Napoli. Atmosfere natalizie al museo Archeologico nazionale: mostra “Il Presepe cortese”, libro “Il Presepe”, presepe continuum su Carlo III di Borbone. E campagna promozionale di abbonamento al Museo. Giulierini: “Raccontiamo l’arte presepiale con un nuovo spirito di comunicazione”

Atmosfere natalizie al museo Archeologico nazionale di Napoli con la mostra “Il Presepe cortese” (foto valentina cosentino)
Atmosfere natalizie al museo Archeologico nazionale di Napoli. Dal 1° dicembre 2022 al 31 gennaio 2023, in tre sale limitrofe alla sala della Meridiana, la mostra “Il Presepe cortese”: i primi due ambienti ospitano un video immersivo, che permette al visitatore di entrare letteralmente nelle scene e nelle architetture del presepe di Carlo, mentre l’ultimo spazio è riservato a pezzi da collezione di pastori settecenteschi. Mercoledì 7 dicembre 2022, alle 11.30, in auditorium, prima presentazione napoletana del libro “Il Presepe” (Il Mulino Edizioni) di Elisabetta Moro e Marino Niola. E a seguire, inaugurazione del presepe continuum del Mann, realizzato dall’Associazione presepistica napoletana: l’edizione 2022, allestito nelle sale della Villa dei Papiri, è dedicato alla figura di Carlo III di Borbone.

Il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi e il direttore del Mann Paolo Giulierini alla inaugurazione della mostra “Il Presepe cortese” al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto valentina cosentino)
Mostra “Il Presepe cortese”. Tradizione e multimedialità si incontrano per raccontare il presepe napoletano del Settecento: si parte, virtualmente, dalla corte di Carlo III di Borbone, sovrano promotore di una “moda” che, nei secoli, sarebbe diventata arte, tradizione, folclore. “Il presepe cortese”, commenta il direttore del Mann, Paolo Giulierini, “è un’iniziativa di altissimo profilo culturale, perché sublima la grande arte presepiale con uno spirito contemporaneo di comunicazione. Questa esperienza immersiva è un vero e proprio atto d’amore per un mondo che vale il riconoscimento UNESCO”.

Particolarmente coinvolgente l’allestimento multimediale della mostra “Il Presepe cortese” al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto valentina cosentino)
Curato da Fabrizia Fiore (presidente associazione “Il miracolo di Carlo III”), l’allestimento multimediale è realizzato dall’architetto Marco Capasso e dal suo studio creativo: anche grazie alle musiche evocative di Antonio Fresa, il pubblico riesce a scoprire, in dettaglio, i personaggi, le storie e i significati simbolici del “grande teatro” rappresentato dal presepe settecentesco. In questo viaggio suggestivo, che intreccia i termini del sacro e del profano, sono molteplici i riferimenti storici da approfondire: dal dinamismo di Carlo di Borbone, che lanciò la “nouvelle vague” presepiale al fermento di una capitale europea come Napoli, vero e proprio baluardo per gli intellettuali di tutto il mondo.

