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Dopo Berlino (96mila visitatori) la mostra “Sardegna Isola megalitica. Dai menhir ai nuraghi: storie di pietra nel cuore del Mediterraneo“ è approdata al museo statale Ermitage di San Pietroburgo: quasi 200 reperti provenienti dai musei archeologici sardi, compreso uno dei grandi guerrieri di Mont’e Prama, a raccontare la storie e il fascino dell’Isola. Gli interventi all’inaugurazione e il percorso espositivo

L’inaugurazione della mostra “Sardegna Isola megalitica. Dai menhir ai nuraghi: storie di pietra nel cuore del Mediterraneo“ al museo statale Ermitage di San Pietroburgo (foto Aleksey Bronnikov)

Dopo Berlino, dove, nonostante le restrizioni legate alla pandemia, la mostra, ospitata al museo nazionale per la Preistoria e Protostoria di Berlino ha registrato un successo straordinario, con oltre 96mila visitatori, la mostra “Sardegna Isola megalitica. Dai menhir ai nuraghi: storie di pietra nel cuore del Mediterraneo“ è approdata in Russia, al museo statale Ermitage, seconda tappa del tour internazionale dell’esposizione (dal 26 ottobre 2021 al 16 gennaio 2022), con i quasi 200 reperti provenienti dai musei archeologici di Cagliari, Nuoro e Sassari, compreso uno dei grandi guerrieri di Mont’e Prama – prestito eccezionale – a raccontare la storie e il fascino dell’Isola e le tracce impressionanti di un passato lontano che essa ancora conserva. Le prossime tappe saranno al museo Archeologico nazionale di Salonicco (dall’11 febbraio al 15 maggio 2022) e al museo Archeologico nazionale di Napoli (dal 10 giugno all’11 settembre 2022).

Una galleria dell’Ermitage dove è allestita la mostra “Sardegna Isola Megalitica” (foto Aleksey Bronnikov)

“Sardegna Isola Megalitica” è la mostra-evento promossa dalla Regione Sardegna-Assessorato del Turismo, Artigianato e Commercio  (parte di un articolato progetto di Heritage Tourism finanziato dall’Unione Europea) insieme al museo Archeologico nazionale di Cagliari, alla Direzione regionale Musei della Sardegna e ai Musei sede della mostra – museo nazionale per la Preistoria e Protostoria di Berlino, il museo statale Ermitage di San Pietroburgo, il museo Archeologico nazionale di Salonicco e il museo Archeologico nazionale di Napoli.  L’esposizione ha il patrocinio del MAECI e del MIC, la collaborazione della Fondazione di Sardegna e il coordinamento generale di Villaggio Globale International. La mostra – che nella tappa russa è sostenuta anche dall’Ambasciata Italiana in Russia e dall’Istituto Italiano di Cultura – ha inoltre ricevuto la Medaglia del Presidente della Repubblica.

Il taglio del nastro della mostra “Sardegna Isola Megalitica” al museo Ermitage di San Pietroburgo: da sinistra, Michail Piotrovsky, Giorgio Starace e Quirico Sanna (foto Aleksey Bronnikov)

Alla cerimonia inaugurale, trasmessa in diretta sul canale YouTube del Museo, insieme al direttore generale del museo statale Ermitage Michail Piotrovsky erano presenti anche il neonominato ambasciatore d’Italia a Mosca Giorgio Starace, alla sua prima partecipazione ufficiale a un evento a San Pietroburgo, il console generale d’Italia Alessandro Monti e la direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura Paola Cioni; per la Regione Sardegna, insieme alla delegazione è volato a San Pietroburgo l’assessore degli Enti Locali, Finanze e Urbanistica Quirico Sanna, per i Musei sardi Francesco Muscolino, direttore regionale dei musei della Sardegna e direttore del museo Archeologico nazionale di Cagliari. Presenti anche Maurizio Cecconi e Irina Artemieva rispettivamente segretario generale e direttore scientifico di Ermitage Italia e una delegazione anche da Cabras, con il sindaco della città e il presidente della Fondazione Mont’e Prama.

La statua del pugilatore (IX-VIII sec. a.C.) dalla necropoli di Mont’e Prama (Cabras) e conservata al museo Archeologico nazionale di Cagliari (foto luigi corda / drm sardegna)

Riflettori sulle sepolture delle “domus de janas” di epoca neolitica ed eneolitica e sulle iconiche riproduzioni statuarie di “dee madri”, talvolta veri e propri capolavori artistici; sulle incredibili architetture dei nuraghi che hanno caratterizzato l’Età del Bronzo nell’Isola e sulle cosiddette “tombe di giganti”; sui contatti tra civiltà lontane e sugli eccezionali bronzetti nuragici raffiguranti donne, uomini, guerrieri e animali; su spade votive, modellini di edifici e di navi e sugli incredibili, monumentali Guerrieri di Mont’e Prama: autorappresentazione di un passato mitico riferito all’apogeo dell’Età nuragica, ma in piena Età del Ferro.

Il dolmen di Ladas (foto Teravista di Giovanni Alvito)

Il percorso. Si parte dunque dal periodo recente e finale del Neolitico, quando si diffondono le ”domus de janas” scavate nella roccia, ovvero in lingua sarda le “case delle fate o delle streghe” – in diversi casi successivamente monumentalizzate in facciata – o quando si diffondono i dolmen e poi, in Età del Rame, quando si costruisce un altare monumentale unico nel panorama del Mediterraneo – ma con parallelismi nelle ziqqurath del Vicino Oriente – come il santuario di Monte d’Accoddi e si realizza la muraglia monumentale di Monte Baranta.

Il nuraghe Su Nuraxi a Barumini (foto mae-mic)

Quindi la mostra conduce nel cuore della civiltà nuragica, vero simbolo dell’unicità della Sardegna. Gli impressionanti nuraghi, costruiti in numero elevatissimo a partire dal 1600/1800 a.C. circa con blocchi di basalto, trachite e granito, di grande varietà tipologica e funzionale ma tutti accomunati dalle torri a tholos (sistema di copertura), sono stati al centro di importanti dibattiti e interpretazioni che hanno messo a fuoco le loro molteplici funzioni, rievocate in mostra dai manufatti esposti: l’alimentazione, l’agricoltura e allevamento, il controllo del territorio, le produzioni artigianali. Attorno ad essi, in molti siti, si sono sviluppati villaggi più o meno estesi, talvolta racchiusi da antemurali altrettanto imponenti, anche questi intervallati da torri.

