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Archeologia preventiva. In centro storico a Verona scoperte tre strade antiche (ottocentesca, rinascimentale, medievale) sovrapposte durante i lavori per il potenziamento della linea elettrica

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Stradone Maffei a Verona: la trincea con la strada acciottolata ottocentesca e, più sotto. quella rinascimentale (foto sabap-vr)

Da un acciottolato ottocentesco a una strada rinascimentale fino a una glareata medievale scoperte nel cuore di Verona, ma senza arrivare al livello del basolato romano: è stato come sfogliare il libro del tempo lungo stradone Maffei e stradone San Fermo in occasione dello svolgimento di lavori di potenziamento dell’infrastruttura elettrica pianificati con la Fondazione Milano Cortina 2026 e il Comitato Olimpico Internazionale: gli scavi di V RETI, condotti sotto la supervisione della soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio di Verona e preceduti dalle indagini archeologiche, così come stabilito in un accordo siglato appositamente tra l’Azienda e la soprintendenza nel mese di maggio 2023, hanno messo in luce una sequenza di strade precedenti l’attuale.

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Stradone Maffei a Verona: la strada acciottolata del XV secolo emersa nello scavo per la posa dei sottoservizi (foto sabap-vr)

Subito al di sotto della carreggiata è emerso l’acciottolato ottocentesco ben noto da immagini fine XIX sec- inizi XX sec., praticamente immorsato nell’asfalto. A una quota variabile tra -40 e -70 cm si sta mettendo in luce una bella strada in ciottoli con inserzioni di ghiaia, databile verosimilmente intorno al XV sec. e rimasta in uso fino all’XIX sec., come suggerito da una moneta napoleonica ritrovata sul battuto. Ancora, al di sotto, a circa -1 m è emersa una strada glareata, forse attribuibile a epoca medievale.

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Strada glareata medievale scoperta in stradone Maffei a Verona (foto sabap-vr)

Gli scavi non supereranno questa profondità, ma va ricordato che ancora al di sotto dovrebbe trovarsi la strada romana basolata, vista nel 1556 dietro le absidi di San Fermo, riscoperta nel 1973 e oggi in parte visibile in una botola presso la cappella settentrionale.

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Stradone Maffei a Verona: la strada acciottolata del XV secolo emersa dallo scavo per la posa dei sottoservizi (foto sabap-vr)

Le indagini legate alla posa dei sottoservizi, sempre molto difficili per la loro ubicazione in mezzo o ai margini delle carreggiate stradali e in pieno traffico, si confermano un’occasione importantissima per la conoscenza archeologica della città e per ricostruire, come in questo caso, il volto urbanistico della città medievale e moderna.

Archeologia preventiva a Taranto. Durante i lavori di posa delle condotte elettriche in rione Montegranaro sono emerse testimonianze del periodo magno-greco: in particolare, alcune testimonianze che comprendono frammenti di ceramica, materiale votivo e tre tombe a fossa, una con corredo

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Due delle tre tombe a fossa scoperte in via Dante, a Taranto, all’interno del cortile dell’istituto professionale Cabrini: prima e dopo lo scavo (foto patrimonio subacqueo)

Archeologia preventiva: a Taranto è riaffiorata la Magna Grecia. Durante i lavori di posa delle condotte elettriche di E-Distribuzione nel rione Montegranaro a Taranto, svolti con sorveglianza archeologica da parte della soprintendenza nazionale per il Patrimonio culturale subacqueo, sono state rinvenute evidenze riferibili al periodo greco in via D’Alò Alfieri e in via Dante, all’interno del cortile dell’istituto professionale Cabrini a Taranto. Durante i lavori sono emerse, in particolare, alcune testimonianze che comprendono frammenti di ceramica, materiale votivo e tre tombe. “Come accade sempre in questo tipo di situazioni”, spiegano a E-Distribuzione, “abbiamo collaborato e stiamo collaborando con gli archeologi e le istituzioni coinvolte, nello specifico, tra gli altri, con la soprintendenza nazionale per il Patrimonio culturale subacqueo di Taranto, che aveva prescritto il controllo dei lavori ad opera di archeologi proprio allo scopo di evitare danneggiamenti a stratigrafie o strutture antiche eventualmente ancora conservate nel sottosuolo”. Con la disponibilità di E-Distribuzione SpA, hanno avuto così inizio gli interventi di scavo archeologico di emergenza, richiesti dalla soprintendenza nazionale per il Patrimonio subacqueo nelle due aree individuate e condotti dagli archeologi di ETHRA Archeologia e Turismo, sotto la direzione scientifica di Annalisa Biffino della Soprintendenza e con la partecipazione dell’Impresa SOIGEA Srl.

