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Roma. In Curia Iulia, in presenza e on line, la conferenza “Non solo generale vittorioso. L’otium di Traiano: le ville di Arcinazzo Romano e di Centumcellae” a cura di Zaccaria Mari e Anna Maria Reggiani per “Dialoghi in Curia” promossi dal parco archeologico del Colosseo

Giovedì 3 aprile 2025 per “Dialoghi in Curia”, in Curia Iulia, alle 16.30, la conferenza “Non solo generale vittorioso. L’otium di Traiano: le ville di Arcinazzo Romano e di Centumcellae”, a cura di Zaccaria Mari e Anna Maria Reggiani. Introduce Alfonsina Russo, direttore del parco archeologico del Colosseo. Intervengono Zaccaria Mari, già funzionario archeologo SABAP per l’area metropolitana di Roma e per la provincia di Rieti, e Anna Maria Reggiani, direttore emerito per l’archeologia del ministero della Cultura. Ingresso da largo della Salara Vecchia, libero con prenotazione obbligatoria fino ad esaurimento posti al link https://traiano3aprile.eventbrite.it. Diretta streaming sulla pagina Facebook del sito del parco archeologico del Colosseo. Anche l’imperatore M. Ulpio Traiano (98-117 d.C.), noto soprattutto per i successi militari contro i Daci e i Parti, non disdegnò, al pari dei predecessori e del successore Adriano, l’otium lontano dall’Urbe. Della villa ad Arcinazzo, fra i monti Affilani (km 60 ad Est di Roma), è stata scavata nel 1999-2011 la platea inferiore, che aveva carattere ufficiale e di rappresentanza, mentre la platea superiore ospitava il settore residenziale. Individuata già nell’Ottocento grazie al rinvenimento di tubi in piombo con la titolatura imperiale, frequentata per il soggiorno estivo e preceduta da un semplice “casino di caccia”, ad essa allude probabilmente Plinio il Giovane quando si sofferma sulla passione di Traiano per le venationes. L’individuazione della villa pulcherrima, illustrata da Plinio il Giovane nell’epistola inviata a Corneliano, è invece tuttora argomento di discussione e occupa un posto centrale nella storia di Civitavecchia/Centumcellae. Il linguaggio stilistico e la particolarità delle soluzioni architettoniche, combinati con la testimonianza dei bolli laterizi e la descrizione dello scrittore convergono per il riconoscimento di una residenza abitata da Traiano, all’avvio dei lavori di costruzione del porto di Centumcellae, nelle cosiddette Terme Taurine.

Il Colosseo e Petra – siti Unesco – insieme per la cooperazione culturale e turistica: il gemellaggio è stato firmato da Fares Braizat, commissario capo dell’Autorità di Petra, e da Alfonsina Russo, direttore generale del parco archeologico del Colosseo

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Il logo del parco archeologico del Colosseo proiettato sulle rocce di Petra in Giordania (foto PArCo)

Il parco archeologico del Colosseo e l’Autorità di Petra hanno firmato un accordo di Gemellaggio per rafforzare la Cooperazione Culturale e Turistica. L’accordo mira a promuovere la cooperazione tra i due siti, entrambi presenti nella lista dei luoghi Patrimonio dell’Umanità. Lo scopo è favorire la condivisione degli obiettivi culturali reciproci, la promozione congiunta tra le due entità e il turismo. L’accordo è stato firmato da Fares Braizat, commissario capo dell’Autorità di Petra, e da Alfonsina Russo, direttore generale del parco archeologico del Colosseo. Il ministro della Cultura Alessandro Giuli ha sottolineato l’importanza di ampliare le relazioni internazionali con i paesi del Mediterraneo, in linea con gli obiettivi del Piano Mattei. “La firma del memorandum d’intesa con Petra”, aggiunge ancora il ministro, “rappresenta un valore ulteriore per i due siti Patrimonio Unesco e inseriti nel numero delle nuove 7 meraviglie del mondo. La possibilità di raggiungere la promozione dei reciproci valori culturali, sviluppando strategie di condivisione e valorizzazione”, conclude il ministro, “costituisce un esempio virtuoso da perseguire e mantenere nell’ottica della cooperazione culturale internazionale”. Da parte sua, Alfonsina Russo ha affermato che l’accordo è in linea con l’impegno del Colosseo a collaborare con istituzioni internazionali per valorizzare il ruolo della cultura nel favorire il dialogo tra popoli. Ancora il direttore Russo ha evidenziato l’importanza di rafforzare la cooperazione con Petra, una delle città antiche e dei siti archeologici più famosi al mondo.

