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Bologna. Al museo civico Stefania Casini (civico museo Archeologico di Bergamo) in dialogo con Chiara Pizzirani (università di Bologna) su “La donna è mobile. Storie di donne tra Etruria padana e Italia settentrionale” secondo appuntamento del ciclo “Sì, viaggiare… identità e mobilità culturale in Etruria Padana e in Italia settentrionale”

bologna_archeologico_ciclo-si-viaggiare_casini-pizzirani_locandinaGiovedì 3 aprile 2025 secondo appuntamento del ciclo di incontri “Sì, viaggiare…”, organizzato in collaborazione con la sezione Etruria padana e Italia settentrionale dell’Istituto nazionale di Studi etruschi e Italici, nell’ambito del progetto “Sì, viaggiare… identità e mobilità culturale in Etruria Padana e in Italia settentrionale”: incontri durante i quali due studiosi si confronteranno su argomenti riconducibili al tema dell’identità nell’Italia antica, in una sorta di “botta e risposta” tra Etruschi di area padana e popolazioni delle regioni settentrionali. Appuntamento in sala conferenze del museo civico Archeologico di Bologna, alle 16.30, con Stefania Casini (civico museo Archeologico di Bergamo) e Chiara Pizzirani (università di Bologna) su “La donna è mobile. Storie di donne tra Etruria padana e Italia settentrionale”. Ingresso libero fino ad esaurimento posti. Prossimo appuntamento: giovedì 10 aprile 2025.

Bologna. Al museo civico Archeologico Silvia Paltineri (università di Padova) in dialogo con Elisabetta Govi (università di Bologna) su “Venuti da molto lontano. Stranieri e straniere tra Etruria padana e Italia settentrionale” per il ciclo “Sì, viaggiare… identità e mobilità culturale in Etruria Padana e in Italia settentrionale”

bologna_archeologico_sì-viaggiare_paltineri-govi_locandina“Sì, viaggiare… identità e mobilità culturale in Etruria Padana e in Italia settentrionale” dopo Padova approda a Bologna. Giovedì 20 marzo 2025, si parte con il ciclo di incontri “Sì, viaggiare…”, organizzato in collaborazione con la sezione Etruria padana e Italia settentrionale dell’Istituto nazionale di Studi etruschi e Italici, durante i quali due studiosi si confronteranno su argomenti riconducibili al tema dell’identità nell’Italia antica, in una sorta di “botta e risposta” tra Etruschi di area padana e popolazioni delle regioni settentrionali. Appuntamento in sala conferenze del museo civico Archeologico di Bologna, alle 16.30, con Silvia Paltineri (università di Padova) che dialoga con Elisabetta Govi (università di Bologna) su “Venuti da molto lontano. Stranieri e straniere tra Etruria padana e Italia settentrionale”. Ingresso libero fino ad esaurimento posti. Prossimi appuntamenti: giovedì 3 e giovedì 10 aprile 2025.

Ravenna. A Casa Matha l’incontro “L’area archeologica di Santa Croce a Ravenna: tra passato e presente” con Sara Morsiani (Sabap Ravenna) e Guido Gottardi (università di Bologna)

ravenna_casa-matha_conferenza-l-area-archeologica-di-Santa-Croce-a-Ravenna-tra-passato-e-presente_locandinaGiovedì 13 marzo 2025, alle 18, nella sala Maggiore della Casa Matha in piazza Andrea Costa 3 a Ravenna, appuntamento aperto al pubblico con la conferenza “L’area archeologica di Santa Croce a Ravenna: tra passato e presente”. L’incontro, voluto dalla Casa Matha, è organizzato in collaborazione con la Società di Studi Ravennati. L’ingresso è libero. Questa piccola ma significativa area archeologica immersa nel centro cittadino rimanda la memoria all’epoca di Galla Placidia, pur conservando ancora evidenze archeologiche più antiche risalenti all’età romana. Ne parlano insieme Sara Morsiani, funzionaria archeologa della soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Ravenna Forlì-Cesena e Rimini; e Guido Gottardi, ordinario di ingegneria geotecnica dell’università di Bologna. Negli anni la Soprintendenza si è impegnata in numerosi interventi di restauro e conservazione dei resti archeologici, l’ultimo dei quali tuttora in corso. Inoltre, in collaborazione con l’università di Bologna e il Comune di Ravenna, è stato portato avanti un monitoraggio delle condizioni idro-climatiche dell’area, fondamentale per progettare i futuri interventi di valorizzazione delle strutture archeologiche.

Verona. Al museo di Storia naturale presentazione del libro “Food and wine in ancient Verona / Cibo e vino nella Verona antica – Vol. II – Mangiare e bere nella Preistoria e Protostoria” secondo volume del progetto dell’università di Verona “In Veronensium mensa. Food and Wine in ancient Verona”

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Giovedì 27 febbraio 2025, alle 16.30, nella sala conferenze “Sandro Ruffo” del museo civico di Storia naturale di Verona è in programma la presentazione del libro “Food and wine in ancient Verona / Cibo e vino nella Verona antica – Vol. II – Mangiare e bere nella Preistoria e Protostoria” a cura di Mara Migliavacca, Nicoletta Martinelli, Paola Salzani, Massimo Saracino (Edizioni Quasar, Roma), secondo volume del progetto dell’università di Verona “In Veronensium mensa. Food and Wine in ancient Verona”, finanziato da Fondazione Cariverona. Ingresso libero fino a esaurimento dei posti disponibili. Il programma prevede i saluti di benvenuto di Marta Ugolini, assessore alla Cultura e Turismo del Comune di Verona; Paolo De Paolis, direttore dipartimento Culture e Civiltà dell’università di Verona; Andrea Rosignoli, soprintendente ABAP per le province di Verona Rovigo e Vicenza; e Francesca Rossi, direttrice dei musei civici di Verona. Sono previsti inoltre gli interventi di Flavia Guzzo, docente di Botanica dell’università di Verona, e Maurizio Cattani, docente di Preistoria e Protostoria dell’università di Bologna, che sono impegnati da anni nello studio delle tematiche delle fonti e delle diete alimentari del presente e del passato, il cui diverso approccio scientifico permetterà di avere una miglior comprensione delle tradizioni culinarie che ancora oggi caratterizzano Verona e non solo.