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La grande fossa di scarico quadrangolare scoperta in via D’Alò Alfieri, a Taranto (foto

Gli esperti hanno portato alla luce, in via D’Alò Alfieri, una grande fossa di scarico quadrangolare, larga un metro e mezzo circa e profonda circa sessanta centimetri, contenente frammenti diversi di ceramica (a vernice nera, sovra dipinta, da fuoco e acroma), materiale votivo, e persino una antefissa (elemento di copertura dei tetti) con la figura mitologica di Gorgone: non è ancora possibile datare con precisione l’epoca di realizzazione della fossa, tuttavia da una prima analisi i resti sembrano coprire un arco di tempo compreso tra la fine del VI e il III sec. a.C. Al termine delle attività di scavo e di documentazione l’evidenza è stata opportunatamente protetta e rinterrata per consentire la prosecuzione dei lavori di posa delle condotte elettriche.

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Parte del corredo trovato all’interno della Tomba 2, scoperta in via Dante, a Taranto, all’interno del cortile dell’istituto professionale Cabrini (foto patrimonio subacqueo)

Parallelamente, in via Dante, all’interno del cortile dell’istituto professionale Cabrini, sono state ritrovate tre tombe a fossa scavate nel banco roccioso: una scoperta di valore e che continua a consegnare pezzi della civiltà che ha vissuto nella Città dei due mari. La Tomba 1 non presentava copertura e al suo interno era completamente vuota. La tomba 2, con copertura a doppia lastra lapidea, ha restituito lo scheletro di un individuo (probabilmente femminile) inumato in posizione supina con un corredo costituito una coppetta biansata, un’oinochoe e una lekythos, tutti in ceramica a vernice nera, e da un anellino in bronzo. Gli elementi del corredo, molto diffusi nelle tombe tarantine di età ellenistica, sono inquadrabili nei decenni finali del IV sec. a.C. La tomba 3, di dimensioni molto più ridotte, presentava una copertura a unica lastra sempre in carparo e conservava al suo interno un individuo di età giovanile privo di corredo.

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L’area dove sono state scoperte le tombe a fossa in via Dante, a Taranto, all’interno del cortile dell’istituto professionale Cabrini (foto patrimonio subacqueo)

Le operazioni di scavo all’interno del cortile del I.P. Cabrini, hanno suscitato negli studenti curiosità tale che i docenti hanno portato le classi a visitare lo scavo, nel rispetto delle norme di sicurezza, con la spiegazione delle attività da parte degli archeologi. Al momento, non è ancora stata presa una decisione sulle modalità di prosecuzione dei lavori nell’area delle tombe, che saranno salvaguardate con gli opportuni accorgimenti tecnici. Questi interventi di scavo descritti, cui farà seguito l’attività di studio ed analisi delle evidenze, offrono un esempio di corretta interazione tra la Soprintendenza, ente gestore di pubblico servizio e ditta esecutrice nell’ambito della realizzazione di lavori pubblici, che ha portato alla salvaguardia di significative testimonianze archeologiche.

Roma. All’università La Sapienza, in presenza e on line, il convegno “Archeologia preventiva. Norme, pratica e insegnamento”. E presentazione del nuovo Geoportale Nazionale per l’Archeologia

roma_sapienza_convegno-archeologia-preventiva_locandinaL’università “La Sapienza” torna a promuovere una riflessione sui nessi tra formazione e pratica della ricerca archeologica, nonché, nel caso dell’Archeologia preventiva, a sostenere l’applicazione consapevole, forte e significativa della normativa volta all’implementazione della tutela del patrimonio archeologico, nel pieno spirito della Convenzione de La Valletta (1992), in applicazione della normativa nazionale e in relazione con il Codice degli Appalti. Per il convegno “Archeologia preventiva. Norme, pratica e insegnamento” appuntamento lunedì 10 luglio 2023, dalle 9.30 alle 19, in presenza nell’Odeion – Museo dell’Arte classica al palazzo della facoltà di Lettere a Roma La Sapienza in piazzale Aldo Moro 5; e in streaming sulla piattaforma Zoom al seguente link: https://uniroma1.zoom.us/j92957700587. Si parlerà dell’archeologia preventiva in Italia, anche a fronte delle innovazioni normative e delle necessità legate alle realizzazioni del PNRR. Inoltre, si discuterà del modo e del livello formativo in cui sia più opportuno attuare l’insegnamento della materia, ormai imprescindibile per il mondo del lavoro degli archeologi. L’evento si propone di fare il punto sull’archeologia preventiva, ma sarà anche una importante occasione per consultare, guidati dai rappresentanti dell’Istituto centrale per l’archeologia, il nuovo Geoportale Nazionale per l’Archeologia progettato come punto di raccolta e di condivisione dei dati esito delle indagini archeologiche condotte sul territorio italiano. L’evento vede l’adesione e la partecipazione: degli organi del ministero della Cultura: direzione generale Archeologia Belle Arti e Paesaggio (ABAP), Istituto Centrale per l’Archeologia (ICA), soprintendenze territoriali dal Nord, Centro e Sud Italia (Soprintendenze ABAP di CO-LC-MB-PV-SO-VA; di VT ed Etruria meridionale; per l’Area metropolitana di Napoli; di CS; per la Città metropolitana di Reggio Calabria-VV); delle Stazioni appaltanti nel campo delle grandi infrastrutture viarie e delle energie rinnovabili (ANAS, ENEL Green Power); delle ditte archeologiche (Cooperativa Archeologia; Cooperativa Arkeos); delle associazioni professionali di categoria (associazione nazionale Archeologi; confederazione italiana Archeologi; associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca in Italia); delle università del Nord, Centro e Sud Italia, in relazione all’insegnamento dell’Archeologia Preventiva nei corsi di studio magistrali e nelle Scuole di specializzazione in Beni archeologici (università Ca’ Foscari di Venezia, di Pisa, Sapienza di Roma, del Salento). Durante la sessione del mattino sarà possibile consultare il Geoportale nazionale per l’Archeologia (GNA), su una postazione dedicata, solo per i partecipanti in presenza.