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Gemellaggio per la Cooperazione Culturale e Turistica tra Colosseo e Petra: la firma tra Fares Braizat, commissario capo dell’Autorità di Petra, e da Alfonsina Russo, direttore generale del parco archeologico del Colosseo (foto PArCo)

Fares Braizat ha concluso spiegando che l’accordo rientra negli sforzi continui dell’Autorità per sviluppare Petra dal punto di vista economico, culturale e turistico. Ha sottolineato come questo gemellaggio apra nuovi orizzonti per lo scambio culturale e il marketing turistico, permettendo la diffusione di materiali promozionali di Petra all’interno del Colosseo, che ogni anno accoglie circa 14 milioni di visitatori. Nello specifico, l’accordo prevede la cooperazione in diversi ambiti, tra cui l’organizzazione di workshop per la conservazione dei siti archeologici, la realizzazione di eventi culturali congiunti e lo scambio di informazioni sulle attività comuni tra le due istituzioni. Include anche la creazione di programmi di visite reciproche per promuovere entrambi i siti, insieme alla presentazione di materiali promozionali e video introduttivi da esporre in ciascun sito. Entrambe le parti hanno sottolineato che questo accordo non rappresenta semplicemente un patto di collaborazione, ma simboleggia una partnership globale che contribuisce alla valorizzazione del patrimonio culturale e storico sia di Petra che del Colosseo, consolidando ulteriormente il loro status di destinazioni turistiche di fama mondiale, capaci di attrarre visitatori da ogni parte del mondo.

Roma. In Curia Iulia presentazione, in presenza e on line, del libro “Strade, santuari e domus tra Palatino e Velia nella media età repubblicana (IV-III secolo a.C.). 1. Stratigrafie, contesti, ricostruzioni” di Antonio F. Ferrandes (Edizioni Quasar)

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Lunedì 24 marzo 2025, alle 16.30, in Curia Iulia per iniziativa del parco archeologico del Colosseo, presentazione del libro “Strade santuari e domus tra Palatino e Velia nella media età repubblicana (IV-III secolo a.C.). 1. Stratigrafie contesti ricostruzioni” di Antonio F. Ferrandes, edito da Edizioni Quasar. Introduce Alfonsina Russo, direttore del parco archeologico del Colosseo. Intervengono Daniele Malfitana, direttore della Scuola di specializzazione in Beni archeologici dell’università di Catania; Emanuele Papi, direttore della Scuola archeologica italiana di Atene. Sarà presente l’autore. ingresso da largo della Salara Vecchia. Ingresso libero con prenotazione obbligatoria fino ad esaurimento posti su https://ferrandes25.eventbrite.it. Diretta streaming sulla pagina Facebook del parco del Colosseo.

Il libro presenta lo studio delle stratigrafie medio-repubblicane (IV-III secolo a.C.) documentate durante le ricerche condotte dal dipartimento di Scienze dell’Antichità della Sapienza – università di Roma nel settore compreso tra il versante occidentale della valle del Colosseo e le vicine pendici del Palatino e della Velia (2001-2017). La complessa articolazione della sequenza di questa età e la qualità e quantità dei contesti hanno consentito di appoggiare a cronologie puntuali il racconto delle vicende insediative di uno dei luoghi più centrali della città antica e di ricostruire l’evoluzione di un paesaggio caratterizzato da una complessa rete viaria, da luoghi di culto di antichissima origine e da un’edilizia privata di prestigio. L’analisi delle diverse categorie/classi di reperti e il confronto con la documentazione nota per la città e il territorio hanno infine permesso di riesaminare la cultura materiale di Roma (produzioni, circolazioni, commerci, consumi di merci e di beni) in un periodo cruciale segnato, tra il 400 e il 200 a.C., dalla progressiva conquista dell’Italia e dell’intero Mediterraneo.

Ostia antica (Roma). Scoperto uno straordinario bagno rituale purificatorio ebraico (mikveh) del IV-VI sec., il primo così antico venuto alla luce fuori dai confini di Israele, che testimonia il carattere multiculturale dell’antica città portuale. Gli interventi di Giuli, Russo, Osanna, Di Segni, Fadlun. Obiettivo: renderlo fruibile al pubblico

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Il bagno rituale purificatorio ebraico (mikveh) di epoca romana scoperto nel parco archeologico di Ostia antica (foto MIC / emanuele antonio minerva / agnese sbaffi)

Dagli scavi condotti nel parco archeologico di Ostia antica nei mesi di giugno e agosto 2024 è emerso uno straordinario bagno rituale purificatorio ebraico (mikveh). La campagna di scavo, realizzata nell’ambito del progetto OPS – Ostia Post Scriptum, è stata finanziata dal ministero della Cultura, tramite la direzione generale Musei, con uno stanziamento di fondi dedicato all’esecuzione di ricerche archeologiche nell’anno 2024, dal capitolo 7515 cdr19, per un importo pari a euro 124.190,41.