Alla mostra “Il Presepe cortese” al Mann esposti pezzi da collezione (foto valentina cosentino)
L’esposizione si conclude con una carrellata di pezzi collezionistici che sono imperdibili, per gli intenditori e non solo: una “Natività” di Giuseppe Sanmartino, appartenente alla collezione Accardi; un Oste di Nicola Somma (la statuetta, con la sua espressione arcigna e il porro sulla fronte, simboleggia nel presepe il Demonio, perché nel racconto evangelico fu proprio l’oste a cacciare la Madonna e San Giuseppe, costringendoli a rifugiarsi in una stalla); un nobile di Salvatore Di Franco, in abito tipico del Settecento in velluto e seta di San Leucio, con bottoni in filigrana d’argento alla catalana, rappresenta la variegata società del tempo; un nobile orientale, con cane, di Matteo Bottiglieri (nel gruppo è raffigurato il Corteo dei Magi in omaggio alle ambasciate del Sultano Ottomano e del Bey di Tripoli che, in visita a Napoli tra il 1740 e 1741, destarono lo stupore della popolazione e, per questo, furono inserite nel Presepe).
L’evento “Il Presepe cortese” inaugura la programmazione natalizia del Museo: come da tradizione, riparte anche la campagna di abbonamento annuale OpenMANN. Dal 4 dicembre 2022 all’8 gennaio 2023, è possibile acquistare la card a prezzi promozionali: 19 euro per adulto; 34 per coppie (due adulti over 25 anni + minorenni); 4 per opzione Academy (studenti universitari o iscritti alle scuole di specializzazione, senza limiti di età). OpenMANN permette di accedere illimitatamente a collezioni permanenti ed esposizioni dell’Archeologico per 365 giorni dalla data di prima attivazione: chi si abbona presso la biglietteria dell’Istituto ha anche un piccolo cadeau.
Il libro “Il Presepe” (Il Mulino Edizioni) di Elisabetta Moro e Marino Niola viene presentato per lo “Scaffale del Mann”, come si diceva, in auditorium, mercoledì 7 dicembre 2022, alle 11.30, dal direttore Paolo Giulierini che dialoga con gli autori. Il presepe è la Buona Novella che diventa presente. È la Natività che rinasce. E ogni anno si fa storia viva. Universale e locale. Perché ogni paese ne fa lo specchio di sé stesso. Il presepe francescano rappresenta la Natività, il presepe napoletano rappresenta l’umanità; e per questo ha conquistato l’immaginario globale, ed è amato da credenti e non credenti. Perché la versione partenopea della nascita di Gesù è un teatro della devozione dove si fondono e si confondono sacro e profano. E dove, in pochi centimetri quadrati di sughero e cartapesta, si raduna una straboccante folla multicolore e multietnica: pastori, mercanti, suonatori, venditori ambulanti, osti, lavandaie, cuoche, contadine, tessitrici, balie, re neri, visir ottomani, schiavi nubiani. Cui anno dopo anno si aggiungono personaggi dell’attualità. Risultato, una storia infinita e sorprendente, nella quale alla viva voce degli autori si sovrappone il racconto di testimonial eccellenti. Viaggiatori, artisti, scrittori, teologi e anche Papa Francesco che, in una lettera ai fedeli, esorta le famiglie a continuare questa tradizione che si può considerare un Made in Italy della religione.
Bologna. Per il ciclo “…comunicare l’archeologia…” del gruppo archeologico bolognese conferenza di Marco Peresani (università di Ferrara) su “Come eravamo. L’Italia nel Paleolitico”

L’antropologo Marco Peresani dell’università di Ferrara

Copertina del libro “Come eravamo. Viaggio nell’Italia paleolitica”
Chi abitò l’Italia nel Pleistocene? A questa domanda cercherà di rispondere il prof. Marco Peresani, archeologo e antropologo dell’università di Ferrara, martedì 15 novembre 2022, alle 21, al Centro sociale ricreativo culturale “Giorgio Costa”, via Azzo Gardino 48 (BO) nella conferenza “Come eravamo. L’Italia nel Paleolitico”, nuovo appuntamento del ciclo “…comunicare l’archeologia…” del Gruppo archeologico bolognese. Archeologi e antropologi – si legge nella presentazione del libro “Come eravamo. Viaggio nell’Italia paleolitica” di Marco Peresani (Il Mulino edizioni) – hanno esplorato il territorio dalle Alpi alla Sicilia, sulle tracce dei primi ominini che popolarono la nostra penisola. Nella nuova edizione, aggiornata agli ultimi ritrovamenti in Bassa Maremma e nella Grotta della Bàsura a Toirano, Peresani ci guida alla scoperta di focolari, attrezzi e armi in pietra scheggiata, ossa animali, elementi di adorno, sepolture umane. Visita grotte e ripari, sale montagne e si riposa su antiche pianure alluvionali, giunge fino al mare. Peresani raccoglie tutti gli indizi per ricostruire la vita, il rapporto con l’ambiente, la cultura dei cacciatori-raccoglitori che siamo stati, a partire da oltre un milione di anni fa.
Natale di Roma. Al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia presentazione del libro “Il grande racconto di Roma Antica e dei suoi sette Re” di Giulio Guidorizzi che invita a seguire i primi passi di una civiltà destinata a conquistare l’abbagliante titolo di Caput Mundi
In occasione del Natale di Roma 2022, il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma ospita la presentazione del volume “Il grande racconto di Roma Antica e dei suoi sette Re” (Il Mulino) di Giulio Guidorizzi con Arianna Ghilardotti. Appuntamento giovedì 21 aprile 2022, alle 17, nella sala della Fortuna. Presentano il volume Valentino Nizzo, direttore del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia; Sabrina Alfonsi, assessore all’Agricoltura, Ambiente e ciclo dei rifiuti di Roma Capitale. Sarà presente l’autore. Prenotazione obbligatoria all’indirizzo 21aprile@anticoemoderno.org. Per partecipare all’evento è necessario il Super Green Pass e la mascherina FFP2.