PROGRAMMA: 9.30-9.45, Giorgio Piras, Paolo Carafa: saluti istituzionali; 9.45-10, Alessandro Vanzetti, Veronica Amatucci, Silvia Bucci, Sara Marino: introduzione “Archeologia preventiva e università”. PRIMA SESSIONE: Archeologia preventiva dal centro ai territori. 10-10.15, Luigi La Rocca, DG ABAP; 10.15-10.30, Elena Calandra, Valeria Acconcia, Valeria Boi, Annalisa Falcone, ICA: “Il Geoportale Nazionale per l’Archeologia”; 10.30-10.45, Barbara Grassi, soprintendenza ABAP CO-LC-MB-PV-SO-VA: “Archeologia preventiva e tutela: alcuni casi dalla Lombardia occidentale”; 10.45-11, Margherita Eichberg, Simona Carosi, Biancalisa Corradini, soprintendenza ABAP VT ed Etruria meridionale: “L’Archeologia preventiva sul campo. Il caso della Tuscia”. 11-11.30, pausa caffè. 11.30-11.45, Paola Aurino, Mariano Nuzzo, soprintendenza ABAP CS, Soprintendenza ABAP per l’area metropolitana di Napoli: “Il ruolo degli enti di tutela nei lavori pubblici: normativa, procedure ed esperienze a confronto. Il caso dell’Itinerario Napoli-Bari, variante Napoli/Cancello”; 11.45-12, Fabrizio Sudano, Paola Aurino, soprintendenza ABAP RC-VV, segretariato regionale Calabria, soprintendenza ABAP CS: “Archeologia preventiva in Calabria: problematiche e casi studio”; 12-13, discussione. 13-14.30, pranzo. SECONDA SESSIONE: Archeologia preventiva e università. 14.30-14.45, Daria Pasini, università di Pisa, Scuola di Specializzazione: “Archeologia preventiva: abilità e competenze del progettista archeologo”; 14.45-15, Diego Calaon, università Ca’ Foscari Venezia: “Insegnare il mestiere dell’archeologia preventiva oltre la “norma”: Teorie, CRM (Cultural Resource Management) e contesti internazionali”; 15-15.15, Sara Marino, università di Roma “La Sapienza”: “Archeologia preventiva e università: cosa facciamo in Sapienza”; 15.15-15.30, Paolo Gull, università del Salento: “Archeologia preventiva: una Babele”; 15.30-16, discussione; 16-16.20, pausa caffè. TERZA SESSIONE: Stazioni appaltanti, ditte sul campo, professionisti. 16.20-16.35, Derudas Pina Maria, ANAS Opere a rete strategiche: “Archeologia preventiva nella progettazione e realizzazione delle grandi infrastrutture a rete ANAS”; 16.35-16.50, Stefano Abbate, Enel Green Power Spa, energie rinnovabili: “Il ruolo dell’Archaeology Specialist in Enel Green Power”; 16.50-17.05, Stefano Coccia, Cooperativa Archeologia: “Archeologia preventiva: il ruolo e il contributo dell’impresa specialistica”; 17.05-17.20, Enrico Giannitrapani, Filippo Iannì, Cooperativa Arkeos: “Fare impresa in Sicilia tra archeologia preventiva, ricerca e didattica: l’esperienza di Arkeos”; 17.20-17.35, Alessandro Garrisi, ANA: “Stazione appaltante – Professionista – Soprintendenza: unicuique suum”; 17.35-17.50, Angela Abbadessa, Angela Clara Infarinato,  – CIA – Archeologia preventiva fra tutela e sviluppo infrastrutturale: nuove norme, nuovi strumenti e nuove competenze”; 17.50-18.05, Ludovica Xavier De Silva, ADI: “Del difficile rapporto tra Università e mondo del lavoro: dall’archeologia preventiva alla valorizzazione del titolo”; 18.05-18.45, discussione complessiva.