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Il progetto OPS – Ostia post scriptum: plan 2023

Il progetto OPS – Ostia Post Scriptum nasce nel 2022 da un rapporto di collaborazione fra il parco archeologico di Ostia antica (responsabili il direttore, Alessandro D’Alessio, e Claudia Tempesta), l’università di Catania (prof. Luigi Caliò) e il Politecnico di Bari (prof. Antonello Fino) ed è volto a eseguire indagini in due aree strategiche della città di Ostia, prima colonia romana e importantissimo centro urbano dell’antichità, per comprenderne meglio lo sviluppo nel corso del tempo. Era peraltro da diversi decenni che il Parco, già Soprintendenza Archeologica di Ostia, non eseguiva scavi archeologici propri (da cui appunto la denominazione OPS del progetto), con gli obiettivi primari di promuovere le attività di ricerca, con particolare riferimento a quelle direttamente curate dal Parco, al fine di incrementare le conoscenze su Ostia; implementare la fruizione del sito restituendo continuità al percorso di visita; promuovere la condivisione delle conoscenze attraverso azioni di public archaeology; rinsaldare la collaborazione scientifica con altri enti di ricerca.

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Parco archeologico di Ostia antica: il bagno rituale purificatorio ebraico (mikveh) in corso di scavo (foto parco ostia antica)

Destinati alle immersioni delle persone (ma anche degli oggetti) a fini di purificazione, i mikva’otsi presentano generalmente come vasche rettangolari, nella maggior parte dei casi coperte, scavate nel terreno e rivestite di intonaco idraulico, con una fila di gradini che ne occupano l’intera larghezza, connesse direttamente o indirettamente a una sorgente, a un pozzo o a una cisterna di raccolta dell’acqua piovana. Come prescritto dalle fonti rabbiniche (in particolare la Mishnah e la Tosefta, entrambe redatte nel corso del III secolo d.C.), requisiti essenziali di un mikveh sono l’alimentazione mediante acqua piovana o sorgiva, in quantità non inferiore a 40 se’ah (circa 500 l), e la profondità, tale da permettere la completa immersione del corpo di un uomo di media statura.

La scoperta è stata presentata ufficialmente il 10 marzo 2025 al parco archeologico di Ostia antica alla presenza del ministro della Cultura, Alessandro Giuli. «La scoperta di un antico bagno rituale ebraico, o mikveh, venuto alla luce nel parco archeologico di Ostia Antica”, dichiara il ministro Giuli, “rafforza la consapevolezza storica di questo luogo quale vero crocevia di convivenza e di scambio di culture, culla di tolleranza tra popoli diversi che nella civiltà romana trovavano la loro unione. Esso rappresenta un unico nell’area mediterranea di età romana al di fuori della Terra di Israele e attesta quanto fosse radicata la presenza ebraica nel cuore della romanità. È proprio a Ostia che Roma accoglie e ospita i culti originari delle altre civiltà mediterranee, nel momento in cui, consolidato il suo potere in Italia, comincia a proiettarsi nel Mare Nostrum. Una miscellanea di etnie e influenze, insieme alle due religioni monoteiste del tempo, che testimonia quanto Roma fosse ecumenica e universale. Siamo orgogliosi che questa scoperta sia il frutto della ripresa delle attività di scavo promosse direttamente dal Parco archeologico di Ostia Antica – grazie a un finanziamento del MiC che continuerà a investire risorse su questa scoperta – che da un lato ha permesso di tornare a promuovere le attività di ricerca e dall’altro di ampliare e rendere più accessibili le aree visitabili dal pubblico”.

 

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La presentazione della scoperta del bagno rituale ebraico, o mikveh, nel parco archeologico di Ostia Antica: da sinistra, Riccardo Di Segni, Alessandro Giuli, Alessandro D’Alessio, Alfonsina Russo, Massimo Osanna (foto parco ostia antica)

“Questa eccezionale scoperta”, dichiara Alfonsina Russo, Capo Dipartimento per la valorizzazione del patrimonio culturale, “conferma da un lato l’importanza e la specificità dell’antica città di Ostia, porto e porta di Roma sul Mediterraneo e per tale ragione melting pot etnico, linguistico, religioso e culturale in senso lato e, d’altro canto, le inusitate potenzialità del patrimonio storico-archeologico italiano. In ossequio alla “filiera” ricerca/conoscenza-tutela/conservazione-valorizzazione di questo straordinario patrimonio, il rinvenimento del mikveh ostiense, il primo così antico venuto alla luce fuori dai confini di Israele, non può che renderci orgogliosi e al tempo stesso determinati a che il monumento sia quanto prima fruibile dal pubblico di visitatori che sempre più numeroso frequenta e apprezza i nostri luoghi della cultura”.

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Parco archeologico di Ostia antica: il bagno rituale purificatorio ebraico (mikveh) in corso di scavo (foto parco ostia antica)

“Grazie ai finanziamenti stanziati dal ministero della Cultura negli ultimi anni”, dichiara il direttore generale Musei Massimo Osanna, “è stato possibile attuare un piano di interventi su scala nazionale, promosso in particolare dalla Direzione generale Musei, volto alla manutenzione programmata, alla promozione della ricerca archeologica e alla valorizzazione degli istituti e luoghi della cultura. In questo contesto, il Parco archeologico di Ostia antica ha svolto un ruolo di primo piano, distinguendosi per l’innovatività degli interventi progettati e l’eccellenza dei suoi progetti di ricerca, come quello che ha portato alla scoperta del mikveh. Un ritrovamento che testimonia il carattere multiculturale dell’antica città portuale e apre nuovi e affascinanti scenari per l’ampliamento delle nostre conoscenze e lo sviluppo di nuove narrazioni”.

