Archeologia in lutto. È morta a Berlino, prematuramente, a 69 anni, Fedora Filippi, la “signora” della Domus Aurea, di cui è stata per anni direttore scientifico: archeologa di chiara fama e intellettuale raffinatissima, capace di spaziare dalla letteratura, alla musica, all’arte. Il ricordo di colleghi e amici

Archeologia in lutto: il 5 gennaio 2022 è morta, a Berlino, prematuramente, a 69 anni, Fedora Filippi, la “signora” della Domus Aurea, di cui è stata per anni direttore scientifico: archeologa di chiara fama e intellettuale raffinatissima, capace di spaziare dalla letteratura, alla musica, all’arte. “È nella luce soffusa della Domus Aurea, fra i meravigliosi colori che la adornano che vogliamo ricordare Fedora Filippi”, scrivono archeologi ed archeologhe del parco archeologico del Colosseo. “Oggi ci ha lasciato una grande archeologa, di grande intelligenza ed energia. Non solo una collega, una guida illuminata e solerte, un’amica sensibile. L’abbiamo amata per la sua tenacia, l’abbiamo stimata per la sua professionalità e cultura. Quello che lei ha iniziato abbiamo il dovere di portarlo a termine. Ciao, cara Fedora”. “Intelligente e riservata, scrupolosa negli studi e nella comunicazione, ma allo stesso tempo generosa e dotata di una fine ironia che riservava alle persone che riuscivano a farle breccia nel cuore”: così la descrivono quanti hanno avuto modo di lavorare con lei o semplicemente di conoscerla.

Alessandro D’Alessio è il nuovo direttore del parco archeologico di Ostia antica
“È con sommo sconforto e profonda tristezza che apprendo della prematura scomparsa di Fedora Filippi, archeologa di chiara fama, in forze fino a pochi anni or sono alla gloriosa Soprintendenza Archeologica di Roma”, scrive Alessandro D’Alessio, direttore del parco archeologico di Ostia Antica, già archeologo del parco archeologico del Colosseo e responsabile scientifico della Domus Aurea. “Responsabile per lungo tempo della Domus Aurea, dove ha avuto l’enorme merito di avviare l’impegnativa opera di messa in sicurezza e risanamento delle strutture murarie e degli apparati decorativi di uno dei monumenti più importanti e delicati della città, e ancora della ricerca e tutela nell’area del Campo Marzio, cui ha pure dato un contributo di primo piano, Fedora è stata una studiosa di altissimo livello e un Funzionario esemplare del nostro Ministero. Personalmente mi mancherà sempre il confronto con la sua intelligenza e lungimiranza. A nome mio e di quello che fu lo staff della Domus Aurea sotto la sua e poi mia responsabilità, esprimo a Henner, ai familiari e agli amici tutti di Fedora le mie più sentite condoglianze e il rammarico per la gravissima perdita”.

Daniela Porro, soprintendente speciale ABAP di Roma
Cordoglio per la prematura scomparsa dell’archeologa Fedora Filippi è stato espresso anche dalla soprintendenza speciale di Roma. “Con profonda tristezza”, scrivono il soprintendente Daniela Porro e gli archeologi della Sabap Roma, “apprendiamo la notizia della prematura scomparsa di Fedora Filippi, archeologa di fama internazionale e fino a pochi anni fa in servizio presso la soprintendenza Archeologica di Roma e nostra apprezzata e stimata collega. Fine studiosa e eccellente archeologa, Fedora ha dedicato la sua carriera lavorativa alla salvaguardia, allo studio e alla valorizzazione del patrimonio archeologico e culturale di Roma, dedicandosi in particolare alla tutela dell’area centrale. Prima fra tutte va ricordata la sua attività come direttore della Domus Aurea dove ha portato avanti la messa in sicurezza e il restauro del monumento e, con la consueta lungimiranza, ne ha reso partecipe il grande pubblico in tempo reale.