Tombe di giganti a Li Lolghi di Arzachena (Ss) (foto Teravista di Giovanni Alvito)

Nello stesso contesto, ispirati al megalitismo, sono anche gli edifici legati al campo funerario e i luoghi di culto, pur con tutti i mutamenti della religiosità che si possono supporre nell’ampia fase nuragica. Le “tombe di giganti”, così chiamate a livello popolare a causa delle imponenti dimensioni, che nell’immaginario venivano collegate al gigantismo dei defunti, erano in realtà sepolture comunitarie ospitanti anche centinaia di individui e connesse forse al culto degli antenati, davanti alle quali venivano praticati rituali e offerte, spesso al cospetto della rappresentazione di divinità (betili). Allo stesso modo anche i luoghi di culto e i santuari si articolano in numerose tipologie edilizie tutte improntate al megalitismo: tempi a pozzo, fonti sacre e templi a megaron sono diffusi in tutta la Sardegna a partire dal Bronzo Recente e spesso le differenti tipologie coesistono all’interno dello stesso complesso.

Soldato con stocco e scudo, bronzetto dell’Età del Ferro da Padria (Ss) conservato al museo Archeologico nazionale di Cagliari (foto luigi corda – drm sardegna)

La religiosità delle genti nuragiche è qui rappresentata al suo massimo grado dall’enorme numero di ex voto figurati in bronzo – i cosiddetti “bronzetti” di cui la mostra darà conto con alcuni reperti di grandissimo interesse – che riproducono figure umane, maschili e femminili nei diversi ruoli della società, ma anche animali, oggetti e persino edifici. Proprio la produzione della bronzistica figurata offre uno spaccato vivace della società nuragica, del vestiario, della gestualità, delle armi, dei sistemi alimentari; mentre la presenza di collane e vaghi in ambra, rinvenuti negli scavi degli ultimi trent’anni in tanti santuari della Sardegna, testimonia stretti collegamenti dell’Isola non solo con il mondo mediterraneo, ma anche con le reti commerciali e culturali della Penisola e dell’Europa centrale.

Modello di nuraghe in calcare da Mont’e Prama, conservato al museo Archeologico nazionale di Cagliari (foto graziano tavan)

Anche nell’Età del Ferro (I millennio a.C.), in una società in cui si sono profondamente modificate le dinamiche sociali, economiche e costruttive, i nuraghi, pur non edificati da vari secoli, continuano a essere centrali nell’immaginario collettivo quale simbolo di un passato mitico in cui tutta la popolazione dell’Isola si riconosce. Finito il tempo degli ingegnosi e arditi costruttori di torri nuragiche, si diffondono dunque le miniature di tali edifici, in pietra, ceramica, bronzo e anche in materiali deperibili, utilizzate probabilmente come altari in rituali collettivi e rinvenuti infatti al centro di edifici megalitici intesi come “capanne delle riunioni”.

La statua del pugilatore da Mont’e Prama nelle sale monumentali del museo statale dell’Ermitage a San Pietroburgo (foto Aleksey Bronnikov)

È questo il momento in cui alcuni gruppi emergono sugli altri e si formano le prime aristocrazie. A Mont’e Prama una di queste si autorappresenta e si autocelebra con un complesso scultoreo unico nel suo genere, composto da quasi 40 imponenti statue in pietra di Guerrieri, Arcieri e Pugilatori, oltre a modelli di nuraghe e betili. Per la nuova società, il tempo lontano degli eroi era oggetto di venerazione e di richiamo identitario. Evento irripetibile è il prestito di una delle celebri sculture di Mont’e Prama da parte del museo Archeologico nazionale di Cagliari per questa storica esposizione internazionale: un “Pugilatore” alto con piedestallo 190 cm e pesante circa 300 kg. Rinvenute in frammenti a partire dagli scavi del 1975-1979 e ricomposte grazie a interventi di restauro di eccezionale delicatezza e dai risultati sorprendenti (i primi nel 2007-2011), queste imponenti statue, nelle loro raffigurazioni schematiche realizzate secondo uno stile convenzionale d’impronta geometrica, non trovano paragoni nel variegato patrimonio artistico e monumentale della Sardegna e ancora sono aperte a diverse interpretazioni.

Coppetta in ceramica di età romana da Orulu – Orgosolo, conservata al museo Archeologico nazionale di Cagliari (foto luigi corda – drm sardegna)

Un dato tuttavia è certo: la civiltà nuragica era ormai al tramonto. Nonostante questo, il suo retaggio continuerà ad essere leggibile attraverso i secoli, malgrado il mutare dell’orizzonte semantico: dapprima con l’arrivo dei Fenici attestati lungo le coste sarde a partire dal IX secolo a.C., quindi con la presa dell’Isola da parte di Cartagine, alla fine del VI secolo, e poi con l’arrivo dei Romani. Anche dopo la conquista romana (238 a.C.) l’eredità nuragica appare leggibile, come testimoniano i resti della cultura materiale in mostra e in alcuni casi le fonti epigrafiche che ci restituiscono una onomastica prelatina. Persino in età medievale i nuraghi e addirittura le “domus de janas” sono ancora oggetto di riutilizzo e molti villaggi medievali si addensano intorno alle torri nuragiche. Un mondo in evoluzione che non dimentica le sue origini.