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Parco archeologico di Ostia antica: l’area di scavo del bagno rituale purificatorio ebraico (mikveh) (foto MIC / emanuele antonio minerva / agnese sbaffi)

“Si tratta di una scoperta assolutamente straordinaria”, dichiara Alessandro D’Alessio, direttore del parco archeologico di Ostia antica, “in quanto non erano precedentemente noti mikva’ot di epoca romana fuori dalla Giudea, Galilea e Idumea antiche, e che non può che confermare l’entità della presenza continuativa, il ruolo e l’importanza della comunità ebraica a Ostia nel corso di tutta l’età imperiale (se non prima): dagli inizi del I secolo (epoca cui risale la più antica iscrizione nota in Italia che menzioni Iudaei, rinvenuta nella vicina necropoli di Pianabella) al V-VI secolo, quando la sinagoga ostiense – la più vetusta del Mediterraneo occidentale (fu costruita infatti a fine II-inizi III secolo) e la sola conservata a Roma – cessò di vivere a seguito del definitivo abbandono della città”.

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Il rabbino Di Segni e il ministro Giuli in visita al bagno rituale purificatorio ebraico (mikveh) nel parco archeologico di Ostia antica (foto MIC / emanuele antonio minerva / agnese sbaffi)

“La scoperta di questo sito, che ha le caratteristiche di un miqwè”, afferma Riccardo Di Segni, rabbino capo della Comunità ebraica di Roma, “è di estremo interesse sotto tanti aspetti, archeologici, storici, rituali. La storia degli ebrei di Roma si arricchisce oggi di un ulteriore, prezioso monumento che testimonia il loro millenario insediamento e la cura nell’osservanza delle tradizioni: l’ambiente scoperto è tra l’altro funzionale ed elegante. Una struttura come quella scoperta non poteva essere isolata dal complesso edilizio in cui si trova ed è probabile che in buona parte, se non tutto, questo fosse un centro di aggregazione ebraica. Mi auguro che gli scavi possano proseguire in attesa di altre sorprese e che presto sia possibile l’accesso ai visitatori che non mancheranno per l’importanza del reperto”. “È fonte di grande emozione la scoperta del probabile miqwè a Ostia, di fatto il più antico rinvenimento del genere nel mondo della Diaspora, successivo soltanto a quelli di Giudea, Galilea e Idumea”, commenta Victor Fadlun, presidente della Comunità Ebraica di Roma. “Emozione e orgoglio, per la conferma del radicamento millenario degli ebrei a Roma, e del cordone ombelicale che ci lega alla Terra d’Israele. Il miqwè è il segno di una presenza viva, che si è perpetuata nei secoli e porta a noi, oggi. La dimostrazione di una identità che molte generazioni di ebrei sono riuscite a preservare, difendere e valorizzare. Ringrazio quanti hanno dato contributi scientifici e finanziari determinanti per questo importante risultato. E auspico che ne torni lustro e beneficio all’intero territorio”.

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Veduta aerea del bagno rituale purificatorio ebraico (mikveh) al parco archeologico di Ostia antica (foto parco ostia antica)

Le ricerche hanno potuto concentrarsi in particolar modo nel settore, denominato “Area A”, posto in una zona assolutamente centrale della città, sotto il profilo sia topografico/urbanistico che architettonico, in quanto situato in prossimità dell’antico corso del Tevere e compreso tra l’edificio dei Grandi Horrea a Ovest, il santuario repubblicano dei Quattro Tempietti, il Mitreo delle Sette Sfere e la Domus di Apuleio a Sud, e il Piazzale delle Corporazioni a Est. Sorprendentemente, a dispetto di tale sua centralità, quest’area non era stata mai indagata in precedenza e si presentava pertanto come ideale per le nuove attività di scavo, qualificandosi quale bacino stratigrafico intatto. È così che all’interno di un grande e sontuoso edificio qui scoperto e già ampiamente riportato alla luce è emerso, fra i notevoli resti degli ambienti che lo compongono e di alcuni meravigliosi mosaici pavimentali a tessere bianche e nere, un piccolo vano semi-ipogeo con sottostante pozzo per la risalita o comunque il prelievo dell’acqua di falda, nel quale può con ogni probabilità riconoscersi un mikveh (מִקְוֶה / מקווה‎?, Mikve, “Miqwā”), ovvero un bagno rituale purificatorio ebraico.

