città – fino alle signorili abitazioni delle famiglie aristocratiche che dal Rinascimento in poi occuparono il Colle.

La sospensione della mostra “Pompei 79 d.C. Una storia romana” sarà limitata alla visita on-site: partirà infatti il racconto online della storia che ha legato le due città di Roma e Pompei attraverso gli elementi distintivi e caratteristici dei due centri, rintracciabili nelle relazioni economico-sociali e negli aspetti artistici e culturali, documentabili attraverso l’archeologia. Alcuni dei 100 reperti in mostra faranno da sfondo alla narrazione della specificità pompeiana prima e del suo allineamento all’Urbs poi. Continueranno le dirette Facebook del mercoledì mattina dai cantieri di restauro e manutenzione: il tempio di Vesta, l’Arco di Settimio Severo, il tempio di Venere e Roma, il Colosseo, ma anche lo straordinario patrimonio offerto dai pavimenti musivi e marmorei dell’area, tra cui il sectile di VI secolo d.C. della taberna della Basilica Emilia che sarà presentato in anteprima.

L’archeologo prof. Andrea Carandini, presidente del Fai
Calendario delle pubblicazioni online (work in progress): 11 novembre 2020, ore 11, diretta Facebook dal cantiere del Tempio di Vesta (qui sopra nel video la seconda puntata, con la funzionaria archeologa del PArCo Giulia Giovanetti e Dimosthenis Kosmopoulos, archeologo e collaboratore del PArCo, che in diretta dal Foro Romano raccontano il cantiere di restauro del Tempio di Vesta); 11 novembre 2020 (tutti i mercoledì), ore 21, pillole dalla mostra “Pompei 79 d.C. Una storia romana” sulla pagina Facebook e sugli account Instagram e Twitter; 14 novembre 2020, Notte dei Musei, ore 21 sul canale YouTube e pagina Facebook; 17 novembre 2020 (tutti i martedì), “Abitare sul Palatino”, ore 21, rubrica sulla pagina Facebook e sugli account Instagram e Twitter; 18 novembre 2020, “Un giorno in cantiere al Colosseo”, maratona sulla pagina Facebook; 20 novembre 2020, avvio presentazione della nuova App “Il PArCo di Piranesi”, sulla pagina Facebook, sull’account Instagram e sul canale YouTube (ho aggiunto YouTube per via del video); 23 novembre 2020, Lezioni di archeologia del prof. Andrea Carandini, trasmesse sulla pagina Facebook, sull’account Instagram nella sezione IGTV e sul canale YouTube; 25 novembre 2020, ore 11, diretta Facebook dalla Basilica Emilia, presentazione del sectile della taberna VIII.
Festa dei Musei 2018 dedicata ai “Musei iperconnessi: nuovi approcci, nuovi pubblici”. Al Muciv di Roma Eur visite guidate nelle tre sedi. Venerdì “Per terra e per mare” lo staff racconta sei oggetti straordinari per ripercorrere i viaggi e gli spostamenti dell’uomo fra epoche e continenti diversi
In occasione della terza edizione della Festa dei Musei 2018 dedicata al tema “Musei iperconnessi: nuovi approcci, nuovi pubblici” e della Notte europea dei Musei 2018 il Museo delle Civiltà di Roma Eur nel week end 19-20 maggio 2018 propone una serie di visite guidate alle collezioni nelle sue diverse sedi dell’Eur. Museo preistorico etnografico “Luigi Pigorini”: ore 19.30, visita guidata alle collezioni africane a cura di Gaia Delpino; 20.30, visita guidata all’esposizione sullo scavo neolitico del villaggio subacqueo de “La Marmotta”, a cura di Mario Mineo; 21, visita guidata alle collezioni del museo d’arte orientale “G.Tucci, a cura di Gabriella Manna. Museo delle arti e tradizioni popolari “Lamberto Loria”: ore 19, visita guidata alle collezioni del museo, a cura di Francesco Aquilanti; 20, visita guidata agli apparati decorativi del Palazzo delle Tradizioni popolari e del palazzo delle Scienze, a cura di Anna Sicurezza; 21, visita guidata alle collezioni del museo, a cura di Marisa Iori. Museo dell’alto medioevo “Alessandra Vaccaro”: ore 21, visita guidata alle collezioni del museo, a cura di Ilenia Bove.