L’ambasciatore italiano Giorgio Starace con il direttore dell’Ermitage Michail Piotrovky visita la mostra “Sardegna Isola Megalitica” all’Ermitage (foto Aleksey Bronnikov)

Michail Piotrovky – che ha ringraziato sentitamente l’Italia e la Sardegna per aver voluto essere comunque presenti e vicini all’Ermitage nonostante la difficile situazione pandemica che sta vivendo in questi giorni la Russia, ha evidenziato la fascinazione della cultura megalitica e nuragica sarda e della mostra allestita all’Ermitage: “Nei materiali che raccontano di questa mostra sono scritte parole magiche come Nuraghi, betili, Tombe di Giganti: tutte parole che sembrano prese da una favola. Se noi parliamo di Stonehenge che è famoso in tutto il mondo è un neonato rispetto alle cose che riusciamo a vedere oggi, che rappresentano un paradigma dell’antica civiltà, qui rappresentato dal dialogo tra la pietra e il bronzo, tra la scultura litica gigantesca e le raffinata piccole figure di bronzetti, un dialogo che sarà ripreso dalla civiltà successive, compresa quella greca e greco-romana. Con il suo viaggio internazionale – ha aggiunto Piotrosvky – la mostra si inserisce di fatto in un complesso vastissimo progetto che viene chiamato “l’Europa senza confini” che racconta delle antiche civiltà e che raccorda la storia della prima Europa antica all’Europa come la conosciamo adesso. Anche in Russia, nel Caucaso e nel Mar Nero, ci sono vestigia di civiltà analoghe – resti di torri, betili, fortezze – che raccontano della stessa cultura che ci accomuna alla tradizione europea”.

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L’ambasciatore d’Italia a Mosca Giorgio Starace alla mostra all’Ermitage (foto Aleksey Bronnikov)

“Questa iniziativa, a un mese dall’assunzione del mandato a Mosca”, ha sottolineato l’ambasciatore d’Italia a Mosca Giorgio Starace, “mi ha dato il privilegio di rinnovare i legami di amicizia e di collaborazione con San Pietroburgo e con questo prestigiosissimo museo che rappresenta il punto di riferimento in tutto il mondo per la promozione dell’arte e che da anni dà vita a progetti di altissimo livello con la collaborazione della nostra Ambasciata, del Consolato Generale e dell’Istituto Italiano di Cultura, che invitano a scoprire il ricco patrimonio artistico, storico e archeologico della nostra bellissima Italia e mostrano anche l’inesauribile attrazione che lega la cultura italiana e la cultura russa. La mostra dedicata alle antiche civiltà e culture della Sardegna – ha poi continuato – raccontando magnificamente storia di pietra nel cuore del Mediterraneo permette anche di veicolare in Europa un concetto legato all’Italia ovvero il costante connubio che esprimono tutte le nostre regioni tra bellezza paesaggistica e ricchezza storico-artistica, tra esperienza culturale ed esperienza di tradizioni e gastronomia”.

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L’assessore regionale Quirico Sanna e il direttore dei musei della Sardegna Francesco Muscolino alla mostra all’Ermitage (foto Aleksey Bronnikov)

Dalle magnifiche sale del Palazzo d’Inverno dell’Ermitage grande soddisfazione è stata espressa anche dall’assessore regionale Quirico Sanna: “Con grande orgoglio e piacere presentiamo il patrimonio archeologico delle terra di Sardegna al mondo. Speriamo che questa collaborazione tra la Sardegna e il Museo Ermitage, uno dei più prestigiosi e importanti a livello internazionale, possa portare ad una sempre maggiore conoscenza della storia e della cultura di questa nostra meravigliosa terra”. E Francesco Muscolino, direttore regionale dei Musei della Sardegna e direttore del museo Archeologico nazionale di Cagliari: “La seconda tappa della mostra, ospitata nella prestigiosissima sede dell’Ermitage, si conferma come un ottimo esempio di proficua collaborazione tra il Ministero della Cultura, la Regione Sardegna e i grandi musei internazionali. Ai funzionari tecnico-scientifici del Ministero va, in particolare, il merito di aver redatto, in collaborazione con i colleghi degli altri musei ospitanti e con altri studiosi, il complesso progetto scientifico della mostra, accompagnata anche da un ponderoso catalogo”.

“Italy to the Hermitage”: l’Italia ricambia a San Pietroburgo e alla Russia la solidarietà dimostrata nel lockdown, con tre speciali visite on line in russo, realizzate da Fondazione Musei Civici di Venezia, Galleria Nazionale dell’Umbria, e MANN di Napoli, e postate sui siti dei tre musei e rilanciate in Russia dall’Istituto Italiano di Cultura a San Pietroburgo

L’imponenza del Palazzo d’Inverno del museo Ermitage di San Pietroburgo (foto Graziano Tavan)

Venezia per il Nord, Perugia per il Centro, Napoli per il Sud, ricambiano a San Pietroburgo e alla Russia la solidarietà dimostrata all’Italia durante l’emergenza coronavirus. Così dopo “L’Ermitage all’Italia” arriva “Italy to the Hermitage”. Un simbolico ponte culturale tra l’Italia e la Russia: alle suggestive visite web promosse dal ciclo “L’Ermitage all’Italia”, con cui il prestigioso istituto russo ha omaggiato la nostra nazione durante il periodo di lockdown, da mercoledì 3 giugno 2020 (alle 17.30, ora italiana) saranno in rete, su Youtube e Facebook, i cortometraggi intitolati “L’Italia all’Ermitage”. Il progetto, che nel titolo richiama quello scelto dall’Istituzione russa per l’omaggio all’Italia (“L’Ermitage all’Italia”), è promosso da Ermitage Italia, è stato realizzato in collaborazione con Villaggio Globale International, e ha coinvolto tre istituzioni fortemente rappresentativi del Nord, del Centro e del Sud Italia: la Fondazione Muve-Musei Civici di Venezia diretta da Gabriella Belli, città dalle fortissime relazioni storiche con San Pietroburgo e sede di Ermitage Italia, “filiale” italiana dell’Ermitage; la Galleria nazionale dell’Umbria diretta da Marco Pierini, in collaborazione con la Fondazione CariPerugia Arte, e il MANN-museo Archeologico nazionale di Napoli diretto da Paolo Giulierini, che ha stretto da alcuni anni un importante rapporto di collaborazione con il museo di San Pietroburgo e che ha coinvolto per questa iniziativa anche l’università L’Orientale di Napoli.

