Verona. Al museo di Storia naturale presentazione del libro “Food and wine in ancient Verona / Cibo e vino nella Verona antica – Vol. II – Mangiare e bere nella Preistoria e Protostoria” secondo volume del progetto dell’università di Verona “In Veronensium mensa. Food and Wine in ancient Verona”

Giovedì 27 febbraio 2025, alle 16.30, nella sala conferenze “Sandro Ruffo” del museo civico di Storia naturale di Verona è in programma la presentazione del libro “Food and wine in ancient Verona / Cibo e vino nella Verona antica – Vol. II – Mangiare e bere nella Preistoria e Protostoria” a cura di Mara Migliavacca, Nicoletta Martinelli, Paola Salzani, Massimo Saracino (Edizioni Quasar, Roma), secondo volume del progetto dell’università di Verona “In Veronensium mensa. Food and Wine in ancient Verona”, finanziato da Fondazione Cariverona. Ingresso libero fino a esaurimento dei posti disponibili. Il programma prevede i saluti di benvenuto di Marta Ugolini, assessore alla Cultura e Turismo del Comune di Verona; Paolo De Paolis, direttore dipartimento Culture e Civiltà dell’università di Verona; Andrea Rosignoli, soprintendente ABAP per le province di Verona Rovigo e Vicenza; e Francesca Rossi, direttrice dei musei civici di Verona. Sono previsti inoltre gli interventi di Flavia Guzzo, docente di Botanica dell’università di Verona, e Maurizio Cattani, docente di Preistoria e Protostoria dell’università di Bologna, che sono impegnati da anni nello studio delle tematiche delle fonti e delle diete alimentari del presente e del passato, il cui diverso approccio scientifico permetterà di avere una miglior comprensione delle tradizioni culinarie che ancora oggi caratterizzano Verona e non solo.

“In Veronensium mensa. Food and Wine in ancient Verona”, progetto di ricerca dell’università di Verona
La presentazione segue a breve distanza quella del primo volume, svoltasi nel dicembre 2024 nella sede dell’Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere. Questa seconda pubblicazione contiene una serie di contributi che, rispetto al primo volume, si concentra sulla preistoria e protostoria veronese, aggiungendo un importante tassello al progetto complessivo. In questa occasione alcuni risultati del progetto Food and wine in ancient Verona sono stati integrati con una ricca serie di importanti dati scaturiti da altre indagini in corso da parte di enti di ricerca da anni impegnati sul territorio, il cui tratto comune risiede nell’inter- e multidisciplinarietà e nell’impiego di metodologie scientifiche complesse e diversificate. Il dipartimento di Culture e Civiltà dell’università di Verona, coordinatore del progetto, il museo civico di Storia naturale di Verona e la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio, in tale progetto si sono fatti promotori della convergenza di enti e competenze per una ricerca in grado di ricostruire, da più punti di vista, le modalità dell’alimentazione in un arco temporale molto vasto, che si allargherà più avanti con gli ulteriori sviluppi previsti dal progetto.
Pantelleria. Inaugurate due mostre di tesori archeologici rispettivamente all’aeroporto e al museo Vulcanologico, in attesa di vederli esposti definitivamente nel Castello Medievale, interessato da lavori di messa in sicurezza

La sala dell’aeroporto di Pantelleria allestita con reperti archeologici dell’isola (foto regione siciliana)

Un momento dell’inaugurazione della sala-museo all’aeroporto di Pantelleria (foto regione siciliana)
I tesori archeologici dell’Isola di Pantelleria, recuperati durante gli scavi nell’Acropoli di San Marco, da sabato 6 agosto 2022 sono esposti nell’Aeroporto di Pantelleria, all’interno di un’ampia Sala già dedicata ai tesori sommersi recuperati dalla soprintendenza del Mare della Regione Siciliana. Una seconda esposizione è allestita nei locali del museo Vulcanologico di Punta Spadillo con i reperti provenienti dal sito preistorico di Mursia. Le due esposizioni sono state inaugurate sabato 6 agosto 2022, alla presenza dell’assessore regionale dei Beni culturali e dell’Identità siciliana Alberto Samonà, con una cerimonia che si è svolta prima all’aeroporto e poi al museo vulcanologico. Erano presenti, tra gli altri, il direttore del parco archeologico di Selinunte Cave di Cusa e Pantelleria, Felice Crescente; la direttrice del parco nazionale di Pantelleria, Sonia Anelli; il sindaco Vincenzo Campo.