Copertina del libro “Il grande racconto di Roma antica e dei suoi sette re” di Giulio Guidorizzi
Giulio Guidorizzi dischiude, con garbata sapienza, un mondo prodigioso, e ci invita a seguire i primi passi di una civiltà destinata a conquistare l’abbagliante titolo di Caput Mundi. “Infine Enea arrivò a quella terra d’Italia che è chiamata Laurento, dal nome dell’alloro, su cui regnava Latino… Quello era dunque il luogo che il fato indicava per fondare una città”, Origine del popolo romano, 10-11. Favolosi, intemporali: ogni città ha i suoi miti di fondazione, costellati di profezie e oracoli, il suo parterre di eroi. I Romani, che pure attingono a piene mani dalla mitologia greca – appena cambiando i nomi: Ermes/Mercurio, Atena/Minerva, Herakles/Ercole… –, dispongono di un ampio repertorio di racconti autoctoni, che parlano delle origini del loro popolo. Vi si narra di ninfe dei boschi; del fondatore Enea, straniero e designato; dei gemelli abbandonati Romolo e Remo, della lupa che li allattò; del pastore Faustolo che li raccolse; di un fratricidio, a ricordarci che gli albori scontano sempre un atto barbarico; di una serie di re, Romolo appunto e i restanti sei. Tra mito e storia, accanto agli eroi entrano in scena le donne, con il ratto delle Sabine, la sventurata Tarpea, Egeria che dettò le leggi a Numa, Lucrezia e il suo nobile senso dell’onore, le vestali, Clelia e le giovani romane. Un mondo prodigioso, quello che Giulio Guidorizzi dischiude con garbata sapienza, invitandoci a seguire i primi passi di una civiltà destinata a conquistare l’abbagliante titolo di Caput Mundi.

Il prof. Giulio Guidorizzi
Giulio Guidorizzi ha insegnato Letteratura greca e Antropologia del mondo antico nelle università di Milano e Torino. Tra i suoi numerosi libri segnaliamo: per il Mulino “La trama segreta del mondo. La magia nell’antichità” (2015), “Il grande racconto della guerra di Troia” (2018) e “Sofocle, l’abisso di Edipo” (2020); per Einaudi “Enea, lo straniero” (2020); per Cortina “Il mare degli dei” (con S. Romani, 2021).
Cultura in lutto. Alla vigilia di Natale si è spenta a 65 anni nella sua Venezia la professoressa iranista e islamologa Anna Vanzan, un’orientalista innamorata dell’Iran e della sua cultura