Ciascuno dei musei della rete ha predisposto un tour virtuale in russo (postati rispettivamente il 3, l’8 e il 15 giugno 2020 sui canali YouTube di ciascun museo), alla scoperta della bellezza del proprio patrimonio culturale: filo conduttore di tutti i video, non soltanto l’omaggio alla Russia e all’Ermitage di San Pietroburgo, ma anche l’idea che la cultura unisce, al di là delle distanze fisiche e dei confini geografici. E se la solidarietà, a causa dell’emergenza coronavirus, corre sul web, saranno i direttori dei tre musei, Paolo Giulierini (Mann), Gabriella Belli (musei civici di Venezia) e Marco Pierini (Galleria nazionale dell’Umbria), ad inaugurare il video del proprio museo con un messaggio di speranza: l’Istituto Italiano di Cultura di San Pietroburgo e l’Ermitage “riposteranno” i corti sui propri canali Youtube in Russia. L’iniziativa “Italy to the Hermitage” vede, infatti, la collaborazione dell’Istituto Italiano di Cultura a San Pietroburgo e ha l’appoggio dell’Ambasciata italiana in Russia e del Mibact.

Il museo Archeologico nazionale di Napoli è ospitato in un palazzo borbonico che è stato sede dell’Università fino al 1777 e dal 1816 sede del Real Museo Borbonico

Si parte mercoledì 3 giugno 2020 (alle 17.30 ora italiana) con il Mann di Napoli che condurrà tra le sale del museo alla scoperta delle sue prestigiose collezioni – dalle sezioni Egizia e della Magna Grecia di recente riapertura, alla famosissima Collezione Farnese, fino ai reperti delle città vesuviane di Pompei ed Ercolano – soffermandosi su tanti pezzi iconici di questo “tempio” dell’arte antica, come il famoso Vaso blu, il Mosaico di Alessandro Magno, la Tazza Farnese, i Corridori o i reperti del Gabinetto Segreto. Voci narranti saranno alcuni studenti dell’università L’Orientale di Napoli (Corso di Laurea in Lingue e Culture comparate), che hanno curato per l’occasione non solo la traduzione e la lettura dei testi in russo ma anche un particolare lessico archeologico italo-russo da sviluppare in futuro.

Il team del corso di laurea in Lingue e culture comparate dell’università degli Studi di Napoli “L’Orientale” che ha curato le traduzioni in russo (mosaico Mann)

I direttori Paolo Giulierini (Mann) e Michail Piotrovsky (Ermitage) a San Petroburgo

I direttori Paolo Giulierini (Mann) e Michail Piotrovsky (Ermitage) a Napoli

“I legami che intrecciano la storia di San Pietroburgo e Napoli sono almeno pari a quelli che uniscono l’Ermitage e il museo Archeologico nazionale”, commenta il direttore Paolo Giulierini: “Oggi omaggiamo l’istituto di San Pietroburgo e ringraziamo per i tanti momenti di bellezza, che l’Ermitage ha regalato al popolo italiano con splendidi filmati andati in rete nell’ultimo mese. E, con questo nostro cortometraggio, cementiamo il ricordo delle esposizioni realizzate in collaborazione con San Pietroburgo: penso alla meravigliosa mostra su Canova qui a Napoli ed al percorso -Pompei, Dei, eroi, uomini- in Russia”. Peculiarità del filmato dedicato al Mann e realizzato da ArsInvicta, non sarà soltanto la possibilità di percorrere, grazie alle immagini, le sale dell’Archeologico, spaziando dalla Collezione Farnese ai Mosaici, dal Tempio di Iside alla Villa dei Papiri, dalla Collezione Magna Grecia alla sezione Preistoria e Protostoria, per citare soltanto alcune delle tappe dell’itinerario video. Significativo, infatti, che il filmato del Mann nasca anche da un importante rete territoriale e intergenerazionale: le traduzioni, il doppiaggio del messaggio del direttore e le traduzioni dei testi sono a cura della prof. Michela Venditti e di quattro allievi del corso di laurea in Lingue e culture comparate dell’università di Napoli “L’Orientale”. Un segnale di cooperazione che, come sottolinea ancora Paolo Giulierini, “conferma il necessario apporto delle Accademie alla vita dei Musei, donando rigore scientifico e giovani energie a progetti di rilievo internazionale”. Appassionato ed attento il lavoro di Francesca Alifuoco, Esmira Asadova, Tommaso Di Maria ed Anna Kondrya che, insieme alla coordinatrice del corso, hanno dato voce, letteralmente, al racconto del Mann; l’entusiasmo e lo spirito di squadra non si fermano qui e guardano al futuro: “con questa esperienza, il nostro gruppo si è talmente coeso che abbiamo deciso di lavorare ancora insieme per creare un glossario inedito russo-italiano di termini archeologici. E, per questo, il dialogo con il Mann continuerà”, commenta la prof. Venditti.

La Sala Maggiore di Palazzo dei Priori, sede della Galleria nazionale dell’Umbria a Perugia

L’8 giugno 2020, sempre alle 17.30 ora italiana, l’omaggio arriva da Perugia dallo storico Palazzo dei Priori, dove è ospitata la Galleria nazionale dell’Umbria, la quale dedica all’Ermitage e alla Russia una visita esclusiva agli highlights della raccolta, con alcuni dei massimi artisti dell’Italia centrale tra il XIV e il XVII secolo: da Arnolfo di Cambio a Gentile da Fabriano, da Duccio di Buoninsegna a Beato Angelico e Piero della Francesca, fino ai capolavori del Perugino con la celeberrima Adorazione dei Magi (1475 circa), a Pinturicchio e al barocco romano di Pietro da Cortona. Nell’occasione anche la Fondazione CariPerugia Arte aprirà le porte di Palazzo Baldeschi al Corso consentendo di scoprire il magnifico edificio e parte delle prestigiose raccolte.

Palazzo Ducale a Venezia, parte dei musei civici

Tocca infine alla Serenissima, con la Fondazione Musei Civici di Venezia (15 giugno 2020) concludere l’iniziativa e omaggiare in particolare San Pietroburgo e il suo Museo, ricordando la vicinanza della città lagunare alla storia e alla cultura russe. Il legame, in questo caso, sarà nel nome di un grandissimo esponente dell’arte universale e del Rinascimento veneziano, Tiziano, che muore in laguna nel 1576 per un’altra pandemia di quel tempo: la peste. A Palazzo Ducale grazie al comodato pluriennale di un importante collezionista belga, sarà possibile ammirare anche il Doppio Ritratto di Tiziano: un’opera piana di fascino legata anche alla Russia, raffigurante forse l’amante e la figlia del pittore riemerse, solo in epoca moderna, sotto l’effige di un più consono “Tobiolo e l’Angelo”. Un dipinto che il grande Maestro conservò presso la sua abitazione fino alla morte ma che a metà del XIX secolo – ormai camuffato da opera sacra – giunse, attraverso la Collezione Barbarigo, a San Pietroburgo, per alcuni anni nelle straordinarie raccolte dello zar Nicola I.