La copertina del libro “HORTI ET SORDES. Uno scavo alle falde del Gianicolo”
Responsabile della tutela archeologica delle aree di Campo Marzio e Trastevere, è stata autrice di scoperte archeologiche di grande importanza, come le scuderie imperiali di via Giulia, il complesso sotto la Rinascente in via del Tritone, gli Horti alle falde del Gianicolo, solo per ricordarne alcune e che spesso sono confluite in pubblicazioni scientifiche di grande spessore come “Horti et sordes. Uno scavo alle falde del Gianicolo” del 2008 e “Campo Marzio. Nuove ricerche” del 2016. Nella sua attività – continuano – ha sempre messo in primo piano anche la divulgazione, curando mostre di grande impatto e respiro e che testimoniano il suo interesse e curiosità anche per argomenti diversi, come “I colori del fasto. La domus del Gianicolo e i suoi marmi” del 2005, “Ricostruire l’antico prima del virtuale. Italo Gismondi un architetto per l’archeologia” del 2007, “I colori dell’archeologia. La documentazione archeologica prima della fotografia a colori” del 2009. Durante gli anni in Soprintendenza ha curato anche la sistematizzazione e informatizzazione dei dati dell’archivio storico archeologico, organizzandoli in una banca dati consultabile on-line e ha coordinato l’attività di tutela nell’area centrale. Per tutti noi suoi colleghi, quella di Fedora, è una grande perdita e ci mancheranno molto la sua intelligenza, la sua preparazione e la sua amicizia e affettività. Ai familiari e agli amici le nostre più partecipate condoglianze”.

Un personalissimo ricordo l’ha scritto la giornalista Lucia Conti, direttore de “Il Mitte”, il primo quotidiano online per gli italiani all’estero, inaugurato il 7 maggio 2012 a Berlino. “Per me questa donna dalla mente eccelsa – scrive Lucia Conti – era soprattutto Fedora, o Fedi. L’ho conosciuta per la prima volta a casa dell’amica comune Amelia Massetti, persona straordinaria che tanto le è stata vicina, fino all’ultimo giorno. Ricordo il suo sorriso, la sua eleganza e ricordo il fatto che ci venne naturale chiacchierare. Parlammo del lavoro, delle incombenze del momento, della serata piacevolissima che stavamo vivendo, di cose poco importanti e importantissime, nello schema generale della vita. Il legame si creò subito. Ebbi la grande fortuna e l’onore di essere oggetto della sua stima”. E continua: “Ricordo la sua timidezza, le sue mani che quasi tremavano, la riservatezza estrema che questa donna così elegante e delicata mostrava quando si trattava di venire avanti anche in prima persona, e non solo attraverso i risultati del suo eccellente lavoro. Laddove molti rivendicano titoli e spazi con tracotanza, a volte anche a gomitate, lei nascondeva i suoi successi come se fossero colpe. Però era sempre pronta a farsi violenza e a vincere se stessa, quando si trattava di esporsi per una causa giusta. A casa sua ebbi modo di scorrere alcune tra le sue innumerevoli pubblicazioni scientifiche, che l’avevano resa una star dell’archeologia. E quanto si imbarazzerebbe, se leggesse oggi queste mie parole! Scoprii anche che aveva lavorato a Beirut, con grande successo e in condizioni di estremo pericolo. Ogni tanto spuntava fuori un tassello di quel meraviglioso mosaico che è stata la sua vita professionale e quando accadeva era bellissimo restare in silenzio, a imparare”. Conclude Lucia Conti: “Sinceramente prostrata dalla notizia, mi unisco a chi la amava, è l’unica cosa che posso fare. Quindi abbraccio con tutto il cuore innanzitutto la famiglia, il marito Henner, che è stato straordinario in momenti terribili, e Federica, gemella di Fedora, che sono stata felicissima di conoscere, anche se in circostanze davvero tristi. Fedora è andata via in una giornata uggiosa. Il giorno dopo è spuntato il sole e domina il suo ricordo, più luminoso di quanto sia questo spicchio di luce a cui sto anche dando le spalle. Voglio immaginarla immersa nelle cose che amava: leggere, studiare, viaggiare, esplorare il passato del mondo, le sue passeggiate nel bosco, la purezza assoluta dei monti e i soggiorni in famiglia sul Baltico, quando c’è sole, ma fa ancora freddo”.