Le cosiddette Tre teste di Pantelleria, che raffigurano Giulio Cesare, l’imperatore Tito e Antonia Minore (foto regione siciliana)
L’allestimento nelle due strutture consente di esporre importanti reperti, liberando i locali del Castello Medievale di Pantelleria che saranno interessati da lavori di messa in sicurezza e di manutenzione straordinaria, offrendo ai turisti in visita nell’Isola e a tutti quanti l’opportunità di entrare immediatamente in contatto con il patrimonio culturale proveniente dal territorio. Un modo per stimolare la conoscenza dei luoghi da cui i reperti provengono. Tra quelli di maggiore interesse, nella sala dell’aeroporto, spiccano le Teste di Pantelleria, tre teste in marmo del I secolo d.C. rinvenute durante gli scavi nel sito di San Marco, i “ritratti imperiali” che raffigurano Giulio Cesare, l’imperatore Tito e Antonia Minore. Teste che da anni non venivano esposte. Il museo Vulcanologico ospita, invece, un’importante selezione di reperti ritrovati negli anni nel sito archeologico di Mursia. Per quest’ultimo allestimento, importante la collaborazione dell’archeologa Valeria Silvia che ha allestito uno spazio interamente dedicato al villaggio dell’Età de Bronzo di Mursia dove le vetrine presenti costituiscono una prosecuzione concettuale con le sale dedicate alla geologia.

Veduta dall’alto del sito preistorico di Mursia a Pantelleria (foto regione siciliana)
“I reperti che esponiamo in questi due nuovi allestimenti”, sottolinea l’assessore dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, Alberto Samonà, “ci danno la possibilità di far conoscere importanti testimonianze del patrimonio archeologico che offre Pantelleria, isola ricca di storia e custode di luoghi unici al mondo. Il parco archeologico di Selinunte, Cave di Cusa e Pantelleria e la soprintendenza del Mare intendono valorizzare al massimo l’Isola e l’iniziativa che presentiamo è un tassello di questo lavoro che stiamo portando avanti”. E continua: “Naturalmente vocata al turismo e alla cultura per la sua storia, i suoi itinerari naturalistici e per il ricco patrimonio culturale, archeologico, etnoantropologico, paesaggistico e ambientale, l’Isola di Pantelleria è un unicum a livello mondiale da preservare e custodire. Questi reperti raccontano una storia antica e affascinante. Pantelleria è un’isola meravigliosa e vogliamo puntare sempre di più su cultura e turismo, nonostante gli sbarchi di migranti, che negli ultimi tempi si sono moltiplicati, destino non poca preoccupazione”. L’iniziativa è stata possibile anche grazie anche alla preziosa collaborazione dei responsabili delle missioni archeologiche presenti sull’isola, Maurizio Cattani e Thomas Schaeffer, che con la loro attività e competenza hanno contribuito ad offrire, attraverso l’esposizione, la possibilità di mostrare al pubblico, in una sede temporanea, testimonianza dei reperti più rappresentativi provenienti dagli scavi, nell’attesa di vederli nuovamente collocati nei locali del Castello Medievale, sede elettiva della loro esposizione.

Un’anfora rinvenuta nelle acque di Pantelleria durante le ricerche di archeologia subacquea della soprintendenza del Mare (foto regione siciliana)
Importante sottolineare l’azione congiunta svolta dalle istituzioni dell’isola, in particolare l’Aeronautica Militare per il supporto tecnico-logistico, la Marina Militare per l’ospitalità offerta ai reperti da tenere in deposito, all’Enac che ha offerto la disponibilità di un locale di grande visibilità per l’esposizione dei reperti più significativi della soprintendenza del Mare di provenienza subacquea e del parco archeologico di Selinunte Cave di Cusa e Pantelleria provenienti dall’Acropoli di San Marco, nonché al parco nazionale con il quale è operativo già dallo scorso anno un protocollo di collaborazione e con il quale si è condiviso un percorso che ha portato alla musealizzazione temporanea nei locali del museo Vulcanologico di Punta Spadillo. Un prezioso contributo è stato fornito dal commissario del parco archeologico di Selinunte Cave di Cusa e Pantelleria, l’archeologo Roberto La Rocca.
Cattolica (Rn). Al museo della Regina presentazione del libro di Luigi Malnati “La passione e la polvere. Storia dell’archeologia italiana da Pompei ai giorni nostri” (La nave di Teseo) con Maurizio Cattani e Annalisa Pozzi. Super Green pass obbligatorio e mascherine FFP2

L’archeologia è fango, polvere, cemento, baracche prefabbricate in lamiera, bagni mobili, panini consumati in fretta. E l’emozione della scoperta. Lo descrive molto bene l’archeologo, già soprintendente, Luigi Malnati nel suo libro “La passione e la polvere. Storia dell’archeologia italiana da Pompei ai giorni nostri” (La nave di Teseo) che viene presentato domenica 27 febbraio 2022 al museo della Regina di Cattolica (Rn). Discutono con l’autore Maurizio Cattani, università di Bologna, e Annalisa Pozzi, funzionario archeologa SABAP- Ravenna. Accesso libero con super Green Pass e mascherina FFP2 fino ad esaurimento posti. Numero limitato, gradita la prenotazione scrivendo a museo@cattolica.net o telefondo a numero 0541.966577-775.