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“In Veronensium mensa. Food and Wine in ancient Verona”, progetto di ricerca dell’università di Verona

La presentazione segue a breve distanza quella del primo volume, svoltasi nel dicembre 2024 nella sede dell’Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere. Questa seconda pubblicazione contiene una serie di contributi che, rispetto al primo volume, si concentra sulla preistoria e protostoria veronese, aggiungendo un importante tassello al progetto complessivo. In questa occasione alcuni risultati del progetto Food and wine in ancient Verona sono stati integrati con una ricca serie di importanti dati scaturiti da altre indagini in corso da parte di enti di ricerca da anni impegnati sul territorio, il cui tratto comune risiede nell’inter- e multidisciplinarietà e nell’impiego di metodologie scientifiche complesse e diversificate. Il dipartimento di Culture e Civiltà dell’università di Verona, coordinatore del progetto, il museo civico di Storia naturale di Verona e la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio, in tale progetto si sono fatti promotori della convergenza di enti e competenze per una ricerca in grado di ricostruire, da più punti di vista, le modalità dell’alimentazione in un arco temporale molto vasto, che si allargherà più avanti con gli ulteriori sviluppi previsti dal progetto.

Castelfranco Emilia (Mo). In sala polivalente la conferenza “Nuove scoperte archeologiche nel territorio di Castelfranco Emilia” promossa dalla soprintendenza con le imprese archeologiche e il museo “Simonini” sui risultati degli scavi e delle indagini archeologiche condotti in occasione della realizzazione di nuove infrastrutture o costruzioni negli ultimi cinque anni

castelfranco-emilia_archeologico_conferenza-Nuove-scoperte-archeologiche-nel-territorio-di-Castelfranco-Emilia_locandina“Nuove scoperte archeologiche nel territorio di Castelfranco Emilia” è il titolo della conferenza di presentazione delle scoperte archeologiche effettuate nel territorio di Castelfranco Emilia nel corso degli ultimi 5 anni, promossa dalla soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per la Città metropolitana di Bologna e le province di Modena Reggio Emilia e Ferrara, in stretta sinergia con le imprese archeologiche che hanno condotto i lavori sul campo, e in stretta collaborazione con il museo civico Archeologico “A.C. Simonini” di Castelfranco Emilia. Sabato 1° febbraio 2025, alle 16, in sala polivalente di Santa Maria Assunta in via Crespellani 7 a Castelfranco Emilia (Mo). Evento gratuito con ingresso libero. Verranno illustrati i risultati degli scavi e delle indagini archeologiche condotti in occasione della realizzazione di nuove infrastrutture o costruzioni, sia pubbliche sia private, che hanno dato l’opportunità di approfondire la conoscenza della storia e dell’archeologia di Castelfranco Emilia.

PROGRAMMA. Alle 16, saluti delle autorità: Giovanni Gargano, sindaco della Città di Castelfranco Emilia; Silvia Cantoni, assessore alla Cultura della Città di Castelfranco Emilia; Francesca Tomba, soprintendente ABAP per la Città Metropolitana di Bologna e le province di Modena Reggio Emilia e Ferrara. Apertura dei lavori: Diana Neri, direttrice del museo civico Archeologico “A.C. Simonini”. Introduzione: Sara Campagnari, funzionaria archeologa della soprintendenza ABAP per la Città Metropolitana di Bologna e le province di Modena Reggio Emilia e Ferrara. Intervengono: Cristiana Margherita, archeologa Phoenix Archeologia, “Lo scavo di via Buco: nuovi dati sulla centuriazione romana di Castelfranco Emilia”; Chiara Baraldi e Massimo Zanfini, archeologi Semper, “Lo scavo di via Carracci: dall’insediamento romano all’età medievale”; Daniela Rigato, università di Bologna, “L’iscrizione romana dello scavo di via Carracci”; Daniele Mazzitelli, archeologo Phoenix Archeologia, “Via Ripa Inferiore: nuovi dati sulle mura del Borgo Franco”; Enrico Sartini, archeologo AdArte, “Lo scavo archeologico del Forte Urbano”; Riccardo Vanzini, archeologo, “L’archeologia di Castelfranco Emilia nel Web GIS dell’Emilia-Romagna”. Conclusioni: Valentina Di Stefano, funzionaria archeologa della soprintendenza ABAP per la Città Metropolitana di Bologna e le province di Modena Reggio Emilia e Ferrara. Alle 18, al museo civico Archeologico, omaggio ai partecipanti del lingottino in cioccolato (produzione M. Tognarelli).

Locri (RC). Oltre 20mila visitatori al parco archeologico. La direttrice Elena Trunfio fa il bilancio del 2024: “È stato un anno intenso che ci ha visto impegnati in diverse le linee di azione: e il 2025 porterà la rifunzionalizzazione delle contrade Marasà e Parapezza

Veduta panoramica del teatro greco nel parco archeologico di Locri Epizefiri (foto drm-calabria)

“Grazie alle oltre 20.500 persone che quest’anno hanno visitato Locri Epizefiri! Chiudiamo l’anno con un +20% di presenze rispetto al 2023 e un bilancio certamente positivo”. La fine e l’inizio di un nuovo anno impongono una riflessione sul lavoro svolto e sulle prospettive future e a Locri Epizefiri, parlando di bilancio, l’esito del 2024 non può che essere positivo. Intanto per numero di presenze: si contano oltre 20.500 visitatori con un aumento di circa il 20% rispetto allo scorso anno, un dato importante per il Parco più grande della Locride e della provincia di Reggio Calabria che, grazie a un’offerta di valorizzazione variegata, è riuscito anche quest’anno ad attrarre diversi target di pubblico, confermandosi uno dei luoghi della cultura più visitati nella Regione. Un successo che passa da importanti collaborazioni e da un approccio gestionale che vede nella partecipazione della comunità la strategia per aumentare il senso di appartenenza e incidere nella crescita del territorio. “È stato un anno intenso che ci ha visto impegnati in diverse le linee di azione: non solo la valorizzazione ma anche i servizi educativi nonché l’impulso fondamentale dato alla ricerca e al miglioramento infrastrutturale del Parco e dei nostri Musei”, spiega la direttrice Elena Trunfio. “Ognuno di questi ambiti è stato portato avanti con importanti collaborazioni che ci hanno permesso di alzare il livello di qualità delle nostre attività oltre che contribuire in maniera più efficace al soddisfacimento dei bisogni del nostro pubblico”. In tema di valorizzazione, anche quest’anno si è offerto un programma variegato costruito insieme agli attori locali, prima di tutto con le Amministrazioni. Oltre all’ormai consueta sinergia con i Comuni di Locri e Portigliola che, ogni anno, forniscono supporto alle attività di valorizzazione del Parco, si è rafforzato il legame con la Regione Calabria: “Vorrei ringraziare i sindaci Fontana e Luglio, nonché l’assessore Bumbaca del Comune di Locri e il vicesindaco di Portigliola Macrì per la presenza costante, siamo un esempio di condivisione virtuosa di intenti e di lavoro di squadra per il raggiungimento di obiettivi comuni”.