L’EAA European Association of Archaeologists ha assegnato al SITAR, il Sistema Informativo Territoriale Archeologico di Roma della Soprintendenza Speciale di Roma il prestigioso Premio per il patrimonio archeologico europeo per il 2021

Il SITAR, il Sistema Informativo Territoriale Archeologico di Roma della Soprintendenza Speciale di Roma, ha conquistato il Premio per il patrimonio archeologico europeo per il 2021, il prestigioso riconoscimento assegnato dalla EAA European Association of Archaeologists, una delle più importanti istituzioni internazionali dedicate allo studio dell’antichità riconosciuta dal Consiglio d’Europa, nell’ambito della conferenza annuale della EAA svoltosi a Kiel dal 6 all’11 settembre 2021. Fondata nel 1994, l’Associazione Europea degli Archeologi ha istituito lo European Archaeological Heritage Prize nel 1999. Un comitato indipendente assegna ogni anno il Premio per l’eccezionale contributo alla conoscenza del patrimonio archeologico europeo e alla sua diffusione, protezione e valorizzazione. “È un premio importante”, dichiara il ministro della Cultura Dario Franceschini, “che dimostra la qualità e il livello di eccellenza raggiunto dalle nostre strutture poste a tutela e valorizzazione dello sterminato patrimonio archeologico romano”. “Un riconoscimento che ci rende orgogliosi”, afferma Daniela Porro soprintendente Speciale di Roma, “perché illumina il lavoro fatto dalla Soprintendenza per rinnovare e rendere accessibile a tutti l’inesauribile patrimonio archeologico della città di Roma. Il Sitar ne è una delle principali risorse, divenuta nel tempo un vero e proprio “mediatore culturale” tra la Pubblica Amministrazione e l’utenza privata, promuovendo la sensibilizzazione dei cittadini sull’importanza culturale della conservazione degli spazi e dei contesti urbani ed extraurbani. Ma il premio ci spinge a fare sempre di più nel campo della tecnologia e della condivisione”.
Dal 2007 il Sitar è un sistema informativo georeferenziato in cui la Soprintendenza immette in rete i dati e le informazioni sui ritrovamenti e i reperti archeologici rinvenuti nel territorio romano. Un progetto open data di archeologia pubblica partecipato, in grado di coinvolgere attraverso internet la cittadinanza e utenti anche di altri paesi. Proprio il carattere innovativo del progetto e la continua implementazione, che ha visto la creazione di un nuovo sito nel 2020, sono alla base del Premio che la EAA ha voluto assegnare quest’anno al Sitar. Dal 2020 Sitar è consultabile attraverso un nuovo sito web più completo e multilingue (www.archeositarproject.it) ricco di risorse, strumenti e tutorial dettagliati per entrare in ogni sezione del progetto, al fine di facilitare le diverse interazioni tra gli utenti, chiamati a dare il loro contributo, e la Soprintendenza. Obiettivo principale è la continua implementazione di un archivio digitale condiviso e di una struttura di elaborazione di big data per il patrimonio archeologico di Roma. Su www.archeositarproject.it è possibile individuare su una mappa i ritrovamenti archeologici del passato e recenti sul territorio romano, corredati da immagini e informazioni. Inoltre il sito offre la mappatura dei vincoli archeologici che facilitano la gestione della tutela, della valorizzazione e delle caratteristiche archeologiche della Capitale. La digitalizzazione degli archivi garantisce inoltre la conservazione nel tempo di Sitar, a oggi il principale deposito archeologico digitale dedicato al patrimonio di Roma, di libero accesso e consultazione. “Il premio della EAA è un importante riconoscimento per la Soprintendenza Speciale di Roma e per il Ministero della Cultura. Tutto questo non sarebbe stato possibile senza un affiatato gruppo di lavoro”, spiega Mirella Serlorenzi, alla guida del Sitar fin dalla sua nascita. “Un premio che ci identifica come uno strumento al servizio della collettività, in grado di offrire liberamente i contenuti e la conoscenza archeologica, ma soprattutto fondamentale per attuare quelle politiche di condivisione e partecipazione sociale sui temi della tutela e conservazione del patrimonio”.