Cartolina con il carro da vino della campagna romana: un esemplare è al museo delle Arti e delle tradizioni popolari a Roma Eur
Lo staff del MuCiv racconta … “Per terra e per mare”: sei oggetti straordinari per ripercorrere i viaggi e gli spostamenti dell’uomo fra epoche e continenti diversi. Visita guidata tematica, venerdì 18 maggio 2018, alle 16.30. Biglietto ridotto: 5 euro. “Carro da vino della campagna romana”: è il primo dei sei oggetti straordinari, si trova al museo delle Arti e tradizioni popolari “Lamberto Loria”, piano terra, dove si illustrano i sistemi di trasporto. “All’arba quanno spunta er sole d’oro … me sento n’armonia qui drento ar petto e tutt’allegro monto sur caretto” così cantava il carrettiere che giungeva a Roma con il suo carico di botti di vino. Accompagnato da un fedele cagnolino, riparato dalla cappotta aveva viaggiato tutta la notte per rifornire le osterie della città con il vino dei Castelli. Con “Camminando … camminando … l’Uomo è arrivato in [quasi] tutto il mondo. Le orme di Laetoli e altre storie” si passa al secondo piano del museo Preistorico etnografico “Luigi Pigorini”. Dalla sua prima comparsa in Africa, Homo sapiens, raggiunge in “poco” tempo gli altri continenti. Vi giunge camminando, su due piedi, un modo altamente efficiente, e certamente ecosostenibile, per la percorrenza di lunghe distanze. L’andatura bipede ha una storia molto più antica della nostra specie, anzi possiamo dire che è un carattere che condividiamo con tutti i nostri antenati. Le orme di Laetoli (esposte al Pigorini) sono una importante e “parlante” testimonianza di questa modalità di locomozione. Furono trovate in Tanzania e risalgono a circa 3.7 milioni di anni fa. Vengono attribuite ad un gruppo di Australopitechi (Australopithecus afarensis, la specie di cui fa parte anche Lucy) che si muovevano insieme affondando i piedi su un terreno ricoperto di cenere bagnata che si è poi solidificata, “catturando” in modo indelebile il loro passaggio.

Una delle cinque piroghe monossili, rinvenute nel sito neolitico sommerso in località “La Marmotta” presso Anguillara Sabazia nelle acque del lago di Bracciano
Sempre al secondo piano del museo Preistorico etnografico “Luigi Pigorini”, la terza tappa: “Le piroghe della Marmotta. Spostarsi sull’acqua, migrare, colonizzare”. Una delle principali vie di locomozione per spostarsi, migrare, viaggiare nell’antichità, è stata l’acqua dei fiumi, dei laghi e dei mari. La testimonianza archeologica più antica, a nostra disposizione, di questi spostamenti è il ritrovamento di cinque piroghe monossili, rinvenute nel sito neolitico sommerso in località “La Marmotta” presso Anguillara Sabazia nelle acque del lago di Bracciano. La copia 1:1 della prima di queste piroghe, la “Marmotta1”, ha dimostrato di potere affrontare la navigazione più impegnativa, quella per mare. Partendo da Milazzo in Sicilia è stata in grado di navigare anche su ampi tratti di mare aperto alla media oraria di 4 km ora, arrivando, infine, con un tratto di navigazione in Oceano Atlantico, a Lisbona in Portogallo dopo ben 800 km di navigazione nel mediterraneo. La quarta tappa ci porta nella sala Oceania al primo piano del “Pigorini” dove c’è “Sopakarina. Una canoa dell’Oceania”. Osservando le stelle, il Sole, la Luna, le correnti marine, gli uccelli e i venti, i popoli del Pacifico colonizzarono l’Oceania con le proprie imbarcazioni. In questo percorso parleremo della canoa Sopakarina esposta nel nostro museo e usata durante la celebrazione del rito Kula per spostarsi di isola in isola nell’arcipelago Kiriwina unendo in un rapporto di scambi cerimoniali le comunità locali. Passando nella sala America, sempre al primo piano del “Pigorini”, troviamo per la quinta tappa il “Cesto da trasporto nel bacino dell’Orinoco e dell’Amazzonia”. Per trasportare tutti i prodotti ricavati nella foresta tropicale le donne yanomami confezionano particolari ceste che poi portano sulle spalle assicurandone la cinghia sulla fronte. Il cesto è un prolungamento del loro corpo e del loro sé, e come tale, riceve lo stesso motivo pittorico che ne decora la pelle.
L’ultima tappa ci porta al museo dell’Alto medioevo “Alessandra Vaccaro”, sala Castel Trosino, dove possiamo ammirare “Due staffe longobarde”. Da quando l’uomo ha iniziato ad addomesticare i cavalli – circa dal VI millennio a.C. – questo animale è rimasto presente in molti ambiti della vita umana. Nel corso del tempo l’uomo ha ideato equipaggiamenti per cavalcare via via sempre più sofisticati allo scopo di rendere l’uso del cavallo sicuro, confortevole e perfettamente rispondente ai diversi scopi cui l’animale fu destinato: di lavoro, bellici, agricoli, ricreativi, sportivi. Tra le invenzioni che hanno segnato una svolta epocale tanto nell’impiego del cavallo quanto nella locomozione umana rientra senza dubbio quella delle staffe metalliche, destinate all’appoggio del piede.
