A Rimini week end con il Festival del Mondo Antico nel segno di Augusto: passato e presente a confronto, tra cultura e potere. Incontri, visite guidate, laboratori

L’Arco di Augusto a Rimini durante una visita organizzata dal Festival del Mondo antico
Da queste parti Augusto, il divo Augusto, l’imperatore Cesare Ottaviano Augusto, è di casa: a Rimini è un cittadino illustre. Figlio adottivo di un altro illustre romano, Gaio Giulio Cesare, la cui statua – a ricordo del passaggio del Rubicone – campeggia nella piazza centrale di Rimini, quella piazza Tre Martiri che altro non è che il prestigioso foro della romana Ariminum, colonia latina fondata già nel 268 a.C. in una posizione strategica all’inizio della pianura, che poi sarebbe diventata testa-terminale di altrettante strategiche vie consolari (la Flaminia, nel 220 a.C., da Roma ad Ariminum; la Emilia, nel 187 a.C., da Ariminum a Piacenza; la Popilia-Annia, 132 a.C., da Ariminum a Trieste via Ravenna-Adria-Padova-Altino-Aquileia). Ma Augusto qui è di casa per aver impreziosito la città con monumenti che ancora oggi possiamo ammirare, come il grande Arco (di Augusto, appunto) e il ponte di Tiberio (che completò il progetto iniziato dal primo imperatore romano).
Non stupisce quindi che proprio nel bimillenario della morte di Augusto (14 d.C. – 2014) Rimini abbia impostato la 16. Edizione del Festival del Mondo Antico (dal 20 al 22 giugno) nel segno di Augusto: passato e presente a confronto tra cultura e potere. Al centro della manifestazione, dal titolo “Un ponte oltre gli imperi: 14-2014, duemila anni di storia”, che affronta trasversalmente i grandi temi del sapere umano con un occhio al turismo culturale del territorio ricco di testimonianze antiche (non dimentichiamo il complesso archeologico della Domus del Chirurgo, del III secolo d.C..), c’è il ponte sul fiume Marecchia, costruito – come si diceva -, per volontà di Augusto nel 14 d.C., anno della sua morte, e terminato dal suo successore Tiberio: il titolo del festival è eloquente, con un impegnativo sottotitolo “un ponte sul porto collega mari e terre, crea più varchi sul confine, traccia i passaggi e dispone gli approdi, riduce le distanze sopra lo scorrere del tempo”.
“Tre giorni densi di appuntamenti”, assicura Luigi Malnati, direttore generale per le Antichità del Mibact, “per vivere pienamente l’archeologia, come scienza storica seria non come spettacolo, divulgandola con un approccio corretto: né in modo esotico né solo per addetti ai lavori”. Tomaso Montanari, Sandro De Maria, Claudio Strinati, Maurizio Bettini ma anche Michele Mirabella, Lia Celi, Giovanni Brizzi e Ivano Marescotti sono solo alcuni dei nomi presenti, in una kermesse che coniuga il dibattito ai concerti, il reading alle tavole rotonde, senza contare le visite al Museo della città di Rimini, con l’allestimento della nuova sezione archeologica. Accanto a studiosi di varie discipline ed esperti del mondo greco e romano, presenza tra le più attese è quella del soprintendente ai Beni culturali di Roma Umberto Broccoli, che sarà al Festival domenica 22 per “parlare di Augusto cercando da un lato di non santificarlo, dall’altro di non renderlo troppo umano, ma dando il senso del presente”. Un’occasione dunque per tessere legami tra ieri e oggi, nel tentativo di trovare nella storia significati e suggestioni ancora attuali. Ne è convinto Massimo Pulini, assessore alla Cultura di Rimini, che con l’Istituto per i Beni artistici dell’Emilia Romagna organizza il Festival: “Il mondo antico è sorgente di simboli e pensieri, così come lo è il ponte di Augusto con i suoi 2000 anni che rimanda all’idea di cucitura, ed è molto più di un collegamento tra due rive, ma un passaggio, un modo per comunicare”.