Roma. Dal 1° marzo riapre al pubblico, dopo un lungo restauro, il Mausoleo di Augusto, il più grande sepolcro circolare del mondo antico. La sindaca Raggi: “Restituiamo al mondo un gioiello del patrimonio storico dell’umanità dopo anni di chiusura”. La visita sarà arricchita da contenuti digitali, in realtà virtuale e aumentata, realizzati dalla Fondazione TIM

Stavolta è quella buona: da oggi 1° marzo 2021 riapre al pubblico il Mausoleo di Augusto, il più grande sepolcro circolare del mondo antico, emblema della magnificenza architettonica della romanità. Finalmente il monumento torna accessibile a tutti: ingresso gratuito fino al 21 aprile 2021 (Natale di Roma), ma già sold out. Il Mausoleo era stato chiuso dal 2007 per la partenza delle indagini archeologiche preliminari alla realizzazione del grande progetto di recupero e restauro eseguito da Roma Capitale. L’obiettivo era arrivare “in forma” per il bimillenario della morte di Augusto, nell’agosto del 2014. Ma un “ostacolo” aveva fatto slittare ora a data da destinarsi dell’avvio dei lavori, mancando clamorosamente – nonostante le promesse – l’appuntamento con le celebrazioni del bimillenario. Per il sepolcro del primo imperatore gli anni del degrado e dell’abbandono, insomma, sembravano non avere fine. E si parlò addirittura di “maledizione” quando il 19 agosto 2014, proprio nel giorno del bimillenario e delle visite guidate straordinarie al Mausoleo che ne avrebbero dovuto ricordare i fasti, una conduttura dell’acqua si ruppe e allagò il fossato intorno al monumento, portando tristemente a galla, davanti agli occhi del mondo, erbacce e rifiuti. Sembrava fatta a ottobre 2015 quando, dopo anni di annunci, si era aperta la gara per la prima tranche di lavori al Mausoleo di Augusto. Forte dei 6 milioni di euro messi a disposizione dalla Fondazione Telecom – in aggiunta ai 4,2 milioni di fondi comunali e statali già stanziati -, il Campidoglio aveva annunciato l’inizio del cantiere per “gennaio 2016” e l’apertura al pubblico “nel marzo 2017” (vedi Il Mausoleo dell’imperatore Augusto a Roma aperto eccezionalmente al pubblico nei sabati di giugno. Poi finalmente inizierà il restauro nell’ottantesimo anno della sua chiusura | archeologiavocidalpassato).

Ora ogni polemica è alle spalle. Dopo la prima fase di restauro conservativo terminata nel 2019 e realizzata mediante un finanziamento pubblico di 4.275.000 euro (di cui 2 milioni versati dal Mibact e 2.275.000 da Roma Capitale), è attualmente in corso la fase di valorizzazione del monumento grazie allo stanziamento fornito dalla Fondazione TIM. Grazie agli interventi di restauro del Mausoleo realizzati finora, con la sistemazione di numerose concamerazioni interne e l’avvio dell’allestimento del percorso museale, è stato possibile anticipare a marzo 2021 la fruizione del monumento rispetto ai termini previsti per il completamento delle opere di musealizzazione. Anche con il cantiere in corso, il pubblico potrà quindi effettuare una visita dell’area centrale e accedere agli spazi in sicurezza. Contestualmente ai lavori di completamento del percorso museale e di riqualificazione della piazza, diretti Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, l’area di piazza Augusto imperatore è stata resa fin d’ora più vivibile dallo spostamento dei capolinea dei bus e dall’eliminazione dei parcheggi, con un conseguente guadagno di spazi a tutto vantaggio dei cittadini e della fruibilità dell’area.

La prima giornata ufficiale di visita al Mausoleo di Augusto è stata tenuta a battesimo questa mattina dalla sindaca Virginia Raggi, che ha voluto condividerla con le rappresentanze delle categorie di cittadini particolarmente colpite dalle conseguenze della pandemia: commercianti e commessi, baristi, ristoratori, operai, lavoratori in cassa integrazione, medici, infermieri, volontari della Protezione Civile e sacerdoti, sempre in prima linea per dare supporto durante l’emergenza, e infine studenti e professori dei Centri di Formazione Professionale capitolini, che con grande impegno e sacrificio hanno portato avanti l’anno scolastico superando tutte le difficoltà. Presenti all’apertura delle visite al pubblico anche il presidente della Fondazione TIM Salvatore Rossi, l’assessore allo Sviluppo economico, Turismo e Lavoro Andrea Coia, l’assessora alla Crescita culturale di Roma Capitale Lorenza Fruci, la soprintendente speciale di Roma Daniela Porro, la sovrintendente Capitolina Maria Vittoria Marini Clarelli, il direttore dell’Edilizia monumentale Antonello Fatello e il direttore Musei Capitolini Claudio Parisi Presicce.