locri-epizefiri_parco_aromi-d-italia-2024_locandinaUn ulteriore ringraziamento va alla Regione Calabria, in particolare all’assessorato al Lavoro e al Turismo, con l’assessore Giovanni Calabrese, col quale la direzione del Parco ha stretto rapporti di collaborazione fattiva, mirata alla costituzione di un tavolo di lavoro per la definizione delle strategie utili ad una migliore valorizzazione turistica dell’area e della Regione tutta. Locri Epizefiri ha infatti ospitato diversi progetti di marketing territoriale, anche a carattere nazionale, come ad esempio l’iniziativa “Aromi d’Italia”, promossa dalla Regione Calabria, che ha visto la partecipazione di influencer ed esperti del mondo della gastronomia in un’attività di comunicazione funzionale alla promozione del territorio.

locri-epizefiri_archeologico_un-caffè-storicamente-corretto_logo_locandinaUn altro importante risultato è quello legato ai servizi educativi: i laboratori del Museo dei ragazzi sono ormai un appuntamento mensile che coinvolge ragazzi e bambini di tutte le età alla scoperta della polis e non solo. Oltre 15 laboratori, promossi dal Museo e dalle associazioni che con esso collaborano, per portare avanti la missione di educare le giovani generazioni al patrimonio. Diverse poi le occasioni di approfondimento culturale con visite guidate, in particolare quelle animate dell’Archeoclub Locri, eventi di promozione territoriale, come quelli realizzati con il Gal Terre Locridee ma anche incontri tematici. Particolare successo nel 2024 ha avuto il ciclo di incontri “Un caffè…storicamente corretto” promosso insieme al Circolo di Studi Storici “Le Calabrie” e curato dalla direttrice Trunfio e dalla presidente del Circolo Marilisa Morrone. “L’iniziativa ha avuto un esito molto positivo, sia in termini di partecipazione che di promozione della ricerca scientifica verso un pubblico non specialista. Devo ringraziare la presidente Morrone e tutti i soci per questa collaborazione talmente tanto proficua che abbiamo scelto di promuovere una seconda edizione nel 2025”, prosegue Trunfio.

L’area archeologica di Centocamere nel parco archeologico di Locri Epizefiri (foto drm-calabria)
Locri Epizefiri: il team di scavo dell’università di Bologna. Al centro, in piedi, il prof. Vincenzo Baldoni, la direttrice Elena Trunfio, la prof. Elisabetta Govi, e il direttore Filippo Demma (foto drm-calabria)

Ma il 2024 è stato anche l’anno di importanti accordi con Università: oltre all’ormai consolidato rapporto con il dipartimento di Studi storici dell’ateneo di Torino, si è stipulato un’intesa con l’Alma Mater Studiorum di Bologna, in particolare con la Scuola di Specializzazione in Beni archeologici. Da tale collaborazione è nata una prima campagna di scavi archeologici nelle contrade di Marasà e Parapezza, dirette da Filippo Demma, che hanno permesso di dare alla luce importanti e rilevanti risultati, in particolare per la comprensione dell’area sacra del Thesmophorion. In termini di accordi, degno di nota è certamente il protocollo di intesa stipulato con l’ordine degli Architetti e dei Dottori Agronomi e Forestali della provincia di Reggio Calabria, finalizzato alla redazione delle linee guida per la gestione e manutenzione delle componenti verdi del Parco: “Credo che questo genere di accordo sia il primo in Italia tra ministero della Cultura e Ordini professionali. Un rapporto di lavoro in cui credo molto e che ci permetterà di affrontare le tematiche del paesaggio in un’ottica di sperimentazione e formazione”.

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Veduta aerea del Tempio di Marasà nel parco di Locri Epizefiri (foto drm-calabria)

Tanti dunque i progetti avviati che nel 2025 troveranno piena realizzazione, come ad esempio la rifunzionalizzazione del Parco, nei settori in contrada Parapezza e Marasà che si prospetta innovativo. “Ci aspetta un altro anno impegnativo ma il lavoro non ci spaventa. Abbiamo immaginato un futuro diverso per questo luogo e a piccoli passi stiamo andando avanti in un percorso che permetterà a Locri Epizefiri di raggiungere standard elevati di fruizione. Vorrei ringraziare per questo i dipendenti del Museo e tutti i colleghi della direzione regionale Musei, per il loro costante lavoro, nonché i direttori Demma e Sudano per avere sempre creduto e sposato l’idea di un Parco diverso, prodotto della contemporaneità”, conclude la direttrice Trunfio.

Verona. In soprintendenza la giornata di studi “La Villa dei Mosaici di Negrar di Valpolicella: una ricerca interdisciplinare” promossa dall’università di Verona sui risultati preliminari degli scavi archeologici diretti da Gianni De Zuccato che per “archeologiavocidalpassato.com” presenta e anticipa i temi del convegno, descrivendo anche la villa dallo scavo alla musealizzazione

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Veduta generale dell’area archeologica della Villa dei Mosaici di Negrar di Valpolicella (foto graziano tavan)

negrar_villa-dei-mosaici_nuovo-logo“La Villa dei Mosaici di Negrar di Valpolicella: una ricerca interdisciplinare”: è il titolo della giornata di studi promossi dall’università di Verona che si tiene lunedì 16 dicembre 2024, in sala Gazzola nella sede della soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Verona Rovigo e Vicenza, in piazza San Fermo 3° a Verona, dedicata ai risultati preliminari degli scavi archeologici della Villa dei mosaici di Negrar di Valpolicella (Vr). La partecipazione è aperta a tutti gli interessati A seguire un brindisi con vino della Valpolicella, offerto dalle aziende agricole Benedetti “La Villa” e Franchini di Negrar. È Gianni De Zuccato, direttore dello scavo archeologico, come funzionario archeologo della Sabap di Verona, a presentare e anticipare ai lettori di archeologiavocidalpassato.com i temi del convegno. E con l’occasione ne approfitta per ripercorrere lo sviluppo della ricerca archeologica, dallo scavo alla presentazione dei risultati alla comunità, non solo scientifica, e per descrivere la villa come risulta dagli scavi nella sua articolazione tra la zona residenziale e l’area produttiva, nell’arco della “vita” della struttura tardo-antica.