Alla scoperta di Adria etrusca: pubblicate tutte le tutte le testimonianze scrittorie in lingua etrusca della città di Adria e dei siti del suo territorio. Nella Festa dei Musei si presenta il volume del Corpus Inscriptionum Etruscarum su “Atria et Ager Atrianus” a cura di Andrea Gaucci

Il IV volume del Corpus Inscriptionum Etruscarum dedicato ad Adria e al suo territorio, a cura di Andrea Gaucci
Adria etrusca svela i suoi segreti. Pubblicate finalmente tutte le testimonianze scrittorie in lingua etrusca della città di Adria e dei siti del suo territorio, dagli ultimi decenni del VI sec. a.C. fino al II sec. a.C. quando la città passò gradatamente nella sfera culturale di Roma. Un lavoro, durato anni, che ha letteralmente passato al setaccio il materiale esposto e tutto quello contenuto nei ricchissimi depositi del museo Archeologico nazionale di Adria. L’opera, che viene presentata sabato 19 maggio 2018 fa parte di un più vasto lavoro di raccolta di tutta la documentazione epigrafica dell’Etruria padana coordinato dal prof. Giuseppe Sassatelli inserito all’interno del progetto editoriale del Corpus Inscriptionum Etruscarum, il cui primo volume fu edito nel 1893-1902. L’importante appuntamento, dunque, sabato 19 maggio al museo Archeologico nazionale di Adria che così parteciperà alle iniziative previste nell’ambito della Festa dei musei 2018 e della Notte dei musei 2018, in occasione dell’ Anno Europeo del Patrimonio.
Adria Etrusca: finalmente la spiegazione e la pubblicazione delle iscrizioni sui vasi etruschi del museo che ci rivelano il nome degli antichi abitanti di Adria, l’origine delle loro famiglie, gli Dei da loro onorati, le pratiche di scambio e di commercio con il mondo greco, veneto, celtico e, poi, romano. I testi graffiti sui vasi rinvenuti nell’abitato e nelle sepolture dell’antica città di Adria ci danno una fervida e concreta testimonianza del passato di uno dei più importanti porti dell’Adriatico dalle sue più antiche vicende del VI secolo fino alla completa romanizzazione della comunità nel II-I sec. a.C. Il programma. Dalle 16.30 alle 18.30, Archeonautica, attività di scavo stratigrafico in cassone per bambini e famiglie. Evento per bambini e ragazzi dai 7 ai 12 anni e le loro famiglie, a cura di Street Archaeology. Info costi e prenotazioni: 349 1703284, oppure presso il museo: 0426 21612. Alle 17, presentazione del Corpus di Iscrizioni Etrusche di Adria (CIE Atria et Ager Atrianus, di Andrea Gaucci, Università di Bologna). Evento speciale di Archeologia a due voci a cura delle professoresse Anna Marinetti e Giovanna Gambacurta (università di Venezia Ca’ Foscari). Introduce Giuseppe Sassatelli. Ingresso gratuito all’evento. Seguirà una visita guidata a cura del prof. Gaucci. Dalle 19.30 alle 22.30, apertura straordinaria serale e guida ai depositi del museo, a cura della direzione. Ingresso al costo simbolico di 1 euro.
Museo Archeologico nazionale di Adria: per la Festa e la Notte dei Musei speciale percorso archeologico-letterario sui gioielli e visite guidate alla mostra “Ornamenta. Gioielli tra storia e design” che fa dialogare monili antichi etruschi e romani inediti e gioielli contemporanei
Ad Adria nel segno dei gioielli. Sabato 20 maggio 2017 in occasione della Festa dei Musei, delle Celebrazioni Livianee e della Notte dei Musei, il museo Archeologico nazionale di Adria propone iniziative mirate collegate alla mostra “Ornamenta. Gioielli tra storia e design”, visitabile fino al 22 ottobre, promossa dal MiBACT – Polo Museale del Veneto e dall’associazione Venice Design Week, con il patrocinio della Provincia di Rovigo, dell’amministrazione comunale di Adria e del Comune di Rosolina, mostra in cui a gioielli antichi, solitamente conservati nei depositi del museo e di recente restauro, sono affiancati i lavori di giovani designer contemporanei selezionati da Venice Design Week. L’allestimento è stato infatti curato con l’obiettivo di mettere in dialogo i gioielli contemporanei con i monili dell’antichità: “Le relazioni che le varie sezioni della mostra stabiliscono con gli splendidi e rari reperti del museo”, spiega il direttore del museo adriese, Alberta Facchi, “contribuiscono alla lettura degli oggetti stessi e partecipano alla loro valorizzazione”. A rappresentare il mondo antico la direzione del museo ha scelto dai depositi alcuni splendidi orecchini d’oro a filo ritorto e granulazione di età etrusca, perle in pasta vitrea, pendenti in oro e anelli di età romana, mentre tra i designer contemporanei Venice Design Week ha selezionato i lavori di Rita Martinez (Costa Rica), Andrea D’Agostino, Alessandra Pasini, Alessandra Gardin, Giovanni Di Vito, Giuliana Di Franco, Anna Fanigina (Bulgaria), Marta Montesi, Yunjung Lee (Corea), Kalliope Theodoropoulou (Grecia), Wilson Quispe.