“Finalmente riapre il Mausoleo di Augusto, un gioiello del patrimonio storico dell’umanità che restituiamo al mondo intero dopo tanti anni di chiusura”, dichiara la sindaca Virginia Raggi. “Abbiamo lavorato a questo traguardo con impegno e tenacia, sostenuti dal mecenatismo della Fondazione TIM, che ci ha permesso di fare un bellissimo regalo ai cittadini, con la generosità di un’imprenditoria illuminata, sensibile al valore incommensurabile del nostro patrimonio storico, artistico e culturale. Questa prima giornata di visita è il simbolo importante di una ripartenza per la città e per il Paese. Per questo, abbiamo voluto dedicarla alle persone messe a dura prova dall’emergenza sanitaria: Roma valorizza il suo passato, per guardare al futuro insieme ai cittadini”. E Salvatore Rossi, presidente Fondazione TIM: “Siamo orgogliosi di aver lavorato insieme con Roma Capitale per il recupero di uno dei luoghi più importanti dell’archeologia mondiale. Fondazione TIM ha aderito da subito al progetto di restauro e valorizzazione del Mausoleo di Augusto, impegnando complessivamente 8 milioni di euro, per ridare vita a quello che pensiamo sarà uno dei siti più visitati al mondo. È importante che anche mecenati privati collaborino a conservare e promuovere il patrimonio storico e culturale del Paese; è uno degli obiettivi della Fondazione TIM. Lo stiamo facendo mettendo a disposizione non solo denaro ma anche tecnologia: daremo a cittadini e turisti la possibilità di vivere una innovativa esperienza multimediale, che renderà ancora più affascinante e spettacolare la visita del Mausoleo”.

Il Mausoleo potrà essere visitato gratuitamente da tutti fino al 21 aprile, giorno in cui si celebra il “Natale” di Roma. Le prenotazioni, come detto già sold out, saranno nuovamente possibili dal 1° marzo 2021 – per il periodo dal 22 aprile al 30 giugno 2021 –sul sito http://www.mausoleodiaugusto.it, dove si potrà anche pre-acquistare il biglietto d’ingresso. Dal 22 aprile prossimo, e per tutto il 2021, l’accesso resterà sempre gratuito per i residenti a Roma, mentre sarà a pagamento per i non residenti, secondo le tariffe previste per l’anno in corso (4 euro intero; 3 euro ridotto, + 1 euro di prevendita). Le visite, della durata di circa 50 minuti, si svolgeranno dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 16 (ultimo ingresso alle 15), in ottemperanza alle indicazioni del DPCM vigente che prevede la chiusura dei luoghi della cultura nel fine settimana. Coloro che hanno prenotato il sabato e domenica saranno contattati e ricollocati in altre date. A partire dal 22 aprile 2021, inoltre, la visita al Mausoleo sarà arricchita da contenuti digitali, in realtà virtuale e aumentata, realizzati dalla Fondazione TIM. I servizi museali saranno gestiti da Zètema Progetto Cultura.
Dopo oltre tre mesi di chiusura a Roma hanno riaperto i cancelli le Terme di Caracalla il più grande complesso termale dell’antichità giunto fino a noi, un’oasi di bellezza e maestosità nel cuore di Roma. Quattro giorni la settimana, per un massimo di 380 persone al giorno: “Esperienza nuova, più intima”
L’Adagietto della sinfonia n°5 di Gustav Mahler nel video prodotto dalla soprintendenza speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma all’indomani della chiusura di tutti i monumenti per l’emergenza sanitaria rendeva bene lo stato d’animo di tutto il personale, dalla soprintendente all’ultimo addetto, che da un giorno all’altro ha dovuto chiudere le porte ai visitatori. Ma quell’arrivederci con l’impegno ad “accudire” il patrimonio nel silenzio degli spazi culturali era un segnale di speranza. La soprintendenza speciale di Roma, diretta dal soprintendente speciale Daniela Porro, ha lavorato incessantemente per mettere a punto il piano strategico e consentire ai visitatori di fruire nella maniera più ampia possibile dell’area archeologica e del parco reso ancora più affascinante dopo tre mesi di chiusura obbligata. I dispositivi di sicurezza sono stati allestiti, il termoscanner è stato installato all’ingresso, i percorsi sono stati stabiliti per garantire la salvaguardia della salute: tutto è stato preparato per riaprire sabato 13 giugno 2020 i varchi di accesso alle Terme di Caracalla, un’oasi di bellezza e maestosità nel cuore di Roma.