“Il 16 dicembre 2024 – esordisce De Zuccato – ci sarà questa giornata di studio ospitata dalla soprintendenza di Verona, in piazza San Fermo, e organizzata dall’università di Verona – dipartimento Culture e Civiltà, per un aggiornamento delle ricerche sulla villa romana tardo-antica di Negrar di Valpolicella. L’idea di fare una giornata è nata perché abbiamo sentito l’esigenza di informare la popolazione in generale, ma anche tutti coloro che avevano seguito le varie vicende, lo scavo, o avevano fatto una visita a Negrar, e comunque gli studiosi interessati per informarli sullo stato di avanzamento delle ricerche. Non è una giornata conclusiva delle ricerche, delle indagini sulla villa di Negrar, perché i lavori – soprattutto la parte dello studio – è tuttora in corso. Abbiamo però sentito il bisogno di mettere al corrente di quello che stiamo facendo. Ci sono parecchi gruppi di lavoro che fanno capo a specialisti delle diverse materie, e abbiamo sentito l’esigenza di informare le persone. Perché è facile pensare, per chi non è addetto ai lavori, che concluso lo scavo tutto sia finito, e l’unica cosa che rimane da fare sia quella di creare un’area archeologica. Non è così. Per far parlare i resti che sono stati trovati è importante lo studio, l’analisi di quello che si è rinvenuto. E al di là degli studi ormai classici che riguardano gli scavi archeologici – quindi lo studio dei materiali nelle varie classi di ceramica, metalli, pietra, ecc. -, al giorno d’oggi si fanno ormai di routine delle indagini che fino a pochi anni fa non erano possibili per i costi e che adesso per fortuna sono stati molto ridotti: mi riferisco non solo alla datazione attraverso il Radio Carbonio 14, ma anche ad altri tipi di analisi, come gli isotopi, che permettono di determinare o almeno di chiarire altri aspetti come la paleo-dieta (in riferimento alle sepolture a inumazione) ma anche la provenienza degli individui che sono stati sepolti nell’area. E poi tutto quello che riguarda la paleobotanica, con l’individuazione di quelli che gli archeologi chiamano i macro resti, cioè semi, resti vegetali in generale: quindi determinazione di questi, ma anche oltre. Ad esempio l’università di Verona, con la professoressa Diana Bellin, sta conducendo delle indagini per tentare di ricomporre il DNA dei vinaccioli rinvenuti in uno degli scarichi della villa per vedere se quei vinaccioli siano riconducibili a vigneti, a tipi di vigne dell’epoca ma che siano le progenitrici anche delle vigne oggi presenti in Valpolicella. Rimane poi sullo sfondo, ma è naturalmente molto importante, la ricerca sulla presenza della lavorazione delle uve e quindi la produzione del vino perché naturalmente siamo in Valpolicella, e quindi la ricerca è stata anche indirizzata in questo senso e ha avuto dei buoni risultati, che non anticipo”.

“Le ricerche a Negrar – ricorda De Zuccato – sono ricominciate intorno al 2016 con ricognizioni sul campo, ma le prime trincee esplorative sono state fatte nel 2019, e lo scavo stratigrafico è cominciato nel 2020 dopo che avevamo individuato con le trincee sia i resti scavati nel 1922 da Tina Campanile ma anche dei resti nuovi che nessuno aveva mai trovato (vedi Negrar di Valpolicella (Verona). A meno di un anno dalla ri-scoperta della Villa dei Mosaici, una villa rustica a carattere residenziale e produttivo di media età imperiale (III sec. d.C.), Comune Soprintendenza e Aziende vitivinicole siglano un patto per lo scavo, la musealizzazione e la valorizzazione del sito immerso tra i vigneti: archeologia e vino, due eccellenze in sinergia. Il ministro Franceschini: “Modello di rapporto pubblico-privato da esportare” | archeologiavocidalpassato).

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Archeologi e operatori riportano alla luce di mosaici pavimentali della villa rustica romana di Negrar di Valpolicella, poi chiamata Villa dei Mosaici (foto comune di negrar)

Purtroppo c’è stato il Covid, che ci ha ostacolato gli scavi – come ha ostacolato un po’ tutto – per cui abbiamo dovuto sospendere per un po’ di tempo. Era tutto molto difficile. Però in un paio di anni siamo riusciti a portare quasi a termine questa impresa, cioè lo scavo diciamo di tutta l’area. In realtà che non sia tutta l’area qualche dubbio ce l’abbiamo. Ma comunque è quasi tutta l’area della villa. A differenza di altre ville tardo-antiche famose, senza andare lontanissimo penso a Desenzano però si potrebbe arrivare anche a Piazza Armerina alla Villa del Casale, che sono organizzate più a padiglioni, la villa di Negrar si presenta come un corpo unico, una specie di monoblocco con qualche estensione, tipo l’area delle terme.

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I resti della fontana al centro del cortile-giardino della Villa dei Mosaici di Negrar (foto graziano tavan)

È tutto un blocco che ruota attorno al peristilio, cioè a un cortile-giardino centrale circondato da un colonnato che aveva una fontana al centro. Sicuramente era molto bello, avrà avuto piante e fiori. Questa parte l’abbiano scavata quasi tutta. Abbiamo individuato dei resti che vanno oltre i limiti dello scavo attuale sia a Nord sotto la strada asfaltata, sia a Est verso la valle dove abbiamo individuato i limiti di un muro che forse circondava un’area aperta o semiaperta che però non abbiamo potuto scavare perché è fuori dalla proprietà disponibile per gli scavi. E anche verso Sud ci sono dei muri che proseguono sotto al vigneto. Insomma, non posso dire che l’abbiano scavata tutta!

