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Festa-incontro al museo Pigorini di Roma per l’uscita del libro “Racconti da museo. Storytelling d’autore per il museo 4.0” a cura di Cinzia Dal Maso: “Nei musei, le storie danno vita agli oggetti, e ci fanno sentire il contatto diretto con la vita vera di altri mondi”

Il museo Preistorico etnografico “Luigi Pigorini” all’Eur di Roma

La locandina dell’incontro “L’arte di raccontare l’arte” al museo Pigorini di Roma

Sarà una festa-incontro. L’appuntamento “L’arte di raccontare” è giovedì 17 maggio 2018 alle 17 al museo preistorico etnografico “Luigi Pigorini” all’Eur di Roma. L’occasione è di quelle ghiotte: l’uscita del libro “Racconti da museo. Storytelling d’autore per il museo 4.0”, a cura di Cinzia Dal Maso, pubblicato da Edipuglia, che raccoglie riflessioni di professionisti che hanno voluto mettere la loro arte di narratori al servizio dei musei, e in generale della comunicazione dei beni culturali. Gente che ha restituito la vita del passato con la penna, i pennelli, la cinepresa, la grafica, la realtà virtuale, i social media. Che svela i segreti del proprio mestiere e ragiona sul senso profondo di quel che fa. Ognuno a modo suo ma con fili che s’intrecciano e si rincorrono, e un punto fermo per tutti noi: il racconto è il modo migliore per creare attorno al museo una vera comunità. Ne parleranno: Filippo Maria Gambari, Antonio Lampis, Daniele Manacorda con la partecipazione di: Vincenza Ferrara, Marianna Marcucci, Rita Petruccioli, Luca Peyronel, Andrea Pugliese, Alessandro Rubinetti e degli autori Chiara Boracchi, Cinzia Dal Maso, Giuliano De Felice, Aldo Di Russo, Adele Magnelli.

La copertina del libro “Racconti da museo. Storytelling d’autore per il museo 4.0”, a cura di Cinzia Dal Maso, pubblicato da Edipuglia

L’home page di Archeostorie.it

La giornalista e scrittrice Cinzia Dal Maso

“Bisogna raccontare, sempre di più e meglio. Il passato ha continuo bisogno delle nostre storie per conservarsi nel presente”, interviene la curatrice Cinzia Dal Maso, giornalista e scrittrice, che si occupa di archeologia da una vita. Ha curato con Francesco Ripanti “Archeostorie. Manuale non convenzionale di archeologia vissuta” (Cisalpino 2015) e ora dirige “Archeostorie. Journal of Public Archaeology” (www.archeostoriejpa.eu) che, assieme all’omonimo “Magazine” (www.archeostorie. it), promuove lo storytelling come strumento privilegiato di dialogo tra passato e presente. Questo libro delinea le caratteristiche del “narratore da museo” e le tecniche che deve mettere in campo. Realizzato dal team del Centro studi per l’archeologia pubblica Archeostorie®, si propone come prima guida per chiunque voglia cimentarsi nell’arte del racconto da museo. Chiunque voglia, grazie al racconto, creare attorno al museo una vera comunità. “Racconti da museo”, che delinea le caratteristiche del “narratore da museo” e le tecniche che deve mettere in campo, è stato realizzato proprio dal team del Centro studi per l’archeologia pubblica Archeostorie®, e si propone come prima guida per chiunque voglia cimentarsi nell’arte del racconto da museo. Chiunque voglia, grazie al racconto, creare attorno al museo una vera comunità. “Perché – assicura Cinzia Dal Maso – sono le storie a tenere in vita il mondo, a creare le comunità: si dice che una civiltà che non racconta più storie, è destinata a frantumarsi e morire. Nei musei, le storie danno vita agli oggetti, e ci fanno sentire il contatto diretto con la vita vera di altri mondi. Ma raccontare è un’arte: in realtà un misto di conoscenze, tecnica e arte. E quando il racconto entra in museo, le ultime due devono piegarsi alla conoscenza, essere al servizio del messaggio del museo. La fantasia deve seguire binari precisi. Per fare questo, servono persone capaci di narrare e al contempo dialogare con la ricerca scientifica. Professionisti che sappiano restituire la vita con la penna, i pennelli, la macchina fotografica, la cinepresa, la grafica, la realtà virtuale, i social media. Ogni strumento possibile, anche quello che ancora non c’è: perché l’importante non è lo strumento ma la storia”.