Alle 9 in punto di sabato 13 giugno 2020, dopo oltre tre mesi, i cancelli delle Terme di Caracalla si sono riaperti per accogliere i primi visitatori con i nuovi percorsi rimodulati alla luce delle misure di sicurezza anti Covid-19. Un obiettivo importante per la soprintendenza speciale di Roma diretta dal soprintendente speciale Daniela Porro. “Le Terme di Caracalla tornano a essere il luogo della bellezza e del benessere di Roma”, dichiara il soprintendente Daniela Porro. “Non solo un sito archeologico tra i più importanti e imponenti della Capitale, ma anche un parco verde e lussureggiante, dove poter godere insieme di cultura e quiete. Le Terme spalancano di nuovo le loro porte all’insegna della sicurezza, rivolgendosi ancora di più ai romani e a tutti coloro che desiderano conoscerne il fascino eterno”. E il direttore del sito, Marina Piranomonte: “È un modo nuovo per visitare le Terme, per godere di questo luogo magico in una dimensione più intima e rarefatta. Un’occasione per i visitatori di apprezzare ogni dettaglio delle maestose architetture, dei raffinati mosaici, dei celebri giardini e degli spazi solenni e carichi di storia”.

Il percorso “a senso unico” previsto per le visite delle Terme di Caracalla nel dopo Covid-19 (foto SSABAP-Roma)
Indossando mascherine e rispettando il distanziamento fisico di un metro i visitatori tornano ad essere i benvenuti nel più grande complesso termale dell’antichità giunto fino a noi. In questa fase di ripartenza il complesso archeologico è aperto quattro giorni a settimana dal giovedì alla domenica con orario prolungato dalle 9 alle 19.15, ultimo ingresso alle 18.30 (i biglietti potranno essere acquistati esclusivamente on line sul sito http://www.coopculture.it) per godere al massimo del parco e immergersi nell’area monumentale e scoprirne angoli segreti e preziosi mosaici. È possibile accedere alle Terme in gruppi contingentati di massimo 10 persone ogni 15 minuti consentendo l’ingresso a 40 visitatori ogni ora. Nell’arco della giornata potranno entrare un massimo di 380 persone e, vista la grandezza dell’area del giardino, i visitatori potranno fermarsi tra le aiuole progettate da Rodolfo Lanciani a inizio Novecento e godere della bellezza della natura delle Terme di Caracalla oltre che ammirare l’opera contemporanea di Michelangelo Pistoletto “Il terzo Paradiso” senza preoccuparsi del tempo che scorre. Il percorso obbligato nell’area archeologica vera e propria è invece contingentato. Dunque meno di 400 visitatori al giorno. Ben altri sono i numeri a cui il complesso termale era abituato nell’antichità quando poteva accogliere fino a 8000 persone al giorno oppure, in tempi recenti, gli oltre 250mila turisti all’anno. Come ha sottolineato il direttore del monumento Marina Piranomonte “le vestigia delle Terme di Caracalla ci insegnano il valore della resilienza e la loro capacità di adattarsi alle vicende della storia e a resistere. Le visite in questo nuovo contesto saranno molto più intime, quasi contemplative dando la possibilità a chi verrà alle Terme di Caracalla di immergersi nella silente maestosità delle sue architetture. Un’esperienza nuova per tutti anche e soprattutto per i romani che potranno riscoprire una parte importante della loro storia e della loro città. Abbiamo tutti bisogno di riconciliarci in qualche modo con l’antichità e le terme di Caracalla vi aspettano”.