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Il bagno rituale purificatorio ebraico (mikveh) di epoca romana scoperto nel parco archeologico di Ostia antica (foto MIC / emanuele antonio minerva / agnese sbaffi)

L’ambiente semi-ipogeo è un piccolo vano di forma rettangolare, chiuso sul lato Est da un’abside semicircolare, che presenta diverse fasi edilizie. Nell’ultima, esso risulta accessibile dal lato occidentale attraverso una larga soglia in marmo con bordo esterno rialzato ed è occupato quasi per l’intera larghezza da una scala, costituita da tre gradini con notevoli tracce di usura e fiancheggiata da due spallette in muratura rivestite all’interno di intonaco idraulico; il piano pavimentale al termine della scala, realizzato in mattoni bipedali (laterizi quadrati di 60 cm di lato), era posto a una quota inferiore di circa 1 metro rispetto a quella della soglia di ingresso e presentava un incasso della larghezza di circa 3 cm che proseguiva anche sulle pareti laterali, con tutta probabilità funzionale all’alloggiamento di una transenna, forse lignea. Nell’angolo nord-orientale, immediatamente al di sopra della spalletta settentrionale, è presente nella muratura un foro passante, destinato verosimilmente ad alloggiare una conduttura per l’adduzione di acqua.

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Il pozzo all’estremità orientale del bagno rituale purificatorio ebraico (mikveh) di epoca romana scoperto nel parco archeologico di Ostia antica (foto MIC / emanuele antonio minerva / agnese sbaffi)

All’estremità orientale del pavimento si apre un pozzo circolare del diametro di 1,08 m, realizzato in cementizio e coronato da una ghiera in mattoni probabilmente aggiunta in un secondo momento, certamente destinato alla captazione dell’acqua di falda; in corrispondenza del raccordo con il pavimento, il perimetro del pozzo si allarga a formare una sorta di invito. A una profondità di 1,10 m dall’imboccatura, il pozzo si restringe a un diametro di 1,00 m, formando una risega con tutta probabilità funzionale al posizionamento di una grata o di una pavimentazione lignea rimovibile.

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Lucerna decorata sul disco dall’immagine di una menorah scoperta in fondo al pozzo del bagno rituale purificatorio ebraico (mikveh) nel parco archeologico di Ostia antica (foto parco ostia antica)

L’ambiente era chiuso su tutti i lati da pareti costruite in opera listata (con blocchetti di tufo alternati a ricorsi di laterizi) prive di aperture; sull’abside di fondo, in posizione elevata, è stata rinvenuta una nicchia, alta 0,60 m e larga 0,45 m, rivestita di intonaco azzurro e conchiglie, inquadrata da una coppia di colonnine rivestite in stucco poggiate su un piano sostenuto da mensole in laterizio. Lo scavo degli strati di abbandono e obliterazione dell’ambiente ha restituito materiali di grande interesse: oltre a numerosi lacerti di intonaco, sono stati rinvenuti lucerne, frammenti marmorei appartenenti a un’epigrafe e a statue di piccole dimensioni. Dallo scavo del pozzo, condotto con il supporto di Davide I. Pellandra e di Mario Mazzoli e Marco Vitelli dell’Associazione Archeologia Subacquea Speleologia Organizzazione (A.S.S.O.) fino alla profondità di 1,5 m, proviene una lucerna decorata sul disco dall’immagine di una menorah (candelabro a sette bracci) e da un lulav (ramo di palma) sul fondo, oltre a un bicchiere in vetro pressoché integro, entrambi databili tra V e VI secolo d.C.

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Reperti recuperati nello scavo del bagno rituale purificatorio ebraico (mikveh) nel parci archeologico di Ostia antica (foto MIC / emanuele antonio minerva / agnese sbaffi)

Le peculiari caratteristiche dell’ambiente – quali i gradini estesi per la sua intera ampiezza, le pareti rivestite di intonaco idraulico, la presenza di un pozzo di captazione dell’acqua di falda, il condotto di comunicazione con l’ambiente adiacente (possibilmente destinato ad alloggiare una tubatura per l’aggiunta di acqua a quella di falda), e ancora il rinvenimento della lucerna con simboli ebraici sul fondo del pozzo – inducono a ipotizzarne una interpretazione come bagno rituale ebraico (mikveh). I mikva’ot erano destinati alle immersioni delle persone (ma anche degli oggetti) a fini di purificazione.