Roma, al museo delle Civiltà all’Eur arriva la “coppia inseparabile”: sono le statue in terracotta di Dewi Sri e Sadono, divinità del pantheon indonesiano, recuperate dai carabinieri a Monte Tuscolo

Le statue in terracotta di Dewi Sri e Sadono recuperate dai carabinieri nei pressi di Roma e consegnate al museo delle Civiltà all’Eur (foto su gentile concessione del museo delle Civiltà)

Una fase dei restauri nel Laboratorio di conservazione e restauro del Muciv (foto su gentile concessione del museo delle Civiltà)

Nel pantheon indonesiano rappresentano Loro Blonyo, la “coppia inseparabile”: lei è Dewi Sri, dea della fertilità e dei raccolti di riso, lui è Sadono, il suo sposo. Due statuette in terracotta, databili tra il XVIII e il XIX secolo, di Dewi Sri e di Sadono, originarie della regione di Yogyakarta (Giava centrale), sono state rinvenute casualmente in località Monte Tuscolo nel territorio di Monteporzio Catone, vicino a Roma, e  consegnate al Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale che le ha affidate in custodia all’Ufficio Sequestri del Museo delle Civiltà, museo d’arte orientale “Giuseppe Tucci”, dove sono state sottoposte a un attento restauro da parte del Laboratorio di conservazione e restauro del Muciv. “L’ambiente di giacitura subaereo esterno”, spiegano gli esperti, “le ha esposte, nel tempo, all’azione aggressiva di svariati fattori di degrado quali: sbalzi termici, acqua, infiltrazioni saline, vento, luce, sostanze acide, inquinamento, organismi biologici”. Le due figure, una maschile e una femminile, sono realizzate in ceramica a pasta porosa tramite formatura manuale. Le ricche vesti,  gli ornamenti, le acconciature e i copricapo, sono resi dalla lavorazione dell’argilla. Sono rappresentate in posizione seduta sui talloni col busto eretto e le braccia  rilassate poggiate sulle cosce (Vajrasana – posizione del diamante), con espressione di meditazione assorta e di ieratico distacco.

La “coppia inseparabile” della dea delle fertilità Dewi Sri e del suo sposo Sadono: le statue dopo i restauri da martedì 13 febbraio esposte al Muciv (foto su gentile concessione del museo delle Civiltà)

Martedì 13 febbraio 2018, alle 11, nella sala conferenze del museo “Luigi Pigorini”, una delle sedi espositive del Muciv, all’Eur, “Conferenza sui beni culturali recuperati dal nucleo operativo dei Carabinieri TPC” durante la quale saranno consegnate le due statuette in terracotta di Dewi Sri e Sadono alla presenza del colonnello Alberto Deregibus, vice comandante dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale, e del tenente colonnello Nicola Candido, comandante del Reparto Operativo CC TPC. Al termine della conferenza, durante la quale i reperti recuperati saranno esposti, le due opere d’arte verranno consegnate dai Carabinieri TPC al direttore del museo delle Civiltà, Filippo Maria Gambari, per la loro definitiva esposizione al pubblico.

Roma, a 50 giorni dalla chiusura di Palazzo Brancaccio al Pigorini dell’Eur apre la mostra “Aperti per lavori” con la prima selezione di 650 oggetti delle collezioni del museo di Arte orientale “Tucci”. E a gennaio mostra sulle missioni Ismeo, dallo Swat in Pakistan a Ghanzi in Afghanistan a Shahr-e Sokhta in Iran

Il museo Pigorini si affaccia su piazza Marconi all’Eur ospiterà la prima selezione di oggetti delle collezioni del Mnao

Filippo Maria Gambari, direttore del museo delle Civiltà, che accorpa il museo Pigorini, il museo Tucci, il museo dell’Alto Medioevo e il museo delle Arti e tradizioni popolari