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Dettaglio del peristilio ovest della Villa dei Mosaici di Negrar con i mosaici policromi e una base di colonna del porticato (foto graziano tavan)

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Pianta schematica della Villa dei Mosaici di Negrar a cura della Sabap di Verona, con evidenziate le aree mosaicate (residenziali) e quelle lastricate (produttive) (foto graziano tavan)

“Comunque – continua De Zuccato – quello che oggi si può vedere se uno va a visitare il sito, anche in condizioni ancora di cantiere, perché i resti sono stati coperti e protetti con delle coperture che mi auguro siano provvisorie benché siano state efficaci in questi anni in cui i resti sono stati portati alla luce, sono dei ruderi, certamente. La prima cosa che secondo me balza agli occhi è la quantità di resti di mosaici presenti e che ci hanno fatto dare alla villa il nome di villa dei mosaici, perché è un po’ ciò che la caratterizza. Intorno al cortile-giardino c’è un corridoio, un po’ l’antenato del chiostro delle chiede medievali, e su questo chiostro si affacciavano vari ambienti. La villa è suddivisa tra una parte residenziale verso Est, e una parte produttiva verso Ovest, separate da un muro. Probabilmente erano collegate anche tra di loro però sono anche nettamente separate.

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Villa dei Mosaici di Negrar: l’ambiente absidato dei cosiddetti “appartamenti” (foto comune di negrar)

“La parte che era stata scoperta 100 anni fa e che abbiamo riportato alla luce – sottolinea De Zuccato – è la parte di rappresentanza, la parte bella, quella dove il padrone della villa, il dominus, riceveva i suoi amici, e probabilmente li riceveva anche organizzando pranzi o cene. C’era una grande sala, la sala dei ricevimenti e dei banchetti. Ai due lati, due coppie di stanze, che noi identifichiamo come appartamenti, che probabilmente ospitavano anche la camera da letto dei padroni, dei proprietari. Una situazione analoga a questa doveva esistere anche sul lato settentrionale che purtroppo è stato pesantemente danneggiato nel 1974 dallo scavo per la costruzione di una casa. È stata purtroppo distrutta l’aula principale, l’aula absidata. Queste aule, infatti, avevano la caratteristica nell’età tardo-antica, cioè IV-V secolo, di avere un muro tondeggiante come appunto l’abside delle chiese soprattutto medievali. Quest’aula è stata distrutta completamente. Sono rimasti degli ambienti, che anche qui chiamiamo appartamenti, ai lati di quest’aula. Uno conserva quasi integro un mosaico. Un altro è un ambiente molto particolare. Non sappiamo esattamente cosa fosse, ma la particolarità di questo ambiente è che al centro ha una piccola vasca a sette lati, ettagonale. E dall’altro ci sono i resti di una delle due stanze, pavimentata a mosaico anche questa, mentre un’altra era già stata danneggiata in antico. Sulla sala con vasca ettagonale stiamo ancora approfondendo le indagini perché la presenza di questa strana forma del catino della vasca ci indurrebbe a pensare a un possibile battistero. Però il discorso è ancora in sospeso.

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Il quartiere termale della Villa dei Mosaici di Negrar (foto graziano tavan)

“Poi c’è il settore termale lì vicino, a Nord-Est – descrive De Zuccato -. Un settore ampio, articolato. C’è lo spogliatoio, un grande frigidarium; il calidarium; il tepidarium. C’è una piccola saletta, forse un laconicum una sudatio. C’è il prefurnio. C’è la vasca per i bagni in acqua fredda. Insomma è un settore molto affascinante. Sul lato Est ci sono delle altre stanze, mentre non ci sono stanze sul lato Ovest che confina col settore produttivo.

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La foto originale del 1922 rappresentante il mosaico della Sala A della villa romana di Negrar (foto archivio sabap-vr)

“Due parole sui mosaici che si possono vedere. A parte quelli che erano conosciuti attraverso le foto in bianco e nero della Campanile e attraverso i frammenti che erano stati strappati ancora nell’800 e portati al museo Archeologico al Teatro Romano, abbiamo trovato un altro pavimento a mosaico sul lato Est, un mosaico abbastanza semplice però ugualmente interessante. Il lato Est conserva anche una scalinata in pietra, perché la villa era disposta su terrazze per seguire un po’ il declivio naturale della collina.

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Veduta d’insieme dei mosaici policromi del peristilio ovest della Villa dei Mosaici di Negrar (foto graziano tavan)

“Il mosaico più bello – spiega De Zuccato – è sicuramente quello che è conservato sul lato Ovest del peristilio e che presenta una serie di tondi che racchiudono delle figure, anche di persone: una figura femminile, un volto femminile, un volto maschile, un busto maschile; degli oggetti, vasi. Un canestro di frutta; degli animali, uccelli. Anche il telaio del disegno di questi tondi figurati è interessantissimo perché ha delle soluzioni che suggeriscono una profondità spaziale, una profondità di volume al mosaico. È una cosa particolarissima. Gli specialisti dicono che al momento è un unicum”.

“Per quello che riguarda invece la parte produttiva – continua De Zuccato -, l’altra caratteristica che ne fa anche qui un unicum, è la presenza di una grande struttura articolata in tre ambienti: al centro un ambiente scoperto e ai lati due ambienti coperti. Ma la caratteristica che ne fa appunto una cosa unica è la pavimentazione in lastre di pietra: dovrebbe trattarsi di un grandissimo magazzino, lungo una trentina di metri. Ci siamo chiesti che cosa potesse contenere questo magazzino, a cosa potesse servire, oltre alla raccolta delle normali produzioni, normali derrate, che venivano dalla proprietà, da quel fundus, dai terreni che stavano attorno alla villa. Abbiamo fatto anche qui una serie di analisi che hanno evidenziato quasi ovunque il contatto con mosto e con vino. A fianco di quest’area c’è una grande piattaforma che ospitava uno spazio con una vasca per la produzione del mosto calcatorium, insomma il mosto che veniva prodotto schiacciando l’uva coi piedi. Però abbiamo trovato anche due grossi contrappesi per il torchio meccanico, perciò anche questi dovevano essere presenti in sede. Poi abbiamo trovato un po’ dappertutto i resti di lastre che servivano a sorreggere le lastre laterali. Un po’ come le fontane che sono tuttora presenti in Valpolicella. Solo che in questo caso dovevano contenere mosto e vino. Quello che non abbiamo trovato, e che inizialmente credevamo di trovare, erano questi grandi contenitori per il mosto e per il vino che vediamo seminterrati nelle ville del Centro-Sud d’Italia, i cosiddetti dolia de fossa. Qui invece non ci sono. Ma non ci sono perché qui a Negrar, come in altre situazioni nel Nord Italia e anche nel resto dell’Europa, il mosto e il vino venivano già allora raccolti in botti di legno che si prestavano meglio anche per il trasporto, con i carri via strada, o con il trasporto fluviale. Un po’ come le botti che sono raffigurate sulla famosa stele di Tenazio Essimno, trovata qualche anno fa a Passau (antica Batavium, ndr) in Baviera (e oggi conservata all’Oberhaus Museum di Passau, ndr), che ricorda appunto questo personaggio nativo di Trento, il cui nome però lo dichiara originario della Valpolicella, un commerciante di vini. E lui nel suo monumento funerario si è fatto raffigurare appunto al fianco di una catasta di piccole botti, delle botticelle, con cui sicuramente trasportava il vino.

