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Aidone (En). Al museo Archeologico regionale con l’evento “GLI DEI DI MORGANTINA Ritorno alle origini”, in presenza e on line, si inaugura il nuovo allestimento della sala degli Acroliti e di Ade

aidone_archeologico_nuove-sale-acroliti-e-ade_locandinaAd Aidone (En) inaugurazione del nuovo allestimento della sala degli Acroliti e di Ade al museo Archeologico regionale di Aidone. Appuntamento venerdì 28 marzo 2025, alle 10.30, al museo di Aidone con l’evento “GLI DEI DI MORGANTINA Ritorno alle origini”, evento che può essere seguito in diretta on line al link https://fb.me/e/6eMhEtI9A. Dopo i saluti istituzionali di Carmelo Nicotra, direttore del parco archeologico di Morgantina e Villa romana del Casale di Piazza Armerina; Angelo Di Franco, soprintendente BBCCAA di Enna; Annamaria Raccuglia, sindaco di Aidone; Luisa Lantieri, vicepresidente Assemblea regionale Siciliana; ten.col. Gianluigi Marmora, comandante nucleo Carabinieri TPC di Palermo; introduce Carmelo Nicotra. Relazioni: Lucia Ferruzza, archeologa, “Musei, ricerca e professionalità al servizio della tutela e della legalità”; Serena Raffiotta, archeologa, “Oltre il crimine: il museo come laboratorio di legalità”. Interventi programmati: Lella Pavone Pavarino, governatrice distretto 211 Inner Wheel Italia; Marella Ferrera, stilista e concept creator allestimento degli Acroliti; Ettore Messina, presidente distretto turistico Dea di Morgantina. Conclusioni: Francesco Paolo Scarpinato, assessore regionale dei Beni culturali e dell’Identità siciliana. Alle 12.30, inaugurazione sala “Acroliti e Ade”. Ingresso libero.

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Il nuovo allestimento degli acroliti di Demetra e Kore, nel museo Archeologico regionale di Aidone (En) con la consulenza della stilista siciliana Marella Ferrera (foto regione siciliana)

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La testa di Ade nel nuovo allestimento al museo Archeologico regionale di Aidone (En) (foto regione siciliana)

“Si è voluto restituire alle statue degli Dei, Kore, Demetra e Ade, e soprattutto ai visitatori”, spiegano gli organizzatori, “un contesto di spiritualità che si avvicini il più possibile alla sacralità del santuario in cui erano collocate già in epoca greca arcaica (VI secolo a.C.) e quella ellenistica (III secolo a.C.). L’allestimento delle due Dee (Kore e Demetra) è stato effettuato sotto la consulenza diretta della stilista siciliana Marella Ferrera. È stata realizzata, per l’occasione, grazie alla sponsorizzazione del INTERNATIONAL INNER WHEEL ITALIA DISTRETTO 211, una nuova teca, che ha permesso di ricongiungere la testa di Ade con i suoi riccioli, il tutto al fine di raccontare ai visitatori la vicenda legata al trafugamento del reperto (la testa di Ade) che, grazie ad una serie di circostanze scaturenti dal legame presunto e (poi verificato) della testa di Ade (esposto al John Paul Getty Museum) con una serie di riccioli (custoditi presso i depositi del museo di Aidone), ha finalmente potuto far rientro in Sicilia dopo varie complesse attività investigative e diplomatiche (vedi “Barbablu” torna a casa: la Testa di Ade dal 21 dicembre sarà esposta definitivamente al museo Archeologico di Aidone (Enna) | archeologiavocidalpassato)”. Le due archeologhe, Serena Raffiotta e Maria Lucia Ferruzza, protagoniste nella vicenda, racconteranno la complicata storia che ha consentito la restituzione da parte del John Paul Getty Museum della Testa di Ade alle autorità italiane e la sua successiva collocazione presso il museo regionale di Aidone.

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Veduta d’insieme dell’area archeologica di Morgantina, oggi parte del parco archeologico di Morgantina e villa romana del casale di Piazza Armerina (foto regione siciliana)

L’area archeologica di Morgantina in passato è stata oggetto di scavi abusivi, in particolare l’area di contrada San Francesco Bisconti fu presa di mira con il trafugamento e la vendita oltreoceano di straordinari capolavori dell’arte greca quali le due dee acroliti, la testa di Ade e la Dea di Morgantina. Per fortuna dopo tanti anni di lunghe battaglie diplomatiche e giudiziarie le statue di Kore e Demetra, Ade, la Dea di Morgantina e i famosi argenti sono tornati nel luogo di origine, oggi ospitati nel museo regionale di Aidone.