“I Musei e questo futuro. Tempi di cambiamento”: convegno internazionale a Venezia con i direttori di grandi musei del mondo sui nuovi scenari europei

La locandina del convegno a Venezia sul futuro dei musei

In che modo si modificheranno i saperi, le conoscenze e dunque i luoghi tradizionalmente depositari della storia e della cultura, come i Musei? In che modo i Musei internazionali devono affrontare e stanno affrontando il tema del cambiamento della società e le nuove dinamiche che interessano lo scenario europeo? La risposta o le risposte tenterà di darle un importante convegno internazionale “I Musei e questo futuro. Tempi di cambiamento” dedicato alla sfide che i grandi musei sono chiamati ad affrontare di fronte ai cambiamenti che stanno interessando la società e l’Europa, sfide in un futuro che è già alle porte. Il convegno, sabato 12 ottobre 2019, dalle 11 alle 16, nel Salone dello Scrutino di Palazzo Ducale a Venezia, è promosso dal Comune di Venezia, la Fondazione Musei Civici di Venezia, il Museo Statale Ermitage ed Ermitage Italia in collaborazione con Villaggio Globale International.

I direttori Paolo Giulierini (Mann) e Michail Piotrovsky (Ermitage)

Il tema del convegno organizzato nell’occasione è di stringente attualità. Le cronache quotidiane, le innovazioni tecnologiche e le tendenze dei costumi, le stesse scelte della politica internazionale sottendono infatti problematiche di enorme rilevanza e mostrano i segni contraddittori del domani e del futuro. Che è già presente. Tutto ciò rende importante la riflessione sulle conseguenze dei cambiamenti in atto. Alla riflessione prenderanno parte – dopo i saluti di Mariacristina Gribaudi presidente della Fondazione Musei Civici di Venezia e l’intervento introduttivo del sindaco di Venezia Luigi Brugnaro – il direttore generale del museo statale Ermitage di San Pietroburgo Mikhail Piotrovsky, Gabriella Belli direttore della Fondazione Musei Civici di Venezia, Paolo Giulierini direttore del museo Archeologico nazionale di Napoli, Fatma Nait-Yghil direttrice del museo Bardo di Tunisi, Simone Verde direttore del complesso monumentale della Pilotta di Parma ed Hermann Parzinger presidente della Fondazione del Patrimonio Culturale Prussiano di Berlino.

Visitatori in coda attendono di entrare al museo Archeologico nazionale di Napoli

Testimoni del passato e del presente e nel contempo protagonisti di una relazione forte con la gente, lente privilegiata per interpretare il mondo di oggi e di domani, i grandi Musei sono chiamati ad affrontare le crisi, le trasformazioni culturali, i nuovi linguaggi, i mutamenti di valori; devono confrontarsi con le aperture di frontiere o, viceversa, con l’innalzamento di nuovi muri e nuove emarginazioni; con dialoghi o con cesure internazionali. Proprio per questo i Musei oggi, pur preservando le loro missioni primarie di conservazione, tutela e valorizzazione, hanno trasformato le loro pratiche e le loro proposte culturali per essere più vicini alle comunità di riferimento, e domani? Gli interventi dei relatori aiuteranno a comprendere il nuovo ruolo al quale si preparano le istituzioni culturali europee.

Il convegno internazionale vede affiancati ancora una volta la città di Venezia e il prestigioso museo di San Pietroburgo che, sempre il 12 ottobre, prima del convegno, rinnoveranno ufficialmente il Protocollo d’Intesa che ha sancito la presenza nella città lagunare di “Ermitage Italia”. La filiale italiana del museo russo, con sede alle Procuratie Vecchie in piazza San Marco, è nata sotto l’egida dei rispettivi governi nell’ambito degli accordi bilaterali tra Italia e Russia ed destinata allo studio e alla ricerca sui rapporti artistici, storici e culturali tra i due Paesi.

Napoli. Record di visitatori per Canova al Mann: oltre 300mila visitatori in tre mesi. E nel 2020 arriva un altro grande del Neoclassicismo: Berthel Thorvaldsen

Tanto pubblico attorno alle “Tre Grazie” uno dei capolavori di Antonio Canova esposti nella mostra al Mann

Il manifesto della mostra “Canova e l’Antico” al museo Archeologico nazionale di Napoli dal 28 marzo al 30 giugno 2019

Canova lascia il Mann battendo ogni record di visitatori e prepara la strada a un altro grande artista del Neoclassicismo, Berthel Thorvaldsen. Si è conclusa il 1° luglio 2019 al museo Archeologico nazionale di Napoli, la mostra “Canova e l’antico”, promossa con il museo statele Ermitage di San Pietroburgo e con la collaborazione di Ermitage Italia: l’esposizione, che è stata organizzata insieme a Villaggio Globale International e ha raccolto nell’atrio e nel Salone della Meridiana del Mann oltre 110 capolavori del Maestro di Possagno, è stata accompagnata da un’ottima risposta di pubblico e critica. I numeri confermano il feeling, ed è già record: in poco più di tre mesi di programmazione, dal 28 marzo al 1° luglio 2019, oltre 300mila visitatori sono stati al MANN, segnando un trend in crescita di oltre il 40% rispetto allo stesso periodo del 2018.

Il direttore del Mann, Paolo Giulierini (foto Graziano Tavan)

Il direttore del Mann, Paolo Giulierini, e l’ambasciatore d’Italia a Copenaghen, Luigi Ferrari

“Mentre salutiamo i capolavori di Canova tracciando l’entusiasmante bilancio di una mostra che resterà nella storia recente della città”, interviene il direttore del Mann, Paolo Giulierini, “annunciamo come in un simbolico passaggio di consegne la prossima esposizione dedicata al Neoclassicismo: nel novembre del 2020, in virtù dei recenti accordi con il museo Thorvaldsen di Copenaghen, il Mann ospiterà una importante mostra dedicata all’artista danese che visse e lavorò a Roma, dopo un breve passaggio per Napoli, ispirato dalle antichità classiche e da Canova”.