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Veduta d’insieme dell’area produttiva della Villa dei Mosaici di Negrar (foto graziano tavan)

“Altre situazioni particolari di quest’area produttiva, di cui si parlerà estesamente nella giornata del 16 dicembre, sono una serie di ambienti che forse facevano parte di una prima sistemazione della villa. Ci stiamo chiedendo se questa grande struttura, questo grande magazzino in lastre non sia stato realizzato quando una parte della villa viveva già. E quindi la suggestione è che questo magazzino potesse servire per la produzione certamente del vino ma magari anche per l’appassimento delle uve secondo la tradizione che è riconducibile a Cassiodoro e che potrebbe farne uno dei luoghi di produzione di quell’acinaticium (acinatico) nella sua lettera al re Teodorico. Ci stiamo lavorando – conclude De Zuccato – soprattutto per quello che riguarda la datazione, perché vorrebbe dire che questa produzione vitivinicola è durata parecchio nella villa, forse anche oltre il limite della vita della villa stessa come tale”.

“La vita della villa con i resti così come li vediamo oggi – spiega De Zuccato – forse termina poco dopo la fine dell’Impero romano. Pensiamo che la villa sia vissuta per tutto il V secolo, anche se non è proprio semplice stabilire dei confini cronologici tra un’epoca e l’altra. Però abbiamo trovato tracce notevoli di quella che noi abbiamo chiamato, in una delle sessioni del convegno, Dopo la villa, perché c’è una frequentazione chiara, diffusa anche dell’area della villa e di quelle che probabilmente erano le strutture sicuramente in parte ancora in piedi, ancora in discreto stato, e in parte forse integrate da strutture nuove fatte con materiali di demolizione, di recupero dei muri della villa. E poi andando avanti nel tempo, con il proseguire della decadenza di queste strutture e delle demolizioni, si arriva anche al VII, l’VIII secolo, forse anche al IX secolo. Quindi siamo in età contemporanea alla presenza di Teodorico, dei Goti, e poi dei Longobardi. Questo è sicuro per il fatto che sono presenti alcune sepolture fatte all’interno delle strutture della villa. Sepolture povere, soprattutto di bambini, che sono state datate tra il VII e l’VIII secolo. Ma la cosa interessante è che sul limite delle strutture della villa abbiamo trovato anche due tombe di età longobarda. Una di queste due tombe è riferibile a una principessa (?), una nobildonna sicuramente perché aveva tre bracciali, due dei quali molto belli, bracciali tipicamente longobardi a tamponi, e uno in ferro. Nell’altra tomba invece c’erano vari inumati. È stata una tomba utilizzata più volte, una tomba multipla, e anche qui con i segni della cultura longobarda, i caratteristici pettini in osso, delle perle in pasta vitrea. Ciò vuol dire che la villa ha continuato a vivere per un bel po’ di tempo. Tutto questo è oggetto di studio. Anche le tracce delle abitazioni realizzate tra i resti della villa sono interessanti: in parte sono state realizzate con materiali di spoglio, ma in parte sono state realizzate con strutture di legno, perché ci sono i buchi nei pavimenti che testimoniano questi impianti. Di questa fase abbiamo trovato una grande abbondanza di materiali ceramici, come stoviglie da cucina, materiali insomma di uso comune, cosa che invece abbiamo trovato in maniera scarsissima per quello che riguarda la villa in età romana. Lì c’è una povertà assoluta forse proprio perché la villa è stata spogliata intenzionalmente prima di essere abbandonata”.

verona_sabap_convegno-villa-di-mosaici-di-negrar_presentazione_locandinaIL PROGRAMMA DELLA GIORNATA DI STUDIO LUNEDÌ 16 DICEMBRE 2024. Alle 9.30 Saluti istituzionali: Andrea Rosignoli (soprintendente ABAP per le province di Verona Rovigo, Vicenza), Paolo De Paolis (direttore dipartimento di Culture e Civiltà – università di Verona); Fausto Rossignoli (sindaco di Negrar di Valpolicella). INTRODUZIONE Alle 10, Vincenzo Tinè (soprintendente ABAP VE-Met), “Il progetto di studio e la valorizzazione”. SESSIONE 1: LA VILLA Presiede Francesca Ghedini (università di Padova) Alle 10.15, Patrizia Basso, Nicola Delbarba (università di Verona), Gianni de Zuccato (già soprintendenza ABAP Verona Rovigo, Vicenza), “La villa: considerazioni planimetriche e funzionali”; 10.45, Federica Rinaldi (parco archeologico del Colosseo), “I rivestimenti pavimentali: decorazione, funzione e cronologia”; 11, pausa caffè; 11.15, Monica Salvadori (università di Padova), Katia Boldo, Simone Dilaria, Anna Favero, Federica Stella Mosimann, Clelia Sbrolli, “Approcci multidisciplinari per la conoscenza della pittura parietale in contesto: il caso della villa di Negrar”; 11.30, Diana Dobreva, Anna Nicolussi (università di Verona), “Note preliminari sulla ceramica tardoantica della villa: osservazioni cronologiche, tipologiche e archeometriche”; 11.45, Dario Calomino (università di Verona), “Il quadro dei ritrovamenti monetali”. SESSIONE 2: DOPO LA VILLA Presiede Andrea Augenti (università di Bologna) Alle 12, Fabio Saggioro, Nicola Mancassola (università di Verona), Alberto Manicardi (SAP), “Le fasi di frequentazione altomedievale”; 12.30, Nicola Mancassola (università di Verona), “Le ceramiche da cucina altomedievali”; 12.45, pausa pranzo; 14.15, Laura Bonfanti, Irene Dori (università di Firenze), Alessandra Varalli (Aix-Marseille Université, CNRS, Ministère de la Culture, LAMPEA), “Gli inumati altomedievali: i risultati delle analisi bioarchaeologiche e isotopiche”; 14.30, Elisa Possenti (università di Trento), Lisa Martinelli (università di Udine), “I reperti metallici e in osso lavorato di età medievale”. SESSIONE 3 APPROCCI ANALITICI Presiede Jacopo Bonetto (università di Padova) Alle 14.45 Gianfranco Valle (geoarcheologo professionista), “Studio geomorfologico e ricostruzione ambientale”; 15, Valeria Luciani, Elena Marrocchino, Michele Zuccotto (università di Ferrara), “Caratterizzazione in sezione sottile di materiali lapidei”; 15.15, pausa caffè; 15.30, Elena Marrocchino, Michele Sempreboni (università di Ferrara), “Prime analisi sui leganti”; 15.45, Silvia Bandera (università di Verona), “Analisi dei resti faunistici”; 16, Marco Marchesini, Madalina Daniela Ghereg, Silvia Marvelli, Anna Chiara Muscogiuri, Elisabetta Rizzoli (Laboratorio di Palinologia e Archeobotanica C.A.A. Nicoli), “Vegetazione, viticoltura e alimentazione attraverso le analisi archeobotaniche”; 16.30, dibattito.