Vibo Valentia. Al museo Archeologico nazionale incontro con l’archeologo Gianluca Sapio su “Divinità e Territorio”

vibo-valentia_archeologico_incontro-divinità-e-territorio_sapio_locandinaDal villaggio alla polis. Le grandi conquiste politiche e sociali di cui furono protagoniste le città greche antiche ebbero origine in primo luogo dalla conquista dello spazio circostante nel nome e sotto la protezione di Dei ed Eroi, attraverso l’istituzione di culti e rituali, attraverso la formazione di miti che raccontano storie ancora oggi alla base della nostra identità culturale. Giovedì 27 marzo 2025, alle 17, al museo Archeologico nazionale di Vibo Valentia “Vito Capalbio”, appuntamento imperdibile con l’archeologo Gianluca Sapio, alla scoperta di “Divinità e Territorio” nel mondo greco e naturalmente a Hipponion, città della Magna Grecia e sede di “Persefone dalla bella corona”.

Padova. Al museo degli Eremitani presentazione del libro “Suoni e strumenti musicali nel mondo antico. Per un sistema disciplinare e metodologico integrato” a cura di Giovanna Casali, Alessia Zangrando, Paola Dessì

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Giovedì 27 marzo 2025, alle 17, nella sala del Romanino del museo Eremitani in piazza Eremitani 8 a Padova, presentazione del libro “Suoni e strumenti musicali nel mondo antico. Per un sistema disciplinare e metodologico integrato” a cura di Giovanna Casali, Alessia Zangrando, Paola Dessì con il coordinamento scientifico di Paola Dessì (L’Erma di Bretschneider). Il libro rappresenta un contributo significativo allo studio della musica antica, offrendo un’analisi interdisciplinare che integra archeologia, musicologia e storia della cultura. Attraverso un approccio metodologico innovativo, gli autori esplorano il ruolo degli strumenti musicali nell’antichità, rivelando come questi non solo producessero suoni, ma fossero anche portatori di significati simbolici e sociali. L’incontro vede la partecipazione di personalità del mondo accademico e culturale. Francesca Veronese, direttrice dei musei civici di Padova, dialoga con Marco Malagodi, direttore del laboratorio Arvedi di Cremona – università di Pavia; Franco Marzatico, dirigente unità di missione strategica (Umst) – soprintendenza per i Beni e le Attività culturali della Provincia autonoma di Trento; ed Eleonora Rocconi, dipartimento di Musicologia – università di Pavia, che offrono approfondimenti sul significato culturale e storico degli strumenti musicali antichi. Intervengono nella discussione anche le autrici del volume, Giovanna Casali e Alessia Zangrando per raccontare e condividere le esperienze e motivazioni che le hanno portate alla realizzazione di questa importante opera.

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Copertina del libro “Suoni e strumenti musicali nel mondo antico. Per un sistema disciplinare e metodologico integrato” a cura di Giovanna Casali, Alessia Zangrando, Paola Dessì

Focus del libro sono i realia, gli strumenti musicali e gli oggetti sonori custoditi nei musei, e la loro rappresentazione. Essi sono parte di una cultura musicale, solo in apparenza perduta, dei popoli a cui sono appartenuti. Per comprendere il significato che essi avevano nel mondo antico è necessario condividere metodologie e prospettive multi e interdisciplinari che consentano sia la valorizzazione di indicatori di attività connesse al suono, alla musica e alla danza nel record archeologico, sia la lettura contestualizzata del bene musicale come componente significativa del reperto. Il volume è un innovativo esempio di dialogo tra discipline musicologiche, archeologiche, fisiche e ingegneristiche che offre al lettore non solo una prospettiva sulla musica dell’antichità e sulle modalità di fruizione e di trasmissione, ma una più ampia prospettiva culturale, rispetto alla quale porsi in ascolto per comprendere e valorizzare l’uomo e l’umano.

 

Palermo. All’accademia di Belle arti presentazione del libro “Il potere delle immagini nel mondo antico” a cura di Giancarlo Germanà (Bonanno editore)

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Mercoledì 26 marzo 2025, alle 16, all’Accademia di Belle Arti di Palermo (aula PF21 di Palazzo Fernandez), nell’ambito delle iniziative della Scuola di dottorato, presentazione del nuovo libro della collana Studia iconographica su “Il potere delle immagini nel mondo antico” a cura di Giancarlo Germanà con Alberto Giudice (Bonanno editore). Dialogano con l’autore la professoressa Chiara Portale, docente ordinaria all’università di Palermo, e il professore Massimo Cultraro, docente universitario e dirigente di ricerca CNR di Palermo.