La copertina del libro “La passione e la polvere” di Luigi Malnati (edizioni La Nave di Teseo)
Avventurosa e carica di mistero: da sempre, è così che immaginiamo l’archeologia. Spesso legata a paesi lontani, esotici e favolosi, o a scoperte di tesori e reperti straordinari come le tombe etrusche, gli affreschi di Pompei, le sculture classiche. Non è più così da molto tempo, da quando nell’Ottocento l’archeologia ha iniziato a distinguersi dalla storia dell’arte antica ed è diventata una scienza intimamente connessa alla storia umana, contribuendo, insieme alle fonti scritte, a scoprire e raccontare la vita nelle diverse civiltà. Da allora si sono moltiplicati gli scavi, condotti con metodi rigorosi, specie nelle città che conservano sotto l’aspetto attuale le tracce delle epoche e delle culture precedenti. In Italia la professione di archeologo nasce formalmente negli anni ottanta del Novecento e richiama giovani spinti da una grande passione, che lavorano duramente, a fianco delle soprintendenze, il più delle volte lontani dalla ribalta. Questo perché non esistono solo Pompei e il Colosseo: il patrimonio archeologico è diffuso e la battaglia per salvaguardarlo non è ancora perduta. Ripercorrendo momenti e figure decisive e illustrando le tecniche dell’archeologia, La passione e la polvere racconta un mondo tanto affascinante quanto ancora poco conosciuto nelle parole di un testimone diretto.

Luigi Malnati, già soprintendente archeologo (foto Mibact)
Luigi Malnati si è specializzato in archeologia all’università di Milano. A 27 anni vince il concorso da ispettore archeologo al ministero dei Beni Culturali, dove ha lavorato per quasi quarant’anni. A 39 anni diventa soprintendente archeologo, incaricato prima della soprintendenza delle Marche, poi di quella del Veneto, dell’Emilia-Romagna e della Lombardia. Dal 2010 al 2014 ricopre l’alto grado di Direttore Generale alle Antichità, emanando la prima circolare che regolamenta le procedure di archeologia preventiva in Italia. Ha al suo attivo più di 150 pubblicazioni scientifiche, tra le quali, con Valerio Massimo Manfredi, il manuale Gli Etruschi in val Padana (1991 e 2002), prevalentemente dedicate all’archeologia italica e a quella urbana, ma anche alle problematiche relative alle normative per la tutela. Ha organizzato decine di esposizioni archeologiche in Emilia-Romagna e in Veneto, nonché la grande esposizione di Brescia del 2015 sulla romanizzazione dell’Italia settentrionale.
Il Mediterraneo Antico e il passato di Bologna agli incontri autunnali del ciclo “…comunicare l’archeologia…” promosso dal Gruppo archeologico bolognese
Il Mediterraneo Antico e il passato di Bologna: cambiare nella tradizione. Potrebbe essere questo il filo conduttore del nuovo ciclo di conferenze “…comunicare l’archeologia…”, organizzato dal Gruppo Archeologico Bolognese (Gabo), affiliato ai Gruppi archeologici d’Italia, con i quali sono promosse – soprattutto d’estate – campagne di ricerca, scavi e ricognizioni d’interesse nazionale, quali è dedicata soprattutto la stagione estiva, in collaborazione con le competenti Soprintendenze Archeologiche. Il Gruppo Archeologico Bolognese collabora con il museo nazionale Etrusco “Pompeo Aria” di Marzabotto, il museo della Preistoria “Luigi Donini” di San Lazzaro di Savena e il museo della Civiltà Villanoviana (Muv) di Castenaso. Tutti gli incontri si tengono il martedì alle 21 al Centro Sociale “G.Costa”, in via Azzo Gardino 48, a Bologna. Per il ciclo del quarto trimestre 2019 il Gabo ha scelto di dedicare quattro dei nuovi incontri allo stesso tema, “Il Mediterraneo Antico”, da sviscerare da diversi punti di vista: un ciclo all’interno del ciclo tradizionale.
Si inizia martedì 15 ottobre 2019, con la conferenza dell’archeologa e travel designer Silvia Romagnoli “Giochi e passatempi nel mondo antico”. Una settimana dopo, martedì 22 ottobre 2019, prima conferenza del ciclo “Il Mediterraneo Antico”. Maurizio Cattani, docente al dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’università di Bologna, illustra “Le prime navigazioni nel Mediterraneo”. Martedì 29 ottobre 2019, seconda conferenza del ciclo “Il Mediterraneo Antico”. Francesco Iacono, assegnista di ricerca al dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’università di Bologna, si sofferma su “Popoli, scambi e commerci nel Mediterraneo”. I primi due martedì di novembre completano i focus del ciclo “Mediterraneo Antico”: martedì 5 novembre 2019, Marco Bonino, docente di Architettura navale all’università di Bologna interviene su “Barche e navi di età romana”; e martedì 12 novembre 2019, completa l’approfondimento l’archeologo e esperto di Archeologia subacquea Xabier Muro Gonzales che tirerà le somme parlando di “Archeologia subacquea nel Mediterraneo: scoperte, ricerche, prospettive”.