Arricchisce il Festival del Mondo antico la sezione “Vacanze romane”, che propone visite guidate ai tesori antichi del territorio. Sabato 21 e domenica 22 giugno alle ore 11, 17, 21 si possono visitare La Domus del Chirurgo e le domus di Ariminum, visita guidata al sito archeologico di piazza Ferrari e alle testimonianze delle abitazioni di età imperiale raccolte al Museo della Città. Sempre sabato 21 e domenica 22 giugno ma alle ore 10.30 e 16.30 c’è “Le pietre raccontano”, visita guidata al lapidario romano a cura degli studenti del Liceo Classico “G. Cesare”. Sabato 21 e domenica 22 giugno alle ore 16, 17, 18, 19 e alle 21, 22, 23 con “Rimini in barchetta …” si può “visitare” il ponte di Tiberio a bordo di un catamarano a motore passando tra le arcate del bimillenario Ponte di Tiberio per ammirare pietre, simboli, possenza e fascino senza tempo del monumento riminese più amato dai viaggiatori. Posti disponibili 10. In caso di un numero di partecipanti inferiore a 6 l’uscita verrà effettuata con barche a remi. A cura dell’Associazione Marinando. È richiesta prenotazione telefonica (tel. 0541.704415 e 329.2103329). Offerta libera. Sabato 21 alle 21 si va alla scoperta del Museo della Città con “Augusto e la sua Rimini”: nelle sale del Museo si incontra Ottaviano Augusto rappresentato nel ritratto marmoreo che lo identifica con i suoi caratteri fisiognomici. Da lì inizia il percorso che attraversa anche le testimonianze della Città profondamente modificata da Augusto e monumentalizzata. A cura di Monia Magalotti.
Anche quest’anno il Festival può contare sulla collaborazione della casa editrice Il Mulino: l’idea è quella di passare dal libro al dialogo diretto con gli autori, in un continuo scambio di informazioni non solo a fini divulgativi ma anche dispensando qualche curiosità. E quindi accanto a temi relativi al rapporto tra il potere e la cultura, o il potere e le donne, o ancora sul mutamento degli imperi, ci sono incursioni su questioni più leggere, come la cucina ai tempi di Augusto. Ultimo ma non meno importante tassello della manifestazione, il Piccolo Mondo Antico Festival, la sezione dedicata ai più piccoli: qui bambini e ragazzi incontreranno il fascino della storia attraverso archeologia sperimentale, giochi e racconti animati.
Il culto di Dioniso e il mito di Teseo nella stele a bassorilievo della tomba del “signore” del sepolcreto etrusco di via Saffi a Bologna

L’archeologa della soprintendenza Paola Desantis, a destra, studia con la restauratrice Antonella Pomicetti la stele etrusca scoperta nel sepolcreto di via Saffi a Bologna
Della eccezionale scoperta nel 2007 del sepolcreto di via Saffi nel cuore della Bologna etrusca l’archeologa della soprintendenza per i Beni archeologici dell’Emilia Romagna, Paola Desantis, aveva parlato per la prima volta alla comunità scientifica solo nel dicembre scorso al convegno di Etruscologia che si è tenuto ad Orvieto dal 13 al 15 dicembre 2013. Ma è stato proprio in occasione del ciclo di conferenze “…comunicare l’archeologia…” promosso dal Gruppo archeologico bolognese al centro sociale G.Costa di Bologna che Paola Desantis, responsabile dello scavo, ha illustrato per la prima volta a Bologna questa straordinaria sepoltura con stele insieme alle ultime novità sulla lettura delle raffigurazioni della stele emerse nei restauri tuttora in corso.