“Le Thermae Antoninianae”, spiegano in soprintendenza speciale, “un complesso straordinario per dimensioni e decorazioni, rappresentano uno dei grandi edifici imperiali meglio conservati dell’antichità. Furono costruite nella parte meridionale di Roma su iniziativa dell’imperatore Marco Aurelio Antonino Bassiano, detto Caracalla, figlio di Settimio Severo, che inaugurò l’edificio centrale nel 216 d.C. La pianta rettangolare è tipica delle “grandi terme imperiali”: non solo un edificio per il bagno, lo sport e la cura del corpo, ma anche un luogo per il passeggio e lo studio. Il blocco centrale, quello destinato propriamente alle Terme, è disposto su un unico asse lungo il quale si aprono in sequenza il calidarium, il tepidarium, il frigidarium e la natatio. Ai lati, disposti simmetricamente e raddoppiati, le due palestre e gli spogliatoi. Nel recinto che circonda l’area centrale erano presenti le cisterne e le due biblioteche simmetriche, a Sud, due grandi esedre, a Ovest e a Est, e gli accessi principali e le tabernae inserite nello spazio perimetrale, Nord. I sotterranei erano il fulcro della vita del complesso, il luogo in cui lavoravano centinaia di schiavi e di operai specializzati in grado di far funzionare l’ingegnosa macchina tecnologica delle Terme. Conservati per circa due chilometri, i sotterranei erano un dedalo di gallerie carrozzabili dove si trovavano oltre ai depositi di legname, l’impianto di riscaldamento, costituito da forni e caldaie, un impianto idrico, un mulino e il Mitreo, uno dei più grandi conservati nella città di Roma, in cui è ancora oggi riconoscibile la fossa sanguinis, probabilmente utilizzata per i rituali di iniziazione degli adepti del culto. Il Mitreo è parte integrante del complesso termale e denota la forte vicinanza della famiglia dei Severi ai culti di origini orientali”. In attesa di una visita “dal vivo”, eccone una virtuale con un video realizzato per il Natale di Roma, lo scorso 21 aprile 2020, dalla soprintendenza speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma: una visita guidata comodamente da casa alle maestose Terme di Caracalla.
Roma. A Palazzo Altemps i capolavori scultorei dell’antichità classica dialogano con le opere del grande artista del Novecento, Medardo Rosso, con la prima mostra monografica a lui dedicata, che mette in luce una delle specificità del percorso artistico di Rosso: la citazione dell’antico e il tema della copia
“Quanti ‘grandi maestri’ sarebbero sconosciuti e non avrebbero prodotto nulla, se gli antichi non li avessero preceduti?”, scriveva Medardo Rosso. E proprio a questo grande artista del Novecento italiano il museo nazionale Romano apre le rinascimentali sale di Palazzo Altemps di Roma, dove sono esposti capolavori scultorei dell’antichità classica, dopo aver consolidato negli anni recenti l’accoglienza di progetti che hanno messo in relazione l’arte contemporanea con gli spazi del museo. Fino al 2 febbraio 2020 è aperta a Palazzo Altemps la mostra “Medardo Rosso”, la prima mostra monografica dell’artista a Roma, organizzata con il Polo Museale di Milano per l’arte moderna e contemporanea, che documenta come il grande artista abbia posto le basi, tra il 1890 e il 1910, al pensiero moderno sull’idea di copia non più intesa come riproduzione, ma come interpretazione: anticipando le avanguardie artistiche del Novecento. Il confronto con le opere della collezione di sculture antiche di Palazzo Altemps ha consentito ai curatori – Paola Zatti, conservatrice della Galleria d’Arte Moderna di Milano, e Francesco Stocchi, curatore del Museum Boijmans Van Beuningen di Rotterdam – di mettere in luce una delle specificità del percorso artistico di Rosso: la citazione dell’antico e il tema della copia. “Le opere in cera, gesso e bronzo”, scrive Daniela Porro, direttore del museo nazionale Romano, “i materiali più congeniali a Rosso nella rappresentazione di quello che egli stesso definì “spazio fuggitivo della frazione di un secondo” vengono esposte accanto alle fotografie realizzate dall’artista. A partire soprattutto dalla fine dell’Ottocento, la fotografia assume per Rosso il senso di una ricerca autonoma e compiuta, occasione di uno studio sulla materia e sulla luce, ormai svincolato dal confronto con il vero. Ma il carattere originale dell’esposizione è conferito dal tema del dialogo con l’antichità”.