 

 

Ravenna. Al museo nazionale presentazione del libro “Museo Nazionale di Ravenna. Il Medagliere”, a cura di Erica Filippini, Anna Lina Morelli, Serafina Pennestrì, ventesimo numero del Notiziario del Portale Numismatico dello Stato – Medaglieri Italiani

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Copertina del libro “Museo Nazionale di Ravenna. Il Medagliere”, a cura di Erica Filippini, Anna Lina Morelli, Serafina Pennestrì

A Ravenna si presenta il volume dedicato alle raccolte numismatiche dei musei nazionali di Ravenna: “Museo Nazionale di Ravenna. Il Medagliere”, a cura di Erica Filippini, Anna Lina Morelli, Serafina Pennestrì. Si tratta del ventesimo numero del Notiziario del Portale Numismatico dello Stato – Medaglieri Italiani, parte di una collana editoriale inserita nel sistema Biblioteca Virtuale e promossa dal ministero della Cultura, direzione generale Archeologia Belle arti e Paesaggio. La monografia, edita dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, rappresenta uno strumento fondamentale per la conoscenza del medagliere ravennate, fino ad ora parzialmente noto solo agli specialisti e perlopiù sconosciuto al pubblico. Appuntamento il 13 dicembre 2024, alle 17, al museo nazionale di Ravenna (via San Vitale 17. Alla presentazione interverranno il direttore dei musei nazionali di Ravenna Andrea Sardo; Serafina Pennestrì, funzionaria archeologa coordinatrice dell’unità organizzativa Beni numismatici della direzione generale Archeologia Belle arti e Paesaggio; Erica Filippini e Anna Lina Morelli, docenti di Numismatica dell’Alma Mater Studiorum università di Bologna, insieme ad alcuni degli autori dei saggi. L’incontro si concluderà con un intervento di Serena Ciliani, direttrice di sito e responsabile delle collezioni del museo nazionale di Ravenna.

portale-numismatico-dello-Stato_home-pageL’inserimento di un’ampia selezione della sua collezione numismatica nel Portale Numismatico dello Stato (www.numismaticadellostato.it), promosso dal ministero della Cultura rappresenta un importante riconoscimento per il museo nazionale di Ravenna; monete e medaglie saranno infatti visibili nelle “vetrine virtuali”, permettendo al pubblico di ammirarle, studiarle e contestualizzarle. Questo progetto collega la raccolta ravennate ad altre prestigiose collezioni italiane, come quelle di Firenze, Parma e Torino, integrandola in un sistema digitale innovativo che, da oltre quindici anni, combina rigore scientifico e valorizzazione del patrimonio numismatico.

Realizzato grazie a una collaborazione con il dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Alma Mater Studiorum università di Bologna, il progetto ha incluso campagne fotografiche, verifiche sul campo e catalogazioni che hanno fatto emergere aspetti inediti di un patrimonio in parte ancora inesplorato. La pubblicazione si inserisce così in un percorso di indagini che, dagli anni ottanta del secolo scorso fino a oggi, ha visto il medagliere protagonista di mostre e studi specifici, confermando il valore storico, artistico e scientifico di questa collezione legata al collezionismo illuministico e ottocentesco. La pubblicazione segue un percorso cronologico che abbraccia un arco temporale vastissimo: nato grazie ai monaci camaldolesi del cenobio di Classe, che vedevano in monete e medaglie un complemento alle loro ricerche sulle Antichità, il medagliere ha progressivamente acquisito altri nuclei attraverso acquisizioni, ritrovamenti archeologici e collezioni private, spesso perdendo la tracciabilità originaria. Vi trovano così spazio monete greche e romane, dalle emissioni repubblicane a quelle tardoimperiali, oltre a quelle ostrogote, bizantine, medievali e moderne. Particolare attenzione è dedicata alla zecca di Ravenna, che ebbe un ruolo di rilievo nella produzione monetale del passato. Accanto alle monete, il volume esplora anche il mondo delle medaglie, soffermandosi sulla preziosa collezione illuministica appartenuta all’architetto ravennate Camillo Morigia, una testimonianza del gusto eclettico e dello spirito erudito dell’epoca.

Verona. Alla Gran Guardia la conferenza, in presenza e on line, “100 anni del Museo Archeologico al Teatro Romano 1924-2024”: dal processo di formazione delle collezioni all’istituzione del museo Archeologico nel 1924 fino al nuovo allestimento inaugurato nel 2016

verona_gran-guardia_conferenza-100-anni-del-Museo-Archeologico-al-Teatro-Romano_locandinaCadeva l’anno 1924 quando a Verona il museo Archeologico al Teatro Romano apriva ufficialmente le porte al pubblico. Nell’anno del centenario, martedì 10 dicembre 2024, alle 17, nella sala Convegni della Gran Guardia, si terrà la quinta conferenza dei Musei Civici 2024 – 2025 con il titolo “100 anni del Museo Archeologico al Teatro Romano 1924-2024”: l’accesso è libero e consentito fino ad esaurimento dei posti disponibili. È possibile seguire l’incontro anche in diretta streaming sul canale YouTube https://www.youtube.com/@imuv-imuseidiverona. Durante l’incontro, in apertura, i saluti di benvenuto dell’assessore alla Cultura Marta Ugolini. Seguiranno gli interventi di Francesca Rossi, direttrice dei Musei Civici di Verona; Andrea Rosignoli, soprintendente Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Verona Rovigo e Vicenza; Margherita Bolla, già curatrice del museo Archeologico al Teatro Romano e del museo Maffeiano; Andrea Augenti, professore ordinario università di Bologna, coordinatore del Corso di Dottorato in Scienze storiche e archeologiche. Memoria, civiltà e patrimonio.