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Copertina del libro “Il potere delle immagini nel mondo antico” di Giancarlo Germanà

Il potere delle immagini nel mondo antico. Il libro raccoglie sei contributi che analizzano come, nei differenti periodi indagati dagli autori, sono stati utilizzati i mezzi di “propaganda” dai “sovrani”. Paolo Daniele Scirpo si sofferma sull’analisi del rilievo rupestre dell’Intagliatella ad Akrai. Pietro Piazza e Giancarlo Germanà Bozza indagano su come Augusto abbia utilizzato il potere delle immagini a Siracusa e in Sicilia. Alberto Giudice si sofferma sulla politica edilizia attivata da Adriano ad Atene e ne sottolinea il fine comunicativo. Flavia Zisa indaga sull’iconografia del supplizio di Marsia. Susanna Valpreda analizza, infine, l’immagine del potere in Sicilia in epoca bizantina.

Taranto. Al museo Archeologico nazionale il concerto “Buzzing Jars” della Brass band, quarto appuntamento di “Un anno di concerti al MArTa – Domeniche in concerto musica e aperitivo” con visita guidata

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Domenica 23 marzo 2025 quarto appuntamento del 2025 con “Un anno di concerti al MArTa – Domeniche in concerto musica e aperitivo”: le matinée di Musica e Archeologia organizzata dal museo Archeologico nazionale di Taranto e l’associazione le Corti Taras. In programma il concerto “Buzzing Jars” della Brass band con Vinicio Allegrini, tromba e flicorno; Dario Zara, tromba; Lorenzo Panebianco, corno; Luca Mangini, trombone; Claudio Lotti, basso tuba; Pierpaolo Strinna, vibrafono, percussioni; Emanuele Murroni, batteria, percussioni. Ingresso al museo da corso Umberto al costo di 10 euro. L’accesso sarà consentito dalle 10 per la visita guidata, con inizio visita alle 10.30. L’accesso per il concerto dalle 11, con inizio concerto alle 11.15. Per concludere l’aperitivo nella suggestiva cornice del chiostro del museo a partire dalle 12.15. Biglietti acquistabili alle Corti di Taras (via Giovinazzi, 28 – Taranto). Oppure su VIVATICKET qui https://www.vivaticket.com/it/ticket/buzzing-jars/259767.

Sibari (Cs). Al museo Archeologico nazionale della Sibaritide c’è la “Notte in riserva” (spring edition) con visite guidate nei depositi, festa del tesseramento con gadget, e degustazione dei Cruschi del Pollino

sibari_archeologico_notte-in-riserva-spring-edition_locandinaÈ tutto pronto per la “Notte in riserva” spring edition 2025, “la più cool delle visite guidate”, parola di organizzatori. Sabato 22 marzo 2025, i parchi archeologici di Crotone e Sibari festeggiano il ritorno della Primavera con una apertura straordinaria notturna dei depositi archeologici del museo Archeologico nazionale della Sibaritide. Due turni di visite guidate, previste per le 19.30 e per le 21, consentiranno al pubblico di ammirare i tesori custoditi nei magazzini e non ancora esposti in Museo. Questa volta gli archeologi tireranno fuori dagli scaffali per voi preziosi reperti collegati con il ritorno della primavera e il mito della Dea Madre e di sua figlia Persefone, rapita dal Dio degli inferi e autorizzata a tornare sulla terra per sei mesi l’anno. Info e prenotazioni al numero 337 160 3495.  Ingresso gratuito per i possessori della PACS Community Card.

crotone-sibari_parchi_pacs_foto-drm-calabriaCon l’occasione, c’è la Festa del tesseramento: i visitatori che hanno sottoscritto o sottoscriveranno l’abbonamento annuale al parco – la PACS COMMUNITY CARD 2025- che consente l’ingresso a tutti i musei di Sibari e Crotone ed a tutti gli eventi collegati all’attività culturale dell’istituto, potranno ritirare i simpatici gadget pensati appositamente per loro. “Torna la primavera e ritorna anche la possibilità di fare un’incursione tra tesori mai visti e misteriosi riti di fecondità”, commenta il direttore dei parchi, Filippo Demma, “accompagnati da giovani archeologi e ricercatori competenti che animano tutti i giorni quegli stessi spazi per i numerosi progetti di ricerca in corso. L’attività di valorizzazione e divulgazione scientifica dei parchi prosegue senza sosta e si avvicina sempre di più al pubblico”.