Capena (Rm). All’Antiquarium di Lucus Feroniae l’incontro “Archeologia preventiva: i recenti ritrovamenti nei territori di Capena, Fiano Romano e Riano”

capena_antiquarium_incontri-archeologia-preventiva_locandinaSabato 13 maggio 2023, alle 16, a Capena (Rm), all’Antiquarium di Lucus Feroniae, l’incontro “Archeologia preventiva: i recenti ritrovamenti nei territori di Capena, Fiano Romano e Riano”. Ingresso libero fino ad esaurimento dei posti disponibili. Dopo i saluti istituzionali del soprintendente, Margherita Eichberg, l’introduzione sarà affidata alla funzionaria archeologa Biancalisa Corradini. Seguiranno gli interventi degli archeologi liberi professionisti Davide Mancini, Mauro Lo Castro, Ilario Di Nardo e Francesco Borsari. All’incontro del 13 maggio ne seguirà un secondo sabato 27 maggio 2023. Gli incontri hanno carattere divulgativo e sono dedicati alla presentazione al pubblico di ritrovamenti archeologici oggetto di scavi recenti e per questo ad oggi inediti. L’obiettivo principale è di promuovere la conoscenza di un patrimonio archeologico ancora per nulla noto sul piano scientifico ed emerso nell’ambito di indagini archeologiche preventive. Sarà infatti oggetto di riflessione anche la funzione dell’archeologia preventiva nel consentire una migliore e più efficace conciliazione tra le esigenze di tutela e conservazione del patrimonio archeologico con le trasformazioni urbanistiche ed edilizie nei territori in esame.

Archeologia preventiva nel Vicentino. Il libro “Il cavaliere longobardo di Monticello di Fara” di Claudia Cenci, edito da SAP, illustra la scoperta della necropoli longobarda tra cui spicca la Tomba del Cavaliere

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Copertina del libro “Il cavaliere longobardo di Monticello di Fara” a cura di Claudia Cenci (SAP società archeologica)

Meraviglie dell’archeologia preventiva. In occasione della realizzazione di un acquedotto nel Comune di Sarego (Vi), gli scavi archeologici, diretti dalla soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio di Verona Rovigo e Vicenza, condotti tra settembre e dicembre 2020, hanno restituito un’estesa necropoli di età longobarda connessa ad un luogo di culto. Sono state indagate oltre 50 tombe databili tra la fine del VI sec. d.C. e la metà del VII sec. d.C., collocate intorno ai resti di opere murarie pertinenti a un edificio di culto altomedievale, secondo un modello funerario di straordinario interesse. Tra i corredi funerari particolarmente degno di nota è quello restituito da una tomba maschile di alto rango, composto da scudo da parata, lancia, spatha, fibbie di cintura, frecce e speroni. In un altro settore dello scavo è stata esplorata una fornace per mattoni che testimonia la preesistenza nella zona di un insediamento produttivo di età romana, databile alla fine del I sec. d.C. Tra le numerose sepolture indagate, si distingue la cosiddetta tomba “del cavaliere”, caratterizzata da uno straordinario corredo in armi longobardo. Ne parla il libro di Claudia Cenci “Il cavaliere longobardo di Monticello di Fara”, edito da SAP Società archeologica srl. I materiali, restaurati con il contributo di Veneto Acque, sono stati studiati ed esposti per la prima volta presso il museo Zannato di Montecchio Maggiore (VI) nel maggio 2022 (vedi Montecchio Maggiore (Vi). Al museo Zannato apre la mostra “Il cavaliere longobardo di Monticello di Fara” sull’eccezionale sepoltura scoperta nel 2020 a Sarego nei lavori per l’acquedotto anti Pfas | archeologiavocidalpassato). Allo scavo e ai reperti rinvenuti è dedicata questa prima pubblicazione, in cui si è volutamente scelto di utilizzare un linguaggio divulgativo, supportato dai disegni ricostruttivi del cavaliere e del suo corredo, realizzati sempre con il rigore scientifico del metodo archeologico.