“Il volo dell’Austrian Airlines si abbassa verso Teheran mentre la voce della hostess ricorda alle passeggere di coprirsi il capo in osservanza alle regole della Repubblica islamica d’Iran. Una ragazza Iraniana si sistema il foulard intorno al viso sussurrando: lo odio…” Si apre così il libro “Diario persiano. Viaggio sentimentale in Iran” (2017), il diario di viaggio di Anna Vanzan, un’orientalista innamorata dell’Iran e della sua cultura. Quel libro, tra le decine scritte dalla nota iranista e islamologa veneziana (senza contare le traduzioni di opere che illuminano sull’Iran e l’Islam e che altrimenti sarebbero rimaste a noi sconosciute), è un po’ il manifesto del suo approccio alle culture, alla storia, all’arte, alla popolazione: una lettura rigorosa e disincantata, lontana dagli stereotipi, fatta dal di dentro, vivendo in quei luoghi, condividendone la lingua, stringendo rapporti culturali, studiandone profondamente la storia nel divenire e nei secoli. Anna Vanzan si è spenta, nel silenzio, la vigilia di Natale 2020, nella sua Venezia dove era nata 65 anni fa. Laureata in lingue orientali a Ca’ Foscari, Anna Vanzan si era occupata dei Paesi islamici e in particolare di donne e di genere. Aveva anche un dottorato in studi sul Vicino Oriente ottenuto all’università di New York. Ha insegnato in atenei italiani e stranieri, da ultimo all’università Ca’ Foscari di Venezia. Redattrice della rivista Afriche & Orienti, ha collaborato con testate giornalistiche e programmi radiofonici nazionali e esteri. È stata autrice di numerosi articoli pubblicati in riviste italiane e internazionali. Traduttrice di letteratura persiana contemporanea, nel 2017 ricevette dal ministero della Cultura (MIBACT) il premio alla carriera per opera traduttiva e diffusione della cultura persiana in Italia.

La copertina del libro “Diario persiano. Viaggio sentimentale in Iran” di Anna Vanzan (2017, Il Mulino)
Quando nel 2017 ha scritto il suo personale “Diario persiano”, ha tratteggiato un affresco dell’Iran, da cui esce un Paese ben diverso da quello usuale, cioè un Paese chiuso e reazionario, che vuole le donne sempre strette nel loro nero chador. “La società iraniana”, scriveva, “che nel pubblico finge sottomissione al regime, nel privato conduce una vita assai libera, tra feste, divertimenti notturni e una certa disinvoltura sessuale”. Anna Vanzan ha descritto l’Iran con le sue contraddizioni quotidiane, entrando nelle case, incontrando persone che svelano una realtà multiforme e straordinaria, inaspettatamente vicina ma ancora sfuggente allo sguardo occidentale. In quell’Iran, che avevo avuto modo di conoscere negli anni, mi sono ritrovato. Dalla fine degli anni ’90 del secolo scorso, infatti, ho frequentato spesso persone e luoghi dell’Iran per raccogliere materiale con l’obiettivo di scrivere, insieme con altri amici archeologi ed esperti italiani e iraniani, quella che sarebbe diventata la prima guida archeologica sui “Tesori di Persia” scritta in italiano e non traduzione da un’opera straniera. Fu in quell’occasione che ebbi modo di conoscere la professoressa Anna Vanzan. Non era archeologa, è vero, ma i suoi consigli, i suoi contatti, le sue indicazioni storiche, sociologiche, linguistiche, furono preziosissime. E comunque non disdegnava digressioni sull’Antica Persia. “Presentare la civiltà dell’Iran preislamico”, scriveva nel suo Diario persiano, “significa soprattutto sottolineare la grande continuità culturale che ha caratterizzato questo Paese, ancora oggi diviso in numerose etnie (azeri, baluci, arabi, curdi e altri), parlante diverse lingue (il persiano è la lingua madre soltanto di una minoranza) e professante svariate religioni, visto che accanto alla maggioranza sciita convivono anche sunniti, ebrei, armeni e altri cristiani. Ma, più ancora, significa illustrare le ragioni per cui oggi gli iraniani si sentono comunque tutti eredi di Ciro e profondamente iraniani: vale a dire, secondo l’accezione originale del termine, nobili, buoni”.
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