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Veduta dall’alto della sinagoga a Ostia (foto parco archeologico ostia antica)

I più antichi esempi di mikva’ot archeologicamente documentati in Israele risalgono all’età asmonea (fine I secolo a.C. – inizio I secolo d.C.). Capillarmente diffusi in Giudea, Galilea e Idumea in età erodiana, in particolare all’interno di edifici a carattere residenziale, diminuiscono progressivamente nel I secolo fino a scomparire quasi del tutto all’inizio del II, in connessione con la piena romanizzazione della regione a seguito della distruzione del Tempio nell’anno 70 d.C. e della successiva repressione di Bar Kokhba nel 135 d.C. Estremamente scarse sono le attestazioni successive, tra cui emergono i numerosi mikva’ot rinvenuti nella città galilea di Sepphoris. Non sono finora noti mikva’ot di epoca romana o tardo-antica nei luoghi della Diaspora, con l’unica eccezione del mikveh di Palazzo Bianca a Siracusa, probabilmente realizzato nei pressi della locale sinagoga tra VI e VII secolo d.C. A una cronologia di poco anteriore riportano i materiali rinvenuti negli strati di abbandono e di obliterazione del vano individuato a Ostia: tra questi spiccano due lucerne della forma Atlante VIII, decorate sul disco da una menorah eptalicne (cioè appunto a sette bracci) su supporto trifido, una delle quali con lulav sul fondo, databili tra IV e VI secolo d.C.

 

Roma. In Curia Iulia, in presenza e on line, la conferenza “Cibele, la magia nera e le cistae mysticae” a cura del professor Attilio Mastrocinque (università di Verona) per “Dialoghi in Curia” promossi dal parco archeologico del Colosseo

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Per “Dialoghi in Curia” promossi dal parco archeologico del Colosseo giovedì 27 febbraio 2025, alle 16.30, la Curia Iulia ospita la conferenza “Cibele, la magia nera e le cistae mysticae” a cura del professor Attilio Mastrocinque dell’università di Verona. Introduce Alfonsina Russo, direttore del parco archeologico del Colosseo. ingresso da largo della Salara Vecchia. Ingresso libero con prenotazione obbligatoria fino ad esaurimento su https://mastrocinque2025.eventbrite.it. Diretta streaming su facebook.com/parcocolosseo. Alcune lamine in piombo trovate in Germania e in Spagna invocano Cibele e Attis per maledire delle persone. Questo ruolo delle due divinità è noto da poco e i testi menzionano dei particolari in modo inequivocabile e diretto che permettono qualche considerazione sul culto in generale. Sono nominate le cistae conservate nei penetrali del tempio, probabilmente connesse con il matrimonio e non con l’evirazione, come si è creduto. Le nuove scoperte suggeriscono interpretazioni nuove sull’evirazione stessa e il ruolo della dea nel controllo delle facoltà mentali e sui locali sotterranei dei templi della Magna Mater.

Roma. In Curia Iulia, in presenza e on line, la conferenza “I Marmi del Partenone: la bellezza eterna (The Parthenon Marbles: a timeless beauty)” col professor Nikolaos Stampolidis, direttore generale del museo dell’Acropoli. Ingresso libero, prenotazione obbligatoria

roma_curia-iulia_conferenza-i-marmi-del-partenone-la-bellezza-eterna_Stampolidis_locandinaMercoledì 19 febbraio 2025, alle 16.30, la Curia Iulia ospita la conferenza “I Marmi del Partenone: la bellezza eterna (The Parthenon Marbles: a timeless beauty)” tenuta dal professor Nikolaos Stampolidis, direttore generale del museo dell’Acropoli. Introducono Alfonsina Russo, direttore del parco archeologico del Colosseo; Emanuele Papi, direttore della Scuola Archeologica Italiana di Atene. Interviene Nikolaos Stampolidis, direttore generale del museo dell’Acropoli. Ingresso libero da largo Salaria Vecchia con prenotazione obbligatoria su eventbrite.it fino ad esaurimento posti. Diretta streaming su facebook.com/parcocolosseo. Il tema della conferenza è la grande questione relativa al furto delle sculture del Partenone, alla loro dispersione in vari musei europei, principalmente in Inghilterra ed in Francia, agli sforzi che vengono affrontati per poterli nuovamente riunire al corpo del Partenone all’interno del Nuovo Museo dell’Acropoli. Verranno così trattati gli argomenti relativi alla restituzione e alla riunione delle sculture partenoniche, con particolare riguardo alla qualità, all’estetica, all’innovativo significato del fregio in relazione all’idea di democrazia e ai tentativi che sono stati operati, in questa direzione, negli ultimi anni.

Roma. Per Dialoghi in Curia la conferenza, in presenza e on line, “Caligola e l’Egitto. Da Roma a Nemi: l’immagine di un imperatore controverso” a cura di Giuseppina Capriotti Vittozzi e Giuseppina Ghini

roma_curia-iulia_conferenza-caligola-e-l-egitto_capriotti-ghini_locandinaVenerdì 7 febbraio 2025 la Curia Iulia ospita la conferenza “Caligola e l’Egitto. Da Roma a Nemi: l’immagine di un imperatore controverso” a cura di Giuseppina Capriotti Vittozzi e Giuseppina Ghini. Primo appuntamento per il 2025 con lo storico ciclo di conferenze “Dialoghi in Curia” che esordisce con un incontro dedicato all’imperatore Caligola e, in particolare, alle influenze filo-egizie che hanno caratterizzato il suo regno. Introduce Alfonsina Russo, direttore del parco archeologico del Colosseo. Intervengono Giuseppina Capriotti Vittozzi, Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale, e Giuseppina Ghini, già funzionario archeologo SABAP per l’area metropolitana di Roma e per la provincia di Rieti. ingresso da largo della Salara Vecchia. Ingresso libero con prenotazione obbligatoria su eventbrite.it fino ad esaurimento posti. Diretta streaming su facebook.com/parcocolosseo.