Archeologia preventiva. A San Severino Marche nel cantiere del futuro supermercato emerge parte della vasta necropoli romana di Septempeda (I-II sec. d.C.): scoperte sepolture a incinerazione e inumazione, con unguentari vitrei, specchio in bronzo, monete, lucerne, aghi crinali e da cucito, fusarole, rasoi. Presenti rituali, architetture funerarie e forme di sepoltura estremamente variegati

Una sepoltura a inumazione dalla necropoli romana di Septempeda scoperta nel cantiere Eurospin a San Severino Marche (foto sabap-an-pu)

I lavori per il cantiere del futuro supermercato hanno riportato alla luce una porzione di un’estesa necropoli romana con sepolture a inumazione e a incinerazione, che ha permesso agli archeologi della soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Ancona e Pesaro e Urbino di ricostruire molti dettagli dei riti funerari romani del I-II sec. d.C. Succede a San Severino Marche (MC), sulla strada Septempedana, nel cantiere Eurospin Tirrenica: le attività di scavo archeologico preventivo svolte tra ottobre 2021 e gennaio 2022 in occasione della costruzione del nuovo punto vendita Eurospin di San Severino Marche, condotte dalla ditta specializzata ArcheoLab di Macerata sotto la direzione scientifica di Tommaso Casci Ceccacci della Sabap per le province di Ancona e Pesaro e Urbino, hanno permesso di mettere in luce un esteso complesso funerario di epoca romana. “Il valore di eccezionalità del contesto archeologico emerso”, spiegano in Sabap, “consiste nella sua appartenenza alla più estesa necropoli occidentale della città romana di Septempeda, sviluppata all’esterno della cinta muraria cittadina in aderenza al percorso viario che la collegava alla città di Nuceria Camellaria (Nocera Umbra) e alla Via Flaminia”.

Il rito dell’incinerazione presente nella necropoli romana di Septempeda scoperta nel cantiere Eurospin a San Severino Marche (foto sabap-an-pu)

L’area sepolcrale, individuata in prossimità del muro di recinzione prospicente la Sp 361, si distingue per la presenza di 14 sepolture articolate lungo i margini meridionali del diverticolo Prolaquense della Flaminia, che attraversando l’antico centro urbano sulla direttrice est-ovest, ne costituiva anche il decumano massimo. Nella sua organizzazione originaria, inquadrabile orientativamente nei primi due secoli dell’impero, lo spazio funerario portato in luce ha uno sviluppo Est-Ovest, distribuendosi parallelamente all’asse viario lungo i margini di una scarpata naturale. Le scrupolose indagini archeologiche eseguite hanno permesso di riconoscere rituali, architetture funerarie e forme di sepoltura estremamente variegati.

Una sepoltura a cremazione dalla necropoli romana di Septempeda scoperta nel cantiere Eurospin a San Severino Marche (foto sabap-an-pu)

“Il rituale della cremazione”, continuano gli archeologi, “è quello maggiormente attestato, officiato sia in maniera diretta, ossia cremando il corpo del defunto all’interno della stessa fossa entro cui veniva deposto, sia in forma indiretta, deponendo i resti combusti in altro contesto in un distinto spazio funerario. I sepolcri a cremazione diretta, meglio noti con il termine busta sepulcra, ospitano grosse pire lignee (“busta“) su cui sono deposti e bruciati i defunti assieme ad alcuni oggetti del corredo personale. Una volta terminato il rogo funebre, i resti ossei vengono raccolti e posizionati al centro della fossa terragna assieme ad ulteriori oggetti di accompagno e l’intero spazio funerario viene sigillato ed enfatizzato dalla costruzione di un vero e proprio sepolcro (“sepulcrum“).

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Struttura sepolcrale con tegole contrapposte a spiovente e sormontate da coppi (foto sabap-an-pu)

Alcune delle tombe indagate conservavano ancora intatta la struttura sepolcrale caratterizzata dalla posa in opera di una o più coppie di tegole contrapposte a spiovente e sormontate nel punto di giunzione da coppi. Le sepolture a cremazione indiretta, invece, mostrano una struttura sepolcrale di minore impegno realizzativo: cassette di forma triangolare o rettangolare, realizzata con tegole appositamente spezzate. All’interno sono deposti i resti osteologici combusti, gli oggetti di corredo, ed i residui del rogo funebre. In questo caso la cremazione dei defunti doveva avvenire in settori marginali della necropoli, all’interno di spazi appositi meglio noti con il nome di ustrina“.