Gli scavi archeologici al cimitero ebraico medievale di Bologna hanno rinvenuto 408 sepolture (foto Cooperativa Archeologia)
Con martedì 19 novembre 2019, si passa al secondo grande tema di “…comunicare l’archeologia…”, il passato di Bologna. Le funzionarie archeologhe della SABAP-BO Settore Archeologia, Renata Curina e Valentina Di Stefano, intervengono su “Il cimitero ebraico di Via Orfeo a Bologna”. E martedì 26 novembre 2019, Claudio Calastri, archeologo e coordinatore Settore archeologia di Ante Quem srl ciporta sulle “Tracce di una città. Nuove ipotesi sulla Bologna romana e tardoantica”. L’ultima settimana di novembre “…comunicare l’archeologia…” fa una pausa per lasciare spazio all’altro tradizionale appuntamento del Gabo: “Imagines: obiettivo sul passato”, la rassegna del documentario archeologico giunta alla diciassettesima edizione. La sede, come sempre, alla Mediateca del Comune di San Lazzaro di Savena (Bo). Appuntamento il 29, 30 novembre, 1° dicembre 2019. A dicembre, gli ultimi due incontri, sempre sul passato di Bologna e il suo territorio. Martedì 10 dicembre 2019, Valentina Manzelli, funzionaria archeologa della SABAP-BO Settore Archeologia, fa “Nuova luce su Forum Cornelii: considerazioni su Imola a fronte dei recenti scavi archeologici”. Infine martedì 17 dicembre 2019, Giuseppe Rivalta, antropologo, biospeleologo e viaggiatore, spiega “L’acquedotto romano di Bologna riscoperto”.
Ultime scoperte delle missioni archeologiche italiane all’estero. Al museo Classis Ravenna per “Classe al chiaro di luna” protagonista Maurizio Cattani con “Alla ricerca delle origini della civiltà Araba: la missione archeologica nel Sultanato d’Oman”
Luglio volge al termine. Ma al museo Classis Ravenna, nell’ambito della rassegna “Classe al chiaro di luna” c’è tempo per un altro incontro per saperne di più sulle ultime scoperte delle missioni archeologiche italiane all’estero. Appuntamento mercoledì 31 luglio 2019, alle 21, con il ciclo “Museo Classis. Missioni archeologiche all’estero: le ultime scoperte”. Il prof. Maurizio Cattani, dell’università di Bologna, responsabile della missione archeologica in Oman, la cui ultima campagna si è conclusa nel gennaio di quest’anno, parlerà di “Alla ricerca delle origini della civiltà Araba: la missione archeologica nel Sultanato d’Oman”. Conferenza a partecipazione gratuita in collaborazione con L’Ordine della Casa Matha.
“La Missione Archeologica Italiana nel Sultanato di Oman”, scrive Maurizio Cattani, “svolge la sua attività di ricerca nell’ambito del “Joint Hadd Projecr” cui negli anni hanno partecipato l’Istituto italiano per l’Africa e l’Oriente di Roma, il dipartimento di Archeologia dell’università di Bologna, l’università di Parigi e l’ERA 41 del Cnrs di Parigi”. Dal 1985 le ricerche – portate avanti da Maurizio Tosi, scoomparso nel 2017 (vedi https://archeologiavocidalpassato.com/2017/03/03/archeologia-in-lutto-e-morto-maurizio-tosi-uno-dei-piu-grandi-archeologi-preistorici-dal-mediterraneo-alla-mongolia-in-iran-nel-1967-scopri-lo-straordinario-sito-di-shahr-e-sokhta-la-citta-bruciat/) e Maurizio Cattani – hanno preso in esame l’area del Ja’alan, corrispondente alla parte orientale del Sultanato di Oman, tra Ra’s al Hadd e Al Ashkarah, ove l’abbondante presenza di dati paleoambientali e di elementi storico-archeologici permette di documentare e controllare l’evoluzione del popolamento dall’antico e medio Olocene fino all’epoca islamica. “La documentazione dei resti strutturali, dei manufatti archeologici, delle evidenze bioarcheologiche”, continua Cattani, “permette di tracciare il processo di adattamento delle popolazioni antiche in rapporto alle risorse naturali (principalmente ottenute dall’ambiente marino) e il modo in cui le popolazioni costiere interagivano con quelle delle regioni interne dell’Arabia”.

L’edificio 1 nello scavo HD6 a Ras al-Hadd della missione archeologica italiana in Oman (foto Unibo)

