Alla Bit di Milano presentata la XX edizione della Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico (26-29 ottobre 2017): in apertura alla presenza del segretario generale dell’Unwto il convegno sul turismo sostenibile per lo sviluppo dei siti archeologici a iniziare dal Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco

La presentazione della XX edizione della Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico alla Bit di Milano
Diecimila visitatori e 100 espositori di cui 20 Paesi Esteri; e poi prestigiosi patrocini dal ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo all’Unesco, dall’Unwto all’Iccrom, al ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale; e ancora: opportunità di business per gli operatori turistici con il Workshop tra la domanda estera selezionata dall’Enit e l’offerta del turismo culturale: ecco in sintesi la nuova edizione, la XX, della Borsa Mediterranea del Turismo archeologico (Bmta), in calendario dal 26 al 29 ottobre 2017 nell’area archeologica della città antica di Paestum, presentata nei giorni scorsi a Milano alla Borsa internazionale del Turismo (Bit). “I 20 anni della Bmta rappresentano un momento importante per tutto il Sud Italia”, sottolinea Francesco Palumbo, direttore generale Turismo del MiBACT, “una destinazione con ancora pochi flussi turistici rispetto alle grandissime potenzialità. I beni archeologici, quando ben gestiti e ben valorizzati, possono essere veramente l’elemento distintivo che attira i turisti, soprattutto se si riesce a offrire un prodotto innovativo. Proprio qui alla Bit ho avuto modo di parlare con le delegazioni russa e cinese di quanto sia attrattiva per i loro territori la Magna Grecia, il cui patrimonio archeologico è presente in tutte le regioni del Sud. La Borsa di Paestum, quindi, può e deve continuare a sviluppare temi importanti, su cui ragionare tutti insieme”.
Tra le autonomie amministrative e gestionali volute dalla Riforma Franceschini rientra il Parco Archeologico di Paestum, sede della Bmta, affidato alla direzione del giovane archeologo tedesco Gabriel Zuchtriegel. “Paestum sta vivendo una stagione particolarmente fortunata per qualità ed originalità delle iniziative e delle progettualità”, conferma Alfonso Andria, consigliere di amministrazione del Parco Archeologico di Paestum, “esprimendo eccellente capacità di relazione con le Istituzioni e con il territorio, raggiungendo la potenziale utenza nazionale e internazionale soprattutto grazie all’efficace comunicazione che il direttore Zuchtriegel personalmente cura attraverso una presenza capillare sui media e il sapiente utilizzo dei social“. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti: l’incremento nel 2016, rispetto al dato dell’anno precedente, del 27% dei visitatori e del 46% degli introiti da biglietti di ingresso all’area archeologica e al museo Archeologico nazionale; la risposta di diverse aziende private a seguito di un’azione di fundraising attivata circa un anno fa che ha portato frutti insperati in termini di finanziamento di borse di studio per attività di scavo e di restauro, di interventi di arredo e di adeguamento dello spazio espositivo e, prima tra tutti in ordine di tempo, della ristrutturazione della sala “Mario Napoli” in cui è esposta la Tomba del Tuffatore. “In questo clima – continua Andria – si colloca la ventesima edizione della Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico, che vede il Parco tra i più convinti sostenitori e protagonisti. Del resto fin da subito la Borsa di Paestum, di cui accompagnai le prime edizioni in quanto all’epoca presidente della Provincia di Salerno, si è caratterizzata per la peculiarità e l’unicità del riferimento al turismo archeologico, articolandosi non soltanto come vetrina espositiva e come luogo di commercializzazione dell’offerta in quel particolare ambito, ma anche in relazione ai contenuti culturali di convegni e workshop per i quali il direttore Ugo Picarelli riesce ad avvalersi dell’apporto di eminenti personalità della Comunità scientifica internazionale”.
Il programma della ventesima edizione ospiterà prestigiose iniziative, tra cui l’anteprima dell’Anno Europeo del Patrimonio Culturale indetto dalla Commissione Europea per il 2018 e il convegno “Il turismo sostenibile per lo sviluppo dei siti archeologici mondiali” a cura dell‘Organizzazione Mondiale del Turismo delle Nazioni Unite (Unwto): infatti, il segretario generale Unwto, Taleb Rifai, che più volte ha inaugurato la Borsa, ha voluto dare grande attenzione al 20° anniversario, organizzando un incontro sul turismo sostenibile quale strumento per la salvaguardia e la promozione dei siti archeologici. All’iniziativa, che si inserisce nell’ambito dell’Anno Internazionale del Turismo Sostenibile per lo Sviluppo dichiarato dall’Onu per il 2017, sono stati invitati Dario Franceschini, ministro dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo; Lina Annab, ministro del Turismo e delle Antichità della Giordania; Amin Abdulkedir, ministro della Cultura e del Turismo dell’Etiopia; Magali Silva, ministro del Commercio estero e del Turismo del Perù; Thong Khon, ministro del Turismo della Cambogia. I siti Unesco rappresentati (Pompei, Petra, Aksum e Tiya, Machu Picchu, Angkor Wat) esprimono al meglio le potenzialità del patrimonio archeologico per lo sviluppo locale e l’occupazione. “Un’operazione importante, oltre al valore scientifico garantito dalle ricerche e dalle tavole rotonde a cui partecipano gli esperti del settore, anche da un punto di vista politico al fine di fondere sempre di più tradizioni e patrimoni comuni dei Paesi del Mediterraneo”, interviene Francesco Caruso, consigliere ai Rapporti internazionali e all’Unesco del Presidente della Regione Campania. E continua: “La Regione Campania, che realizza uno sforzo di sistema nella valorizzazione del suo patrimonio culturale rappresentato da sei siti Unesco più i due immateriali, appoggia e sostiene tradizionalmente la Borsa che, curando entrambi gli aspetti, scientifico e politico, e considerato il periodo che stiamo vivendo, si conferma un evento di cui si avverte il bisogno”.