Una sepoltura a inumazione dalla necropoli romana di Septempeda scoperta nel cantiere Eurospin a San Severino Marche (foto sabap-an-pu)

Al rito crematorio è associato anche quello a inumazione, seppur attestato in percentuali minori, come dimostrato dalle 3 tombe a fossa terragna indagate. I defunti, racchiusi in feretri lignei o avvolti in un sudario, sono stati deposti in semplici fosse terragne colmate con sola terra. “Sorprendente è l’integrità e lo stato di conservazione di gran parte dei contesti indagati”, sottolineano gli esperti. “Stupisce la perfetta conservazione dei resti combusti della pira, della lettiga funebre e dei feretri lignei; quest’ultimi chiaramente ricostruibili grazie al mantenimento in fase di decomposizione del materiale organico e della posizione originale dei chiodi”. A rimarcare il carattere “periurbano”, e non marginale, del sepolcreto è anche la presenza di un basamento di forma rettangolare (dimensioni ca 3.50 x 2.50 m), realizzato con una gettata contro terra di calcestruzzo e ciottoli di fiume, e certamente pertinente ad una struttura funeraria un monumentale sviluppo in elevato. Nonostante il pessimo stato di conservazione non permetta di ricondurlo ad una specifica tipologia architettonica, tale presenza sottolinea con fermezza la rilevanza topografica dell’intero contesto, ben visibile a chi si trovava a percorrere l’asse stradale.

Un unguentario vitreo, deformato dal calore della pira, rinvenuto nelle sepolture della necropoli di San Severino Marche (foto sabap-an-pu)

“Le testimonianze materiali recuperate all’interno dei sepolcri, e prontamente consolidate e messe in sicurezza durante le attività di cantiere, documentano solo parzialmente il vasto ed articolato corpus di gesti ed azioni rituali compiuti nella fase preparatoria al funerale, nell’atto stesso ed anche dopo. La maggior parte delle deposizioni, infatti, presenta percentuali consistenti di oggetti riferibili a classi di materiali ampiamente eterogenei. I singoli reperti sono deposti e bruciati all’atto della cremazione ma sono anche aggiunti successivamente, durante la ripulitura del rogo funebre e la risistemazione delle ossa combuste. Tra i materiali combusti stupisce l’elevata presenza di unguentari vitrei, sia frammentari che integri, ma deformati dal calore. Non manca, inoltre, la presenza di oggetti in bronzo tra cui si annovera uno splendido esemplare di specchio con disco circolare ed impugnatura sagomata a balaustro e un anello digitale privo di castone. Un chiaro valore escatologico è assegnato, invece, all’atto consuetudinario e quindi rituale, di deporre monete e lucerne fittili, puntualmente rinvenute in quasi tutti i sepolcri”.

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Il rinvenimento di uno splendido esemplare di specchio con disco circolare dalla necropoli di San Severino Marche (foto sabap-an-pu)

“Altre tipologie di materiali – conclude la nota della Sabap – forniscono suggerimenti utili per determinare il sesso del defunto, rimandando a stereotipi comunemente rappresentati da oggetti tipici dell’abbigliamento personale e di specifiche attività svolte nel quotidiano. Per la componente femminile, percentualmente più rappresentata, si fa riferimento alla presenza di aghi crinali utilizzati per fissare le acconciature e di aghi da cucito, steli da fuso e fusarole in osso che alludono alla tipica attività domestica della tessitura. Le tombe maschili, numericamente minori, sembrano essere contraddistinte da comuni utensili da lavoro quali coltelli e rasoi/raschiatoi, sebbene in particolare i coltelli non possono essere considerati come utensile esclusivo di questo genere”.

A San Chirico Nuovo (Potenza) giornata di studi “La riscoperta di un sito” (in diretta Fb), per offrire una ricostruzione storica su basi scientifiche per ricostruire un quadro coerente del popolamento di questo territorio nella diacronia. E apertura al pubblico della capanna arcaica (VI sec. a.C.) di Serra di Cugno Notaro, esempio di archeologia preventiva

Il sito di Serra di Cugno Notaro, a San Chirico Nuovo, nel cuore della provincia di Potenza, è l’area in cui sono state ritrovate le tracce di un’antica capanna arcaica. I resti della dimora, datati alla fine del VI secolo a.C., raccontano molto della vita della comunità che popolava quest’area della Basilicata in tempi lontanissimi. La popolazione che abitava sulla collina di San Chirico Nuovo aveva organizzato la propria società in gruppi familiari, detti “clan”. Le famiglie vivevano in capanne circolari e si dedicavano all’agricoltura e all’allevamento. In questo luogo strategico, al centro di importanti rotte di scambio, la cultura e l’arte giungevano anche attraverso di oggetti e gli scambi commerciali. Il 17 agosto 2021, alle 18, in piazza Roma a San Chirico Nuovo, nell’ambito della giornata di studi organizzata dall’amministrazione comunale con la collaborazione della SABAP Basilicata e dell’associazione culturale “Telai e Pithoi”, verrà aperta al pubblico la struttura di tutela della capanna arcaica risalente al VI sec a.C. Alla giornata di studi parteciperanno oltre alle istituzioni locali anche l’università Panthéon Sorbonne di Parigi e l’università Humboldt di Berlino.