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Sarà possibile concludere la visita con la degustazione di prodotti tipici locali, assaggiando i peperoni Cruschi del Pollino, accompagnati con birre artigianali e vino DOC Calabrese, nel punto ristoro a km zero realizzato da Catasta e allestito appositamente al museo.

 

Crotone. Al parco e museo archeologico nazionale di Capo Colonna le Giornate Fai di Primavera dedicate alla scoperta del mosaico dei delfini di Paolo Orsi con gli studenti del liceo Filolao “apprendisti Ciceroni”

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Dettaglio del Mosaico dei Delfini con l’iscrizione latina, nel balneum dell’abitato romano a Capo Colonna (foto drm-calabria)

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Il parco e il museo archeologico nazionale di Capo Colonna (Kr) ospita il 22 e 23 marzo 2025 una festa all’insegna della cultura e dell’archeologia. La delegazione FAI di Crotone e Santa Severina, con il patrocinio del Comune di Crotone, in collaborazione con i parchi archeologici di Crotone e Sibari, organizza visite guidate e laboratori didattici di restauro che svelano al pubblico i preziosi mosaici dell’abitato romano ricompreso nell’area dell’antico Santuario. “Luogo del cuore del FAI”, il sito ospita le Giornate di Primavera del 22 e 23 marzo 2025 “Alla scoperta del mosaico di Paolo Orsi”. L’area archeologica, che conserva gli spettacolari resti del Santuario di Hera Lacinia e di un abitato di età Romana, accoglierà i visitatori con visite guidate tenute da giovani “Apprendisti Ciceroni” del liceo scientifico Filolao di Crotone, formati ad hoc per l’evento dal personale tecnico-scientifico del Parco, in un affascinante viaggio nella storia. Una festa all’insegna della cultura, dedicata alla sensibilizzazione, valorizzazione, promozione del patrimonio culturale, alla conoscenza della nostra storia più antica, sarà celebrata in uno dei siti archeologici più suggestivi della Magna Grecia. Immersi nel meraviglioso paesaggio del Lacinio, in cui dominano la verdeggiante macchia mediterranea e l’inteso blu del mare, i resti del Santuario di Hera edificato dagli antichi abitanti della polis greca di Kroton, ne testimoniano i culti e la profonda religiosità, ma anche sentimenti ed emozioni da rivivere e riscoprire immergendosi nell’aurea sacra che ancora qui si respira e che affascina ormai da millenni.

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Fasi di pulizia del del Mosaico dei Delfini con l’iscrizione latina, nel balneum dell’abitato romano a Capo Colonna (foto drm-calabria)

Ad arricchire la manifestazione di contenuti sarà l’apertura al pubblico dell’area dell’abitato romano e, per la prima volta, la visita degli ambienti del balneum che conserva, nel calidarium (nelle terme romane era l’ambiente destinato ai bagni caldi), il prezioso “Mosaico dei delfini”. Magistralmente decorato con figure geometriche e da quattro delfini, il mosaico reca una iscrizione latina in cui si ricordano i magistrati che edificarono le terme.

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Il direttore Filippo Demma al parco archeologico di Capo Colonna (foto drm-calabria)

“Scoperto nel 1910 da Paolo Orsi, il meraviglioso ma fragile mosaico verrà restituito alla collettività grazie a un intervento di manutenzione straordinaria in corso”, dichiara il direttore dei parchi archeologici di Crotone e Sibari, Filippo Demma, “che è parte di un più ampio progetto di ricerca e valorizzazione del sito. A breve lo presenteremo al pubblico insieme all’esecutivo in corso di verifica per la realizzazione delle opere di restauro e la valorizzazione del Santuari. È particolarmente significativo che, grazie all’azione coordinata con il FAI – al quale va la gratitudine della Direzione e di tutto il personale dei Parchi- l’iniziativa coinvolga le generazioni più giovani, che ereditano questo immenso patrimonio e devono essere preparate ad apprezzarlo, tutelarlo e valorizzarlo”.