Chiudere per rinascere. Lasciare la vecchia sede nel cuore di Roma per raddoppiare gli spazi espositivi nella nuova all’Eur. Il direttore del museo delle Civiltà, Filippo Maria Gambari, l’aveva detto, respingendo ogni accusa e polemica: per il museo d’Arte orientale “Giuseppe Tucci” il 31 ottobre 2017 non si celebra il de profundis. Semplicemente – anche se si tratta di un progetto complesso e ambizioso – le ricche e preziose collezioni hanno lasciato Palazzo Brancaccio in via Merulana a Roma, ormai inadeguato perché si tratta di una residenza privata data in affitto, e iniziato a traslocare in piazza Marconi all’Eur: un’operazione di almeno tre anni (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2017/10/31/il-museo-nazionale-darte-orientale-giuseppe-tucci-a-roma-non-chiude-ma-raddoppia-il-direttore-del-muciv-anticipa-lambizioso-progetto-per-il-trasferimento-in-tre-an/). Sono passati cinquanta giorni dalla chiusura della sede di Palazzo Brancaccio, e all’Eur arrivano le preziose collezioni del museo Tucci: un laborioso e impegnativo trasferimento del museo d’arte orientale che si prevede di concludere per la fine di gennaio 2018. Intanto ecco il primo evento.

Il ritratto di Batmalkû e Hairan sul rilievo funerario palmireno conservato al museo Tucci di Roma

In attesa dell’innovativa esposizione negli spazi recentemente acquisiti dal Mnao programmato per la fine del 2019, giovedì 21 dicembre 2017, alle 16:30 si inaugura la mostra “Aperti per lavori” che consentirà al pubblico di rivedere nel contesto dei locali del museo Preistorico etnografico “Luigi Pigorini” tutte le sezioni del museo d’Arte orientale: più di 60 vetrine con oltre 650 preziosi reperti provenienti dalla Spagna moresca alla Birmania, dall’Iran all’area himalayana, dall’India alla Corea. “Aperti per lavori” è una mostra  temporanea destinata a crescere nel tempo – spiega la direzione del Muciv –: “Man mano che gli oggetti arriveranno all’Eur sarà arricchita, rendendo il pubblico partecipe di questo work in progress”. Insieme alla celebre stele di Palmira, alle porcellane cinesi, alle armature giapponesi, alle divinità tibetane, ai celandon coreani e ai rilievi del sud Arabia, i visitatori troveranno fin dal 21 dicembre anche nuovi percorsi descrittivi che consentiranno di riavviare da subito l’importante attività didattica e culturale precedentemente svolta nella vecchia sede di via Merulana. “Entro la fine di gennaio sarà poi aperta al pubblico una mostra tematica temporanea sulle missioni archeologiche dell’IsMEO, presso l’altra sede del museo delle Civiltà nel Palazzo delle arti e tradizioni popolari, nella quale saranno esposti i rarissimi fregi di arte del Gandhara nella valle dello Swat in Pakistan, con episodi della vita del Buddha, i preziosi marmi dal Palazzo del Sultano Mas’ud III a Ghazni in Afghanistan e i reperti provenienti dall’antica città di Shahr-i Sokhta sulle vie carovaniere tra Vicino Oriente e Asia centrale”.

Il museo nazionale d’Arte orientale “Giuseppe Tucci” a Roma non chiude ma raddoppia: il direttore del Muciv anticipa l’ambizioso progetto per il trasferimento in tre anni delle collezioni da Palazzo Brancaccio in via Merulana all’Eur. Ecco i progetti di mostre e allestimenti temporanei fino all’apertura nel 2019

Palazzo Brancaccio, sede storica del museo nazionale d’Arte orientale “Giuseppe Tucci”, in via Merulana a Roma

Cosa c’è di vero nella chiusura del museo nazionale d’Arte orientale “Giuseppe Tucci” in via Merulana a Roma il 31 ottobre 2017? Che fine faranno le preziose collezioni? Sono solo notizie false, quelle fake news di cui tanto si parla? Respinge tutti questi allarmi Filippo Maria Gambari, direttore del museo delle Civiltà, istituto autonomo che ha accorpato il museo Tucci, e che da tempo è bersaglio di petizioni, manifestazioni, post, con domande sul futuro del museo e delle sue collezioni, sulla valorizzazione del suo patrimonio, sulla possibilità di poterlo rivedere. Gambari non si limita a smentire che la chiusura del 31 ottobre sia la tomba del Mnao, ma cerca di rispondere a ogni dubbio sollevato anticipando quanto verrà illustrato al pubblico nell’incontro “Aperti per lavori. Le prospettive e i progetti del museo delle Civiltà”, in programma il 1° novembre 2017, alle 10.30, al museo Preistorico etnografico “Luigi Pigorini” all’Eur di Roma. Così si scopre che c’è un preciso progetto di potenziamento delle collezioni di via Merulana, finanziato come investimento con circa 10 milioni di euro su fondi Cipe nel triennio 2017-2019: “Un passo di adeguamento e potenziamento del museo delle Civiltà”, sottolinea Gambari, “ma anche un’occasione unica per una reale rinascita e innovazione del museo d’Arte orientale Giuseppe Tucci”.