Frame del video sulla capanna arcaica (VI sec. a.C.) di San Chirico Nuovo (Pz) (foto effenove)

Le ultime indagini effettuate in località Serra di Cugno Notaro hanno fornito ulteriori elementi cronologici del popolamento dell’area, proponendo anche per San Chirico quello che era il modello insediativo di età arcaica (VI-V secolo a.C.) del comprensorio nord-lucano, ovvero la presenza di gruppi demici ristretti che vivevano all’interno di capanne, che avevano nelle immediate vicinanze i loro spazi funerari. Sono stati così investigati sia lo spazio dei vivi che quello dei morti, riportando alla luce una necropoli di 23 tombe e resti di varie strutture abitative. Tra queste, si è deciso di valorizzare la base di una capanna circolare della metà del VI secolo a.C., tipica abitazione in ambito indigeno dell’Italia Meridionale, che presentava un discreto stato di conservazione, rispetto al resto del sito, già pesantemente deteriorato per cause naturali (risalite della falda acquifera e conseguenti smottamenti già in antico) ed antropiche (danneggiamenti dovuti ai lavori agricoli). Dopo l’indagine sul campo, il reperto recuperato è stato musealizzato entro una struttura coperta, appositamente realizzata nella periferia est del centro storico, in un suggestivo scenario panoramico.

Locandina della giornata di studi “La riscoperta di un sito” a San Chirico Nuovo (Pz)

Giornata di studi “La riscoperta di un sito”, martedì 17 agosto 2021, alle 18: evento organizzato e sponsorizzato dall’associazione “Telai e Pithoi” di San Chirico Nuovo (che lo trasmetterà in diretta sulla propria pagina Facebook) e vede tra i partner la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio della Basilicata e il Comune di San Chirico Nuovo, che ne hanno favorito la realizzazione, col contributo scientifico della Sabap e del mondo accademico, rappresentato in modo prestigioso da docenti universitari provenienti da diversi Istituti universitari europei – Parigi, Berlino e Roma- che, a vario titolo, si sono occupati di questo territorio. L’obiettivo è quello di offrire una ricostruzione storica su basi scientifiche per ricostruire un quadro coerente del popolamento di questo territorio nella diacronia. I dati delle ultime ricerche verranno letti alla luce delle “vecchie” scoperte, tra le quali si ricorda il famoso tesoretto di 146 monete recuperato negli scavi del 1986. Ai partecipanti sarà disponibile in anteprima il bimestrale di settembre-ottobre della rivista specializzata “Archeologia Viva”, dove un lungo articolo è dedicato proprio a questo sforzo di ricostruzione territoriale. Vediamo il programma: saluti di Rossella Baldassarre e Francesco Canestrini, modera Marinella Sarangelo. Interventi di: Elisabetta Setari (“Le indagini archeologiche di località Serra di Cugno Notaro tra il 1981 e il 1986”), Mara Romaniello (“Il santuario lucano di località Pila”), Lucia Colangelo (“Le indagini archeologiche di località Serra di Cugno Notaro tra il 2011 e il 2018”), Paolo Poccetti (“Il bollo su tegola di Trebis Arronties”), Olivier de Cazanove (“Il rapporto di San Chirico con Civita di Tricarico e le indagini nel territorio tra il 2013 e il 2015”), Agnes Hennig (“Le trasformazioni dei siti di altura lucani. Panoramica da monte Coccia a monte Torretta di Pietragalla”), Sabrina Mutino (“Dall’archeologia preventiva allo scavo stratigrafico. Una tutela possibile”), Michele Scioscia (“Hold the Hut”. Progetto di musealizzazione della capanna arcaica”).

Frame del videogioco “Hold the Hut” sul sito archeologico di Serra di Cugno Notaro a San Chirico Nuovo (Pz)

Il progetto di “Tutela e Valorizzazione dei resti di una antica capanna” (VI secolo a.C.) ha prodotto come risultato, tra gli altri, il videogame scaricabile al link https://www.holdthehut.it. Si tratta di un reperto dallo straordinario valore archeologico, implementato dal suggestivo contesto paesaggistico. Scoperta durante i lavori di costruzione di un impianto eolico, la capanna è stata trasportata nel Belvedere del paese, per proteggerla e renderla fruibile ai visitatori, dal vivo oltre che in remoto. Il videogioco “Hold the Hut”, applicativo scaricabile su smartphone, prendendo spunto dai ritrovamenti archeologici fatti sul sito, permette di compiere un percorso di esplorazione e scoperta, attraverso quiz, puzzle e brevi video animati. Non solo è possibile smontare e ricostruire la struttura nelle parti che la compongono, ma anche osservare uno spaccato di vita della famiglia che la abitava nel VI secolo a.C. ed uno scorcio del villaggio di capanne, che costellavano questo territorio. La stratificazione di queste presenze, sebbene non più visibili, ha modellato e definito il paesaggio attuale.