Locri (RC). Per il secondo incontro di “Un caffè… storicamente corretto”, a cura di Elena Trunfio e Marilisa Morrone, al museo Archeologico nazionale presentazione del libro “Temesa. Il mito e la storia” di Maurizio Cannatà, direttore del museo Archeologico nazionale “V. Capialbi” di Vibo Valentia

locri_archeologico_caffè-storicamente-corretto_libro-temesa-il-mito-e-la-storia_cannatà_presentazione_locandinaIl ciclo di incontri “Un caffè…storicamente corretto” al museo Archeologico nazionale di Locri (RC) è giunto al secondo appuntamento, quello di marzo. Il progetto, curato dalla direttrice del museo Archeologico nazionale di Locri Epizefiri, Elena Trunfio, e dalla presidente del circolo di Studi storici “Le Calabrie”, Marilisa Morrone, oltre che con il patrocinio del Comune di Locri, quest’anno si arricchisce del patrocinio del Comune di Portigliola e della Deputazione di Storia Patria per la Calabria e vuole, come di consueto, offrire al pubblico diversi spunti di approfondimento su temi ampi legati al mondo della storia, dell’arte e dell’archeologia, con il coinvolgimento di studiosi autorevoli, afferenti tra l’altro ai più importanti atenei italiani. Giovedì 20 marzo 2025, alle 17.30, al museo Archeologico nazionale di Locri, per “Un caffè… storicamente corretto”, presentazione del libro “Temesa. Il mito e la storia” di Maurizio Cannatà, direttore del museo Archeologico nazionale “V. Capialbi” di Vibo Valentia. Introducono Elena Trunfio e Marilisa Morrone.

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Copertina del libro “Temesa. Il mito e la storia” di Maurizio Cannatà

Temesa. Il mito e la storia (Rubbettino editore). Con il polionimo Temesa (latino Tempsa) gli antichi hanno identificato un centro ubicato lungo la fascia costiera tirrenica della Calabria, tra Clampetia e Hipponion, dapprima emporion internazionale di scambio di metalli (VIII sec. a.C.), poi centro indigeno posto sotto il controllo delle poleis greche, Sibari prima e Crotone poi (VI-V sec. a.C.), ancora oppidum italico (IV-III sec. a.C.) e colonia civium Romanorum (II-I sec. a.C.), statio lungo la principale viabilità imperiale (I-IV sec. d.C.) e infine una delle più antiche sedi vescovili di tutta l’Italia meridionale (VI-VII sec. d.C.). Vent’anni di studi e ricerche hanno consentito di riconoscere Temesa in un complesso sistema insediativo ubicato tra i corsi terminali dei fiumi Oliva e Savuto, dove sono concentrate numerose testimonianze materiali che coprono, nel loro complesso, l’intera storia del centro antico. Non un unico sito pluristratificato quindi, bensì una pluralità di evidenze, che riassumono quanto noi sappiamo su Temesa da parte delle fonti letterarie. Attraverso la rilettura dei vecchi dati, della cartografia, delle foto aeree, di nuovi scavi e ricognizioni, questo lavoro colma per la prima volta il gap esistente tra l’eccezionale corpus di fonti letterarie relative alla città e i dati archeologici a essa riferibili, fornendo una lettura organica di tutte le fasi di occupazione del suo territorio, dalla protostoria alla tarda antichità.

 

“La ricerca archeologica a Paestum e a Velia”: presentazione dei nuovi scavi, giovedì 20 all’area archeologica di Velia e venerdì 21 al museo Archeologico nazionale di Paestum. Ecco il programma

paestum-velia_parchi_la-ricerca-archeologica-a-paestum-e-velia_locandina“La ricerca archeologica a Paestum e a Velia” sarà al centro di una doppia giornata di presentazione dedicata ai nuovi scavi, in programma il 20 marzo 2025 all’area archeologica di Velia e il 21 marzo 2025 nella sala Cella del museo Archeologico nazionale di Paestum. L’iniziativa, organizzata dai parchi archeologici di Paestum e Velia con il coinvolgimento della soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio di Salerno e Avellino e delle Università che conducono scavi in regime di concessione ministeriale, rappresenta un’importante occasione di condivisione dei risultati più recenti delle campagne di ricerca condotte nei due siti e nei loro territori. Oltre alla presentazione delle principali scoperte, la giornata offrirà un momento di confronto tra studiosi, ricercatori e professionisti del settore, con l’obiettivo di favorire il reciproco aggiornamento e stimolare nuove prospettive di studio. L’auspicio è che questi incontri possano contribuire ad approfondire e ampliare la conoscenza della storia di due tra i più significativi siti archeologici del Mediterraneo.

