Bologna. Presentati i reperti precolombiani trafugati, sequestrati e donati ai Musei Civici dall’Agenzia Dogane e Monopoli. Arricchiranno le collezioni andine del museo Medievale. Approfondimenti nel ciclo di conferenze online “Cose dell’altro mondo”

Dalla circolazione clandestina come reperti trafugati e destinati al mercato internazionale degli oggetti di arte e di antichità al recupero e alla successiva donazione verso un museo pubblico dove saranno fruibili alla collettività. I Musei Civici d’Arte Antica | Istituzione Bologna Musei acquisiscono un pregevole gruppo di 16 antichi manufatti ceramici di provenienza colombiana grazie a una donazione dell’Agenzia Dogane e Monopoli di Bologna.

Statuetta precolombiana trafugata: sequestrata e donata dall’Agenzia Dogane e Monopoli ai Musei Civici di Bologna (foto Agenzia Dogane Monopoli)
Già oggetto di un sequestro penale per violazione dei divieti all’importazione di beni culturali e di un lungo e complesso iter giudiziario, i reperti, individuati e censiti, sono stati infatti donati dall’Amministrazione dei servizi doganali del capoluogo emiliano ai Musei Civici d’Arte Antica dell’Istituzione Bologna Musei, previa autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria competente. Accurati accertamenti iconografici e stilistici condotti dallo staff del museo in collaborazione con Davide Domenici, professore associato di Discipline demo-etno-antropologiche presso il Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’università di Bologna, hanno consentito di ricostruire il contesto di provenienza da una specifica area geografica nonché di stabilirne l’autenticità e la verosimile datazione, attraverso la ricostruzione del processo storico che li ha prodotti.

Bottiglia fischiante ornitomorfa (pappagallo) della Cultura Mochica (Perù, sec. V- VII d. C.) conservata nella collezione andina di Pelagio Palagi al museo Medievale (foto Bologna Musei)
Questa donazione, che consente un prezioso incremento del patrimonio collezionistico precolombiano del museo civico Medievale di Bologna, si propone di sensibilizzare le istituzioni e il pubblico per sottolineare l’importanza, sempre più di maggiore attualità, di una sistematica attività di protezione e difesa dei beni di interesse artistico, storico e culturale nel contrasto delle multiformi aggressioni illecite finalizzate allo sfruttamento del loro valore economico. Restituiti alla fruizione pubblica, i manufatti troveranno entro breve una collocazione all’interno del percorso espositivo del museo e rimarranno a disposizione per consultazioni con finalità di studio e ricerca, per lo sviluppo della conoscenza archeologica e antropologica delle società mesoamericane in epoca pre-ispanica. Una prima occasione di divulgazione dei risultati di nuove ricerche sui materiali americani, sia precolombiani che di età coloniale, conservati nelle collezioni dei musei civici d’Arte Antica di Bologna sarà il ciclo di conferenze on line sulla piattaforma Google Meet dal titolo “Cose dell’altro mondo: oggetti americani nelle collezioni del Museo Civico Medievale”, organizzato in collaborazione con il Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’università di Bologna.

Martedì 10 novembre 2020, nella prima conferenza del ciclo on line “Cose dell’altro mondo”, Antonella Mampieri (Musei Civici d’Arte Antica | Istituzione Bologna Musei) e Davide Domenici (Università di Bologna) hanno presentato la recente donazione al museo civico Medievale di un nuovo gruppo di materiali ceramici di età precoloniale provenienti dal territorio dell’attuale Colombia meridionale, ricordando con l’occasione il nucleo collezionistico di origine andina già esistente nel museo e proveniente dalla collezione dell’artista neoclassico Pelagio Palagi.

Il corpus di oggetti, che testimoniano l’attività di diversi ambiti culturali nord-andini, è costituito da 9 testine fittili Tumaco-La Tolita (ca. 300 a.C. – 200 d.C.), 1 pregevole bottiglia ornitomorfa di cultura Calima (ca. 200 – 800 d.C.) e 6 recipienti e sculture antropomorfe Nariño (ca. 800 – 1500 d. C.). Questi ultimi, provenienti da una regione oggi situata a cavallo del confine tra Colombia meridionale (Nariño) ed Ecuador settentrionale (Carchi), si caratterizzano per la peculiare decorazione “al negativo”, impiegata per realizzare motivi geometrici di grande complessità e raffinatezza. Gli oggetti della collezione bolognese derivano certamente dal saccheggio di contesti funerari d’élite, con ogni probabilità deposti in tombe “a pozzo” dotate di profondi “camini” verticali. Tra le figure antropomorfe Nariño spicca quella di un uomo con la guancia sinistra rigonfia di foglie di coca, pianta fondamentale della vita sociale e religiosa andina. I manufatti colombiani vanno ad arricchire la collezione andina, di notevole valore storico e culturale, già conservata al museo civico Medievale di Bologna che include un notevolissimo bauletto di età coloniale (XVII secolo) con immagini di indigeni e missionari gesuiti realizzate con la resina nota come mopa mopa o “vernice di Pasto”, tradizionalmente impiegata nella stessa regione di Nariño da cui provengono i suddetti manufatti fittili precolombiani.