Il direttore della Borsa mediterranea del turismo archeologico, Ugo Picarelli, con il segretario generale dell’Unwto, Taleb Rifai
Particolarmente soddisfatto ed emozionato il direttore della Bmta, Ugo Picarelli, nel suo intervento alla Bit: “Raggiungere il traguardo dei 20 anni è un risultato straordinario soprattutto per l’unanime riconoscimento internazionale che l’evento è stato capace di ricevere. Il merito va agli enti che hanno sostenuto la felice intuizione, in primis la Provincia di Salerno, che nel 1998 lanciò l’evento, e la Regione Campania che negli ultimi anni ne ha raccolto il testimone assicurandone la continuità, e ricordando l’impegno della amministrazione comunale di Capaccio Paestum che si è assunta l’onere di assicurare le spese logistiche quando la Borsa nel 2013 ha scelto il Parco Archeologico quale sua location attuale. La presenza di Taleb Rifai segretario generale dell’Unwto all’apertura della Borsa darà ampio risalto internazionale oltre all’inserimento dell’evento nel programma ufficiale dell’Anno Internazionale del Turismo Sostenibile indetto dall’Onu nel 2017. La recente riforma del MiBACT, poi, ha reso ancora più sinergico ed efficace il rapporto con il Parco Archeologico, senza nulla togliere alla preziosa collaborazione dei soprintendenti succedutisi”.
Giordania. A Petra, dove si pensava ci fosse il mercato, scoperti una piscina monumentale e un grande giardino irrigato artificialmente. L’archeologa Bedal: i Nabatei idearono un complesso sistema per raccogliere e conservare l’acqua piovana e sfruttare le sorgenti in collina
A Petra in un anno cadono dai 10 ai 15 centimetri di pioggia: una spruzzata, niente più. Eppure nella città gioiello dei Nabatei, oasi immersa nel deserto giordano, all’incrocio di due importanti vie commerciali (una che collegava il mar Rosso a Damasco; l’altra il golfo Persico con Gaza, sulle sponde del Mediterraneo), duemila anni fa non solo i suoi abitanti potevano permettersi una fornitura costante di acqua potabile, ma potevano pure permettersi di “sprecarla” per celebrare la grandezza dei suoi regnanti. Lo prova il ritrovamento di un giardino monumentale irrigato artificialmente e di un’enorme piscina, risalenti a duemila anni fa. La straordinaria scoperta del settembre scorso è stata fatta dall’archeologa americana Leigh-Ann Bedal, che dal 2015 dirige la missione archeologica a Petra in Giordania nell’ambito del progetto Petra Garden and Pool Complex.
“Nel corso del XX secolo”, ricorda l’archeologa americana, “una vasta area del centro di Petra si credeva essere il sito del mercato della città. Questa ipotesi si basava sul fatto che eravamo di fronte a un grande spazio aperto privo di costruzioni in una città dalle grandi tradizioni commerciali”. Sebbene Petra sia stata oggetto di indagini archeologiche per più di un secolo, i “mercati” sono rimasti inesplorati mentre l’attenzione è stata focalizzata sulle tombe, i templi, le chiese, la strada colonnata e la porta ad arco, le cui rovine dominano il paesaggio della città antica. “Nel 1998”, continua Bedal, “un sondaggio preliminare e il successivo scavo del cosiddetto mercato più basso, ha rivelato i resti di una piscina monumentale (43 x 23 m; 2,5 m di profondità) con isola-padiglione. In connessione con la piscina sono stati trovati i resti di un sistema idraulico elaborato – canali, tubazioni e un serbatoio di diversione (castellum) – che trasportavano l’acqua dalla sorgente di Ein Brak sulle colline circostanti alla piscina e irrigava la grande terrazza. Questa combinazione di caratteristiche ricreative e idrauliche ha portato alla teoria che la terrazza sia stato il sito di un giardino. Giardini simili accanto a una piscina sono noti nei complessi del coevo palazzo di Erode il Grande della vicina Giudea. Il complesso giardino e piscina di Petra è l’unico esempio di giardino nabateo noto nella documentazione archeologica, ed è uno dei pochi luoghi antichi di giardino da scavare o studiare nella regione”.