Il programma di sabato 20 maggio 2017 è molto interessante. Alle 16 verrà proposto Haec foeminarum insignia sunt (il titolo, “Questi sono gli ornamenti delle donne”, riprende una famosa frase dello storico latino Tito Livio), speciale percorso archeologico-letterario sui gioielli. Ci sarà anche un banchetto con materiale ludico – didattico a disposizione del pubblico adulto e dei bambini, a cura di Studio D. Più tardi, dalle 19.30 alle 22.30, grazie alla disponibilità del personale del museo, apertura straordinaria serale al museo Archeologico nazionale di Adria con ingresso simbolico ad 1 euro. Visite guidate alla mostra “Ornamenta” e ai gioielli esposti in museo. Turni: alle 19.30, alle 20.30 e alle 21.30, a cura della direzione del museo. Si potrà così vivere la bellezza dei gioielli come in occasione dell’inaugurazione quando la presentazione dei monili antichi e del loro restauro è stata curata dal direttore Alberta Facchi e dalla restauratrice Federica Santinon, mentre i gioielli contemporanei sono stati descritti da Lisa Balasso di Venice Design Week. “I gioielli non servono solo a renderci più belli”, concludono i promotori. “Ma i gioielli, nel corso della storia, sono stati ricoperti di molteplici significati: beneauguranti, magico-religiosi, status symbol. Hanno sempre accompagnato, e ancora accompagnano, donne e uomini nelle tappe più importanti della vita”.
Notte Europea dei Musei 2016. Le proposte della soprintendenza Archeologia del Veneto: da Este a Verona, da Vicenza a Feltre
In occasione della Notte Europea dei Musei in calendario sabato 21 maggio 2016, la soprintendenza Archeologia del Veneto promuove eventi e aperture straordinarie delle aree archeologiche del Veneto. Vediamole brevemente.
AREA ARCHEOLOGICA DI VIA SANTO STEFANO, ESTE La casa delle anime. Percorsi archeologici su antichi riti funerari. Apertura straordinaria dell’area archeologica di via S. Stefano a cura del Comune di Este. Orari: dalle 20 alle 23 ogni 30 minuti (ultima visita ore 22.30). Visite guidate gratuite a cura di Cinzia Tagliaferro, associazione culturale Studio D. Info: 0429 617573 – info@studiodarcheologia.it
AREA ARCHEOLOGICA DI CORTE SGARZERIE, VERONA Apertura straordinaria dalle 20 alle 23, a cura dell’associazione Archeonaute Onlus. info: 324 0885861 – archeonaute@gmail.com
AREA ARCHEOLOGICA DEL CRIPTOPORTICO ROMANO, VICENZA Apertura straordinaria dalle 20 alle 23, a cura dell’associazione Ardea. Info: 0444.326880 – 347.9426020 – athena_el@yahoo.it
AREA ARCHEOLOGICA DELLA CATTEDRALE DI FELTRE Itinerario curato dai volontari dell’associazione “Il Fondaco per Feltre”, che si snoderà dall’area archeologica sottostante il sagrato del duomo, con visita in notturno alla mostra “L’Esculapio di Feltre dal rinvenimento al restauro”, fino al museo civico dove ci si soffermerà sul lapidario, con i reperti che spaziano dall’età del ferro al periodo romano. Termine della visita previsto alle 23.30. Il costo, in questo caso è di 2,50 euro a persona che includono l’ingresso alla mostra “L’Esculapio di Feltre” (1 euro) e il biglietto ridotto al museo civico (1,50 euro). Info e prenotazioni: ufficio Musei (tel. 0439/885242/241, museo@comune.feltre.bl.it), http://www.comune.feltre.bl.it/
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