Cagliari si prepara ad ospitare la grande mostra “Le civiltà e il Mediterraneo”, oltre 550 opere da importanti musei internazionali e dalle collezioni sarde per connettere la cultura nuragica ai grandi processi di civilizzazione della protostoria

Maurizio Cecconi introduce la mostra “Le civiltà e il Mediterraneo” al museo Archeologico nazionale di Cagliari (foto Graziano Tavan)

Il manifesto della mostra “Le civiltà e il Mediterraneo” dal 31 gennaio 2019 a Cagliari

Tutto è cominciato con una ricerca puntuale dei pezzi più significativi sulla civiltà nuragica in particolare e le testimonianze dal Neolitico al primo millennio a.C. in generale presenti non solo nel museo Archeologico nazionale di Cagliari ma in tutta la rete di istituzioni che fa capo al Polo museale della Sardegna, diretto da Giovanna Damiani. “Ne è uscito un elenco particolarmente interessante e stimolante che abbiamo deciso di far conoscere ad alcuni grandi musei internazionali”, esordisce Maurizio Cecconi, segretario generale di Ermitage Italia e ad di Villaggio Globale International, “per capire se nelle loro rispettive collezioni si potessero cogliere assonanze o dissonanze”. Il risultato lo potremo apprezzare dal 31 gennaio 2019 quando nelle sedi del museo Archeologico nazionale di Cagliari e di Palazzo di Città, aprirà la mostra “Le Civiltà e il Mediterraneo” (fino alla fine di maggio), un grande evento per guardare dalla Sardegna alle Civiltà del Mediterraneo all’alba della Storia. Intrecci, confronti, dialoghi dal bacino del Mare Nostrum alle montagne del Caucaso. Oltre 550 opere da importanti musei internazionali e dalle collezioni sarde per connettere la cultura nuragica ai grandi processi di civilizzazione della protostoria.

“Eurasia, , fino alle soglie della Storia. Capolavori dal Museo Ermitage e dai Musei della Sardegna”: la mostra tenutasi a Cagliari nel 2015

La locandina del convegno internazionale “Le civiltà e il Mediterraneo” a Cagliari il 1° dicembre 2017

Un progetto nato nel 2015. Due eventi in questo ultimo triennio hanno avvolto la Sardegna di una luce propria, in un contesto culturale e di interesse turistico di grande rilievo. Con la mostra del 2015 “Eurasia – fino alle soglie della storia”, Cagliari ha avviato un’importante relazione con il museo statale Ermitage – i cui capolavori si sono incrociati con quelli sardi e di altre regioni italiane – aprendo il cammino ad un ragionamento sullo sviluppo delle civiltà in epoca preistorica nel contesto Euroasiatico, intravedendo legami e connessioni intraculturali e restituendo alla Sardegna un ruolo assolutamente centrale negli incroci di civiltà (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2015/12/15/dai-popoli-del-caucaso-alla-civilta-nuragica-leurasia-protagonista-nella-mostra-di-cagliari-con-eccezionali-reperti-dal-museo-dellermitage-di-san-pietroburgo-in-dialogo-con-i-manufa/). Quindi, con il convegno del 2017 “Le Civiltà e il Mediterraneo – grandi musei a confronto” promosso dall’assessorato del Turismo della Regione Autonoma Sardegna, si sono gettate le basi di una riflessione internazionale di più vasta portata sul tema, che ha coinvolto studiosi ed esponenti di prestigiosi musei, strategici nella ricognizione delle civiltà del Mediterraneo in età preistorica e nella ridefinizione del ruolo dell’Isola e delle sue culture in questo contesto (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2017/11/30/le-civilta-e-il-mediterraneo-in-un-eccezionale-convegno-internazionale-i-grandi-musei-si-confrontano-a-cagliari-sul-mediterraneo-per-secoli-crocevia-di-culture-culla-delle-piu-sign/). Una tematica sostanziale dal punto di vista culturale e turistico, che ha reso desiderabile lo sviluppo di nuove prospettive e che ha spinto l’assessorato del Turismo Artigianato e Commercio a sottoscrivere insieme a Mibac, Polo Museale della Sardegna, Comune di Cagliari e Fondazione di Sardegna, un protocollo di collaborazione culturale pluriennale con il grande museo di San Pietroburgo, con il coinvolgimento di Ermitage Italia, per ampliare i fronti di ricerca e di studio, dando conto del ruolo e della storia sarda, quale occasione di promozione internazionale e di affermazione identitaria. Si riconosce in tal modo una centralità della Sardegna come punto di osservazione verso l’esterno, per confermare non solo le sue radici profondamente mediterranee, ma quale avamposto delle connessioni tra le varie civiltà sviluppatesi nel Mediterraneo.

Statuetta in alabastro dal Caucaso (fine 3000 a.C.) conservata al museo statale Ermitage di San Pietroburgo

Giovanna Damiani, direttrice del Polo museale della Sardegna (foto Graziano Tavan)

Barbara Argiolas, assessore regionale a Turismo, Artigianato e Commercio (foto Graziano Tavan)