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L’ex convento di San Girolamo dei Gesuati, sopra il teatro romano di Verona, sede del museo civico Archeologico al Teatro romano (foto imuv)

Il museo Archeologico al Teatro Romano è stato inaugurato il 10 marzo 1924. Questa data segna il momento in cui viene ufficializzato il distacco delle collezioni archeologiche dall’originario Museo Civico che le conteneva ed esponeva a Palazzo Pompei, già dal 1854. Alla fine dell’Ottocento in questa sede si erano accumulati i dipinti e le sculture, le raccolte naturalistiche, i reperti archeologici e una grande quantità di oggetti recuperati tra il 1890-1892 nel corso dei cosiddetti scavi d’Adige. La sede naturale, che venne individuata per ospitare le collezioni archeologiche, fu il convento del XV secolo di San Gerolamo dei Gesuati, che insisteva sul teatro sorto alla fine del I secolo a.C. sul fianco del colle di San Pietro. L’esistenza del teatro era nota, così come la sua ricostruzione, attraverso i disegni degli artisti del Rinascimento. L’edificio però ritornò ad essere visibile solo nel 1815 quando per caso emersero alcuni gradini della cavea; il resto era in parte interrato, in parte coperto dalle costruzioni civili ed ecclesiastiche sorte nei secoli. Furono l’impegno e la determinazione di Andrea Monga, esponente della borghesia veronese e uomo alla ricerca di un sogno, che permisero di riportare alla luce buona parte dell’edificio nell’arco di circa dieci anni a partire dal 1834.

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L’area del teatro romano di Verona prima dei lavori del Monga (foto imuv)

Agli inizi del Novecento era matura a Verona la coscienza collettiva di appropriazione pubblica di un luogo così rilevante della città antica. Lo scavo archeologico si protrasse con interventi non continuativi fino al 1939, ma già nel 1923 l’allora direttore del Museo Civico, Antonio Avena, provvide a trasferire all’interno del convento dei Gesuati i materiali archeologici, compresi quelli di età preistorica e protostorica. Il criterio di allestimento, in coerenza con la sua personale inclinazione alla scenografia, mirava a realizzare un museo-giardino di aspetto romantico. Tale scopo fu perseguito con il reimpiego di materiali da altri siti e con la distribuzione fra piante e vigneti di colonne ricostruite, capitelli, sculture e blocchi funerari.

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Il teatro romano di Verona affacciato sull’Adige ospita gli spettacoli dell’Estate Teatrale Veronese (foto comune verona)

Ad Avena per primo è da attribuire l’idea di utilizzare il teatro per gli spettacoli moderni e nel 1948, in effetti, iniziò l’Estate Teatrale Veronese che costituisce un appuntamento fisso per veronesi e turisti. Nel lungo periodo fra la sua riapertura dopo la guerra e il riallestimento inaugurato nel 2016, nel teatro e nel museo sono stati necessari numerosi interventi di tipo conservativo, dovuti anche alla specificità della loro collocazione. I lavori recenti hanno voluto ampliare lo spazio espositivo e rinnovare integralmente l’allestimento.

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Il chiostro del museo Archeologico al Teatro Romano di Verona (foto MATR)

In occasione della ricorrenza del centenario, verrà ripercorso il processo di formazione delle collezioni e dell’istituzione del museo Archeologico nel 1924. Si proporrà un confronto tra l’allestimento di Antonio Avena e il nuovo allestimento inaugurato nel 2016. Saranno inoltre illustrate le attività di ricerca che hanno avuto come esito la catalogazione e la pubblicazione delle raccolte, oltre alla divulgazione della loro conoscenza attraverso mostre tematiche tenute nel museo stesso. Saranno considerati anche gli interventi di tutela e conservazione del Teatro nel contesto del colle di San Pietro, le relazioni del museo con la rete museale cittadina e, infine, le prospettive di sviluppo del progetto culturale del museo per soddisfare le esigenze in costante divenire dei diversi pubblici e più in generale della società contemporanea.

Ozzano dell’Emilia (Bo). In municipio la conferenza “Claterna: nuove ricerche nella città romana” promossa dalla soprintendenza di Bologna per presentare i risultati delle più recenti ricerche effettuate nell’area della città romana di Claterna

ozzano-dell-emilia_claterna_municipio_conferenza-claterna-nuove-ricerche-nella-città-romana_locandina“Claterna: nuove ricerche nella città romana” è il titolo della conferenza promossa dalla soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena Reggio Emilia e Ferrara: appuntamento venerdì 6 dicembre 2024, alle 17.30, in sala del Consiglio Comunale, Palazzo del Municipio, in via della Repubblica 10 a Ozzano dell’Emilia (Bo) nel quale, insieme a professionisti e studiosi esterni, verranno presentati i risultati delle più recenti ricerche effettuate nell’area della città romana di Claterna. Evento gratuito. Ingresso libero fino ad esaurimento dei posti disponibili. Dopo i saluti istituzionali di Luca Lelli, sindaco di Ozzano dell’Emilia, e Valentina Manzelli, responsabile Area Educazione e Ricerca della soprintendenza ABAP di Bologna, intervengono Roberta Michelini, museo della Città romana di Claterna, su “Archeologia e territorio in digitale: Ozzano dell’Emilia nel WebGIS dell’Emilia-Romagna”; Elisabetta Govi, Enrico Giorgi, Andrea Fiorini, Cristiano Putzolu, università di Bologna, Dipartimento di Storia Culture Civiltà, su “Il laboratorio di Archeologia dell’Università di Bologna a Claterna”; Valentina di Stefano, funzionaria archeologa della soprintendenza ABAP di Bologna, Laura Buonamico, Riccardo Ricci, Cooperativa Archeologia, su “Domus dei Mosaici: interventi di sistemazione dell’area archeologica”; Daniela Rigato, università di Bologna, su “Laminette in piombo da Claterna e transazioni commerciali”; Valentina di Stefano, funzionaria archeologa della soprintendenza ABAP di Bologna, Marco Palmieri, Phoenix Archeologia e Restauro S.r.l., su “Il Teatro romano di Claterna: nuovi dati dalla campagna di scavo 2024”. Modera: Matteo Di Oto, assessore alla Cultura di Ozzano dell’Emilia.