Filippo Maria Gambari, direttore del museo delle Civiltà, che accorpa il museo Pigorini, il museo Tucci, il museo dell’Alto Medioevo e il museo delle Arti e tradizioni popolari

Tre anni per rinascere. Il direttore del Muciv snocciola le tappe del progetto. “Si parte in dicembre 2017 con la mostra “Aperti per lavori”:  su una superficie circa pari all’attuale superficie museale saranno disponibili al pubblico, in una mostra temporanea negli spazi disponibili del museo Preistorico etnografico nazionale Pigorini, i più rappresentativi materiali delle diverse sezioni del museo (circa un 40% del totale). A gennaio 2018 è prevista una prima presentazione antologica temporanea delle collezioni Ismeo e Isiao nei locali del museo di Arti e tradizioni popolari. Verso maggio 2018 si inaugurerà nel Salone delle Scienze del museo Pigorini una mostra temporanea di costumi cinesi, in occasione degli scambi Italia-Cina nell’ambito del progetto Via della Seta 4.0. Verso ottobre, per il centocinquantenario dell’avvio delle relazioni diplomatiche tra Italia e Thailandia, si inaugurerà una grande mostra in cui saranno esposti, con altri in prestito, i reperti da quest’area provenienti dalle collezioni del museo d’Arte orientale e del museo Pigorini. Nel 2019 saranno aperti gradualmente tutti i nuovi allestimenti delle sezioni d’arte orientale, aggiornati e finalmente resi consoni ai principi più avanzati della museografia europea, nei nuovi spazi Inail a lato dello sviluppo delle sezioni Preistoriche ed etnografiche (che si estendono su una superficie che risulta oltre il doppio delle attuali e più fruibile), con caffetteria, bookshop, oggettistica e tutto quanto risulta indispensabile per un museo nazionale contemporaneo, concepito come aperto e inclusivo e non come un salotto antiquario. Tutto questo ovviamente non era e non sarebbe mai stato possibile a Palazzo Brancaccio in via Merulana”.

Il museo Pigorini si affaccia su piazza Marconi all’Eur dove si articoleranno tutte le sedi del museo delle Civiltà

Il Mnao muoverà dunque dal centro storico di Roma all’Eur. Proprio il museo delle Civiltà, come previsto alla sua fondazione nel 2016, è al momento fortemente impegnato nel trasferimento – e nel riallestimento molto rapido all’Eur in nuovi spazi messi a disposizione dall’Inail sempre nel complesso di piazza Guglielmo Marconi – del museo d’Arte orientale “Giuseppe Tucci”. “Un compito complesso”, continua Gambari, “perché è la prima volta, dallo spostamento un po’ tumultuoso all’Eur del museo Pigorini tra il 1975 e il 1977, che si rilocalizza in Roma un grande museo nazionale. Ben consapevoli di questo, dopo un’approfondita fase di progettazione, si è giunti al programma di lavoro che tutto il personale del Muciv, che comprende anche il personale del Mnao con tutti gli specialisti delle singole sezioni, sta affrontando con grande professionalità e senso di responsabilità”. Attualmente le collezioni in via Merulana sono fruibili solo in parte perché, anche senza contare i depositi, circa un quarto delle sale espositive sono chiuse al pubblico, a causa di un principio di incendio per un cortocircuito dell’impianto di condizionamento nell’agosto 2016, che ha costretto a uno sgombero d’urgenza il museo.