Nell’autunno 2007, gli scavi effettuati dalla soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna nell’ex cinema Marconi, in via Saffi a Bologna, hanno portato alla luce una necropoli etrusca databile tra il VI e il V secolo a.C. Il sepolcreto, costituito da 11 tombe con ricchi corredi in ceramica attica, ha restituito in particolare una straordinaria stele in arenaria scolpita a bassorilievo, con rappresentazione del viaggio del defunto nell’aldilà su un carro trainato da una pariglia di cavalli. A scoprire il sepolcreto fu l’ispettore onorario per l’archeologia Paolo Calligola che ne segnalò la presenza durante i lavori per la realizzazione di un parcheggio sotterraneo in via Saffi, nell’ex cinema Marconi, immediatamente all’esterno del torrente Ravone. Lo scavo archeologico è stato eseguito dalla ditta Wunderkammer, sotto la direzione scientifica di Paola Desantis della soprintendenza per i beni Archeologici dell’Emilia-Romagna; lo studio epigrafico di Daniele Maras, le analisi osteologiche sono di Maria Giovanna Belcastro (UniBO). Il restauro dei materiali è stato eseguito da Antonella Pomicetti, Virna Scarnecchia, Monica Zanardi e Micol Siboni (Soprintendenza per i beni Archeologici dell’Emilia-Romagna) e dalla ditta Kriterion. Le foto sono di Roberto Macrì (Soprintendenza per i beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).
“Le aree lungo questa strada, che ricalca il percorso dell’antica via Emilia in uscita occidentale dalla città”, spiega Desantis, “finora non avevano restituito alcuna testimonianza archeologica, né coeva alla strada romana né tantomeno precedente. Le 11 tombe rinvenute nel 2007 erano disposte lungo la sponda settentrionale di un ampio canale di epoca etrusca che pare segnare un reale confine, visto che sull’altra sponda non sono emersi dati archeologici rilevanti”.
Gli studi di Paola Desantis hanno indagato le caratteristiche delle diverse sepolture, mettendo in luce una “coerenza ideologica” che sembra collegarle l’una all’altra, e tutte insieme a quella che si configura come la tomba di riferimento principale, risalente alla metà del V secolo a.C., caratterizzata da una stele figurata di eccezionale qualità e dai significati e rinvii ideologici estremamente complessi. “Oggi è possibile ricostruire l’identità di chi è stato sepolto con quella particolare stele”, continua Desantis, “grazie all’eccezionale quantità di elementi a disposizione dell’archeologia e delle discipline scientifiche di cui ci si è potuti avvalere, a cominciare dallo studio delle ossa (mentre sono ancora in corso analisi genetiche, paleobotaniche e diagnostiche per immagini). La presenza poi di ceramica attica di straordinario pregio caratterizzata da una particolare iconografia, oltre a consentire una più precisa datazione della sepoltura con preziosi riferimenti cronologici, conduce in particolare al culto di Dioniso e al mito di Teseo, le cui immagini sono molto ricorrenti”. Il significato ideologico riassunto dalla stele è icastico: il viaggio del defunto verso l’aldilà su un carro dall’alta sponda, accompagnato da demoni che in varie guise lo facilitano e confortano, da quello che gli apre la via, a quello che balza dietro di lui sul carro, al capro che sembra proteggerne il viaggio dall’alto. La presenza di un satiro (al momento la più antica attestazione su una stele felsinea) ripropone anche sulla stele una particolare adesione al culto di Dioniso. Contribuisce in modo sostanziale a dare un’identità più precisa al defunto nella tomba anche l’eccezionale presenza dell’iscrizione (a Felsina solo altre 14 stele la recano) che, evidenziata da colore rosso, dichiara i nomi corredati di gentilizio dei due sepolti. “La stele di via Saffi, rinvenuta con il contesto tombale cui era pertinente”, conclude Desantis, “arricchisce in maniera sostanziale il vasto quadro di riferimento delle stele felsinee, il cui complesso è di circa 210 monumenti nella massima parte dei casi però rinvenuti decontestualizzati e quindi privi del contesto tombale di riferimento che avrebbe consentito di datarli con sicurezza e leggerne le caratteristiche anche alla luce dei diversi aspetti del corredo”.











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