PROGRAMMA DEL 20 MARZO 2025, AREA ARCHEOLOGICA DI VELIA. Alle 9.30, saluti e introduzione: Tiziana D’Angelo, direttore parchi archeologici di Paestum e Velia; Raffaella Bonaudo, soprintendenza ABAP per le province di Salerno e Avellino; Stefano Sansone, sindaco di Ascea; 10, Luigi Vecchio (università di Salerno), Ivan Tornese (università di Salerno), Eliana Ferraioli (università di Salerno), “Ricerche in corso sul patrimonio epigrafico di Paestum e Velia”; 10.30, Luigi Cicala (università di Napoli Federico II), “Elea-Velia. La città ellenistica e romana. Le ricerche dell’università di Napoli Federico II”; 11, Michele Cotugno (università di Napoli Federico II), Teresa Tescione (università di Napoli Federico II), Rosa Vanacore (università di Napoli Federico II), “Elea-Velia. Materiali ceramici tra età ellenistica e tardo antica: ricerche e casi di studio”; 11.30, pausa caffè; 12, Jon Albers (Ruhr-Universität Bochum), Brigit Bergmann (Ruhr-Universität Bochum), “Il progetto “Velia-città orientale”: una prima relazione di lavoro”; 12.30, Simona Di Gregorio (soprintendenza ABAP per le province di Salerno e Avellino), Angelo D’Angiolillo (università di Bologna), Alexander Sokolicek (Universität Salzburg), “ La zona periurbana di Velia: nuove ricerche alla cd casa Mingazzini. Rapporto campagna 2023 della missione austriaca”; 13, pausa pranzo; 14, Tiziana D’Angelo (direttore parchi archeologici di Paestum e Velia), Francesco Uliano Scelza (parchi archeologici di Paestum e Velia), Jessica Elia (archeologo libero professionista), Gaia Isoldi (archeologo libero professionista), “Scavi, strati e materiali della più antica acropoli di Velia”; 14.30, visita allo scavo sull’acropoli di Velia.

PROGRAMMA DEL 21 MARZO 2025, MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DI PAESTUM – SALA CELLA. Alle 9.30, saluti e introduzione: Tiziana D’Angelo, direttore parchi archeologici di Paestum e Velia; Raffaella Bonaudo, soprintendenza ABAP per le province di Salerno e Avellino; 10, Fausto Longo (università di Salerno), Andrea Jacopo Cucino (università di Salerno), Anna Salzano (università di Salerno), “Le origini del santuario settentrionale: la ripresa dello scavo all’Athenaion”; 10.30, Rebecca Miller Ammerman (Colgate University), Albert Ammerman (Istituto Veneto di Scienza, Lettere ed Arti di Venezia), “Returning to the temple of Athena”; 11, Jon Albers (Ruhr-Universität Bochum), Anna Bertelli (Ruhr-Universität Bochum), Claudia Widow (Ruhr-Universität Bochum), “Ricerche 2024 presso il tempio sul foro e il comizio di Paestum”; 11.30, pausa caffè; 12, Fausto Longo (università di Salerno), Alessandro Campedelli (università di Salerno), Amedeo Rossi (università di Salerno), “Uno straordinario palinsesto urbano: lo scavo dell’impianto termale dell’insula in 6-8”; 12.30, Maria Boffa (parchi archeologici di Paestum e Velia), Silvio Leone (parchi archeologici di Paestum e Velia), Giovanna Manzo (parchi archeologici di Paestum e Velia), Monica Sessa (archeologo libero professionista), “Le terme sul foro: nuovi scavi e restauri”; 13, pausa pranzo; 14, Bianca Ferrara (università di Napoli Federico II), Elena Russo (soprintendenza ABAP per le province di Salerno e Avellino), “La missione archeologica della Federico II al santuario di Hera sul fiume Sele. Risultati delle campagne di scavo 2021-2024”; 14.30, Tiziana D’Angelo (direttore parchi archeologici di Paestum e Velia), Francesco Uliano Scelza (parchi archeologici di Paestum e Velia), Francesco Mele (archeologo libero professionista), Manuela Ferraioli (archeologo libero professionista), “Il tempietto arcaico di Paestum”; 15, visita al cantiere delle terme sul foro e allo scavo del tempietto presso le mura di cinta di Paestum.