I preziosi interni di Palazzo Brancaccio che ha ospitato le collezioni di arte orientale

Il museo d’Arte orientale occupa gli spazi di Palazzo Brancaccio in via Merulana a Roma dal 1957. “Quella sede, provvisoria e in affitto da privati, fu scelta solo perché sede dell’Ismeo, oltre che di una parte della soprintendenza di Ostia. Con il trasferimento verso la fine degli anni ’90 di quest’ultima e dell’Ismeo (proprio per l’improponibilità del protrarsi della locazione) cessa ogni legame strutturale per la permanenza del Mnao in affitto in una sede privata (in contraddizione con quanto disposto in anni recenti dalla spending review e con tutte le prescrizioni della Corte dei Conti sulla valorizzazione del demanio dello Stato e sulla riduzione delle locazioni passive) che, nonostante tutti i canoni versati in circa 60 anni di affitto (più o meno un totale corrispondente a 5 volte l’indennità di esproprio), non ha mai potuto essere acquisita al patrimonio pubblico proprio per i suoi evidenti difetti strutturali. La valorizzazione di Palazzo Brancaccio, di cui l’ex Mnao occupa solo alcuni appartamenti e che ha gli evidenti limiti di una residenza privata vincolata, può e deve avvenire attraverso usi pubblici o privati compatibili e idonei con tale destinazione”.

Le vetrine del museo di Arte orientale in una sala di Palazzo Brancaccio a Roma

La sede di via Merulana – ribadisce Gambari – non è adeguata, in una visione moderna, a ospitare il museo nazionale d’Arte orientale perché si tratta di un condominio in cui i servizi comuni (portineria, scale, ascensore), ormai con evidenti problemi gestionali e di sicurezza, sono condotti da privati, a questo si aggiungano anche probabili contenziosi dell’eredità della principessa Brancaccio che possono interagire con relazioni contrattuali legati al Palazzo. “I problemi strutturali sono notevoli: i passaggi tra le sale sono tipici di una residenza e non adatti all’affluenza di un grande pubblico, manca qualsiasi montacarichi, manca l’ascensore (quello storico, per poche persone, è completamente fuori standard per il servizio al pubblico, e categoricamente proibito a qualsiasi trasporto di materiali anche leggeri). Il cortocircuito con principio d’incendio del 2016 ha messo in evidenza difetti impiantistici e obbliga, per la concessione ex-novo della certificazione di legge, all’adeguamento di impianti e struttura agli alti standard attuali, che mal si adattano, per costi e per impatto sull’apparato murario e decorativo, all’intervento in una delicata struttura residenziale antica di alto pregio in proprietà privata”.

La pianta con la nuova organizzazione degli spazi delle diverse collezioni accorpate nel museo delle Civiltà

E così il “Tucci” andrà all’Eur. “I risparmi operativi alla fine saranno consistenti, anche senza considerare le economie di scala nella gestione accentrata in un’unica struttura attorno a piazza Guglielmo Marconi delle diverse componenti museali del Muciv, ma la motivazione prevalente è quella di valorizzare e potenziare con un’amministrazione corretta, non di risparmiare. L’affitto per un po’ meno di un milione di euro annui dall’Inail (cioè in una sostanziale partita di giro all’interno del patrimonio dello Stato, non un versamento a privati) di oltre 10mila mq di edifici pensati e costruiti dall’origine per ospitare musei, magazzini e mostre rispetto ai 3mila mq di porzioni di un palazzo nobiliare in via Merulana, affittati per circa 700mila euro annui, è ovviamente più vantaggioso e non paragonabile. Gli spazi previsti nella nuova sede di circa mille mq destinati a servizi museali in locazione (ristorazione/caffetteria di qualità, un ampio bookshop specializzato, un temporary shop) saranno anche fonte di canoni che abbatteranno a bilancio consuntivo la locazione stessa. Il fatto che la proprietà di via Merulana abbia offerto un affitto ridotto per 480mila euro, a fronte della limitazione del museo quasi alle sole sale espositive, evoca altre considerazioni. Nel nuovo contratto sarebbero infatti esclusi i locali occupati dalla biblioteca, da un laboratorio e da parte degli uffici”.

Shiva e Parvati: il prezioso rilievo fa parte delle collezioni del museo di Arte orientale

Un futuro per il Mnao nella tradizione o snaturato? Gambari tranquillizza ricercatori e appassionati. “Il museo nazionale d’Arte orientale tendeva già ad essere, pur senza spazi adeguati e senza idonee possibilità di sviluppo, molto più di un museo di oggetti artistici. All’interno del nuovo museo delle Civiltà manterrà la propria identità (e l’intestazione a Giuseppe Tucci), ma si legherà alle eccezionali e non esposte al pubblico collezioni etnografiche dall’Asia del museo Pigorini (come si vedrà già nella mostra sulla Thailandia tra un anno) e si potrà finalmente aprire anche a tutta una serie di visioni trasversali e rivolte a un’utenza più ampia, in una logica di presentazione non solo di oggetti ma di culture, civiltà e occasioni di dialogo e relazioni interculturali. Il nuovo allestimento – conclude – consentirà l’integrazione multimediale, la realtà aumentata, le sollecitazioni emozionali, il multilinguismo, con una realizzazione innovativa che sarà poi estesa di ritorno anche alle sezioni del museo Pigorini, del museo dell’Alto Medioevo, del museo delle Arti e tradizioni popolari”.