Planimetria dell’area meridionale dello scavo HD6 a Ras al-Hadd della missione archeologica italiana in Oman (foto Unibo)
“Oggi la missione archeologica italiana dell’università di Bologna nel Sultanato d’Oman”, spiegano al dipartimento dell’Alma Mater, “sta indagando la fascia costiera dalla penisola di Musandam al Dhofar. In particolare le ricerche si sono concentrate nell’area di Ra’s al-Hadd, lungo la costa orientale, con gli scavi nel sito di HD-5 (IV millennio e seconda metà del III millennio) e nel sito dell’antica Età del Bronzo di HD-6 (3000-2700 a.C.). Ad HD-5 nelle ultime campagne di scavo, dirette da Federico Borgi e Elena Maini, sono state messe in evidenza le tracce di comunità di pescatori e raccoglitori che sfruttano gli ambienti costieri, mentre nel secondo lo scavo ha rivelato un complesso abitativo particolarmente significativo per comprendere l’evoluzione tecnologica e sociale che investe la Penisola nei primi secoli del III millennio a.C. Ad HD-6, il nucleo centrale dell’abitato è rappresentato da un complesso architettonico composto da edifici modulari costituiti da ambienti di varie dimensioni, di pianta approssimativamente rettangolare, costruiti con mattoni d’argilla cruda di dimensioni standardizzate. Il periodo principale a cui si riferisce il complesso architettonico è stato suddiviso in tre fasi stratigrafico-strutturali: la Fase I è rappresentata da un nucleo di più limitate dimensioni con edifici costruiti in mattoni molto compatti a matrice sabbiosa; le Fasi II e III sono legate alla costruzione di un muro perimetrale in pietra e di diversi edifici a pianta tripartita costruiti con mattoni d’argilla cruda. Il periodo III coincide con l’abbandono degli edifici e con la formazione di strati carboniosi relativi a tipologie di occupazione più effimere Chiude la sequenza stratigrafica una rioccupazione successiva all’abbandono dell’abitato principale, che consiste in quindici capanne ovali e circolari costruite in pietra a secco. Tra i materiali rinvenuti si segnala una forte presenza di manufatti in metallo (piccoli lingotti, ami da pesca, punte, pugnaletti) ed un’abbondante produzione di elementi ornamentali in pietra e conchiglia. Pressoché assente è la ceramica testimoniata da rarissimi frammenti di vasi presumibilmente importati dall’esterno. Particolarmente significativi sono alcuni forni in argilla a pianta circolare costruiti in prossimità degli edifici e destinati ad attività di trasformazione di prodotti alimentari”.
“La scoperta e le prime indagini compiute nel sito di HD-6 localizzato presso il villaggio di Ra’s al-Hadd”, continuano gli archeologi bolognesi, “hanno permesso di identificare uno dei punti chiave nello studio dell’evoluzione delle popolazioni arabe nella fase della cosiddetta “grande trasformazione”, in cui tra la seconda metà del IV e gli inizi del III millennio, si attivano i processi che porteranno a definire un nuovo tipo di società. Si formano in questa fase le prime oasi, caratterizzate dalla diffusione della palma da dattero e dalla costruzione di sistemi di canalizzazione, e si attiva lo sfruttamento delle miniere di rame che permette di identificare l’Oman come il paese di Magan, noto dalle fonti mesopotamiche. Gli scavi di Ra’s al-Hadd hanno messo in luce un complesso architettonico composto da una piattaforma in pietra e argilla delimitata da un muro perimetrale in pietra e in mattoni di argilla cruda. Alla struttura monumentale, che ospita all’interno numerosi edifici in mattoni di argilla, si associa la costruzione di tombe collettive a tumulo: entrambe le testimonianze archeologiche suggeriscono una struttura sociale costituita da gruppi tribali che vogliono affermare il controllo territoriale e proporsi come attori nello scambio delle risorse marine con i prodotti delle oasi all’interno (principalmente datteri e rame). Gran parte dell’Oman interno è caratterizzato da centinaia di tumuli posti sui crinali e sui bordi dei terrazzi, ben visibili a chi attraversasse il territorio, a dimostrare il prestigio e la ricchezza di queste comunità. In questo ambito un nuovo progetto di ricerca è rivolto all’individuazione e al censimento delle tombe risalenti all’età del bronzo presenti nell’area di Zukayt, presso Izki”.
“La fase successiva (II metà del III millennio a.C.) è documentata dallo scavo del villaggio di Ra’s al-Jins (RJ-2), dove gli scavi hanno messo in luce diversi edifici in mattoni di argilla. In questa fase, nonostante la pesca e lo sfruttamento delle risorse marine siano ancora alla base dell’economia di questo villaggio, è evidente il ruolo che tale centro viene ad assumere nell’ambito degli scambi con le regioni interne dell’Arabia e con i paesi oltremare. Il carattere commerciale dell’abitato di RJ-2 è documentato da evidenze che attestano la navigazione attraverso l’oceano, rappresentate da blocchi di bitume che servivano a rivestire le barche, e dagli unici documenti iscritti costituiti da sigilli in pietra e in rame. La diversa struttura sociale è inoltre evidenziata nelle tombe rinvenute sul terrazzo sovrastante il villaggio: le dimensioni e le ripartizioni interne di grandi tumuli di tipo Umm an-Nar indicano segmenti sociali più estesi con un rituale funerario molto più complesso che comprende la riesumazione e la deposizione delle ossa all’interno di fosse esterne”.
Pronto il calendario del ciclo di incontri “…comunicare l’archeologia…” del gruppo archeologico bolognese: dalla grotta di Fumane agli scavi in Oman a un report sull’Antico Egitto, dal museo Classis alla villa dei mosaici di Spello, dal Lupus Italicus ai Pelasgi
Nove incontri per “…comunicare l’archeologia…”: è quanto si propone il Gruppo archeologico bolognese con il tradizionale ciclo di conferenze del primo semestre 2019 che spazierà dall’arte paleolitica alla paleontologia, dai nuovi musei archeologici ai risultati delle missioni archeologiche in Oman, dai collegamenti transappenninici ai segreti dei pelasgi, prevedendo anche per questa primavera escursioni con visite guidate a grandi mostre archeologiche in collaborazione con Insolita Itinera – Viaggi nella storia e nel paesaggio. Il Gruppo archeologico bolognese, costituito nel 1991, aderisce – lo ricordiamo – ai Gruppi Archeologici d’Italia, in collaborazione con i quali sono promosse campagne di ricerca, scavi e ricognizioni d’interesse nazionale, alle quali è dedicata soprattutto la stagione estiva, in collaborazione con le competenti Soprintendenze Archeologiche. Da anni il Gabo collabora con il museo nazionale Etrusco “Pompeo Aria” di Marzabotto, il museo della Preistoria “Luigi Donini” di San Lazzaro di Savena e il museo della Civiltà Villanoviana (Muv) di Castenaso (Bo). Tutti gli incontri si tengono il martedì alle 21 al centro sociale “G. Costa”, in via Azzo Gardino 48 a Bologna.
Si inizia martedì 12 febbraio 2019, con il prof. Giuseppe Sassatelli, già professore ordinario di Etruscologia e Antichità Italiche all’università di Bologna, come presidente di RavennAntica presenta il nuovo gioiello gestito dalla Fondazione: “Classis-Ravenna: Museo della città e del territorio. Un itinerario archeologico per raccontare la storia” (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2018/11/30/lattesa-e-finita-sabato-1-dicembre-classis-ravenna-museo-della-citta-e-del-terrirorio-scrigno-della-memoria-del-territorio-apre-le-porte-nellex-zuccherificio-impo/). E pochi giorni dopo, sabato 16 febbraio 2019, il Gabo promuove una gita a Classe alla scoperta del nuovo museo, accompagnati dall’archeologa Erika Vecchietti. Il ciclo di conferenze riprende martedì 26 febbraio 2019, con “La grotta di Fumane: sulle tracce degli antenati tra la Valpolicella e i monti Lessini” presentata dall’ archeologa Maria Longhena che sabato 13 aprile 2019 accompagnerà gli appassionati del Gabo in gita a Fumane (Vr).