“Nel primi cinque anni del Novecento, viaggiando per l’Europa (Lipsia, Berlino, Dresda)”, continua Porro, “il Maestro scopre collezioni da cui attinge ed esegue copie dall’antico seguendo i costumi dell’epoca, secondo una pratica che ha origini secolari. L’artista riproduce copie da più di venticinque modelli, realizzando oltre cento sculture, prevalentemente in cera e bronzo, a testimonianza dell’attenzione che portava nei confronti dell’antichità e di quei caratteri moderni inviolabili nei secoli. Il problema della copia rappresenta infatti un carattere centrale nella storia dell’arte classica, al punto che per buona parte della sua storia si è identificato con essa”. Nell’Ottocento nacque proprio in Germania una vera e propria scienza nella scienza che prese il nome di Kopienkritik, diventato presto l’approccio metodologico dominante rispetto allo studio di sculture romane classiche. La pratica di Rosso nei confronti dell’antico si iscrive in questo clima storico, in cui l’artista è consapevole di eseguire per lo più copie di copie di opere dell’antichità fino al Rinascimento, inserendole in contesti innovativi. La mostra intende approfondire questi aspetti, dimostrando al tempo stesso come la citazione di Rosso dell’antico non si limiti a un esercizio di mera copia: la sua è piuttosto da intendersi come opera autonoma e consapevole, posta di sovente a confronto diretto con l’originale antico, o più spesso proponendo innovative forme di presentazione di sue opere affiancate a copie dall’antico da lui stesso realizzate. Tali soluzioni allestitive, oltre a rispondere a specifiche esigenze di “miseen-scène” tipicamente appartenenti al concetto di scultura di Rosso, avevano come fine ultimo di creare un confronto serio tra le sue opere e quelle di artisti antichi e contemporanei, dimostrando come il lavoro di alcuni di essi fosse realmente radicato nei canoni dell’arte antica. Ciò a testimonianza, come affermava Rosso stesso, che “le opere della seconda Grecia, sua succursale, del Rinascimento, sottosuccursale di questa (senza parlare della sotto-sottosuccursale di queste catalogata giustamente come “Impero”, completamente fermacarte del signor Antonio Canova) sono tra le epoche più chiuse nell’oggettivismo”.
Bambina ridente – Rieuse – Grande rieuse – Enfant au soleil – Enfant juif – Enfant malade – Uomo che legge – Ecce puer sono i modelli selezionati per seguire l’elaborazione del soggetto che con Medardo Rosso prende vita, in rapporto con la luce e con la materia, divenendo ogni volta un’opera a se stante: un originale. I soggetti dall’antico Antioco III – Niccolò da Uzzano – Memnone – Vitellio – San Francesco, creano invece un rimando incrociato con le antiche sculture custodite a Palazzo Altemps, portando anche su queste nuova luce. Le opere di Rosso spingono a una rilettura della pratica della copia in epoca antica e della storia del collezionismo nel Rinascimento e nell’età barocca, narrata dalla raccolta del Museo. Come avviene per alcuni grandi pittori e scultori tra Otto e Novecento (si pensi in particolare a Degas e Brancusi), esporre le fotografie di Rosso accanto alle sue opere in bronzo, cera o gesso non ha solo un valore documentario ma rappresenta un supporto alla comprensione della sua idea di scultura. La fotografia era per Rosso occasione di manipolazione della materia e della luce, ormai svincolata dal confronto col reale: Rosso fotografa le sue opere per intervenire poi con viraggi, ingrandimenti, scontornature, collages, tracce di materia pittorica, tagli e abrasioni, fino ad accettare l’intervento del caso e dell’errore. Esposte nelle sue mostre accanto alle sculture e pubblicate in libri e riviste, le fotografie devono essere considerate a tutti gli effetti vere e proprie opere di Rosso, e consegnano alla storia un artista che ha saputo vedere ben al di là del suo tempo, verso le manipolazioni dell’immagine che caratterizzano la nostra contemporaneità.






















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