Riforma Franceschini: nominati i dieci nuovi direttori di musei e parchi archeologici. Sono italiani, archeologi e storici dell’arte, con esperienza internazionale

Dario Franceschini, ministro per i Beni culturali, plaude alle scelte della commissione

Dario Franceschini, ministro per i Beni culturali, plaude alle scelte della commissione

Archeologi e storici dell’arte chiamati per la Riforma Franceschini dalla commissione presieduta da Paolo Baratta, con Lorenzo Casini (ordinario di diritto amministrativo della Scuola IMT Alti studi di Lucca), Keith Christiansen (storico dell’arte e curatore capo del Department of Eurepean Paintings del Metropolitan Museum of Art di New York), Claudia Ferrazzi (consigliere di Amministrazione del Louvre-Lens) e Michel Gras (archeologo e direttore di ricerca del Centre national de la recherche scientifique di Parigi): con la selezione internazionale per i direttori dei 10 grandi musei e parchi archeologici italiani si è infatti conclusa la seconda fase della riforma, che ha interessato il museo Nazionale romano, il complesso monumentale della Pilotta a Parma, il museo della Civiltà di Roma, il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma, il museo storico e il parco del Castello di Miramare a Trieste, il parco archeologico dei Campi Flegrei a Napoli, il parco archeologico dell’Appia antica a Roma, il parco archeologico di Ercolano a Napoli, il parco archeologico di Ostia antica a Roma, Villa Adriana e Villa d’Este a Tivoli. Due dei 10 nuovi direttori rientrano in Italia dopo un’esperienza professionale all’estero: si tratta di Andreina Contessa, scelta per il Castello di Miramare di Trieste, che arriva dal Nahon Museum of Italian Jewish Art di Gerusalemme, e Simone Verde scelto per dirigere la Pilotta a Parma, che viene dal Louvre di Abu Dhabi. Sei dei nuovi direttori sono archeologi e quattro storici dell’arte, mentre sei, tre funzionari e tre dirigenti, provengono dal Mibact. “Con queste 10 nomine di grande levatura scientifica”, interviene il ministro Franceschini, “sono state riconosciute le eccellenze italiane, con particolare riferimento all’archeologia e alla storia dell’arte. La commissione ha fatto un grande lavoro e ha offerto al direttore generale dei Musei del Mibact, Ugo Soragni, e a me la possibilità di scegliere in terne di assoluto valore. I nuovi direttori sono italiani con elevata professionalità nella direzione del patrimonio culturale, con alcuni che tornano nel nostro Paese dopo importanti esperienze all’estero”. Il ministro ha scelto il direttore del museo nazionale Romano, mentre il dg Soragni ha scelto i direttori degli altri 9 musei e parchi archeologici. Vediamo le dieci schede.

Daniela Porro, neo direttore del museo nazionale Romano

Daniela Porro, neo direttore del museo nazionale Romano

MUSEO NAZIONALE ROMANO (ROMA): Daniela Porro, storica dell’arte. Entrata nel 1985 al Mibact dove dal 2009 è dirigente storico dell’arte. Dal 2012 al 2015 ha diretto la soprintendenza speciale per il Patrimonio storico-artistico ed etnoantropologico e per il polo museale della città di Roma. Dal 2015 è segretario regionale del Lazio. È considerata tra i dirigenti più esperti nel settore museale.

Simone Verde, neo direttore del Complesso della Pilotta

Simone Verde, neo direttore del Complesso della Pilotta

COMPLESSO MONUMENTALE DELLA PILOTTA (PARMA): Simone Verde, storico dell’arte. Dal 2014 è responsabile della ricerca scientifica e della produzione editoriale del Louvre-Abu Dhabi negli Emirati Arabi, dove ha anche coordinato l’equipe scientifica dell’Agence France-Muséums. Curatore di mostre e docente, è autore di noti saggi nel settore del patrimonio culturale.