Si chiama Raptor, è il geodatabase del Mibac con 13mila siti archeologici schedati dal Piemonte al Friuli-Venezia Giulia: ora il ministero lo apre alla consultazione di appassionati, studiosi e amministratori (per l’archeologia preventiva)

La pagina di Raptor con le soprintendenza che hanno già inserito i siti nel geodatabase del Mibac

Sei un amministratore che deve gestire il territorio o un appassionato che vuole approfondire un tema, e vuoi sapere tutto di un sito archeologico situato in Italia settentrionale? No problem, ora c’è Raptor a darti una mano e a permetterti di cercare in fretta e facilmente tutte le informazioni che cerchi. Acronimo di “Ricerca Archivi e Pratiche per la Tutela Operativa Regionale”, Raptor è stato creato per velocizzare l’accesso alle informazioni, snellire le procedure burocratiche, rendere più rapido, efficace ed efficiente il lavoro dei funzionari archeologi, agevolando così indirettamente quello delle altre Amministrazioni pubbliche. Sono da oggi liberamente consultabili on-line all’indirizzo https://www.raptor.beniculturali.it le informazioni relative a circa 13mila siti archeologici censiti all’interno del webGIS RAPTOR, progetto avviato dal ministero per i Beni e le Attività Culturali attraverso le ex soprintendenze per i Beni Archeologici, a cui oggi partecipa la soprintendenza Archeologia belle arti e paesaggio per l’area metropolitana di Venezia e le province di Belluno, Padova e Treviso. Il risultato è frutto di un lungo lavoro, in continua evoluzione, intrapreso circa 7 anni fa all’interno della soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia in sinergia con le due consorelle di Veneto e Lombardia e con il supporto dell’allora direzione generale per le Antichità, lavoro che oggi continua nelle 9 soprintendenze Archeologia belle arti e paesaggio, coprendo buona parte dell’Italia settentrionale dal Friuli Venezia Giulia al Piemonte.

L’home page del sito Raptor, acronimo per “Ricerca Archivi e Pratiche per la Tutela Operativa Regionale”

L’innovativo geodatabase gestionale ideato da un gruppo qualificato di funzionari archeologi delle soprintendenze compie ora un altro passo in avanti. Infatti, dopo l’apertura del sistema alle ditte archeologiche, che dialogano in questo modo con le soprintendenze coinvolte popolando l’archivio digitale attraverso l’immissione di dati standardizzati pertinenti alle documentazioni di scavo, si mette oggi a disposizione liberamente all’utenza esterna un lavoro ancora parziale di revisione e digitalizzazione delle informazioni contenute negli archivi cartacei iniziato nel 2013. Raptor se da un lato permette dunque un’informatizzazione e un’archiviazione digitale delle pratiche di tutela archeologica, in linea con l’esigenza di dematerializzazione della Pubblica amministrazione, dall’altro diviene oggi anche un prezioso database pubblico di informazioni in continuo aggiornamento sul patrimonio archeologico, terrestre e sommerso, noto da scavi archeologici, rinvenimenti occasionali, notizie edite, etc.

La mappa con i siti tra Veneto Orientale e Friuli-Venezia Giulia caricati sul geodatabase Raptor

Si affianca dunque alla funzione di tipo prettamente amministrativo destinata al personale ministeriale (gestione pratiche autorizzatorie, mappatura dei progetti pubblici e privati, degli scavi e dei siti archeologici) anche la possibilità per un ampio pubblico di studiosi, specialisti, professionisti, cultori locali o semplici cittadini, di consultare le informazioni principali riguardanti i siti archeologici delle aree regionali partecipanti al progetto. Il libero accesso anche da parte degli Enti pubblici permetterà agli stessi di impostare, attraverso una facile ed intuitiva consultazione, altresì agevolata dai diversi cromatismi impiegati nella mappa di sistema, le attività di pianificazione o di studio del territorio, pur sempre nei limiti imposti dalle norme vigenti in materia di tutela archeologica (D.Lgs. 42/2004) e di archeologia preventiva (D.Lgs. 50/2016, art. 25).