La grande mostra “Le civiltà e il Mediterraneo” è stata presentata in anteprima al museo Archeologico nazionale di Cagliari, presenti tutti gli attori protagonisti del progetto culturale. “Ci sono molti motivi per cui questa iniziativa è così importante”, dice il presidente della Regione Francesco Pigliaru in apertura del suo intervento, ringraziando quanti hanno lavorato “per raggiungere l’obiettivo ambizioso di questa mostra, che partita anni fa da un’idea lungimirante del Comune di Cagliari ha intrecciato collaborazioni preziose diventando una chiave per aprire nuove prospettive. La Sardegna possiede un’eredità storica e archeologica tanto straordinaria quanto ancora poco conosciuta nel mondo – sottolinea -, e crediamo sia giusto impegnarci al massimo perché questo patrimonio così peculiare abbia una visibilità internazionale crescente, tale da intercettare ampie fasce di quel turismo che negli anni sta diventando sempre più colto, sempre più curioso, sempre più alla ricerca di qualità nel paesaggio, nel cibo, nella storia, nell’archeologia. D’altro canto la lezione del passato è un messaggio chiarissimo per il presente e per il futuro. La Sardegna nel Mediterraneo antico non era isolata ma, al contrario, avamposto centralissimo, luogo e intreccio di connessioni. Un ruolo importante che abbiamo avuto e che oggi, in questo particolare momento storico, siamo più che mai chiamati a continuare a svolgere – conclude il presidente Pigliaru -, per favorire il dialogo tra la sponda nord e la sponda sud”. E Giovanna Damiani, direttrice del Polo Museale della Sardegna: “La partecipazione a un progetto che mette in primo piano la centralità culturale dell’isola ci inorgoglisce come Istituzione che ha da sempre posto questo aspetto tra i suoi compiti principali. Il Polo museale della Sardegna, infatti, racchiude al suo interno tutte le anime che, da un capo all’altro dell’isola, nella straordinaria varietà delle sue collezioni, raccontano una storia cultuale lunga oltre 6-7mila anni”. Particolarmente soddisfatto anche l’assessore alla Cultura, Paolo Frau, intervenuto per il sindaco Massimo Zedda impossibilitato a intervenire: “Siamo orgogliosi di proseguire la collaborazione avviata nel 2015, in occasione di Cagliari Capitale Italiana della Cultura, con il museo Ermitage di San Pietroburgo. La mostra “Le Civiltà e il Mediterraneo” costituisce una nuova e straordinaria occasione di confronto internazionale e di crescita per i nostri musei, un’altra testimonianza di quanto Cagliari e la Sardegna intera possano offrire con la nostra civiltà nuragica. Una rete di relazioni e rapporti che diventa nuovamente attuale a distanza di millenni e che l’evento espositivo racconterà ai visitatori. Un appuntamento ancora più importante in questo periodo storico, ulteriore prova di quanta importanza abbia avuto e abbia il Mediterraneo nello scambio di cultura, esperienze, arte e commercio”. Infine Barbara Argiolas, assessore regionale a Turismo, Artigianato e Commercio: “Con questa mostra vogliamo posizionare la Sardegna sulle rotte del grande turismo culturale. Abbiamo necessità di valorizzare, raccontare e promuovere il nostro straordinario patrimonio archeologico e storico, e con questa esposizione lo facciamo in rapporto alle civiltà che nei millenni sono sorte sulle sponde del mar Mediterraneo e con il coordinamento scientifico delle più importanti istituzioni internazionali. La cultura, materiale e immateriale, insieme al paesaggio e alla qualità della vita, costituisce uno gli elementi strategici più importanti per accrescere il valore della nostra destinazione non solo nei mesi estivi, ma anche nei cosiddetti mesi di spalla. In questo senso, la sfida di “Le Civiltà e il Mediterraneo”, interamente finanziata con fondi europei, è proprio il suo arco temporale: da gennaio a maggio, mesi meno movimentati dal punto di vista turistico, per rendere Cagliari e la Sardegna ancora più attraenti per quei viaggiatori curiosi di conoscere la vera identità e cultura di chi li ospita e di vivere un’esperienza in luoghi accoglienti, ricchi di eventi e appuntamenti”.

Placca a nastro dell’11-8 a.C. da Koban (Russia) conservata nel museo di Pre e Protostoria di Berlino

“Che cos’è il Mediterraneo?” si chiede lo storico Fernand Braudel, e risponde: “Mille cose insieme. Non un paesaggio, ma innumerevoli paesaggi. Non un mare, ma un susseguirsi di mari. Non una cultura ma una serie di culture accatastate le une sulle altre. Viaggiare nel Mediterraneo significa sprofondare nell’abisso dei secoli, perché è un crocevia antichissimo”. Comincia così il video che anticipa temi e immagini della grande mostra “Le civiltà e il Mediterraneo”, curata da Yuri Piotrovsky del museo statale Ermitage, Manfred Nawroth del Pre and Early History-National museum di Berlino, in collaborazione con Carlo Lugliè, docente all’università di Cagliari e Roberto Concas, direttore del museo Archeologico nazionale di Cagliari. Un complesso di oltre 550 reperti, dove il nucleo centrale è dedicato all’archeologia preistorica sarda – circa 120 opere rappresentative dell’evoluzione delle culture dal Neolitico alla metà del primo millennio a.C. – mentre gli altri reperti, sono chiamati a rappresentare diverse culture e aree del Mediterraneo e del Caucaso, nel medesimo arco temporale e provengono da grandi musei archeologici pertinenti per geografia o collezioni: il museo Archeologico nazionale di Napoli, il museo del Bardo di Tunisi, il museo Archeologico di Salonicco, il museo di Berlino e ovviamente il museo statale Ermitage di San Pietroburgo, a documentare come il bacino del Mediterraneo non sia stato un luogo chiuso ma contaminante e in continua evoluzione. Un corpus espositivo di grande significato e fascino; un evento culturale internazionale unico e fondamentale per la valorizzazione della storia, della cultura e dell’arte della Sardegna, organizzato da Villaggio Globale International con un allestimento contemporaneo, scenografico e visionario firmato da Angelo Figus. Un viaggio nel tempo, nello spazio, nella storia delle civiltà che si sono intessute in quel Mare Nostrum che appare matrice primigenia, luogo permeabile di culture, arti e saperi.

“Nefertari e la Valle delle Regine. Dal museo Egizio di Torino”: all’Ermitage in mostra i capolavori conservati nella città sabauda parte delle ricche collezioni Drovetti e Schiaparelli

La regina Nefertari, grande sposa reale di Ramses II, ritratta nella sua tomba scoperta nel 1904 da Schiaparelli

Il curatore Mikhail Borisovich Piotrovsky, lo sponsor Francesca Lavazza, e il direttore dell’Egizio Christian Greco