Roma. In Curia Iulia “Il cantiere della Domus Aurea 2021-2024”, due giornate di approfondimento con la presentazione delle attività svolte in Domus Aurea dal 2021 al 2024. Ingresso libero, prenotazione obbligatoria

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Martedì 4 e mercoledì 5 febbraio 2025, alle 9.30, la Curia Iulia ospita “Il cantiere della Domus Aurea 2021-2024”, due giornate di approfondimento con la presentazione delle attività svolte in Domus Aurea dal 2021 al 2024. ingresso da largo della Salara Vecchia, libero con prenotazione obbligatoria fino ad esaurimento posti: 4 Febbraio, https://domusaurea_4febbraio.eventbrite.it; 5 Febbraio, https://domusaurea_5febbraio.eventbrite.it. Queste giornate saranno un’occasione importante per conoscere le attività di scavo, messa in sicurezza e restauro effettuate negli ultimi anni da parte del gruppo di lavoro impegnato ogni giorno nella tutela e conservazione di un monumento complesso e delicato come è la Domus Aurea. Sarà inoltre un momento di incontro e confronto sulle ultime novità e sui diversi aspetti di una ricerca che è in continua evoluzione e che si sviluppa e si arricchisce attraverso le diverse competenze coinvolte in un lavoro che è necessariamente multidisciplinare. L’iniziativa segue la volontà del Parco archeologico del Colosseo di divulgare, in una forma partecipata, l’impegno profuso nella realizzazione dei progetti e i risultati raggiunti nell’ambito della tutela, conservazione, valorizzazione e fruizione del nostro patrimonio culturale.

Roma. In Curia Iulia la giornata di studi “La colonna traiana. Una rete di collaborazioni pubblico private per la tutela e la manutenzione programmata” a cura di Alfonsina Russo e Federica Rinaldi

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Venerdì 31 gennaio 2025, alle 14.30, la Curia Iulia ospita la giornata di studi “La colonna traiana. Una rete di collaborazioni pubblico private per la tutela e la manutenzione programmata” a cura di Alfonsina Russo e Federica Rinaldi, con l’obiettivo di raccogliere in un’unica sede scientifica gli attori a oggi coinvolti nella manutenzione e promozione di un monumento il cui ruolo simbolico e il forte influsso politico esercitato dal Medioevo in poi sono diffusamente noti. Ingresso da largo della Salara Vecchia. Ingresso libero con prenotazione obbligatoria fino ad esaurimento posti. Aprirà la giornata di studi la società Metro C che nell’ambito dei lavori della nuova linea della metropolitana di Roma ha in corso per i prossimi dieci anni il monitoraggio statico e strutturale assieme al monitoraggio dell’inquinamento atmosferico, del rumore, delle vibrazioni e delle acque sotterranee; inoltre, nell’ambito della elaborazione dei Testimoniali di Stato, un documento autografo che fotografa lo stato di conservazione della Colonna ad aprile 2024, sono state registrate le condizioni di salute della Colonna prima dell’avvio del lungo periodo dei lavori in programma per la stazione di Piazza Venezia. I Testimoniali, che saranno presentati anche nella forma di volumi cartacei corredati da testi e immagini, sono accompagnati da un rilievo 3d fotogrammetrico che a distanza di 5 anni aggiorna quello realizzato dal PArCo nel 2019. Seguiranno gli interventi del PArCo che, a partire dal 2023, dopo un primo triennio di attività volto a raccogliere dati e informazioni sulla conservazione della Colonna anche con indagini diagnostiche, ha previsto – con il coordinamento della funzionaria restauratrice Angelica Pujia – un piano triennale di ricerca, prove di laboratorio e manutenzione sia della scala a chiocciola interna, sia del fusto istoriato con piattaforma elevatrice (2023-2026). Il cantiere è anche l’occasione per proseguire con il progetto Post Columnam che indaga le tracce materiali lasciate sul marmo della Colonna tra il Medioevo e l’età moderna, documentandone così le modifiche, il riuso e le rifunzionalizzazioni avvenute nel corso dei secoli. La direzione lavori del cantiere è dell’arch. Aura Picchione. Infine, la nota affezione del popolo romeno ai temi trattati sulla Colonna raffiguranti il racconto delle campagne daciche di Traiano, ha portato ad una collaborazione istituzionale che si è concretizzata in un cofinanziamento destinato a coprire parte dei fondi necessari per il restauro della statua di San Pietro in cima alla Colonna. Nell’anno del Giubileo il bronzo monumentale sarà oggetto di un intervento di manutenzione straordinaria: la progettazione è già in corso e in occasione della giornata di studi saranno condivisi i primi dati preliminari.