Ischia (Na). Non solo greci, ma anche fenici e italici popolavano Pithekoussai. Un nuovo studio condotto dal dipartimento dei Beni culturali dell’università di Padova, coordinato da Melania Gigante, pubblicato sulla rivista iScience, ha rivelato la natura cosmopolita della comunità di Pithekoussai nell’VIII secolo a.C., a fornendo (grazie allo studio degli isotopi sui resti umani) nuove informazioni sulla mobilità nel Mediterraneo occidentale durante l’Età del Ferro

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La prof- Melania Gigante. del dipartimento dei Beni culturali dell’università di Padova, coordinatrice dello studio “Where Typhoeus lived: 87Sr/86Sr analysis of human remains in the first Greek site in the Western Mediterranean, Pithekoussai, Italy” (foto dbc-pd)

Non solo greci, ma anche fenici e italici popolavano Pithekoussai, l’odierna Ischia, affacciata sul golfo di Napoli. Un nuovo studio condotto dal dipartimento dei Beni culturali dell’università di Padova, pubblicato sulla rivista iScience di marzo 2025 (Where Typhoeus lived: 87Sr/86Sr analysis of human remains in the first Greek site in the Western Mediterranean, Pithekoussai, Italy: vedi https://www.sciencedirect.com/…/pii/S2589004225001877…), ha rivelato la natura cosmopolita della comunità di Pithekoussai, sull’isola di Ischia, nell’VIII secolo a.C. L’analisi isotopica dello stronzio su ossa e denti di oltre 50 individui sepolti nella necropoli di San Montano a Lacco Ameno ha dimostrato che la popolazione era composta da immigrati provenienti da diverse aree del Mediterraneo, tra cui greci, fenici e italici. Non si trattava quindi di una colonia esclusivamente greca, come spesso semplificato nei manuali, ma di un vero emporio multiculturale, caratterizzato da interazioni complesse tra le comunità locali e i nuovi arrivati. Lo studio, coordinato da Melania Gigante del dipartimento dei Beni culturali dell’università di Padova (col contributo di Carmen Esposito, Federico Lugli, Alessandra Sperduti, Teresa Elena Cinquantaquattro, Bruno d’Agostino, Alessia Nava, Wolfgang Müller, Luca Bondioli), ha permesso di ricostruire con un livello di dettaglio mai raggiunto prima le dinamiche della mobilità e le interazioni sociali agli albori della Magna Grecia. Oltre a fornire nuove informazioni sulla mobilità nel Mediterraneo occidentale durante l’Età del Ferro, la ricerca ha testato con successo l’uso dell’analisi isotopica su resti umani rinvenuti in ambienti vulcanici, spesso ostili alla conservazione. Questo approccio interdisciplinare, che combina archeologia, antropologia e scienze biogeochimiche, apre la strada a nuove indagini sulle migrazioni antiche e sull’integrazione culturale nelle prime fasi della storia coloniale mediterranea.

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Grafico dello studio degli isotopi dello stronzio sui resti umani della necropoli di Pithecussai pubblicato in “Where Typhoeus lived: 87Sr/86Sr analysis of human remains in the first Greek site in the Western Mediterranean, Pithekoussai, Italy” (foto dbc-pd)

“Il patrimonio archeologico di Pithekoussai – spiegano i ricercatori – offre una visione unica delle dinamiche della mobilità umana e delle interazioni bio-culturali all’alba della Magna Grecia durante il Mediterraneo dell’Età del Ferro. Pithekoussai fu fondata dai Greci sull’isola vulcanica di Ischia nell’Italia meridionale a metà dell’VIII secolo a.C., segnando il primo insediamento greco nel Mediterraneo occidentale. Le prove archeologiche suggeriscono che Pithekoussai fosse un emporio in cui comunità locali, Greci, Fenici e persone della terraferma vivevano insieme e interagivano. Nonostante le sfide poste dall’ambiente di sepoltura vulcanica attiva, che ha influenzato la conservazione dei resti umani, questo studio ha applicato con successo l’analisi degli isotopi di stronzio (87Sr/86Sr) a n = 71 individui inumati e cremati. Integrando biogeochimica e (bio)archeologia, questa ricerca arricchisce la narrazione della mobilità umana fornendo una ricostruzione sfumata delle storie di vita degli individui che hanno partecipato a un momento cruciale nella storia del Mediterraneo che ha plasmato le società all’emergere della Magna Grecia”.