Il manifesto della mostra “Annibale. Un mito mediterraneo” a Palazzo Farnese di Piacenza dal 16 dicembre 2018 al 17 marzo 2019
Quattro gli incontri in marzo. Martedì 5 marzo 2019, Gabriele Nenzioni, direttore del museo della Preistoria di San Lazzaro di Savena (Bo); Elisabetta Cilli, dei Laboratori di Antropologia Fisica e Dna Antico, dipartimento Beni Culturali dell’università di Bologna (sede di Ravenna), e Davide Palumbo, di Biosfera Itinerari Porretta Terme (Bo), ci faranno scoprire “Il lupo che venne dal freddo: dai reperti dell’ex Cava Filo l’origine del lupo italiano (Canis Lupus Italicus)”. Sabato 9 marzo 2019, viaggio a Piacenza per la mostra “Annibale. Un mito mediterraneo” (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2018/12/11/annibale-un-mito-mediterraneo-a-piu-di-duemila-anni-dalla-disfatta-alla-trebbia-alle-porte-di-piacenza-delle-legioni-romane-ad-opera-dei-cartaginesi-annibale-torna-a-piacenza-co/) con le archeologhe Erika Vecchietti e Maria Longhena. Durante la gita soste a Vigoleno e alla chiesa abbaziale e rotonda di S. Giovanni di Vigolo Marchese. Martedì 12 marzo 2019, l’archeologa Erika Vecchietti illustrerà “La Villa dei Mosaici di Spello” che a fine mese, sabato 30 e domenica 31 marzo 2019 sarà inserita nel programma delle visite della gita a Spoleto e Spello. Martedì 19 marzo 2019, Maurizio Cattani, professore associato all’università di Bologna, docente di Preistoria e Protostoria, presenta “Nuove indagini e ricerche dagli scavi archeologici di UniBo in Oman”. Chiude gli incontri del mese, martedì 26 marzo 2019, Claudio Busi, cultore di storia, documentarista e viaggiatore, con un report di viaggio in Egitto e la proiezione del documentario “I fotografi dei faraoni”.
In aprile, interessato dal lungo ponte di Pasqua-25 Aprile-1° Maggio, due soli incontri: martedì 9 aprile 2019, Giuseppe Rivalta, antropologo, biospeleologo e viaggiatore, percorrerà “Le vie transapenniniche nell’antichità”. E martedì 16 aprile 2019, si affronta “La questione pelasgica. Le mura ciclopiche nel Lazio meridionale”, con l’archeologa Erika Vecchietti, che poi accompagnerà il gruppo alla scoperta del Lazio meridionale nel viaggio prevista dal 18 al 23 giugno 2019. Il ciclo “…comunicare l’archeologia…” del primo semestre 2019 chiude martedì 14 maggio, con l’archeologa Daniela Ferrari che intratterrà il pubblico su “I colori del potere”.
All’Antico Porto di Classe (Ra) la terza edizione del Festival del Cinema archeologico di Ravenna – Premio “Olivo Fioravanti”: tre serate con conversazioni e film
Tutto è pronto all’Antico Porto di Classe (Ra) per la terza edizione del Festival del Cinema Archeologico di Ravenna – Premio “O. Fioravanti” in programma dal 7 al 9 agosto 2018: tre conversazioni, sei film selezionati da Dario Di Blasi dall’archivio di Firenze Archeofilm, voce narrante Davide Sbrogiò, edizioni video Fine Art produzioni S.r.l-Augusta (SR), traduzioni a cura di Gisella Rigotti, Stefania Berutti, Carlo Conzatti. Tre serate a ingresso libero, con inizio sempre alle 21. L’evento è organizzato da Parco Archeologico di Classe, Fondazione RavennAntica, Porto di Ravenna, Archeologia Viva.