Anche se nel 1998 gli scavi avevano rivelato molto sulla piscina e le caratteristiche idrauliche situate nella parte meridionale del sito, la natura della terrazza (65 m x 53 m), ipoteticamente il sito di un giardino coltivato, è rimasta un mistero. E soprattutto sono rimaste molte le domande senza risposte. Qual è stato il disegno complessivo della terrazza giardino? Come era articolato il giardino? C’erano cioè padiglioni, fontane, vasche, percorsi? Quali specie di piante erano coltivate in un giardino nabateo? Quali tecniche di irrigazione sono state utilizzate? Come è stato coltivato? Come è cambiato il giardino nel tempo? L’indagine archeologica del sito con il nuovo progetto è chiamata a dare negli anni le risposte.
Intanto si è capito come gli ingegneri nabatei fossero riusciti a mettere a punto un complesso sistema per l’irrigazione (canali, tubazioni in ceramica, cisterne sotterranee e serbatoi che servivano a filtrare l’acqua) che raccoglieva l’acqua piovana e la conservava in centinaia di cisterne sotterranee, assicurando così agli abitanti una fornitura continua di acqua potabile e permetteva loro di coltivare, produrre vino e olio d’oliva e costruire un sontuoso giardino monumentale con una piscina a cielo aperto in mezzo al deserto. La piscina monumentale fu realizzata intorno I secolo a.C., ma già dal secolo precedente la costruzione di piscine era iniziata a diventare di tendenza. “L’architettura monumentale della piscina e il giardino verdeggiante celebravano visivamente il successo dei Nabatei nel fornire acqua alla città”, sintetizza Leigh-Ann Bedal. “L’opera dimostra che l’acqua veniva anche sprecata per propaganda politica. Per celebrare, insomma, la ricchezza del popolo dei Nabatei. Questa scoperta, però, precisa l’archeologa, può aiutarci a capire come meglio gestire e manipolare il sistema idrico e la scarsità di acqua: sappiamo che il tema dell’acqua sarà centrale e che le prossime battaglie tra popoli avranno questa risorsa quale motivo principale”.
Giordania. A maggio nel siq di Petra è caduto un masso di 10 tonnellate: l’evento era stato previsto da un algoritmo ideato all’università di Firenze

Il siq di Petra, un canyon scavato nell’arenaria con rocce instabili: ora si può prevedere lo stacco dei massi
L’avevano previsto. Ed è successo alla fine di maggio. Calcolato nella tempistica ad altissima precisione come si trattasse di un’eclisse, l’ammaraggio di una navicella spaziale o il passaggio di una cometa. Ma stavolta non si è trattato di calcolare un fenomeno astrale, bensì il distacco di un grande masso, di un blocco di roccia di oltre 10 tonnellate che incombeva su una via di transito speciale, percorsa ogni giorno da migliaia di visitatori da ogni parte del mondo: il siq di Petra, il canyon scavato nelle arenarie della Giordania, per secoli protetto e celato dai beduini, e che – giusto due secoli fa – permise allo svizzero Johann Ludwig Burckhardt, una volta individuato il passaggio, di scoprire la favolosa capitale dei Nabatei (vedi il post sul film di Alberto Castellani https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2013/11/28/a-bologna-petra-inedita-nel-film-di-castellani/). E a prevedere il distacco della roccia è stato un italiano, Giovanni Gigli dell’università di Firenze, che, studiate le caratteristiche del siq e individuate le masse rocciose instabili, ha approntato uno speciale algoritmo, cioè un complesso sistema di calcolo, dai risultati eccellenti.

Il siq di Petra è stato studiato dall’università di Firenze dove è stato ideato l’algoritmo che prevede lo stacco dei blocchi di roccia
Il gruppo di ricercatori del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Firenze è intervenuto su sollecitazione dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), che sta lavorando a un progetto Unesco per la stabilizzazione di quell’area, soggetta a fenomeni di crollo, in collaborazione con l’Università di Città del Capo (Sudafrica). “Attraverso immagini tridimensionali ad alta risoluzione, ottenute mediante laser scanner, abbiamo estratto i dati necessari a identificare le fratture nella roccia”, spiega il ricercatore fiorentino, “a seconda della loro collocazione e dell’orientazione della parete è infatti possibile calcolare la possibilità di scivolamenti, ribaltamenti e distacchi”.
L’elaborazione del dato è stata fatta nei laboratori del Dipartimento a Firenze, mentre un sopralluogo a Petra, avvenuto alla fine dello scorso anno, ne ha reso possibile la validazione. “È da molti anni che lavoriamo e perfezioniamo il nostro algoritmo – prosegue Gigli – Lo abbiamo applicato in diversi contesti per problemi di Protezione Civile, beni culturali e nel settore minerario. Fino a oggi abbiamo centrato tutte le nostre previsioni”. Anche alla luce di questi risultati, alcuni ricercatori del team di Nicola Casagli, ordinario di Geologia applicata, hanno costituito una società, Geoapp, dopo aver concluso il percorso di preincubazione presso l’Incubatore Universitario Fiorentino (Iuf). L’intento è di allargare il campo di interventi del gruppo di ricerca, soprattutto nel campo della sicurezza delle attività minerarie e delle grandi infrastrutture.
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