Il nucleo più rilevante della collezione andina del museo è d’altro canto costituito dalla serie di vasi dall’ampia varietà di forme riunita, per vie ancora tutte da ricostruire, dal celebre artista bolognese Pelagio Palagi (1775 – 1860), la cui ricchissima collezione è alla base delle raccolte civiche cittadine. Oltre a pezzi archeologici provenienti dal bacino del Mediterraneo, oggetti artistici di epoca medievale e rinascimentale e un’ampia raccolta di monete e medaglie, la “collezione di antichità” posseduta da Palagi comprende anche 38 “huacos”, cioè vasi precolombiani cerimoniali legati al culto dei morti riferibili alle civiltà delle coste settentrionali del Perù, di cui ben 33 attribuibili alla cultura Chimù (XI sec – 1465 d.C.), 4 alla civiltà Inca-Chimù (1465 – 1532 d.C.) e 1 alla Lambayeque (900 – 1200 d.C.).

Se si confronta la figura di Palagi con i coevi collezionisti d’Oltralpe si può comprendere come il suo interesse per l’archeologia precolombiana ecceda la dimensione contingente di una raccolta occasionale ma prefiguri un impulso ad ampliare e intensificare la propria documentazione extraeuropea. La sua collezione di “huacos”, pur nella nebulosità della via e del tempo di acquisizione, è sorprendente se considerata nell’epoca in cui venne raccolta: essa ci dimostra che Palagi fu il primo, o tra i primi in Italia, ad essere sensibile a quel movimento culturale volto agli scavi, al collezionismo e agli studi delle civiltà dell’antica America precolombiana. In questo suo essere precursore del collezionismo americanista, egli si configura inoltre come continuatore dell’illustre tradizione bolognese di collezionismo enciclopedico che con le raccolte di naturalia, mirabilia e artificialia del marchese Ferdinando Cospi, circa due secoli prima, aveva dato vita a quello che si può considerare il più antico museo etnografico in Italia, i cui materiali provenienti dalle Americhe Palagi dovette visitare ammirato, prima che la dispersione li trasferisse al museo Preistorico ed Etnografico “Luigi Pigorini” di Roma.

Il marchese Ferdinando Cospi
Martedì 17 novembre 2020, alle 17, “Buccheri e cacao. Sapori americani nella Bologna della prima età moderna” con Davide Domenici (Università di Bologna). Alcuni manufatti fittili provenienti dalla celebre collezione del marchese Ferdinando Cospi sono stati recentemente riconosciuti come “buccheri delle Indie”, prodotti nell’America coloniale nel corso del XVII secolo e importati in Europa dove erano destinati all’aromatizzazione dell’acqua, a profumare gli ambienti e anche ad essere ingeriti per fini estetici. L’acqua aromatizzata con i buccheri era inoltre impiegata nella produzione di bevande a base di cacao, il cui consumo è testimoniato da diversi manufatti nella collezione del Museo Civico Medievale. Per seguire la conferenza online: meet.google.com/xqb-qibv-yoi

Ulisse Aldrovandi
Martedì 26 novembre 2020, alle 17, “Il ritorno dell’idolum pileatum. Riscoperta di un manufatto messicano della collezione di Ulisse Aldrovandi” con Davide Domenici (Università di Bologna). La recente “riscoperta” nella collezione del museo civico Medievale di Bologna di una scultura mesoamericana in pietra verde appartenuta a Ulisse Aldrovandi – e sino ad oggi ritenuta irrimediabilmente perduta – ha dato l’avvio a una ricerca tesa a ricostruirne la biografia culturale. Ripercorrendo la storia dell’oggetto e del suo alter ego visuale, e cioè l’immagine della scultura stessa pubblicata nel Musaeum Metallicum (1648) di Ulisse Aldrovandi, è possibile esplorare la sensibilità – a cavallo tra studio antiquario e indagine naturalistica – con cui il grande studioso bolognese affrontò l’analisi dei manufatti provenienti dal Nuovo Mondo. Per seguire la conferenza online: meet.google.com/vkg-iioh-buk
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