Roma. Eccezionale scoperta nella Domus Aurea: trovato un lingotto di blu egizio insieme a pigmenti di ocra gialla e di terra rossa. La reggia di Nerone svela la natura dei suoi colori. Importante contributo alla conoscenza dell’uso del blu egizio nel Rinascimento come nel Trionfo di Galatea di Raffaello

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Il lingotto di blu egizio (15 cm per 2,4 kg di peso) scoperto nell’ambiente 9 della Domus Aurea (foto simona murrone / PArCo)

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Particolare dell’anfora con ocra gialla in fase di scavo scoperta nella Domus Aurea (foto PArCo)

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Veduta d’insieme delle vasche di lavorazione (viste da Sud) presenti nell’ambiente 9 della Domus Aurea (foto PArCo)

Ocra gialla, terra rossa e soprattutto un lingotto di blu egizio: la reggia di Nerone svela la natura dei suoi colori. La Domus Aurea continua a sorprendere e restituisce una eccezionale scoperta legata alle botteghe che lavorarono agli affreschi della monumentale residenza voluta dall’imperatore Nerone. Durante le recenti indagini archeologiche sono state infatti individuate due vasche in uso durante le fasi di cantiere del palazzo sia per spegnere la calce sia per conservare e lavorare i pigmenti colorati da usare nelle decorazioni parietali. Tra i pigmenti ritrovati e sottoposti ad analisi microscopiche e spettroscopiche per individuarne la composizione chimica e mineralogica, spicca la presenza di ocra gialla all’interno di un’anfora, di vasetti contenenti pigmenti con toni del rosso, come il realgar e la terra rossa, e soprattutto di un eccezionale lingotto del preziosissimo blu egizio pronto per essere macinato. La rarità del ritrovamento è dovuta alle notevoli dimensioni del lingotto (un’altezza di 15 cm e un peso di 2,4 Kg), dato che il pigmento solitamente viene trovato solo in polvere o sotto forma di piccole sfere, come testimoniato dalle scoperte effettuate soprattutto a Pompei.  Il blu egizio è un pigmento che non esiste in natura, ma viene prodotto artificialmente cuocendo, ad una temperatura molto elevata, una miscela di silice, rocce calcaree, minerali contenenti rame e carbonato di sodio. Il procedimento per la sua preparazione viene descritto da Vitruvio nella sua opera De Architectura (VII, 11). Il ritrovamento a Roma, in ambito imperiale, di un nucleo così cospicuo di blu egizio conferma ancora una volta la raffinatezza e l’altissima specializzazione delle maestranze che operano nelle decorazioni del palazzo, con l’uso di pigmenti ricercati e costosi.

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Macro del lingotto di blu egizio scoperto nell’ambiente 9 della Domus Aurea (foto simona murrone / PArCo)

Conosciuto e usato almeno dalla metà del III millennio in Egitto e in Mesopotamia, si diffonde poi nel Mediterraneo antico. Nel mondo romano è impiegato nelle decorazioni pittoriche da solo o associato ad altri pigmenti per realizzare specifiche varietà cromatiche e ricercati effetti di luminosità. Viene ad esempio usato per rendere una tonalità più fredda per l’incarnato delle figure, per realizzare il chiaroscuro nei panneggi delle vesti o, ancora, per dare lucentezza agli occhi. Uno dei maggiori centri di produzione ed esportazione è Alessandria d’Egitto; recenti scoperte ne hanno tuttavia individuati altri in territorio italico, come a Cuma, Literno e Pozzuoli, quest’ultima già ricordata da Vitruvio come luogo famoso per una produzione di eccellenza. A Pompei le testimonianze sono essenzialmente legate alla lavorazione e all’uso del pigmento in contesti di lusso.

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Planimetria generale del padiglione della Domus Aurea, in evidenza ambiente 9 in cui sono state individuate le due vasche (foto PArCo)

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Ortofoto dell’ambiente 9, nel settore occidentale della Domus Aurea: sono visibili le due vasche al termine dello scavo archeologico (foto PArCo)

Lo studio dei contesti e dei materiali di questo settore della Domus Aurea, ancora in corso, potrebbe aggiungere un importante contributo alla conoscenza dell’uso del pigmento anche nel Rinascimento, come nel Trionfo di Galatea di Raffaello. Il brillante blu egizio unisce quindi, a distanza di secoli, i pittori che decorarono il palazzo e i pittori che, con stupore ed emozione, lo riscoprirono nel Rinascimento. “Il fascino trasmesso dalla profondità del blu di questo pigmento è incredibile”, commenta Alfonsina Russo, direttore del parco archeologico del Colosseo. “La Domus Aurea ancora una volta emoziona e restituisce la brillantezza dei colori utilizzati dai pittori che abilmente decorarono la stanze di questo prezioso e raffinato palazzo imperiale”.