Filippo Maria Gambari, neo direttore del museo delle Civiltà

Filippo Maria Gambari, neo direttore del museo delle Civiltà

MUSEO DELLE CIVILTÀ (ROMA): Filippo Maria Gambari, archeologo. Dirigente dal 2009 del Mibact dove è entrato nel 1979. Soprintendente per i beni archeologici dell’Emilia Romagna dal 2010 al 2014, della Lombardia dal 2014 al 2016, e poi della Sardegna. Archeologo con una vasta esperienza sul campo e dall’alto profilo scientifico.

Valentino Nizzo, neo direttore del museo etrusco di Villa Giulia

Valentino Nizzo, neo direttore del museo etrusco di Villa Giulia

MUSEO NAZIONALE ETRUSCO DI VILLA GIULIA (ROMA): Valentino Nizzo, archeologo. Dottore di ricerca in Archeologia, dal 2010 funzionario archeologo della soprintendenza Archeologica dell’Emilia Romagna. Ha all’attivo numerose attività di scavo e ricognizione archeologica antecedenti all’ingresso nel Mibact. Autore di diverse pubblicazioni.

Andreina Contessa, neo direttore del Castello di Miramare

Andreina Contessa, neo direttore del Castello di Miramare

MUSEO STORICO E PARCO DEL CASTELLO DI MIRAMARE (TRIESTE): Andreina Contessa, storica dell’arte e curatrice museale. Dal 2009 è direttore del Nahon Museum of Italian Jewish Art a Gerusalemme. Dal 1994 ha insegnato storia dell’arte in Europa e negli Stati Uniti. Autrice di numerose pubblicazioni, ha curato diverse mostre, realizzando direttamente anche documentari e altri prodotti multimediali.

Adele Campanelli, il neo direttore del parco dei Campi Flegrei

Adele Campanelli, il neo direttore del parco dei Campi Flegrei

PARCO ARCHEOLOGICO DEI CAMPI FLEGREI: Adele Campanelli, archeologo. Dirigente archeologo Mibact dove è entrata nel 1980. Soprintendente per i Beni archeologici delle Province di Salerno, Avellino, Benevento e Caserta dal 2010 al 2014. Dal 2015 al 2016 è stata soprintendente Archeologia della Campania e, poi, soprintendente Archeologia, belle arti e paesaggio dal 2016. Vanta una lunga esperienza sia nella tutela del territorio, sia nella gestione e nella direzione di istituti e luoghi della cultura.

Rita Paris, neo direttore del parco dell'Appia antica

Rita Paris, neo direttore del parco dell’Appia antica

PARCO ARCHEOLOGICO DELL’APPIA ANTICA: Rita Paris, archeologo. Funzionaria del Mibact dal 1983. Responsabile dei monumenti e delle aree archeologiche dell’Appia antica dal 1996, cura, dal 2006, anche l’Archivio Cederna. È studiosa molto apprezzata in Italia e all’estero.

Francesco Sirano, neo direttore del parco di Ercolano

Francesco Sirano, neo direttore del parco di Ercolano

PARCO ARCHEOLOGICO DI ERCOLANO: Francesco Sirano, archeologo. Funzionario Mibact dal 1999, ha maturato importanti esperienze nella gestione e nella tutela delle aree archeologiche della Campania. Autore di numerose pubblicazioni, è abilitato all’insegnamento come professore universitario in Italia e in Francia.

Fabrizio Delussu, neo direttore del parco di Ostia antico

Fabrizio Delussu, neo direttore del parco di Ostia antico

PARCO ARCHEOLOGICO DI OSTIA ANTICA: Fabrizio Delussu, archeologo. Direttore e curatore del museo Archeologico di Dorgali, in Sardegna, dal 2012 al 2016. Docente e ricercatore all’università di Sassari dal 1998, vanta una decennale esperienza nei rapporti con le pubbliche amministrazioni, con specifico riguardo alla archeologia.

Andrea Bruciati, neo direttore di Villa Adriana

Andrea Bruciati, neo direttore di Villa Adriana

VILLA ADRIANA E VILLA D’ESTE (TIVOLI): Andrea Bruciati, curatore e storico dell’arte. È stato direttore artistico di ArtVerona e di BJCEM 2015, la biennale di giovani creativi dell’Europa (Milano 2015). Ha all’attivo numerosi progetti curatoriali e numerose pubblicazioni su riviste di settore.