Il film “Enquêtes archéologiques. Persépolis, le paradis perse / Indagini archeologiche. Persepoli, il paradiso persiano” di Angès Molia, Raphaël Licandro
Martedì 7 agosto 2018, il festival apre con la prima conversazione. Pierfrancesco Callieri, professore di Archeologia e Storia dell’Arte dell’India e dell’Asia Centrale all’università di Bologna, interviene su “Le recenti scoperte a Persepoli”. Alle 21.30, al via le proiezioni: “Le acque segrete di Palermo” di Stefania Casini (Italia, 52’). Palermo cela nelle sue viscere un affascinante segreto: i qanat. Canali sotterranei scavati dall’uomo che raccolgono acque sorgive: le acque segrete di Palermo. Un sorprendente incrocio di culture aveva fatto di Palermo la capitale del Mediterraneo, dove l’acqua era la grande ricchezza di cui restano le tracce visibili nelle architetture, nella toponomastica, nella organizzazione urbanistica e nelle tecniche di ripartizione e gestione. Il documentario svela fra storia, scienza e leggenda le vie segrete dell’acqua. “Enquêtes archéologiques. Persépolis, le paradis perse / Indagini archeologiche. Persepoli, il paradiso persiano” di Agnès Molia et Raphaël Licandro (Francia, 26’). Sugli altopiani iraniani vi è la culla di una delle più grandi civiltà di costruttori dell’antichità: i Persiani, che ci hanno lasciato un capolavoro di architettura, Persepoli. Finora si pensava che il sito fosse limitato alla sua imponente terrazza, utilizzata dai re persiani qualche mese all’anno. Ma recenti scoperte rivelano un volto del tutto diverso di Persepoli, quello di una delle città più opulente del mondo antico: un Eden sulle montagne.
Mercoledì 8 agosto 2018, seconda giornata, apre la conversazione con Federica Guidi, archeologa del museo civico Archeologico di Bologna su “Lo sviluppo delle città romane”. Alle 21.30, le proiezioni: “Marly, le Chateau disparu du Roi Soleil / Marly, il castello scomparso del Re Sole” di Laurent Marmol e Fèdèric Lossignol (Francia, 52’). Nel maggio 2015 nuovi scavi archeologici condotti da Annick Heitzmann e Bruno Bentz nella tenuta di Marly, vicino a Versailles, mirano a individuare, all’interno dei resti delle stanze al piano terra e degli interrati, tracce della vita e della storia di questa meraviglia architettonica. Qui Luigi XIV passava il tempo con famiglia e amici, lontano dagli sfarzi di Versailles. Un’occasione unica per scoprire la storia di una residenza reale dall’architettura unica e ricostruire la vita privata del Re Sole. “Roma Outside Rome” di Alessandro Furlan, Pietro Galifi, Stefano Moretti (Italia, 20’). Cinque importanti siti archeologici romani in Italia, al di fuori delle Mura Aureliane, ricostruiti in computer grafica 3D: Mutina (Modena) romana, Ostia antica e il Porto di Traiano, la Basilica Costantiniana di Aquileia, la Domus di Colombarone nel Parco Regionale Naturale del Monte San Bartolo (Pesaro), il Foro di Brixia (Brescia).