La regina Nefertari col suo ricco corredo ha lasciato la sua “casa”, il museo Egizio di Torino, per approdare – fino al 10 gennaio 2018 – nella prestigioso palazzo del museo dell’Ermitage a San Pietroburgo, grazie al protocollo firmato tra la fondazione Ermitage Italia e la fondazione museo Egizio di Torino con la mediazione di Villaggio Globale International e il supporto fondamentale della società Lavazza che, nella persona di Francesca Lavazza, ha permesso l’arrivo dei preziosi reperti nella capitale culturale russa.  La mostra “Nefertari e la Valle delle Regine. Dal Museo Egizio di Torino”, curata da Andrei Olegovich Bol’sakov, responsabile del settore Antico Oriente nel dipartimento d’Oriente dell’Ermitage, e da Andrei Nikolayevich Nikolayev, vice capo del dipartimento d’Oriente, presenta i reperti provenienti dalla valle delle Regine nell’antica Tebe e acquisiti dagli scavi di Drovetti e Schiaparelli, e dove la regina Nefertari, della quale proprio Schiaparelli scoprì la sua tomba monumentale nel 1904, rappresenta la protagonista assoluta. È noto, infatti, che il nucleo principale del museo Egizio di Torino, il più importante al mondo dopo il museo Egizio del Cairo, è il risultato di due eventi: il primo, l’acquisizione nel 1824 da parte di Carlo Felice, Duca di Savoia e Re di Sardegna, della collezione di Bernardino Michele Maria Drovetti, diplomatico italiano al servizio della Francia, che ha portato a Torino gli oggetti più grandi (statue e sarcofagi), insieme a un gran numero di stele, corredi funerari e una ricchissima gamma di papiri, principalmente dalla regione di Tebe. Il secondo, gli scavi condotti dal grande egittologo Ernesto Schiaparelli, direttore dell’Egizio di Torino dal 1894 al 1928, anno della sua morte. Nel 1903 Schiaparelli inaugurò l’attività della Missione Archeologica Italiana in Egitto, portando a termine una quindicina di fruttuose campagne di scavi, tra le quali spiccano per importanza e notorietà la scoperta nel 1904 della splendida tomba di Nefertari, grande sposa reale di Ramses II e una delle regine più influenti dell’Antico Egitto, considerata tra le tombe più belle della Valle delle Regine; e la scoperta, fatta nel 1906 nella necropoli di Tebe, della famosa tomba dell’architetto reale Kha perfettamente intatta e con un ricco corredo funerario, splendidamente conservata a Torino. I risultati degli scavi nella Valle delle Regine (1903-1905) e a Deir el-Medina (1905-1908) hanno fatto del museo Egizio di Torino una delle più belle collezioni di reperti di Tebe e uno dei centri più importanti per lo studio della cultura egizia nel Nuovo Regno e il primo millennio a.C.

Le sale espositive della mostra “Nefertari e la Valle delle Regine” all’Ermitage di San Pietroburgo

Il modellino della tomba di Nefertari nella Valle delle Regine

Un elemento del corredo funerario della regina Nefertari

La mostra all’Ermitage si apre con una sezione dedicata a Nefertari, la grande sposa reale di Ramses II, considerata l’incarnazione vivente della dea Hathor, la moglie del dio-sole. Statue monumentali da Tebe illustrano le funzioni del re, che era non solo sovrano del paese, ma anche l’intermediario tra il popolo e gli dei, e della sua consorte. Molti elementi in questa parte della mostra illustrano la fusione dell’immagine di Nefertari con una serie di dee. Particolarmente importanti gli oggetti trovati nella camera di sepoltura della regina Nefertari e un modello della tomba che è stata fatta immediatamente dopo la sua scoperta nel 1904. Nei corredi di Nefertari in mostra ci sono frammenti del coperchio del sarcofago fracassato da tombaroli, amuleti, vasi, sandali intrecciati da foglie di palma che la regina potrebbe avere indossato e 34 ushabti in legno rifinito con vernice nera che portano il suo nome. Inoltre alcuni oggetti rituali e di uso quotidiano appartenuti a nobili dame e utilizzati alla corte reale, come statue e rilievi, articoli igienici, articoli cosmetici e gioielli, aiutano il visitatore ad avere un quadro della vita di corte e della posizione della donna in Egitto al tempo di Nefertari, cioè nella XIX dinastia, durante i primi 30 anni del regno di Ramses II. Mentre alcuni rari reperti  – oggetti decorativi, frammenti di strumenti musicali, un poggiatesta in legno a sostegno della base del cranio durante il sonno, vasi e ciotole – danno un’idea delle condizioni in cui vivevano la famiglia reale e la nobiltà.

La sala n° 6 nel nuovo percorso del museo Egizio di Torino con i reperti provenienti da Deir el Medina

Una scena dipinta all’interno delle tombe reali

Un’altra sezione della mostra è dedicata agli operai e artigiani impegnati nel tagliare e decorare le monumentali tombe rupestri dei re e delle regine del Nuovo Regno. I reperti esposti a San Pietroburgo, che costituiscono una componente importante delle collezioni del museo Egizio di Torino, provengono dal villaggio di artigiani e artisti posto in una conca tra le montagne di Tebe e la collina Qurnet Murai, in un sito ora conosciuto come Deir el-Medina. Le tombe realizzate dagli abitanti di Deir el-Medina hanno avuto un destino complicato. Sono state saccheggiate, probabilmente già alla fine del Nuovo Regno, e alcune sono state utilizzate per sepolture successive. Per molti secoli, le tombe dei principi reali dimenticati sono servite come tombe di famiglia per l’elite di Tebe. Completano l’esposizione un certo numero di sarcofagi, trovati nelle tombe di Khaemwaset e Seth-suo-khopsef, due figli di Ramses III (1198-1166 a.C.), e utilizzati come depositi per una famiglia sacerdotale del XXV dinastia (722-656 a.C.). Tracce di bruciature ancora visibili su alcuni dei sarcofagi possono essere collegate al saccheggio delle tombe, senza dimenticare che monaci cristiani sono noti per aver usato gli antichi sarcofagi come legna da ardere.

Gruppi scultorei dal museo Egizio di Torino all’Ermitage di San Pietroburgo

Chiude il percorso della mostra la presentazione dei papiri funerari della ricca collezione Drovetti che, probabilmente, provengono anch’essi dalla necropoli tebana. Questi papiri sono della stessa età dei sarcofagi e riportano i capitoli del Libro dei Morti (una raccolta di formule rituali che consentono al defunto di passare in modo sicuro attraverso il mondo prossimo e unirsi con Osiride e le anime dei beati) e l’Amduat, un importante testo funerario che descrive il viaggio notturno del Sole e la sua vittoria contro tutti i pericoli. Il defunto, identificato con il Sole nel corso di questo viaggio, vince i suoi nemici e diventa immortale come il dio Ra.