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Corredo della tomba 545 dalla necropoli di Pithekoussai al museo Archeologico di Pithecusae: presenti un unguentario fenicio e una coppetta tripode di produzione locale (foto museo lacco ameno)

“La storia dei popoli del Mediterraneo – ricordano nell’Introduzione i ricercatori coordinati da Melania Gigante – è una storia di mobilità e migrazione, di interazioni etniche e interculturali e di interconnessioni e reti marittime. Il commercio marittimo a lunga distanza e lo scambio di materie prime e beni hanno avuto luogo nel mar Mediterraneo fin dalla preistoria. Durante l’Età del Bronzo, la documentazione archeologica dimostra l’esistenza di significativi contatti marittimi tra il mondo egeo e miceneo e l’Occidente. Queste prime spedizioni furono seguite da una mobilità più intensa delle persone durante la prima Età del Ferro fino all’età arcaica. Dal IX al VI secolo a.C., numerosi insediamenti permanenti ed empori (cioè insediamenti commerciali) furono stabiliti lungo le coste della Spagna, dell’Italia e della Sicilia, del Nord Africa, dell’Asia Minore e del Mar Nero. Questi insediamenti facevano parte dei “movimenti di colonizzazione” istigati da coloni greci, fenici e levantini. In particolare, gli oikistes greci (cioè “fondatori di una colonia”) svolsero un ruolo significativo nel sofisticato ed elaborato processo di trasferimento di persone e costumi dalle loro poleis (cioè la città-stato greca) a nuove “colonie” d’oltremare. Queste ultime erano chiamate apoikiai (cioè “un insediamento lontano da casa”) nella storiografia greca antica. L’insediamento di apoikiai greci nelle aree indigene dell’Italia meridionale e della Sicilia portò all’emergere di comunità eterogenee con abitanti nativi, che culminarono nell’intricato fenomeno culturale e storico tradizionalmente denominato Magna Grecia”.

ischia_pithecussai_mappa-golfo-napoli_foto-dbc-pd“L’antico sito di Pithekoussai, situato sull’isola di Ischia nel golfo di Napoli – continuano -, rappresenta il caso di studio ideale per una comprensione più approfondita dei primi movimenti greci nell’Età del Ferro nel Mediterraneo occidentale. Sebbene i loro resoconti siano retrospettivi, gli storici antichi Strabone (Geographia, V.4.9, I secolo d.C.) e Livio (Ab Urbe Condita, VIII.22, I secolo d.C.) rimangono le fonti più significative per comprendere l’insediamento greco di Ischia. Pithekoussai fu fondata da greci provenienti da Eubea, un’isola situata a est della penisola attica. Le prove archeologiche, ad esempio la presenza di iscrizioni fenicie e greche, oggetti esotici mescolati a corredi funerari indigeni e diverse usanze funerarie nella necropoli di Pithekoussai, supportano l’idea che Pithekoussai fosse una comunità in cui erano integrati individui con diverse identità culturali ed etniche e diversa provenienza geografica. Secondo gli studiosi, questo sito funzionava come un emporio, catalizzando i contatti tra Greci, Fenici e indigeni delle regioni tirreniche e adriatiche della Penisola, contribuendo alla diffusione della scrittura alfabetica in Occidente, alla conoscenza della poesia omerica e allo scambio di beni di lusso, costumi e pratiche sociali dal Vicino Oriente”.

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Corredo della Tomba 944 rinvenuto nella necropoli di S. Montano a Lacco Ameno: disegno pubblicato da Giorgio Buchner, nel 1983 (foto progetto kepos)

Conclusioni. “L’antico sito di Pithekoussai ha svolto un ruolo chiave nella cosiddetta colonizzazione greca dell’VIII secolo del Mediterraneo occidentale. La ricca documentazione archeologica ha rivelato le caratteristiche di una comunità aperta, in cui la cultura materiale e i rituali funerari suggeriscono una società eterogenea caratterizzata dalla coesistenza di individui indigeni, commercianti fenici e popoli italici insieme ai coloni greci. Questo lavoro ha ulteriormente contribuito alla comprensione dell’interconnessione delle società mediterranee durante l’Età del Ferro, fornendo una visione più profonda e sfumata di queste interazioni bio-culturali a Pithekoussai. Nonostante le sfide poste dall’ambiente vulcanico della sepoltura, la combinazione di archeologia, osteologia umana e dati isotopici ha gettato nuova luce sul modello di mobilità umana nel sito nel tempo e in relazione a diverse pratiche funerarie e beni funerari. Infine, questa ricerca ha evidenziato le sfide e i limiti dell’applicazione dell’analisi degli isotopi stabili ai campioni archeologici, incoraggiando al contempo l’impiego dell’analisi degli isotopi 87Sr/86Sr su campioni mineralizzati umani per la provenienza, anche in caso di alterazione tafonomica dei resti umani”.