Il film “A la Dècouverte du Temple d’Amenhophis III / Alla scoperta del tempio di Amenhophis III” di Antoine Chènè
Giovedì 9 agosto 2018, serata finale aperta dalla conversazione con Maurizio Cattani, professore di Preistoria e protostoria all’università di Bologna, su “Le ultime scoperte in area romagnola”. Alle 21.30, le proiezioni. “A la Dècouverte du Temple d’Amenhophis III / Alla scoperta del tempio di Amenhophis III” di Antoine Chènè (Francia, 54’). A Luxor, i colossi di Memnone, sulla riva sinistra del Nilo, segnavano l’ingresso di quello che era il più grande tempio mai costruito da un faraone: quello di Amenophis III. Dall’inizio degli anni 2000, un team internazionale guidato da Hourig Sourouzian, un egittologo specializzato in sculture faraoniche, ridona vita a questo tempio di cui ben poche vestigia erano visibili oltre ai due colossi di Memnone. “El Reino de la Sal. 7000 Años de Hallstatt / Il regno del sale. 7000 anni di Hallstatt” di Domingo Rodes (Spagna, 23’). Hallstatt è un piccolo villaggio situato sulle sponde dell’Hallstatter See, nel cuore delle Alpi austriache. Da tempi immemori, la sua esistenza è legata allo sfruttamento, continuato nei secoli, delle miniere di sale scavate in queste montagne. In ogni caso è stata la sua importanza per la preistoria europea a portare fama e notorietà mondiale ad Hallstatt e a far sì che meritasse di essere dichiarata Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’UNESCO nel 1997. Alla fine della proiezione si assegna il Premio “Olivo Fioravanti” al film più gradito al pubblico.
“…nel sotterraneo Mondo. La frequentazione delle grotte in Emilia-Romagna tra archeologia, storia e speleologia”: a Brisighella raccolti in un volume gli atti del convegno di ottobre
Geologi, archeologi, antropologi, speleologi, archeozoologi e archeobotanici si sono confrontati a tutto campo a Brisighella sulla frequentazione delle grotte in Emilia-Romagna: il fascino emanato dal mondo incontaminato e in apparente equilibrio delle grotte trova nuovi spunti di interesse dalla frequentazione speleologica e dalla conoscenza delle testimonianze archeologiche che nelle varie epoche le società umane hanno lasciato all’interno di tali luoghi. Due giorni di convegno, nell’ottobre 2017, che hanno fornito nuovi percorsi e opportunità alla valorizzazione del territorio (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2017/10/01/archeologia-storia-e-archeologia-nelle-grotte-dellemilia-romagna-convegno-e-mostre-a-brisighella-ra/). Sono passati pochi mesi e quei lavori sono stati raccolti nel volume “…nel sotterraneo Mondo. La frequentazione delle grotte in Emilia-Romagna tra archeologia, storia e speleologia” a cura di Paolo Boccuccia, Rossana Gabusi, Chiara Guarnieri e Monica Miari, che sarà presentato venerdì 6 aprile 2018, alle 17.30, nel municipio di Brisighella (Ra). Ingresso libero. Intervengono: Davide Missiroli, sindaco di Brisighella; Massimiliano Costa, direttore Parco regionale della Vena del Gesso Romagnola; Massimo Ercolani, presidente Federazione Speleologica Regionale dell’Emilia-Romagna; Paolo Boccuccia, Rossana Gabusi, Chiara Guarnieri, Monica Miari, soprintendenza Archeologia, belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara; Maurizio Cattani, docente di Preistoria e protostoria all’università di Bologna. Conclude: Manuela Rontini, consigliere regionale, presidente Commissione Territorio, Ambiente, Mobilità. L’iniziativa è promossa da soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini; soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara; federazione Speleologica Regionale dell’Emilia-Romagna; parco regionale della Vena del Gesso Romagnola e Comune di Brisighella, con il patrocinio dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria.
Nella storia dell’uomo le grotte hanno sempre costituito un ambiente del tutto particolare: dall’assidua frequentazione nel periodo preistorico (con svariati utilizzi, abitazione, ricovero temporaneo o luogo di sepoltura), a una connotazione più prettamente religiosa dalla protostoria all’età romana, fino al rispetto sacrale (e talora magico) di cui erano ammantate in età medievale. Dal punto di vista archeologico, lo studio delle grotte si è intrecciato fin dall’Ottocento con le ricerche geologiche e ancor più speleologiche, contribuendo a perfezionare il metodo stratigrafico ormai imprescindibile anche in campo archeologico. Compito delle Soprintendenze è identificare i siti che conservano depositi archeologici e provvedere alla loro tutela; altrettanto importante sarebbe realizzare un sistema di controllo che le protegga dalle manomissioni di clandestini o persone non attrezzate per la ricerca archeologica e magari, dove possibile, valorizzarle.

A Brisighella il convegno “Frequentazione delle grotte in Emilia-Romagna tra archeologia, storia e speleologia”
Curato dagli archeologi di SABAP-BO Paolo Boccuccia, Rossana Gabusi, Chiara Guarnieri e Monica Miari, il volume “…nel sotterraneo Mondo. La frequentazione delle grotte in Emilia-Romagna tra archeologia, storia e speleologia” pubblica gli atti dell’omonimo convegno di Brisighella del 6 e 7 ottobre 2017. Raccogliendo le testimonianze, gli studi e i dati più recenti di geologi, archeologi, antropologi, speleologi, archeozoologi e archeobotanici sulla frequentazione delle grotte in Emilia-Romagna, l’opera riflette sul rapporto intercorso nei secoli tra l’uomo e le grotte dando conto del lavoro svolto dagli speleologi nelle grotte dei Gessi reggiani, bolognesi e nella Vena del Gesso romagnola e diventando quindi valido strumento di lavoro per chiunque intendesse avvicinarsi a questo argomento. Il volume fa parte della collana DEA, Documenti ed Evidenze di Archeologia, curata dalla soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara.































Commenti recenti